Kajukembo LV

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COSA È

Il Kajukembo (spesso internazionalizzato come Kajukenbo) è un’arte marziale ibrida, un sistema di combattimento eclettico sviluppato nelle Isole Hawaii nel crogiolo culturale e sociale del secondo dopoguerra, precisamente tra il 1947 e il 1949. È ampiamente riconosciuto dagli storici delle arti marziali come uno dei primi, se non il primo, sistema formalizzato di “Mixed Martial Arts” (MMA) del mondo moderno, anticipando di decenni la nascita delle competizioni sportive che oggi portano quel nome.

Definire il Kajukembo in una singola frase è riduttivo, poiché non è semplicemente uno “stile”, ma piuttosto un “sistema” o, più accuratamente, un “concetto” di combattimento. La sua definizione più profonda non risiede in un singolo set di tecniche o in una filosofia spirituale astratta, ma nel suo scopo fondante: la sopravvivenza in uno scenario di autodifesa reale, brutale e senza regole.

A differenza delle arti marziali tradizionali (i Budo giapponesi o i Wushu cinesi), che spesso si sono evolute in discipline per l’auto-perfezionamento, la salute o la competizione sportiva, il Kajukembo nasce con un unico, pragmatico obiettivo: funzionare sul “cemento”. La sua creazione non fu opera di un singolo maestro illuminato in secoli di pace, ma il risultato di un progetto collaborativo e quasi scientifico da parte di un gruppo di esperti di combattimento che vivevano in un ambiente urbano violento (il Palama Settlement di Oahu) e che sentivano la necessità di un sistema che colmasse le lacune delle loro singole discipline.

La sua identità è incapsulata nel suo stesso nome, un portmanteau (parola macedonia) che funge da manifesto programmatico, rivelando le sue componenti fondamentali:

  • KA: Per il Karate (specificamente il Tang Soo Do coreano).

  • JU: Per il Judo e il Jujitsu giapponese.

  • KEM: Per il Kenpō (o Kempo) hawaiano-cinese.

  • BO: Per il Pugilato (Boxing) occidentale e il Kung Fu (specificamente il Ch’uan Fa cinese).

Il Kajukembo è, quindi, per definizione, la sintesi strategica di queste arti: prende la potenza lineare e i colpi di gamba del Karate, le proiezioni e la lotta a terra del Judo e Jujitsu, la fluidità esplosiva e le raffiche di colpi di mano del Kenpō, e il gioco di gambe, le schivate e i movimenti circolari del Pugilato e del Kung Fu.

È un sistema progettato per essere efficace in tutte le “distanze” del combattimento: la lunga distanza (calci), la media distanza (pugni), la corta distanza (gomitate, ginocchiate, trapping) e la distanza di corpo a corpo (clinch, proiezioni, leve e combattimento a terra).

In sintesi, “Cosa è il Kajukembo?” non trova risposta in un’arte statica, ma in un processo dinamico: è la ricerca continua dell’efficacia marziale, un sistema “aperto” progettato per assorbire, adattare ed evolvere, la cui unica vera tradizione è l’assenza di dogmi e il primato assoluto della funzionalità.


L’Architettura del Sistema: Analisi delle Componenti Fondamentali

Per comprendere appieno cosa sia il Kajukembo, è indispensabile analizzare in profondità il contributo specifico di ciascuna delle sue arti fondatrici. Il nome non è un omaggio simbolico; è la “distinta base” del sistema.

La Componente “KA”: Il Pilastro del Karate (Tang Soo Do)

La sillaba “KA” rappresenta il Karate. È fondamentale notare che non si trattava del Karate giapponese tradizionale che stava diventando popolare all’epoca (come lo Shotokan o il Goju-Ryu), ma piuttosto del Tang Soo Do coreano (talvolta indicato anche come Karate coreano). Questo contributo fu portato da uno dei cinque fondatori, Peter Young Yil Choo.

Il Tang Soo Do (che significa “Via della Mano Cinese”, indicando le sue radici nel Kung Fu settentrionale cinese e nel Karate di Okinawa) fornì al Kajukembo la sua struttura portante per il combattimento a lunga e media distanza.

  • Potenza Lineare e Kime: Il contributo principale del “KA” è il concetto di Kime. Il Kime è il focus della potenza: la capacità di concentrare tutta l’energia del corpo in un singolo punto, in un singolo istante, creando un impatto devastante. Il Kajukembo adotta la biomeccanica del Karate per la generazione della forza, che si basa su una solida connessione con il terreno (attraverso posizioni stabili, o stance), la rotazione esplosiva delle anche e la contrazione muscolare totale al momento dell’impatto. Questo definisce il Kajukembo come un’arte “dura” (Hard Style) nel suo approccio allo striking.

  • Le Tecniche di Gamba (Keri Waza): Il Tang Soo Do è rinomato per la sua enfasi sui calci. Il Kajukembo eredita questo arsenale, privilegiando però l’efficacia sulla spettacolarità. Mentre il Tang Soo Do sportivo sviluppava calci alti e acrobatici, il Kajukembo assorbì i calci fondamentali e li adattò alla strada:

    • Calci Frontali (Mae Geri): Usati non solo come attacco, ma come “stop kick” per fermare l’avanzata di un aggressore, mirando a bersagli bassi come la tibia, il ginocchio o l’inguine.

    • Calci Laterali (Yoko Geri): Famosi per la loro potenza di sfondamento, ideali per colpire il plesso solare o le costole, o per rompere l’articolazione del ginocchio lateralmente.

    • Calci Circolari (Mawashi Geri): Adattati per colpire bersagli come la coscia (low kick) o le costole, piuttosto che la testa, che è un bersaglio meno realistico in un contesto di autodifesa.

  • Le Parate Dure (Uke Waza): Il Kajukembo adotta le parate bloccanti e potenti del Karate. A differenza dei sistemi “morbidi” che si concentrano sulla deviazione, le parate “KA” sono progettate per essere dolorose, per condizionare gli arti dell’avversario e “rompere” l’attacco. Una parata bassa (Gedan Barai) o una parata sull’avambraccio (Ude Uke) in Kajukembo sono intese come colpi difensivi.

  • Condizionamento Fisico: Infine, il “KA” porta in dote il concetto di condizionamento (Hojo Undo/Makiwara). Il Kajukembo è un’arte che richiede la tempra del corpo: condizionare le tibie, gli avambracci e le mani per poter sferrare colpi potenti e assorbire gli impatti senza subire danni.

Quindi, la componente “KA” definisce il Kajukembo come un sistema che possiede una devastante capacità di impatto a distanza, basata su movimenti lineari, potenti e su una struttura fisica solida.


La Componente “JU”: L’Intelligenza del Corpo a Corpo (Judo & Jujitsu)

La sillaba “JU” rappresenta il cuore del grappling del sistema, derivante da due arti giapponesi complementari: il Judo (portato da Joe Holck) e il Jujitsu (portato da Frank Ordonez). Il termine “Ju” (che significa “cedevolezza” o “gentilezza”) è quasi ironico, poiché nel contesto del Kajukembo, queste tecniche sono tutto fuorché gentili. Rappresentano la risposta del sistema a ciò che accade quando la distanza si chiude e i colpi di Karate non sono più efficaci.

Il Contributo del Judo (Kodokan Judo):

Il Judo, l’arte fondata da Jigoro Kano, è la “scienza dello sbilanciamento”. Il suo contributo al Kajukembo è primariamente focalizzato sulla fase di Clinch (corpo a corpo in piedi) e sulle Proiezioni (Nage Waza).

  • Kuzushi (Lo Sbilanciamento): Questo è il concetto più importante che il Judo apporta. Il Kajukembo non si affida alla forza bruta per portare un avversario a terra. Insegna a “rompere l’equilibrio” dell’aggressore (Kuzushi) prima di eseguire una proiezione. Questo sbilanciamento può essere creato da un colpo (un pugno che fa indietreggiare l’avversario), da una trazione o da una spinta.

  • Proiezioni (Nage Waza): Il Kajukembo incorpora una versione “da strada” delle proiezioni del Judo. Le tecniche classiche come O Goshi (grande proiezione d’anca), Seoi Nage (proiezione “portando sulla schiena”) e O Soto Gari (grande falciata esterna) vengono insegnate, ma spogliate delle regole sportive. Non c’è preoccupazione per un atterraggio morbido; l’obiettivo è proiettare l’avversario sul cemento, usando la proiezione stessa come un colpo per concludere il combattimento.

  • Transizione (Renraku Waza): Il Judo insegna come passare fluidamente da una tecnica all’altra. Nel Kajukembo, questo si traduce nella capacità di passare da una raffica di colpi (Kenpō) a una proiezione (Judo) non appena l’avversario tenta di afferrare o chiudere la distanza.

Il Contributo del Jujitsu (Kodenkan Jujitsu):

Se il Judo gestisce la proiezione, il Jujitsu (l’antica arte dei Samurai da cui il Judo stesso deriva) gestisce ciò che accade prima della proiezione (controllo dei polsi, leve in piedi) e dopo (combattimento a terra).

  • Leve Articolari (Kansetsu Waza): Questa è l’essenza del Jujitsu. Il Kajukembo è saturo di leve articolari progettate per controllare, spezzare o dislocare le articolazioni dell’aggressore (polsi, gomiti, spalle, ginocchia). Queste tecniche sono la risposta del sistema alle prese, agli strangolamenti o ai tentativi di placcaggio. Tecniche come Kote Gaeshi (torsione del polso) o Ude Garami (leva al gomito) sono fondamentali.

  • Combattimento a Terra (Ne Waza): A differenza del Karate tradizionale, il Kajukembo prevede di finire a terra. Non lo cerca attivamente come il Brazilian Jiu-Jitsu, ma lo accetta come una possibilità concreta. Eredita dal Jujitsu le posizioni di controllo (monta, guardia, controllo laterale) e, soprattutto, le finalizzazioni.

  • Strangolamenti e Soffocamenti (Shime Waza): Il Kajukembo insegna a concludere un combattimento a terra nel modo più rapido ed efficiente possibile, spesso attraverso strangolamenti (che interrompono l’afflusso di sangue al cervello, come la Hadaka Jime o “Rear Naked Choke”) o soffocamenti (che bloccano le vie aeree).

La componente “JU” definisce quindi il Kajukembo come un’arte marziale che non teme il contatto. Gli dà gli strumenti per dominare la distanza più vicina, per trasformare la forza dell’avversario contro di lui e per concludere lo scontro attraverso proiezioni devastanti o finalizzazioni articolari.


La Componente “KEM”: Il Cuore Fluido del Kenpō

La sillaba “KEM” sta per Kenpō (o Kempo), che significa “Legge del Pugno”. Questa componente è il “motore” del sistema, il collante che tiene insieme gli elementi “duri” del Karate e quelli “morbidi” del Jujitsu. Il contributo del Kenpō fu portato da colui che è universalmente riconosciuto come il fondatore e leader della Black Belt Society: Adriano “Sonny” Emperado.

Il background di Emperado era nel Kenpō Hawaiano, un sistema già di per sé ibrido, derivato dal Kosho Ryu Kenpo di James Mitose e ulteriormente sviluppato da William K.S. Chow. Il Kenpō è un’arte di combattimento cinese (attraverso Okinawa e poi le Hawaii) focalizzata sull’autodifesa rapida e travolgente.

  • Il Flusso e le Combinazioni Rapide: Se il Karate si concentra sul “colpo singolo e mortale” (Ikken Hissatsu), il Kenpō si basa sul principio opposto: “colpi multipli e travolgenti”. Il Kenpō definisce il Kajukembo come un’arte basata su raffiche di colpi (flurries). L’idea è quella di sopraffare l’avversario con una tale velocità e varietà di attacchi da mandare in tilt il suo sistema nervoso, impedendogli di organizzare una difesa.

  • L’Economia del Movimento: Il Kenpō è una scienza del movimento. Insegna a non sprecare energia. Ogni movimento difensivo è anche un movimento offensivo. Una parata (blocco) è contemporaneamente un colpo (check) e posiziona la mano per il colpo successivo. Questa fluidità è ciò che permette al Kajukembo di “fondere” le sue arti: un blocco di Karate (KA) diventa un “check” di Kenpō (KEM) che fluisce in una leva di Jujitsu (JU).

  • La Teoria del Centro (Center-Line Theory): Ereditata dal Kung Fu (in particolare Wing Chun, che ha influenzato il Kenpō), questa teoria è centrale. Il Kajukembo insegna a proteggere la propria linea centrale (la linea verticale che corre dal cranio all’inguine, dove si trovano i bersagli più vulnerabili) e, allo stesso tempo, a dominare quella dell’avversario.

  • Le “Mani Appiccicose” e il Trapping: Anche se il “BO” (Kung Fu) include il trapping, è il Kenpō a utilizzarlo come principio di combattimento ravvicinato. Il Kajukembo utilizza le mani per “sentire”, controllare e intrappolare gli arti dell’avversario. Non si limita a colpire e ritirarsi; colpisce, controlla l’arto, colpisce di nuovo e usa quell’arto intrappolato come leva per una proiezione o una leva.

  • Le Forme (Palamas/Kata): Il “KEM” fornisce la struttura pedagogica principale del Kajukembo. Le sequenze di autodifesa e le forme (chiamate Palamas o Kata) sono essenzialmente delle “librerie” di principi Kenpō applicati a scenari di attacco specifici. Sono il modo in cui i concetti del sistema vengono trasmessi.

Il Kenpō è, in definitiva, il “sistema operativo” del Kajukembo. È il software che gestisce l’hardware del Karate e del Jujitsu, permettendo al praticante di passare istantaneamente da un calcio potente a una leva al polso, da una parata dura a una raffica di dieci colpi di mano aperta. Definisce il Kajukembo come un’arte reattiva, esplosiva e incredibilmente veloce nel combattimento a corta distanza.


La Componente “BO”: Il Movimento Moderno (Boxing & Kung Fu)

L’ultima sillaba, “BO”, è forse la più complessa, poiché rappresenta due influenze distinte ma complementari: il Pugilato (Boxing) occidentale e il Kung Fu cinese (noto anche come Ch’uan Fa o “Metodo del Pugno”). Questa componente fu introdotta principalmente da Peter Choo (che era anche esperto di boxe) e George “Clarence” Chang (maestro di Kung Fu Sil-Lum).

Questa sillaba è ciò che ancora il Kajukembo al mondo reale e lo distingue dalle arti tradizionali asiatiche.

Il Contributo del Pugilato (Boxing):

Il Pugilato occidentale è la “dolce scienza” dell’autodifesa. Il suo contributo al Kajukembo è fondamentale per il realismo del sistema.

  • Il Gioco di Gambe (Footwork): Le arti marziali tradizionali (Karate, Kung Fu) hanno spesso posizioni basse, statiche e potenti. Il Pugilato introduce un gioco di gambe dinamico, basato sul movimento costante, sul “pivot” e sui passi laterali (angling). Questo definisce il Kajukembo come un’arte mobile, capace di gestire la distanza (ranging) e di creare angoli di attacco superiori.

  • Il Movimento della Testa (Head Movement): Il Pugilato introduce concetti quasi assenti nelle arti tradizionali: bobbing (oscillare in basso) e weaving (oscillare lateralmente). Il praticante di Kajukembo non si limita a parare un pugno (KA) o a deviarlo (KEM); impara a non esserci, a schivare il colpo e a usare il movimento di schivata per caricare il proprio contrattacco (es. schivare un gancio e rispondere con un montante).

  • Le Combinazioni di Pugni: Mentre il Kenpō si concentra su raffiche di mani aperte e colpi a corto raggio, il Pugilato apporta le combinazioni classiche di pugni chiusi: il Jab (per misurare la distanza e infastidire), il Cross (il colpo di potenza), l’Hook (gancio, per colpire lateralmente) e l’Uppercut (montante, devastante a corta distanza).

Il Contributo del Kung Fu (Ch’uan Fa):

Il Kung Fu, specificamente lo stile Sil-Lum (Shaolin), apporta la fluidità, la circolarità e un vasto arsenale di tecniche “sporche” e sofisticate.

  • Movimenti Circolari: Se il Karate (KA) è lineare e il Pugilato (BO) si muove su angoli, il Kung Fu (BO) introduce la circolarità. I blocchi diventano circolari, capaci di deviare, afferrare e re-indirizzare l’energia dell’avversario in un unico movimento fluido. Questo completa la fusione tra “duro” (Karate) e “morbido” (Jujitsu).

  • Trapping e Chin Na: Il Kung Fu rafforza i concetti di trapping del Kenpō e di leve del Jujitsu attraverso il Chin Na (l’arte cinese delle prese e delle manipolazioni articolari). Introduce tecniche di controllo dei punti di pressione e leve molto dolorose a dita e polsi.

  • Le Tecniche “Sporche”: Il Kung Fu, specialmente negli stili del Sud (come quelli da cui deriva il Kenpō), non ha remore a usare tecniche proibite in qualsiasi sport. Il Kajukembo eredita questa mentalità: colpi con le dita agli occhi (eye pokes/jabs), colpi a mano aperta alla gola, calci ai genitali (groin kicks). Questo è parte integrante della definizione di “autodifesa da strada”.

  • L’Influenza delle Armi: Il Kung Fu (e l’Escrima filippina, che era il background personale di Emperado e che, sebbene non nell’acronimo, è un’influenza innegabile) introduce la logica del combattimento armato. Il Kajukembo è un sistema che include l’uso e la difesa da armi (bastoni, coltelli). I movimenti a mani nude del sistema sono spesso identici ai movimenti con un bastone o un coltello, rendendo il passaggio tra armato e disarmato quasi istantaneo.

La componente “BO” definisce quindi il Kajukembo come un sistema moderno, tridimensionale e senza scrupoli, che utilizza il footwork avanzato del pugilato, la fluidità circolare del Kung Fu e la mentalità pragmatica del combattimento da strada.


Sintesi: Il Kajukembo come “Concetto”

Avere analizzato le sue componenti ci permette ora di tornare alla domanda “Cosa è?” con una comprensione più profonda.

1. È un Sistema Ibrido, non uno Stile Misto

Questa è una distinzione cruciale. Uno “stile misto” è un praticante che impara, ad esempio, Boxe il lunedì, Muay Thai il mercoledì e Brazilian Jiu-Jitsu il venerdì. È un atleta che combina tre discipline separate.

Il Kajukembo è un sistema ibrido integrato. Non è “un po’ di Karate e un po’ di Judo”. È un sistema in cui una parata di Karate diventa uno sbilanciamento di Judo, che fluisce in una raffica di Kenpō, che si conclude con una leva di Jujitsu. Le transizioni tra le arti sono state studiate, codificate e ottimizzate fino a diventare un’unica arte coesa. I fondatori non hanno semplicemente sommato le tecniche; le hanno fuse, scartando tutto ciò che non era compatibile o che falliva sotto pressione.

2. È un Sistema “Aperto” per Definizione

A differenza di molte arti tradizionali “chiuse” (dove il curriculum è stato fissato 100 anni fa e non può essere cambiato), il Kajukembo è stato creato con l’evoluzione nel suo DNA. I fondatori stessi hanno testato e scartato tecniche. Questa filosofia è continuata: Sijo Emperado incoraggiava i suoi maestri più anziani a “trovare la propria strada” e ad adattare l’arte.

Questo è il motivo per cui oggi esistono diverse “diramazioni” (Branches) o “Metodi” di Kajukembo (come il Wun Hop Kuen Do di Al Dacascos o il Tum Pai di Sid Asuncion). Questi non sono stili separati, ma evoluzioni del sistema operativo originale, che hanno integrato nuove “app” (come il Tai Chi, l’Aikido o le arti filippine) mantenendo intatto il nucleo (KA-JU-KEM-BO).

Definire il Kajukembo significa quindi definire un’arte che si aspetta di cambiare per rimanere efficace contro le minacce moderne.

3. È un Sistema di Autodifesa, non uno Sport da Combattimento

Questa è la definizione più importante. Il Kajukembo non è stato progettato per vincere trofei, ma per sopravvivere a un’aggressione. Questa finalità ne plasma ogni singolo aspetto.

  • Mancanza di Regole: L’allenamento del Kajukembo (almeno nella sua filosofia pura) include tecniche che sono illegali in qualsiasi competizione: colpi agli occhi, alla gola, all’inguine, alle articolazioni (come i calci alle ginocchia) e manipolazioni delle piccole articolazioni (dita).

  • Focus sulla “Strada”: Il curriculum è costruito attorno a scenari realistici. Cosa fare se qualcuno ti afferra la maglietta? Se ti spingono contro un muro? Se ti attaccano con un coltello o una bottiglia rotta? Se sono in due? L’MMA sportivo non risponde a queste domande; il Kajukembo sì.

  • Mentalità: L’Attacco è la Migliore Difesa: La strategia del Kajukembo non è difensiva. È un’arte di contrattacco esplosivo e travolgente. La filosofia non è “parare e aspettare”, ma “intercettare, distruggere l’attacco e neutralizzare la minaccia” nel modo più rapido e definitivo possibile.

4. È una Scienza del Combattimento su Tutte le Distanze

Infine, il Kajukembo è una risposta completa alla domanda “Come combattere?”.

  • Distanza Lunga (Kicking Range): Gestita dal “KA” (Karate), usando calci potenti per tenere a bada l’avversario o rompere la sua struttura.

  • Distanza Media (Punching Range): Gestita dal “BO” (Boxe) e “KA” (Karate), usando il footwork, le schivate e le combinazioni di pugni.

  • Distanza Corta (Trapping/Clinch Range): Gestita dal “KEM” (Kenpō) e “BO” (Kung Fu). Questa è la distanza delle gomitate, delle ginocchiate, del trapping delle mani e dei colpi a mano aperta.

  • Distanza di Corpo a Corpo (Grappling Range): Gestita dal “JU” (Judo/Jujitsu), che comprende le proiezioni, le leve in piedi e il combattimento a terra.

Nessun’altra arte marziale, nel 1949, aveva integrato in modo così coeso tutte queste fasi. Il Kajukembo è, perciò, la definizione di un sistema di combattimento olistico, la cui somma è molto più grande delle sue singole parti. È l’incarnazione marziale della necessità, forgiata nel pragmatismo e temprata dalla realtà della strada.

CARATTERISTICHE, FILOSOFIA E ASPETTI CHIAVE

Se il capitolo precedente ha definito il Kajukembo come un’architettura, analizzando i materiali di cui è composto (le sue arti fondatrici KA-JU-KEM-BO), questo capitolo ne esplora l’anima. Le caratteristiche, la filosofia e gli aspetti chiave descrivono come e perché il sistema funziona, il suo spirito operativo e i principi guida che lo trasformano da una semplice raccolta di tecniche a un sistema di combattimento vivente e respirante.

Questi tre pilastri – Caratteristiche, Filosofia, Aspetti Chiave – sono intrinsecamente collegati. La filosofia (il perché) plasma le caratteristiche (il come), e insieme danno vita agli aspetti chiave (gli elementi identitari).


PARTE I: LE CARATTERISTICHE DISTINTIVE DEL SISTEMA

Le caratteristiche del Kajukembo sono i suoi attributi operativi. Sono le qualità tangibili che un osservatore noterebbe e che un praticante sperimenterebbe durante l’allenamento. Queste non sono negoziabili; sono il nucleo funzionale dell’arte.

L’Ibridismo Radicale come Integrazione Totale

La caratteristica più evidente, ma spesso fraintesa, è il suo ibridismo. Il punto di forza del Kajukembo non è semplicemente avere tecniche di Karate, Judo e Kung Fu. Il suo genio risiede nell’integrazione di queste tecniche in un flusso continuo. Non è uno “stile misto”; è un “sistema ibrido”.

Un praticante di “arti miste” (MMA) potrebbe allenare la Boxe il lunedì e il BJJ il martedì, imparando a passare da una all’altra. Un praticante di Kajukembo, invece, impara una singola arte in cui la transizione è la tecnica. Il sistema è stato progettato fin dall’inizio per eliminare le “cuciture” tra le diverse fasi del combattimento.

Questa integrazione si manifesta nel modo in cui le tecniche si fondono: una parata dura (derivata dal KA-rate) non è mai solo una parata; è contemporaneamente un colpo distruttivo all’arto dell’aggressore, un “check” (controllo) derivato dal KEM-pō che impedisce all’avversario di ritrarre il braccio, e il primo passo di uno sbilanciamento (Kuzushi) che prepara una proiezione del JU-do. In un solo, fluido movimento di una frazione di secondo, il praticante ha difeso, danneggiato, controllato e preparato la finalizzazione.

Questa caratteristica rende il Kajukembo un sistema “completo” per definizione, progettato per funzionare in tutte le possibili distanze di un confronto reale:

  1. Lunga Distanza (Kicking): Dove si usano i calci potenti e lineari del Karate per tenere a bada l’avversario o rompere la sua struttura (es. calci alle ginocchia).

  2. Media Distanza (Punching): Dove il gioco di gambe e le combinazioni del BO-xing si fondono con i colpi di mano più esotici del Kenpō.

  3. Corta Distanza (Clinch/Trapping): Il regno del Kajukembo. Qui, le gomitate, le ginocchiate, le testate e il “trapping” (intrappolamento) delle mani del Kenpō e del Kung Fu dominano, neutralizzando la capacità dell’avversario di colpire.

  4. Corpo a Corpo (Grappling): La fase delle proiezioni del Judo, eseguite non su un tatami morbido ma con l’intento di impattare sul cemento, e delle leve articolari del JU-jitsu.

  5. Combattimento a Terra (Ground): Considerata una posizione svantaggiosa in strada (specialmente con più aggressori), il Kajukembo fornisce gli strumenti del Jujitsu per finalizzare rapidamente l’avversario (strangolamenti, leve) o per rialzarsi in piedi in sicurezza.

L’integrazione è quindi la caratteristica tecnica fondamentale: il Kajukembo non ha “fasi” separate; ha solo un flusso di combattimento continuo che si adatta alla distanza.

Il Realismo Incompromettente e la “Street Mentality”

Questa è forse la caratteristica che più definisce il Kajukembo e lo separa dalla stragrande maggioranza delle arti marziali, sia tradizionali che sportive. Il Kajukembo è stato forgiato con un unico proposito: la sopravvivenza in uno scontro violento, imprevedibile e senza regole. La sua mentalità è quella della “strada” (street mentality).

Il motto non ufficiale, “Non mi interessa se funziona sul tatami, mi interessa se funziona sul cemento”, riassume questa caratteristica. Il “cemento” è il giudice ultimo dell’efficacia.

Questo realismo si traduce in diversi attributi pratici:

  • L’Assenza di Regole (No-Rules Mindset): Il Kajukembo, nella sua applicazione di autodifesa, non ha tecniche proibite. L’obiettivo è neutralizzare la minaccia nel modo più rapido ed efficiente possibile. Questo significa che l’allenamento include, e spesso enfatizza, l’uso di quelli che negli sport sono considerati “falli” (dirty fighting). Colpi con le dita agli occhi, colpi a mano aperta alla gola, colpi all’inguine, morsi, colpi alla nuca e attacchi alle articolazioni “piccole” (come la torsione delle dita) sono parte integrante del curriculum. Questi non sono visti come “trucchi sporchi”, ma come equalizzatori necessari, specialmente contro un avversario più grande, più forte o armato.

  • Focus Primario sulla Difesa da Armi: A differenza di molte arti che relegano la difesa da armi a un addestramento avanzato (o la escludono del tutto), nel Kajukembo è una caratteristica centrale. I fondatori vivevano in un ambiente dove gli scontri non erano a mani nude; coltelli, bastoni e bottiglie rotte erano una realtà. Pertanto, i principi di difesa da armi (in particolare coltello e bastone, derivati dall’influenza dell’Escrima filippina di Emperado) sono insegnati come parte del nucleo. Il sistema insegna a intercettare, controllare la linea centrale, deviare l’arma e distruggere l’arto armato, spesso applicando gli stessi principi del combattimento a mani nude.

  • Addestramento per Scenari Reali: Il realismo si estende alla metodologia di allenamento. Il Kajukembo allena scenari che gli sport ignorano. La difesa da attacchi a sorpresa (sucker punch), la gestione di un’aggressione verbale che sfocia in violenza fisica, il combattimento in spazi ristretti (come un corridoio o un ascensore), la difesa da più aggressori. Quest’ultimo punto è cruciale: il Kajukembo insegna principi specifici per il combattimento 1-vs-N, come il movimento costante, l’uso di un aggressore come scudo umano contro gli altri, l’attacco e lo spostamento (hit and run), e il non andare mai a terra volontariamente.

  • Mentalità Predatoria, non Difensiva: Il Kajukembo non è un’arte passiva. Sebbene la filosofia (come vedremo) sia la pace, la caratteristica tattica è quella di un contrattacco travolgente. Non si “difende” semplicemente; si “intercetta” l’attacco dell’avversario e si risponde con una raffica di colpi (flurry) progettata per sopraffare il suo sistema nervoso e porre fine allo scontro immediatamente. L’azione è esplosiva, continua e mira a terminare la minaccia.

Il Bilanciamento Dinamico tra “Duro” e “Morbido”

Il Kajukembo è un’incarnazione vivente del simbolo del Tao, lo Yin e lo Yang. La sua efficacia deriva da una caratteristica unica: il bilanciamento e la fusione di principi “duri” (Hard) e “morbidi” (Soft). Molte arti marziali tendono a specializzarsi in uno dei due estremi (es. il Karate Shotokan come arte “dura”, l’Aikido come arte “morbida”). Il Kajukembo insiste sull’avere la padronanza di entrambi.

  • L’Aspetto “Duro” (Yang): Questo deriva principalmente dal KA (Karate/Tang Soo Do) e dal KEM (Kenpō). È l’applicazione della forza, della potenza esplosiva e dell’impatto. Si manifesta attraverso:

    • Kime: Il concetto di “focus” della potenza, dove tutta l’energia del corpo è concentrata in un singolo istante e punto d’impatto.

    • Potenza Lineare: Colpi diretti, potenti e penetranti (pugni, calci) progettati per rompere e danneggiare.

    • Parate Dure: Blocchi che non si limitano a deviare, ma mirano a danneggiare l’arto dell’attaccante, scoraggiando ulteriori attacchi.

    • Condizionamento Corporeo: La pratica di indurire il corpo (avambracci, tibie, mani) per trasformarlo in un’arma e in uno scudo.

  • L’Aspetto “Morbido” (Yin): Questo deriva principalmente dal JU (Judo/Jujitsu) e dal BO (Kung Fu/Ch’uan Fa). È l’applicazione dell’intelligenza, della cedevolezza, della re-direzione e della leva. Si manifesta attraverso:

    • Kuzushi: Il principio di “sbilanciamento”. Invece di opporre forza alla forza, si sbilancia l’avversario prima di proiettarlo.

    • Movimenti Circolari: Deviare l’energia di un attacco, farla scorrere intorno a sé e usarla per alimentare il proprio contrattacco.

    • Leve e Manipolazioni (Chin Na): Controllare e sottomettere un avversario attraverso la manipolazione delle sue articolazioni, usando la sua stessa anatomia contro di lui.

    • Fluidità: La capacità di muoversi come l’acqua, senza interruzioni, adattandosi alla forma dell’avversario.

La caratteristica distintiva del Kajukembo è che questi due principi non sono separati. Il praticante impara a passare istantaneamente da “duro” a “morbido” all’interno dello stesso scambio. Può incontrare un pugno potente con una parata dura e distruttiva (Yang), per poi afferrare immediatamente il polso dell’avversario e applicare una leva morbida e circolare (Yin). È questa capacità di essere “ferro avvolto nel cotone” che rende il sistema così versatile e imprevedibile.

La Struttura Pedagogica: Pragmatismo nell’Apprendimento

Il modo in cui il Kajukembo viene insegnato è di per sé una caratteristica fondamentale. L’apprendimento non è astratto o puramente teorico; è basato su un curriculum progettato per costruire riflessi condizionati efficaci.

  • I Palamas (Palama Sets): Le “forme” o “kata” del Kajukemto. Tuttavia, chiamarli semplicemente “kata” è riduttivo. I Palamas sono “database di movimento” o “scenari di combattimento codificati”. Ogni Palama (il cui nome è un omaggio al Palama Settlement) è una sequenza di tecniche di autodifesa contro uno o più aggressori immaginari. A differenza dei kata di molte arti, che possono essere astratti, i movimenti dei Palamas sono diretti, brutali e hanno un’applicazione (Bunkai) ovvia e non mistificata. Insegnano i principi fondamentali, le transizioni tra le distanze e la logica del sistema. Ci sono 14 Palamas Sets fondamentali che portano lo studente dalla cintura bianca alla nera.

  • Le Tecniche di Autodifesa (Combinations): Il cuore dell’allenamento quotidiano. Il Kajukembo è spesso insegnato attraverso “combinazioni” (chiamate anche “Alphabet Techniques” in alcuni rami del Kenpo). Si tratta di sequenze pre-stabilite di difesa contro attacchi specifici (es. “presa al polso destro”, “strangolamento frontale”, “pugno circolare destro”). Queste combinazioni non sono intese come risposte rigide, ma come “esercizi di flusso” (drills) per insegnare al corpo i principi del sistema: intercettare, controllare, colpire multiplamente, finalizzare.

  • L’Enfasi sul “Bunkai” (Applicazione): Nel Kajukembo, la forma (Palama) non esiste senza la sua applicazione (Bunkai). Non c’è allenamento per la “performance” estetica. Ogni movimento di una forma viene sezionato, analizzato e praticato con un partner (spesso con contatto) per capirne il funzionamento in uno scenario reale.

  • Lo Sparring Realistico: Lo sparring (Kumite) è una caratteristica essenziale. Non è limitato al “point fighting” (combattimento a punti). L’allenamento include sparring a contatto pieno (con protezioni), sparring di grappling (lota a terra), e sparring specifici per scenari (es. 3 contro 1, difesa da armi simulate). Questo è il “laboratorio” dove le tecniche vengono testate e validate sotto pressione.

Queste caratteristiche – ibridismo integrato, realismo da strada, equilibrio duro/morbido e pedagogia pragmatica – definiscono l’identità operativa del Kajukembo.


PARTE II: LA FILOSOFIA DEL KAJUKEMBO

La filosofia è il “software” invisibile che guida l’applicazione delle caratteristiche tecniche. È il codice morale ed etico che impedisce all’arte di essere semplice violenza, trasformandola in un percorso di sviluppo personale. La filosofia del Kajukembo è un affascinante paradosso: un’arte brutale progettata per creare individui pacifici.

Il Motto Ufficiale: Il Paradosso di “Salute e Pace”

Il motto ufficiale del Kajukembo, adottato da Sijo Emperado e dalla Black Belt Society, è: “Attraverso questo stile di pugno, si ottiene salute e pace” (“Through this fist style, one gains health and peace”).

Questa affermazione è il cuore filosofico dell’arte e richiede un’analisi approfondita, poiché sembra contraddire la natura violenta delle sue tecniche.

1. “Salute” (Health): Oltre il Fisico

Il concetto di “salute” nel Kajukembo è tridimensionale: fisico, mentale e spirituale.

  • Salute Fisica: Questo è l’aspetto più ovvio. L’allenamento del Kajukembo è incredibilmente esigente. È un regime di condizionamento totale del corpo (Total Body Conditioning). Include allenamento cardiovascolare ad alta intensità (per sopravvivere all’adrenalina di un vero scontro), allenamento della forza (per sferrare colpi potenti e controllare l’avversario) e condizionamento degli arti (per indurire il corpo). Questo processo di “tempra” (forgiatura) crea un praticante fisicamente resiliente e robusto. La salute fisica è la base per la sopravvivenza.

  • Salute Mentale: Questa è forse ancora più importante. L’allenamento rigoroso, il confronto con il dolore, la paura (nello sparring) e la fatica, forgiano la disciplina mentale. Il praticante impara a rimanere calmo sotto pressione estrema, a pensare lucidamente nel caos di un combattimento, a gestire l’adrenalina (che paralizza chi non è allenato). Questa “calma nel caos” è una salute mentale che si trasferisce in ogni aspetto della vita, migliorando la gestione dello stress, il focus e la determinazione.

  • Salute Spirituale (Resilienza): “Spirituale” qui non ha necessariamente una connotazione religiosa, ma si riferisce allo “spirito indomito” (indomitable spirit). L’allenamento del Kajukembo è progettato per “rompere” l’ego dello studente e ricostruirlo. Superare allenamenti estenuanti, essere sottomessi nello sparring e rialzarsi, affrontare la paura dell’infortunio: tutto questo costruisce un nucleo interno di resilienza. È la consapevolezza che, anche se si viene abbattuti, ci si può rialzare. Questa è la salute dello spirito.

2. “Pace” (Peace): Il Vero Obiettivo

La “pace” è il fine ultimo. Come può un’arte che insegna a colpire gli occhi e la gola portare alla pace? In due modi: pace interna e pace esterna.

  • Pace Interna (La Fine della Paura): La fonte di molta ansia e aggressività nella società è la paura: paura del confronto, paura di essere feriti, paura dell’ignoto. Il Kajukembo affronta questa paura frontalmente. Attraverso l’allenamento realistico, il praticante acquisisce una fiducia profonda e onesta nelle proprie capacità. Non è l’arroganza di chi pensa di saper combattere, ma la calma fiducia di chi sa di poter gestire una situazione di crisi. Questa fiducia estingue la paura. Un individuo che non ha paura non ha bisogno di essere aggressivo, prepotente o provocatorio. Trova una pace interiore, una serenità che deriva dalla competenza.

  • Pace Esterna (L’Abilità di De-escalare): Il paradosso del combattente esperto è che è quasi sempre l’ultima persona a cercare uno scontro. La filosofia del Kajukembo, incarnata da maestri maturi, è quella della de-escalation. Proprio perché si conosce l’estrema gravità della violenza fisica e il danno che si può infliggere, si fa tutto il possibile per evitarla. Un maestro di Kajukembo ha la fiducia necessaria per assorbire un insulto verbale senza reagire, per disinnescare una situazione tesa, perché il suo ego non è in discussione. Tuttavia, se la de-escalation fallisce e la violenza diventa inevitabile, la filosofia del Kajukembo è quella di ristabilire la pace nel modo più rapido e decisivo possibile. Non si tratta di “vincere” un incontro sportivo, ma di “terminare” una minaccia violenta con efficienza travolgente, per ritornare allo stato di pace il prima possibile. È l’incarnazione del motto latino: Si vis pacem, para bellum (Se vuoi la pace, prepara la guerra).

Il Pragmatismo come Unica Verità Filosofica

Se “Salute e Pace” è il motto, il pragmatismo è il meccanismo filosofico. Il Kajukembo è definito da un’onestà brutale. La domanda filosofica centrale del sistema non è “È bello?” o “È tradizionale?”, ma unicamente: “Funziona?”

Questa filosofia del pragmatismo radicale, ereditata dai fondatori nel Palama Settlement, significa che non esistono “tecniche sacre”.

  • Rifiuto del Dogma: Nel Kajukembo, la tradizione è al servizio dell’efficacia, non il contrario. Se una tecnica, per quanto antica o tradizionale, si rivela inefficace sotto pressione, viene modificata o scartata. Se una tecnica nuova, proveniente da un’altra arte (come il moderno Brazilian Jiu-Jitsu o la Muay Thai), si dimostra superiore in un determinato contesto, la filosofia pragmatica del Kajukembo impone di assorbirla, integrarla e adattarla.

  • La “Verità” nel Combattimento: Sijo Emperado e gli altri fondatori testavano le loro teorie in combattimenti reali e sparring durissimi. La “verità” non veniva decisa da un maestro, ma scoperta nel “laboratorio” del contatto pieno. Questa filosofia continua oggi: lo sparring realistico è il test di validità di ogni principio e tecnica.

  • L’Individuo al Centro: Il pragmatismo si estende all’individuo. Il Kajukembo non forza il praticante in uno stampo rigido. La filosofia riconosce che una tecnica che funziona per un uomo alto 1,90 m potrebbe non funzionare per una donna di 1,60 m. Il sistema fornisce i principi (leva, tempismo, angolazione, potenza), e la filosofia incoraggia lo studente avanzato a “trovare il proprio Kajukembo”, adattando l’arte alle proprie doti fisiche, alla propria età e alle proprie inclinazioni.

La Filosofia dell'”Ohana” (Famiglia)

Essendo un’arte nata nelle Hawaii, il Kajukembo è profondamente intriso della cultura locale, in particolare del concetto di “Ohana”, che significa “famiglia”. Questa non è una famiglia intesa in senso strettamente biologico, ma come una comunità estesa, un legame di lealtà e responsabilità reciproca.

La scuola (Dojo o Kwoon) di Kajukembo non è vista come una palestra o un club sportivo, ma come un’Ohana.

  • Rispetto e Lealtà: L’etichetta nel dojo è rigorosa. C’è un profondo rispetto per gli istruttori (Sifu/Sigung) e per i compagni di allenamento (fratelli e sorelle marziali). Questo rispetto è la base della fiducia.

  • Il Paradosso dell’Allenamento: L’Ohana crea un paradosso affascinante: ci si allena in modo incredibilmente duro e potenzialmente pericoloso con le stesse persone che si considerano “famiglia”. Questo è possibile solo perché c’è una fiducia assoluta. Si pratica per “ferire” (ma senza l’intento di infortunare), sapendo che il proprio partner sta facendo lo stesso, con l’obiettivo comune di rendere entrambi più forti, più resistenti e più capaci. Ci si prende cura l’uno dell’altro.

  • Responsabilità Reciproca: Far parte dell’Ohana del Kajukembo significa avere una responsabilità. Si ha la responsabilità di allenarsi seriamente per onorare il tempo dei propri compagni, di aiutarli a crescere, di proteggerli dentro e fuori dal dojo, e di rappresentare l’arte con onore nella vita quotidiana.

Questa filosofia dell’Ohana crea un ambiente di allenamento unico, incredibilmente intenso ma al tempo stesso supportivo e privo dell’ego distruttivo che si trova in molti ambienti competitivi.


PARTE III: GLI ASPETTI CHIAVE DELLA PRATICA

Gli aspetti chiave sono gli elementi identitari che emergono dalla fusione delle caratteristiche e della filosofia. Sono i pilastri che rendono il Kajukembo riconoscibile e unico nel panorama marziale.

L’Evoluzione Continua: Il Sistema “Aperto” (Open-Source)

Questo è forse l’aspetto chiave più importante che definisce il Kajukembo oggi. Sijo Emperado non ha creato un monumento statico; ha dato il via a un movimento. La filosofia pragmatica (“Funziona?”) implica che il sistema debba evolversi per rimanere efficace.

Il Kajukembo è, concettualmente, un sistema marziale “open-source” (a codice aperto).

  • Il Diritto di Evolvere: Sijo Emperado incoraggiò attivamente i suoi studenti di prima generazione (i Grandmaster) a prendere il nucleo del Kajukembo e ad adattarlo, a “trovare la propria strada”. Questo non fu visto come un tradimento, ma come il compimento della filosofia dell’arte.

  • La Nascita delle Diramazioni (Branches): Questo aspetto chiave è il motivo per cui oggi esistono diverse “diramazioni” riconosciute del Kajukembo. Non sono scismi, ma evoluzioni.

    • Emperado Method (o KSDI): Considerato il ramo “originale” o “tradizionale”, che rimane più fedele al curriculum iniziale dei 5 fondatori.

    • Wun Hop Kuen Do: Fondato da GM Al Dacascos, questo stile ha integrato più elementi di Kung Fu del Nord, tecniche acrobatiche e un footwork più fluido e dinamico, rendendolo molto popolare nei tornei.

    • Tum Pai: Sviluppato da Sigung Sid Asuncion (con altri), questo stile ha integrato i principi “morbidi” del Tai Chi Chuan nel framework del Kajukembo.

    • Chu’an Fa: Una diramazione che enfatizza maggiormente l’influenza del Kung Fu di Clarence Chang.

  • Adattamento alle Minacce Moderne: L’aspetto chiave dell’evoluzione garantisce che il Kajukembo non diventi un’arte-museo. Quando l’avvento del Brazilian Jiu-Jitsu negli anni ’90 ha rivoluzionato il mondo marziale, molte scuole di Kajukembo non lo hanno visto come una minaccia, ma come un’opportunità. Hanno assorbito i principi più avanzati del BJJ (specialmente il No-Gi) e li hanno integrati nel loro curriculum di combattimento a terra, rimanendo fedeli al principio: “Se funziona, è Kajukembo”.

Il Condizionamento Fisico e Mentale come Fondamento

Un aspetto chiave della pratica del Kajukembo è l’inseparabilità dell’allenamento tecnico dal condizionamento fisico e mentale. I due non sono visti come attività separate. Il condizionamento è parte della tecnica.

  • Condizionamento del Corpo (Body Hardening): L’allenamento del Kajukembo prevede un condizionamento rigoroso. Questo include:

    • Kote Kitae (Tempra degli Avambracci): Esercizi a coppie in cui si colpiscono reciprocamente gli avambracci per desensibilizzare i nervi e rafforzare le ossa, trasformando gli arti in scudi e armi.

    • Tempra delle Tibie: Simile a quello della Muay Thai, per preparare ai calci bassi e ai blocchi.

    • Condizionamento Addominale: Esercizi per imparare ad assorbire i colpi al corpo. Questo condizionamento non è solo fisico; è psicologico. Insegna al praticante a gestire il dolore e l’impatto, rimuovendo il “fattore shock” di essere colpiti in un combattimento reale.

  • L’Allenamento come “Stress Test”: Le sessioni di allenamento sono spesso progettate per spingere lo studente oltre i suoi limiti percepiti. Esercizi estenuanti, raffiche di tecniche fino al cedimento muscolare, sparring sotto fatica. Questo non è sadismo; è una simulazione. Insegna allo studente che può continuare a combattere, a pensare lucidamente e a eseguire tecniche anche quando è esausto, spaventato e dolorante. Questo è il “realismo” applicato alla preparazione fisica e mentale.

  • La “Corazza” (The Armor): La filosofia è che un praticante di Kajukembo non deve solo essere un’arma, ma deve anche essere una fortezza. Il condizionamento costruisce una “corazza” (sia fisica che mentale) che lo rende difficile da “rompere”.

L’Emblema (Il Simbolo): Una Mappa degli Aspetti Chiave

Infine, un aspetto chiave che riassume l’intera identità dell’arte è il suo emblema, il “Kajukenbo Patch”. Questo simbolo non è un semplice logo; è una “mappa” filosofica e tecnica. Ogni suo elemento descrive un aspetto chiave del sistema.

  • La Forma Ottagonale: Rappresenta gli otto angoli di attacco e difesa (un principio comune a molte arti cinesi e filippine). Ricorda al praticante di muoversi costantemente, di non attaccare mai dritto, ma di creare angoli.

  • Il Cerchio Rosso: Circonda il simbolo. Rappresenta la vita, l’energia (Qi/Chi) e il flusso perpetuo del combattimento. Simboleggia anche il fuoco e la potenza che devono essere contenuti e controllati.

  • Il Triscele (Trifoglio) Verde: Al centro, rappresenta la “Black Belt Society”, i cinque fondatori che si unirono. I tre bracci simboleggiano anche l’unione di Mente, Corpo e Spirito, tre elementi che devono essere allenati in equilibrio per raggiungere la maestria. Il verde simboleggia la crescita e la vita.

  • Il Simbolo Yin/Yang (Taijitu) Bianco e Nero: Al centro del simbolo, è l’aspetto chiave più importante. Rappresenta la fusione filosofica e tecnica dei principi “duri” (Yang, il bianco) e “morbidi” (Yin, il nero). Sottolinea che il Kajukembo non è né l’uno né l’altro, ma è l’equilibrio dinamico tra i due.

  • I Caratteri Cinesi (Kanji): Su entrambi i lati dello Yin/Yang. A sinistra, “Ch’uan” (Pugno) e “Fa” (Legge/Metodo), che si traduce in “Metodo del Pugno” (un altro nome per il Kung Fu o Kenpō). A destra, “Ken” (Pugno) e “Po” (Legge), la pronuncia giapponese/okinawense degli stessi caratteri. Questo onora la duplice eredità cinesi (BO/KEM) e giapponese (KA/JU) del sistema.

  • I Colori:

    • Rosso: Simboleggia il pericolo, il realismo, il sangue e il coraggio.

    • Bianco: Rappresenta la purezza delle intenzioni e l’inizio del viaggio.

    • Nero: Rappresenta il lato “oscuro” e pragmatico dell’autodifesa, il “vuoto” e il livello più alto di conoscenza.

    • Verde: Simboleggia la crescita, la vita e lo sviluppo continuo.

Indossare questo emblema sulla propria uniforme (Gi) nera (un altro aspetto chiave, che simboleggia il pragmatismo e la “strada” in contrasto con il Gi bianco della tradizione) significa portare con sé l’intera filosofia e le caratteristiche fondamentali dell’arte.

Conclusione

In sintesi, le caratteristiche, la filosofia e gli aspetti chiave del Kajukembo lo definiscono come un sistema unico.

Le sue caratteristiche lo rendono un sistema di combattimento ibrido, totalmente integrato, brutalmente realistico e bilanciato tra potenza dura e fluidità morbida.

La sua filosofia è un paradosso di “Salute e Pace”, che usa un allenamento rigoroso per costruire fiducia interiore, promuove l’onestà pragmatica (“Funziona?”) sopra ogni dogma e coltiva un ambiente di “Ohana” (famiglia) basato sul rispetto e la fiducia.

I suoi aspetti chiave – l’evoluzione “open-source”, il condizionamento come fondamento e il profondo simbolismo del suo emblema – lo rendono un’arte marziale vivente, che respira e si adatta, radicata nella sua storia ma con lo sguardo sempre rivolto al futuro della sua unica missione: l’efficacia nell’autodifesa.

LA STORIA

Introduzione: Una Storia Moderna, Forgiata dalla Necessità

La storia del Kajukembo non si perde nelle nebbie del tempo, né si ammanta di leggende di monaci eremiti o di guerrieri mitologici. È una storia moderna, documentata, e soprattutto, umana. È la storia di una risposta diretta e pragmatica a un problema urgente: la violenza. A differenza delle arti marziali antiche, nate per il campo di battaglia feudale o per il perfezionamento spirituale in monasteri isolati, il Kajukembo è un figlio del XX secolo. È nato in un crogiolo urbano, un “melting pot” culturale dove la necessità di sopravvivenza quotidiana ha agito da catalizzatore per un’innovazione marziale senza precedenti.

La sua storia non è solo la biografia di un singolo fondatore, ma la cronaca di un ambiente, il Territorio delle Hawaii nel secondo dopoguerra, e di un progetto collaborativo nato dalla disperazione e dall’ingegno. È una storia che si intreccia con i grandi movimenti sociali del ‘900: migrazione, guerra, povertà urbana, tensioni razziali e la globalizzazione culturale.

Per comprendere appieno la nascita del Kajukembo, non si può iniziare dal 1947. Si deve prima capire il terreno fertile da cui è germogliato: le Hawaii pre-belliche e il trauma della Seconda Guerra Mondiale, che hanno creato l’ambiente unico che ha reso la creazione del Kajukembo non solo possibile, ma necessaria.


PARTE I: IL CONTESTO STORICO – LE HAWAII PRIMA DELLA GUERRA

Le Hawaii, all’inizio del XX secolo, non erano il paradiso turistico che conosciamo oggi. Annesse dagli Stati Uniti nel 1898, erano un territorio plasmato da un’economia agricola spietata, dominata dalle “Big Five”, le cinque grandi corporazioni che controllavano l’industria dello zucchero e dell’ananas.

La Società delle Piantagioni e il “Melting Pot” Marziale

Questa economia richiedeva un’enorme forza lavoro, che veniva importata da tutto il mondo. Questo processo migratorio creò una stratificazione sociale complessa e spesso conflittuale.

  • I Lavoratori Cinesi: I primi ad arrivare, portarono con sé le loro tradizioni, inclusi i sistemi di Kung Fu (Ch’uan Fa). Questi stili erano spesso praticati in segreto, all’interno delle società “Tong” (associazioni fraterne) e utilizzati per la protezione e la risoluzione delle dispute interne.

  • I Lavoratori Giapponesi: Gli “Issei” (prima generazione) portarono con sé le arti del loro paese. Il Sumo era popolare come sport ricreativo, ma nelle comunità si praticavano anche forme più antiche di Jujitsu (arti di combattimento senz’armi dei samurai) e, in misura minore, il Karate di Okinawa, che stava appena iniziando la sua diffusione.

  • I Lavoratori Portoghesi: Provenienti principalmente da Madeira e dalle Azzorre, portarono le loro tradizioni culturali, inclusi stili di lotta (“folk wrestling”) che contribuirono alla mentalità “da rissa” dell’isola.

  • I Lavoratori Filippini (Sakadas): Arrivati in ondate successive, portarono con sé un tesoro di arti marziali devastanti, note collettivamente come Arnis, Escrima o Kali. Questi sistemi, basati sull’uso di lame e bastoni, includevano anche sofisticate tecniche a mani nude (Panantukan, Dumog). Gli “Escrima-dores” filippini erano noti per la loro ferocia e per testare le loro abilità in combattimenti reali.

Questo mix creò un ambiente unico. Honolulu non era come Tokyo o Shanghai, dove una singola tradizione marziale dominava. Era un luogo dove, in un solo isolato, si poteva incontrare un lottatore di Sumo, un esperto di Jujitsu, un maestro di Escrima e un praticante di Kung Fu. Queste arti, tuttavia, rimanevano in gran parte segregate all’interno delle loro comunità etniche. Non comunicavano tra loro.

I Primi Innovatori Hawaiani: Le Radici del Kenpō

Prima ancora della nascita del Kajukembo, questo ambiente stava già producendo innovatori. Due figure sono cruciali per la storia che seguirà:

  1. James Masayoshi Mitose (1916-1981): Mitose fu una figura controversa ma fondamentale. Sosteneva di aver imparato l’arte di famiglia, il Kosho-Ryu Kenpō (“Antico Stile della Scuola del Pino”), in Giappone. Al suo ritorno alle Hawaii, aprì una scuola e fu uno dei primi a insegnare apertamente un’arte marziale giapponese (o cino-giapponese) a un pubblico multietnico, inclusi i non giapponesi. Il suo sistema era strutturato, filosofico e combinava tecniche lineari e circolari. Mitose fu il primo a piantare il seme del “Kenpō” (Legge del Pugno) nel fertile suolo hawaiano.

  2. William Kwai Sun Chow (1914-1987): Chow fu uno dei più importanti studenti di Mitose. Tuttavia, Chow non era un discepolo passivo. Di origine cinese, aveva già una solida base nel Kung Fu del sud della Cina (ereditato dalla sua famiglia). Trovava il Kenpō di Mitose efficace ma, a tratti, troppo formale e rigido. Chow iniziò a “modificare” ciò che aveva imparato, re-iniettando nel sistema la fluidità, i movimenti circolari e le tecniche a mano aperta del suo Kung Fu. Creò quello che divenne noto come Kara-Ho Kenpō. William Chow era noto per la sua corporatura tarchiata, la sua potenza esplosiva e il suo approccio pragmatico al combattimento. Era un combattente da strada, non un filosofo.

È in questo contesto che un giovane Adriano Emperado (che sarà trattato nel dettaglio nel prossimo capitolo) iniziò il suo viaggio marziale, diventando uno degli studenti di punta proprio di William K.S. Chow. Emperado stava imparando un sistema che era già un ibrido (giapponese + cinese), da un maestro che credeva nell’adattamento e nell’efficacia sulla tradizione. Il seme del Kajukembo era stato piantato.


PARTE II: IL CATALIZZATORE – LA GUERRA E IL PALAMA SETTLEMENT

Il 7 dicembre 1941, l’attacco a Pearl Harbor cambiò le Hawaii per sempre. Da territorio agricolo strategico, Oahu divenne una fortezza militare e il punto di sosta centrale per la guerra nel Pacifico.

L’Impatto della Seconda Guerra Mondiale

L’afflusso di centinaia di migliaia di soldati, marinai e marines americani trasformò la società hawaiana. L’economia fu stravolta e le tensioni sociali esplosero. I bar, i moli e i quartieri poveri di Honolulu divennero zone di conflitto.

  • Scontri tra Locali e Militari: C’era una forte tensione tra i “locals” (i residenti hawaiani, spesso di discendenza asiatica o polinesiana) e i militari “continentali” (chiamati “Haoles”). I combattimenti erano all’ordine del giorno.

  • La Diffusione Marziale Accelera: I militari stessi portavano le loro conoscenze (principalmente il Pugilato occidentale e la lotta libera) e, allo stesso tempo, cercavano di imparare le arti “esotiche” del luogo. Figure come Henry Okazaki, fondatore del Kodenkan Jujitsu, iniziarono a insegnare a gruppi di militari, rompendo ulteriormente le barriere razziali. Il Kodenkan di Okazaki era, a sua volta, un sistema ibrido, che combinava Jujitsu, Judo, lotta e persino elementi di Escrima e Kung Fu.

Quando la guerra finì nel 1945, i militari se ne andarono, ma lasciarono dietro di sé un’isola cambiata. La povertà del dopoguerra era palpabile e le tensioni, un tempo dirette verso i militari, si rivolsero all’interno delle comunità.

Il Palama Settlement: Il Crogiolo della Violenza

È qui che la storia del Kajukembo inizia davvero. Il Palama Settlement (oggi noto come Palama) era uno dei quartieri più poveri e difficili di Honolulu. Era un labirinto di case popolari e condomini fatiscenti, dove le famiglie di immigrati (filippini, portoricani, cinesi, giapponesi, hawaiani) vivevano stipate.

Il Palama Settlement non era un “quartiere” nel senso moderno; era una “zona”. Era un luogo dove la disoccupazione era alta e le opportunità scarse. Le bande giovanili erano la norma e la violenza era un linguaggio quotidiano. Le risse non erano eventi rari; erano il modo in cui si stabiliva la gerarchia sociale, si risolvevano le dispute e, semplicemente, si sopravviveva al tragitto da casa a scuola.

In questo ambiente, essere un “duro” non era una scelta, era una necessità. E essere un artista marziale significava mettere alla prova la propria arte ogni singolo giorno, non in un dojo protetto, ma sul cemento, contro avversari che non seguivano alcuna regola, che usavano armi e che spesso attaccavano in gruppo.

Fu in questo ambiente che i praticanti di diverse arti marziali iniziarono a notare un problema preoccupante: le loro arti, da sole, fallivano.

Un praticante di Judo o Jujitsu era un maestro nel corpo a corpo, ma veniva sopraffatto da un pugile o un karateka prima di poter chiudere la distanza.

Un praticante di Karate poteva sferrare un colpo devastante, ma se veniva afferrato e portato a terra da un lottatore, era finito.

Un praticante di Kenpō o Kung Fu era veloce e fluido, ma poteva avere difficoltà contro la potenza lineare e diretta di un karateka o la tenacia di un lottatore.

La conclusione era ovvia: ogni arte aveva un punto cieco. E nel Palama Settlement, un punto cieco significava finire all’ospedale, o peggio.


PARTE III: LA “BLACK BELT SOCIETY” (1947-1949)

Dalla consapevolezza di questo fallimento nacque un’idea rivoluzionaria. Un gruppo di giovani artisti marziali, tutti esperti di alto livello nelle loro rispettive discipline, decise di fare qualcosa che non era mai stato fatto prima in modo così formale e sistematico: unire le loro conoscenze.

Non si trattava solo di “allenarsi insieme”. Si trattava di un vero e proprio progetto di Ricerca e Sviluppo (R&D). L’obiettivo era creare un sistema di autodifesa supremo, che prendesse il meglio da ogni arte e lo fondesse in un tutto coeso, un sistema senza punti ciechi.

Questo gruppo divenne noto alla storia come la “Black Belt Society” (La Società delle Cinture Nere).

I cinque membri fondatori, i “padri” del Kajukembo, erano:

  1. Adriano “Sonny” D. Emperado (Il Leader e il Kenpō): Il collante del gruppo. Come già detto, era una cintura nera di Kenpō sotto William Chow e un esperto di Escrima (arte filippina) ereditata dalla sua famiglia. Emperado portò l’esplosività, le raffiche di colpi, le tecniche a mano aperta e il flusso del Kenpō. Era il motore del sistema.

  2. Peter Young Yil Choo (Il Karate e la Boxe): Choo era un maestro di Tang Soo Do (Karate coreano) e un pugile affermato. Portò la potenza lineare, i calci devastanti (specialmente quelli alti e circolari per cui il Tang Soo Do è famoso) e le posizioni solide del Karate. Allo stesso tempo, portò il gioco di gambe, le schivate e le combinazioni di pugni del Pugilato occidentale.

  3. Frank Ordonez (Il Jujitsu): Ordonez era un maestro di Kodenkan Jujitsu, molto probabilmente sotto Henry Okazaki. Portò la componente di grappling più “sporca” e antica: le leve articolari (ai polsi, ai gomiti, alle spalle), le torsioni, e le tecniche di controllo a terra progettate per spezzare, non solo per sottomettere.

  4. Joseph “Joe” Holck (Il Judo): Holck era un maestro di Judo Kodokan, anch’egli probabilmente con legami con il Kodenkan. Portò la scienza dello sbilanciamento (Kuzushi), le proiezioni (Nage Waza) e il combattimento a terra (Ne Waza). Se Ordonez portava le leve dolorose, Holck portava il metodo per portare l’avversario sul cemento con violenza controllata.

  5. George “Clarence” Chang (Il Kung Fu): Chang (a volte citato come “Choo”, generando confusione) era un maestro di Kung Fu Sil-Lum (Shaolin Ch’uan Fa). Portò i movimenti più fluidi e circolari, le tecniche “morbide” (deviazioni, re-direzioni dell’energia) e le tecniche a mano aperta derivate dagli stili animali, che fungevano da perfetto complemento al Kenpō più diretto di Emperado.

Il Processo: Il “Laboratorio” del Dolore (1947-1949)

Per circa due anni, questi cinque uomini si incontrarono regolarmente. La leggenda, spesso raccontata, dipinge un quadro di brutalità quasi cinematografica: si dice che si incontrassero e combattessero quasi senza regole, ogni giorno, per vedere cosa funzionava. Si narra che le ossa rotte e la perdita di sensi fossero una parte normale dell’allenamento.

La realtà storica è probabilmente una versione più sfumata, ma non meno intensa. Il loro “metodo di ricerca” si basava su tre pilastri:

  1. Scambio Tecnico: Un fondatore mostrava una tecnica della sua arte (es. una leva di Jujitsu). Gli altri quattro la analizzavano: “Funziona se l’avversario colpisce in questo modo? (Karate)”, “E se si muove come un pugile? (Boxe)”, “E se sono in un clinch? (Judo)”.

  2. Sparring di Pressione (Pressure Testing): Qui entra in gioco la leggenda. I fondatori applicavano queste nuove idee ibride in sessioni di sparring estremamente dure. Non era un combattimento per “vincere”, ma un esperimento per “validare”. Se una tecnica era troppo complessa, richiedeva troppa forza, o falliva sotto un attacco realistico, veniva scartata. Se funzionava, veniva tenuta e raffinata.

  3. Validazione sul Campo: Questo è l’aspetto più controverso e oscuro. Si dice che i fondatori e i loro primi studenti (i “Kajukembo pioneers”) non esitassero a usare le loro tecniche nelle inevitabili risse del Palama Settlement. Se venivano provocati, usavano lo scontro come un test finale. Se la tecnica funzionava sul cemento, contro un aggressore determinato, entrava a far parte del curriculum.

Questo processo di “selezione naturale” marziale durò due anni. Il risultato fu un sistema che aveva eliminato il superfluo. Era un sistema forgiato nel dolore, nell’esperienza e nel pragmatismo assoluto. Era efficiente, brutale e incredibilmente efficace.


PARTE IV: LA NASCITA E LA FORMALIZZAZIONE (1949-1952)

Nel 1949, la “Black Belt Society” aveva raggiunto il suo obiettivo. Avevano creato non solo un insieme di tecniche, ma un sistema coeso, con principi, transizioni e una logica interna. Era giunto il momento di dargli un nome e una struttura.

La Scelta del Nome: Un Manifesto

Il nome scelto fu un atto di genio e una dichiarazione d’intenti. Invece di scegliere un nome evocativo o filosofico (come “Stile del Drago” o “Via dell’Armonia”), scelsero un nome che era un manuale tecnico:

KA – JU – KEM – BO

  • KA (per Karate – Tang Soo Do)

  • JU (per Judo e Jujitsu)

  • KEM (per Kenpō)

  • BO (per Boxe e Kung Fu – Ch’uan Fa, che in giapponese si pronuncia “Kenpō”, creando un doppio senso con “BO” per Boxe).

Il nome stesso era la formula. Diceva al mondo: “Questo è ciò che siamo. Siamo un ibrido”.

L’Apertura della Prima Scuola: Il KSDI

Nel 1949, i fondatori aprirono la prima scuola ufficiale. La sede scelta fu, simbolicamente, proprio il Palama Settlement. Non cercarono una sede prestigiosa; aprirono nel cuore del problema che erano destinati a risolvere.

La scuola fu chiamata Kajukenbo Self Defense Institute (KSDI).

Dei cinque fondatori, fu Adriano Emperado ad assumere il ruolo di leader pubblico e capo istruttore. Gli altri fondatori, per vari motivi (impegni lavorativi, servizio militare, o semplicemente preferendo un ruolo meno pubblico), iniziarono a defilarsi, pur rimanendo figure seminali. Ma fu Emperado, con la sua personalità carismatica e la sua dedizione totale, a diventare il volto e il “Sijo” (Fondatore/Patriarca) del sistema.

L’Inizio dell’Insegnamento e i Primi Studenti

Le prime lezioni al KSDI erano leggendarie per la loro durezza. Emperado e i suoi primi istruttori (come suo fratello Joe Emperado) replicavano la durezza del processo di creazione. L’allenamento era estenuante, il contatto era pieno e il tasso di abbandono era altissimo.

Si dice che per ogni dieci studenti che iniziavano, forse uno rimaneva dopo pochi mesi. Non c’era spazio per l’ego o la debolezza. Gli studenti venivano condizionati fisicamente e mentalmente. L’allenamento includeva sparring duro, condizionamento degli arti (colpendosi a vicenda su braccia e tibie) e la pratica incessante delle tecniche di autodifesa.

In questo periodo (1949-1952), Sijo Emperado, con il contributo dei suoi primi allievi, iniziò a codificare il sistema. Crearono le prime forme (Kata), che chiamarono Palamas (o Palama Sets) in onore del luogo di nascita. Questi 14 Palamas divennero il “manuale” del sistema, un modo per passare i principi fondamentali (colpi, leve, proiezioni, transizioni) alle generazioni future.

Crearono anche le “Combinazioni” (chiamate “Grab Arts”, “Punch Counters”, ecc.), sequenze di difesa pre-stabilite contro attacchi specifici, che ancora oggi costituiscono il nucleo dell’allenamento del Kajukembo.

Stabilirono anche l’uniforme: il Gi nero. Questa fu un’altra rottura con la tradizione. Il Gi bianco del Karate e del Judo simboleggiava purezza e umiltà. Il Gi nero del Kajukembo era pragmatico (nascondeva lo sporco e il sangue dell’allenamento “da strada”) e simbolico: rappresentava la serietà e il lato “oscuro” e realistico del combattimento per la sopravvivenza.


PARTE V: L’ESPANSIONE – DALLE HAWAII AL MONDO (1950s – 1970s)

Per i primi anni, il Kajukembo rimase un segreto hawaiano, un’arte brutale praticata da una cerchia ristretta di “duri” a Honolulu. Ciò che trasformò questo sistema locale in un fenomeno globale fu un altro grande evento storico: la Guerra di Corea (1950-1953) e la successiva militarizzazione dell’era della Guerra Fredda.

Il Vettore Militare: I “Missionari” del Kajukembo

Le Hawaii, e in particolare la base aerea di Hickam e la base navale di Pearl Harbor, rimasero centri militari nevralgici. Molti giovani hawaiani, inclusi i primi studenti di Emperado, si arruolarono nelle forze armate. Allo stesso tempo, molti militari di stanza alle Hawaii iniziarono a frequentare la scuola KSDI di Emperado, cercando l’addestramento di autodifesa più realistico che potessero trovare.

Quando questi militari venivano trasferiti sulla “continentale” (gli Stati Uniti continentali) o in basi all’estero, portavano il Kajukembo con sé. Questi uomini divennero i “missionari” involontari dell’arte.

La prima e più importante testa di ponte fu la California.

Nel 1958, uno dei primi e più importanti allievi di Emperado, John Leoning, un Marine, portò il Kajukembo sulla costa occidentale dopo essere stato trasferito.

Ma l’espansione vera e propria avvenne attraverso la Travis Air Force Base, vicino a Fairfield, in California. Questa base divenne il “Punto Zero” per il Kajukembo negli Stati Uniti continentali. Molti istruttori di Kajukembo di ritorno dalle Hawaii (come Aleju Reyes) iniziarono a insegnare ai commilitoni sulla base.

Fu qui che un gruppo di giovani allievi, che sarebbero diventati leggende, iniziò il proprio addestramento. Tra questi c’erano figure come Charles Gaylord, Tony Ramos e Sid Asuncion. Questi uomini, noti come la “prima generazione” della terraferma, avrebbero plasmato il futuro dell’arte.

La Prima Generazione e la Diffusione

Questi istruttori di prima generazione, una volta lasciato il servizio militare, aprirono le loro scuole in tutta la California, che divenne la seconda casa del Kajukembo.

  • Charles Gaylord (che in seguito fondò il suo “Gaylord’s Method”) aprì una scuola a San Leandro, in California, diventando uno degli istruttori più rispettati e temuti.

  • Tony Ramos si stabilì nella California del Nord, contribuendo a diffondere l’arte e diventando un pilastro della comunità.

  • Sid Asuncion (che in seguito creò il “Tum Pai”) fu un altro pioniere fondamentale della Bay Area.

Il Kajukembo si diffuse come un incendio. Dalla California, seguì i suoi praticanti in tutto il paese e, infine, in tutto il mondo. La sua reputazione lo precedeva: era l’arte “sporca”, l’arte “da strada”, l’arte che funzionava davvero.

L’Influenza di Ed Parker e il Circuito dei Tornei

Negli anni ’60, la scena delle arti marziali americane stava esplodendo. Un altro innovatore hawaiano, Ed Parker (uno studente di William Chow, come Emperado), aveva portato il suo Kenpō Karate sulla terraferma e stava guadagnando un’immensa popolarità, anche grazie ai suoi allievi famosi come Elvis Presley.

Ed Parker creò i Long Beach Internationals, il torneo di arti marziali più grande e prestigioso d’America. Questo torneo divenne un punto d’incontro.

I praticanti di Kajukembo iniziarono a partecipare a questi tornei, sia nelle categorie di “forme” (kata) sia in quelle di “combattimento” (kumite). Questo pose un problema. Le tecniche fondamentali del Kajukembo (colpi agli occhi, alla gola, all’inguine, leve articolari) erano tutte illegali nelle competizioni.

Per competere, i praticanti di Kajukembo dovettero adattarsi. Iniziarono a sviluppare versioni “sportive” delle loro tecniche, enfatizzando i calci spettacolari del Tang Soo Do (KA) e le raffiche di pugni del Kenpō (KEM), trattenendo le tecniche di Jujitsu (JU) e le strategie più brutali (BO).

Questo ebbe un duplice effetto:

  1. Visibilità: Il Kajukembo ottenne una visibilità e un rispetto enormi sulla scena nazionale. I suoi combattenti erano noti per la loro durezza, e i suoi praticanti di forme per la loro creatività e fluidità.

  2. Inizio dell’Evoluzione: Questo fu il primo grande motore di cambiamento. L’arte iniziò a differenziarsi. Alcune scuole si concentrarono sull’aspetto sportivo e spettacolare, mentre altre, più “tradizionaliste”, rimasero fedeli all’approccio originale di autodifesa senza regole del KSDI di Emperado.


PARTE VI: L’EVOLUZIONE E LA FILOSOFIA “OPEN SOURCE” (1960s – 1980s)

La storia del Kajukembo da questo punto in poi è una storia di evoluzione e “frammentazione” creativa. Questa non deve essere vista come una debolezza, ma come il compimento della sua filosofia fondante.

Sijo Emperado non era un dittatore marziale. Non credeva che il Kajukembo del 1949 fosse la “versione finale”. Al contrario, credeva nel pragmatismo assoluto (“Se funziona, usalo”) e nell’adattamento individuale. Incoraggiò attivamente i suoi studenti più avanzati (i Sigung, o “Grandmaster”) a “trovare la propria strada”, a ricercare altre arti e a integrare ciò che trovavano utile.

Questo approccio “open source” (a codice aperto) è la chiave della storia moderna del Kajukembo. Ha impedito all’arte di diventare un fossile e ha portato alla nascita di diverse “diramazioni” (branches) o “metodi”, ognuno con una propria enfasi, ma tutti radicati nei principi KA-JU-KEM-BO.

La Nascita delle Diramazioni (Branches)

La storia del Kajukembo si divide ora in diverse narrazioni parallele:

1. Il “Kajukembo Originale” (Emperado Method / KSDI) Questo è il “tronco” dell’albero. Guidato dallo stesso Sijo Emperado dalle Hawaii (e dai suoi rappresentanti più fedeli sulla terraferma), questo ramo si è sforzato di preservare l’approccio originale: enfasi sull’autodifesa “da strada”, allenamento duro, Palamas originali e mentalità senza fronzoli. Rimane il punto di riferimento “tradizionale” dell’arte.

2. Il Wun Hop Kuen Do (L’Arte Dinamica) Questa è forse l’evoluzione più famosa. Fu creata da Al Dacascos, un praticante di seconda generazione incredibilmente talentuoso e carismatico (allievo di Sid Asuncion). Dacascos, pur rispettando il Kajukembo, sentiva che poteva essere più fluido e dinamico. Si immerse profondamente negli stili di Kung Fu del Nord (più acrobatici e basati sui calci) e nelle Arti Marziali Filippine (Kali/Escrima).

Il risultato fu il Wun Hop Kuen Do (“Stile del Pugno Combinato”). Era ancora Kajukembo nelle sue radici, ma l’esecuzione era diversa: più fluida, più acrobatica, con un gioco di gambe più mobile e un’enfasi sulle transizioni creative. Il Wun Hop Kuen Do divenne immensamente popolare nel circuito dei tornei, dove le sue forme spettacolari e il suo combattimento creativo dominavano. Al Dacascos e suo figlio, Mark Dacascos (futura star del cinema d’azione), divennero i volti più noti dell’arte al di fuori della comunità marziale.

3. Il Tum Pai (L’Arte Interna) Un altro sviluppo affascinante venne da Sigung Sid Asuncion (uno dei pionieri della Travis AFB) e dai suoi colleghi. Asuncion iniziò a esplorare il lato “morbido” (Yin) delle arti marziali, in particolare il Tai Chi Chuan. Si chiesero cosa sarebbe successo se avessero integrato i principi dell’energia interna (Qi), della cedevolezza e della respirazione del Tai Chi nella struttura “dura” (Yang) del Kajukembo.

Il risultato fu il Tum Pai (“Via Centrale” o “Via dell’Equilibrio”). Questo metodo non cambiò le tecniche del Kajukembo, ma ne cambiò l’esecuzione. Divenne più fluido, più morbido, con una maggiore enfasi sulla re-direzione dell’energia piuttosto che sullo scontro di forza bruta. Era un Kajukembo che poteva essere praticato con la stessa efficacia anche in età avanzata.

4. Il Gaylord’s Method (L’Approccio Analitico) Grandmaster Charles Gaylord, un altro dei “grandi” della California, seguì un percorso diverso. Invece di aggiungere altre arti, Gaylord decise di “distillare” il Kajukembo originale. Applicò un approccio quasi scientifico e analitico all’autodifesa.

Il suo metodo (Gaylord’s Method) è noto per la sua logica spietata. Ha scomposto gli scenari di autodifesa nei loro componenti più basilari (la “Triade”: attacco, difesa, contrattacco) e ha raffinato le risposte del Kajukembo per la massima efficienza e il minimo spreco di movimento. È considerato un approccio molto “duro”, diretto e incredibilmente pragmatico, che si concentra sulla distruzione immediata dell’avversario.

5. Il Chu’an Fa (L’Anima Cinese) Questa diramazione, che trae ispirazione da uno dei fondatori, Clarence Chang, enfatizza maggiormente le radici del Kung Fu (Ch’uan Fa) all’interno del sistema. I praticanti di questo ramo spesso si concentrano sui movimenti più circolari, sulle tecniche degli stili animali e sui principi filosofici cinesi, vedendo il Kajukembo come una moderna espressione del Kenpō cinese.

Questa “frammentazione” creativa non fu uno scisma, ma una fioritura. Dimostrò la robustezza dell’idea originale dei fondatori: un sistema progettato non per essere una reliquia, ma per adattarsi all’individuo e al tempo.


PARTE VII: L’ERA MODERNA E L’EREDITÀ (1990s – PRESENTE)

Gli ultimi tre decenni della storia del Kajukembo sono stati definiti da due eventi principali: la rivoluzione delle MMA e la morte del fondatore.

La Rivoluzione dell’MMA: La Validazione e la Sfida

Nel 1993, l’Ultimate Fighting Championship (UFC) cambiò il mondo delle arti marziali. L’evento dimostrò (come i fondatori del Kajukembo già sapevano nel 1947) che uno stile “puro” (come il Karate o la Boxe) falliva contro un sistema ibrido (in quel caso, il Brazilian Jiu-Jitsu di Royce Gracie).

Per il Kajukembo, l’avvento delle MMA fu una validazione straordinaria. La filosofia fondante dell’UFC – combinare striking, lotta e sottomissioni – era esattamente la stessa filosofia del Kajukembo. Molti nella comunità Kajukembo guardarono l’UFC e dissero: “Ve l’avevamo detto. Lo facciamo da 50 anni”. Il Kajukembo fu giustamente riconosciuto come il “Nonno delle MMA”.

Tuttavia, fu anche una sfida. L’UFC dimostrò la schiacciante superiorità del BJJ nel combattimento a terra specializzato (Ne-Waza). Sebbene il Kajukembo avesse il “JU” (Judo/Jujitsu), il suo approccio a terra era storicamente finalizzato a “rialzarsi” (per evitare altri aggressori) o a finalizzazioni rapide (leve, strangolamenti). Non aveva la complessità di posizioni come la “guardia” o le “sweep” (ribaltamenti) del BJJ.

Ancora una volta, la filosofia “open source” del Kajukembo entrò in gioco. Molte scuole, fedeli al principio di pragmatismo, iniziarono a integrare attivamente i principi del BJJ e della lotta “No-Gi” (senza uniforme) nel loro curriculum. Non sostituirono il loro Jujitsu, ma lo aggiornarono, assicurando che il Kajukembo rimanesse efficace anche contro un avversario moderno addestrato nelle MMA.

La Globalizzazione e la Politica dell’Arte

Mentre le sue radici si aggiornavano, i suoi rami si estendevano. Negli anni ’80, ’90 e 2000, il Kajukembo è diventato un fenomeno veramente globale. Portato da immigrati, militari e appassionati, ha messo radici profonde in:

  • Europa: In particolare in Spagna (dove è estremamente popolare), Germania, Francia, Portogallo e Italia.

  • Australia e Nuova Zelanda.

  • Sud America e Messico.

Questa espansione globale ha portato anche a una complessità organizzativa. Con la crescita dell’arte, sono nate decine di organizzazioni, federazioni e associazioni, ognuna rappresentante un particolare lignaggio (diramazione) o un approccio filosofico. Organizzazioni come la KSDI (l’originale), la World Kajukenbo Federation (WKF), la Kajukenbo Association of America (KAA) e innumerevoli altre sorsero per cercare di dare una struttura all’arte.

Questa proliferazione ha creato una “politica” interna, a volte con disaccordi su standard, gradi e lignaggi. Tuttavia, questa frammentazione organizzativa riflette anche la natura stessa dell’arte: decentralizzata, individuale e basata sulla lealtà diretta al proprio Sifu (istruttore) e Sigung (gran maestro).

La Fine di un’Era: La Morte di Sijo Emperado (2009)

Il 4 aprile 2009, all’età di 82 anni, il Sijo Adriano D. Emperado morì alle Hawaii. La sua morte segnò la fine dell’era dei fondatori. Il “Patriarca” del sistema, il collante che teneva unita, almeno spiritualmente, la variegata famiglia del Kajukembo, non c’era più.

La sua scomparsa ha posto la domanda fondamentale per qualsiasi arte marziale moderna: “Cosa succede dopo che il fondatore se n’è andato?”.

La risposta, per ora, è che l’arte continua. L’eredità di Emperado non era un sistema rigido, ma un’idea: l’idea che l’arte debba appartenere al praticante e debba sempre evolversi.

Conclusione: L’Eredità Storica del Kajukembo

La storia del Kajukembo è un microcosmo della storia americana e globale del XX secolo. Nata dalla necessità pragmatica in un quartiere povero di immigrati, è stata forgiata da un team di innovatori che hanno avuto il coraggio di rompere le tradizioni.

Hanno creato un sistema di autodifesa che era 50 anni in anticipo sui tempi, unendo colpi, calci, leve, proiezioni e lotta in un unico sistema ibrido.

Questa arte è stata poi diffusa in tutto il mondo dai militari americani, si è adattata e temprata nel circuito dei tornei, si è evoluta in molteplici diramazioni creative grazie alla sua filosofia “open source”, e infine è stata validata dalla rivoluzione delle MMA.

Oggi, la storia del Kajukembo non è finita. È scritta ogni giorno nei dojo di tutto il mondo, dall’Italia alla Spagna, dalla California alle Hawaii. Continua a evolversi, ad assorbire nuove idee e a perseguire l’obiettivo originale dei cinque uomini nel Palama Settlement: creare il sistema di autodifesa più efficace possibile.

La storia del Kajukembo è la prova che le arti marziali non sono solo reliquie del passato, ma possono essere sistemi viventi, che respirano e si adattano, forgiati non dalla mitologia, ma dall’acciaio della necessità.

CHI È IL SUO FONDATORE, STORIA DEL FONDATORE

Sijo Adriano Emperado – L’Architetto del Realismo

Quando si analizza la storia di un’arte marziale, spesso ci si imbatte in figure semi-mitologiche, fondatori la cui vita reale è oscurata da secoli di leggende. La storia del Kajukembo è diversa. Il suo fondatore è una figura moderna, tangibile, la cui vita e filosofia sono documentate e il cui impatto è ancora vivo e diretto.

Sebbene la creazione del Kajukembo sia stata uno sforzo collaborativo di cinque maestri eccezionali, noti come la “Black Belt Society”, la storia riconosce universalmente un uomo come “Il Fondatore”: Sijo (titolo che significa “Fondatore” o “Patriarca”) Adriano “Sonny” D. Emperado.

Adriano Emperado non è stato semplicemente uno dei cinque. È stato il catalizzatore, il leader carismatico, il collante che ha tenuto insieme il progetto e, soprattutto, l’instancabile promotore che ha dedicato la sua intera vita a trasformare un “concetto” di combattimento nato nel ghetto in un’arte marziale globale.

Per capire il Kajukembo, non è sufficiente analizzare l’acronimo KA-JU-KEM-BO. È indispensabile comprendere l’uomo che lo ha forgiato. La sua vita, la sua formazione e la sua personalità sono il DNA del sistema. La durezza, il pragmatismo, il rifiuto del dogma e la mentalità “da strada” del Kajukembo non sono principi astratti; sono il riflesso diretto del suo creatore.

Questa è la storia di Adriano Emperado: l’uomo, il combattente e il visionario che ha gettato le fondamenta delle moderne arti marziali miste decenni prima che il termine venisse coniato.


PARTE I: LE RADICI – LA FORMAZIONE DI UN COMBATTENTE (1926-1945)

La filosofia di un uomo è quasi sempre il prodotto del suo ambiente. Per capire perché Emperado abbia creato un’arte così brutalmente efficace, bisogna prima capire il mondo in cui è cresciuto.

Nascita nel “Melting Pot” Violento di Honolulu

Adriano Directo Emperado nacque il 16 gennaio 1926 a Honolulu, nel Territorio delle Hawaii. Crebbe nel distretto di Kalihi, un’area povera e sovraffollata adiacente al famigerato Palama Settlement. I suoi genitori, Vicente e Visitacion Emperado, erano immigrati filippini, parte della grande ondata di “Sakadas” (lavoratori delle piantagioni) giunti alle Hawaii per lavorare nei campi di canna da zucchero e ananas.

Crescere come figlio di immigrati filippini nella Honolulu degli anni ’30 e ’40 significava trovarsi in fondo alla scala sociale ed economica. Palama era un “ghetto” multietnico, un crogiolo di culture (filippina, cinese, giapponese, portoricana, hawaiana) tenute insieme dalla povertà condivisa.

Questo ambiente non era un paradiso multiculturale; era un calderone di tensioni. La vita quotidiana era una lezione di sopravvivenza. Le bande giovanili, divise per etnia, erano la norma. Le risse non erano un’eccezione; erano un rito di passaggio, un modo per stabilire il territorio e guadagnare rispetto.

Per il giovane Adriano Emperado, imparare a combattere non fu una scelta, un hobby o un percorso di auto-perfezionamento spirituale. Fu una necessità quotidiana. Questa esperienza formativa plasmò la sua futura filosofia marziale: il combattimento è per la sopravvivenza, e in uno scontro per la sopravvivenza, l’unica regola è vincere.

L’Influenza Primaria: L’Escrima Filippina

Prima ancora di indossare un Gi o di imparare una posizione formale, Emperado fu esposto alla sua eredità marziale: le Arti Marziali Filippine (FMA). All’interno della numerosa comunità filippina delle Hawaii, la pratica dell’Escrima (nota anche come Arnis o Kali) era diffusa.

Queste arti, basate principalmente sull’uso di armi (bastoni di rattan, coltelli, machete), erano state affinate in secoli di combattimenti tribali e ribellioni contro gli occupanti spagnoli.

Emperado imparò i fondamenti di queste arti da suo padre e da altri membri della comunità. Questa prima esposizione è forse l’elemento più critico, e spesso sottovalutato, della sua formazione. L’Escrima gli instillò principi che lo avrebbero differenziato per sempre dai marzialisti “puri”:

  1. La Centralità dell’Arma: L’Escrima insegna prima l’arma (il bastone o il coltello) e poi la mano nuda. Il combattimento disarmato (Panantukan, Dumog) segue gli stessi principi, angoli e movimenti dell’arma. Questo diede a Emperado una comprensione innata della transizione tra combattimento armato e disarmato.

  2. La Fluidità e gli Angoli: A differenza dei movimenti lineari di molte arti, l’Escrima si basa su angoli di attacco fluidi (l'”otto”, l'”abaniko” o ventaglio), sul gioco di gambe triangolare e sul movimento costante.

  3. Il “Trapping” (Intrappolamento): L’Escrima eccelle nel controllo dell’arto armato dell’avversario. Questo concetto di “trapping” (controllo, parata e colpo simultanei) diventerà un pilastro del futuro Kajukembo.

  4. La Mentalità “Senza Regole”: Le FMA sono arti da battaglia, non da competizione. Includono colpi ai punti vitali, rottura delle articolazioni e “dirty fighting”.

Quando Emperado si avvicinò ad altre arti marziali, non lo fece come una tabula rasa, ma con la mentalità fluida, pragmatica e armata di un Escrimador filippino.

L’Incontro con il Kenpō: William K.S. Chow

L’adolescenza di Emperado coincise con un periodo di fermento marziale alle Hawaii. L’arte che catturò la sua attenzione fu il Kenpō (o Kempo).

Come discusso nel capitolo sulla storia, il Kenpō hawaiano era già un ibrido. Era stato introdotto da James Mitose (Kosho-Ryu Kenpō) e successivamente modificato da uno dei suoi studenti più brillanti e ribelli: William Kwai Sun Chow.

Chow, di origine cinese, riteneva il Kenpō di Mitose troppo rigido e formale. Iniziò a re-introdurre i principi fluidi e le tecniche a mano aperta del Kung Fu del sud della Cina, creando il suo stile (Kara-Ho Kenpō). Chow era noto per essere un combattente temibile, basso, tarchiato, con una potenza esplosiva e un approccio senza fronzoli.

Il giovane Adriano Emperado divenne uno degli studenti di punta di William Chow. Fu una combinazione perfetta. La durezza di Chow risuonava con la mentalità “da strada” di Emperado. Sotto la guida di Chow, Emperado affinò la sua potenza, imparando le famose “raffiche” (flurries) di colpi del Kenpō, la biomeccanica della generazione di forza e una versione dell’arte che già rompeva gli schemi tradizionali.

Emperado eccelleva. Divenne la cintura nera (Shodan) di punta di Chow, noto in tutta Honolulu per la sua abilità e la sua tenacia. Era rispettato e temuto.

Quando la Seconda Guerra Mondiale finì, Adriano Emperado era un uomo sulla ventina, temprato dalla vita nel Palama Settlement e armato di una competenza letale in due delle arti da combattimento più efficaci del mondo: l’Escrima filippina e il Kenpō hawaiano di William Chow.

Era pronto per il passo successivo. Non gli bastava più essere un praticante di un’arte; sentiva l’urgenza di risolvere il problema che vedeva ogni giorno: nessuna arte, da sola, era sufficiente per la violenza imprevedibile della strada.


PARTE II: IL CATALIZZATORE – IL RUOLO DI EMPERADO NELLA “BLACK BELT SOCIETY” (1947-1949)

La storia della fondazione del Kajukembo attraverso la “Black Belt Society” è stata trattata nel capitolo precedente, ma è fondamentale analizzare specificamente il ruolo di Adriano Emperado all’interno di quel gruppo. Non fu un semplice membro tra pari; fu il perno attorno al quale il progetto ruotò.

Il Leader e il “Collante”

Dei cinque maestri (Emperado, Choo, Ordonez, Holck, Chang), Emperado emerse naturalmente come il leader. Diverse ragioni contribuirono a questo:

  1. Carisma e Reputazione: Emperado aveva già una reputazione formidabile come il “duro” del Kenpō di Chow. Era un leader naturale, un uomo la cui presenza imponeva rispetto.

  2. L’Arte “Centrale”: Il suo Kenpō (KEM) e la sua Escrima (non nell’acronimo, ma presente in lui) fungevano da ponte perfetto. Il Kenpō è un’arte di “mezza distanza”, che si collega facilmente sia alla lunga distanza del Karate (KA) sia alla corta distanza del Judo/Jujitsu (JU). Era la piattaforma ideale su cui innestare le altre discipline.

  3. La Visione Ibrida: Essendo già un prodotto di due culture marziali (filippina e cino-hawaiana), Emperado non aveva le barriere mentali di un “purista”. L’idea di mescolare e abbinare non era un sacrilegio per lui; era logica.

  4. La Dedizione Totale: Mentre gli altri fondatori avevano altri impegni (lavoro, interessi), Emperado viveva per questo. La creazione di un sistema di autodifesa supremo divenne la sua ossessione e la sua missione di vita.

Fu lui a tenere unito il gruppo, a spingere per i test brutali e a mantenere la rotta sull’obiettivo finale: l’efficacia sul “cemento”.

Il Contributo Unico di Emperado al Sistema

Oltre alla leadership, cosa portò Emperado al tavolo? Ovviamente, il Kenpō (KEM). Questo divenne il “motore” del Kajukembo: le raffiche veloci, le combinazioni di mani aperte e chiuse, la teoria della linea centrale e l’economia del movimento.

Ma il suo contributo più profondo, e spesso non dichiarato, fu la filosofia dell’Escrima. Fu Emperado a insistere sull’integrazione della difesa da armi (coltello e bastone) come parte fondamentale e non secondaria del sistema. La fluidità, gli angoli d’attacco, il “trapping” e la mentalità “flow” (flusso) del Kajukembo, che lo distinguono dal Kenpō più “stop-and-go” di altri lignaggi, derivano direttamente dalla sua esperienza nelle FMA.

Quando la “Black Belt Society” completò il suo lavoro di R&D nel 1949, gli altri fondatori, soddisfatti del risultato, tornarono gradualmente alle loro vite, pur rimanendo figure rispettate. Ma per Emperado, il lavoro era appena iniziato. Aveva creato il sistema; ora doveva diffonderlo.


PARTE III: IL “SIFU” E LA FORGIA – IL KAJUKENBO SELF DEFENSE INSTITUTE (KSDI)

Nel 1949, Adriano Emperado aprì la prima scuola ufficiale del nuovo sistema. La scelta del luogo fu una dichiarazione d’intenti: il Palama Settlement. Non aprì in un quartiere ricco o in un centro commerciale; aprì nel cuore del problema che l’arte era stata progettata per risolvere.

La scuola fu chiamata Kajukenbo Self Defense Institute (KSDI). La terminologia è importante: un “Istituto” di “Autodifesa”. Non un “Tempio” (come molte scuole di Kung Fu) né un “Dojo” tradizionale. Era un luogo di apprendimento pratico, quasi scientifico, focalizzato su un unico obiettivo.

Lo Stile di Insegnamento: La “Forgia” del Dolore

Adriano Emperado come “Sifu” (Maestro) era un riflesso diretto del suo ambiente e della sua formazione. Il suo stile di insegnamento non era gentile, né era progettato per l’auto-miglioramento New Age. Era brutale, esigente e progettato per un unico scopo: forgiare combattenti.

Gli aneddoti sui primi giorni del KSDI sono leggendari e dipingono un quadro di durezza quasi inimmaginabile oggi.

  • Il Tasso di Abbandono: Si dice che il tasso di abbandono fosse del 90%. Emperado non cercava clienti; cercava guerrieri. Spingeva gli studenti fino al loro punto di rottura fisico e mentale. Solo coloro che avevano la tenacia e lo “spirito indomito” (indomitable spirit) rimanevano.

  • Contatto Pieno come Norma: Lo sparring non era un’attività occasionale; era quotidiano e a contatto pieno. Gli studenti indossavano protezioni minime o nulle. Ossa rotte, denti persi e nasi rotti erano considerati parte del processo di apprendimento.

  • Il Condizionamento (Kote Kitae): Emperado adottò e intensificò i metodi di condizionamento del corpo. Gli studenti passavano ore a colpirsi reciprocamente avambracci (Kote Kitae) e tibie, indurendo le ossa e desensibilizzando i nervi. Imparavano ad assorbire punizioni, un’abilità che Emperado riteneva tanto importante quanto quella di infliggerle.

  • Il “Battesimo del Fuoco”: Emperado non credeva nell’autorità data da una cintura. Credeva nell’autorità guadagnata attraverso il combattimento. I suoi studenti dovevano “dimostrare” la loro abilità.

La Filosofia di Insegnamento di Emperado

Perché questa estrema durezza? Non era sadismo. Era la filosofia pragmatica di Emperado all’opera. Lui la chiamava “preparazione realistica”.

Sosteneva che non si può imparare a gestire la violenza in un ambiente sicuro e sterile. Per sopravvivere all’adrenalina, allo shock e al dolore di un vero attacco da strada, bisognava esservi “vaccinati”. Il dojo di Emperado era una simulazione controllata del caos della strada.

Spingendo gli studenti al limite della fatica e del dolore, insegnava loro a pensare lucidamente sotto stress, a eseguire tecniche complesse quando il loro corpo urlava di fermarsi. Non stava costruendo atleti da torneo; stava forgiando sopravvissuti.

La Codifica dell’Arte (1949-1950s)

In questi primi anni, Emperado, con l’aiuto cruciale di suo fratello Joe Emperado (una figura fondamentale spesso trascurata) e dei suoi primi studenti (come Marino Tiwanak e Sid Asuncion), iniziò a codificare l’arte.

  • Creazione dei Palamas: Svilupparono i 14 Palamas (o Palama Sets). Queste “forme” (kata) non erano esercizi estetici. Erano il “database” del sistema, ognuno un manuale di movimento che codificava le transizioni chiave, i principi di leva, le raffiche di colpi e le difese contro attacchi specifici. Il nome “Palamas” era un tributo diretto al luogo di nascita dell’arte.

  • Sviluppo delle “Combinations”: Crearono il nucleo del curriculum: le “tecniche di autodifesa” (Combinations). Queste erano risposte pre-impostate a scenari specifici (es. “presa al polso”, “strangolamento”, “attacco di bastone”). Erano progettate per essere imparate come riflessi condizionati, risposte immediate e travolgenti.

  • L’Estetica del Kajukembo: Fu Emperado a stabilire l’iconografia dell’arte:

    • Il Gi Nero: Come detto, una scelta pragmatica (nascondeva sporco e sangue) e simbolica (il realismo “oscuro” della strada, in contrasto con la “purezza” del Gi bianco).

    • L’Emblema (Patch) Ottagonale: Un simbolo carico di significato (l’ottagono per gli 8 angoli d’attacco, lo Yin/Yang per l’equilibrio duro/morbido, i caratteri cinesi/giapponesi per l’eredità Kenpō, il cerchio rosso per la vita e l’energia).

Adriano Emperado, il Sifu, non fu solo un insegnante; fu l’architetto che trasformò un’idea grezza in un sistema strutturato, insegnabile e replicabile.


PARTE IV: IL PATRIARCA – GESTIRE L’ESPANSIONE E L’EVOLUZIONE

Un uomo può creare un’arte, ma ci vuole un tipo diverso di genio per permetterle di crescere oltre se stesso senza disintegrarsi. La vera grandezza di Adriano Emperado come “Sijo” (Patriarca) non risiede solo nella creazione del KSDI, ma nella sua gestione dell’espansione globale dell’arte.

L’Espansione attraverso il “Vettore Militare”

Come discusso nel capitolo sulla storia, il Kajukembo si diffuse negli Stati Uniti continentali (e da lì nel mondo) attraverso i membri delle forze armate di stanza alle Hawaii. Questi uomini, temprati nella “forgia” di Emperado, portarono la sua arte in luoghi come la Travis Air Force Base in California.

Questo diede inizio alla “prima generazione” di maestri della terraferma, allievi diretti di Emperado o dei suoi primi studenti: uomini come Charles Gaylord, Tony Ramos, Sid Asuncion, Al Reyes, Aleju Reyes, e altri.

Il ruolo di Emperado cambiò. Da “Sifu” (insegnante diretto) di una singola scuola a Honolulu, divenne “Sijo” (Patriarca) di un movimento in crescita.

La Filosofia “Open Source”: Il Vero Genio di Emperado

Qui si manifesta l’aspetto più visionario della leadership di Emperado. Molti fondatori di arti marziali diventano dogmatici. Cercano di “congelare” la loro arte, insistendo che venga praticata esattamente come l’hanno creata. Ogni deviazione è vista come un tradimento.

Emperado fece l’esatto opposto.

La sua filosofia pragmatica (“Funziona?”) si applicava anche alla sua stessa creazione. Sapeva che il Kajukembo del 1949 era la risposta ai problemi di quel tempo e di quel luogo. Ma i tempi cambiano. Gli aggressori cambiano. Le persone cambiano.

Emperado incoraggiò attivamente i suoi studenti più avanzati (i Sigung, o Gran Maestri) a “trovare la propria strada” (“find your own way”). Diede loro il permesso – anzi, il mandato – di continuare il processo di R&D che la Black Belt Society aveva iniziato.

Li incoraggiò a studiare altre arti marziali, a sperimentare, a integrare nuove idee e ad adattare il Kajukembo al proprio fisico, alla propria mentalità e al proprio tempo. Non voleva cloni; voleva innovatori.

Questa filosofia “open source” (a codice aperto) è stata la sua più grande eredità:

  • Ha permesso l’Evoluzione: È il motivo per cui sono nate diramazioni (branches) come il Wun Hop Kuen Do di Al Dacascos (che integrava più Kung Fu acrobatico) o il Tum Pai di Sid Asuncion (che integrava il Tai Chi). Emperado non vide queste come minacce, ma come il successo della sua filosofia. Erano “figli” del Kajukembo, non rivali.

  • Ha impedito la Stagnazione: Ha assicurato che il Kajukembo non diventasse un’arte-museo, una reliquia praticata per tradizione. È rimasta un’arte vivente, che respira e si adatta.

  • Ha creato l’Ohana (Famiglia): Sebbene l’arte si sia ramificata, Emperado è rimasto il “Patriarca”. È rimasto il “tronco dell’albero” da cui tutti i rami provenivano. Viaggiava instancabilmente, tenendo seminari, visitando le scuole dei suoi “figli” marziali, approvando le loro innovazioni e mantenendo l’unità spirituale dell’Ohana (famiglia) Kajukembo.

Poteva essere un istruttore brutale, ma come Sijo, era un patriarca saggio e flessibile, più interessato alla sopravvivenza e all’efficacia a lungo termine della sua arte che al proprio ego.


PARTE V: L’UOMO DIETRO IL GI NERO – CARATTERE, PERSONALITÀ E RAPPORTI

Separare Sijo Emperado, la leggenda, da Adriano Emperado, l’uomo, è difficile, poiché la sua vita era consumata dalla sua arte. Ma le testimonianze di coloro che lo hanno conosciuto dipingono un ritratto affascinante e dualistico.

Durezza Esterna, Cuore Paterno

L’immagine pubblica di Emperado, specialmente sul tatami, era di pura intimidazione. Era basso (circa 1,68 m – 5’6″), tarchiato, con una potenza fisica sbalorditiva. Il suo sguardo era leggendario, capace di “penetrare” uno studente. Era un uomo di poche parole, e quando parlava, la sua voce era roca e autorevole.

Sul tatami, era il Sifu inflessibile. Esigeva il 100% di impegno, il 100% del tempo. Non tollerava lamentele, scuse o ego.

Tuttavia, fuori dal tatami, emergeva un uomo diverso. I suoi studenti più stretti lo descrivono come incredibilmente generoso, leale e paterno. La filosofia dell’Ohana (Famiglia) non era uno slogan per lui; era uno stile di vita. Si prendeva cura dei suoi studenti, li aiutava con problemi personali, condivideva il cibo e offriva consigli. Era il capofamiglia severo ma amorevole.

Questo dualismo – la durezza del guerriero e il calore del patriarca – definiva la sua leadership e ispirava una lealtà feroce che dura ancora oggi, decenni dopo la sua morte.

Aneddoti e “Talk Story”: La Costruzione della Leggenda

La cultura hawaiana del “talk story” (raccontare storie) è piena di aneddoti su Emperado, alcuni reali, altri probabilmente esagerati, ma tutti che illustrano il suo carattere.

  • La Presa d’Acciaio: Si diceva che la sua presa (grip) fosse come una morsa d’acciaio, un risultato del condizionamento e dell’allenamento con le armi. Si racconta che potesse schiacciare noci di cocco con le mani e che una sua stretta di mano fosse un test di carattere.

  • Le Sfide al Dojo: Nei primi giorni a Palama, non era raro che combattenti di altre arti o teppisti locali entrassero nel KSDI per “sfidare” il maestro. Emperado non si sottraeva mai. Questi scontri (spesso brevi e unilaterali) servivano a cementare la reputazione dell’arte e del suo fondatore.

  • Velocità e Potenza: Nonostante la sua corporatura tarchiata, era noto per una velocità ingannevole. I suoi studenti raccontano di come potesse chiudere la distanza e sferrare una raffica di colpi prima che potessero battere ciglio.

  • Il Test del Calcio: Una storia famosa (raccontata da GM Charles Gaylord) descrive Emperado che chiede a uno studente di sferrargli un calcio laterale con tutta la sua forza al plesso solare. Emperado assorbì il colpo senza battere ciglio, dimostrando il livello di condizionamento fisico che pretendeva da sé e dagli altri.

L’Ombra del Fratello: Joe Emperado

Nessuna storia di Adriano Emperado è completa senza menzionare suo fratello minore, Joseph “Joe” Emperado. Joe non era un membro della “Black Belt Society” originale, ma fu uno dei primi e più devoti studenti di Adriano.

Joe non era solo uno studente; era il braccio destro del fratello, il “secondo in comando” del KSDI. Molti storici ritengono che Joe sia stato fondamentale nella codifica dell’arte. Mentre Adriano era la forza trainante e il combattente, Joe era forse più analitico, aiutando a strutturare i Palamas e le Combinazioni in un curriculum logico.

Tragicamente, Joe Emperado morì giovane, in un incidente (secondo alcune fonti, in una rissa) negli anni ’50. Questa fu una perdita devastante per Adriano, sia personale che professionale. Privò il Sijo del suo confidente più stretto e partner di allenamento, e il Kajukembo di una delle sue menti emergenti. Questa tragedia rafforzò ulteriormente la determinazione di Adriano a portare avanti l’arte, ora anche in memoria del fratello.


PARTE VI: GLI ULTIMI ANNI E L’EREDITÀ ETERNA (1990 – 2009)

Gli ultimi due decenni della vita di Emperado lo hanno visto trasformarsi da pioniere ribelle a “vecchio saggio” (elder statesman) del mondo delle arti marziali.

Il Riconoscimento e la Validazione

Gli anni ’90 portarono due grandi eventi: il riconoscimento formale e la validazione filosofica.

  • Riconoscimento: Sijo Emperado fu onorato da numerose organizzazioni. Nel 1991, fu inserito nella Black Belt Magazine Hall of Fame come “Istruttore dell’Anno”. Questo riconoscimento da parte della più importante pubblicazione di arti marziali del mondo fu la consacrazione ufficiale del suo contributo.

  • Validazione (L’Avvento dell’UFC): Nel 1993, la nascita dell’Ultimate Fighting Championship (UFC) cambiò il mondo. L’evento dimostrò ciò che Emperado predicava dal 1947: un’arte marziale “pura” (Karate, Boxe, Kung Fu) era incompleta. Il successo dei combattenti ibridi (in particolare Royce Gracie con il BJJ) fu la validazione pubblica e globale della filosofia Kajukembo. La reazione di Emperado all’MMA non fu di sorpresa, ma di soddisfazione. Il mondo, finalmente, si era messo al passo con lui. Il Kajukembo fu giustamente riconosciuto come il “Nonno delle MMA”, il primo sistema formalizzato a predicare l’ibridismo totale per l’autodifesa.

Gli Ultimi Anni: Il Patriarca

Emperado continuò a insegnare e a viaggiare, supervisionando la sua arte, fino a quando la sua salute glielo permise. Rimase alle Hawaii, il suo “quartier generale” spirituale. Anche in età avanzata, il suo carisma e la sua autorità erano indiscussi.

Era il punto di riferimento. I leader di tutte le diverse diramazioni (Dacascos, Gaylord, Asuncion, ecc.), sebbene maestri a pieno titolo, mostravano tutti un profondo rispetto e deferenza per lui come Sijo.

La Morte e l’Eredità

Sijo Adriano “Sonny” D. Emperado morì il 4 aprile 2009, all’età di 82 anni. La sua morte segnò la fine di un’era. Il fondatore, l’ultimo della “Black Belt Society” originale ancora attivamente a capo del sistema, se n’era andato.

La sua scomparsa creò un vuoto di leadership centrale, portando a un’ulteriore frammentazione organizzativa (politica) dell’arte. Ma questo era inevitabile e, in un certo senso, era il piano.

L’eredità di Adriano Emperado non è un’organizzazione monolitica. La sua eredità è un’idea.

  1. L’Idea del Realismo: Ha insegnato al mondo che l’autodifesa deve essere testata, deve essere reale e deve funzionare sotto pressione.

  2. L’Idea dell’Ibridismo: È stato il pioniere del concetto di “prendere il meglio e scartare il resto”, fondendo stili diversi non per capriccio, ma per efficacia.

  3. L’Idea dell’Evoluzione: La sua eredità più profonda è la filosofia “open source”. Ha creato un’arte marziale progettata per evolversi, non per stagnare.

Adriano Emperado non è stato solo il fondatore del Kajukembo. È stato, insieme a una manciata di altri visionari del XX secolo (come Bruce Lee, che venne dopo e fu influenzato dal mondo del Kenpō hawaiano), uno degli architetti chiave della moderna arte marziale. Ha preso le arti marziali dalla loro tradizione dogmatica e le ha trascinate, con la forza e la durezza, nel mondo reale.

MAESTRI/ATLETI FAMOSI DI QUEST'ARTE

Definire la “Fama” nel Contesto del Kajukembo

Nel panorama delle arti marziali, il concetto di “fama” è multiforme. Per arti sportive come il Pugilato o le moderne MMA, la fama è un prodotto diretto della visibilità mediatica, misurata in cinture di campionato, record di vittorie e contratti televisivi. Per le arti marziali tradizionali, invece, la fama è una questione diversa, spesso più interna, basata su concetti di lignaggio (lineage), contributo (contribution) e impatto (impact).

Il Kajukembo, essendo un sistema ibrido che si colloca a metà strada tra la brutale efficacia da strada e la complessità di un’arte tradizionale, ha una sua “Hall of Fame” unica, che riflette la sua natura composita. La fama nel Kajukembo non si misura quasi mai in un singolo, unificato titolo mondiale; l’arte è troppo frammentata e decentralizzata per questo.

Si misura invece in diversi modi:

  1. Fama Fondazionale (I Pilastri): La fama indiscussa dei fondatori, che sono venerati come le sorgenti dell’arte.

  2. Fama da Pioniere (I Costruttori): La reputazione dei primi studenti (la “prima generazione”) che hanno sopportato l’allenamento brutale di Sijo Emperado e hanno avuto il coraggio di portare l’arte fuori dalle Hawaii, diffondendola nel mondo.

  3. Fama da Innovatore (Gli Architetti): La celebrità di quei maestri che, seguendo la filosofia “open source” dell’arte, hanno creato le proprie diramazioni (branches) riconosciute, portando il Kajukembo a nuovi livelli di evoluzione tecnica e filosofica.

  4. Fama da Competitore (Gli Atleti): La notorietà guadagnata da quei praticanti che hanno preso la base tecnica del Kajukembo e l’hanno testata con successo ai massimi livelli di competizioni sportive come il Kickboxing o i tornei di Karate.

  5. Fama Culturale (Gli Ambasciatori): La rara fama mainstream di quegli individui che hanno portato il lignaggio del Kajukembo nella cultura popolare, principalmente attraverso il cinema e la televisione.

Analizzare i maestri e gli atleti famosi del Kajukembo significa, quindi, tracciare la storia vivente dell’arte attraverso le biografie degli uomini (e, più recentemente, delle donne) che l’hanno plasmata, diffusa e provata.


PARTE I: I PILASTRI – LA FAMA ETERNA DELLA BLACK BELT SOCIETY

Al vertice di qualsiasi discussione sulla fama nel Kajukembo ci sono, indiscutibilmente, i cinque fondatori. Sebbene i dettagli della loro biografia e del processo di fondazione siano stati trattati nei capitoli precedenti, è qui che dobbiamo analizzare la loro fama come maestri e l’eredità che hanno lasciato. La loro reputazione non deriva solo dall’aver creato l’arte, ma dall’essere stati i primi e indiscussi “Grandmaster” di essa.

Sijo Adriano D. Emperado (Il Patriarca)

La fama di Sijo Emperado (1926-2009) trascende quella degli altri. Non è semplicemente “un” fondatore; è “Il” Fondatore, il Sijo (Patriarca). La sua reputazione è quella del “tronco” da cui tutti i rami dell’albero del Kajukembo si sono sviluppati.

  • Fama come Insegnante: La sua fama come Sifu (maestro) è leggendaria e si basa sulla sua proverbiale durezza. Le storie del suo dojo KSDI (Kajukenbo Self Defense Institute) a Palama sono la “mitologia” fondante dell’arte. Era famoso per il suo allenamento “da forgia”, un regime di contatto pieno, condizionamento brutale e test di stress che produceva non semplici cinture nere, ma sopravvissuti temprati. La sua fama deriva dall’aver creato non solo un’arte, ma anche il metodo di allenamento disumano necessario per padroneggiarla.

  • Fama come Patriarca: In seguito, la sua fama si è evoluta. È diventato il “capofamiglia” (Ohana) dell’arte globale. La sua approvazione era il sigillo di legittimità. La sua fama era quella dell’autorità ultima, il punto di riferimento spirituale e tecnico. Essere un “allievo di Sijo” o un “allievo di un allievo di Sijo” è ancora oggi il più alto distintivo d’onore nel lignaggio. La sua reputazione postuma è quella del pioniere delle MMA, il “Nonno” del combattimento ibrido.

I Co-Fondatori: I Pilastri Nascosti

Gli altri quattro membri della Black Belt Society hanno una fama più circoscritta ma ugualmente fondamentale. La loro reputazione è legata alle componenti specifiche che hanno innestato nel sistema.

  • Peter Young Yil Choo (Il Pilastro “KA” e “BO”) La fama di Peter Choo risiede nel suo status di duplice esperto. Era un maestro di Tang Soo Do (KA) e un pugile professionista (BO). La sua reputazione è quella di aver fornito al Kajukembo la sua spina dorsale per il combattimento a lunga e media distanza. Ha dato all’arte la sua potenza lineare nei calci (eredità del Karate coreano) e, soprattutto, il realismo del gioco di gambe e delle combinazioni di pugni della boxe occidentale. Se Emperado era il motore Kenpō, Choo è stato colui che ha fornito le “ruote” e la “struttura”. Dopo la fondazione, Choo ha continuato a essere una figura rispettata nella comunità marziale hawaiana, gestendo le proprie scuole.

  • Frank Ordonez (Il Pilastro “JU”) La fama di Frank Ordonez è legata al Jujitsu. Era un maestro di Kodenkan Jujitsu, e la sua reputazione è quella di aver infuso nel Kajukembo l’arsenale di leve articolari “piccole” e dolorose (Kansetsu Waza) e le tecniche di controllo. Mentre il Judo (Holck) forniva le grandi proiezioni, il Jujitsu di Ordonez forniva il “lavoro sporco” nel clinch e a terra: rotture di polsi, gomiti e dita. La sua fama è quella del tecnico del dolore, l’esperto che ha dato al Kajukembo le sue risposte più dirette alle prese.

  • Joe Holck (Il Pilastro “JU” e la Scienza) La fama di Joe Holck è quella dello scienziato del gruppo. Maestro di Judo Kodokan, la sua reputazione si basa sull’aver introdotto il principio fondamentale del Kuzushi (sbilanciamento). Ha insegnato al gruppo come non opporre forza alla forza, ma come usare la leva e lo sbilanciamento per proiettare un avversario sul cemento con il minimo sforzo. La sua influenza ha reso il Kajukembo un’arte “intelligente” nel grappling, non solo brutale. Holck, con un background anche in chimica, è spesso ricordato come l’intellettuale del gruppo.

  • George “Clarence” Chang (Il Pilastro “KEM/BO” Cinese) La fama di Clarence Chang è quella del maestro di Kung Fu Sil-Lum (Shaolin). È il responsabile della componente Ch’uan Fa (BO) del sistema. Se il Kenpō di Emperado era diretto ed esplosivo (più “Sud”), il Kung Fu di Chang ha introdotto la fluidità, la circolarità e le tecniche più morbide e ingannevoli degli stili “Nord”. La sua reputazione è quella di aver aggiunto l’elemento “acqua” al “fuoco” di Emperado, fornendo al Kajukembo i suoi movimenti di deviazione circolari e la sua grazia letale. La diramazione “Chu’an Fa” del Kajukembo esiste come sua eredità diretta.

La fama di questi cinque uomini è assoluta. Sono l’equivalente dei “Padri Fondatori” di una nazione; tutto ciò che è venuto dopo è una conseguenza diretta della loro collaborazione.


PARTE II: LA PRIMA GENERAZIONE – I “MISSIONARI” E I COSTRUTTORI

Se i fondatori hanno creato l’arte, la “prima generazione” di studenti l’ha salvata dall’oblio e l’ha trasformata in un fenomeno globale. Questi sono gli uomini che hanno sopportato l’allenamento brutale al KSDI di Palama e che, spesso attraverso il servizio militare, sono diventati i “missionari” del Kajukembo. La loro fama è quella dei pionieri e dei costruttori.

Joe Emperado (Il Fratello Leale)

La fama di Joe Emperado (1930-1958) è tragica ma essenziale. Fratello minore di Adriano, Joe non era un membro della Black Belt Society, ma fu uno dei primissimi e più devoti studenti del KSDI. La sua reputazione è quella del “braccio destro” di Sijo.

Mentre Adriano era la forza carismatica e il combattente, Joe era noto per la sua mente analitica. Molti storici dell’arte gli attribuiscono un ruolo cruciale nell’aiutare a codificare il sistema. Si ritiene che sia stato determinante nello strutturare le 14 forme Palamas e le Combinazioni di autodifesa, trasformando le idee grezze dei fondatori in un curriculum insegnabile.

La sua fama è anche quella di un combattente formidabile a pieno titolo, leale al fratello fino alla fine. La sua morte prematura e tragica (in circostanze spesso descritte come violente) nel 1958 fu un colpo devastante per Sijo e per l’arte. Joe Emperado è famoso come il “braccio destro” perduto, il grande “what if” (cosa sarebbe successo se…) della storia del Kajukembo, un pilastro che ha contribuito a costruire le fondamenta prima di essere portato via troppo presto.

I Pionieri della California: Il “Gruppo della Travis Air Force Base”

La storia dell’espansione del Kajukembo è indissolubilmente legata alla Travis Air Force Base in California. Un gruppo di militari dell’aeronautica di stanza alle Hawaii si allenò intensamente con Sijo Emperado. Quando furono trasferiti a Travis (vicino a Fairfield, California) alla fine degli anni ’50, portarono l’arte con sé. Questo gruppo ha creato la “seconda casa” del Kajukembo e ha prodotto alcuni dei suoi maestri più famosi.

Aleju “Ale” Reyes e Emeleio “Mel” Reyes (I Primi Missionari)

I fratelli Reyes sono spesso accreditati come i primissimi a portare il Kajukembo negli Stati Uniti continentali, intorno al 1958. Membri dell’Air Force, aprirono la prima scuola di Kajukembo al di fuori delle Hawaii a Fairfield, California. La loro fama è quella dei veri “apripista”. Hanno piantato la bandiera del Kajukembo in un territorio vergine, affrontando lo scetticismo e le sfide di altre arti già affermate. Hanno dimostrato che l’arte poteva prosperare al di fuori del suo “ecosistema” hawaiano. Molti grandi maestri della California tracciano il loro lignaggio (lineage) fino ai fratelli Reyes.

Charles Gaylord Sr. (Il Grande Maestro dell’Efficienza)

Grandmaster Charles Gaylord (1936-2009) è una delle figure più imponenti e rispettate nella storia del Kajukembo. La sua fama è quella dell’analista, del pragmatico e del maestro dell’efficienza brutale.

  • Formazione e Filosofia: Gaylord iniziò il suo addestramento nel gruppo della Travis AFB. Divenne rapidamente un leader grazie alla sua mente analitica. Non era interessato all’aspetto “artistico” o sportivo; era ossessionato dalla stessa domanda dei fondatori: “Funziona?”. La sua filosofia era “la semplicità è genio”.

  • Il “Gaylord’s Method”: La sua fama duratura deriva dalla creazione del suo metodo, il Kajukenbo Gaylord. Questo non è tanto uno stile “nuovo”, quanto una “distillazione” dell’originale. Gaylord ha scomposto gli scenari di autodifesa in componenti logiche (la “Triade”: attacco, difesa, contrattacco) e ha raffinato le risposte del Kajukembo per la massima efficienza, eliminando ogni movimento superfluo. Il suo metodo è noto per essere incredibilmente diretto, potente e logico.

  • Impatto come Insegnante: Gaylord era un insegnante esigente, noto per il suo approccio “senza fronzoli”. La sua scuola a San Leandro, California, è diventata un’istituzione. Ha prodotto un numero enorme di cinture nere di alta qualità che hanno diffuso la sua visione analitica dell’arte. Tra i suoi studenti più famosi c’è il campione di kickboxing Dennis Alexio. La fama di Gaylord è quella del “cervello” della prima generazione, un maestro che ha preso la potenza grezza di Emperado e l’ha trasformata in una scienza spietata.

Tony Ramos (Il Pilastro della Potenza)

Grandmaster Tony Ramos (1940-2015) è un’altra figura leggendaria della prima generazione californiana. La sua fama è quella della potenza pura e della dedizione incrollabile ai principi “duri” dell’arte.

  • Formazione e Stile: Ramos iniziò la sua formazione nel 1959, anch’egli parte della fiorente scena della California settentrionale, con legami diretti con Sijo Emperado. Ramos divenne famoso per il suo fisico possente e la sua capacità di generare una potenza devastante nei suoi colpi. Mentre altri esploravano la fluidità, Ramos divenne il custode dell’aspetto “KA” (Karate) e “KEM” (Kenpō) del sistema.

  • Il “Ramos Method”: Il suo approccio, oggi perpetuato come “Ramos Method”, è rinomato per la sua enfasi sulle posizioni solide, la generazione di potenza dalle anche (core power) e l’applicazione di un impatto schiacciante. Era l’incarnazione del lato “hard style” del Kajukembo.

  • Legacy: La fama di Ramos è quella di un “maestro dei maestri”. Era un uomo rispettato da tutti gli altri rami per la sua integrità, la sua lealtà a Sijo Emperado e la sua intransigente dedizione alla potenza e all’efficacia. La sua scuola a Fairfield, California, è stata un punto di riferimento per decenni.

Sid Asuncion (L’Innovatore Interno)

Sigung Sid Asuncion (1938-2022) completa la “triade” dei grandi della Travis AFB (con Gaylord e Ramos). Se Gaylord era il cervello e Ramos la potenza, Asuncion era l’anima e l’innovatore.

  • Filosofia Esplorativa: Asuncion, come gli altri, era un combattente duro. Tuttavia, era anche un ricercatore. Incarnava la filosofia “open source” del Kajukembo. Iniziò a studiare profondamente le arti marziali “interne” cinesi, in particolare il Tai Chi Chuan.

  • Creazione del Tum Pai: La sua fama deriva dalla creazione di una delle diramazioni più uniche e rispettate: il Kajukenbo Tum Pai. “Tum Pai” significa “Via Centrale” o “Via dell’Equilibrio”. Asuncion ha integrato i principi del Tai Chi (fluidità, respirazione, energia interna “Qi”, cedevolezza) nella struttura “dura” del Kajukembo. Il risultato è uno stile che bilancia magnificamente lo “Yin” e lo “Yang”, capace di generare potenza sia attraverso l’impatto esplosivo (Yang) sia attraverso la re-direzione fluida (Yin).

  • Impatto: La fama di Asuncion è quella del filosofo, il maestro che ha dimostrato che la brutalità del Kajukembo poteva essere raffinata con l’eleganza interna, creando un’arte efficace anche in età avanzata. È stato anche l’istruttore di un altro nome fondamentale: Al Dacascos.

Questi pionieri della California non sono famosi solo per aver aperto scuole; sono famosi perché hanno preso il “fuoco” dalle Hawaii e lo hanno trasformato in fari che hanno illuminato il mondo delle arti marziali, dimostrando che il Kajukembo era un sistema vivo, adattabile e potente.


PARTE III: GLI INNOVATORI E GLI ATLETI – L’EVOLUZIONE DELL’ARTE

La generazione successiva ha costruito sulle fondamenta dei pionieri, portando l’arte a nuovi livelli di sofisticazione tecnica e, per la prima volta, a una fama sportiva misurabile.

Al Dacascos (Il Grande Maestro Artista)

Se Sijo Emperado è la figura più importante, Grandmaster Al Dacascos è probabilmente il maestro di Kajukembo più famoso e influente all’interno della comunità marziale globale. La sua fama è quella dell’artista, dell’innovatore supremo e del filosofo del movimento.

  • Lignaggio e Formazione: Al Dacascos è un prodotto della seconda generazione. Nato nelle Hawaii, iniziò il suo addestramento nel Kajukembo sotto Sigung Sid Asuncion (del ramo Tum Pai). Si immerse quindi profondamente in una miriade di altre arti, in particolare negli stili di Kung Fu del Nord (come il Tai Chi e il Nothern Shaolin) e nelle Arti Filippine (Escrima/Kali).

  • La Creazione del Wun Hop Kuen Do: La sua insoddisfazione per i movimenti a volte “rigidi” o “statici” delle arti tradizionali lo portò a un’epifania. Seguendo la filosofia “open source” del Kajukembo, creò il suo metodo: il Wun Hop Kuen Do (“Stile del Pugno Combinato”). Il WHKD è una diramazione ufficiale del Kajukembo. La sua filosofia è basata sul flusso (flow). Dacascos ha eliminato le “pause” tra le tecniche, fondendo i movimenti lineari del Kajukembo originale con la fluidità circolare, i calci acrobatici e il gioco di gambe evasivo del Kung Fu del Nord. È un’arte nota per la sua bellezza estetica, la sua velocità fulminea e le sue transizioni imprevedibili.

  • Impatto sui Tornei: Al Dacascos e i suoi studenti hanno dominato il circuito dei tornei di Karate negli anni ’70 e ’80. Le sue “forme” (kata) erano così creative, fluide e dinamiche che hanno rivoluzionato la competizione. La sua squadra di combattimento (point fighting) era nota per il suo tempismo e il suo movimento non convenzionale.

  • Fama Globale: Dacascos si è trasferito in Germania, diventando uno dei principali ambasciatori delle arti marziali ibride in Europa. La sua fama è quella di un “Leonardo da Vinci” delle arti marziali: un combattente letale, un filosofo profondo e un artista del movimento. È anche il padre e il primo istruttore della star del cinema Mark Dacascos.

Dennis Alexio (L’Atleta Campione)

Mentre Dacascos portava il Kajukembo alla fama “artistica” nei tornei, Dennis “The Terminator” Alexio portava la sua componente di striking alla fama nel brutale mondo del Kickboxing professionistico. La sua è la fama dell’atleta che ha provato l’efficacia del sistema sul ring.

  • Formazione: Alexio era uno studente di Grandmaster Charles Gaylord. La sua base marziale era il Kajukembo Gaylord Method, noto per la sua potenza diretta e la sua logica spietata. Alexio ha preso questa base di striking (la combinazione KA-KEM-BO) e l’ha adattata per il ring.

  • Carriera nel Kickboxing: Alexio è diventato uno dei campioni dei pesi massimi di Kickboxing più dominanti e famosi degli anni ’80 e ’90. È stato campione del mondo in più organizzazioni (WKA, KICK, ISKA). Era famoso per la sua potenza devastante, in particolare i suoi calci bassi (un marchio di fabbrica del Kajukembo “da strada” adattato allo sport) e la sua capacità di incassare colpi.

  • Impatto e Fama: La fama di Alexio è cruciale. Ha preso un’arte di “autodifesa da strada” e ha dimostrato che i suoi principi di striking erano superiori a quelli di molti altri stili “puri” nel contesto sportivo più duro dell’epoca. Ha dato al Kajukembo una credibilità sportiva innegabile. Per il grande pubblico, era un campione di Kickboxing; per la comunità Kajukembo, era il loro campione, la prova vivente che l’arte di Emperado e Gaylord creava combattenti d’élite.

Chuck Liddell (L’Influenza Indiretta nelle MMA)

Sebbene non sia un “praticante di Kajukembo” nel senso tradizionale, la leggenda dell’UFC Chuck “The Iceman” Liddell ha un legame fondamentale. Il suo storico allenatore di striking, John Hackleman, è il fondatore del “The Pit”, un sistema di combattimento ibrido. Hackleman è cintura nera di Kajukembo (sotto Walter Godin, un allievo di Emperado).

Lo stile di striking non ortodosso, potente e basato sugli angoli di Liddell, che ha dominato l’UFC per anni, era una diretta evoluzione dei principi del Kajukembo/Kenpō (KA-KEM-BO) insegnati da Hackleman. Liddell, quindi, rappresenta una fama “indiretta” ma potente, portando la filosofia e i principi del Kajukembo ai vertici del più grande palcoscenico delle MMA.

Keith D. Yates (Lo Storico e Scrittore)

La fama non è sempre guadagnata con i pugni, ma a volte con la penna. Grandmaster Keith D. Yates è famoso nella comunità marziale come uno dei suoi scrittori, storici e intellettuali più prolifici.

  • Lignaggio: Yates proviene dal lignaggio di Gaylord.

  • Contributo: Attraverso decenni di articoli sulla rivista Black Belt e numerosi libri, Yates ha documentato la storia, la filosofia e le tecniche del Kajukembo (e di altre arti). Ha dato una “voce” intellettuale all’arte, aiutando a preservarne la storia e a spiegarne i principi a un pubblico globale. La sua fama è quella del “custode della conoscenza”, un ruolo essenziale per la longevità di qualsiasi arte.


PARTE IV: IL VOLTO MAINSTREAM – MARK DACASCOS E L’AMBASCIATORE CULTURALE

Se si dovesse nominare la singola persona “famosa” associata al lignaggio del Kajukembo che il grande pubblico potrebbe riconoscere, quel nome è senza dubbio Mark Dacascos.

Mark Dacascos occupa uno spazio unico. Non è famoso per essere un maestro di Kajukembo nel senso tradizionale; è un attore e una personalità televisiva di fama mondiale la cui abilità deriva direttamente dalla sua formazione nel sistema.

  • Lignaggio e Formazione: Mark è il figlio di Al Dacascos. È nato e cresciuto nell’arte del padre, il Wun Hop Kuen Do. Ha iniziato ad allenarsi prima ancora di poter camminare. Ha anche studiato innumerevoli altre arti, ma il WHKD è il suo “sistema operativo”. Non è solo un attore che ha imparato le arti marziali per i film; è un artista marziale di livello mondiale diventato attore.

  • Fama Cinematografica: La sua carriera cinematografica è la vetrina del lignaggio Kajukembo/WHKD.

    • “Only the Strong” (1993): Sebbene il film sia famoso per aver introdotto la Capoeira al pubblico americano, il protagonista (Dacascos) mostra la fluidità, la velocità e i calci acrobatici che sono il marchio di fabbrica del Wun Hop Kuen Do.

    • “Crying Freeman” (1995) e “Il Patto dei Lupi” (2001): Questi film hanno consolidato la sua fama internazionale, mostrando un’abilità marziale che era più fluida e artistica rispetto a quella dei suoi contemporanei.

    • “John Wick: Chapter 3 – Parabellum” (2019): Questo è stato il suo grande ritorno. Il suo ruolo di “Zero”, l’antagonista principale, e il suo duello finale con Keanu Reeves sono considerati tra i migliori combattimenti del cinema d’azione moderno. In quella coreografia, si può vedere l’essenza del WHKD: le transizioni veloci, l’uso ingannevole delle mani (trapping) e la grazia letale.

  • Fama Televisiva: Per milioni di persone, Mark Dacascos non è un combattente, ma “The Chairman” (Il Presidente) della serie TV di culto “Iron Chef America”. Il suo carisma, la sua presenza drammatica e le sue entrate acrobatiche hanno portato la sua immagine in milioni di case, associandola a classe e mistero.

  • L’Ambasciatore: La fama di Mark Dacascos è quella dell’ambasciatore culturale. Ha fatto per il Wun Hop Kuen Do (e quindi per il Kajukembo) ciò che Bruce Lee ha fatto per il Jeet Kune Do: gli ha dato un volto, un’estetica e un posto nell’immaginario collettivo. Ha dimostrato al mondo che l’arte ibrida nata nel ghetto di Palama poteva evolversi in qualcosa di così sofisticato e bello da affascinare il pubblico di Hollywood.


PARTE V: I CUSTODI MODERNI E IL FUTURO DELL’EREDITÀ

Oggi, la fama nel Kajukembo continua a essere decentralizzata. Con la scomparsa di Sijo Emperado e di molti della prima generazione, la leadership dell’arte è passata a un consiglio di Gran Maestri (Sigung) che dirigono le proprie organizzazioni, tutte onorando la fonte comune.

La “fama” oggi appartiene ai custodi del lignaggio.

  • Gary Forbach: Un Sigung molto rispettato che porta avanti il Gaylord’s Method. La sua fama è quella di un insegnante di insegnanti, un tecnico meticoloso che assicura che l’approccio analitico di Charles Gaylord non vada perduto.

  • Eugene Sedeno: Uno dei Gran Maestri che porta avanti la linea “originale” del KSDI (Emperado Method). La sua fama è quella di un “tradizionalista”, un collegamento diretto con Sijo Emperado e la pratica delle Hawaii.

  • I Capi delle Organizzazioni (WKF, KAA, ecc.): La fama in un’arte frammentata spetta spesso ai capi delle più grandi federazioni, che agiscono come amministratori, organizzando eventi, standardizzando i requisiti di grado e mantenendo unita la “Ohana” globale.

  • I Nuovi Atleti: La fama futura del Kajukembo sarà probabilmente simile a quella di Chuck Liddell. Verrà da atleti di MMA o Kickboxing che, pur competendo sotto la bandiera di una palestra moderna (come “The Pit” di Hackleman), avranno un istruttore il cui lignaggio risale a Ramos, Gaylord o Emperado. Non saranno famosi come praticanti di Kajukembo, ma la loro vittoria sarà la vittoria dei principi del Kajukembo.

  • I Maestri Online: Nell’era digitale, una nuova forma di “fama” sta emergendo. Maestri di Kajukembo che utilizzano piattaforme come YouTube per condividere le tecniche, la storia e la filosofia dell’arte stanno diventando famosi come “ambasciatori digitali”, portando l’arte di Palama a una generazione che potrebbe non entrare mai in un dojo fisico.

Conclusione: Un Pantheon di Pragmatismo

La “Hall of Fame” del Kajukembo è un pantheon diversificato che riflette perfettamente l’arte stessa. Non è una singola linea di re, ma una rete interconnessa di innovatori, duri e artisti.

Al vertice c’è Adriano Emperado, il fondatore la cui fama è assoluta e patriarcale.

Sotto di lui ci sono i costruttori come Charles Gaylord e Tony Ramos, famosi per la loro incrollabile dedizione all’efficacia e per aver costruito le fondamenta dell’arte in America.

Accanto a loro ci sono gli innovatori come Sid Asuncion e Al Dacascos, famosi per aver preso il sistema e averlo espanso, dimostrandone la fluidità e l’adattabilità.

Poi ci sono gli atleti come Dennis Alexio e (indirettamente) Chuck Liddell, famosi per aver preso i principi del Kajukembo e averli provati con successo nel fuoco della competizione di livello mondiale.

Infine, c’è l’ambasciatore culturale, Mark Dacascos, che ha portato l’estetica del lignaggio Kajukembo sul palcoscenico globale del cinema.

Ognuna di queste figure, a modo suo, è un “maestro famoso” dell’arte. Insieme, raccontano la storia di un sistema di combattimento che è nato dal bisogno, è stato forgiato nel dolore, è stato diffuso dal dovere, si è evoluto attraverso la creatività ed è stato provato nel mondo.

LEGGENDE, CURIOSITÀ, STORIE E ANEDDOTI

Il “Folklore” di un’Arte Moderna

Ogni grande arte marziale è avvolta da un arazzo di storie, un “folklore” che serve a trasmetterne l’anima, l’etica e i principi fondamentali in un modo che la semplice istruzione tecnica non potrebbe mai fare. Se la storia (Punto 3) ci dice cosa è successo e la biografia del fondatore (Punto 4) ci dice chi l’ha fatto, questo capitolo esplora il perché e il come l’arte si sente.

Il Kajukembo, pur essendo un’arte marziale del XX secolo, non fa eccezione. La sua storia, sebbene moderna, è già ricca di leggende, aneddoti e curiosità che ne definiscono il carattere. Queste storie non sono solo intrattenimento; sono parabole, strumenti didattici che illustrano i pilastri dell’arte: pragmatismo brutale, spirito indomito, lealtà (Ohana) e la ricerca incessante dell’efficacia.

Le leggende del Kajukembo non parlano di monaci che volano o di colpi segreti che fermano il cuore. Parlando di ossa rotte sul cemento, di sfide reali nei bar malfamati e di un gruppo di innovatori che hanno avuto il coraggio di mettere in discussione la tradizione. Questo è il folklore del “cemento”.


PARTE I: LA MITOLOGIA DELLA CREAZIONE – LE LEGGENDE DELLA BLACK BELT SOCIETY

La fondazione del Kajukembo tra il 1947 e il 1949 ad opera della “Black Belt Society” (Sijo Emperado, Choo, Ordonez, Holck, Chang) è il terreno fertile da cui germoglia la mitologia primaria dell’arte. Queste non sono solo storie; sono la dichiarazione d’intenti del sistema.

Il Laboratorio del Dolore: “Se non funziona, buttalo via”

La leggenda più pervasiva e fondamentale del Kajukembo è quella del loro metodo di “Ricerca e Sviluppo”. La storia, raccontata da Sijo Emperado stesso e tramandata da ogni Sigung, dipinge un quadro di una brutalità quasi scientifica.

I cinque fondatori non si sedettero a un tavolo a discutere di filosofia. Si incontrarono in un dojo improvvisato, si tolsero le magliette e iniziarono a combattere. L’aneddoto non è semplicemente che “si allenavano duramente”; la leggenda è che hanno usato i loro stessi corpi come provette.

Si racconta che un maestro, ad esempio Frank Ordonez, mostrasse una leva di Jujitsu. Poi, Peter Choo (il pugile e karateka) cercava di contrastarla con un pugno diretto. Se la leva era troppo lenta o complessa per essere applicata sotto la pressione di un vero colpo, veniva scartata. Se funzionava, veniva testata ulteriormente. Joe Holck (il judoka) cercava di proiettare l’avversario durante l’applicazione. Se la leva resisteva anche a quello, veniva tenuta.

Questa leggenda è cruciale perché stabilisce il pragmatismo come unica religione dell’arte. Non c’era rispetto per la tradizione. Una tecnica non veniva inclusa perché era un “antico segreto” del Jujitsu o del Kung Fu; veniva inclusa solo se sopravviveva al “Laboratorio del Dolore”.

La storia si spinge oltre. Si dice che le sessioni fossero così violente che le ossa rotte, le lussazioni e la perdita di sensi non fossero incidenti, ma risultati attesi. Erano “dati”. Un osso rotto significava che una parata non era abbastanza forte o che un attacco era stato efficace. Questa mitologia fondante è il motivo per cui il Kajukembo è così ossessionato dal “testare” (pressure testing). La leggenda insegna che l’arte è stata battezzata nel dolore e che ogni praticante deve, in misura controllata, rivivere quel battesimo.

La Leggenda del “Test del Cemento”

Un corollario della leggenda del “Laboratorio del Dolore” è il “Test del Cemento”. Questa storia rafforza la differenza tra efficacia marziale e reale autodifesa.

La leggenda narra che l’allenamento dei fondatori non si limitava al dojo. Vivevano e lavoravano nel Palama Settlement, uno dei quartieri più violenti del Pacifico. Le risse erano una realtà quotidiana. Secondo l’aneddoto, i fondatori (e in seguito i primi studenti di Sijo) non esitavano a usare queste situazioni come la “fase tre” della loro ricerca.

Se una tecnica ibrida sopravviveva al dojo, il test finale era: “Funziona sul cemento? Funziona contro un avversario che non segue regole, che è ubriaco, che ha un coltello o che ha tre amici?”.

Questa leggenda, vera o esagerata che sia, è la spina dorsale della mentalità Kajukembo. Ha creato il famoso detto, spesso attribuito a Emperado: “Non mi interessa se funziona sul tatami; mi interessa se funziona sul cemento”.

Questo aneddoto spiega perché il Kajukembo, a differenza del Judo o del BJJ, non enfatizza il combattimento a terra prolungato (sul cemento, andare a terra con più aggressori è un suicidio). Spiega perché l’arte include colpi agli occhi, alla gola e all’inguine. La leggenda insegna che l’arte non è stata progettata per la palestra, ma per l’asfalto.

La Nascita del Nome: Un Atto di Ribellione Pragmatica

Anche la scelta del nome “Kajukembo” è avvolta in una curiosa storia di pragmatismo. La storia racconta che, una volta consolidato il sistema, ci fu una discussione su come chiamarlo.

Nel mondo delle arti marziali, i nomi sono spesso poetici, filosofici o evocativi: “Via della Mano Vuota” (Karate-Do), “Via dell’Armonia” (Aikido), “Stile del Pugno Supremo” (Tai Chi Chuan). La tradizione richiedeva un nome che suonasse profondo.

La leggenda vuole che i cinque fondatori abbiano consapevolmente rifiutato questa strada. Chiamare la loro arte, per esempio, “Lo Stile del Drago di Palama” sarebbe stato disonesto. Non era un’arte mistica; era un manuale tecnico.

L’aneddoto racconta che fu deciso che il nome stesso dovesse essere la “formula”, la “distinta base” del sistema. Fu un atto di trasparenza radicale e un rifiuto della mistificazione.

KA (Karate) JU (Judo/Jujitsu) KEM (Kenpō) BO (Boxe/Kung Fu)

Questa curiosità non è solo etimologica. È una dichiarazione filosofica. Il nome stesso è una leggenda che dice: “Non abbiamo segreti. Non ci nascondiamo dietro la poesia. Siamo esattamente ciò che c’è scritto sull’etichetta: un sistema ibrido e funzionale”.


PARTE II: CURIOSITÀ ICONICHE – I SIMBOLI E I RITUALI

Oltre alle storie della sua creazione, il Kajukembo ha sviluppato una propria cultura visiva e rituale. Queste curiosità sono le impronte digitali dell’arte.

Il Gi Nero: La Curiosità dell’Uniforme

Una delle prime cose che si notano in una classe di Kajukembo è l’uniforme: il Gi è nero. Questa è una delle curiosità più iconiche e una netta rottura con la tradizione.

Nelle arti marziali giapponesi (Judo, Karate, Aikido), il Gi bianco è la norma. Simboleggia la purezza, l’umiltà, l’idea di essere una “tela bianca” pronta ad assorbire la conoscenza.

Perché il Kajukembo ha scelto il nero? La leggenda e i fatti si intrecciano:

  1. La Spiegazione Pragmatica (La Leggenda del “Cemento”): L’aneddoto più famoso è puramente funzionale. Il Kajukembo è nato nel Palama Settlement. Non si allenavano in dojo lussuosi e immacolati. Si allenavano in garage, su pavimenti sporchi, nei parchi e, metaforicamente, sul “cemento”. Un Gi bianco sarebbe stato sporco dopo dieci minuti. Inoltre, l’allenamento era (ed è) intenso e a contatto. Il sangue (da un naso rotto o un labbro spaccato) era comune. Il Gi nero, semplicemente, nascondeva lo sporco e il sangue. Era l’uniforme del lavoratore, non del monaco.

  2. La Spiegazione Simbolica (La Leggenda dello “Yin”): Il nero ha anche un potente simbolismo. Se il bianco rappresenta la purezza e l’inizio (Yang), il nero rappresenta il “lato oscuro” e pragmatico del combattimento (Yin). Rappresenta il vuoto da cui tutto proviene, ma anche la realtà della violenza, la “strada”. Indossare il Gi nero è un promemoria costante che l’arte non è un gioco, ma una preparazione alla realtà dell’autodifesa.

  3. L’Influenza del Kenpō e del Kung Fu: Alcuni lignaggi di Kenpō e Kung Fu (in particolare quelli americani, come il Kenpō di Ed Parker) hanno anch’essi adottato il nero. C’è un’influenza incrociata, ma il Kajukembo è stato tra i primi e più coerenti nell’adottarlo come uniforme standard, legandolo indissolubilmente alla sua filosofia “da strada”.

L’Emblema: La Mappa del Tesoro Nascosta in Piena Vista

La “patch” (emblema) ottagonale del Kajukembo, indossata sul Gi, non è un logo. È una curiosità che funge da “mappa filosofica”. Ogni elemento è una storia a sé.

  • La Curiosità dell’Ottagono: La forma stessa. Perché un ottagono? La leggenda marziale (comune a molte arti cinesi e filippine, che hanno influenzato il Kajukembo) è che rappresenta gli otto angoli di attacco e difesa. È un promemoria che il combattimento non è lineare (avanti e indietro), ma tridimensionale. Bisogna muoversi, creare angoli, attaccare da direzioni inaspettate.

  • Il Cerchio Rosso: Simboleggia la vita, il sangue, il pericolo e l’energia (Qi/Chi). È l’anello di fuoco della realtà del combattimento che circonda l’arte.

  • Lo Yin/Yang: Questo è il cuore. È la storia della fusione del “duro” (Karate, KA) e del “morbido” (Jujitsu/Judo, JU). La curiosità è che il Kajukembo non è solo duro o solo morbido; è l’equilibrio dinamico tra i due. È la storia di come Sijo Emperado abbia fuso l’impatto del Kenpō con la cedevolezza del Kung Fu.

  • Il Trifoglio (Triskele) Verde: La storia più comunemente raccontata è che questo simboleggia la Black Belt Society, con i suoi bracci che rappresentano i fondatori uniti. Simboleggia anche l’equilibrio trino di Mente, Corpo e Spirito. Il colore verde rappresenta la crescita, un’arte che non è statica ma viva.

  • I Kanji/Caratteri Cinesi: Questa è una curiosità affascinante che onora l’eredità ibrida. Da un lato ci sono i caratteri per Ch’uan Fa (Metodo del Pugno – Cinese, per il BO). Dall’altro, gli stessi caratteri pronunciati Kenpō (Legge del Pugno – Giapponese/Okinawense, per il KEM). L’emblema stesso racconta la storia della fusione cino-giapponese-hawaiana.

Il Rituale del “Kote Kitae” (Condizionamento)

Una delle “curiosità” più temute e rispettate dell’allenamento del Kajukembo è il Kote Kitae, o condizionamento degli avambracci. Questo non è unico del Kajukembo (è presente nel Karate e nella Muay Thai), ma il modo in cui è integrato è leggendario.

Non è solo un esercizio; è un rituale. L’aneddoto di un tipico allenamento di Kote Kitae descrive due partner in piedi uno di fronte all’altro, che iniziano a colpirsi ritmicamente gli avambracci: prima piano, poi sempre più forte. Si usano diverse parti dell’avambraccio (interna, esterna, ossa).

La leggenda e la storia dietro questo rituale sono molteplici:

  1. La Spiegazione Fisica: Si tratta di micro-fratturare le ossa (Principio di Wolff) per farle ricrescere più forti e dense, e di desensibilizzare i nervi. L’obiettivo è trasformare gli avambracci in “mazze”, armi per colpire e scudi impenetrabili per parare.

  2. La Spiegazione Mentale (La Leggenda): L’aneddoto più importante è quello mentale. Il Kote Kitae fa male. Insegna al praticante a gestire il dolore. Insegna a rimanere calmi, a respirare e a continuare a funzionare mentre si riceve un impatto. È una vaccinazione contro lo shock di essere colpiti.

  3. La Spiegazione “Ohana”: È anche un rituale di fiducia. Colpisci il tuo “fratello” marziale (Ohana) abbastanza forte da temprarlo, ma non così forte da ferirlo. E ti fidi che lui faccia lo stesso. È un legame costruito attraverso il dolore condiviso.

Le storie dei primi studenti di Sijo Emperado parlano di braccia nere e blu per settimane, di un dolore che rendeva difficile dormire. Ma raccontano anche di un momento in cui il dolore svaniva e l’avambraccio diventava “morto” all’impatto: l’armatura era stata forgiata.


PARTE III: ANEDDOTI DEL SIJO – LE STORIE DI ADRIANO EMPERADO

Le storie su Sijo Emperado sono così numerose che definiscono la personalità dell’arte. Questi aneddoti sono usati come parabole per insegnare la durezza, il pragmatismo e la filosofia “open source”.

La Leggenda della “Presa d’Acciaio”

Un aneddoto ricorrente su Emperado riguarda la sua forza fisica, in particolare la sua presa. Si dice che, a causa di una vita di allenamento Kenpō (mani aperte) ed Escrima (bastoni), la sua presa fosse come una morsa d’acciaio.

Le storie, forse leggendarie, dicono che potesse schiacciare noci di cocco con una sola mano. Un aneddoto più realistico e comune è quello della sua stretta di mano. Molti maestri che lo hanno incontrato raccontano che la sua stretta di mano era un “test”. Non cercava di stritolarti la mano, ma la sua presa era così solida e potente che ti comunicava immediatamente chi fosse, senza bisogno di parole.

Questo aneddoto insegna l’importanza del condizionamento delle mani (che nel Kajukembo è fondamentale) e l’idea che la propria abilità dovrebbe essere evidente, non dichiarata.

Le Sfide al Dojo: “La Porta è Aperta”

Nei primi giorni a Palama, il KSDI era un faro per i guai. Era l’unica scuola che insegnava un’arte marziale così apertamente “da strada”, e Emperado era un giovane maestro con una reputazione da difendere.

La leggenda narra che la “porta era sempre aperta”. Teppisti locali, marinai ubriachi o maestri di altre arti marziali che volevano “testare” questo nuovo stile ibrido, si presentavano regolarmente al dojo.

Gli aneddoti su queste sfide sono tutti simili e servono a uno scopo: Si racconta che un giorno un karateka di un altro stile entrò e sfidò Emperado. Sijo, senza clamore, accettò. Lo scontro, secondo la leggenda, durò pochi secondi. Emperado non usò una tecnica di Karate. Usò il suo ibrido: bloccò (KA), afferrò (JU), colpì in rapida successione (KEM) e proiettò l’uomo (JU) sul pavimento di legno.

Un altro aneddoto racconta di un pugile che lo sfidò. Emperado non cercò di boxare con lui. Gli calciò la gamba d’appoggio (KA), distruggendo la sua base.

Queste storie non servono a glorificare la violenza, ma a dimostrare la tesi centrale dell’arte: un’arte “pura” ha sempre un punto cieco. Un ibrido, se applicato correttamente, può sfruttare quel punto cieco e terminare lo scontro. Ogni sfida vinta da Sijo era una validazione del sistema della Black Belt Society.

Il Test del Pugno: “Colpiscimi”

Un altro filone di aneddoti riguarda il leggendario condizionamento fisico di Sijo. Non chiedeva ai suoi studenti di fare nulla che lui stesso non potesse fare, e lo dimostrava.

La storia più famosa è quella del “test del pugno” (o calcio). Si dice che Sijo, per dimostrare l’efficacia del condizionamento e della respirazione, si mettesse in posizione e dicesse a uno studente (spesso un giovane e forte cintura nera) di colpirlo al plesso solare con tutta la sua forza.

L’aneddoto prosegue invariabilmente allo stesso modo: lo studente, titubante, alla fine sferra un pugno o un calcio potente. Il colpo impatta su Sijo con un suono sordo. Sijo, secondo la leggenda, non arretra di un centimetro. Assorbe il colpo, forse fa un piccolo grugnito, e poi guarda lo studente con un’alzata di sopracciglia, come a dire: “Tutto qui?”.

Questa storia è la parabola definitiva sulla fiducia nel proprio allenamento. Insegna che il corpo può essere trasformato in armatura e che la forza mentale (la capacità di accettare l’impatto) è importante quanto la forza fisica.

L’Aneddoto dell’Innovazione: Sijo e Al Dacascos

Questa è forse la storia più importante per capire la filosofia di Emperado, più della sua durezza. Negli anni ’60 e ’70, uno degli studenti di seconda generazione più brillanti era Al Dacascos (che si era allenato sotto Sid Asuncion).

Dacascos, come Emperado prima di lui, era un innovatore. Iniziò a integrare stili di Kung Fu del Nord, più fluidi e acrobatici, e più Escrima nel suo Kajukembo. Il risultato fu il Wun Hop Kuen Do, uno stile visivamente molto diverso dall’originale “duro” di Palama. Era veloce, fluido, pieno di finte e movimenti circolari.

La leggenda narra che Dacascos, nervoso, andò da Sijo Emperado per mostrargli ciò che aveva creato. Temeva di essere accusato di tradimento, di aver “annacquato” o cambiato l’arte del fondatore.

Dopo la dimostrazione, Sijo rimase in silenzio per un momento. Poi, secondo l’aneddoto, sorrise e disse qualcosa come: “Bene. Hai trovato la tua strada. Questo è Kajukembo”.

Questo singolo aneddoto è la pietra angolare della filosofia “open source” dell’arte. Ha dato a tutti i futuri maestri il “permesso” di innovare. Ha stabilito che il Kajukembo non era un insieme statico di tecniche, ma un concetto (l’ibridismo efficace) e che la vera lealtà non era copiare il fondatore, ma continuare la sua missione: cercare ciò che funziona.


PARTE IV: STORIE DALLA “FORGIA” – ANEDDOTI SULL’ALLENAMENTO DEL KSDI

Le storie dei primi studenti di Sijo Emperado al Kajukenbo Self Defense Institute (KSDI) di Palama sono un genere a sé. Sono storie di sopravvivenza che illustrano l’ambiente da cui l’arte proveniva.

Il Tasso di Abbandono del 90%: Il Vanto della Durezza

Non è una statistica, è un aneddoto. Si dice comunemente che “nove studenti su dieci che entravano al KSDI se ne andavano entro il primo mese”.

Questa storia non è un lamento; è un vanto. È una curiosità che serve a filtrare. Il Kajukembo non era per tutti, e non voleva essere per tutti. L’allenamento era così estenuante, il contatto così duro e le richieste mentali così elevate che solo il 10% con lo “spirito indomito” (indomitable spirit) rimaneva.

L’aneddoto serve a illustrare che una cintura nera in Kajukembo, specialmente di quel periodo, non era qualcosa che “compravi” con anni di frequenza. Era qualcosa che sopravvivevi. Coloro che rimanevano, quel 10%, formavano un legame indissolubile: l’Ohana. Erano stati tutti “forgiati” nello stesso fuoco e si fidavano l’uno dell’altro in un modo che un dojo commerciale non potrebbe mai replicare.

“Sangue sul Pavimento”: La Filosofia del Contatto Pieno

Gli aneddoti sullo sparring dei primi tempi sono crudi. I maestri di oggi (come Charles Gaylord, prima della sua scomparsa) raccontavano storie di sessioni di sparring che erano, a tutti gli effetti, combattimenti.

Un aneddoto ricorrente è quello del “secchio e dello straccio”. Si dice che in un angolo del dojo ci fosse sempre un secchio e uno straccio, non solo per il sudore, ma per pulire il sangue dal pavimento. Un naso rotto o un dente perso non erano motivo di fermare l’allenamento.

Questo non era sadismo; era la filosofia di Sijo: “Come puoi dire di saper difenderti se non sei mai stato colpito in faccia con forza?”.

Queste storie, sebbene estreme per gli standard moderni, servono a ricordare ai praticanti attuali la serietà dell’obiettivo. Il Kajukembo non è “giocare a combattere”. La leggenda del “sangue sul pavimento” è un monito contro la compiacenza.

La Tragedia di Joe Emperado: L’Ombra del Fratello

Una storia più oscura e tragica, ma fondamentale, è quella di Joe Emperado, il fratello minore di Sijo. Joe era, secondo molti, il “cervello” analitico dietro la codifica dell’arte, il braccio destro e il partner di allenamento più fidato di Adriano.

La storia della sua morte, avvenuta alla fine degli anni ’50, è avvolta nel mistero e nella tragedia del Palama Settlement. Le circostanze non sono chiare: alcuni dicono un incidente, altri (e questa è la leggenda più persistente) dicono che sia morto in una rissa, difendendo l’onore del dojo o semplicemente essendo nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Questo aneddoto è cruciale. Per Sijo, fu una tragedia personale devastante. Ma per l’arte, la leggenda della morte di Joe (morta nella violenza da strada che il Kajukembo era stato creato per combattere) divenne una motivazione oscura e potente. Solidificò l’impegno di Sijo a diffondere l’arte. Non era più solo un progetto; era una missione, ora anche in memoria del fratello perduto. Questa storia aggiunge uno strato di gravità e di tragedia shakespeariana alla fondazione dell’arte.


PARTE V: CURIOSITÀ MODERNE E FRAINTENDIMENTI

Infine, ci sono curiosità e storie che sono emerse nell’era moderna, mentre l’arte si confronta con il mondo globale delle arti marziali.

Curiosità: Il “Nonno delle MMA”?

Una curiosità moderna è l’affermazione, sempre più comune, che il Kajukembo sia il “Nonno delle MMA” (Mixed Martial Arts).

Questa storia è nata negli anni ’90, dopo la nascita dell’UFC. Quando il mondo vide Royce Gracie (un praticante di BJJ, un’arte ibrida) sconfiggere specialisti “puri” (karateka, pugili, lottatori di sumo), la comunità del Kajukembo ebbe un “déjà vu”.

L’aneddoto racconta che mentre il mondo era scioccato, i maestri di Kajukembo annuivano, dicendo: “Certo che funziona. È quello che Sijo e gli altri hanno scoperto nel 1947”.

La storia del Kajukembo è, infatti, la storia della prima arte marziale formalizzata ad abbracciare l’ibridismo come filosofia centrale. KA (striking), JU (grappling), KEM (trapping), BO (movimento). È la stessa identica formula delle MMA.

La curiosità sta nella differenza:

  • Il Kajukembo è un ibrido per l’autodifesa (senza regole, armi, più aggressori).

  • L’MMA è un ibrido per lo sport (1-vs-1, regole, arbitro, tempo limite).

Ma la leggenda del Kajukembo come “Nonno delle MMA” è potente e storicamente accurata, poiché ha stabilito il principio che un ibrido sconfiggerà sempre un purista.

L’Aneddoto di Mark Dacascos: “Il Presidente” (The Chairman)

Una delle curiosità più divertenti per i praticanti di Kajukembo è la fama mainstream di Mark Dacascos (figlio dell’innovatore Al Dacascos e maestro del lignaggio Wun Hop Kuen Do).

Per milioni di persone nel mondo, Mark Dacascos è “The Chairman” (Il Presidente) del programma televisivo di culto “Iron Chef America”. È famoso per le sue entrate drammatiche, i suoi completi eleganti e la sua frase iconica “Allez Cuisine!”.

L’aneddoto che diverte la comunità marziale è che il pubblico non ha idea che quell’uomo carismatico e teatrale sia, in realtà, uno degli artisti marziali più letali e abili del pianeta. Le sue acrobazie (come il backflip in completo) sono solo un assaggio della sua abilità.

Questa “doppia vita” di Dacascos è diventata una leggenda moderna. È l’aneddoto perfetto del “guerriero nascosto”. La sua fama ha raggiunto l’apice con il suo ruolo di “Zero” in John Wick 3, dove finalmente ha potuto mostrare al grande pubblico la fluidità e la velocità del suo lignaggio Kajukembo (Wun Hop Kuen Do). L’aneddoto è che “Il Presidente” di Iron Chef è, in realtà, un vero “assassino” (nel senso marziale del termine).

Fraintendimento Comune: “È solo Kenpō Sporco”

Una “storia” o un fraintendimento comune che i praticanti di Kajukembo sentono è: “Oh, è solo Kenpō con l’aggiunta di qualche colpo sporco”.

Gli aneddoti e le leggende dell’arte servono a smontare questa idea. Il Kenpō (KEM) è solo un quarto del nome. La leggenda della Black Belt Society è la prova: Peter Choo (Karate/Boxe), Frank Ordonez (Jujitsu) e Joe Holck (Judo) non erano “consulenti”. Erano soci fondatori alla pari.

La storia che ogni praticante impara è che il sistema è un vero ibrido al 50/50. È al 50% striking (KA/BO/KEM) e al 50% grappling (JU/KEM). Le proiezioni del Judo e le leve del Jujitsu non sono un “extra”; sono integrate nel DNA dell’arte. L’aneddoto della fondazione, dove ogni arte ha messo alla prova l’altra, è la prova che il Kajukembo non è “Kenpō+”, ma un sistema completamente nuovo, nato dalla fusione equa dei suoi componenti.

Conclusione: Le Storie che Definiscono l’Acciaio

Le leggende, le curiosità e gli aneddoti del Kajukembo sono l’anima dell’acciaio. Raccontano la storia di un’arte che non teme il dolore, che rifiuta il dogma, che onora la famiglia (Ohana) e che crede in una sola verità: l’efficacia. Dal Gi nero che nasconde il sangue, alle sfide vinte da Sijo sul pavimento del dojo, fino alla filosofia “open source” che permette l’innovazione, queste storie non sono solo un contorno. Sono il vero curriculum. Insegnano a un praticante non solo come combattere, ma perché e con quale spirito.

TECNICHE DI QUEST'ARTE

L’Arsenale del Pragmatismo Assoluto

Analizzare le “tecniche” del Kajukembo significa dissezionare uno dei repertori marziali più vasti, complessi e brutalmente pragmatici mai assemblati. A differenza delle arti tradizionali “pure” (come il Judo Kodokan o il Karate Shotokan), che si fondano su un corpus di tecniche limitato, codificato e spesso immutabile, il Kajukembo è un “sistema aperto”. Il suo arsenale tecnico non è un monumento da preservare, ma una cassetta degli attrezzi in continua evoluzione, dove ogni “attrezzo” è tenuto solo per la sua comprovata funzionalità.

Il motto non ufficiale dell’arte – “Non mi interessa se funziona sul tatami, mi interessa se funziona sul cemento” – è il filtro attraverso cui ogni singola tecnica viene vagliata.

L’arsenale del Kajukembo è un ibrido intenzionale, progettato non per vincere tornei a punti o per raggiungere l’illuminazione estetica, ma per un unico, singolare scopo: la sopravvivenza in un’aggressione reale, violenta e imprevedibile. Questo significa che il repertorio tecnico è progettato per coprire tutte le fasi, le distanze e le possibilità di un combattimento da strada:

  1. Lunga Distanza: Gestione dello spazio e attacchi a lungo raggio.

  2. Media Distanza: Il combattimento di pugni e colpi di mano.

  3. Corta Distanza (Clinch): Il combattimento “sporco” di gomiti, ginocchia e intrappolamento.

  4. Corpo a Corpo (Grappling): Le proiezioni, le leve e gli sbilanciamenti in piedi.

  5. Combattimento a Terra: Finalizzazioni rapide o ritorno in piedi.

  6. Scenari Speciali: Difesa da armi, aggressori multipli, attacchi a sorpresa.

Per comprendere questa vasta libreria, il metodo più logico è utilizzare la “formula” che i fondatori stessi hanno codificato nel nome dell’arte: KA, JU, KEM, e BO. Ognuna di queste sillabe rappresenta non solo un’arte, ma un intero set di principi e tecniche che costituiscono un pilastro del sistema. Infine, analizzeremo come questi pilastri non stiano semplicemente uno accanto all’altro, ma come siano fusi alchemicamente in un unico sistema di combattimento fluido.


PARTE I: L’ARSENALE “KA” – IL PILASTRO DEL KARATE E TANG SOO DO

La sillaba “KA” (dal Karate, specificamente il Tang Soo Do coreano di Peter Choo) fornisce al Kajukembo la sua struttura portante, la sua capacità di generare potenza lineare e la sua spina dorsale per il combattimento a lunga distanza. Questo è l’aspetto “duro” (Yang) dello striking del sistema.

Tuttavia, è cruciale capire che queste tecniche, pur avendo nomi familiari, sono state spogliate delle loro limitazioni sportive e ri-funzionalizzate per la strada.

Le Posizioni (Dachi): Fondamenta Mobili

A differenza delle posizioni profonde e statiche (come Kiba Dachi o Zenkutsu Dachi basso) del Karate tradizionale, che sono ottimizzate per la stabilità e la pratica del kata, le posizioni del Kajukembo sono più alte, più mobili e pragmatiche. Sono “posizioni di transizione”, non posture fisse.

  • Zenkutsu Dachi Modificato (Posizione Anteriore): La posizione è più corta e più alta, simile a una posizione di boxe. Il peso è distribuito 60/40 o 50/50, consentendo un movimento rapido sia in avanti (per attaccare) sia indietro (per evadere). La gamba posteriore è leggermente piegata, pronta a spingere per generare potenza (come nel pugilato) o a lanciare un calcio.

  • Neko Ashi Dachi (Posizione del Gatto): Nel Kajukembo, questa non è una posizione difensiva statica, ma un momento di transizione. È la posizione in cui ci si trova per una frazione di secondo prima di lanciare un calcio frontale (Mae Geri) o laterale (Yoko Geri) con la gamba anteriore. È usata per sondare la distanza o per un attacco rapido e “fastidioso”.

  • Kiba Dachi Modificato (Posizione del Cavaliere): Viene usata raramente come posizione di transizione, ma è fondamentale per generare potenza in attacchi a media e corta distanza e per stabilizzare il corpo durante l’applicazione di leve in piedi. È anche la base per i potenti calci laterali (Yoko Geri).

I Calci (Keri Waza): L’Arsenale a Lunga Distanza

Il contributo del “KA” è più evidente nell’arsenale dei calci. Il Tang Soo Do è famoso per i suoi calci dinamici. Il Kajukembo li adotta, ma ne cambia i bersagli e l’intento. L’obiettivo non è il punto, ma la distruzione.

  • Mae Geri (Calcio Frontale): Questa è un’arma fondamentale.

    • Versione “Stop Kick” (Calcio d’Arresto): È la tecnica principale per il controllo della distanza. Mirato alla tibia, al ginocchio o all’inguine dell’aggressore che avanza. L’obiettivo non è fare “punti”, ma fermare l’avanzata e causare dolore, rompendo il ritmo dell’aggressore.

    • Versione “Kekomi” (Penetrante): Usato con la pianta del piede o il tallone, mirato al plesso solare, allo sterno o alla vescica. È un calcio di potenza, progettato per “sfondare” l’avversario e creare un’apertura per la raffica di pugni (KEM).

  • Yoko Geri (Calcio Laterale): Questo è il calcio di potenza per eccellenza del Kajukembo.

    • Bersagli: Il bersaglio primario è l’articolazione del ginocchio (Kansetsu Geri). Un Yoko Geri mirato al lato del ginocchio di un aggressore è una tecnica di fine combattimento. Altri bersagli sono le costole fluttuanti, il fegato (lato destro) o la milza (lato sinistro).

    • Biomeccanica: La tecnica enfatizza una rotazione completa dell’anca e del piede d’appoggio, “caricando” il colpo con l’intero peso corporeo. È un colpo d’ariete.

  • Mawashi Geri (Calcio Circolare): Il Kajukembo ha adottato questo calcio molto prima che diventasse famoso con la Muay Thai in occidente.

    • Versione “Low Kick”: A differenza dei calci circolari alti (Jodan), considerati rischiosi e lenti per la strada, il Kajukembo enfatizza i calci circolari bassi (Gedan Mawashi Geri). Mirati con la tibia (non il collo del piede) alla coscia esterna o interna dell’avversario. L’obiettivo è “tagliare” la gamba, distruggendo la mobilità e la base dell’aggressore.

    • Versione Media (Chudan): Mirata alle costole o al braccio (per rompere la guardia o danneggiare l’arto).

  • Kansetsu Geri (Calci alle Articolazioni): Questa è una categoria a sé, fondamentale per la mentalità “da strada”. Include qualsiasi calcio progettato specificamente per distruggere un’articolazione.

    • Calcio a Pistone (Stomp Kick): Un calcio discendente (Fumikomi) mirato al collo del piede, al ginocchio di un avversario a terra, o alla caviglia.

    • Calcio Obliquo: Un calcio frontale angolato, spesso mirato alla parte anteriore del ginocchio, progettato per iper-estenderlo.

Le Parate (Uke Waza): Armi Difensive

Le parate del “KA” nel Kajukembo raramente sono solo “parate”. Seguendo il principio del Kenpō (KEM) “ogni blocco è un colpo”, le parate del Karate sono eseguite con l’intento di danneggiare l’arto dell’attaccante.

  • Gedan Barai (Parata Bassa): Eseguita con forza, non per deviare un calcio, ma per impattare con l’osso dell’avambraccio contro la tibia dell’attaccante. È una “parata distruttiva”.

  • Soto Uke / Uchi Uke (Parate Medie): Usate per “schiantarsi” contro il pugno o l’avambraccio dell’attaccante, mirando a colpire i punti nervosi o l’osso. L’obiettivo è causare dolore e scoraggiare un secondo pugno.

  • Age Uke (Parata Alta): Usata per deviare colpi discendenti (come un attacco con bottiglia) o un pugno circolare alto, spesso seguita immediatamente da un contrattacco simultaneo.

I Colpi “Duri” (Te Waza): L’Impatto Penetrante

Sebbene la maggior parte dei colpi di mano provenga dal KEM e dal BO, il KA contribuisce con i suoi colpi lineari e focalizzati.

  • Seiken (Pugno Diretto): La tecnica del pugno “classico” del Karate (Choku Zuki), che insegna la generazione di potenza lineare (Kime) e la connessione con il terreno.

  • Shuto (Colpo a Mano di Taglio): Questa non è una parata, ma un colpo devastante. Il Kajukembo lo usa per colpire bersagli molli e vitali come il lato del collo (arteria carotide), la gola (trachea), o la clavicola.

  • Nukite (Mano a Lancia): Una tecnica “sporca” per definizione. Mirata esclusivamente a bersagli morbidi come gli occhi, la gola o il plesso solare.

Il pilastro “KA” fornisce quindi al praticante di Kajukembo un arsenale di attacchi e difese “duri”, lineari e potenti. Stabilisce la struttura, la distanza e la capacità di infliggere danni significativi con singoli colpi, preparando il terreno per le componenti successive.


PARTE II: L’ARSENALE “JU” – L’INTELLIGENZA DEL JUDO E JUJITSU

La sillaba “JU” (dal Judo di Joe Holck e dal Jujitsu di Frank Ordonez) è la risposta del Kajukembo alla domanda: “Cosa succede quando l’aggressore chiude la distanza e mi afferra?”. Questo pilastro fornisce al sistema le sue tecniche di grappling, ma, ancora una volta, adattate per il “cemento”.

Il Principio Sovrano: Kuzushi (Lo Sbilanciamento)

Prima di qualsiasi proiezione o leva, il “JU” insegna il principio fondamentale del Judo: il Kuzushi, o sbilanciamento. Il Kajukembo si rifiuta di opporre forza alla forza. Un aggressore da strada è spesso più grande, più forte e sotto l’effetto di adrenalina o sostanze.

Il Kuzushi nel Kajukembo è ottenuto in modi ibridi:

  • Kuzushi tramite Colpo (KA/KEM): Un pugno improvviso al viso (KEM) o un calcio basso alla tibia (KA) fa reagire l’avversario (portando la testa indietro, piegandosi), creando l’attimo di sbilanciamento necessario per una proiezione (JU).

  • Kuzushi tramite Trazione/Spinta (JU): Usare la forza dell’avversario contro di lui. Se spinge, si tira e si usa il suo slancio. Se tira, si spinge.

  • Kuzushi tramite Angolazione (BO): Usare il gioco di gambe (BO) per uscire dalla linea centrale e tirare l’avversario nel vuoto.

Le Proiezioni (Nage Waza): L’Impatto sul Cemento

Le proiezioni del Judo e del Jujitsu sono state selezionate per la loro efficacia senza un Gi (kimono) e per il loro potenziale di danno da impatto. L’obiettivo non è un atterraggio pulito per un punto (Ippon); l’obiettivo è usare il pianeta come un’arma. La proiezione stessa è il colpo.

  • O Goshi (Grande Proiezione d’Anca): La proiezione “da buttafuori”. È la tecnica preferita per il clinch. È semplice, potente e non richiede prese complesse. Si afferra l’avversario (spesso al collo o al braccio), si ruota l’anca e lo si proietta. Sul cemento, un O Goshi ben eseguito può facilmente portare a un KO o a costole rotte.

  • Seoi Nage (Proiezione sulla Spalla): In particolare, la versione a un braccio (Ippon Seoi Nage). Questa è una risposta comune a un pugno. Si “cattura” il braccio che colpisce, si ruota sotto di esso e si proietta l’avversario sulla propria schiena. È una proiezione devastante che spesso fa atterrare l’aggressore sulla testa o sulla spalla.

  • O Soto Gari (Grande Falciata Esterna): Una proiezione di potenza, ottima per contrastare l’avanzata di un aggressore. Ci si “schianta” contro di lui, si controlla la parte superiore del corpo e si falcia la sua gamba d’appoggio. L’impatto della nuca sul cemento è l’obiettivo primario.

  • Koshi Guruma (Ruota sull’Anca): Simile a O Goshi, ma si controlla la testa dell’avversario (spesso con una presa “headlock” o “ghigliottina”). Questo controllo della testa è fondamentale in strada e rende la proiezione ancora più pericolosa, garantendo un atterraggio sulla parte superiore del corpo.

  • Tani Otoshi (Caduta nella Valle) e Altre Tecniche di Sacrificio (Sutemi Waza): Queste sono usate con cautela, ma sono nell’arsenale. Sono viste come tecniche “di emergenza” per quando si viene placcati o sollevati. Si “sacrifica” la propria posizione per trascinare l’avversario con sé, sperando di finire in una posizione dominante (come la “monta”).

Le Leve Articolari (Kansetsu Waza): La Scienza del Controllo e della Rottura

Questa è l’eredità del Jujitsu di Ordonez. Si tratta di tecniche progettate per far leva sulle articolazioni (polsi, gomiti, spalle, ginocchia, caviglie) per controllare un avversario (pain compliance) o per distruggerne l’arto.

  • Leve in Piedi (Standing Locks): Il Kajukembo eccelle in queste. Sono la risposta a prese, spinte o pugni bloccati.

    • Kote Gaeshi (Torsione del Polso Esterna): Una tecnica fondamentale. Se un aggressore afferra la maglietta o il braccio, si usa questa torsione per rompere il polso e sbilanciarlo, spesso portandolo a terra.

    • Shiho Nage (Proiezione nelle Quattro Direzioni): Un’altra leva fondamentale al polso/gomito, spesso usata per difendersi da un pugno circolare (hook) o da una presa.

    • Ude Garami (Leva al Gomito Piegato, “Americana”): Applicata in piedi in un clinch, specialmente contro un muro. È una leva devastante alla spalla e al gomito.

  • Leve a Terra: Se lo scontro finisce a terra, le leve sono usate per una finalizzazione rapida.

    • Juji Gatame (Leva al Braccio Teso, “Armbar”): Una tecnica di base del Judo e Jujitsu, usata per iper-estendere il gomito.

    • Achilles Lock (Leva alla Caviglia): Una leva “da strada” semplice e dolorosa, facile da applicare e che non richiede posizioni complesse.

Strangolamenti e Soffocamenti (Shime Waza): La Finalizzazione Rapida

Le tecniche di sottomissione sono scelte per la loro velocità ed efficacia. L’obiettivo è terminare lo scontro in pochi secondi.

  • Hadaka Jime (Rear Naked Choke – RNC): Considerata la tecnica di finalizzazione più efficace a mani nude. Il Kajukembo la insegna come una delle risposte principali se si riesce a prendere la schiena dell’avversario.

  • Guillotine Choke (Ghigliottina): Fondamentale per la strada. È una risposta automatica a un “placcaggio” (tackle) o a un tentativo di presa alle gambe. L’aggressore mette la sua stessa testa nella “tagliola”.

La Filosofia “JU” a Terra (Ne Waza): Uscire o Finire

A differenza del Brazilian Jiu-Jitsu (BJJ), che celebra il combattimento a terra prolungato, la filosofia “JU” del Kajukembo è molto più pragmatica e brutale.

  1. La Regola dei 3 Secondi: Molti istruttori insegnano che non si dovrebbe mai rimanere a terra per più di pochi secondi. La strada è un luogo imprevedibile: l’aggressore potrebbe avere un coltello, i suoi amici potrebbero arrivare, la superficie è dura e sporca.

  2. Posizione sopra Sottomissione: La priorità non è cercare una leva complessa, ma ottenere una posizione dominante (la “monta” o il “controllo laterale”) da cui si può colpire (Ground and Pound).

  3. Tecniche di Rialzo (Technical Stand-Up): Una parte fondamentale dell’arsenale “JU” è come rialzarsi in piedi in sicurezza senza dare la schiena e mantenendo la capacità di bloccare o calciare.

Il pilastro “JU” fornisce quindi al Kajukembo l’intelligenza del corpo a corpo, trasformando la forza e lo slancio dell’aggressore in un’arma contro di lui.


PARTE III: L’ARSENALE “KEM” – IL MOTORE ESPLOSIVO DEL KENPŌ

La sillaba “KEM” (dal Kenpō di Sijo Emperado) è il “cuore” del sistema, il motore che collega tutti gli altri componenti. È la componente che dà al Kajukembo la sua personalità distintiva: raffiche esplosive, fluidità, economia del movimento e attacchi travolgenti.

Il Principio Sovrano: Le “Raffiche” (Flurries)

Questa è la caratteristica tecnica più famosa del Kenpō. Il Kajukembo non crede nel “colpo singolo e mortale” (Ikken Hissatsu) del Karate. Crede nel sovraccarico del sistema nervoso.

L’idea è che un aggressore può forse bloccare un colpo, o due. Non può bloccarne dieci. Una “raffica” del Kenpō è una cascata continua di colpi sferrati da diverse angolazioni, usando diverse parti del corpo, che non dà all’avversario il tempo di pensare o reagire.

  • Combinazioni Predefinite (Combinations): L’allenamento del KEM si basa sull’apprendimento di queste raffiche come “riflessi condizionati”. Una tipica “combination” non è “pugno-pugno-calcio”, ma qualcosa di molto più complesso: “Parata/Colpo (occhio) -> Pugno al corpo -> Colpo di martello al collo -> Gomitata al viso -> Ginocchiata -> Proiezione”.

  • Il “Flusso” (Flow): Le tecniche sono collegate in modo che ogni colpo prepari il successivo. Il rinculo di un pugno carica la gomitata successiva. Il movimento di una parata diventa un colpo a mano aperta. Non ci sono “pause”.

L’Economia del Movimento: L’Efficienza del KEM

Il Kenpō insegna l’efficienza. Ogni movimento deve avere uno scopo, e preferibilmente più di uno.

  • “Ogni Blocco è un Colpo”: Questo è il mantra. Una parata (blocco) del Kenpō non è passiva. Se si para un pugno, l’avambraccio non si limita a deviarlo; si “schianta” sull’arto dell’aggressore (condizionamento KA) e contemporaneamente le dita della mano che para possono estendersi per colpire gli occhi (Nukite, KEM).

  • “Checking” (Controllo): Questa è una tecnica chiave. Dopo aver parato un arto, la mano (spesso la sinistra, o “mano di controllo”) non si ritira. Rimane sull’arto dell’aggressore, “controllandolo” (checking), “appiccicandovisi” (principio del Kung Fu) o “intrappolandolo” (trapping). Questo impedisce all’avversario di colpire con quell’arto o di difendersi, mentre la mano destra (la “mano di potenza”) esegue la raffica di colpi.

L’Arsenale delle Mani (The Weapons of the Hand)

Il Kenpō, derivando dal Ch’uan Fa (Kung Fu), utilizza l’intera mano come un’arma, non solo il pugno chiuso (Seiken).

  • Pugno a Martello (Tetsui Uchi): Un colpo devastante e sicuro (è difficile rompersi la mano). Bersagli: ponte del naso, tempia, costole, clavicola, retro del collo.

  • Mano a “Lama” (Shuto): Come nel KA, ma usata in raffiche fluide, “tagliando” ripetutamente il collo, la gola, o le braccia.

  • Mano a “Becco di Gru” (Crane’s Beak): Le punte delle dita unite per colpire punti nervosi o bersagli molli come le tempie o sotto il naso.

  • Pugno a “Leopardo” (Leopard’s Paw): Le nocche della seconda falange usate per colpire punti nervosi, il costato o il plesso solare.

  • Mano a “Bocca di Tigre” (Tiger’s Mouth): L’area tra pollice e indice usata per colpire e afferrare la gola.

  • Nocche Centrali (Ippon Ken): La nocca estesa dell’indice o del medio, usata per colpire con precisione chirurgica punti di pressione o nervi (es. sotto l’orecchio, sul braccio).

Il Movimento e la Biomeccanica del KEM

Il Kenpō introduce principi di generazione della potenza più sofisticati.

  • Matrimonio con la Gravità (Marriage to Gravity): Invece di usare solo la forza muscolare, le tecniche KEM insegnano a “cadere” nel colpo, aggiungendo il proprio peso corporeo (massa) alla velocità, per una potenza devastante.

  • Rotazione (Torque): La potenza non è lineare (KA), ma rotazionale. Le anche e le spalle ruotano in sincronia (come nel BO), creando un “effetto frusta” nei colpi.

  • Backup Mass (Massa di Sostegno): L’idea che ogni colpo debba essere sostenuto dall’allineamento scheletrico e dalla massa corporea, non solo dalla forza del braccio.

Il pilastro “KEM” è quindi l’acceleratore, il software che esegue le raffiche, collegando la potenza del KA con la fluidità del BO e preparando le finalizzazioni del JU.


PARTE IV: L’ARSENALE “BO” – IL GIOCO DI GAMBE E IL LATO OSCURO (BOXE E KUNG FU)

La sillaba “BO” è la più complessa e moderna. Rappresenta due influenze apparentemente opposte: il Pugilato (Boxing) occidentale e il Ch’uan Fa (Kung Fu) cinese. Questa è la componente che fornisce al Kajukembo il suo movimento, la sua elusività e il suo arsenale di tecniche “senza regole”.

La Componente “Boxe”: La Dolce Scienza della Strada

Il contributo del pugilato (da Peter Choo) è ciò che rende il Kajukembo un’arte moderna e la distingue dalle sue radici tradizionali.

  • Il Gioco di Gambe (Footwork): Questa è la tecnica più importante del “BO”. Le arti tradizionali erano spesso statiche. La Boxe insegna il movimento costante e dinamico.

    • Shuffle (Passo Scivolato): Per coprire rapidamente la distanza o ritirarsi.

    • Pivoting (Pivot): Per cambiare angolo istantaneamente dopo un colpo.

    • Angling (Creare Angoli): Il principio di “uscire dalla linea di attacco”. Non parare un pugno, ma non essere lì quando arriva, e contrattaccare da un angolo superiore dove l’avversario non può difendersi.

  • Il Movimento della Testa (Head Movement): Un’altra tecnica rivoluzionaria.

    • Bobbing e Weaving (Oscillare): Usare il movimento del tronco e della testa per schivare i pugni, spesso caricando contemporaneamente un colpe (es. un “hook” o un “uppercut”).

    • Slipping (Scivolare): Piccoli movimenti della testa per far sì che un pugno “sfiori” senza colpire.

  • Le Combinazioni di Pugni (Pugilato): Il “BO” fornisce le combinazioni di base, potenti e testate, su cui il “KEM” costruisce le sue raffiche più esotiche.

    • 1-2 (Jab-Cross): La combinazione fondamentale. Il Jab (diretto sinistro) per misurare la distanza e accecare, il Cross (diretto destro) per la potenza.

    • Hooks (Ganci): Per colpire da un angolo laterale.

    • Uppercuts (Montanti): Devastanti a corta distanza, specialmente nel clinch.

La Componente “Kung Fu” (Ch’uan Fa): L’Arte “Morbida” e “Sporca”

L’influenza del Kung Fu (da Clarence Chang e l’eredità di Emperado) è il lato “Yin” del “BO”. Fornisce la fluidità e le tecniche “proibite”.

  • Parate Circolari e Re-direzione: A differenza della parata “dura” (KA), il Kung Fu insegna a “sentire” l’energia dell’attacco e a re-indirizzarla fluidamente. Una parata diventa un “circolo” che sbilancia l’avversario e lo apre a un contrattacco.

  • Chin Na (L’Arte delle Prese e Leve): Questo è il “Jujitsu” cinese. Si concentra sulla manipolazione delle piccole articolazioni (dita, polsi) e sull’attacco ai punti di pressione e ai nervi.

    • Finger Locks (Leve alle Dita): Tecniche estremamente dolorose e facili da applicare in un clinch, progettate per spezzare le dita e ottenere sottomissione istantanea.

    • Attacchi ai Punti di Pressione (Dim Mak): Sebbene spesso avvolto nel misticismo, il Kajukembo lo interpreta pragmaticamente: colpire i principali fasci nervosi (es. sotto il braccio, ai lati del collo, sulla coscia) per causare dolore paralizzante o disfunzione motoria.

  • Il “Dirty Fighting” (Combattimento Sporco): Questo è il nucleo della mentalità “da strada” del “BO”. È l’arsenale di tecniche che sono tabù in qualsiasi sport, ma essenziali per la sopravvivenza.

    • Eye Gouging / Jabs (Colpi agli Occhi): La tecnica “equalizzatrice” numero uno. Taught as a primary defense against a grab.

    • Biting (Morsi): Se qualcuno ti sta soffocando a terra, mordere è una tecnica valida ed efficace.

    • Groin Slaps / Grabs / Knees (Colpi ai Genitali): Qualsiasi attacco all’inguine.

    • Ear Slaps (Colpi alle Orecchie): Colpire con le mani a coppa su entrambe le orecchie per rompere i timpani e distruggere l’equilibrio.

    • Headbutts (Testate): Nel clinch, una testata al ponte del naso o sotto il mento è una tecnica fondamentale.

    • Throat Strikes (Colpi alla Gola): Con la “mano a lama” (Shuto) o la “bocca di tigre”.

Il pilastro “BO” completa il sistema, dandogli il movimento moderno del pugilato e la spietata efficacia “senza regole” del Kung Fu da battaglia e del combattimento da strada.


PARTE V: L’ALCHIMIA DEL SISTEMA – L’INTEGRAZIONE DELLE TECNICHE

Il vero genio del Kajukembo non risiede in nessuna delle tecniche sopra elencate, ma nella loro integrazione. Il Kajukembo non è “un po’ di Karate e un po’ di Judo”; è un sistema ibrido dove le cuciture tra le arti sono state cancellate. La vera tecnica del Kajukembo è la transizione fluida tra le distanze e i principi.

Questo è insegnato attraverso due metodi principali: le Combinations (Combinazioni) e i Palamas (Forme). Le Combinazioni sono la spina dorsale dell’allenamento quotidiano.

Analizziamo come le tecniche si fondono in scenari pratici:

Scenario 1: Difesa da Pugno Diretto (Es. un Jab o Cross)

  • Approccio “KA” (Duro): Parata dura (Uke Waza) che si schianta sull’avambraccio, seguita da un calcio laterale (Yoko Geri) al ginocchio. Semplice, duro, efficace.

  • Approccio “BO/KEM” (Morbido/Fluido): Usare il movimento della testa (BO) per “scivolare” (slip) fuori dalla linea del pugno. Contemporaneamente, la mano anteriore para e “controlla” (check) il braccio dell’attaccante (KEM). Da questa posizione angolata (BO), si lancia una raffica di 5 colpi (KEM) al lato della testa e al corpo.

  • Approccio “JU” (Grappling): Parata e “cattura” del braccio (JU), seguita da una rotazione immediata in Ippon Seoi Nage (proiezione sulla spalla), usando lo slancio del pugno dell’avversario contro di lui.

  • L’Approccio Integrato Kajukembo: Il praticante “scivola” (BO), la sua parata è un colpo “Shuto” al bicipite dell’attaccante (KA/KEM). “Controlla” il braccio (KEM), tira l’avversario sbilanciandolo (JU), e sferra due colpi rapidi al viso (KEM). L’avversario si copre. Il praticante afferra il collo e il braccio e lo proietta con O Goshi (JU). In 3 secondi, ha usato principi di BO, KEM, KA e JU in un unico flusso.

Scenario 2: Difesa da Presa (Es. Strangolamento Frontale a Due Mani)

Questo è un classico scenario “da strada”.

  1. Azione Immediata (KEM/BO): La prima azione è “sporca”. Un colpo con le dita agli occhi (BO) o un colpo a mano aperta alle orecchie (BO) per creare lo shock.

  2. Rottura della Presa (JU/KEM): Simultaneamente, le mani “pizzicano” i polsi dell’avversario o usano una leva (JU) per rompere la presa, oppure un colpo “Shuto” (KA) sui muscoli dell’avambraccio.

  3. Il Contro-Attacco (KEM): Non appena la presa si allenta, si lancia una raffica. Un colpo alla gola (KEM), seguito da un pugno a martello al ponte del naso (KEM) e una ginocchiata all’inguine (KA).

  4. La Finalizzazione (JU): Mentre l’avversario è piegato dal dolore, si afferra la sua testa e si applica una leva al collo o lo si proietta a terra (JU).

Scenario 3: Difesa da Arma (Es. Attacco di Coltello dall’Alto)

Questo scenario mostra la mentalità del sistema.

  1. Il Principio: Muovi il Bersaglio: La prima tecnica è il gioco di gambe (BO) per uscire dalla linea di attacco. Non si sta fermi.

  2. La Difesa “Dura” (KA): L’unica difesa contro un coltello è attaccare l’arma. Il praticante usa una parata “dura” (KA), come un Age Uke rinforzato, per colpire l’avambraccio dell’aggressore, non per bloccare il coltello, ma per “rompere” l’arto.

  3. Il Controllo (KEM/JU): Immediatamente dopo l’impatto, la mano “controlla” (check) il braccio armato (KEM), mentre l’altra mano sferra una raffica di colpi al viso (KEM) per distrarre e causare dolore.

  4. Il Disarmo (JU): Con l’avversario stordito, si applica una leva (Kote Gaeshi o simile) al polso armato per disarmarlo e, potenzialmente, rompere l’articolazione (JU).

  5. Fuga: La tecnica finale è scappare.

Scenario 4: Aggressori Multipli

Le tecniche qui sono più strategiche.

  • Mai stare fermi (BO): Il gioco di gambe è fondamentale.

  • Posizionamento (KEM/BO): Muoversi in modo da “allineare” gli aggressori (così che si intralcino a vicenda) e affrontare solo un nemico alla volta.

  • Non andare a terra (JU): La filosofia “Ne Waza” cambia. Le proiezioni (JU) sono usate, ma per lanciare un aggressore contro un altro.

  • Attacchi rapidi e distruttivi (KA/KEM): Non ci sono raffiche prolungate. Si usa un colpo “distruttore” (es. calcio al ginocchio – KA) o un colpo agli occhi (BO) per “eliminare” un aggressore e passare al successivo.

In conclusione, l’arsenale tecnico del Kajukembo è uno dei più completi al mondo. Ma la sua vera “tecnica” non è un pugno o una leva. È l’adattabilità. È la capacità, forgiata dall’allenamento, di diagnosticare istantaneamente una minaccia e di applicare la “formula” ibrida corretta – la potenza del KA, l’intelligenza del JU, la velocità del KEM e il movimento del BO – per neutralizzare quella minaccia con un’efficienza pragmatica e assoluta.

LE FORME/SEQUENZE

Il Paradosso delle Forme in un’Arte da Strada

A un osservatore superficiale, la presenza di “forme” – sequenze di movimenti preordinate e praticate a vuoto, simili ai kata del Karate o alle taolu del Kung Fu – nel Kajukembo potrebbe apparire come una profonda contraddizione. Come può un’arte marziale forgiata sul “cemento” del Palama Settlement, un sistema il cui motto è l’efficacia pragmatica e il rifiuto del dogma tradizionale, fare affidamento su uno strumento di allenamento così ritualizzato e apparentemente astratto?

La risposta a questo paradosso risiede nel modo in cui il Kajukembo interpreta, utilizza e definisce la forma. Per il Kajukembo, la forma non è un rituale; è un database. Non è una danza estetica; è un manuale di combattimento codificato in movimento. Non è un fine, ma un mezzo; un “laboratorio” di solo-training progettato per incidere la logica brutale del sistema nel sistema nervoso del praticante.

Le forme del Kajukembo, conosciute principalmente come Palamas (Palama Sets), ma che includono anche altre sequenze, sono il cuore pedagogico dell’arte. Sono la “Costituzione” scritta dai fondatori, un testo che preserva i principi, le strategie e, soprattutto, le transizioni ibride (KA-JU-KEM-BO) che definiscono l’arte.

Questo capitolo analizzerà in profondità l’arsenale delle forme del Kajukembo, dissezionandone la filosofia, la terminologia, la struttura curriculare, il contenuto specifico e il metodo di allenamento, per svelare come questo strumento apparentemente tradizionale sia, in realtà, una delle chiavi del realismo radicale del sistema.


PARTE I: LA FILOSOFIA PEDAGOGICA – PERCHÉ UN’ARTE DA STRADA USA LE FORME?

Prima di analizzare cosa c’è nelle forme, dobbiamo capire perché esistono. Sijo Emperado e la Black Belt Society non erano tradizionalisti. Erano innovatori spietati. Se hanno scelto di includere e creare forme, è perché hanno riconosciuto in esse un valore pedagogico insostituibile, specialmente per un sistema ibrido.

La Forma come “Database Cinetico” e “Manuale di Sopravvivenza”

Il Kajukembo è un sistema vasto. Come esplorato nel Punto 7, il suo arsenale tecnico attinge da almeno cinque arti marziali distinte. Un praticante non può sperare di ricordare migliaia di singole tecniche in modo disorganizzato.

Le forme servono come un sistema di archiviazione mnemonico e cinetico. Ogni forma (in particolare ogni Palama Set) è un “capitolo” del manuale di Kajukembo.

  • Archiviazione dei Principi: Più che semplici tecniche, le forme archiviano i principi. Un Palama non insegna solo “una leva al polso”; insegna il principio di come una parata dura (KA) possa trasformarsi in un controllo dell’arto (KEM) e fluire in una leva (JU) mentre si crea un angolo (BO).

  • Codifica delle Risposte: Le forme sono “scenari di combattimento” codificati. Ogni sequenza all’interno di una forma è una risposta ottimizzata a un attacco specifico (un pugno, una presa, un attacco di bastone). Praticando la forma, il praticante sta, in effetti, provando centinaia di risposte a centinaia di attacchi immaginari.

La Forma come “Laboratorio di Transizione”

Questo è forse lo scopo più importante nel contesto ibrido del Kajukembo. Il genio del sistema non sta nelle sue singole tecniche (il Karate ha pugni, il Judo ha proiezioni), ma nelle transizioni tra di esse.

Come si passa fluidamente da un calcio a lunga distanza (KA) a un clinch di gomitate (KEM) a una proiezione d’anca (JU) in una frazione di secondo? La risposta è: attraverso le forme.

Le forme del Kajukembo sono l’unico luogo in cui queste transizioni sono praticate in modo sistematico e ripetitivo.

  • Fusione delle Distanze: Una sequenza di una forma può iniziare con una parata e un contrattacco di pugno (media distanza). L'”avversario” immaginario (come codificato nella forma) reagisce afferrando il braccio. Il movimento successivo non è un altro pugno, ma una leva articolare e uno sbilanciamento (corta distanza/grappling). La forma è un “ponte” che insegna al corpo come fluire senza interruzioni tra le distanze e gli arsenali tecnici (KA, JU, KEM, BO).

  • Rompere le Barriere: Nelle arti tradizionali, un kata di Karate rimane un kata di Karate. Un kata di Judo rimane un kata di Judo. Le forme del Kajukembo sono le uniche che costringono il praticante a pensare e muoversi come un karateka, un judoka, un pugile e un artista di Kenpō tutto nello stesso momento.

La Forma come “Maestro Fantasma” (Allenamento Solitario)

Nel Palama Settlement, non si aveva sempre un partner di allenamento, e anche quando c’era, c’era un limite alla quantità di impatto che un corpo poteva subire ogni giorno. La forma è il “Maestro Fantasma”: lo strumento che permette al praticante di allenarsi da solo, in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo.

  • Raffinamento della Biomeccanica: L’allenamento solitario della forma è il momento in cui il praticante può concentrarsi puramente sulla propria tecnica senza la pressione e il caos dello sparring. È dove si affina la generazione di potenza (Kime), la stabilità delle posizioni (Dachi), l’allineamento scheletrico e la corretta respirazione.

  • Sviluppo del “Flusso”: Permette al praticante di sviluppare il “flow” (flusso), la capacità di muoversi con grazia ed efficienza, connettendo i movimenti in una catena ininterrotta di energia.

La Forma come “Condizionamento Mentale” per lo Stress

Infine, la forma è uno strumento psicologico. Un’aggressione da strada è un evento ad alto stress, caotico e che induce il panico (“adrenalina dump”). Sotto questo stress, le funzioni motorie complesse e il pensiero cosciente collassano. Rimane solo l’istinto e la memoria muscolare.

La pratica ripetitiva, quasi ossessiva, delle forme è progettata per bypassare il cervello cosciente. Le “Combinazioni” e i “Palamas” sono incisi nel sistema nervoso a un livello così profondo che diventano un riflesso.

Quando l’aggressore afferra la gola, il praticante di Kajukembo non “pensa”: ‘Oh, questo è uno strangolamento frontale, dovrei applicare la tecnica 3-B’. Invece, il suo corpo reagisce istantaneamente con la sequenza che ha praticato diecimila volte nella sua forma: colpo agli occhi, leva al polso, ginocchiata all’inguine.

La forma è, quindi, un meccanismo per programmare risposte di sopravvivenza efficaci che funzionino automaticamente sotto lo stress più estremo.


PARTE II: TERMINOLOGIA E STRUTTURA – PALAMAS, KATA E COMBINATIONS

Il Kajukembo utilizza diversi termini per le sue sequenze, e capire la loro gerarchia è essenziale per comprendere il curriculum.

“Palamas” (o Palama Sets): La Costituzione dell’Arte

Questo è il termine più importante e unico del Kajukembo. Le forme principali, il nucleo del curriculum dalla cintura bianca alla nera, sono chiamate Palamas o Palama Sets.

  • Etimologia e Leggenda: Il nome stesso è una leggenda. Non è un termine giapponese o cinese. È un omaggio diretto al Palama Settlement di Oahu, Hawaii, il quartiere-ghetto dove l’arte è stata forgiata. Chiamare le forme “Palamas” è stato un atto di Sijo Emperado e dei fondatori per radicare l’arte nel suo luogo di nascita, per ricordarle per sempre che proviene dal “cemento”, non da un tempio mistico.

  • Ruolo Curriculare: I Palamas sono la “Costituzione” del Kajukembo. Sono le 14 forme (nella maggior parte dei lignaggi tradizionali) che ogni studente deve padroneggiare per raggiungere il grado di cintura nera. Sono considerate il “Kajukembo originale” codificato da Sijo Emperado e suo fratello Joe. Ogni Palama è un “Set” (un insieme) di principi, tecniche e scenari.

“Kata”: Il Termine Preso in Prestito e Riadattato

Il termine “Kata” (termine giapponese/okinawense per “forma”) è usato anche nel Kajukembo, ma in un contesto diverso.

  • Kata Tradizionali: Alcuni rami del Kajukembo, data la loro eredità KA (Karate) e KEM (Kenpō), hanno mantenuto o adattato alcuni kata tradizionali cino-giapponesi. Ad esempio, non è raro trovare un lignaggio di Kajukembo che pratica forme come Pinan (o Heian) del Karate, o forme del Kenpō come Nihanchi (o Naifanchi).

  • La Differenza Kajukembo: La differenza fondamentale, come richiesto dal prompt, rispetto a un kata giapponese tradizionale risiede nell’intento.

    • Estetica vs. Pragmatismo: In molte scuole di Karate sportivo moderno, il kata è diventato un evento performativo. Viene giudicato in base all’estetica, al ritmo, alla potenza e alla precisione atletica. L’applicazione (Bunkai) è spesso un’interpretazione secondaria, a volte illogica o astratta.

    • Bunkai Immediato: Nel Kajukembo, l’estetica è irrilevante. Il Bunkai (applicazione) non è un’interpretazione; è la forma. La forma è stata creata dopo aver stabilito le tecniche di autodifesa. È, letteralmente, un Bunkai eseguito a vuoto. L’esecuzione di un kata Kajukembo deve sembrare “sporca”, reale e brutale. Ogni movimento deve avere un’applicazione difensiva chiara, diretta e letale. Un praticante di Kajukembo che esegue un “kata” lo fa con l’intento di rompere ossa, non di vincere punti per la bellezza.

“Combinations” (o Techniques): Le Forme-Alfabeto

Infine, ci sono le “Combinations” (combinazioni), talvolta chiamate “Techniques” (tecniche) o “Alphabet Forms” (nel gergo del Kenpō da cui derivano).

  • Definizione: Queste sono sequenze di autodifesa molto più brevi e specifiche. Sono il vero “mattone” dell’allenamento quotidiano. Il curriculum è spesso organizzato in base allo scenario: “Grab Arts” (difese da prese), “Punch Counters” (difese da pugni), “Knife Defenses” (difese da coltello), “Club Defenses” (difese da bastone).

  • Relazione con i Palamas: Le Combinations sono come le “parole” e i “paragrafi” del sistema. I Palamas sono i “capitoli” e il “libro”. I Palamas sono, di fatto, costruiti integrando e collegando diverse Combinations in una sequenza logica più lunga.

  • Esempio: Uno studente impara la “Combination #1” (difesa da una presa al polso) e la “Combination #2” (difesa da un pugno). Più tardi, imparerà il Palama Set 3, e nel mezzo della forma, riconoscerà il movimento della Combination #1, seguito da una transizione, seguita dal movimento della Combination #2.

  • Ruolo Pedagogico: Le Combinations sono le “mini-forme” che costruiscono i riflessi condizionati. I Palamas sono le “macro-forme” che insegnano come collegare questi riflessi in un flusso di combattimento continuo.

Quindi, la struttura pedagogica è:

  1. Combinations: Impara le “parole” (riflessi specifici).

  2. Palamas: Impara a collegare le parole in “frasi” complesse (flusso e transizione).

  3. Sparring: Prova a “parlare” la lingua fluentemente e spontaneamente in un dibattito (combattimento).


PARTE III: IL CURRICULUM NUCLEARE – ANALISI DETTAGLIATA DEI 14 PALAMA SETS

Il cuore della pratica delle forme nel Kajukembo tradizionale (Emperado Method/KSDI) è la serie dei 14 Palamas. Questo curriculum è un viaggio pedagogico meticolosamente progettato, che porta lo studente dalla pura sopravvivenza di base alla sofisticata maestria del combattimento ibrido. Ogni Palama Set ha un tema, introduce nuovi concetti e costruisce sul precedente.

Nota: La sequenza esatta e il contenuto possono variare leggermente tra i diversi lignaggi (lineages) e organizzazioni, ma i temi e i principi generali di ciascun set sono universalmente riconosciuti.

Palama Set 1 (Conosciuto anche come “Kajukenbo Kata 1” o “KSDI Form 1”)

  • Tema Pedagogico: L’Alfabeto. La Fondazione.

  • Livello: Cintura Bianca/Gialla.

  • Analisi del Contenuto: Il Palama Set 1 è l’introduzione alla “durezza” e alla “struttura” del sistema. È quasi interamente composto da tecniche dei pilastri KA (Karate) e KEM (Kenpō). Lo schema (Embusen) è solitamente lineare, a forma di “I” o “H”, per insegnare i movimenti di base in avanti, indietro e lateralmente.

  • Tecniche Introdotte: Introduce le “parole” di base del vocabolario Kajukembo:

    • Posizioni (Dachi): Posizione anteriore (Zenkutsu Dachi), Posizione del cavaliere (Kiba Dachi). Insegna a muoversi e a generare potenza da queste basi.

    • Parate (Uke): Le parate “dure” fondamentali: Parata alta (Age Uke), Parata media esterna (Soto Uke), Parata media interna (Uchi Uke), Parata bassa (Gedan Barai).

    • Colpi (Uchi/Tsuki): I colpi di potenza di base: Pugno diretto (Seiken Zuki), Pugno a martello (Tetsui Uchi), Colpo a mano di taglio (Shuto Uchi).

  • Valore Pedagogico: L’obiettivo del Palama Set 1 non è insegnare il combattimento ibrido. È insegnare come costruire l’armatura. Insegna al principiante come formare un pugno corretto, come parare un attacco con una struttura solida e come muoversi in modo marziale. È intenzionalmente “rigido” e “bloccato” (block-punch-block-punch). Prima di poter fluire (JU/BO), bisogna imparare a stare in piedi e colpire (KA/KEM).

  • Bunkai (Applicazione): Le applicazioni sono dirette e letterali. La sequenza “parata alta, pugno” è la difesa da un pugno alto. “Parata bassa, pugno” è la difesa da un calcio basso. È la base della difesa “uno-contro-uno”.

Palama Set 2 (Kajukenbo Kata 2 / KSDI Form 2)

  • Tema Pedagogico: Sviluppo della Combinazione e del Ritmo.

  • Livello: Cintura Gialla/Arancione.

  • Analisi del Contenuto: Il Set 2 costruisce sul Set 1 introducendo il concetto di combinazioni di colpi e movimento più fluido. Lo schema è spesso più complesso, introducendo più giri e cambi di direzione.

  • Tecniche Introdotte: Riprende l’arsenale del Set 1 ma lo combina. Invece di “parata, pugno”, ora è “parata, pugno, pugno” o “parata, pugno, colpo di mano”. Introduce il concetto di Kiai (urlo) come strumento per focalizzare l’energia (Kime). Può introdurre i primi calci di base, come il Calcio Frontale (Mae Geri).

  • Valore Pedagogico: L’obiettivo è rompere la rigidità del Set 1. Insegna allo studente a non fermarsi dopo un singolo colpo, ma a pensare in “raffiche” (flurries) di due o tre movimenti. È l’inizio dell’influenza KEM (Kenpō) sulle fondamenta KA (Karate).

Palama Set 3 (Kajukenbo Kata 3 / KSDI Form 3)

  • Tema Pedagogico: L’Introduzione al “JU” – Difesa da Prese.

  • Livello: Cintura Arancione/Viola.

  • Analisi del Contenuto: Questo è un punto di svolta. Il Set 3 introduce intenzionalmente i primi elementi del pilastro JU (Jujitsu). La forma è spesso più corta ma tecnicamente più densa.

  • Tecniche Introdotte: Per la prima volta, la forma include movimenti che non sono né colpi né parate. Include leve articolari (Kansetsu Waza) di base, come la torsione del polso (Kote Gaeshi) e leve al gomito. I movimenti non sono più solo lineari, ma iniziano a essere circolari, usando la torsione del corpo per applicare leve.

  • Valore Pedagogico: Questo set è fondamentale. Insegna allo studente che il Kajukembo non è solo un’arte di striking. Il Bunkai si sposta: le sequenze non sono più solo “difesa da pugno”, ma “difesa da presa al polso”, “difesa da presa alla maglietta”. È il primo passo verso il vero ibridismo, costringendo lo studente a integrare la mentalità dello striking con quella del grappling.

Palama Set 4 (Kajukenbo Kata 4 / KSDI Form 4)

  • Tema Pedagogico: Potenza, Stabilità e Calci (Ritorno al “KA”).

  • Livello: Cintura Viola.

  • Analisi del Contenuto: Dopo l’introduzione al “JU” nel Set 3, il Set 4 torna a rafforzare le fondamenta del KA (Karate) e del KEM (Kenpō), ma a un livello superiore. Spesso reintroduce posizioni basse (come Kiba Dachi) per costruire potenza nelle gambe e nelle anche.

  • Tecniche Introdotte: Enfatizza i colpi di potenza. Introduce formalmente un arsenale di calci più vasto, come il Calcio Laterale (Yoko Geri) e il Calcio Circolare (Mawashi Geri). Le sequenze sono progettate per massimizzare la generazione di potenza (Kime), spesso con pause più lunghe per enfatizzare la tensione e il focus.

  • Valore Pedagogico: L’obiettivo è sviluppare la “potenza distruttiva”. Dopo aver imparato le leve (Set 3), lo studente deve ora imparare a colpire con la forza di un maglio. Serve a bilanciare la finezza del “JU” con la potenza pura del “KA”.

Palama Set 5 (Kajukenbo Kata 5 / KSDI Form 5)

  • Tema Pedagogico: L’Integrazione Iniziale (KA + JU + KEM).

  • Livello: Cintura Viola/Blu.

  • Analisi del Contenuto: Il Set 5 è spesso la prima “grande” forma, lunga e complessa. È il primo vero esame di ibridismo. La forma fonde intenzionalmente i temi dei set precedenti.

  • Tecniche Introdotte: Le sequenze sono complesse e multi-livello. Una sequenza tipica può essere: “Parata bassa (KA) -> Calcio frontale (KA) -> Pugno (KEM) -> L’avversario afferra -> Leva al polso (JU) -> Colpo di martello (KEM)”. Introduce anche più colpi “esotici” del Kenpō (es. pugno a nocca singola, mano a lancia).

  • Valore Pedagogico: È la prima forma che “sembra” davvero Kajukembo. Costringe lo studente a passare fluidamente dallo striking al grappling in piedi, a cambiare livello (alto/basso) e a usare l’arsenale completo appreso fino a quel momento.

Palama Set 6 (Kajukenbo Kata 6 / KSDI Form 6)

  • Tema Pedagogico: Movimento Avanzato e Angoli (L’Introduzione al “BO”).

  • Livello: Cintura Blu.

  • Analisi del Contenuto: Questo set introduce formalmente i principi del pilastro BO (Boxe/Kung Fu). L’enfasi si sposta dal movimento lineare (avanti/indietro/lato) al movimento angolare.

  • Tecniche Introdotte: La forma è piena di pivot, passi laterali, e movimenti evasivi (simili al “bobbing” e “weaving” della boxe). Le tecniche sono eseguite “fuori linea” (offline), insegnando a non scontrarsi frontalmente con la forza, ma a uscire dalla linea d’attacco e contrattacare da un angolo superiore.

  • Valore Pedagogico: È un salto concettuale. Insegna allo studente che la migliore parata è “non essere lì”. Introduce la strategia del combattimento “intelligente” (BO) che si sovrappone alla potenza (KA) e alle leve (JU).

Palama Set 7 (Kajukenbo Kata 7 / KSDI Form 7)

  • Tema Pedagogico: Padronanza delle Prese e del Clinch (Il “JU” Avanzato).

  • Livello: Cintura Blu/Verde.

  • Analisi del Contenuto: Dopo l’introduzione al movimento nel Set 6, il Set 7 ritorna al JU (Jujitsu), ma a un livello molto più profondo. È quasi interamente una forma di difesa da prese.

  • Tecniche Introdotte: Copre un vasto catalogo di “Grab Arts” (difese da prese): strangolamenti (frontali, posteriori), prese alle braccia, prese al corpo (bear hugs), prese ai capelli. Introduce leve più complesse e dolorose (Chin Na) e i primi sbilanciamenti che portano a proiezioni (Nage Waza).

  • Valore Pedagogico: Questo set è puro “cemento”. È il manuale di autodifesa per gli scenari di grappling “sporco” da strada, dove non ci sono regole o tatami.

Palama Set 8 (Kajukenbo Kata 8 / KSDI Form 8)

  • Tema Pedagogico: Padronanza dello Striking (Il “KA/KEM/BO” Avanzato).

  • Livello: Cintura Verde.

  • Analisi del Contenuto: È la controparte del Set 7. Se il 7 era sul grappling, l’8 è sullo striking. È interamente una forma di “Punch Counters” (difese da pugni) e “Kick Counters” (difese da calci).

  • Tecniche Introdotte: Insegna a difendersi da ogni tipo di attacco di striking: pugni diretti (jab, cross), pugni circolari (hook), colpi dall’alto (overhand), calci frontali, circolari, laterali. Le difese non sono più “parata-pugno”, ma intercettazioni simultanee (parata e colpo nello stesso momento), movimenti di testa (BO) e contrattacchi travolgenti (KEM).

  • Valore Pedagogico: Insegna allo studente a gestire il caos di uno scontro di striking, a “leggere” gli attacchi e a rispondere con un contrattacco ibrido e devastante.

Palama Set 9 (Kajukenbo Kata 9 / KSDI Form 9)

  • Tema Pedagogico: Il Combattimento Ravvicinato (Il Regno del “KEM”).

  • Livello: Cintura Verde/Marrone.

  • Analisi del Contenuto: Questa forma porta lo studente nella “cabina telefonica”. È la forma del combattimento a distanza ultra-ravvicinata, il regno del KEM (Kenpō) e del “Dirty Fighting” (BO).

  • Tecniche Introdotte: È l’arsenale del clinch. Gomitate (Empi) in tutte le direzioni, Ginocchiate (Hiza Geri), Testate (Atama), colpi a mano aperta a corto raggio (alla gola, agli occhi), colpi a “bocca di tigre”. Introduce anche il Trapping (intrappolamento) delle mani, un concetto chiave del Kenpō e del Kung Fu.

  • Valore Pedagogico: Completa l’addestramento alle distanze. Lo studente ora ha strumenti per la lunga (KA), media (BO/KA), corta (KEM) e di grappling (JU). Il Set 9 è spesso considerato una delle forme più brutali e pragmatiche.

Palama Set 10 (Kajukenbo Kata 10 / KSDI Form 10)

  • Tema Pedagogico: La Sintesi e la Fluidità (La Tesi di Laurea).

  • Livello: Cintura Marrone.

  • Analisi del Contenuto: Il Set 10 (spesso chiamato “Il Grande Kata”) è una forma-capolavoro. È lunga, complessa e serve come sintesi di tutti i nove set precedenti.

  • Tecniche Introdotte: Non introduce necessariamente nuove tecniche, ma introduce nuovi livelli di complessità e fluidità. Le transizioni sono veloci, ingannevoli e richiedono un’elevata coordinazione. Si passa da un calcio acrobatico (KA) a una leva a terra (JU), da una raffica di Kenpō (KEM) a un movimento evasivo (BO) senza alcuna pausa.

  • Valore Pedagogico: È l’esame di metà percorso verso la cintura nera. Mette alla prova la memoria, la resistenza e la capacità dello studente di “fondere” l’intero sistema in un unico flusso coerente.

Palama Set 11 (Kajukenbo Kata 11 / KSDI Form 11)

  • Tema Pedagogico: Difesa da Armi Contundenti (Bastone).

  • Livello: Cintura Marrone.

  • Analisi del Contenuto: Con il Set 11, il curriculum entra nel regno della difesa da armi, un pilastro dell’eredità “da strada” dell’arte. Questo set è specificamente focalizzato sulla difesa da bastone (Club Defenses).

  • Tecniche Introdotte: Insegna i principi fondamentali:

    • Muovere il Bersaglio (BO): Uscire dalla linea d’attacco.

    • Intercettare l’Arma (KA): Insegnare a “rompere” l’arto che impugna l’arma con blocchi duri e rinforzati (non il bastone stesso).

    • Controllare l’Arma (JU/KEM): Tecniche di “checking” e “trapping” per controllare il braccio armato dopo il blocco.

    • Disarmo (JU): Leve articolari specifiche per rompere la presa e sottrarre l’arma.

  • Valore Pedagogico: È un’escalation critica. Insegna ad applicare i principi KA-JU-KEM-BO contro un avversario armato e letale, dove un errore è fatale.

Palama Set 12 (Kajukenbo Kata 12 / KSDI Form 12)

  • Tema Pedagogico: Difesa da Armi da Taglio (Coltello).

  • Livello: Cintura Marrone.

  • Analisi del Contenuto: Il Set 12 affronta lo scenario di autodifesa più pericoloso: la difesa da coltello (Knife Defenses).

  • Tecniche Introdotte: La filosofia qui è diversa da quella del bastone. Il coltello non può essere “bloccato”. Le tecniche si concentrano su:

    • Movimento Evasivo (BO): Creare distanza, usare barriere.

    • Parate Morbide e Re-direzione (BO/JU): Non opporsi alla forza, ma “cavalcare” l’attacco, deviare l’arto armato e re-indirizzarlo.

    • Distruzione e Controllo (KA/KEM): Attaccare l’arto armato (non il coltello) con colpi duri (KA) e colpi a mano aperta (KEM) per forzare il rilascio.

    • Contemporaneità: Colpire l’aggressore (occhi, gola) mentre si controlla l’arto armato.

  • Valore Pedagogico: È la forma più “seria” del curriculum. Insegna il rispetto per le armi e la mentalità disperata ma pragmatica necessaria per sopravvivere a un attacco letale.

Palama Set 13 (Kajukenbo Kata 13 / KSDI Form 13)

  • Tema Pedagogico: Inganno, Tempismo e Ritmo Spezzato.

  • Livello: Cintura Marrone (Grado Alto).

  • Analisi del Contenuto: Questa è una forma altamente concettuale. Se le altre forme sono dirette, il Set 13 è sull’inganno.

  • Tecniche Introdotte: La forma introduce finte, mezzi-movimenti (half-beats) e ritmi spezzati (broken timing). Insegna a “mostrare” un attacco (es. un calcio) per provocare una reazione, per poi colpire con un attacco diverso (es. un pugno). È l’aspetto “scacchistico” del Kenpō e del Kung Fu (BO).

  • Valore Pedagogico: Insegna allo studente a combattere con l’intelligenza, non solo con la forza. È il passaggio da “combattente” a “stratega”.

Palama Set 14 (Kajukenbo Kata 14 / KSDI Form 14)

  • Tema Pedagogico: La Tesi della Cintura Nera. La Forma del Fondatore.

  • Livello: Cintura Nera (Shodan).

  • Analisi del Contenuto: Il Set 14 è l’apice del curriculum tradizionale. È spesso la forma più lunga, complessa e fisicamente impegnativa.

  • Tecniche Introdotte: È la Grande Sintesi. Include tutto:

    • Sequenze di striking (KA/KEM)

    • Movimento angolare (BO)

    • Leve e proiezioni (JU)

    • Difese da prese (JU)

    • Difese da colpi (KA/BO)

    • Combattimento ravvicinato (KEM)

    • Principi di difesa da armi (JU/KEM)

    • Inganno e tempismo (BO)

  • Valore Pedagogico: Padroneggiare il Palama Set 14 significa aver assorbito l’intero manuale di Sijo Emperado. È la “tesi di laurea” che lo studente presenta per dimostrare di aver compreso non solo le singole tecniche, ma la logica integrata dell’intero sistema Kajukembo.

Questo curriculum di 14 passi è un capolavoro pedagogico, progettato per costruire un combattente da zero, strato dopo strato, dalla semplice parata (Set 1) alla sintesi complessa della cintura nera (Set 14).


PARTE IV: IL METODO – COME SI PRATICA E SI APPLICA LA FORMA

Il come una forma è praticata definisce il suo valore. Nel Kajukembo, la pratica della forma è un processo a più livelli che va ben oltre la semplice memorizzazione.

Fase 1: Pratica Solitaria (L’Esecuzione a Vuoto)

Questo è il primo passo, comune a tutte le arti marziali.

  • Apprendimento: Imparare la sequenza, il “libretto di ballo”.

  • Raffinamento: Eseguire la forma con i giusti principi:

    • Kime (Focus): Ogni colpo e parata devono essere eseguiti con potenza e intenzione, contraendo i muscoli al momento dell’impatto immaginario.

    • Ritmo: Comprendere il ritmo della forma. Alcune sequenze sono veloci ed esplosive (KEM), altre sono lente e potenti (KA), altre ancora sono fluide e circolari (JU).

    • Respirazione (Kokyu): Coordinare la respirazione con il movimento per massimizzare la potenza e la resistenza.

    • Intenzione (Zanshin): Mantenere la consapevolezza, trattare gli avversari immaginari come reali.

Fase 2: Bunkai (L’Applicazione – Il Cuore del Kajukembo)

Questo è ciò che separa il Kajukembo. Come menzionato, la forma È il Bunkai. Le forme non sono state create e poi interpretate; le tecniche di autodifesa (le Combinations) sono state create prima, e la forma è stata costruita attorno ad esse come un modo per praticarle da soli.

Quando si pratica il Bunkai nel Kajukembo, non c’è “interpretazione”.

  • Bunkai Letterale: L’istruttore dice: “Questa sequenza (parata, pugno, leva) è la difesa contro un attacco ‘X'”. Uno studente (Uke) esegue l’attacco “X” e il praticante (Tori) esegue esattamente la sequenza della forma.

  • Realismo: Il Bunkai viene praticato con crescente intensità e realismo, spesso con protezioni, per testare se i movimenti della forma funzionano davvero sotto pressione. È un processo di “reverse engineering”: si smonta la forma per rivelare le tecniche di combattimento grezze che contiene.

Fase 3: Bunkai Oyo (Applicazione Avanzata o “Interpretazione”)

Questo è il livello della cintura nera. Una volta che il praticante padroneggia l’applicazione letterale (Bunkai) della forma, è incoraggiato (seguendo la filosofia “open source”) a trovare applicazioni alternative (Oyo) nascoste nei movimenti.

  • Esempio: Un movimento “parata alta” (Age Uke) nel Bunkai letterale difende da un pugno alto. Nel Bunkai Oyo, lo stesso movimento, applicato in un contesto diverso, potrebbe diventare una leva alla spalla, uno sbilanciamento o un colpo al mento.

  • Il Principio dell’Adattabilità: Questo insegna al praticante a non essere un robot, ma a capire i principi dietro i movimenti. Insegna che una singola “tecnica” della forma può essere la risposta a decine di attacchi diversi, se si capisce il principio biomeccanico sottostante.

Attraverso questo processo a tre fasi, la forma si trasforma da una sequenza di movimenti memorizzati a un dizionario, poi a un manuale di grammatica, e infine alla capacità di “scrivere poesia” (combattere spontaneamente) usando la lingua del Kajukembo.


PARTE V: FORME OLTRE I PALAMAS – L’ARSENALE ESTESO E L’EVOLUZIONE

Sebbene i 14 Palamas siano il nucleo, il curriculum delle forme del Kajukembo è più vasto e continua a evolversi.

Le Forme con Armi (Buki)

Oltre alle sezioni di difesa da armi all’interno dei Palamas 11 e 12, molti lignaggi di Kajukembo hanno forme complete dedicate all’uso delle armi. Questo deriva direttamente dall’eredità di Sijo Emperado (Escrima) e di Clarence Chang (Kung Fu).

  • Bastone Corto (Escrima/Arnis): Molte scuole insegnano le forme (Anyo) e i “drills” (Sinawali) dell’Escrima filippina. Queste forme insegnano gli angoli di attacco, il gioco di gambe e la fluidità che si traducono direttamente nel combattimento a mani nude (il “trapping” del KEM).

  • Bastone Lungo (Bo): Forme che insegnano l’uso del bastone lungo (circa 180 cm), derivate dal Karate (KA) e dal Kung Fu (BO).

  • Nunchaku: Un’arma del Kenpō (KEM) e del Karate, famosa per la sua velocità. Le forme di Nunchaku sviluppano una coordinazione occhio-mano estrema.

  • Sai: Tridenti di metallo usati in coppia, un’altra arma classica del Kenpō/Karate.

  • Coltello (Forme Filippine): Forme che insegnano l’uso offensivo del coltello, basate sui sistemi Kali/Escrima.

La pratica di queste forme d’arma rafforza ulteriormente i principi di angolazione, tempismo e flusso del sistema a mani nude.

Le Forme nelle Diramazioni (Branches) in Evoluzione

La filosofia “open source” del Kajukembo ha fatto sì che, man mano che l’arte si evolveva, anche le sue forme lo facevano. I leader delle principali diramazioni hanno preso i principi dei Palamas e li hanno espansi o rifocalizzati.

  • Wun Hop Kuen Do (Grandmaster Al Dacascos):

    • Filosofia: Dacascos, fortemente influenzato dagli stili fluidi e acrobatici del Kung Fu del Nord, sentiva che i Palamas originali erano troppo “rigidi” e “lineari”.

    • Le Forme WHKD: Le forme del Wun Hop Kuen Do (spesso chiamate semplicemente “Forme” o “Katas”) sono un’evoluzione radicale. Sono lunghe, fluide, atletiche e acrobatiche. Includono calci saltati, spazzate, movimenti a terra e un gioco di gambe molto più mobile ed evasivo. L’enfasi si sposta dalla “durezza” (KA) al “flusso” (KEM/BO). Sono famose per la loro bellezza estetica, che le ha rese dominanti nei tornei di forme, pur mantenendo un Bunkai letale e pragmatico.

  • Tum Pai (Sigung Sid Asuncion):

    • Filosofia: Asuncion ha integrato i principi “interni” del Tai Chi Chuan nel framework del Kajukembo.

    • Le Forme Tum Pai: Le forme in questo lignaggio (che spesso usano ancora la base dei Palamas) vengono praticate in due modi:

      1. Versione “Dura” (Yang): Eseguita con la velocità e la potenza del Kajukembo tradizionale.

      2. Versione “Morbida” (Yin): Eseguita lentamente, come una forma di Tai Chi, con un focus sulla respirazione, l’allineamento, il flusso di energia (Qi) e la cedevolezza.

    • Questo approccio “doppio” crea un praticante che può essere sia esplosivamente duro sia fluidamente morbido, incarnando perfettamente lo Yin/Yang sull’emblema.

Conclusione: Il DNA Vivente dell’Arte

Le forme del Kajukembo, dai 14 Palamas fondamentali alle evoluzioni acrobatiche del Wun Hop Kuen Do, non sono una contraddizione, ma l’espressione più pura della sua filosofia ibrida.

Non sono reliquie statiche, ma manuali di combattimento dinamici. Sono il “DNA” codificato dei fondatori, un progetto che mappa ogni aspetto del sistema: la potenza lineare del KA, le leve e le proiezioni intelligenti del JU, le raffiche esplosive e il trapping del KEM, e il movimento angolare e la strategia “sporca” del BO.

Praticare queste forme non è un atto di tradizione, ma un atto di apprendimento, un modo per incidere nel proprio corpo le risposte di sopravvivenza testate sul “cemento”, assicurando che, generazione dopo generazione, il Kajukembo rimanga fedele al suo unico, pragmatico obiettivo: l’efficacia.

UNA TIPICA SEDUTA DI ALLENAMENTO

La “Forgia” – Più di una Semplice Lezione

Descrivere una “tipica” seduta di allenamento di Kajukembo è un compito complesso, poiché l’arte stessa è un sistema “open source” con molteplici diramazioni (branches) che enfatizzano aspetti diversi. Una lezione in una scuola di Wun Hop Kuen Do (lignaggio Dacascos), nota per la sua fluidità acrobatica e l’influenza del Kung Fu del Nord, avrà un ritmo e un’estetica diversi rispetto a una lezione del Gaylord’s Method, nota per la sua logica analitica e spietata.

Tuttavia, esiste un “archetipo” di sessione di allenamento, un modello che risale direttamente alla filosofia e ai metodi del fondatore, Sijo Adriano Emperado, e che è ancora oggi il cuore pulsante dei lignaggi più “tradizionali” o “duri” (come il KSDI – Kajukenbo Self Defense Institute).

Per comprendere questa seduta, bisogna prima liberarsi dell’immagine di una “palestra” o di un “corso” di fitness. La scuola di Kajukembo (chiamata “Dojo” per l’influenza giapponese o “Kwoon” per quella cinese) è, nella sua concezione più pura, una “forgia” (una fucina). È un laboratorio progettato per smontare l’individuo e ricostruirlo, non solo tecnicamente, ma fisicamente e mentalmente.

Una tipica sessione di allenamento non è un “allenamento”; è un microcosmo dell’intera filosofia dell’arte. È un’esperienza olistica che cerca di replicare, in un ambiente controllato, la pressione, lo stress e il caos del “cemento” del Palama Settlement. È un processo ritualizzato progettato per costruire guerrieri pragmatici.

Questa analisi, puramente informativa, descriverà le fasi archetipiche di una seduta di allenamento in una scuola di Kajukembo di stampo tradizionale, un processo che fonde la disciplina rituale giapponese, la pedagogia del Kung Fu, la brutalità del condizionamento e il pragmatismo del combattimento ibrido.


PARTE I: L’INGRESSO E I RITUALI D’APERTURA – LA TRANSIZIONE

La lezione di Kajukembo non inizia quando suona la campana, ma nell’istante in cui il praticante mette piede sulla soglia del dojo. Questa fase di transizione è fondamentale per stabilire la mentalità (mindset) richiesta.

L’Ambiente: Il Dojo/Kwoon

Lo spazio di allenamento di una scuola tradizionale di Kajukembo è raramente lussuoso. È l’antitesi di un fitness club moderno. Spesso è spartano, a volte persino squallido, e porta con orgoglio le cicatrici dell’allenamento. L’aria odora di sudore, di sforzo e forse del legno del makiwara (palo per colpire). I muri sono adornati non con specchi scintillanti, ma con le foto dei fondatori (la Black Belt Society), di Sijo Emperado, e dei maestri del lignaggio della scuola. Ci sono armi (bastoni, coltelli da allenamento) appese in modo ordinato.

Questo ambiente è intenzionale. Comunica fin dal primo istante che questo non è un luogo di comfort, ma un luogo di lavoro, un luogo di “tempra”.

Il Saluto sulla Soglia (Ritsurei)

Prima di entrare nell’area di allenamento (spesso un tatami o un pavimento di legno), ogni studente esegue un saluto in piedi (Ritsurei). Questo non è un gesto vuoto o una mera formalità. È un rituale psicologico di transizione.

È un atto di rispetto verso lo spazio stesso, verso i maestri che lo hanno preceduto e verso il processo che sta per iniziare. È un modo simbolico per “lasciare l’ego alla porta”. Lo studente che entra non è più un impiegato, uno studente universitario o un genitore; sta entrando in un altro ruolo, quello di artista marziale. Lascia fuori le frustrazioni della giornata, le distrazioni del telefono e le preoccupazioni del mondo esterno. Questo saluto è il primo passo per affinare il focus, un’abilità essenziale per la sopravvivenza.

Il Saluto ai Compagni e il Concetto di Ohana

Una volta dentro, lo studente saluta i compagni di corso, specialmente quelli di grado superiore (Sempai) e l’istruttore (Sifu/Sensei). Questi saluti rafforzano il secondo pilastro della filosofia Kajukembo: l’Ohana (Famiglia).

Questo concetto hawaiano di “famiglia” è la colla che tiene insieme la brutale intensità dell’allenamento. La sessione che segue comporterà dolore, impatto e rischio. Non si può praticare in questo modo con “estranei”. Ci si deve fidare implicitamente del proprio partner, sapendo che il suo obiettivo è temprarti, non ferirti. Il rituale del saluto reciproco è un rinnovo costante di questo patto di fiducia.

L’Allineamento Iniziale (Seiretsu)

All’ora stabilita, l’istruttore (o il Sempai più anziano) chiama l’allineamento. Gli studenti si dispongono in file ordinate, di solito in ordine di grado, dalla cintura nera più alta alla cintura bianca più recente.

Questa non è una dimostrazione di gerarchia autoritaria fine a se stessa, ma un’organizzazione della struttura di apprendimento. Dimostra rispetto per l’esperienza. I praticanti più anziani si posizionano dove possono essere visti, agendo da modello per i nuovi arrivati. È un’espressione visiva dell’ordine e della disciplina.

Mokuso (Meditazione Silenziosa)

La classe, in piedi o in ginocchio (seiza), viene chiamata al “Mokuso” (un termine giapponese per “meditazione silenziosa”). Per uno o due minuti, gli studenti chiudono gli occhi.

L’obiettivo di questa meditazione non è raggiungere l’illuminazione zen o la pace eterea. È l’opposto. È un atto di focalizzazione aggressiva. È il momento in cui lo studente “accende l’interruttore”. Si svuota la mente dalle distrazioni esterne per focalizzarsi su un unico obiettivo: l’allenamento. Si prepara mentalmente alla fatica, al dolore e alla concentrazione che la lezione richiederà. È il momento in cui il “guerriero” prende il sopravvento sulla persona “civile”.

La fase rituale si conclude con un saluto formale all’unisono verso il “kamiza” (la parte anteriore del dojo, dove si trovano le foto dei fondatori), seguito da un saluto all’istruttore. Il patto è sigillato. La forgia è accesa.


PARTE II: LA PREPARAZIONE – RISCALDAMENTO E MOBILITÀ

Questa fase è spesso erroneamente liquidata come un semplice “riscaldamento”. Nel Kajukembo, è la “Fase 1 del Condizionamento” e la prima simulazione di stress. Non è mai un “light jog”. È intenso, sudato e progettato per spingere immediatamente la frequenza cardiaca.

Filosofia del Riscaldamento: Simulazione dell’Adrenalina

Perché un riscaldamento così intenso? La filosofia è radicata nel realismo da strada. Un’aggressione reale non inizia con un “riscaldamento”. Inizia con un’esplosione istantanea di adrenalina (il “dump di adrenalina”), che porta la frequenza cardiaca da 60 a 160 bpm in un secondo.

Questo shock fisiologico è ciò che fa “congelare” le persone. Il riscaldamento del Kajukembo è progettato per simulare questo stato. Portando il corpo rapidamente a un livello elevato di stress cardiovascolare, la lezione insegna al praticante a funzionare, pensare e eseguire tecniche mentre è già affaticato e con il cuore in gola.

Componente Cardiovascolare (Lo “Shock al Sistema”)

La sessione inizia con 10-15 minuti di lavoro cardiovascolare intenso e senza sosta, spesso guidato da un Sempai.

  • Corsa (Running): Giri intorno al dojo, alternando corsa in avanti, all’indietro, laterale (per il footwork).

  • Salti (Jumping Jacks): Spesso in variazioni complesse per stimolare la coordinazione.

  • Esercizi Esplosivi (Plyometrics): Burpees, salti sulle ginocchia (tuck jumps), skip alti.

  • Shadow Boxing (KEM/BO): Gli studenti passano alla shadow boxing, praticando il gioco di gambe (BO) e le raffiche di colpi (KEM) per riscaldare i pattern di movimento specifici dell’arte.

Componente di Mobilità (Preparare le Armi)

Dopo che il corpo è caldo e il sudore scorre, l’attenzione si sposta sulla mobilità articolare, non sullo stretching statico. Questo è fondamentale per un sistema ibrido.

  • Rotazioni Articolari: Rotazioni controllate di collo, spalle (fondamentali per i pugni), gomiti (per le leve), polsi (per il trapping e il Chin Na), fianchi (il “motore” della potenza KEM/KA), ginocchia e caviglie (per i calci e la stabilità).

  • Perché questo è cruciale: Il Kajukembo è un’arte di JU (Jujitsu). Le leve articolari (Kansetsu Waza) sono una parte enorme del curriculum. Il praticante deve avere la mobilità e la consapevolezza delle proprie articolazioni per applicare le leve e, in una certa misura, per sapere come resistere o sfuggire ad esse in sicurezza durante l’allenamento.

Componente Funzionale (Costruzione della Forza Integrata)

Il riscaldamento si conclude spesso con esercizi a corpo libero che costruiscono la “forza funzionale” del Kajukembo.

  • Piegamenti (Push-ups): Non solo push-up standard. Vengono eseguiti sulle nocche (per condizionare le mani, un principio KA/KEM), sulle dita (per la forza della presa JU/KEM), o in varianti esplosive.

  • Squats: Squat a corpo libero, “pistol squats” (su una gamba), e “duck walks” (camminata accovacciata), che costruiscono la potenza delle gambe per le posizioni basse (KA) e le proiezioni (JU).

  • Addominali (Core Work): Una vasta gamma di esercizi per gli addominali. Il “core” è il motore che collega la parte superiore e inferiore del corpo, essenziale per la potenza rotazionale del Kenpō (KEM).

Alla fine di questa fase (20-25 minuti), gli studenti sono sudati, affaticati e il loro battito cardiaco è accelerato. Sono ora fisiologicamente e mentalmente “pronti” per simulare il combattimento.


PARTE III: LA FORGIATURA DELL’ARMATURA – CONDIZIONAMENTO SPECIFICO

Questa è la fase che più di ogni altra definisce l’allenamento del Kajukembo “vecchia scuola”. È qui che la lezione si allontana da qualsiasi arte sportiva moderna e rivela le sue radici “da strada”. La filosofia è semplice: non puoi essere un’arma efficace se il tuo corpo è un bersaglio fragile. Devi costruire un’armatura.

Questa fase è una pratica di condizionamento fisico e mentale al dolore e all’impatto.

Kote Kitae (Condizionamento degli Avambracci)

Questo è il rituale più iconico. Gli studenti si mettono in coppia.

  • Metodologia: Iniziano a colpirsi ritmicamente gli avambracci. Non è un pestaggio casuale; è un drill strutturato. Ci si colpisce osso contro osso, muscolo contro muscolo, alternando la parte interna (morbida) ed esterna (dura) dell’avambraccio. Inizia piano e, man mano che la fiducia e il condizionamento aumentano, l’intensità cresce.

  • Scopo Fisico (KA/KEM): L’obiettivo è duplice. In primo luogo, applica la Legge di Wolff: le micro-fratture sull’osso (periostio) lo costringono a guarire più denso e forte. In secondo luogo, desensibilizza i nervi superficiali.

  • Scopo Funzionale: Gli avambracci diventano armi e scudi. Nelle parate “dure” (KA), l’avambraccio non si limita a deviare, ma colpisce e danneggia l’arto dell’aggressore. In attacco, un colpo di avambraccio (una tecnica KEM) diventa un’opzione valida.

  • Scopo Psicologico (L’Ohana): Questo è il test di fiducia dell’Ohana. Ti fidi del tuo partner che ti colpirà abbastanza forte da temprarti, ma non così forte da ferirti. E tu fai lo stesso. Insegna a controllare la propria forza e a sopportare il dolore in modo controllato.

Sune Kitae (Condizionamento delle Tibie)

Simile al Kote Kitae, ma per le tibie. Questo è un pilastro del pilastro KA (Karate).

  • Metodologia: Può essere fatto in coppia (scontrando le tibie in parate di calcio) o con attrezzi (come rullare le tibie con bastoni di legno o persino bottiglie, un metodo tradizionale per indurirle).

  • Scopo Funzionale: Prepara le tibie a essere usate come un’arma nei calci bassi (Gedan Mawashi Geri) e a sopportare l’impatto di una parata di calcio. Una tibia non condizionata si rompe; una tibia condizionata rompe.

Condizionamento del Corpo (Body Hardening)

Questa è una serie di esercizi in coppia per abituare il corpo a ricevere impatti.

  • Addominali: Uno studente si sdraia ed esegue gli addominali, e il partner in piedi colpisce (con leggerezza) l’addome con un pugno o un colpo di palmo ad ogni ripetizione. Questo insegna a “espirare attraverso il colpo” e a contrarre il core al momento dell’impatto.

  • Costole e Plesso Solare: Lo studente in piedi riceve colpi di palmo leggeri ma secchi (slaps) ai lati delle costole e al plesso solare, imparando a “indossare” il colpo senza perdere l’equilibrio o il fiato.

  • Gambe (Thighs): Colpi leggeri (slaps) o pugni alle cosce per condizionare al dolore dei calci bassi.

Condizionamento delle Mani (Le Armi KEM/KA)

  • Piegamenti sulle Nocche (Knuckle Push-ups): L’esercizio base. Fatti su pavimenti di legno o, nelle scuole più estreme, sul cemento. Indurisce le prime due nocche per il pugno tradizionale (Seiken).

  • Makiwara (Palo per Colpire): L’attrezzo tradizionale del Karate. Il praticante colpisce ripetutamente il palo (avvolto in corda o paglia) con pugni, colpi a mano di taglio (Shuto) e colpi a martello (Tetsui), imparando l’allineamento corretto e condizionando le superfici di impatto.

  • Piegamenti sulle Dita: Per rafforzare le dita per le tecniche “sporche” (BO) come i colpi agli occhi (Nukite) e per la forza di presa (JU/KEM).

Questa intera fase (altri 15-20 minuti) è una meditazione sul dolore. Non è una questione di “macho”, ma una filosofia pragmatica: in uno scontro reale, verrai colpito. La tua sopravvivenza potrebbe dipendere dalla tua capacità di ignorare il dolore e continuare a combattere. Il condizionamento è la vaccinazione contro lo shock dell’impatto.


PARTE IV: IL “DATABASE” – FONDAMENTALI (KIHON) E FORME (PALAMAS)

Dopo la preparazione fisica e mentale, la lezione passa al nucleo tecnico. Questa fase è dedicata al “download” del software nel “hardware” condizionato.

Kihon (Fondamentali): L’Alfabeto KA-JU-KEM-BO

Questa non è una pratica statica. È dinamica. Spesso la classe si muove in formazione, su e giù per il dojo.

  • Pratica dello Striking (KA/KEM/BO): L’istruttore chiama una tecnica o una breve combinazione.

    • Linee di Pugni: Gli studenti avanzano in posizione, eseguendo raffiche (flurries) di Kenpō (KEM) o combinazioni di Boxe (BO) (es. Jab-Cross-Hook). L’enfasi è sulla biomeccanica: la rotazione delle anche, l’estensione completa, il “Kime” (focus) e il gioco di gambe (footwork).

    • Linee di Calci (KA): Pratica dei calci fondamentali (Mae Geri, Yoko Geri, Mawashi Geri). L’enfasi è sull’equilibrio, sulla camera di caricamento del calcio e sul colpire con la superficie corretta (tallone, tibia, pianta).

    • Pratica delle Posizioni e del Footwork: Esercizi specifici per muoversi tra le posizioni (BO), praticare gli “angoli” (angling) e i “pivot” (pivoting).

  • Pratica del Grappling (JU):

    • Ukemi (Cadute): Fondamentale. Prima di poter proiettare, devi imparare a cadere. La classe pratica le cadute (indietro, laterali, frontali) per proteggersi sul pavimento duro.

    • Esercizi di Ingresso (Uchi Komi): Esercizi in coppia (senza proiezione) per praticare lo sbilanciamento (Kuzushi) e l’ingresso (Tsukuri) per le proiezioni (O Goshi, Seoi Nage, etc.).

Pratica delle Forme (Palamas/Kata)

Questa fase è l’allenamento sul “manuale” del Kajukembo (come descritto nel Punto 8). Il modo in cui viene praticato in classe è cruciale.

  • Pratica Collettiva (per il Ritmo): L’intera classe esegue la stessa forma (ad esempio, il Palama Set 1 per i principianti, il Set 10 per gli avanzati) all’unisono. Questo serve a costruire il ritmo, la memoria muscolare e lo spirito di gruppo (Ohana).

  • Pratica “By the Numbers” (A Comandi): L’istruttore scompone la forma. Chiama: “UNO!”. L’intera classe esegue il primo movimento con la massima potenza e Kime, e poi “congela” la posizione. L’istruttore cammina tra le file, correggendo l’allineamento, l’altezza della posizione, la messa a fuoco dello sguardo. Poi chiama: “DUE!”. Questo metodo è estenuante e costruisce potenza statica e precisione.

  • Pratica Individuale (per il Flusso): Gli studenti si disperdono e praticano le loro forme (quelle richieste per il loro grado) al proprio ritmo, concentrandosi sul “flusso” (flow), la connessione fluida tra i movimenti.

  • Il Bunkai Istantaneo (Il Promemoria del “Cemento”): L’aspetto più importante. L’istruttore, vedendo la classe eseguire una forma, griderà: “YAME! (Stop!)”. Si avvicinerà a uno studente e dirà: “Fammi vedere il Bunkai di quel movimento”. Lo studente deve essere in grado di afferrare un partner e dimostrare l’applicazione di autodifesa (il perché) di quel movimento. Questo rinforza costantemente la filosofia che la forma non è una danza, ma un “database di combattimento”.


PARTE V: IL “LABORATORIO” – APPLICAZIONI (BUNKAI) E COMBINATIONS

Questa è, per molti, la parte principale della lezione. È qui che il “Kajukembo da strada” viene insegnato e praticato. La classe si divide in coppie (di solito di grado simile) per lavorare sulle “Combinations” (tecniche di autodifesa pre-impostate) del curriculum.

Il Sifu (Istruttore) presenta la lezione del giorno. Ad esempio: “Oggi lavoriamo sulle difese da ‘Punch Counters’, specificamente la difesa da pugno circolare (hook)”.

Il processo di apprendimento è strutturato in fasi:

Fase 1: La Dimostrazione (Il “Cosa”)

Il Sifu e un Sempai (studente anziano) dimostrano la tecnica.

  • L’Attacco (Uke): L’attacco è realistico (un pugno circolare selvaggio, non un attacco telegrafato).

  • La Difesa (Tori): Il Sifu dimostra la risposta del Kajukembo. Esempio: “Parata/Blocco (KA) -> Controllo/Trapping del braccio (KEM) -> Colpo di gomito al viso (KEM) -> Ginocchiata alle costole (KA) -> Proiezione d’anca (JU) -> Colpo finale a terra (KEM)”.

  • La Spiegazione (Il “Perché”): Il Sifu scompone la tecnica, spiegando perché ogni pezzo è lì. “Blocchiamo e controlliamo (KA/KEM) per evitare il secondo pugno. La gomitata (KEM) sfrutta la nostra entrata. La proiezione (JU) ci dà il controllo finale.”

Fase 2: Pratica Statica (Imparare la Meccanica)

Gli studenti in coppia praticano la tecnica.

  • Non-Resistenza: L’attaccante (Uke) sferra l’attacco e si “congela”, permettendo al difensore (Tori) di praticare la sequenza lentamente, concentrandosi sulla corretta biomeccanica, sulle leve (JU), sulle transizioni e sull’equilibrio.

  • Correzione: L’istruttore e i Sempai camminano tra le coppie, correggendo la posizione delle mani, l’angolazione del corpo, l’uso delle anche. È un lavoro meticoloso.

Fase 3: Pratica Fluida (Sviluppare il Flusso)

L’attaccante ora sferra l’attacco con più fluidità (ma senza resistenza reale), e il difensore esegue la tecnica in un unico movimento fluido, aumentando gradualmente la velocità. L’obiettivo è la memoria muscolare.

Fase 4: Pratica con Resistenza (Il “Pressure Test”)

Questa è la fase cruciale. L’attaccante ora aggiunge un po’ di resistenza. Non collabora più al 100%.

  • Resistenza Leggera: L’attaccante prova a ritirare il braccio dopo il pugno, o si irrigidisce per resistere alla proiezione.

  • L’Adattamento: Il difensore ora deve usare non solo la tecnica, ma anche il principio (tempismo, leva, Kime) per farla funzionare. È qui che lo studente capisce la differenza tra un movimento memorizzato e una tecnica efficace.

  • Scenari Variabili: L’istruttore può cambiare le variabili: “Cosa succede se blocca la tua gomitata?”, “Cosa succede se la proiezione fallisce?”. Questo insegna il “flusso” del Kenpō (KEM) e la natura “aperta” del sistema.

Questo processo viene ripetuto per diverse “Combinations” durante la lezione, coprendo un vasto curriculum:

  • Grab Arts: Difese da prese (polsi, bavero, strangolamenti, abbracci da orso).

  • Punch Counters: Difese da ogni tipo di pugno.

  • Kick Counters: Difese da calci.

  • Club/Stick Defenses: Lavoro con bastoni di gomma o rattan (lignaggio Escrima).

  • Knife Defenses: Lavoro con coltelli di gomma, che aggiunge un livello di stress psicologico estremo.


PARTE VI: LA VALIDAZIONE – SPARRING (KUMITE)

Non tutte le lezioni terminano con lo sparring, ma è una componente fondamentale e regolare dell’allenamento. Se le “Combinations” sono il “laboratorio”, lo sparring è la “pubblicazione scientifica”: la validazione di ciò che si è imparato.

Filosofia dello Sparring Kajukembo

Lo sparring nel Kajukembo non è il “point fighting” (combattimento a punti) del Karate sportivo. Non si tratta di toccare e scappare. È un “test di combattimento”. È intenso, fisico e progettato per simulare lo stress e il caos di uno scontro reale, pur mantenendo la sicurezza.

Gli studenti indossano le protezioni: casco, paradenti, guantoni (spesso da 16 oz o guanti da MMA), paratibie, conchiglia.

Tipi di Sparring Praticati in Classe

  1. Sparring di Striking (KA/KEM/BO):

    • Obiettivo: Testare il gioco di gambe (BO), il tempismo, le combinazioni di striking (KA/KEM) e, soprattutto, il condizionamento (Parte III).

    • Regole: Contatto pieno, ma controllato. I bersagli “da strada” (occhi, gola, inguine) sono ovviamente proibiti. L’obiettivo è colpire con potenza, ma senza intento malevolo (l’Ohana).

  2. Sparring di Grappling (JU):

    • Obiettivo: Testare l’arsenale “JU”.

    • Metodologia: Può iniziare in piedi (stile Judo, per lavorare sulle proiezioni) o in ginocchio/a terra (stile Jujitsu/BJJ). L’enfasi nel Kajukembo è spesso su: A) Ottenere una posizione dominante (monta, controllo laterale), B) Applicare una sottomissione rapida (leva, strangolamento), o C) Sapersi rialzare in sicurezza (technical stand-up), un’abilità fondamentale per la strada.

  3. Sparring Ibrido (L’Inizio dell’MMA):

    • Obiettivo: Il vero test del sistema.

    • Metodologia: Gli studenti indossano guanti da MMA. Lo sparring inizia in piedi. Sono ammessi colpi (striking) e prese (grappling). Questo è il “Kajukembo” nella sua forma più pura. Qui si vedono le transizioni: un praticante lancia una combinazione di pugni (KEM), l’altro “entra” sotto i colpi, chiude il clinch (JU), tenta una proiezione, e lo scontro finisce a terra, dove lo striking e il grappling si fondono.

  4. Sparring di Scenari (La Specialità del Kajukembo):

    • Obiettivo: Testare l’arte nel suo contesto originale: la strada.

    • Aggressori Multipli: L’istruttore chiama: “Due contro uno!”. Due studenti (con protezioni) attaccano un singolo difensore. L’obiettivo del difensore non è “vincere”, ma “sopravvivere”. Impara a muoversi (BO), a non farsi mettere all’angolo, a usare un aggressore come scudo contro l’altro, a non andare mai a terra, e a colpire (KA/KEM) per creare un varco e “fuggire”.

    • Sparring al Muro: Lo sparring si svolge contro un muro imbottito, simulando un vicolo o un bar. Gli studenti imparano a usare il muro come un’arma (per sbatterci l’avversario) o a non farsi intrappolare.

Lo sparring è supervisionato attentamente dal Sifu, che agisce da arbitro, allenatore e medico, fermando l’azione se diventa pericolosa e dando consigli tattici.


PARTE VII: RITORNO ALLA CALMA – DEFATICAMENTO E RITUALI FINALI

Dopo l’intensità culminante dello sparring o degli esercizi di applicazione, la sessione deve concludersi con un ritorno controllato alla normalità.

Defaticamento (Cool-Down)

Il ritmo della lezione rallenta. Gli studenti sono esausti, coperti di sudore e pieni di endorfine.

  • Obiettivo Fisico: Abbassare gradualmente la frequenza cardiaca, prevenire l’accumulo di acido lattico e iniziare il processo di recupero.

  • Esercizi Leggeri: Spesso una leggera corsetta sul posto, seguita da scuotimento degli arti.

Stretching Statico

A differenza dello stretching dinamico del riscaldamento, questa è la fase dello stretching statico.

  • Metodologia: Gli studenti si siedono e mantengono posizioni di allungamento per 30-60 secondi (gambe, schiena, spalle, collo).

  • Obiettivo: Migliorare la flessibilità a lungo termine e aiutare il recupero muscolare. È un momento di tranquillità e di introspezione sul lavoro svolto.

L’Allineamento Finale e la Chiusura

La classe si riallinea, esattamente come all’inizio.

  • Riflessioni del Sifu: Questo è un momento pedagogico importante. Il Sifu (o l’istruttore) tiene un breve discorso. Riassume i punti chiave della lezione (“Oggi ho visto che molti di voi dimenticavano di controllare la mano dopo la parata…”), fa annunci per la scuola, o, molto spesso, condivide una breve “parabola” marziale, un pensiero filosofico sull’umiltà, la perseveranza o il rispetto.

  • Mokuso (Meditazione Finale): Un altro breve momento di meditazione silenziosa. Questa volta, l’obiettivo è opposto a quello iniziale. Non si tratta di “accendere” il guerriero, ma di “spegnerlo”. È un momento per riflettere sull’allenamento, riconoscere la fatica e la soddisfazione, e prepararsi mentalmente a lasciare il dojo per tornare al mondo “civile” con calma e controllo.

  • Il Saluto Finale: L’istruttore e gli studenti eseguono il saluto formale finale, prima al “kamiza” (ai fondatori) e poi l’uno all’altro, spesso dicendo “Grazie” o “Ohana”.

Il Rituale Post-Lezione: L’Ohana

Anche dopo il saluto finale, la lezione non è finita. Gli studenti non scappano via. Si attardano, puliscono il tatami (un atto di umiltà e rispetto per lo spazio), si stringono la mano, si danno pacche sulle spalle, parlano dell’allenamento.

Questo è il momento in cui l’Ohana è più visibile. Dopo aver passato due ore a “simulare un combattimento” l’uno con l’altro, il legame che si forma è profondo. È un cameratismo forgiato nella fatica e nel rispetto reciproco.

Una tipica seduta di allenamento di Kajukembo è quindi un viaggio completo: inizia con il rituale e il rispetto, esplode in un intenso stress fisico e condizionamento, si immerge nell’apprendimento tecnico (forme e combinazioni), viene validato nel caos dello sparring e si conclude con la calma, la riflessione e il cameratismo dell’Ohana. Non è un hobby; è una pratica olistica di forgiatura del carattere.

GLI STILI E LE SCUOLE

La “Filosofia Open Source” come Matrice degli Stili

Analizzare gli “stili” e le “scuole” del Kajukembo significa immergersi in una delle strutture genealogiche più complesse e affascinanti del mondo marziale. A differenza di arti marziali come il Judo Kodokan o il Taekwondo Kukkiwon, che sono state intenzionalmente centralizzate sotto un unico organo di governo e un singolo curriculum standardizzato, il Kajukembo è l’esatto opposto. È, per sua natura, un sistema decentralizzato, frammentato e in costante evoluzione.

Questo non deve essere interpretato come una debolezza o un fallimento organizzativo. Al contrario, è la prova più grande del successo della sua filosofia fondante.

Come esplorato nei capitoli precedenti, il fondatore Sijo Adriano Emperado non ha creato un’arte marziale “finita” nel 1949. Ha dato il via a un processo. La sua filosofia, spesso riassunta nella frase “trova la tua strada” (find your own way), non era solo un consiglio, ma un mandato. Sijo ha attivamente incoraggiato i suoi studenti di prima generazione (i Sigung, o Gran Maestri) a non essere semplici copie, ma a continuare il lavoro di “Ricerca e Sviluppo” (R&D) che la Black Belt Society aveva iniziato. Li ha spinti a studiare altre arti, a mettere in discussione le tecniche esistenti, a scartare ciò che non funzionava per loro e a integrare nuovo materiale.

Il risultato è che il Kajukembo non è tanto un singolo “stile”, quanto un “concetto” o un “sistema operativo”. È un “albero” genealogico. C’è un tronco comune, ma ci sono molti rami diversi. Questi “rami” (spesso chiamati Branches, Methods o Stili) non sono scismi o tradimenti. Sono evoluzioni legittime, ognuna delle quali rappresenta l’interpretazione unica di un Gran Maestro su come risolvere il problema fondamentale dell’autodifesa.

Per navigare in questo complesso ecosistema, la “fama” o l’importanza di una scuola non è determinata dalla sua dimensione o dalla sua abilità nel marketing. È determinata dal Lignaggio (Lineage). La domanda più importante nel Kajukembo è: “Chi è stato il tuo insegnante? E chi è stato il suo insegnante?”. La legittimità deriva da una linea ininterrotta che risale ai pionieri della California o, idealmente, allo stesso Sijo Emperado.

In questo capitolo, analizzeremo la “Casa Madre” (il punto di origine), i rami “antichi” (le interpretazioni della prima generazione) e gli stili “moderni” (le evoluzioni successive che hanno avuto un impatto globale), per mappare la genealogia di questa straordinaria arte “open source”.


PARTE I: LA “CASA MADRE” – L’ORIGINE DI TUTTI I LIGNAGGI

Per rispondere alla domanda specifica del committente, la “Casa Madre” (la casa madre) a cui tutte le organizzazioni mondiali, in un modo o nell’altro, si ricollegano non è un edificio o un singolo quartier generale amministrativo moderno. È un’entità storica e concettuale: il Kajukenbo Self Defense Institute (KSDI), fondato a Palama, Hawaii, nel 1949.

Il Kajukenbo Self Defense Institute (KSDI) – L'”Original Method”

  • Fondazione e Concetto: Il KSDI, fondato da Sijo Emperado dopo la formalizzazione dell’arte con la Black Belt Society, è il “Paziente Zero”. È il punto di origine di ogni singola cintura nera di Kajukembo sul pianeta. Il suo curriculum, sviluppato da Emperado, suo fratello Joe, e i primi studenti, è quello che oggi viene spesso definito l’“Original Method” o l'”Emperado Method”.

  • Filosofia della “Casa Madre”: La filosofia del KSDI originale era un riflesso diretto del suo ambiente (il Palama Settlement) e del suo fondatore. Era:

    1. Pragmatismo Assoluto: L’unica misura del successo era l’efficacia sul “cemento”.

    2. Brutalità Controllata: L’allenamento (la “forgia”) era progettato per essere più duro di qualsiasi scontro da strada, per “vaccinare” il praticante al dolore e allo shock.

    3. Completezza Ibrida: Un’enfasi equilibrata su tutti i pilastri (KA-JU-KEM-BO).

  • Caratteristiche Tecniche dell’Original Method: L'”Original Method” è la base su cui tutti gli altri stili hanno costruito (o da cui si sono allontanati). Le sue caratteristiche sono fondamentali:

    1. Il Curriculum dei 14 Palamas: Il cuore pedagogico del KSDI sono i 14 “Palama Sets” (come discusso nel Punto 8). Questo è il “manuale” codificato, la “Costituzione” che porta uno studente da cintura bianca a cintura nera. Padroneggiare queste 14 forme (e il loro Bunkai letterale) è padroneggiare l’Original Method.

    2. Enfasi sulle “Combinations”: L’allenamento quotidiano è costruito attorno alle “Combinazioni” di autodifesa (Grab Arts, Punch Counters, Knife Defenses, ecc.). Queste sono sequenze di riflessi condizionati che costituiscono i “mattoni” dei Palamas.

    3. Il “Kajukembo Duro”: L’Original Method è inequivocabilmente un “hard style”. Enfatizza la potenza d’impatto (KA), le raffiche esplosive (KEM), il condizionamento fisico estremo (Kote Kitae) e le finalizzazioni definitive (JU). L’aspetto “morbido” (fluidità, re-direzione) è presente (dal Kung Fu e Jujitsu), ma è secondario rispetto alla potenza d’impatto.

    4. Assenza di Acrobazie: A differenza degli stili moderni, l’Original Method è privo di acrobazie. I calci sono generalmente bassi o medi (ginocchia, inguine, costole), il gioco di gambe è stabile e potente piuttosto che evasivo. È un’arte piantata a terra.

  • Il Ruolo di “Casa Madre” Oggi: Oggi, il KSDI non funziona come un organo di governo globale (come la FIFA per il calcio). Non esiste un “Papa” del Kajukembo seduto alle Hawaii che detta la linea a tutte le scuole. Sijo Emperado stesso ha impedito questa centralizzazione incoraggiando l’evoluzione. Tuttavia, il KSDI esiste ancora come concetto e come organizzazione. L’organizzazione KSDI (guidata oggi dagli eredi del lignaggio diretto di Emperado) è una delle molte federazioni, ma detiene un’autorità morale speciale in quanto custode del nome originale e della visione del fondatore. Altre grandi organizzazioni mondiali, come la World Kajukenbo Federation (WKF) o la Kajukenbo Association of America (KAA), non sono sotto il KSDI, ma agiscono come grandi “ombrelli” amministrativi che ospitano maestri di diversi stili (KSDI, Gaylord, Tum Pai, ecc.). Indipendentemente dall’organizzazione a cui appartengono, tutte le scuole legittime riconoscono il KSDI del 1949 e Sijo Emperado come la “Casa Madre” storica e la fonte del loro lignaggio. È il punto di riferimento, l'”Antico Testamento” dell’arte.


PARTE II: LE GRANDI EVOLUZIONI “FILOSOFICHE” – I RAMI DELLA PRIMA GENERAZIONE

I primi “stili” o “metodi” non sono nati come atti di ribellione, ma come tesi di laurea. Erano il risultato della filosofia “open source” di Sijo. I suoi primi studenti di punta sulla terraferma (principalmente dal “gruppo della Travis Air Force Base” in California) presero il “sistema operativo” KSDI e iniziarono a sviluppare le proprie “applicazioni” specializzate. Questi sono i rami “antichi” o di prima generazione.

1. Il “Gaylord’s Method” (Il Ramo Analitico e Scientifico)

  • Fondatore: Grandmaster Charles Gaylord Sr. (1936-2009).

  • Lignaggio: Uno dei primi pionieri della California, del gruppo della Travis AFB, allievo di istruttori di prima generazione come Aleju Reyes e con un legame diretto e profondo con Sijo Emperado.

  • Filosofia Fondante: Se la filosofia di Emperado era “pragmatismo brutale”, quella di Gaylord era “pragmatismo analitico”. Era un intellettuale del combattimento. Il suo motto era “la semplicità è genio”. Ha visto il Kajukembo KSDI non come qualcosa da cambiare, ma come qualcosa da distillare e organizzare fino alla sua essenza più pura ed efficiente. Non ha aggiunto nulla; ha raffinato.

  • Caratteristiche Tecniche: Il “Gaylord’s Method” è noto per la sua logica spietata e la sua struttura pedagogica iper-organizzata.

    1. La “Triade”: Gaylord è famoso per aver concettualizzato il combattimento nella “Triade”: Attacco, Difesa, Contrattacco. Ha riorganizzato il curriculum del Kajukembo attorno a questa logica. Ogni blocco (Difesa) deve essere simultaneo a un colpo (Contrattacco) che interrompe l’attacco dell’avversario.

    2. Focus sulla Biomeccanica (Backup Mass): Più di ogni altro ramo, Gaylord ha enfatizzato la scienza della generazione di potenza. Ha predicato l’importanza della “Backup Mass” (massa di sostegno), assicurando che ogni colpo fosse sostenuto dall’intera struttura scheletrica e dal peso corporeo, non solo dalla forza muscolare. Ha insegnato l’allineamento perfetto e l’uso del “matrimonio con la gravità” (cadere nel colpo).

    3. Distillazione del Curriculum: Gaylord ha preso le centinaia di “Combinations” del KSDI e le ha organizzate in un sistema logico. Ha eliminato le ridondanze, mantenendo solo le risposte più efficienti e universali. L’allenamento è meno sulla memorizzazione di 1000 tecniche e più sulla padronanza di 100 principi che possono essere applicati a 1000 situazioni.

    4. L’Approccio “Senza Fronzoli”: Questo metodo è l’antitesi dell’acrobazia. Non c’è un solo movimento superfluo. È diretto, efficiente e si concentra sulla distruzione immediata della minaccia. È un’arte per “ingegneri”, logica e letale.

  • Impatto e Scuole: Il Gaylord’s Method è uno dei rami più rispettati e “temuti” del Kajukembo. È considerato un approccio molto “duro” e intellettuale. La sua scuola a San Leandro, in California, è stata un’istituzione per decenni. Ha prodotto alcuni dei combattenti più duri del circuito, tra cui il leggendario campione di kickboxing Dennis Alexio, che ha utilizzato i principi di potenza biomeccanica di Gaylord per dominare sul ring. Le scuole che seguono questo metodo sono note per la loro precisione tecnica e il loro approccio analitico al combattimento.

2. Il “Tum Pai” (Il Ramo Interno e Bilanciato)

  • Fondatore: Sigung Sid Asuncion (1938-2022).

  • Lignaggio: Un altro dei “tre grandi” della Travis AFB (insieme a Gaylord e Ramos). Anche lui un pioniere della California con un lignaggio diretto al KSDI.

  • Filosofia Fondante: Se Gaylord ha guardato all’arte attraverso la lente della scienza, Asuncion l’ha guardata attraverso la lente della filosofia taoista. Ha visto il KSDI “Original Method” come incredibilmente potente, ma quasi interamente Yang (duro, esplosivo, esterno). Si è chiesto cosa sarebbe successo se avesse re-introdotto e amplificato l’elemento Yin (morbido, fluido, interno). Il nome “Tum Pai” significa “Via Centrale” o “Via dell’Equilibrio”, riflettendo questa ricerca di equilibrio tra Yin e Yang.

  • Caratteristiche Tecniche: La grande innovazione del Tum Pai è stata l’integrazione formale del Tai Chi Chuan e dei principi delle arti “interne” (Neigong) cinesi nel framework KA-JU-KEM-BO.

    1. L’Allenamento “Duro-Morbido”: L’aspetto unico delle scuole Tum Pai è che le forme (Palamas) e le tecniche vengono praticate in due modi. Vengono praticate in modo “duro” (Yang), con la velocità esplosiva e il Kime del Kajukembo tradizionale. Ma vengono anche praticate in modo “morbido” (Yin), eseguite lentamente, come una forma di Tai Chi.

    2. Enfasi sul “Qi” e sulla Cedevolezza: Questo allenamento lento sviluppa attributi che l’allenamento “duro” da solo non può: consapevolezza del respiro (Qi), flusso di energia, sensibilità (mani appiccicose), equilibrio e cedevolezza (yielding). Insegna al praticante a non scontrarsi con la forza (KA), ma a sentirla, assorbirla, re-indirizzarla (JU/BO) e rimandarla indietro con interesse.

    3. Tecniche Modificate: Questo approccio “morbido” ha modificato l’esecuzione delle tecniche. Le leve (Chin Na/JU) diventano meno dipendenti dalla forza muscolare e più dalla precisione, dalla tempistica e dalla manipolazione dell’equilibrio dell’avversario. Lo striking (KEM) diventa più fluido e “frustato” (whipping).

  • Impatto e Scuole: Il Tum Pai è stato un ramo rivoluzionario. Ha fornito al Kajukembo un percorso per la longevità, dimostrando che un praticante poteva continuare a essere letale ed efficace anche in età avanzata, quando la potenza fisica esplosiva della gioventù diminuisce. Ha aperto la porta a un’esplorazione più profonda della filosofia e della meccanica “interna” cinese. È stato anche il “ponte” fondamentale, poiché Sid Asuncion è stato il primo e più importante istruttore di un altro innovatore leggendario: Al Dacascos.

3. Il “Ramos Method” (Il Ramo della Potenza Pura)

  • Fondatore: Grandmaster Tony Ramos (1940-2015).

  • Lignaggio: Il terzo dei “tre grandi” della Travis AFB.

  • Filosofia Fondante: Se Gaylord era la logica e Asuncion l’equilibrio, Ramos era la potenza. Per lui, la soluzione più pragmatica era spesso l’applicazione travolgente della forza. Il suo metodo è una celebrazione e un’amplificazione del lato “duro” (Yang) del Kajukembo, in particolare del pilastro KA (Karate).

  • Caratteristiche Tecniche: Il “Ramos Method” è spesso visto come un’evoluzione “dura” dell’Original Method.

    1. Enfasi sul KA: Più di ogni altro ramo, il Ramos Method enfatizza le posizioni (stance) solide e potenti del Karate. La stabilità della base è considerata il prerequisito per ogni azione.

    2. Biomeccanica della Potenza: Simile a Gaylord, Ramos era ossessionato dalla generazione di potenza, ma il suo approccio era più focalizzato sulla rotazione esplosiva delle anche (hip torque) e sul “grounding” (radicamento a terra). Le sue tecniche sono famose per il loro “Kime” (focus) devastante.

    3. Condizionamento Estremo: Questo metodo porta avanti la tradizione KSDI di condizionamento fisico estremo. L’idea è che il praticante non solo debba colpire come un maglio, ma debba essere in grado di assorbire colpi come un’incudine.

    4. Esecuzione delle Forme: L’esecuzione dei Palamas in questo stile è visibilmente diversa. È meno fluida (rispetto a Tum Pai o WHKD) e più ritmica e potente. Ogni movimento è eseguito con un’intenzione schiacciante, spesso con pause più lunghe per massimizzare la tensione e il Kime.

  • Impatto e Scuole: Il Ramos Method è un pilastro della comunità Kajukembo della California. Le sue scuole sono note per la loro disciplina rigorosa, l’atletismo e la produzione di combattenti incredibilmente “duri”. Ha assicurato che, mentre altri esploravano la fluidità, l’essenza “hard style” del Tang Soo Do e del Kenpō originale non andasse mai perduta.


PARTE III: L’EVOLUZIONE ARTISTICA E GLOBALE – GLI STILI MODERNI

Basandosi sulle fondamenta della prima generazione, la seconda generazione di maestri ha portato l’arte a un pubblico globale. Il ramo più significativo e influente di questa era è senza dubbio quello fondato da Al Dacascos.

Il “Wun Hop Kuen Do” (Il Ramo Artistico-Dinamico)

  • Fondatore: Grandmaster Al Dacascos.

  • Lignaggio: Figlio di immigrati filippini alle Hawaii, ha iniziato il suo addestramento nel Kajukembo sotto Sigung Sid Asuncion (Tum Pai). Il suo stile, quindi, ha le sue radici nell’approccio “equilibrato”, ma la sua personalità creativa lo ha spinto oltre.

  • Filosofia Fondante: Dacascos era un artista e un filosofo del movimento. Era un innovatore per natura. Pur rispettando il KSDI, trovava il suo approccio “duro” e lineare a volte troppo rigido. Influenzato dalla fluidità del suo maestro Asuncion e dalla sua esplorazione profonda di altre arti, ha cercato di creare un sistema che fosse puro flusso (flow). Il nome, “Wun Hop Kuen Do”, significa “Via del Pugno Combinato”, a sottolineare la sua filosofia di “mescolare” (combinare) non solo le arti, ma ogni singolo movimento in una catena ininterrotta.

  • Caratteristiche Tecniche: Il Wun Hop Kuen Do (WHKD) è una diramazione ufficiale del Kajukembo, ma è visivamente e tecnicamente un’evoluzione radicale.

    1. Espansione dell’Ibridismo: Dacascos ha preso la filosofia “open source” e l’ha portata all’estremo. Ha integrato in modo massiccio:

      • Kung Fu del Nord: Stili come lo Shaolin del Nord e il Tai Chi, che hanno introdotto un gioco di gambe (footwork) evasivo, posizioni basse e transitorie, e calci acrobatici (saltati, girati).

      • Arti Marziali Filippine (FMA/Kali): Dacascos ha amplificato l’eredità Escrima di Emperado, integrando i “drills” (Sinawali, Hubud) e la logica del coltello e del bastone direttamente nel combattimento a mani nude.

    2. Rivoluzione del Footwork: Questa è la differenza più grande. Il KSDI e i rami “duri” si muovono spesso “stance-to-stance” (da posizione a posizione). Il WHKD non ha quasi posizioni statiche. È puro movimento. Il gioco di gambe è mobile, circolare, evasivo, progettato per creare angoli (angling) e per “fluttuare” dentro e fuori la portata dell’avversario.

    3. Il “Flusso” (Flow): L’enfasi è totale sull’eliminazione delle “pause” tra le tecniche. Un blocco è un colpo, che è una leva, che è uno sbilanciamento. Le tecniche sono collegate da movimenti fluidi e circolari, piuttosto che dalla sequenza “stop-and-go” di molte arti dure.

    4. Estetica e Acrobazia: Il WHKD è innegabilmente “bello” da vedere. Include spazzate, calci saltati, e movimenti che hanno una qualità artistica e dinamica. Questo lo ha reso un’arte perfetta per le competizioni.

  • Impatto e Scuole: L’impatto del Wun Hop Kuen Do è stato immenso e duplice.

    1. Dominio dei Tornei: Negli anni ’70 e ’80, il team di Dacascos ha dominato il circuito dei tornei di “forme” e “combattimento a punti”. Le loro forme (kata), con la loro fluidità e creatività, erano anni luce avanti rispetto ai kata tradizionali. Questo ha dato al lignaggio Kajukembo un’incredibile visibilità.

    2. Espansione Globale e Culturale: Dacascos si è trasferito in Germania, rendendo il WHKD uno degli stili di Kajukembo più forti in Europa. Ma il suo impatto più grande è culturale. Suo figlio, Mark Dacascos, è una star internazionale del cinema d’azione. Film come “John Wick 3”, “Crying Freeman” e “Il Patto dei Lupi” sono una vetrina globale per la fluidità, la velocità e l’estetica letale del Wun Hop Kuen Do. Per milioni di persone, lo stile di Mark Dacascos è la loro unica esposizione (consapevole o meno) all’eredità del Kajukembo.

Il “Chu’an Fa” (Il Ramo Cinese Riscoperto)

  • Fondatore: Derivato dagli insegnamenti di uno dei cinque fondatori originali, George “Clarence” Chang.

  • Lignaggio: Portato avanti da studenti diretti di Chang e da maestri che hanno cercato di ri-enfatizzare le radici cinesi dell’arte.

  • Filosofia Fondante: Questo stile cerca di onorare e amplificare i contributi del Kung Fu (Ch’uan Fa) all’interno dell’acronimo originale (KA-JU-KEM-BO). Se il KSDI ha un’influenza equilibrata e il Ramos Method si inclina verso il KA, il Chu’an Fa si inclina pesantemente verso il KEM e il BO (nella sua accezione di Kung Fu).

  • Caratteristiche Tecniche:

    1. Enfasi sul Kung Fu Cinese: Maggiore utilizzo di tecniche derivate dagli stili animali Shaolin (Sil-Lum), come la “Tigre” (potenza), la “Gru” (equilibrio, colpi a punti vitali) e il “Serpente” (velocità, colpi alle dita).

    2. Chin Na e Dim Mak: Sebbene tutte le branche del Kajukembo utilizzino leve, il Chu’an Fa approfondisce il Chin Na (l’arte cinese delle prese e leve) e il Dim Mak (l’attacco ai punti di pressione/vitali), trattandoli come una scienza primaria piuttosto che come un’aggiunta.

    3. Movimento Circolare: Enfatizza i movimenti di blocco e parata circolari e fluidi del Kung Fu del Sud, rispetto ai blocchi lineari e duri del Karate.

  • Impatto e Scuole: Il Chu’an Fa ha assicurato che l’eredità di Clarence Chang non fosse dimenticata. Ha fornito un percorso per quei praticanti di Kajukembo più attratti dalla filosofia e dalle tecniche cinesi, offrendo un “sapore” diverso che è più vicino al Kenpō originale (che è esso stesso una forma di Ch’uan Fa) e mantenendo l’arte saldamente radicata nel suo patrimonio ibrido cino-giapponese-hawaiano.


PARTE IV: IL PAESAGGIO MODERNO – ORGANIZZAZIONI E SCUOLE CONTEMPORANEE

Oggi, il panorama del Kajukembo è un mosaico vibrante di centinaia di scuole e dozzine di organizzazioni. La “scuola” o lo “stile” di un praticante è spesso un ibrido dell’ibrido: può allenarsi in una scuola “Gaylord’s Method”, ma la sua organizzazione di riferimento potrebbe essere la WKF, e potrebbe partecipare a seminari di maestri “Tum Pai”.

Le Organizzazioni “Ombrello”

Come menzionato, la “Casa Madre” KSDI è la fonte storica, ma la gestione moderna è gestita da diverse grandi organizzazioni “ombrello”. Queste non sono “stili”, ma enti amministrativi che cercano di unire i praticanti, standardizzare i requisiti per i gradi (con vari gradi di successo) e promuovere l’arte.

  • Kajukenbo Self Defense Institute (KSDI): L’organizzazione originale, ora guidata dagli eredi di Sijo. Tende a rappresentare l’Original Method e i lignaggi più tradizionalisti.

  • World Kajukenbo Federation (WKF): Una grande organizzazione internazionale che ospita membri di molti stili diversi, promuovendo l’unità attraverso la diversità.

  • Kajukenbo Association of America (KAA): Storicamente una delle più grandi organizzazioni negli Stati Uniti, anch’essa un “ombrello” per vari stili.

  • Organizzazioni Specifiche dello Stile: Molti dei rami principali hanno le loro federazioni internazionali, come la Wun Hop Kuen Do International di Al Dacascos o le organizzazioni che promuovono il Gaylord’s Method.

Le Scuole Moderne: La Continua Evoluzione

Il mandato “open source” di Sijo Emperado non si è fermato con Al Dacascos. Oggi esistono stili di terza e quarta generazione.

  • Lignaggi “MMA-Ibridi”: Molte scuole moderne di Kajukembo, riconoscendo la realtà dell’UFC e del BJJ, hanno formalmente integrato il Brazilian Jiu-Jitsu (No-Gi) e la Muay Thai nel loro curriculum. Questo non è visto come un tradimento, ma come il logico passo successivo. Un maestro di Kajukembo moderno potrebbe dire: “Se Sijo fosse vivo oggi e vedesse l’efficacia del BJJ, non sarebbe forse la prima cosa che integrerebbe nel sistema?”. Questi sono forse gli stili “moderni” più fedeli allo spirito originale dei fondatori.

  • Lignaggi “Storici”: Altre scuole, al contrario, sono diventate “custodi”, dedicate a preservare un particolare ramo (es. il Ramos Method o l’Original Method) esattamente come è stato insegnato, vedendo il loro ruolo come quello di conservatori di un’arte marziale perfetta.

Conclusione: Un Albero, Un Tronco, Molti Rami

Il mondo degli stili e delle scuole del Kajukembo è un ecosistema. Non è un monolite. È un albero genealogico vivente.

  • Il seme è stato il pragmatismo del Palama Settlement.

  • Il tronco è la “Casa Madre”, il KSDI Original Method di Sijo Emperado, con il suo curriculum di 14 Palamas e i suoi principi KA-JU-KEM-BO.

  • I rami principali sono le grandi interpretazioni della prima generazione, come la logica analitica del Gaylord’s Method, l’equilibrio interno del Tum Pai e la potenza pura del Ramos Method.

  • I rami in fiore sono le evoluzioni moderne, come l’arte dinamica e globale del Wun Hop Kuen Do, che ha portato l’eredità dell’arte sul palcoscenico mondiale.

Tutte queste scuole e stili, pur essendo visibilmente diversi, sono uniti da un lignaggio comune e da una filosofia condivisa. Sono tutti membri della stessa Ohana (Famiglia), tutti discendenti dello stesso impulso rivoluzionario del 1949: scartare la tradizione per la tradizione e mantenere solo una cosa: ciò che funziona.

LA SITUAZIONE IN ITALIA

Definire la “Situazione” del Kajukembo in Italia

Analizzare la “situazione in Italia” del Kajukembo significa immergersi in un panorama marziale che rispecchia perfettamente la natura complessa, decentralizzata e “open source” dell’arte stessa. A differenza di discipline con una struttura piramidale e una federazione nazionale unica riconosciuta dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) – come il Judo (FIJLKAM) o il Taekwondo (FITA) – il Kajukembo in Italia non esiste come entità singola e monolitica.

La sua “situazione” non è quella di un’unica, grande federazione, ma piuttosto quella di un arcipelago: una serie di “isole” di pratica, composte da singole scuole (Associazioni Sportive Dilettantistiche – ASD) o da piccoli gruppi di praticanti. Queste “isole” sono spesso isolate geograficamente ma sono collegate tra loro e al resto del mondo marziale non da un organo di governo italiano, ma da “ponti” invisibili e potentissimi: i lignaggi (lineages).

La “situazione italiana” è, quindi, una diretta filiazione della situazione globale. L’arte è stata fondata sulla filosofia “trova la tua strada”, che ha portato alla nascita di molteplici diramazioni (rami) e metodi. Di conseguenza, le scuole presenti sul territorio italiano non rispondono a un “Presidente della Federazione Kajukembo Italia”, ma piuttosto a un “Gran Maestro” (Sigung) del loro specifico lignaggio, che può risiedere negli Stati Uniti, in Spagna o in Germania.

Questo capitolo, a scopo puramente informativo e nel rigoroso rispetto della neutralità, mapperà questo arcipelago. Analizzerà la natura frammentata ma interconnessa della pratica, esplorerà le principali “case madri” globali e i loro rami italiani, descriverà il quadro giuridico-strutturale in cui queste scuole devono operare (il rapporto con il CONI e gli Enti di Promozione Sportiva) e fornirà una panoramica delle organizzazioni e delle figure chiave che compongono il mosaico del Kajukembo in Italia.


PARTE I: LA NATURA DELLA PRESENZA – LIGNAGGIO E DECENTRALIZZAZIONE

Il primo fatto fondamentale per comprendere la situazione italiana è che il Kajukembo è un’arte marziale di nicchia. Non ha la diffusione di massa del Karate o della Boxe. La sua presenza è il risultato della passione e dell’iniziativa di singoli maestri e praticanti che, dopo essersi formati all’estero (spesso in Spagna, Germania o negli Stati Uniti) o aver ospitato maestri stranieri, hanno fondato la propria scuola.

Questo ha creato un panorama dove la lealtà e l’affiliazione non sono nazionali, ma genealogiche.

Un praticante italiano di Kajukembo, se interrogato sulla sua affiliazione, molto probabilmente non risponderà con il nome di un ente italiano. Risponderà con il suo lignaggio. Ad esempio:

  • “Io pratico l’Original Method, lignaggio di Sijo Emperado, sotto la guida europea di SGM Angel Garcia.”

  • “Io pratico Wun Hop Kuen Do, sono un allievo di Sifu [Nome Istruttore], che è certificato direttamente dal lignaggio di GM Al Dacascos.”

  • “La mia scuola segue il Gaylord’s Method, il mio istruttore è certificato da [Nome Maestro].”

Questa struttura basata sul lignaggio è l’unica chiave per capire la mappa italiana. Non esiste un “Kajukembo italiano”; esistono in Italia scuole del lignaggio KSDI, scuole del lignaggio Wun Hop Kuen Do, e così via. Ognuna di queste è, a tutti gli effetti, un’arte marziale “cugina” delle altre, che condivide un tronco comune (la Black Belt Society del 1949) ma con rami, foglie e frutti distinti.

Questa frammentazione non è un segno di debolezza, ma la conseguenza logica di un’arte che valorizza l’evoluzione individuale e l’efficacia provata rispetto all’uniformità dogmatica. La situazione italiana è, quindi, uno specchio fedele di questa filosofia globale.


PARTE II: LE “CASE MADRI” GLOBALI E LA LORO INFLUENZA IN ITALIA

Per capire chi opera in Italia, bisogna prima capire da chi hanno ricevuto l’autorizzazione. La legittimità di un istruttore italiano deriva dalla sua connessione a una delle principali “case madri” (organizzazioni e lignaggi) del mondo. Queste organizzazioni internazionali sono la vera fonte di autorità tecnica e filosofica.

È fondamentale analizzare queste case madri (come già introdotto nel Punto 10) specificamente nel contesto della loro influenza sulla “situazione italiana”.

A. KSDI (Kajukenbo Self Defense Institute) – L’Original Method

  • La Casa Madre Globale: Questa è l’organizzazione originale fondata da Sijo Adriano Emperado. È il “tronco” dell’albero del Kajukembo.

    • Filosofia: L'”Original Method” (o Emperado Method) è l’arte così come codificata da Sijo e dai suoi primi studenti. È un approccio “duro”, pragmatico e senza fronzoli.

    • Curriculum: Il suo curriculum è basato sui 14 Palama Sets (le forme) e sulle “Combinations” (tecniche di autodifesa) originali. Enfatizza la potenza (KA), il condizionamento fisico estremo, le leve (JU) e le raffiche esplosive (KEM). È l’arte del “cemento” nella sua forma più pura.

    • Sito Globale di Riferimento (Lignaggio KSDI): https://www.kajukenbo.com

  • L’Impatto sulla Situazione Italiana: Una scuola italiana che si affilia al KSDI sta facendo una scelta precisa: sta scegliendo di essere una “custode” della tradizione. L’addestramento in una scuola KSDI italiana sarà prevedibilmente rigoroso, esigente e molto focalizzato sui 14 Palamas e sulle loro applicazioni (Bunkai) di autodifesa. La struttura europea del KSDI è molto forte, in particolare attraverso la Spagna. Una figura chiave per gran parte d’Europa, e di conseguenza per l’Italia, è il SGM (Senior Grandmaster) Angel Garcia Bascuñana, uno degli eredi del lignaggio di Emperado più rispettati e un punto di riferimento diretto per molti istruttori italiani. Pertanto, una parte significativa della “situazione” del KSDI in Italia è gestita attraverso questa filiera: Hawaii (Emperado) -> Spagna (Garcia) -> Italia (Istruttori Certificati). Questo crea un forte legame con la comunità europea del KSDI.

B. Wun Hop Kuen Do (WHKD) – Il Lignaggio Dacascos

  • La Casa Madre Globale: Fondato da GM (Grandmaster) Al Dacascos, questo stile è una delle diramazioni (rami) più famose e influenti del Kajukembo, con radici nel Tum Pai di Sigung Sid Asuncion.

    • Filosofia: Il WHKD (“Via del Pugno Combinato”) è un’evoluzione artistica e dinamica. GM Dacascos ha integrato massicciamente elementi di Kung Fu del Nord (stili acrobatici, fluidi) e Arti Marziali Filippine (FMA) nel framework Kajukembo.

    • Curriculum: È un’arte che enfatizza il flusso (flow), il movimento costante, l’inganno, gli angoli (angling) e l’atletismo. Le sue forme sono famose per essere fluide e acrobatiche. È un’interpretazione più “artistica” e “morbida” (Yin) del Kajukembo, pur mantenendo un nucleo letale.

    • Sito Globale di Riferimento: https://www.dacascos.com

  • L’Impatto sulla Situazione Italiana: La presenza del WHKD in Italia è completamente separata da quella del KSDI. Le scuole italiane di WHKD sono il risultato di istruttori che si sono formati direttamente sotto GM Al Dacascos o i suoi rappresentanti di alto livello (spesso dalla Germania, dove Dacascos ha vissuto e insegnato per decenni, o dagli USA). Una lezione in una scuola WHKD italiana avrà un sapore molto diverso da una KSDI. Ci sarà un’enfasi maggiore sulla mobilità, sul gioco di gambe fluido (footwork), sui “drills” (esercizi a coppia) derivati dal Kali/Escrima e sull’esecuzione di forme dinamiche. La fama culturale del figlio del fondatore, Mark Dacascos (stella di “John Wick 3”), ha dato a questo lignaggio una visibilità globale che attira un tipo specifico di studente. Figure come il Sifu/Guro Livio Ferraro sono esempi di questo lignaggio che operano e insegnano in Italia, rappresentando un ponte diretto con la famiglia Dacascos.

C. Altri Lignaggi Storici (Gaylord, Tum Pai, Ramos)

  • Le Case Madri Globali: Questi sono gli altri rami storici fondati dai pionieri della California:

    • Gaylord’s Method: L’approccio scientifico e analitico di GM Charles Gaylord.

    • Tum Pai: L’approccio “interno” e bilanciato (Tai Chi) di Sigung Sid Asuncion.

    • Ramos Method: L’approccio basato sulla potenza “dura” del Karate (KA) di GM Tony Ramos.

  • L’Impatto sulla Situazione Italiana: Questi lignaggi sono significativamente più rari in Italia. La loro presenza è quasi inesistente a livello di “organizzazione” italiana, ma può esistere a livello di singoli praticanti o micro-scuole. Trovare una scuola di questo tipo in Italia significherebbe aver trovato un “appassionato” o un “ricercatore” che ha viaggiato specificamente negli Stati Uniti per studiare questo metodo e ha poi aperto una piccola ASD. La loro presenza è una testimonianza della profondità della nicchia, ma non costituiscono una parte statisticamente significativa della “situazione italiana”.

D. Federazioni “Ombrello” Multi-Stile

Infine, ci sono organizzazioni internazionali che non rappresentano un singolo stile, ma agiscono come “federazioni ombrello” che accolgono praticanti di tutti i lignaggi.

  • Esempio: World Kajukenbo Federation (WKF): Un’organizzazione molto forte in Europa (in particolare in Spagna), che organizza eventi, campionati e seminari aperti a tutti i rami.

    • Sito Europeo di Riferimento: http://www.wkf.com.es

  • L’Impatto sulla Situazione Italiana: È possibile che una scuola italiana, pur seguendo un lignaggio specifico (es. KSDI), decida di affiliarsi anche a una federazione “ombrello” come la WKF per avere accesso a un circuito di eventi più ampio, a campionati (di forme, autodifesa e combattimento) e a un network internazionale più vasto.

Riepilogo della Parte II: La “situazione italiana” è quindi un mosaico di scuole. La maggior parte di queste scuole farà riferimento a uno dei due grandi lignaggi presenti in Europa: il KSDI (tradizionale, duro, via Spagna) o il WHKD (dinamico, fluido, via Germania/USA).


PARTE III: IL QUADRO GIURIDICO E AMMINISTRATIVO IN ITALIA – IL CONI E GLI EPS

Questa è forse la parte più critica e complessa, e quella che più di tutte definisce la “situazione in Italia”. Come può un’arte marziale “esotica”, non riconosciuta, operare legalmente, affittare palestre comunali, stipulare assicurazioni e rilasciare diplomi in un paese con una burocrazia sportiva complessa come l’Italia?

La risposta non si trova nelle federazioni di lignaggio (KSDI, WHKD), che non hanno alcun valore legale per lo Stato italiano. La risposta si trova nel Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) e, più specificamente, negli Enti di Promozione Sportiva (EPS).

Il Sistema Sportivo Italiano (CONI)

Il CONI è l’autorità suprema dello sport in Italia. Per esistere legalmente, ogni attività sportiva deve rientrare nella sua orbita. Il CONI riconosce le attività sportive attraverso tre canali principali:

  1. Federazioni Sportive Nazionali (FSN): Una per ogni sport (es. FIGC per il calcio, FIP per la pallacanestro). Il Kajukembo non è una FSN.

  2. Discipline Sportive Associate (DSA): Federazioni più piccole per sport non olimpici ma con una struttura consolidata (es. Federazione Arrampicata Sportiva). Il Kajukembo non è una DSA.

  3. Enti di Promozione Sportiva (EPS): Questi sono la chiave. Gli EPS sono organizzazioni nazionali (come AICS, CSEN, UISP, ACSI) riconosciute dal CONI che hanno lo scopo di promuovere lo sport “di base” e amatoriale in tutte le discipline.

Il Ruolo Vitale degli Enti di Promozione Sportiva (EPS)

Poiché il Kajukembo non ha una sua FSN o DSA, una scuola italiana di Kajukembo deve, per legge, affiliarsi a uno degli EPS riconosciuti dal CONI.

Questa affiliazione è puramente amministrativa e legale, non tecnica. L’EPS non dice a un istruttore come insegnare il Kajukembo (quello lo dice il suo Sigung/GM). L’EPS fornisce alla scuola (costituita come ASD – Associazione Sportiva Dilettantistica) il quadro legale per operare.

Ecco cosa fa un EPS per una scuola di Kajukembo in Italia:

  1. Status Legale: Permette all’istruttore di registrare la sua scuola come una ASD (Associazione Sportiva Dilettantistica). Questo status è necessario per ottenere un codice fiscale, aprire un conto corrente e beneficiare delle agevolazioni fiscali per lo sport.

  2. Assicurazione: Fornisce l’assicurazione obbligatoria (Responsabilità Civile e Infortuni) per tutti i membri tesserati. Senza questa, nessuna palestra comunale permetterebbe lo svolgimento dell’attività.

  3. Accesso alle Strutture: L’affiliazione a un EPS è il requisito minimo per poter affittare spazi nelle palestre scolastiche o comunali.

  4. Riconoscimento dei Diplomi: Questo è l’aspetto più cruciale.

Il Dilemma del “Diploma”: Lignaggio vs. Legge Italiana

Qui si incontra un paradosso che definisce la “situazione” di ogni istruttore in Italia.

  • Il Diploma di Lignaggio: Un istruttore di Kajukembo ottiene la sua cintura nera e il suo “permesso di insegnare” (il titolo di Sifu o Istruttore) dal suo Gran Maestro. Questo diploma (spesso un certificato firmato alle Hawaii o in Germania) ha un valore tecnico e morale immenso all’interno della comunità Kajukembo, ma ha valore legale zero per lo Stato Italiano.

  • Il Diploma EPS/CONI: Per la legge italiana (in particolare per le riforme dello sport), per insegnare e essere pagato (anche con rimborso spese) in una ASD, un istruttore deve avere una qualifica tecnica riconosciuta dal CONI. Gli EPS sono autorizzati a rilasciare queste qualifiche.

Come funziona nella pratica: L’istruttore italiano di Kajukembo, forte della sua cintura nera KSDI (per esempio), si iscrive al “settore Arti Marziali” del suo EPS (es. CSEN). L’EPS, riconoscendo il suo curriculum e la sua cintura nera di lignaggio (spesso tramite una commissione tecnica interna o la presentazione di certificati), gli rilascia un “Diploma di Qualifica Tecnica” (es. “Maestro di Arti Marziali” o “Istruttore 1° Livello – Settore Difesa Personale”).

Questo diploma, che riporta il logo dell’EPS e del CONI, è il documento che ha valore legale in Italia.

Di conseguenza, la “situazione” di un istruttore italiano è duplice:

  1. La sua legittimità tecnica proviene dal suo Sigung.

  2. La sua legittimità legale proviene dal suo EPS.

I Principali Enti di Promozione Sportiva Utilizzati dalle Scuole di Arti Marziali

Qualsiasi scuola di Kajukembo in Italia sarà quasi certamente affiliata a uno dei seguenti enti (elencati in ordine alfabetico, per neutralità):

  • ACSI (Associazione di Cultura Sport e Tempo Libero)

    • Sito: https://www.acsi.it

    • Un EPS molto diffuso, con un settore “Arti Marziali” ben sviluppato che copre molte discipline non federali.

  • AICS (Associazione Italiana Cultura Sport)

    • Sito: https://www.aics.it

    • Un altro EPS storico e capillare, con un robusto dipartimento di arti marziali e discipline orientali.

  • CSEN (Centro Sportivo Educativo Nazionale)

    • Sito: https://www.csen.it

    • È il più grande EPS in Italia per numero di tesserati. Ha un settore “Arti Marziali” e “Difesa Personale” estremamente vasto e ben organizzato, che lo rende una scelta molto comune per le arti di nicchia.

  • UISP (Unione Italiana Sport Per tutti)

    • Sito: httpsa://www.uisp.it

    • Un EPS con una forte connotazione sociale. Il suo settore “Discipline Orientali” è un altro ombrello comune per le arti marziali non federali.

Riepilogo della Parte III: La “situazione italiana” è definita da questa doppia affiliazione. Le scuole sono isole di lignaggio tecnico (KSDI, WHKD) che galleggiano su un “mare” amministrativo fornito dagli EPS (CSEN, AICS, ecc.). Senza l’EPS, la scuola non potrebbe esistere legalmente. Senza il lignaggio, non sarebbe Kajukembo.


PARTE IV: ORGANIZZAZIONI E SCUOLE PRESENTI SUL TERRITORIO ITALIANO

Data la natura frammentata, non è possibile fornire un elenco “ufficiale” e onnicomprensivo approvato da un ente centrale, poiché tale ente non esiste. Quello che segue è un elenco puramente informativo e non esaustivo, compilato nel rispetto della neutralità, di esempi di organizzazioni e gruppi di scuole presenti sul territorio italiano che rappresentano i principali lignaggi discussi.

Nota: La presenza di un’organizzazione in questo elenco non costituisce un’approvazione, né la sua assenza una critica. L’obiettivo è fornire una fotografia dello scenario attuale basata su informazioni di pubblico dominio.

Esempio 1: Lignaggio KSDI (Original Method / Emperado Method)

Questo lignaggio è rappresentato in Italia da diversi istruttori e scuole che fanno capo alla struttura europea del KSDI, spesso sotto la guida tecnica di SGM Angel Garcia (Spagna).

  • Organizzazione/Gruppo di Riferimento: KSDI Italia

  • Filosofia: Aderenza all’Original Method di Sijo Emperado, con un forte focus sui 14 Palamas, sul condizionamento e sull’autodifesa pragmatica.

  • Sito Internet di Riferimento (Rete Italiana): https://www.kajukembo.it

  • Sito Internet (Europeo): httpsa://www.kajukenbo.es

  • Presenza Territoriale (Indirizzi): Essendo una rete di scuole (ASD) indipendenti e affiliate, non esiste un’unica “sede centrale” italiana. Gli indirizzi sono quelli delle singole palestre dove gli istruttori certificati insegnano. La rete ha (o ha avuto) presenza in varie città, tra cui Roma, Milano e altre località, come documentato sul loro sito web. Gli istruttori e le scuole specifiche sono elencati sul portale di riferimento.

Esempio 2: Lignaggio Wun Hop Kuen Do (Dacascos Method)

Questo lignaggio è rappresentato da istruttori certificati direttamente da GM Al Dacascos o dai suoi rappresentanti di più alto grado.

  • Organizzazione/Gruppo di Riferimento: Wun Hop Kuen Do Italia

  • Filosofia: L’evoluzione “artistica” e fluida del Kajukembo. Enfatizza il “flow”, il movimento non-stop, l’integrazione del Kung Fu e delle Arti Filippine.

  • Sito Internet di Riferimento (Rete Italiana): https://www.whkd.it

  • Sito Internet (Globale): https://www.dacascos.com

  • Presenza Territoriale (Indirizzi): Simile al KSDI, si tratta di una rete di istruttori e scuole. Una delle figure di riferimento storiche per questo lignaggio in Italia è il Sifu/Guro Livio Ferraro, con una forte base a Torino, da cui altri istruttori si sono formati e hanno aperto corsi in altre città. Gli indirizzi specifici sono quelli delle palestre dove questi istruttori operano.

Esempio 3: Altre Scuole e Lignaggi Indipendenti

Oltre a queste due reti principali, il territorio italiano è costellato di singole scuole (ASD) che possono seguire altri lignaggi o percorsi.

  • Esempio: “ASD Kajukembo [Nome Città]”

  • Filosofia: Queste scuole sono spesso il risultato della passione di un singolo istruttore che può aver avuto un percorso formativo ibrido, magari affiliato a un lignaggio americano minore o a una federazione “ombrello” come la WKF.

  • Sito Internet: Spesso hanno i loro siti web individuali o pagine Facebook.

  • Presenza Territoriale: Queste “isole” possono essere trovate in varie regioni, ma la loro identificazione richiede una ricerca locale specifica.

Riepilogo della Parte IV: La “situazione” delle organizzazioni italiane è un duopolio dei due principali lignaggi europei (KSDI e WHKD), circondato da una manciata di scuole indipendenti, tutte legalmente strutturate come ASD e affiliate a un EPS.


PARTE V: LA “SITUAZIONE” CULTURALE – IL RUOLO DEI SEMINARI

Dato che l’Italia non ha un “Gran Maestro” residente del calibro dei fondatori (come Sijo Emperado o Al Dacascos), come fanno gli istruttori e gli studenti a mantenere la qualità, a progredire nei gradi e a rimanere connessi alla fonte?

La risposta è la cultura dei seminari (Seminari). Questa è la vera “situazione” culturale del Kajukembo in Italia.

Il seminario è l’evento (spesso un fine settimana) in cui un Gran Maestro di alto livello (es. SGM Angel Garcia, GM Al Dacascos, o altri maestri di fama mondiale) viene invitato in Italia per insegnare.

L’Importanza Vitale del Seminario:

  1. Centro di Apprendimento: È il momento in cui gli istruttori italiani tornano a essere “studenti”. Possono imparare le sfumature tecniche, le correzioni e le evoluzioni dell’arte direttamente dalla fonte.

  2. Validazione e Avanzamento di Grado: I seminari sono spesso l’unica occasione per gli istruttori e gli studenti avanzati di essere testati per i gradi superiori. È molto comune che un istruttore italiano riceva la sua cintura nera di alto livello (es. 4° o 5° Dan) durante un seminario, dopo essere stato valutato dal Gran Maestro in visita. Questo mantiene la legittimità del grado.

  3. Rafforzamento dell’Ohana (Famiglia): Il seminario è un evento “pan-Kajukembo”. Praticanti dalle scuole KSDI di Roma, Milano e Palermo, e forse anche praticanti di WHKD (se il seminario è “aperto”), si riuniscono in un unico luogo. È l’unico momento in cui l’arcipelago” diventa “continente”. Si allenano insieme, sudano insieme, mangiano insieme. Questo rafforza il senso di appartenenza a un’Ohana globale che trascende la singola palestra.

  4. Sostentamento Economico: I seminari sono anche il modello di business che permette a questa arte di nicchia di sopravvivere, finanziando il viaggio del maestro e sostenendo l’organizzazione locale.

La “situazione italiana” è, quindi, una pratica costante e locale (nella propria ASD) punteggiata da questi picchi di connessione globale (i seminari).


Conclusione: Un Arcipelago Pragmatico

In sintesi, la “situazione del Kajukembo in Italia” è un riflesso fedele della sua filosofia: è pragmatica, decentralizzata e focalizzata sul lignaggio.

Non esiste un “Kajukembo Italiano” unificato, ma esistono scuole di Kajukembo in Italia.

Questa situazione è definita da tre pilastri:

  1. Affiliazione Tecnica (Lignaggio): Le scuole sono “isole” che appartengono a “continenti” globali, principalmente il KSDI (Original Method) e il WHKD (Dacascos Method).

  2. Affiliazione Legale (EPS): Queste scuole operano legalmente sul territorio italiano affiliandosi come ASD a un Ente di Promozione Sportiva (come CSEN, AICS, UISP), che fornisce la struttura legale, assicurativa e il riconoscimento dei diplomi richiesto dal CONI.

  3. Cultura di Connessione (Seminari): La vita della comunità, l’avanzamento di grado e la connessione con la “casa madre” sono mantenuti attraverso una vibrante cultura di seminari, dove i maestri globali visitano l’Italia per insegnare e validare i praticanti locali.

La situazione è quella di una nicchia piccola, ma appassionata e autentica, dove la qualità è preservata non da un’autorità burocratica, ma dalla dedizione diretta di ogni istruttore al proprio Gran Maestro e alla filosofia “del cemento” ereditata da Sijo Emperado.

TERMINOLOGIA TIPICA

La Lingua Ibrida di un’Arte Ibrida

Per comprendere appieno il Kajukembo, non è sufficiente studiare le sue tecniche; è indispensabile imparare la sua “lingua”. La terminologia di quest’arte marziale è un affascinante specchio della sua creazione: è un linguaggio ibrido, un “creolo” marziale che fonde termini provenienti da una moltitudine di culture, esattamente come le sue tecniche.

Ascoltare una lezione di Kajukembo è come assistere a una conversazione poliglotta. Nello spazio di pochi minuti, un istruttore può usare un termine cinese (come “Sifu”), poi uno giapponese (come “Kime”), seguito da uno hawaiano (come “Ohana”) e infine da un termine inglese (come “Combination” o “Street fighting”).

Questo apparente “Babel” di termini non è un segno di confusione, ma la prova più tangibile della filosofia “open source” dell’arte. A differenza delle arti tradizionali “pure”, che operano all’interno di un lessico singolo e unificato (il Judo è interamente giapponese, il Taekwondo è coreano), il Kajukembo ha pragmaticamente adottato il termine migliore per il concetto che voleva esprimere, indipendentemente dalla sua origine.

  • Dalla Cina (KEM/BO), ha preso la terminologia della gerarchia e della filosofia (Sifu, Kwoon).

  • Dal Giappone (KA/JU), ha preso la terminologia tecnica e descrittiva (Kata, Kuzushi, Kime).

  • Dalle Hawaii (la sua culla), ha preso i termini che ne definiscono l’anima (Ohana, Palama).

Un termine, in Kajukembo, non è mai solo una parola. È una “capsula” che contiene la storia, la filosofia e la tecnica di uno dei suoi pilastri fondanti. Analizzare questa terminologia significa, quindi, sezionare il DNA culturale dell’arte, termine per termine.

Questo capitolo esplorerà in profondità il lessico del Kajukembo, raggruppando i termini per funzione e origine, per svelare come questa lingua ibrida crei un’identità culturale unica e profondamente pragmatica.


PARTE I: LA GENEALOGIA DEL RISPETTO – I TITOLI GERARCHICI CINESI

La prima e più evidente scelta linguistica che distingue il Kajukembo da molte arti marziali popolari (come il Karate o il Taekwondo) è l’adozione quasi universale della terminologia gerarchica cinese (cantonese). Questo posiziona immediatamente l’arte, dal punto di vista culturale, più vicina al Kung Fu e al Kenpō che al Karate giapponese.

Questa scelta, fatta da Sijo Emperado (il cui background era nel Kenpō/Kung Fu), ha profonde implicazioni filosofiche. I termini giapponesi (come “Sensei”) hanno una connotazione accademica, quasi da “insegnante di scuola”. I termini cinesi (come “Sifu”) implicano una relazione paterna, un legame di discepolato che si allinea perfettamente con il concetto hawaiano di “Ohana” (famiglia).

Sijo (Il Fondatore / Patriarca)

  • Etimologia e Definizione: “Sijo” è un termine cinese (spesso romanizzato dal cantonese Si Jo o Cho), che significa “Antenato Fondatore”, “Patriarca” o “Fondatore del Sistema”. È un titolo di riverenza profonda.

  • Applicazione nel Kajukembo: Questo termine è forse il più sacro e specifico di tutto il lessico. Nel Kajukembo, il titolo di “Sijo” non è un “grado” (come 10° Dan) che si può ottenere. È un fatto storico. È usato per riferirsi a un solo uomo: Adriano D. Emperado.

  • Analisi Filosofica: L’uso di “Sijo” al posto di altri termini (come il giapponese “Kaiso” o “Shodai Soke”) è significativo. “Sijo” ha una connotazione di “clan” o “famiglia”. Posiziona Emperado come il “Patriarca” letterale di una vasta famiglia marziale. Tutti i praticanti di Kajukembo, indipendentemente dal loro stile o dalla loro organizzazione, sono considerati “discendenti” del Sijo. Questo termine unifica un’arte altrimenti frammentata. Se due maestri di rami diversi (es. KSDI e Wun Hop Kuen Do) non sono d’accordo su nulla, saranno d’accordo su una cosa: entrambi praticano l’arte del Sijo.

  • Implicazioni Pratiche: Chiamare Emperado “Sijo” è un atto di rispetto del lignaggio. È il riconoscimento che la propria autorità di insegnare deriva, in una catena ininterrotta, da lui. È un titolo postumo di riverenza eterna che non può essere trasmesso. Non ci sarà mai un altro “Sijo” del Kajukembo.

Sigung (Il “Nonno Maestro” / Gran Maestro)

  • Etimologia e Definizione: Termine cantonese (Si Gung) che significa letteralmente “Nonno Maestro” o “Padre del Maestro”. È il titolo usato per rivolgersi al maestro del proprio Sifu.

  • Applicazione nel Kajukembo: Questo termine è diventato il titolo de facto per un “Gran Maestro”. Non è legato solo alla relazione con il proprio Sifu. Un “Sigung” è un maestro di altissimo livello (spesso 8°, 9° o 10° Dan) che ha dedicato la sua vita all’arte e, cosa più importante, ha promosso i propri studenti al grado di Sifu (Maestro). È un “creatore di maestri”.

  • Analisi Filosofica: L’uso di “Sigung” (Nonno Maestro) rafforza la metafora della “famiglia” (Ohana). Il Sijo è il Patriarca. Il Sigung è il “capofamiglia” di un intero ramo (branch) di quella famiglia. Figure come Charles Gaylord, Al Dacascos, Tony Ramos e Sid Asuncion non erano solo “Sifu”; hanno raggiunto il livello di “Sigung” quando i loro studenti sono diventati a loro volta Sifu, creando le proprie scuole e diffondendo il loro specifico metodo (il Gaylord’s Method, il WHKD, ecc.).

  • Implicazioni Pratiche: Rivolgersi a un Gran Maestro come “Sigung” è un atto di riconoscimento della sua posizione all’interno della genealogia. È il riconoscimento che la sua autorità non deriva solo dalla sua abilità personale, ma dalla sua responsabilità di essere un “custode” del lignaggio per un’intera generazione di maestri.

Sifu (Il “Padre Maestro” / Maestro Istruttore)

  • Etimologia e Definizione: Termine cantonese (Si Fu) composto da due caratteri: “Si” (insegnante, maestro) e “Fu” (padre). Il significato letterale è “Padre Maestro”.

  • Applicazione nel Kajukembo: Questo è il termine più comune per un istruttore qualificato e capo di una scuola, tipicamente un grado di cintura nera (spesso dal 3° Dan in su, a seconda dell’organizzazione). È il termine che gli studenti usano per rivolgersi al loro insegnante principale.

  • Analisi Filosofica (Sifu vs. Sensei): Questa è una delle scelte terminologiche più importanti. Il Kajukembo avrebbe potuto facilmente adottare il termine giapponese “Sensei” (che significa “colui che è venuto prima”), proveniente dai suoi rami KA e JU. La scelta del termine “Sifu” (KEM/BO) è stata deliberata.

    • Un “Sensei” è una figura rispettata ma potenzialmente distaccata, un “insegnante”.

    • Un “Sifu” è una figura paterna. Questa scelta implica che la relazione tra insegnante e studente non è transazionale (come “cliente” e “fornitore di servizi” in una palestra moderna). È una relazione di discepolato. Il Sifu non è responsabile solo della crescita tecnica dello studente, ma anche della sua crescita morale e del suo carattere. In cambio, lo studente deve al Sifu lealtà (un concetto chiave nell’Ohana) e rispetto.

  • Implicazioni Pratiche: L’uso di “Sifu” imposta il tono dell’ambiente di allenamento. È un ambiente di famiglia estesa, disciplinato e gerarchico. Lo studente non si sta solo “allenando con Tizio”; sta “imparando dal Sifu”.

Simu (La “Madre Maestra”)

  • Etimologia e Definizione: Termine cantonese (Si Mu o Si Mo) che significa “Madre Maestra”. È il termine usato per la moglie del proprio Sifu o per una maestra di sesso femminile.

  • Applicazione nel Kajukembo: Con la crescita dell’arte e l’aumento del numero di donne che raggiungono il grado di maestro, “Simu” è usato per riferirsi a una maestra capo di una scuola. È l’equivalente diretto di “Sifu”.

  • Analisi Filosofica: L’esistenza e l’uso di questo termine è significativo. Riconosce la leadership femminile ai massimi livelli, mantenendo la metafora della “famiglia” (Padre Maestro e Madre Maestra) che è al centro della struttura sociale dell’arte.

Sibak e Sidai (I Fratelli Marziali)

  • Etimologia e Definizione: “Sibak” (Cantonese: Si Baak) significa “Zio Maggiore” (Fratello Maggiore del Sifu) ed è usato per riferirsi a uno studente più anziano (Sempai in giapponese). “Sidai” (Cantonese: Si Dai) significa “Fratello Minore” (Kohai in giapponese).

  • Applicazione nel Kajukembo: Questi termini rafforzano ulteriormente la gerarchia familiare. Il “Sibak” è lo studente anziano, l’assistente istruttore. Non è il “Sifu”, ma agisce come suo delegato, responsabile di guidare il riscaldamento, correggere i principianti e mantenere la disciplina. È il “fratello maggiore” responsabile.

  • Implicazioni Pratiche: Questa terminologia crea un sistema di tutoraggio. Il principiante (Sidai) impara non solo dal Sifu, ma anche dal suo Sibak, creando una catena di trasmissione della conoscenza efficiente e personale.


PARTE II: LA LINGUA DEL LUOGO – I TERMINI HAWAIANI

Sebbene il Kajukembo sia stato creato da un gruppo multietnico e utilizzi principalmente termini cinesi e giapponesi, la sua “anima” è hawaiana. È nato nelle Hawaii, e due termini specifici del luogo sono penetrati nel lessico, diventando parole chiave che definiscono l’identità unica dell’arte.

Ohana (La Famiglia Marziale)

  • Etimologia e Definizione: Termine hawaiano che significa “Famiglia”. È importante notare che, nella cultura hawaiana, “Ohana” non significa solo la famiglia nucleare (genitori e figli). Si riferisce a un concetto molto più ampio: la famiglia estesa, il “clan”, che include parenti di sangue, parenti acquisiti e amici intimi adottati nella cerchia familiare. È un legame basato sulla lealtà, la responsabilità reciproca e la connessione spirituale.

  • Applicazione nel Kajukembo: “Ohana” è forse il termine non tecnico più importante di tutto il Kajukembo. È il “software” filosofico che permette all’arte di funzionare.

  • Analisi Filosofica: La pratica del Kajukembo, specialmente nei lignaggi tradizionali, è dura (come descritto nel Punto 9). Include condizionamento fisico doloroso (Kote Kitae), sparring a contatto pieno e la pratica di tecniche pericolose (difesa da coltello, leve articolari). Questo tipo di allenamento non può essere praticato in sicurezza con “estranei” o “rivali”. Si trasforma rapidamente in un’aggressione o in un infortunio. L’unico modo per allenarsi in questo modo è all’interno di un quadro di fiducia assoluta. Il concetto di “Ohana” fornisce questa struttura. Il tuo partner di allenamento non è il tuo “avversario”; è tuo “fratello” o “sorella” marziale. Il suo obiettivo non è “vincerti” o “ferirti”; il suo obiettivo è “temprarti” (renderti più forte) con la consapevolezza che tu farai lo stesso per lui.

  • Implicazioni Pratiche: L’uso del termine “Ohana” definisce la cultura del dojo.

    • Lealtà: Ci si aspetta una forte lealtà verso il proprio Sifu e i propri compagni.

    • Supporto Reciproco: L’Ohana si estende oltre il tatami. Ci si aspetta che i membri si aiutino a vicenda nella vita, se necessario.

    • Assenza di Ego: L'”ego da palestra” (il giovane che vuole “vincere” ogni round di sparring) è visto come un cancro e viene rapidamente estirpato, perché viola il principio dell’Ohana. L’obiettivo è l’apprendimento collettivo, non la vittoria individuale.

    • È la fusione del “Sifu” (Padre Maestro) cinese con l'”Ohana” (Famiglia) hawaiana che crea l’ambiente di apprendimento unico del Kajukembo.

Palama (Le Forme del “Cemento”)

  • Etimologia e Definizione: “Palama” è il nome di un quartiere specifico di Honolulu, Hawaii: il Palama Settlement. Come descritto nel Punto 3, questo era il quartiere povero e violento dove Sijo Emperado è cresciuto e dove è stato fondato il KSDI.

  • Applicazione nel Kajukembo: Questo termine è usato per descrivere le 14 forme (Kata) fondamentali del curriculum “Original Method”. Invece di dare loro nomi poetici giapponesi (come “Kanku Dai” – Guardando il Cielo) o cinesi (come “Tigre e Gru”), Sijo Emperado ha dato loro il nome del ghetto da cui provenivano: i “Palama Sets”.

  • Analisi Filosofica: Questa è stata una scelta linguistica radicale e geniale. È un atto di umiltà e un monito costante.

    • Rifiuto della Mistificazione: Ha privato le forme di qualsiasi misticismo. Non stai praticando un antico rituale monastico.

    • Promemoria della Finalità: Ogni volta che uno studente pratica un “Palama Set”, il nome stesso gli ricorda perché sta praticando. Non è per la bellezza o per vincere un torneo; è per sopravvivere in un luogo come il Palama Settlement. Il nome è un promemoria costante del “cemento”.

  • Implicazioni Pratiche: L’uso del termine “Palama” impone un certo tipo di esecuzione. Un “kata” può essere eseguito in modo bello e fluido. Un “Palama” deve essere eseguito in modo brutale, pragmatico e “sporco”. L’intento deve essere quello del “cemento”. Il termine stesso è uno strumento pedagogico che definisce l’attitudine.


PARTE III: IL LESSICO CINO-HAWAIANO – IL MOTORE (KEM)

Il cuore tecnico del Kajukembo è il Kenpō (KEM). Questo lessico deriva dalla fusione del Kenpō di Mitose (giapponese) e del Kung Fu (cinese) di Chow, entrambi filtrati attraverso l’ambiente hawaiano.

Kenpō / Kempo (La Legge del Pugno)

  • Etimologia e Definizione: Termine giapponese (Kenpō o Kempō) che significa “Legge del Pugno” o “Metodo del Pugno”. È, tuttavia, la lettura giapponese dei caratteri cinesi “Ch’uan Fa”.

  • Applicazione nel Kajukembo: Questo è il termine per il pilastro “KEM”. Rappresenta il nucleo dello striking del sistema, ereditato da Sijo Emperado attraverso il suo maestro, William Chow.

  • Analisi Filosofica: L’uso di questo termine è la chiave per capire l’identità ibrida. L’arte che Sijo imparò era già un ibrido (cino-giapponese). Il termine “Kenpō” rappresenta perfettamente questa fusione: un nome giapponese per un’arte cinese.

  • Implicazioni Pratiche: Quando nel Kajukembo si parla di “Kenpō”, non ci si riferisce a uno stile generico, ma a un corpus tecnico specifico:

    • Raffiche (Flurries): L’uso di combinazioni veloci e travolgenti.

    • Economia del Movimento: L’idea che ogni blocco sia un colpo.

    • Armi della Mano: L’uso di tutta la mano (mano a lama, pugno a martello, pugno a leopardo) come arsenale. Il termine “Kenpō” è il codice per il “motore” offensivo del sistema.

Ch’uan Fa (Il Contributo del Kung Fu)

  • Etimologia e Definizione: Termine cinese (mandarino) per “Metodo del Pugno”, l’equivalente letterale di “Kenpō”. Spesso usato come sinonimo di “Kung Fu”.

  • Applicazione nel Kajukembo: Questo termine è la “BO” nell’acronimo KA-JU-KEM-BO. Rappresenta il contributo del Maestro Clarence Chang (Kung Fu Sil-Lum) e, in misura più ampia, la componente di Pugilato (Boxing) e le radici cinesi più “morbide” del Kenpō.

  • Implicazioni Pratiche: “Ch’uan Fa” nel lessico del Kajukembo si riferisce ai principi “morbidi” (Yin) che bilanciano la “durezza” (Yang) del KA e del KEM. Questi includono:

    • Movimenti Circolari: Parate e deviazioni fluide.

    • Tecniche “Sporche” (Dirty Fighting): Colpi agli occhi, alla gola, leve alle dita, derivati dagli stili animali (Tigre, Serpente, Gru).

    • Lavoro di Gambe Evasivo: Movimenti più fluidi e angolati.

Kwoon (Il Luogo di Allenamento)

  • Etimologia e Definizione: Termine cantonese per “sala” o “palestra”, specificamente per le arti marziali.

  • Applicazione nel Kajukembo: Usato come sinonimo del termine giapponese “Dojo”.

  • Analisi Filosofica: La scelta di un Sifu di chiamare la sua scuola un “Kwoon” invece di un “Dojo” è una dichiarazione di intenti.

    • “Dojo” (Dōjō) significa “Luogo della Via”. Ha una connotazione quasi religiosa o spirituale, legata al “Do” (la Via) giapponese.

    • “Kwoon” è un termine più pragmatico. È la “sala di allenamento”. L’uso di “Kwoon”, insieme a “Sifu” e “Sigung”, segnala una forte aderenza alla struttura culturale e filosofica cinese (Kenpō/Kung Fu) del sistema.

Chin Na (L’Arte del Controllo)

  • Etimologia e Definizione: Termine cinese (mandarino) che significa “Afferrare e Controllare”.

  • Applicazione nel Kajukembo: Si riferisce alla scienza sofisticata delle leve articolari e delle manipolazioni. È il “Jujitsu” cinese.

  • Implicazioni Pratiche: Sebbene il Kajukembo abbia il “JU” (Jujitsu), il termine “Chin Na” è spesso usato per descrivere le leve più “raffinate” e “sporche” del sistema KEM/BO:

    • Leve alle Piccole Articolazioni: Leve ai polsi e, soprattutto, alle dita, progettate per causare dolore immediato e paralizzante.

    • Prese ai Punti di Pressione: Afferrare e stringere i fasci nervosi o i tendini per controllare l’avversario. “Chin Na” è la terminologia per il grappling “rapido” e doloroso, usato nel mezzo di una raffica di colpi (KEM) per controllare un arto.

Dim Mak (Il Tocco della Pressione)

  • Etimologia e Definizione: Termine cinese (cantonese) che significa “Tocco del Punto” o “Tocco della Pressione”. Nella mitologia popolare, è il “tocco della morte”.

  • Applicazione nel Kajukembo: Il Kajukembo è un’arte pragmatica e rifiuta il misticismo. “Dim Mak” non è il “tocco della morte”. È il termine lessicale per il pragmatico attacco ai punti vitali e ai nervi.

  • Implicazioni Pratiche: Questo è il lessico per le tecniche “sporche” (BO) e di Kenpō (KEM) progettate per terminare uno scontro. Rappresenta:

    • Colpi ai Nervi: Colpire il nervo ulnare (gomito), il nervo radiale (avambraccio) o il nervo peroneo (gamba) per causare una disfunzione motoria.

    • Colpi ai Punti Vitali: Colpi mirati con precisione (spesso con nocche singole o punte delle dita) al plesso solare, ai lati del collo (carotide), alle tempie, alla base del cranio. Il termine “Dim Mak” è la codifica dell’arsenale “da strada” più letale del sistema.


PARTE IV: IL LESSICO CINO-GIAPPONESE – LA STRUTTURA (KA E JU)

Questo è il paradosso linguistico: il Kajukembo adotta la gerarchia cinese (Sifu) ma, per la descrizione tecnica quotidiana, fa un uso massiccio del lessico giapponese, ereditato dai pilastri KA (Karate) e JU (Judo/Jujitsu). Questo perché il vocabolario giapponese per le arti marziali è incredibilmente preciso, standardizzato e funzionale.

Termini dal Pilastro “KA” (Karate)

  • Dachi (Posizione): Il termine generico per “posizione” (es. Kiba Dachi – posizione del cavaliere, Zenkutsu Dachi – posizione anteriore).

  • Keri / Geri (Calcio): Il termine generico per “calcio” (es. Mae Geri – calcio frontale, Yoko Geri – calcio laterale, Mawashi Geri – calcio circolare).

  • Uke (Parata): Il termine per “parata” o “blocco” (es. Age Uke – parata alta, Gedan Barai – parata bassa).

  • Kime (Focus): Questo è un termine filosofico-tecnico cruciale. “Kime” significa “potere focale”. È il principio del Karate di concentrare tutta l’energia (fisica e mentale) del corpo in un singolo punto, in un singolo istante di impatto. È la “durezza” (Yang) del sistema. L’allenamento “Kime” (eseguire una tecnica con tensione totale) è fondamentale nell’Original Method.

  • Makiwara (Palo per Colpire): Il tradizionale attrezzo di condizionamento di Okinawa/Karate, usato per temprare le mani e i piedi.

Termini dal Pilastro “JU” (Judo/Jujitsu)

  • Kuzushi (Sbilanciamento): Questo è il termine filosofico-tecnico più importante del pilastro “JU”. Significa “rompere l’equilibrio”. È il prerequisito per ogni proiezione. Il Kajukembo ha ibridato questo concetto: il Kuzushi può essere ottenuto non solo tirando (come nel Judo), ma anche colpendo (KEM/BO).

  • Nage (Proiezione): Il termine generico per “proiezione” (es. O Goshi – grande proiezione d’anca, Seoi Nage – proiezione sulla spalla).

  • Kansetsu Waza (Tecniche Articolari): Il termine per “leve articolari”. Questo è il “Chin Na” giapponese.

  • Shime Waza (Tecniche di Strangolamento): Il termine per strangolamenti e soffocamenti (es. Hadaka Jime – Rear Naked Choke).

  • Ne Waza (Tecniche a Terra): Il termine per il combattimento al suolo.

  • Ukemi (Tecnica di Caduta): Il termine per l’arte di cadere in sicurezza. Nel Kajukembo, questo è un termine vitale, poiché l’allenamento “da cemento” insegna che una cattiva Ukemi su una proiezione (Nage) è la fine del combattimento.

Termini Comuni di Allenamento (Giapponesi)

L’ambiente della lezione di Kajukembo è strutturato da una cadenza di comandi giapponesi, che creano disciplina e ordine.

  • Dojo (Luogo della Via): Come “Kwoon”, usato per la sala di allenamento.

  • Gi (Uniforme): L’uniforme da allenamento (che, curiosamente, nel Kajukembo è nera).

  • Obi (Cintura): La cintura che indica il grado.

  • Sensei (Insegnante): Sebbene “Sifu” sia più comune per il capo istruttore, “Sensei” è spesso usato in modo intercambiabile o per rivolgersi ad altri istruttori di cintura nera all’interno della scuola.

  • Sempai / Kohai (Anziano / Giovane): Come “Sibak / Sidai”, usati per la gerarchia in classe.

  • Ritsurei (Saluto in Piedi): Il saluto formale.

  • Seiza (Posizione Seduta): La posizione formale in ginocchio per la meditazione o il saluto.

  • Mokuso (Meditazione): Il comando per iniziare la meditazione silenziosa (spesso all’inizio e alla fine della lezione).

  • Hajime (Inizio): Il comando per iniziare un esercizio o lo sparring.

  • Yame (Stop): Il comando per fermarsi.

  • Kiai (Urlo Spirituale): L’urlo esplosivo usato durante una tecnica (Kime) per focalizzare l’energia.

  • Kumite (Sparring): “Incontro di mani”, il termine per lo sparring.

  • Kata (Forma): Usato come sinonimo di “Palama”.


PARTE V: IL LESSICO INGLESE E PRAGMATICO – LA LINGUA DEL “CEMENTO”

Infine, il Kajukembo è un’arte americana. Nata in un territorio americano (Hawaii) e fiorita sulla terraferma americana (California). Il suo linguaggio operativo quotidiano è l’Inglese. I termini cinesi e giapponesi sono usati per i concetti chiave, ma l’istruzione è in inglese (o, in Italia, in italiano).

Questo ha creato un lessico “pragmatico” che è unicamente Kajukembo.

Combinations (Combinazioni)

  • Definizione: Questo è un termine fondamentale. Una “Combination” (spesso chiamata “Combo”) non è solo una “combinazione” di colpi come nella boxe (es. 1-2-3). Nel Kajukembo, è una sequenza di autodifesa pre-impostata.

  • Applicazione: Il curriculum è organizzato per “Combinations”. “Grab Art #1”, “Punch Counter #4”, “Club Defense #2”. Questi sono i “mattoni” che compongono i “Palamas”. Sono mini-forme, ognuna una risposta a uno scenario specifico. L’uso di un termine inglese, pragmatico e non mistico, è tipico della mentalità dell’arte.

Flurries (Raffiche)

  • Definizione: Un termine “KEM” (Kenpō). Una “flurry” è una raffica esplosiva e travolgente di colpi.

  • Applicazione: Si riferisce alla strategia centrale del Kenpō: sovraccaricare il sistema nervoso dell’avversario con 5-10 colpi in un secondo, piuttosto che con un singolo colpo di potenza.

Checking (Controllo)

  • Definizione: Un altro termine Kenpō. Il “checking” è l’atto di usare la mano “passiva” (di solito la sinistra) per controllare (toccare, afferrare, appuntare) un arto dell’avversario mentre la mano “attiva” (destra) sta colpendo.

  • Applicazione: “Check his arm!” è un comando comune. Significa: non lasciarlo libero di colpirti mentre tu lo stai colpendo. È un principio fondamentale che fonde il “trapping” (KEM) e il “grappling” (JU).

Dirty Fighting (Combattimento Sporco)

  • Definizione: Questo non è un termine dispregiativo; è un termine tecnico.

  • Applicazione: Si riferisce all’intero arsenale di tecniche “BO” (Ch’uan Fa) che sono illegali in qualsiasi sport ma essenziali per la sopravvivenza: colpi agli occhi (eye-gouges), colpi alla gola, morsi, colpi all’inguine, leve alle dita. L’uso aperto del termine “Dirty Fighting” dimostra il rifiuto dell’arte di aderire a una sportività che potrebbe essere fatale sulla strada.

Street Fighting (Combattimento da Strada)

  • Definizione: Il contesto operativo dell’arte.

  • Applicazione: Questo termine è usato per distinguere l’allenamento da quello “sportivo”. “Nello sport, faresti X. Nel combattimento da strada (street fighting), fai Y”. È il termine che giustifica l’intero arsenale: perché si usano colpi “sporchi”, perché si evita di rimanere a terra (per paura di altri aggressori), perché si pratica la difesa da armi.

Conclusione: Il Linguaggio dell’Efficacia

La terminologia tipica del Kajukembo è un “documento vivente” della sua storia e della sua filosofia. È una lingua ibrida creata per uno scopo ibrido.

Un praticante di Kajukembo è un poliglotto marziale:

  • Si rivolge al suo “Sifu” (Cinese) con la lealtà di un “Ohana” (Hawaiano).

  • Pratica il suo “Palama” (Hawaiano) o “Kata” (Giapponese).

  • Si sforza di ottenere il “Kime” (Giapponese) nei suoi colpi, che spesso sono “Flurries” (Inglese).

  • Integra il “Kuzushi” (Giapponese) nel suo “Chin Na” (Cinese).

  • E si prepara per lo “Street Fighting” (Inglese) usando il “Dirty Fighting” (Inglese) codificato nel “Dim Mak” (Cinese).

Questo lessico non è confuso. È completo. È l’unica lingua in grado di descrivere un’arte marziale che ha avuto il coraggio di prendere l’efficacia da ogni cultura, scartando solo l’unica cosa che riteneva inutile: il dogma di una lingua sola.

ABBIGLIAMENTO

L’Uniforme come Dichiarazione d’Intenti

L’abbigliamento del Kajukembo è, come l’arte stessa, un paradosso avvincente. È una dichiarazione d’intenti, un manifesto filosofico indossato sul corpo. A prima vista, un’arte fondata sul rifiuto del dogma e sull’efficacia del “cemento” (la mentalità da strada) non dovrebbe avere affatto un’uniforme. L’idea di un Gi (l’uniforme tradizionale delle arti marziali) sembra essere un’eredità del passato, un rituale che Sijo Emperado e la Black Belt Society avrebbero dovuto scartare insieme alle tecniche inefficaci.

Eppure, l’uniforme del Kajukembo esiste, ed è uno degli aspetti più iconici e riconoscibili dell’arte. La sua persistenza non è un segno di contraddizione, ma la prova che, nel Kajukembo, ogni elemento, incluso l’abbigliamento, è stato analizzato, smontato e ri-funzionalizzato con uno scopo pragmatico.

L’abbigliamento del Kajukembo non è un abito sacro; è un “abito da lavoro”. È uno strumento di allenamento, un simbolo di identità e un pezzo di equipaggiamento psicologico.

Questo capitolo analizzerà in profondità i tre componenti principali dell’abbigliamento del Kajukembo:

  1. Il Gi (L’Uniforme): L’indumento fisico, con la sua forma, il suo taglio e il suo colore rivoluzionario.

  2. L’Obi (La Cintura): Il sistema di graduazione e il suo significato filosofico e gerarchico.

  3. Le Patch (Gli Emblemi): La “storia” semiotica che trasforma l’uniforme in un curriculum visivo.

Analizzando questi elementi, si scopre che l’abbigliamento del Kajukembo non è un’eccezione alla sua filosofia pragmatica, ma forse ne è l’espressione più pura e visibile.


PARTE I: L’UNIFORME PRAGMATICA – LA FUNZIONE DEL GI NEL SISTEMA IBRIDO

Il termine “Gi” (pronunciato “ghi”) deriva dal giapponese “Keikogi” (abito da allenamento). È l’indumento di tela pesante, composto da giacca (Uwagi) e pantaloni (Zubon), reso famoso dal Judo e dal Karate. La prima domanda che un pragmatico si porrebbe è: perché Sijo Emperado, il cui background includeva Escrima e Pugilato (praticati in abiti civili), ha mantenuto il Gi?

La risposta è che il Gi non è un abito “tradizionale”; è uno strumento di allenamento essenziale per un’arte che contiene i pilastri JU (Judo/Jujitsu) e KEM (Kenpō).

Il Gi come Strumento di Grappling (L’Eredità “JU”)

L’errore più comune è pensare che l’autodifesa “da strada” sia solo “No-Gi” (senza uniforme). La realtà del “cemento” è che le persone indossano vestiti. Gli aggressori indossano giacche di pelle, felpe con cappuccio, magliette pesanti.

L’allenamento con il Gi è la simulazione più vicina a questo scenario. Il Gi del Kajukembo è uno strumento didattico che insegna al praticante a:

  • Controllare l’Abbigliamento: Insegna come afferrare un bavero (l’equivalente della giacca di un aggressore) per controllare il suo equilibrio e la sua struttura.

  • Applicare Leve sull’Abbigliamento: Molte tecniche di Jujitsu (JU) e di controllo del Kenpō (KEM) non si basano solo sull’arto, ma sull’uso del materiale.

  • Eseguire Strangolamenti (Shime Waza): Una parte fondamentale dell’arsenale “JU” sono gli strangolamenti che utilizzano il bavero (come lo “strangolamento incrociato” o “Juji Jime”). Allenarsi con il Gi insegna a riconoscere e utilizzare l’abbigliamento come un’arma, sia in attacco che in difesa.

  • Difendersi dalle Prese: Il Gi insegna come “rompere” (break grips) le prese di un aggressore che ha afferrato la nostra giacca o maglietta, un evento comune in una rissa.

Senza il Gi, un intero capitolo del pilastro “JU” del sistema andrebbe perduto. Il Kajukembo, a differenza delle MMA sportive moderne, non si è evoluto in un’arte puramente “No-Gi”. Ha mantenuto il Gi proprio perché è pragmatico per uno scenario di autodifesa in cui gli aggressori sono vestiti.

Il Gi come Strumento di Condizionamento (L’Eredità “KA/KEM”)

Il Gi ha una seconda funzione pragmatica: è un’armatura leggera che permette un allenamento altrimenti impossibile. Come descritto nel Punto 9, una parte fondamentale dell’allenamento tradizionale del Kajukembo è il Kote Kitae (condizionamento degli avambracci) e il condizionamento generale del corpo.

L’allenamento “Gi contro Gi” è diverso dal contatto “pelle contro pelle”.

  • Protezione dall’Abrasione: Il cotone pesante del Gi previene le abrasioni, i tagli e le escoriazioni che deriverebbero da un allenamento così intenso e a contatto se praticato a torso nudo o con magliette leggere. Permette ai praticanti di “colpirsi” (in modo controllato) e di praticare leve e proiezioni ripetutamente senza distruggere la propria pelle.

  • Resistenza: Muoversi e combattere in un Gi pesante e intriso di sudore (che può arrivare a pesare diversi chili in più) è un allenamento di condizionamento di per sé. Aumenta la resistenza cardiovascolare e la forza funzionale, un concetto che Sijo Emperado riteneva fondamentale.

Il Gi come Strumento Psicologico (L’Uniforme della “Forgia”)

Infine, il Gi ha una funzione rituale e psicologica cruciale. È l’atto di “indossare” l’uniforme che segna la transizione psicologica dal mondo civile al “Kwoon” (la sala di allenamento).

  • Cancellazione dello Status: All’interno del Kwoon, non ci sono medici, avvocati, operai o studenti. Ci sono solo praticanti di Kajukembo, tutti che indossano lo stesso “abito da lavoro”. Il Gi è un equalizzatore sociale. Questa neutralizzazione dello status esterno è il primo passo per costruire la vera gerarchia interna (basata sull’esperienza e sul carattere) e il senso di Ohana (Famiglia).

  • Focus Mentale: L’atto fisico di indossare il Gi e allacciare la cintura (Obi) è un rituale. È un segnale al cervello per “lasciare l’ego alla porta”, per svuotare la mente dalle preoccupazioni quotidiane e per entrare nello stato mentale di disciplina, rispetto e concentrazione totale (Mokuso) richiesto dalla “forgia”.

Il Gi, quindi, non è un residuo del passato. È uno strumento di allenamento per il grappling (JU), uno scudo per il condizionamento (KA/KEM) e un catalizzatore psicologico per l’Ohana.


PARTE II: LA RIVOLUZIONE NERA – SIMBOLOGIA E PRAGMATISMO DEL COLORE

L’aspetto più iconico e rivoluzionario dell’abbigliamento del Kajukembo è il suo colore: il nero.

Nel mondo delle arti marziali degli anni ’40 e ’50, dominato dalla tradizione giapponese, questa fu una scelta radicale, una vera e propria dichiarazione di rottura. Per capire il nero, bisogna prima capire il bianco che ha rifiutato.

Il Rifiuto del Bianco (Purezza e Sport)

L’uniforme bianca (Shirogi), adottata da Jigoro Kano per il Judo e successivamente dal Karate, è carica di simbolismo dello Shintoismo e del Buddismo Zen.

  • Purezza (Shiro): Il bianco è il colore della purezza, della divinità, della pulizia.

  • La Tela Bianca: Simboleggia l’umiltà del principiante, una “tela bianca” pronta a ricevere la conoscenza.

  • Simbolo di Pace: È un abbigliamento che si distanzia dall’aspetto “guerriero” e si avvicina a quello “spirituale” o “sportivo” (Do = La Via).

La scelta di Sijo Emperado di non adottare il bianco è stata una dichiarazione filosofica. Il Kajukembo non nasceva dalla ricerca della purezza spirituale o della competizione sportiva. Nasceva dalla necessità sporca, caotica e violenta del “cemento”.

La Leggenda Pragmatica: Nascondere lo Sporco e il Sangue

La spiegazione più famosa, e più in linea con la filosofia dell’arte, è puramente pragmatica. È l’aneddoto che definisce l’abbigliamento Kajukembo.

Il KSDI originale si trovava nel Palama Settlement. Gli allenamenti non si svolgevano su tatami immacolati puliti a vapore. Si svolgevano in garage, cortili, parchi e su pavimenti che erano tutt’altro che puliti. Un Gi bianco sarebbe stato marrone di sporcizia dopo dieci minuti di allenamento, specialmente con gli esercizi di caduta (Ukemi) e di combattimento a terra (Ne Waza).

Inoltre, l’allenamento “Original Method” era brutale. Come descritto nel Punto 9, il contatto era pieno e il condizionamento severo. Nasi rotti, labbra spaccate e abrasioni non erano incidenti rari; erano parte del processo di “tempra”.

Il Gi nero era la soluzione geniale e pragmatica a entrambi i problemi:

  1. Nasconde lo Sporco: Permetteva ai praticanti di allenarsi duramente in ambienti realistici senza doversi preoccupare dell’estetica dell’uniforme.

  2. Nasconde il Sangue: Un aspetto psicologico e pratico. Non solo evitava di macchiare permanentemente l’uniforme, ma rimuoveva anche la distrazione visiva del sangue, permettendo all’allenamento di continuare e temprando gli studenti all’aspetto cruento del combattimento.

Questa scelta, apparentemente semplice, è una capsula perfetta della filosofia Kajukembo: l’efficacia pragmatica vince sulla tradizione estetica.

Il Simbolismo Filosofico del Nero (L’Ombra e lo Yin)

Oltre al pragmatismo, il nero ha un simbolismo profondo che si adatta perfettamente alla filosofia dell’arte. Se il bianco è la luce, la purezza e lo Yang (l’aspetto visibile, manifesto), il nero è l’opposto.

  • Il Colore dello Yin: Il nero è lo Yin: il nascosto, il profondo, il vuoto, l’ignoto. Rappresenta l’ammissione che l’autodifesa non è un’attività “luminosa” o “nobile”. È un’immersione necessaria nel lato “oscuro” della natura umana: la violenza, la paura, la sopravvivenza.

  • Il Colore del “Cemento”: Il nero è il colore dell’asfalto, della notte, del vicolo buio. È il colore del “cemento”. Indossare il nero è un promemoria costante del contesto per cui ci si allena.

  • Rifiuto della Sportività: È un colore che rigetta la sportività. È serio, quasi funereo. Comunica gravità, non gioco.

  • Il Simbolo del Maestro: Nella filosofia taoista, il nero (il vuoto) è anche il colore della conoscenza ultima, l’assorbimento di tutti gli altri colori (il culmine del sistema di cinture). Indossare un Gi nero fin dall’inizio (dalla cintura bianca) è un paradosso: lo studente inizia il suo viaggio già avvolto nel simbolo del suo obiettivo finale, un promemoria costante della serietà del percorso.

L’Impatto Psicologico (L’Uniforme del “Guerriero Pragmatico”)

L’abbigliamento influenza chi lo indossa. C’è una psicologia nel vestire.

  • Per chi lo Indossa: Indossare un Gi nero induce uno stato mentale diverso da un Gi bianco. Si sente meno come uno “studente” e più come un “operativo”. C’è un senso di serietà, di “business”. Non ci si sta allenando per la bellezza; ci si sta allenando per la funzione.

  • Per chi lo Vede: Il Gi nero è, innegabilmente, intimidatorio. Proietta un’immagine di autorità, potenza e serietà. Questo si lega all’influenza del Kenpō americano (come quello di Ed Parker), che ha anch’esso abbracciato il nero per creare un’identità visiva distintiva, moderna e “dura”, in netto contrasto con i suoi antenati giapponesi.

Il Gi nero del Kajukembo è, quindi, un ibrido di pragmatismo (nasconde lo sporco) e filosofia (incarna la serietà del “cemento”), diventando il simbolo visivo più potente dell’identità unica dell’arte.


PARTE III: L’OBI (CINTURA) – LA MAPPA GERARCHICA E FILOSOFICA

Il secondo componente fondamentale dell’abbigliamento è l’Obi (cintura). In un’arte che cancella lo status sociale con il Gi nero, la cintura reintroduce una gerarchia, ma è una gerarchia di esperienza e responsabilità, non di potere. È la mappa che permette di navigare la “famiglia” (Ohana).

La cintura ha due funzioni:

  1. Funzione Pratica: Tenere chiusa la giacca (Uwagi).

  2. Funzione Gerarchica: Indicare il livello di conoscenza, abilità e, soprattutto, responsabilità dello studente.

Il Sistema dei Colori: Il Percorso dalla Luce all’Oscurità (e Ritorno)

Il sistema di graduazione del Kajukembo è un percorso filosofico rappresentato dai colori. Sebbene le specifiche esatte possano variare leggermente tra le organizzazioni (alcune usano strisce, altre no), il percorso archetipico è una metafora della crescita.

  • Cintura Bianca (Shiro Obi): La Nascita / L’Ignoranza Pura

    • Filosofia: Rappresenta la purezza, l’innocenza e l’ignoranza. È la “tela bianca” (o, nel Kajukembo, il seme piantato nella terra nera). Lo studente bianco non sa nulla e, cosa più importante, sa di non sapere nulla. La sua unica responsabilità è assorbire.

    • Implicazioni nell’Abbigliamento: È l’unica cintura che non ha bisogno di essere guadagnata. È il simbolo dell’impegno a iniziare il viaggio.

  • Cintura Gialla (Ki Obi): L’Alba / La Prima Luce

    • Filosofia: Il giallo rappresenta il primo raggio di sole che colpisce il seme. Lo studente ha iniziato a capire i concetti più basilari: le posizioni (Dachi), le parate fondamentali (Uke Waza), i Palamas 1 e 2.

    • Implicazioni nell’Abbigliamento: È il primo segno di progresso, un incentivo a continuare.

  • Cintura Arancione (Daidaiiro Obi): Il Sole che Sorge

    • FilosofIA: Il sole è più alto. La conoscenza sta crescendo e diventando più forte. Lo studente sta sviluppando la coordinazione e la memoria per le “Combinations”.

  • Cintura Viola (Murasaki Obi): Il Crepuscolo Iniziale / Profondità

    • Filosofia: Il viola è storicamente un colore di profondità e regalità. Qui, rappresenta una comprensione più profonda. Lo studente sta iniziando a capire i principi ibridi (l’introduzione del “JU” nel Palama Set 3) e non sta solo imitando, ma applicando.

    • Implicazioni nell’Abbigliamento: È spesso il primo “salto” significativo, segnando il passaggio dal puro apprendimento mnemonico all’applicazione concettuale.

  • Cintura Blu (Ao Obi): Il Cielo / L’Orizzonte

    • FilosofIA: Il blu rappresenta il cielo, l’espansione. L’orizzonte dello studente si sta allargando. Inizia a vedere la vastità del sistema. Le sue tecniche (calci avanzati, movimento “BO”) diventano più fluide. È un praticante intermedio-avanzato.

  • Cintura Verde (Midori Obi): La Pianta / La Crescita

    • Filosofia: Se il giallo era il seme, il verde è la pianta che cresce rigogliosa. L’arte sta crescendo attivamente all’interno dello studente. Le sue tecniche hanno radici. È un praticante solido e affidabile.

    • Implicazioni nell’Abbigliamento: Una cintura verde è spesso considerata un Sempai (studente anziano) e può essere chiamata ad assistere nell’insegnamento dei principianti.

  • Cintura Marrone (Cha Obi): La Terra / Il Radicamento

    • Filosofia: Il marrone è il colore della terra, del suolo fertile e maturo. Lo studente è “radicato” (grounded). Le sue tecniche sono solide, potenti e affidabili. Ha padronanza della maggior parte del curriculum (Palamas 1-12/13).

    • Implicazioni nell’Abbigliamento: Questo è il grado di “assistente istruttore” de facto. Un “Sempai” cintura marrone è un leader nel dojo, responsabile del mantenimento degli standard, della guida dei gruppi e della preparazione per il suo esame finale. È una cintura di grande responsabilità.

  • Cintura Nera (Kuro Obi): L’Inizio, non la Fine

    • Filosofia: Il paradosso più famoso. Il nero non è la “fine” del viaggio. Il termine giapponese “Shodan” (Primo Grado) significa “Primo Passo”.

    • Simbolismo del Colore:

      1. L’Unione: Il nero è la combinazione di tutti i colori. Lo studente ha assorbito la luce del giallo, la profondità del viola, la crescita del verde.

      2. Il Vuoto: Il nero è anche il “vuoto”, l’assenza di colore. Rappresenta la filosofia Zen/Taoista che, per imparare veramente, bisogna svuotare la propria tazza. La cintura nera ha appena imparato l’alfabeto (l’intero curriculum); ora è pronto per iniziare a scrivere (capire l’arte).

    • Implicazioni nell’Abbigliamento: La cintura nera, spesso logora e sfilacciata dopo anni (un simbolo di orgoglio che mostra il tempo e il lavoro), identifica un “Sifu” (insegnante) o un “Sempai” di alto livello. È il simbolo che si è completato il “Manuale di Sopravvivenza” dei Palamas (es. il 14°) e si è ora pronti a iniziare lo studio della maestria.

Le Cinture Oltre la Nera: I Gradi della Maestria

L’abbigliamento continua a segnare il progresso anche dopo la cintura nera.

  • I Gradi (Dan): I gradi (Dan) sono segnati da strisce (tipicamente rosse) su un’estremità della cintura nera.

  • Cintura Nera con Bordo Rosso: In molti lignaggi, un “Professore” o “Maestro” di alto livello (es. 5° Dan o superiore) può indossare una cintura nera bordata di rosso.

  • Cintura Nera e Rossa (Stile del Fondatore): In molti sistemi di Kenpō e Kajukembo, una cintura a blocchi alternati rossi e neri è riservata ai maestri di altissimo livello, un riconoscimento di status.

  • Cintura Rossa (Il Gran Maestro): Il 9° e 10° Dan, il grado più alto, è spesso rappresentato da una cintura rossa piena (lo stesso colore del cerchio sull’emblema, che simboleggia la vita, l’energia e il completamento del ciclo). Questo è il grado tenuto dai Gran Maestri (Sigung) e, postumo, dal Sijo.

Il sistema di cinture, quindi, è un capo di abbigliamento che funge da “curriculum vitae” visivo, raccontando la storia del viaggio di chi lo indossa attraverso la filosofia e la tecnica dell’arte.


PARTE IV: I “PATCH” (EMBLEMI) – LA SEMIOTICA DELL’IDENTITÀ

Il Gi nero del Kajukembo non è quasi mai indossato “nudo”. È un canvas (una tela) su cui il praticante e la scuola cuciono la propria identità. I “patch” (emblemi) sono il linguaggio semiotico che comunica la storia, il lignaggio e l’affiliazione.

1. L’Emblema KSDI (Il Simbolo Ufficiale del Sistema)

  • Posizionamento: Questo è l’emblema più importante. Di solito è indossato sul lato sinistro del petto, sopra il cuore.

  • Funzione (Come Abbigliamento): È la “carta d’identità” dell’arte. Indossare questo emblema significa dichiarare: “Io pratico il Kajukembo”.

  • Analisi Simbolica (Rilettura): Come discusso nel Punto 12, ogni aspetto di questo emblema è un pezzo di abbigliamento filosofico:

    • L’Ottagono: Ricorda al praticante gli 8 angoli di movimento (BO).

    • Il Cerchio Rosso: Ricorda il pericolo e l’energia del combattimento reale.

    • Lo Yin/Yang: Ricorda la filosofia ibrida “duro/morbido” (KA/JU).

    • Il Trifoglio Verde: Ricorda l’Ohana e la Black Belt Society.

    • I Caratteri: Ricordano l’eredità ibrida (KEM/BO). Cucire questo sul Gi è un atto di affiliazione all’intera arte globale.

2. La Patch della Scuola (Il Simbolo dell’Ohana Locale)

  • Posizionamento: Questo è spesso il patch più grande, tipicamente indossato sulla schiena (identificando la scuola da dietro) o sulla manica destra.

  • Funzione (Come Abbigliamento): Questa è la dichiarazione di lealtà più importante. Identifica la tua famiglia specifica. Comunica: “Io sono uno studente di Sifu [Nome], della [Nome Scuola] Ohana”.

  • Analisi Simbolica: Nel mondo frammentato del Kajukembo, dove i lignaggi sono tutto, questo patch è la tua “bandiera”. È un simbolo di orgoglio per il proprio Kwoon/Dojo e per il proprio Sifu. È anche un simbolo di responsabilità: quando si indossa quel patch, si rappresenta la propria scuola, e ogni azione (buona o cattiva) si riflette sull’intera Ohana.

3. La Patch di Lignaggio (Il Ramo dell’Albero)

  • Posizionamento: Spesso sulla manica sinistra o sul petto destro.

  • Funzione (Come Abbigliamento): Questa è la patch che risolve il “problema” della frammentazione (Punto 10).

  • Analisi Simbolica: Il Gi di un praticante è una mappa genealogica. Un praticante potrebbe avere l’emblema KSDI (il sistema) sul cuore e un emblema “Wun Hop Kuen Do” (il lignaggio specifico) sulla manica. Questo comunica immediatamente a qualsiasi altro praticante di Kajukembo: “Io pratico l’arte del Sijo (KSDI), attraverso l’interpretazione (il ramo) di GM Al Dacascos (WHKD)”. Un altro praticante potrebbe avere la patch KSDI e una patch del “Gaylord’s Method”. L’abbigliamento, attraverso queste patch, racconta l’intera storia genealogica dello stile praticato.

4. La Bandiera (Le Radici e la Nazione)

  • Posizionamento: Tipicamente sulla spalla.

  • Funzione (Come Abbigliamento): È comune vedere due bandiere.

    1. La Bandiera (o Stemma) degli USA/Hawaii: Un simbolo di rispetto per la “Casa Madre” dell’arte. È un omaggio a Sijo Emperado e al luogo di nascita del sistema, il Palama Settlement.

    2. La Bandiera Nazionale (es. Italiana): Un simbolo di orgoglio per la nazione in cui si pratica ora.

  • Analisi Simbolica: Questa combinazione (es. bandiera USA sulla spalla destra, bandiera italiana sulla sinistra) è una dichiarazione visiva: “Sono un praticante italiano di un’arte americana (hawaiana)”. È un simbolo di connessione globale.

5. Patch Commemorativi e di Seminario (Le “Medaglie”)

  • Funzione (Come Abbigliamento): Molti praticanti indossano patch guadagnate durante eventi speciali.

  • Analisi Simbolica: Un patch di un seminario con un famoso Sigung (come Al Dacascos o Angel Garcia) non è solo un souvenir. È un “curriculum visivo”. Comunica ai compagni: “Io c’ero. Ho imparato da questa fonte”. Funziona come le “medaglie” su un’uniforme militare, raccontando la storia del servizio e dell’esperienza del praticante.


PARTE V: L’ABBIGLIAMENTO DA STRADA E L’EQUIPAGGIAMENTO PROTETTIVO

L’abbigliamento del Kajukembo non si ferma al Gi. La filosofia pragmatica dell’arte richiede altre due categorie di abbigliamento.

1. L’Abbigliamento “No-Gi” / “Da Strada” (Il Test di Pragmatismo)

Il Kajukembo deve funzionare quando il Gi non c’è. Molte scuole dedicano giorni specifici all'”allenamento in abiti civili” (street clothes training) o, più comunemente, all’allenamento in T-shirt e pantaloncini/pantaloni da training.

  • La T-Shirt della Scuola (L’Uniforme Informale):

    • Questa è l’altra “uniforme” del Kajukembo. Praticamente ogni scuola (ASD) ne ha una.

    • Funzione Pratica (Allenamento): È l’abbigliamento per l’allenamento No-Gi, che cambia la tecnica (il “JU” diventa più simile al BJJ No-Gi o al wrestling) e per l’allenamento di striking (KEM/BO) ad alta intensità, dove il Gi sarebbe troppo caldo e restrittivo.

    • Funzione Sociale (Ohana): È l’uniforme “esterna”. Indossare la maglietta della scuola è un modo per identificarsi come parte dell’Ohana al di fuori del Kwoon.

    • Funzione Pubblicitaria: È, ovviamente, uno strumento di marketing per la scuola.

  • L’Allenamento in Abiti Civili (Il Test Finale):

    • Alcune scuole (specialmente quelle iper-pragmatiche come il Gaylord’s Method) tengono seminari specifici in “abiti da strada”: jeans, giacche, scarpe.

    • Questo è l’abbigliamento del “cemento”. Insegna lealtà: Come si muove in jeans? Come si esegue un calcio con le scarpe da ginnastica? Come si usa la propria giacca di pelle (o quella dell’avversario) come un Gi?

    • L’inclusione di questo tipo di allenamento dimostra che l’abbigliamento nel Kajukembo non è mai solo simbolico; è, in ultima analisi, funzionale.

2. L’Equipaggiamento Protettivo (L’Abbigliamento da Sparring)

L’ultimo “abbigliamento” è quello richiesto per la “validazione” dell’arte: lo sparring (Kumite). Il Kajukembo è un’arte a contatto pieno (full contact). Per praticarla senza distruggere l’Ohana, è necessario un “abbigliamento protettivo” specifico.

  • Il Casco: Per proteggere dalle commozioni cerebrali.

  • Il Paradenti: Essenziale.

  • I Guanti: Questa è una distinzione chiave. L’allenamento può richiedere due tipi di “guanti” (abbigliamento):

    1. Guantoni da Boxe (16 oz): Usati per lo sparring di puro striking (KA/KEM/BO), permettendo un contatto duro ma sicuro.

    2. Guanti da MMA (4 oz): Usati per lo sparring ibrido. Questo è il “vero” Kajukembo. Questo abbigliamento (con dita libere) permette al praticante di colpire (KEM) e contemporaneamente di afferrare per il grappling (JU) e il trapping (KEM). L’uso di questo specifico capo di abbigliamento è fondamentale per allenare le transizioni uniche dell’arte.

  • Paratibie: Per praticare i calci (KA) senza ferirsi a vicenda.

  • Conchiglia (Protezione Inguinale): Assolutamente non negoziabile in un’arte che pratica il contatto.

Questo equipaggiamento non è “opzionale”. È l’uniforme richiesta per la fase di “Kumite” della lezione. La sua stessa esistenza è una dichiarazione filosofica: l’arte è pericolosa, e il pragmatismo richiede che la si pratichi in sicurezza per poterla praticare a lungo.

Conclusione: L’Uniforme come Manifesto

L’abbigliamento del Kajukembo è un sistema completo, un linguaggio che racconta la storia dell’arte. È un perfetto ibrido di pragmatismo e filosofia.

Il Gi non è un rituale, ma uno strumento di allenamento per il grappling (JU) e una tela per l’identità. Il suo colore nero non è solo estetico, ma una dichiarazione pragmatica (nasconde lo sporco e il sangue) e filosofica (incarna la serietà del “cemento”). L’Obi (cintura) non è un simbolo di potere, ma una mappa della gerarchia dell’esperienza all’interno della famiglia (Ohana). I Patch (emblemi) non sono decorazioni, ma un “curriculum vitae” visivo che identifica l’arte (KSDI), il lignaggio (WHKD) e la famiglia locale (la scuola). E, infine, l’inclusione dell’abbigliamento da strada e dell’equipaggiamento protettivo dimostra che il Kajukembo non si è mai allontanato dal suo imperativo originale: non si tratta di come appari, ma di cosa funziona. L’abbigliamento è solo un altro strumento nella cassetta degli attrezzi per raggiungere l’efficacia.

ARMI

L’Arsenale come Estensione della Filosofia

L’inclusione di un vasto e sofisticato curriculum di armi è, forse, l’elemento che più di ogni altro definisce il Kajukembo come un sistema di autodifesa totale e distingue la sua filosofia dal 99% delle arti marziali tradizionali. In molte arti (come il Karate o il Taekwondo), la pratica delle armi (Kobudo) è spesso vista come un’aggiunta secondaria, un hobby per cinture nere di alto livello, separato dal nucleo dell’arte.

Nel Kajukembo, questa separazione non esiste. Le armi non sono un “accessorio” o un “livello avanzato” facoltativo; sono parte integrante e fondamentale del DNA del sistema, fin dal primo giorno.

Questa integrazione deriva da una logica pragmatica e inesorabile, direttamente ereditata dal “mandato del cemento” dei fondatori. Il ragionamento è semplice e triplice:

  1. La Realtà della Strada (Difesa): Il primo e più ovvio motivo è che il Kajukembo è un sistema di autodifesa “da strada”. In uno scontro reale (sul “cemento” del Palama Settlement), non c’è garanzia di un combattimento leale “uno contro uno” a mani nude. È molto probabile che un aggressore sia armato (con un coltello, una bottiglia, un bastone) o che attacchi in gruppo. Per un’arte di autodifesa, ignorare questa realtà è un fallimento filosofico e pratico. Il Kajukembo, quindi, dedica una parte enorme del suo curriculum alla difesa da armi.

  2. Il Principio dell’Efficacia (Attacco): Il secondo motivo è una conseguenza logica del primo. La filosofia del Kajukembo è basata sull’efficacia. La verità pragmatica è che, in uno scontro, un uomo armato ha un vantaggio schiacciante su un uomo disarmato. Pertanto, il praticante di Kajukembo impara a usare le armi non per diventare un assassino, ma perché Sijo Emperado credeva che il modo migliore (e forse l’unico) per imparare a difendersi da un’arma fosse capire intimamente come quell’arma viene usata. Non ci si può difendere da un attacco di coltello se non si è mai tenuto un coltello in mano e non se ne capiscono gli angoli, la velocità e la mentalità.

  3. Il Concetto di “Transference” (Sviluppo): Questo è il terzo e più profondo motivo, il vero “genio” pedagogico del sistema. L’allenamento con le armi non serve solo a imparare a usare le armi. È un acceleratore di apprendimento per il combattimento a mani nude. I principi biomeccanici, il gioco di gambe, il tempismo e i concetti di “trapping” (intrappolamento) e “checking” (controllo) che si imparano con un bastone o un coltello in mano sono direttamente trasferibili (transference) alle mani nude. Un principio imparato con un bastone (KA/BO) rafforza un principio di Kenpō (KEM).

L’arsenale del Kajukembo, quindi, non è un’aggiunta; è una lente di ingrandimento. È lo strumento che l’arte usa per insegnare i suoi principi più profondi di combattimento ibrido. Il praticante impara che non c’è differenza tra un colpo di pugno a martello (KEM) e un colpo con un bastone corto: l’angolo, la rotazione dell’anca e l’intento sono identici. La mano nuda è semplicemente l’arma “di base”.

Questo capitolo analizzerà le radici di questo arsenale, dissezionerà le armi specifiche del curriculum e spiegherà la pedagogia (il “come” e il “perché”) del loro insegnamento.


PARTE I: LE RADICI DELL’ARSENALE – FILIPPINE E CINA

L’arsenale del Kajukembo non è casuale. È un ibrido, proprio come l’arte stessa, che attinge da due fonti principali che scorrevano direttamente nei fondatori.

A. L’Eredità Nascosta: Le Arti Marziali Filippine (FMA) di Sijo Emperado

L’influenza più profonda e pervasiva sulle armi del Kajukembo proviene direttamente dal suo fondatore, Sijo Adriano Emperado. Come discusso nel Punto 4, Emperado era di origine filippina e crebbe immerso nella sua cultura marziale. Prima ancora di studiare Kenpō, fu esposto all’Escrima (nota anche come Arnis o Kali), le arti marziali del suo popolo.

Questo non è un dettaglio secondario; è la chiave di tutto. Sebbene l’Escrima non sia nell’acronimo (KA-JU-KEM-BO), la sua filosofia, i suoi principi e le sue armi (bastone e coltello) sono intessuti in ogni fibra del Kajukembo. L’influenza delle FMA è ciò che dà al Kajukembo la sua fluidità unica e la sua ossessione per il “flusso” (flow), gli angoli e il “trapping”.

L’Escrima ha fornito al Kajukembo il suo nucleo “da strada”:

  • Il Bastone (Olisi / Baston): L’arma pedagogica primaria.

  • Il Coltello (Daga): L’arma “da cemento” per eccellenza.

  • La Filosofia “Transference”: L’idea centrale delle FMA è che i movimenti del bastone, del coltello e della mano nuda (Panantukan) sono identici.

B. L’Eredità Classica: Le Armi del Kenpō e del Kung Fu (KEM/BO)

La seconda fonte proviene dagli altri pilastri dell’arte: il KEM (Kenpō) e il BO (Kung Fu), quest’ultimo portato da Clarence Chang. Queste arti cino-okinawensi/giapponesi hanno portato con sé l’arsenale del “Kobudo” (le armi classiche da dojo/kwoon).

Mentre le FMA hanno fornito le armi da “combattimento” (bastone e coltello), queste arti hanno fornito le armi “pedagogiche” classiche:

  • Il Bastone Lungo (Bo): Dall’eredità Shaolin (BO) e Karate (KA).

  • Il Nunchaku: Un’arma okinawense resa famosa dal Kenpō.

  • Il Sai: Un altro classico strumento okinawense per il “trapping” e la difesa.

Il risultato è un curriculum di armi che è esso stesso un ibrido perfetto: unisce la brutalità pragmatica e il flusso delle Filippine (Emperado) con la disciplina formale e la biomeccanica degli stili classici di Cina e Okinawa (Chang/Kenpō).


PARTE II: L’ARSENALE PRIMARIO – IL NUCLEO FILIPPINO (FMA)

Queste sono le armi fondamentali del sistema, considerate essenziali per la sopravvivenza “da strada” e per lo sviluppo dei principi di base del combattimento ibrido.

A. Il Bastone Singolo (Solo Baston / Olisi): L’Alfabeto del Sistema

L’arma più importante nel curriculum del Kajukembo è un semplice bastone di legno (tipicamente Rattan filippino), lungo circa 60-70 cm. Non è un’esagerazione dire che l’intero sistema Kajukembo (a mani nude e non) può essere derivato dai principi insegnati dal bastone singolo.

  • Funzione Pedagogica (L’Alfabeto): Il bastone singolo è il “maestro” che insegna i concetti fondamentali.

    • Gli Angoli d’Attacco: Il primo concetto insegnato sono gli “Angoli”. La maggior parte dei sistemi FMA (e quindi del Kajukembo) utilizza un modello di 12 angoli d’attacco standard.

      • Esempio: Angolo 1 (colpo diagonale dall’alto a sinistra), Angolo 2 (colpo diagonale dall’alto a destra), Angolo 3 (colpo orizzontale al fianco), ecc.

    • La “Transference” (KA/KEM/BO): Questo “alfabeto” di 12 angoli è universale. Lo studente impara che questi 12 angoli sono identici sia che si usi un bastone, sia che si usi una mano a lama (Shuto – KA), un pugno a martello (Tetsui – KEM), un colpo di gomito (Empi – KEM) o un coltello. L’allenamento con il bastone sta, in realtà, allenando il percorso neurologico per ogni attacco a mani nude.

  • Il Gioco di Gambe (Footwork – BO): L’allenamento con il bastone FMA introduce un gioco di gambe dinamico e non lineare, tipicamente il “Footwork Triangolare” (Tatsulok). Questo si fonde perfettamente con il gioco di gambe evasivo del Pugilato (BO) e il movimento angolare del Kenpō (KEM). Insegna a non stare mai fermi e a “entrare” e “uscire” creando angoli superiori.

  • Principi di Difesa: Insegna i due modi per difendersi:

    1. Block-Check-Counter (Parata-Controllo-Contrattacco): Il metodo di base. Parare il colpo dell’avversario, “controllare” (checking) il suo braccio armato per evitare un secondo colpo (un principio KEM fondamentale) e contrattaccare.

    2. Defanging the Snake (Togliere le Zanne al Serpente): Un concetto FMA più avanzato e brutale. Invece di parare l’arma, si colpisce l’arto che la impugna (la “zanna”). Si attacca la mano, il polso o il braccio dell’aggressore per distruggere la sua capacità di attaccare. Questa è la filosofia “da strada” per eccellenza, trasferita poi alla difesa a mani nude.

B. Il Doppio Bastone (Doble Baston / Sinawali): Il Processore Neurologico

L’allenamento con due bastoni (uno per mano) è il passo successivo.

  • Funzione Pedagogica (Sviluppo Neurologico): L’obiettivo primario del “Doble Baston” non è (come molti credono) imparare a combattere come un eroe cinematografico con due armi. L’obiettivo è neurologico.

  • Il “Sinawali”: La metodologia di allenamento si chiama “Sinawali” (che significa “tessere”, come il rattan intrecciato). Si tratta di esercizi a coppia (drills) continui e fluidi in cui i due partner si scambiano colpi in schemi complessi e ritmici.

    • Esempio: Un “Sinawali Celeste” (Heaven 6) è uno schema a 6 colpi (alto-medio-basso) che si ripete all’infinito.

  • Benefici della “Transference”:

    1. Ambidestria e Coordinazione: Il Sinawali costringe entrambi gli emisferi del cervello (destro e sinistro) a lavorare in armonia. Sviluppa una coordinazione occhio-mano e un’ambidestria che sono impossibili da ottenere con altri metodi.

    2. Il “Checking” (KEM): È la massima espressione del “checking”. Insegna alla mano “passiva” (la sinistra per un destrorso) a essere attiva quanto la mano “di potenza” (la destra). Diventa un “trapano” per il “KEM” (Kenpō), dove la mano sinistra controlla (check) mentre la destra colpisce (blast).

    3. Il “Flusso” (Flow): Sviluppa un ritmo e un flusso (flow) continui, essenziali per le raffiche (flurries) del Kenpō.

C. Il Coltello (Daga / Baraw): La Psicologia del “Cemento”

Questo è il cuore oscuro e pragmatico dell’addestramento alle armi del Kajukembo. È l’arma più comune in uno scontro da strada e, quindi, la più studiata. L’allenamento, come per il bastone, è duplice.

  • 1. Allenamento Offensivo (Come Usare un Coltello):

    • Perché: Come detto, non ci si può difendere da ciò che non si capisce.

    • Metodologia: Gli studenti (con coltelli da allenamento in gomma o legno) imparano:

      • Le Prese (Grips): La presa “a martello” (Hammer grip, standard) e la presa “a rompighiaccio” (Ice-pick grip, rovesciata). Ognuna ha angoli di attacco diversi.

      • Angoli d’Attacco: Si applicano gli stessi 12 angoli del bastone, ma adattati al coltello (più “punte” e “tagli” brevi).

      • Drills di “Flusso” (Hubud-Lubud): Esercizi a coppia fluidi e continui di attacco e difesa, che insegnano a “sentire” l’energia dell’avversario e a passare dal blocco al taglio in una frazione di secondo.

  • 2. Allenamento Difensivo (Come Sopravvivere a un Coltello):

    • La Filosofia del “Non Romanticismo”: Questa è la prima e più importante lezione. Il Kajukembo è brutalmente onesto sulla difesa da coltello: è uno scenario con un tasso di fallimento altissimo. La lezione numero uno è “Non farti accoltellare”. La lezione numero due è “Scappa”. Solo se queste due falliscono, si applica la tecnica.

    • Metodologia (Bunkai dei Palama 11/12): Le tecniche derivano direttamente dai Palama Set 11 e 12.

    • Principi Tecnici:

      1. Movimento (BO): Uscire dalla linea d’attacco. Non stare fermi.

      2. Parata e Re-direzione (JU/BO): Non “bloccare” la lama, ma parare e re-indirizzare l’arto che la impugna (il polso, l’avambraccio).

      3. Distruzione (“Defang the Snake”) (KA/KEM): Colpire l’arto armato con un colpo d’osso (parata dura KA) o colpire l’aggressore in un punto vitale (occhi, gola – BO) contemporaneamente alla parata.

      4. Controllo e Disarmo (JU): Applicare una leva (Kansetsu Waza) o un “Chin Na” (BO) all’arto armato per immobilizzarlo, romperlo e/o disarmare l’avversario.

    • Simulazione di Stress: L’allenamento di difesa da coltello è spesso condotto sotto stress (ad esempio, l’aggressore attacca all’improvviso, da angolazioni multiple) per simulare lo shock e l’adrenalina di uno scontro reale.

D. Spada e Daga (Espada y Daga): Il Concetto “Lungo e Corto”

  • Definizione: Un sottosistema classico delle FMA che allena il praticante a combattere con un’arma lunga (un bastone o una spada corta) in una mano e un’arma corta (un coltello) nell’altra.

  • Funzione Pedagogica (Il “Checking” Avanzato): Questo è l’apice della coordinazione “due mani” iniziata dal Sinawali.

  • La “Transference” Definitiva (KEM): L’Espada y Daga è la metafora perfetta per il combattimento a mani nude del Kajukembo.

    • La “Spada” (arma lunga) rappresenta la “Mano di Potenza” (Power Hand) del Kenpō (KEM) o del Pugilato (BO) – la mano che sferra il colpo principale (il cross, il pugno a martello).

    • La “Daga” (arma corta) rappresenta la “Mano di Controllo” (Checking Hand) – la mano “viva” che para, controlla, intrappola (trapping), colpisce (jab) o applica leve (JU), proprio come la “Daga” para e controlla a distanza ravvicinata.

  • L’allenamento in Espada y Daga, quindi, non serve per prepararsi a un duello del XVII secolo; serve a programmare nel cervello dello studente il principio fondamentale del combattimento ibrido: controllare con una mano, distruggere con l’altra.


PARTE III: L’ARSENALE CLASSICO – LE ARMI KEM/KA/BO (CINO-OKINAWENSI)

Queste sono le armi più “tradizionali”, spesso associate ai dojo di Karate e ai kwoon di Kung Fu. Nel Kajukembo, sono usate per sviluppare attributi fisici e principi biomeccanici specifici.

A. Il Bastone Lungo (Bo / Rokushaku Bo)

  • Definizione: Un bastone di legno lungo circa 180 cm (6 piedi, o rokushaku).

  • Origine (KA/BO): Deriva sia dal Karate Okinawense (KA) sia dagli stili di Kung Fu Shaolin (BO).

  • Funzione Pedagogica (Leva e Distanza):

    • Gestione della Lunga Distanza: È l’arma che insegna i principi del combattimento alla massima distanza, ben oltre la portata dei calci. Insegna a “colpire e muoversi” (hit and run).

    • Generazione di Potenza (Leverage): La fisica di un bastone lungo è diversa. Insegna la generazione di potenza sull’intera catena cinetica. Per far “frustare” (whip) l’estremità del Bo, il praticante deve usare non solo le braccia, ma il terreno, le gambe, la rotazione delle anche e il “core”. È un esercizio di biomeccanica totale (KA/BO).

    • Ambidestria: Come il bastone lungo cinese, viene spesso usato in modo fluido, cambiando presa e utilizzando entrambe le estremità per colpire e pungere, rafforzando la coordinazione.

  • Tecniche Tipiche:

    • Punte (Tsuki): Colpi di stoccata lineari.

    • Colpi (Uchi): Colpi discendenti, orizzontali o diagonali, che usano l’effetto “frusta”.

    • Parate (Uke): Grandi movimenti circolari o duri per deviare attacchi.

  • La “Transference”: L’allenamento con il Bo insegna una generazione di potenza “dal basso verso l’alto” (ground-up) che rende ogni pugno e calcio (KA/KEM) a mani nude più potente.

B. Il Nunchaku (Arma di Flessibilità)

  • Definizione: Due bastoni corti (originariamente attrezzi agricoli okinawensi) collegati da una corda o catena.

  • Origine (KA/KEM): Un’arma classica del Kobudo Okinawense, resa popolare in America attraverso i sistemi di Kenpō (KEM).

  • Funzione Pedagogica (Velocità, Tempismo, Flessibilità):

    • Velocità della Mano: L’arma è incredibilmente veloce. Per controllarla, lo studente deve sviluppare una velocità e un rilassamento del polso e dell’avambraccio eccezionali.

    • “Rimbalzo” e Ricarica: A differenza di un bastone, un nunchaku “rimbalza” dopo l’impatto. L’allenamento insegna a controllare questo rimbalzo, usando l’energia del primo colpo per caricare immediatamente il secondo. Questo è un “trapano” (drill) perfetto per il concetto di raffica (flurry) del Kenpō (KEM).

    • Trapping e Leve: Oltre a colpire, il nunchaku è un’arma eccellente per il “trapping” (JU). La catena può essere usata per avvolgere un arto o un’arma, e i bastoni possono essere usati per applicare leve dolorose.

  • La Curiosità dell’Autodidattica: È un’arma che “insegna da sola”. Se lo studente commette un errore, l’arma lo punisce immediatamente colpendolo. Questo insegna brutalmente il rispetto, la concentrazione e il controllo.

C. Il Sai (L’Arma del Controllo)

  • Definizione: Un “tridente” di metallo, tipicamente usato in coppia (con un terzo Sai di riserva alla cintura).

  • Origine (KA/KEM): Un’altra arma okinawense, usata dalle forze di polizia per controllare e sottomettere.

  • Funzione Pedagogica (Il “Checking” Rinforzato): Il Sai è l’arma del controllo per eccellenza.

    • Blocco e Trapping: La guardia (tsuba) con i due rebbi (yoku) è progettata specificamente per “intrappolare” (trapping) l’arma di un avversario (un Bo, una spada, o anche un arto). È un “Kote Kitae” (condizionamento dell’avambraccio) di metallo.

    • Pugnalare e Colpire: L’arma principale è la punta (per pugnalare) e il pomo (butsugane), usato per colpire come un pugno a martello (Tetsui – KEM).

  • La “Transference”: L’allenamento con il Sai è un “trapano” (drill) intensivo per i principi di “checking” (KEM) e “leva” (JU). Il praticante impara a usare la mano passiva (con il Sai) per bloccare, intrappolare e controllare l’attacco, mentre la mano attiva colpisce. È un’altra manifestazione della filosofia “Espada y Daga”.


PARTE IV: L’ARSENALE IMPROVVISATO – LA FILOSOFIA DEL “BO”

L’ultimo livello dell’allenamento con le armi del Kajukembo è concettuale. È il compimento del pilastro “BO” (che, oltre a Boxe/Kung Fu, rappresenta il “cemento”). Se si capiscono i principi del bastone e del coltello, si capisce che “tutto è un’arma”.

Il Tabak-Toyok (Bastone di Palmo) e il Kubotan

  • Definizione: Il “Tabak-Toyok” è un piccolo bastone di legno (palm stick) delle FMA. Il “Kubotan” è la sua versione moderna (un portachiavi).

  • Funzione Pedagogica: Questo strumento insegna come usare un oggetto piccolo e legale per amplificare le tecniche “sporche” (BO) e “Chin Na”.

  • Tecniche:

    • Colpi ai Punti di Pressione (Dim Mak / KEM): Un colpo con un Kubotan a un nervo (costole, avambraccio, clavicola) è esponenzialmente più efficace di un colpo a nocca singola.

    • Leve (Chin Na / JU): Usare lo strumento per fare leva sulle articolazioni (polso, dita) per un controllo del dolore immediato.

  • La “Transference”: Il praticante impara che una penna, un cellulare o una chiave possono essere usati esattamente come un Kubotan.

L’Arma Improvvisata (La Strada)

Questa è la filosofia finale. L’allenamento del Kajukembo include la “lettura” dell’ambiente.

  • Un Bastone -> Una scopa, una sedia rotta, un ombrello.

  • Un Coltello -> Una bottiglia rotta, un cacciavite, una penna.

  • Un Nunchaku (flessibile) -> Una cintura, una catena.

  • Un Sai (trapping) -> Una sedia (usata per parare e intrappolare).

L’addestramento con le armi formali non serve (solo) a preparare l’allievo a un duello di Bo. Serve a programmare il cervello a riconoscere gli angoli, i principi di leva e i principi di impatto in qualsiasi oggetto che possa impugnare.


PARTE V: LA PEDAGOGIA – COME VENGONO INSEGNATE LE ARMI

L’arsenale del Kajukembo è vasto, quindi come viene insegnato in una tipica lezione? (Riferimento al Punto 9). La pedagogia è un processo a tre livelli.

1. Le Forme (Kata / Anyo): Il Manuale Solitario

  • Palamas (Difesa): Come discusso nel Punto 8, i Palama Set 11 (bastone) e 12 (coltello) sono il nucleo dell’allenamento difensivo. Lì lo studente pratica la sequenza di difesa a mani nude contro l’arma.

  • Forme di Armi (Attacco): Lo studente impara anche forme con l’arma. Un “Bo Kata” (KA/BO), un “Escrima Anyo” (FMA) o una “Forma di Nunchaku” (KEM).

  • Scopo: Sviluppare la biomeccanica, la memoria muscolare, il flusso e la coordinazione da soli.

2. I “Drills” (Esercizi a Coppia): Il Laboratorio

Questo è il cuore dell’addestramento alle armi, specialmente per l’eredità FMA. I “drills” (esercizi a coppia) sono esercizi cooperativi e fluidi che sviluppano il tempismo, il ritmo e il “flusso” (flow).

  • Sinawali (Tessere): I drills a doppio bastone menzionati prima.

  • Hubud-Lubud (Legare e Slegare): Un drill di trapping a ciclo continuo, spesso praticato con coltello-contro-mano o mano-contro-mano. Sviluppa la sensibilità (“sentire” l’attacco) e i riflessi del “checking” (KEM).

  • Drills di Disarmo (JU): Pratica ripetitiva delle leve di disarmo.

3. Lo Sparring (La Validazione)

Infine, i principi vengono testati nello sparring (Kumite) controllato.

  • Sparring con Bastoni (Escrima): Con protezioni pesanti (casco, guanti, corpetto), gli studenti praticano il combattimento con bastoni di rattan. È veloce, intenso e mette alla prova tutti i principi di angolazione, footwork e potenza.

  • Sparring con Coltelli (Gomma): Spesso condotto con coltelli di gomma “inchiostrati” (per vedere dove si è stati “tagliati”) per testare l’efficacia delle difese.

Conclusione: La Mano Nuda è Solo un’Altra Arma

L’arsenale del Kajukembo è la sua filosofia scritta in acciaio e legno. Non è un accessorio, ma la chiave per comprendere la sua natura ibrida.

L’allenamento con le armi serve a uno scopo triplice:

  1. Sopravvivenza (Difesa): Insegna come sopravvivere allo scenario peggiore (un aggressore armato).

  2. Comprensione (Offesa): Insegna che il modo migliore per difendersi è capire l’attacco.

  3. Sviluppo (Transference): È un “acceleratore” che usa la fisica delle armi per insegnare i principi del combattimento a mani nude più velocemente e più profondamente.

Sijo Emperado, con la sua eredità FMA, ha capito una verità che molte arti marziali ignorano: non esiste una vera divisione tra “armato” e “disarmato”. Esiste solo il combattimento. Gli angoli sono gli stessi. I principi sono gli stessi. La mano nuda è solo l’arma che si porta sempre con sé.

A CHI È INDICATO E A CHI NO

Un’Arte di Auto-Selezione, Non per Tutti

Affrontare la questione di “a chi è indicato e a chi no” il Kajukembo è forse il punto più cruciale per comprendere l’anima di questa disciplina. È una domanda che va ben oltre la semplice idoneità fisica. A differenza di molte attività sportive moderne, progettate per essere inclusive, scalabili e “divertenti” per le masse (come un corso di fitness o uno sport amatoriale), il Kajukembo, nella sua forma più pura, non è progettato per piacere a tutti.

Non è un prodotto da vendere, ma un processo di “forgiatura”.

Il Kajukembo è, per sua natura, un’arte di auto-selezione. È la “forgia” (come descritto nel Punto 9) che opera a una temperatura altissima. Non le importa quale “metallo” grezzo entra (grasso, magro, giovane, vecchio, uomo, donna), ma pone una domanda fondamentale: “Sei disposto a sopportare il fuoco e i colpi di martello necessari per essere rimodellato?”.

Molti non lo sono. E questo non è un giudizio di valore sulla persona, ma un semplice dato di incompatibilità filosofica, psicologica e fisica.

Questo capitolo, a scopo puramente informativo, non fornirà una consulenza medica (che sarà trattata nel Punto 17, “Controindicazioni”), ma piuttosto un’analisi approfondita dei profili filosofici, psicologici e fisici che trovano un’armonia quasi perfetta con i principi del Kajukembo, e di quelli che, al contrario, si troveranno in una situazione di conflitto insanabile con l’essenza stessa dell’arte.

Questa non è una guida per l’iscrizione, ma una mappatura dell’allineamento tra un individuo e una delle filosofie marziali più esigenti e pragmatiche mai concepite.


PARTE I: A CHI È INDICATO – IL PROFILO DEL PRATICANTE IDEALE

Il praticante ideale di Kajukembo non è, come si potrebbe pensare, un giovane atleta di 1,90 m e 100 kg di muscoli. Spesso, quel tipo di persona è il primo ad andarsene, perché il suo vantaggio fisico viene neutralizzato dall’ego e dall’incapacità di sopportare il processo di apprendimento.

Il praticante ideale è definito dal suo “perché”, dalla sua mentalità e dalla sua volontà, non dal suo stato attuale.

Sezione 1: Il Profilo Filosofico (L’Allineamento della Visione del Mondo)

Questi sono gli individui che, leggendo la filosofia del Kajukembo, provano un senso di “ritorno a casa”.

1.A. Il Pragmatico Radicale e il Realista

  • Il Profilo: Questa è la persona stanca dell’astratto, del mistico o del “teatro marziale”. È l’individuo che, guardando una sequenza di autodifesa in un’altra arte, si chiede: “Sì, ma cosa succede se l’aggressore non collabora? Se colpisce per davvero? Se ha un coltello?”.

  • Perché è Indicato: Il Kajukembo è l’arte fondata su queste esatte domande. È l’arte del “cemento”. Il “Pragmatico” non sarà offeso dalla brutalità delle tecniche; al contrario, la troverà onesta. L’inclusione di tecniche “sporche” (Dirty Fighting, ereditate dal pilastro BO – Ch’uan Fa) come colpi agli occhi, alla gola e all’inguine non lo scandalizza. Lo rassicura. Riconosce che l’obiettivo non è “vincere con onore” un duello, ma “sopravvivere con efficacia” a un’aggressione. Questa persona apprezza il rifiuto del dogma in favore della funzionalità pura.

1.B. Lo Studente “Open Source” (Il Rifiuto del Purismo)

  • Il Profilo: Si tratta di un individuo intellettualmente curioso, spesso un “ricercatore” per natura. È la persona che crede che nessuna singola risposta sia mai completa. È il “purista dell’ibridismo”.

  • Perché è Indicato: La filosofia “open source” di Sijo Emperado (Punto 4) è il loro paradiso. Il Purista Dogmatico (trattato nella Parte II) è respinto dall’idea di “mescolare” Karate e Judo; lo Studente “Open Source” ne è affascinato. È indicato per il praticante di un’altra arte marziale che ne sente i “buchi” (holes).

    • Il Karateka (KA) che sa di essere vulnerabile a terra.

    • Il Judoka o Lottatore (JU) che non sa come gestire un pugno al viso.

    • Il Pugile (BO) che non sa come difendersi da un calcio basso o da una presa. Il Kajukembo non è solo indicato per loro; è stato creato da loro. La Black Belt Society era un gruppo di studenti “open source” che cercavano di colmare le lacune dei loro sistemi. Questo profilo ama l’idea che l’arte debba evolversi, che l’integrazione di Muay Thai o BJJ (come accade in molte scuole moderne) non sia un tradimento, ma il compimento della filosofia originale.

1.C. Il Ricercatore dell’Ohana (La Persona “di Comunità”)

  • Il Profilo: In un mondo sempre più individualista e digitale, molte persone cercano un senso di appartenenza che vada oltre un semplice abbonamento in palestra. Cercano un “terzo luogo” (né casa, né lavoro) che sia una comunità, una “tribù”.

  • Perché è Indicato: Il Kajukembo, attraverso la sua doppia eredità del Sifu (Padre Maestro – Cinese) e dell’Ohana (Famiglia – Hawaiana), offre proprio questo. È indicato per la persona che desidera un legame profondo con i propri compagni di allenamento, un legame forgiato nel sudore, nel rispetto reciproco e nel dolore condiviso (come quello del condizionamento Kote Kitae). È per la persona che è disposta ad accettare le responsabilità che derivano dall’appartenenza a una “famiglia”: lealtà al proprio Sifu, responsabilità di aiutare i propri “fratelli” e “sorelle” marziali (Sidai) e l’umiltà di farsi da parte per il bene del gruppo. Chi cerca solo un allenamento anonimo troverà questa cultura opprimente; chi cerca una vera “Ohana” non troverà nulla di più forte.

Sezione 2: Il Profilo Psicologico (La Mentalità della Forgia)

Questo è il “software” interno. Cosa deve avere una persona nella propria testa per prosperare nel Kajukembo?

2.A. Il Ricercatore di Fiducia Autentica (Non di Arroganza)

  • Il Profilo: Questo è il nucleo. Il Kajukembo è spesso indicato non per la persona che è sicura di sé, ma per la persona che è stanca di non esserlo. È per l’individuo che ha subito atti di bullismo, che cammina con la paura, che vuole acquisire una fiducia in sé stesso che sia basata su una competenza reale e testata, non su affermazioni positive.

  • Perché è Indicato: Il motto del Kajukembo è “Pace attraverso la Forza”. L’allenamento brutale ha un effetto psicologico profondo: è una forma di “vaccinazione” allo stress. Imparando a gestire l’impatto fisico (condizionamento), lo stress dello sparring (Kumite) e la paura di un attacco armato (difesa da coltello), il praticante si desensibilizza. La sua paura del confronto diminuisce. Questa non è un’arroganza (“Posso battere tutti”), ma una calma fiducia (“Posso gestire la situazione”). Il Kajukembo è un percorso per “spegnere” la paura attraverso una competenza provata. È perfetto per chi cerca questa autentica pace interiore.

2.B. La Mentalità Resiliente (Lo “Spirito Indomito”)

  • Il Profilo: La persona che capisce che non c’è crescita senza disagio. Il praticante che non cerca la via più facile, ma quella più efficace.

  • Perché è Indicato: L’allenamento del Kajukembo (Punto 9) è difficile. È fisicamente estenuante, mentalmente drenante e, a volte, doloroso. Il tasso di abbandono (“drop-out”) delle scuole tradizionali è leggendariamente alto. Questa arte è indicata per l’individuo che possiede (o desidera ardentemente sviluppare) grinta e perseveranza. È per la persona che viene colpita, cade, fallisce una tecnica 100 volte, e il 101° giorno torna al Kwoon. Il Kajukembo non celebra il talento naturale; celebra lo “spirito indomito”, la capacità di continuare ad andare avanti. Chi cerca un hobby facile e rilassante è nel posto sbagliato. Chi vuole essere “forgiato” è in quello giusto.

2.C. L’Individuo Umile e Paziente

  • Il Profilo: Questo è il paradosso dell’arte “dura”. Per imparare un sistema così brutale, è necessaria un’umiltà estrema.

  • Perché è Indicato: Il processo di apprendimento nel Kajukembo è un esercizio di demolizione dell’ego.

    1. Sopravvivenza allo Sparring: Nello sparring, verrai colpito. Verrai sottomesso. L’ego non può sopportarlo. Solo l’umiltà può. L’umiltà permette di vedere un colpo ricevuto non come un “insulto”, ma come “informazione” (es. “la mia guardia era troppo bassa”).

    2. Rispetto per il Sifu: La struttura Sifu/Ohana richiede l’umiltà di ascoltare l’autorità, di accettare la correzione senza mettersi sulla difensiva.

    3. Pazienza: Il Kajukembo è lento. Il curriculum dei 14 Palamas (Punto 8) e le migliaia di “Combinations” (Punto 7) richiedono anni, forse un decennio, per arrivare alla cintura nera. È indicato per la persona con la pazienza di un artigiano, che gode del processo di costruzione, non solo dell’obiettivo finale.

Sezione 3: Il Profilo Demografico (Casi d’Uso Specifici)

3.A. Donne che Cercano un’Autodifesa Efficace e Non-Sportiva

  • Il Profilo: Donne che cercano un sistema di autodifesa reale, non un’arte marziale sportiva o un corso di “cardio kickboxing”.

  • Perché è Indicato: Il Kajukembo è forse uno dei sistemi più indicati per l’autodifesa femminile. La sua filosofia non si basa sul tentativo di una donna di 55 kg di “battere” in un incontro di forza un uomo di 90 kg. Si basa sul principio dell’equalizzatore. I pilastri BO (Dirty Fighting) e JU (Jujitsu/Chin Na) sono i grandi equalizzatori. Il sistema insegna che un colpo agli occhi, un calcio all’inguine o una leva che spezza un dito (Chin Na) richiedono poca forza fisica, ma una grande conoscenza tecnica e una mentalità pragmatica. È un sistema che non insegna a “combattere” l’aggressore, ma a “distruggerlo” abbastanza da poter fuggire. L’enfasi sulla difesa da prese (Grab Arts) e sulla difesa da coltello (Punto 14) lo rende un curriculum di sopravvivenza completo.

3.B. Personale delle Forze dell’Ordine e della Sicurezza

  • Il Profilo: Polizia, Carabinieri, Militari, addetti alla sicurezza (buttafuori), guardie del corpo.

  • Perché è Indicato: Il Kajukembo è l’arte del “cemento”. Il contesto operativo di queste professioni è il “cemento”. L’allineamento è perfetto.

    1. Transizioni: Il Kajukembo è un maestro delle transizioni (Punto 7). Un agente di polizia deve sapere come passare da un dialogo (de-escalation) a un controllo non letale (leve JU), a una difesa da striking (KA/KEM), a un combattimento a terra (JU), a una difesa da armi (Punto 14) in un istante. Questo è esattamente ciò che il Kajukembo allena.

    2. Armi: È uno dei pochi sistemi che integra perfettamente la difesa da bastone e coltello (Punto 14) nel suo nucleo, e i cui principi si trasferiscono al “controllo dell’arma” (es. la pistola dell’agente).

    3. Mentalità: La filosofia “preparati al peggio” del Kajukembo è la mentalità quotidiana di un agente.

3.C. Appassionati di “Martial Science” (Scienza Marziale)

  • Il Profilo: L’individuo che ama la teoria del combattimento. Colui che guarda le MMA e analizza gli stili, che studia la biomeccanica e la storia.

  • Perché è Indicato: Il Kajukembo è un “laboratorio” vivente. È indicato per l’individuo che vuole capire perché il Kenpō (KEM) funziona per il “trapping” e perché il Judo (JU) funziona per le proiezioni. L’approccio “open source” (Punto 10) incoraggia questo tipo di analisi. Una scuola come il Gaylord’s Method (Punto 10), con il suo approccio analitico e scientifico alla “Triade” (Attacco/Difesa/Contrattacco), è il paradiso per questo profilo intellettuale.


PARTE II: A CHI NON È INDICATO – IL PROFILO DI INCOMPATIBILITÀ

Il Kajukembo non fallisce, ma le persone spesso falliscono nel Kajukembo perché entrano con aspettative e profili che sono in diretta opposizione ai suoi valori fondamentali.

Sezione 1: Il Profilo Filosofico (Conflitto di Visione del Mondo)

1.A. Il Purista Dogmatico e il Tradizionalista

  • Il Profilo: L’individuo che crede nella “purezza” di un’arte. Il praticante di Karate-Do che crede che qualsiasi cosa al di fuori dei kata di Gichin Funakoshi sia una corruzione. Il praticante di Kung Fu tradizionale che crede che l’arte sia stata perfetta 500 anni fa e non debba essere cambiata.

  • Perché NON è Indicato: Questa persona sarà filosoficamente offesa dal Kajukembo. Vedrà la sua natura ibrida non come un’evoluzione, ma come una corruzione. Lo vedrà come un “bastardo” marziale, un’arte “sporca” e “rozza” (specialmente i lignaggi KSDI) priva della raffinatezza estetica e della profondità storica della loro arte “pura”. L’idea di “mescolare” un kata giapponese (KA) con una leva cinese (BO/KEM) è un sacrilegio. Non possono superare questo blocco mentale.

1.B. Il Ricercatore Spirituale/Meditativo (Il Cercatore di “Soft Arts”)

  • Il Profilo: L’individuo che si avvicina alle arti marziali cercando primariamente la pace interiore, la gestione dello stress, la salute o una “meditazione in movimento”.

  • Perché NON è Indicato: Il motto del Kajukembo è “Pace attraverso la Forza”. Questo individuo cerca la “Pace attraverso la Pace”. Sarà attratto da arti meravigliose come il Tai Chi Chuan (stile Yang) o l’Aikido (filosofia di Ueshiba), che evitano il conflitto o lo re-indirizzano con armonia. L’allenamento del Kajukembo sarà un trauma. Il Kote Kitae (condizionamento osseo), il contatto pieno dello sparring, il sudore, la fatica e la brutalità delle tecniche (colpi agli occhi) sono l’antitesi di ciò che cercano. (Nota: l’unica eccezione è il ramo Tum Pai (Punto 10), che integra il Tai Chi, ma anche quello è un’arte marziale “dura” alla sua base).

1.C. L’Esteta e l’Artista Marziale Acrobatico

  • Il Profilo: La persona che è attratta dalle arti marziali perché ha visto un film di Wushu con calci a farfalla di 720° o un video di “tricking”.

  • Perché NON è Indicato (in generale): L’Original Method (KSDI) e i rami “duri” (Gaylord, Ramos) sono l’opposto. Sono radicati, brutali e privi di acrobazie. Un calcio alto è visto come un rischio inutile. Questa persona troverà l’arte “brutta”, “goffa” e “priva di grazia”.

  • L’Eccezione: L’unico ramo indicato per questo profilo è il Wun Hop Kuen Do (WHKD) di Al Dacascos (Punto 10), che ha integrato l’acrobazia e la fluidità del Kung Fu del Nord. Ma anche lì, l’aspirante “tricker” scoprirà presto che sotto l’acrobazia c’è lo stesso nucleo pragmatico e doloroso del Kajukembo.

Sezione 2: Il Profilo Psicologico (La Mentalità Incompatibile)

2.A. Il Cacciatore di Trofei (La Mentalità “Sport-Only”)

  • Il Profilo: L’individuo il cui unico obiettivo è la competizione sportiva. Vuole vincere medaglie, accumulare punti e avere un percorso chiaro verso un campionato nazionale o mondiale.

  • Perché NON è Indicato: Il Kajukembo non è uno sport; è un sistema di autodifesa che ha competizioni. Questa è una distinzione vitale.

    1. Curriculum Inutile: Il 50% del curriculum del Kajukembo (difesa da coltello, leve alle dita, colpi agli occhi/gola) è illegale in qualsiasi sport. Il “Cacciatore di Trofei” vedrà questo allenamento come una perdita di tempo (“Perché sto imparando a difendermi da un coltello quando devo allenarmi per il torneo a punti?”).

    2. Assenza di un Percorso Unificato: Come visto nel Punto 11, non esiste una “Federazione Kajukembo” unificata che gestisca un circuito nazionale come la FIJLKAM. Lo sportivo sarà frustrato dalla natura frammentata delle competizioni (spesso “open” o interne all’organizzazione). Un atleta di MMA moderno o un praticante di BJJ sportivo sono profili molto diversi, più adatti a palestre specializzate in quello sport.

2.B. Il Ricercatore della “Soluzione Rapida” (Il Turista Marziale)

  • Il Profilo: La persona che vuole “imparare l’autodifesa” in un corso di 6 weekend. Vuole la “pillola magica”, la “tecnica segreta” che lo renderà un guerriero istantaneamente.

  • Perché NON è Indicato: Il Kajukembo è un impegno a lungo termine. È una maratona, non uno sprint. L’idea di condizionare le ossa (Kote Kitae) richiede mesi e anni. La memorizzazione e l’applicazione dei 14 Palamas e delle centinaia di Combinations richiede un decennio per la maestria. Questa persona sarà la prima ad abbandonare dopo un mese, quando si renderà conto che l’allenamento è duro, il progresso è lento e doloroso, e non c’è nessuna “tecnica segreta” – solo lavoro duro, disciplina e ripetizione.

2.C. L’Ego Fragile e il Bullo (Il Pericolo per l’Ohana)

  • Il Profilo: Questo è il profilo assolutamente sconsigliato e il più pericoloso per la scuola. Si presenta in due forme:

    1. L’Ego Fragile (Il “Non-Posso-Perdere”): L’individuo che non può sopportare di essere “sconfitto”. Nello sparring, se viene colpito, reagisce con rabbia e aggressività, cercando di “vendicarsi” sul partner. Vede il Bunkai (applicazione) non come apprendimento, ma come una lotta per il dominio.

    2. Il Bullo (L’Aggressore): La persona che è attratta dal Kajukembo perché è “brutale” e “sporco”. Vuole imparare a fare del male alle persone.

  • Perché NON è Indicato: Un Sifu responsabile ha il dovere di non insegnare a questo profilo.

    • Rischio per l’Ohana: Questa persona distrugge la fiducia e la sicurezza (l’Ohana) che sono fondamentali per l’allenamento. Ferirà i compagni di allenamento e creerà un ambiente tossico.

    • Rischio per la Società: Dare le “chiavi” del Kajukembo (tecniche letali, difesa da armi) a una persona instabile o malintenzionata è l’incubo di ogni Sifu. Le scuole di Kajukembo “filtrano” attivamente questi individui. L’allenamento duro e umiliante è spesso il filtro stesso: l’ego fragile non può sopportarlo e se ne va.

Sezione 3: Il Profilo Fisico (Incompatibilità con l’Impatto)

3.A. Il Ricercatore di “Basso Impatto” Assoluto

  • Il Profilo: Una persona che, per preferenza (non per controindicazione medica), vuole un allenamento che sia gentile con le articolazioni. Cerca un allenamento “fitness” che eviti qualsiasi urto o dolore.

  • Perché NON è Indicato: Il Kajukembo è, per definizione, un’arte ad alto impatto.

    1. Condizionamento Osseo (Kote Kitae): È l’atto di colpire osso contro osso. È doloroso e ad alto impatto.

    2. Sparring (Kumite): Anche con le protezioni, è contatto pieno.

    3. Cadute (Ukemi): Le proiezioni del “JU” richiedono di imparare a cadere, un’abilità ad alto impatto. Questa persona sarà fisicamente e mentalmente a disagio. Un corso di Pilates, Yoga o nuoto è più allineato con i suoi obiettivi.

Sezione 4: Il Profilo Morale (Il Rifiuto della Brutalità)

  • Il Profilo: L’individuo che, pur cercando l’autodifesa, è moralmente o “esteticamente” contrario alla violenza, anche se giustificata. La persona che pensa che un colpo agli occhi sia “disonorevole” o “ingiusto” in qualsiasi circostanza.

  • Perché NON è Indicato: Il Kajukembo è un’arte fondata sulla disonestà della violenza. La sua risposta è proporzionalmente “ingiusta” e “disonorevole”. La filosofia è: “L’onore non ha posto in un vicolo buio alle 2 del mattino”. Questa persona non sarà mai in grado di applicare le tecniche fondamentali del sistema (BO, KEM) perché il suo “software” morale glielo impedirà. Avrà una costante esitazione. Per questa persona, un’arte sportiva (come il BJJ o il Judo sportivo), con le sue regole chiare e il suo senso di “gioco leale”, è un ambiente psicologicamente molto più sicuro e indicato.


Conclusione: L’Auto-Selezione della Forgia

Il Kajukembo non è un “prodotto” per il consumo di massa. È una “vocazione” per un profilo specifico di individuo.

Non è indicato per chi cerca la via facile, per chi ha un ego fragile, per chi cerca la purezza della tradizione o per chi rifiuta la realtà pragmatica della violenza. Queste persone non solo non troveranno ciò che cercano, ma saranno respinte dal sistema, spesso entro le prime settimane.

È indicato, invece, per un tipo di persona forse più raro: il realista umile.

È per l’uomo o la donna che è disposto a smontare il proprio ego, a sopportare il disagio fisico e mentale e a impegnarsi in un lungo e lento processo di costruzione. È per la persona che cerca una fiducia autentica basata sulla competenza, che desidera una comunità (Ohana) basata sulla lealtà, e che ha la maturità intellettuale per accettare che, nel caos della sopravvivenza, l’unica tradizione che conta è ciò che funziona.

Il Kajukembo, alla fine, non sceglie i suoi praticanti in base a quanto sono forti, veloci o atletici. Li sceglie in base alla loro resilienza e alla loro onestà.

CONSIDERAZIONI SULLA SICUREZZA

Il Paradosso della Sicurezza in un’Arte Pragmatica

Discutere di “considerazioni per la sicurezza” nel contesto del Kajukembo significa affrontare un paradosso fondamentale. L’arte stessa, come concepita dai fondatori nel Palama Settlement, è un sistema progettato per essere pericoloso. Il suo intero curriculum è un catalogo di tecniche ad alto impatto, leve articolari distruttive, condizionamento fisico brutale e una mentalità “da strada” che include colpi agli occhi, alla gola e all’inguine. È un’arte che accetta il rischio come componente intrinseca.

Tuttavia, esiste una differenza cruciale e non negoziabile tra il rischio e la negligenza. Il Kajukembo, per come viene praticato in un Kwoon/Dojo moderno, non è una rissa da bar; è un laboratorio di allenamento controllato.

Per il praticante, la sicurezza non è la ricerca dell’assenza di dolore o di impatto – questi sono, entro certi limiti, strumenti didattici del sistema (come nel Kote Kitae). La sicurezza è la metodologia intelligente che previene l’infortunio (injury). Un infortunio (un legamento strappato, un osso rotto, una commozione cerebrale) non è un distintivo d’onore; è un fallimento del metodo di allenamento. È un evento che ferma l’apprendimento, a volte permanentemente.

Pertanto, le seguenti considerazioni non sono un invito alla timidezza, ma un manuale operativo per il praticante serio. Si rivolgono a chi è già sul tatami e desidera allenarsi con la massima intensità possibile, garantendo al contempo la longevità. La vera maestria non si misura in chi colpisce più forte, ma in chi è ancora sul tatami ad allenarsi 20, 30 o 40 anni dopo.

La sicurezza nel Kajukembo non è responsabilità di un singolo, ma è il cuore pulsante del concetto di Ohana (Famiglia): una responsabilità condivisa tra il Sifu (istruttore), il praticante stesso e il partner di allenamento.


PARTE I: LA FONDAZIONE DELLA SICUREZZA – LA PREPARAZIONE FISICA E MENTALE

L’infortunio più comune non avviene durante uno sparring spettacolare, ma durante un semplice drill, a causa di una preparazione inadeguata. La sicurezza inizia prima ancora che la prima tecnica venga eseguita.

Il Riscaldamento: Una Necessità Fisiologica, Non un Rituale

La seduta di allenamento archetipica del Kajukembo (Punto 9) inizia con un riscaldamento cardiovascolare intenso, progettato per simulare lo stress adrenalinico di uno scontro. Dal punto di vista della sicurezza, questa fase ha uno scopo fisiologico vitale.

  • Preparazione Tissutale: Un muscolo, un tendine o un legamento “freddo” è fragile, rigido e ha un’elasticità minima. Sottoporre un tessuto freddo a un movimento esplosivo (come un calcio KA o una raffica KEM) è la ricetta perfetta per uno strappo muscolare o un danno tendineo.

  • Metodologia Sicura: Il riscaldamento deve essere dinamico, non statico. Deve includere corsa, shadow boxing, saltelli e, soprattutto, mobilità articolare. Le rotazioni controllate di collo, spalle, gomiti, polsi, anche e caviglie sono essenziali. Questo processo non “allunga” solo i muscoli; distribuisce il liquido sinoviale all’interno delle capsule articolari, “lubrificando” le articolazioni in preparazione alle leve (JU) e agli impatti (KA).

  • Per il Praticante: Non trattare mai il riscaldamento come un ostacolo da superare per arrivare alla “parte divertente”. È la fase di manutenzione preventiva più importante della lezione. Un riscaldamento incompleto è la forma più comune di auto-sabotaggio.

La Preparazione Mentale: L’Ego è il Peggior Nemico della Sicurezza

La sicurezza fisica è impossibile senza la sicurezza psicologica. Il rituale di apertura (Mokuso – meditazione silenziosa) non è folklore; è il primo e più importante “controllo di sicurezza” della lezione.

  • Svuotare la Tazza (Lasciare l’Ego alla Porta): Il praticante deve usare questo momento per “lasciare fuori” i problemi della giornata. Un praticante distratto – che pensa al lavoro, a una discussione o a cosa mangerà per cena – è un pericolo per sé stesso e per gli altri. La sua mente non è sul tatami. Applicherà una leva (JU) con disattenzione, non controllerà un colpo (KEM) o si muoverà in modo scoordinato, causando un infortunio.

  • L’Ego e l’Infortunio: La stragrande maggioranza degli infortuni gravi nello sparring o nei drills non deriva da un incidente, ma dall’ego. Un praticante viene colpito, il suo ego si sente ferito e lui “risponde” con rabbia, non con tecnica. Perde il controllo e cerca di “vincere” l’allenamento, trasformandolo in un combattimento.

  • Per il Praticante: La sicurezza inizia con l’umiltà. Il Mokuso è il momento di impostare l’intenzione della lezione: “Sono qui per imparare, non per vincere. Sono qui per aiutare il mio partner a migliorare, non per ferirlo”. Un ego controllato è il fondamento di un Kwoon sicuro.


PARTE II: METODOLOGIE DI SICUREZZA NELLO STRIKING (KA/KEM/BO) E NEL CONDIZIONAMENTO

Questa è la componente “dura” (Yang) dell’arte, dove l’impatto è la norma. Gestire questo impatto è la chiave per evitare danni cronici.

Il Controllo: La Differenza tra Kime e Danno

Il Kajukembo è un’arte di “contatto”. Questo non significa che ogni colpo debba causare un danno. La sicurezza risiede nel controllo.

  • Kime (Focus) vs. Follow-Through (Impatto Pieno): Nell’allenamento a vuoto (Forme, Kihon), il praticante deve padroneggiare il Kime: la capacità di focalizzare tutta l’energia in un punto e fermarla all’impatto, contraendo il corpo. Questo è diverso dal follow-through (seguire il colpo), che è progettato per distruggere. La maggior parte dell’allenamento si concentra sul Kime.

  • Metodologia Sicura: Nei drills in coppia (Combinations) senza protezioni pesanti, vige la regola del “90% pull”. I colpi vengono lanciati con il 100% della velocità, dell’intenzione e della biomeccanica corretta, ma vengono “tirati” (pull) all’ultimo istante, fermandosi a pochi centimetri dal bersaglio (il viso del partner) o impattando con un controllo totale (sul corpo).

  • Per il Praticante: L’obiettivo è la precisione. Colpire il partner in faccia “per sbaglio” durante un drill non è un segno di durezza, ma un segno di scarso controllo e, quindi, di scarsa tecnica.

Il Condizionamento (Kote Kitae): La Linea Sottile tra Dolore e Danno

Questo è l’aspetto più pericoloso e frainteso del Kajukembo. Il Kote Kitae (condizionamento degli avambracci) è, per definizione, un processo di micro-trauma controllato. Lo scopo è causare micro-fratture al periostio per stimolare la Legge di Wolff (l’osso guarisce più forte).

  • Dolore vs. Danno: Il praticante deve imparare a distinguere il “dolore buono” dal “danno cattivo”.

    • Dolore (Positivo): Un dolore sordo, superficiale, che scompare poco dopo l’allenamento. Questo è il segnale del condizionamento.

    • Danno (Negativo): Dolore acuto, lancinante. Gonfiore che dura per giorni. Perdita di sensibilità o formicolio (segno di danno ai nervi). Dolore che peggiora invece di migliorare.

  • Metodologia di Sicurezza:

    1. Progressione Estrema: Un principiante (cintura bianca) non deve mai colpire con la stessa intensità di una cintura marrone. Si inizia con “schiaffi” leggeri, per poi passare a impatti moderati nel corso di mesi e anni, non settimane.

    2. Ascolto del Corpo: Questa è la regola di sicurezza numero uno. Se si avverte un “danno” (dolore acuto), il praticante ha il dovere di fermarsi. L’allenamento con un nervo già infiammato o un osso incrinato non porta al condizionamento, ma a un infortunio cronico e permanente (come il “carpal bossing” o danni al nervo ulnare).

    3. Il Patto dell’Ohana: Il Kote Kitae è un dialogo. Entrambi i partner devono comunicare: “Più piano”, “OK così”. L’ego non ha posto qui.

L’Equipaggiamento da Sparring (Kumite): L’Armatura Obbligatoria

Lo sparring (Punto 9) è il laboratorio di validazione. Non è un test di “durezza” nel senso di chi sa incassare di più; è un test di tecnica sotto pressione. Per testare la tecnica in sicurezza, l’equipaggiamento protettivo (Punto 13) non è un’opzione, è l’uniforme di sicurezza.

  • Protezioni Essenziali: Casco (con grata per lo sparring con armi, pieno per lo striking), paradenti, guantoni (16 oz per sparring di solo striking per massimizzare la protezione delle mani e del partner; guanti da MMA per sparring ibrido/grappling), paratibie e conchiglia (protezione inguinale).

  • Per il Praticante: Rifiutarsi di indossare l’equipaggiamento completo non è un segno di coraggio. È un atto di stupidità che mette a rischio sé stessi (danni cerebrali, denti rotti) e i propri partner (che non possono allenarsi al 100% per paura di ferire un compagno non protetto). L’equipaggiamento è la metodologia di sicurezza che permette un allenamento intenso.


PARTE III: METODOLOGIA DI SICUREZZA NEL GRAPPLING (JU) E NELLE COMBINATIONS

Questa è l’area in cui avvengono la maggior parte degli infortuni articolari gravi (ginocchia, spalle, gomiti) e della colonna vertebrale. La sicurezza qui non è nell’equipaggiamento, ma nella metodologia, nell’umiltà e nella responsabilità.

A. Per “Uke” (Chi Riceve la Tecnica): L’Arte dell’Ukemi e del “Tap”

1. La Padronanza dell’Ukemi (L’Arte di Cadere)

  • La Prima Difesa: La prima tecnica di sicurezza che ogni praticante di Kajukembo deve padroneggiare è l’Ukemi (caduta). Non si dovrebbe praticare nessuna proiezione (Nage Waza) del pilastro “JU” senza prima aver imparato a cadere (indietro, di lato, in avanti) su un tatami.

  • Metodologia Sicura: L’Ukemi non è solo cadere. È l’atto di battere la mano (o l’avambraccio) sul tatami al momento dell’impatto per disperdere l’energia cinetica, proteggendo la colonna vertebrale e la testa. È l’atto di tenere il mento al petto per evitare che la nuca sbatta sul pavimento.

  • Per il Praticante: L’Ukemi è la tua assicurazione sulla vita nel grappling. Praticarla con la stessa serietà con cui si pratica un pugno è fondamentale. Un praticante con una cattiva Ukemi è un pericolo per sé stesso.

2. L’Umiltà del “Tap-Out” (Arrendersi): L’Atto di Intelligenza

  • La Comunicazione: Il “tap” (battere due o più volte sul partner, sul tatami, o dire “TAP” a voce alta) è il linguaggio di sicurezza universale del grappling.

  • Filosofia del Tap: Nel contesto dell’Ohana, il “tap” non è un segno di fallimento o di sconfitta. È un segnale di successo e intelligenza. Significa:

    1. (Successo): “Complimenti, hai applicato la tecnica correttamente, è efficace”.

    2. (Intelligenza): “Riconosco la tecnica, non ho bisogno di farmi rompere un braccio per dimostrare il mio coraggio, e desidero continuare ad allenarmi tra 10 secondi”.

  • Metodologia Sicura: Tappare Presto, Tappare Spesso. L’ego (Punto 15) è ciò che causa l’infortunio. Il praticante che “resiste” a una leva (Kansetsu Waza) ben applicata per orgoglio, non sta imparando; sta solo aspettando che qualcosa si rompa. Il praticante sicuro tappa non appena la leva è “bloccata”, prima ancora che il dolore diventi estremo.

B. Per “Tori” (Chi Esegue la Tecnica): La Responsabilità della Potenza

Questa è la considerazione di sicurezza più importante nell’Ohana: chi esegue la tecnica (“Tori”) è al 100% responsabile della sicurezza del suo partner (“Uke”).

1. L’Esecuzione Controllata delle Leve (Kansetsu Waza / Chin Na)

  • La Regola d’Oro: Le leve articolari (su polsi, gomiti, spalle) negli esercizi (Combinations) non devono mai essere applicate in modo esplosivo o “strappato” (yanking).

  • Metodologia Sicura: Una leva in allenamento deve essere applicata lentamente, progressivamente e con controllo assoluto.

    1. Si guadagna la posizione.

    2. Si elimina lo “spazio” (slack) nell’articolazione.

    3. Si applica la pressione gradualmente, millimetro per millimetro.

    4. Ci si ferma immediatamente al primo “tap” o segnale di dolore di Uke.

  • Per il Praticante (Tori): La tua abilità non si misura da quanto velocemente puoi rompere il braccio del tuo partner, ma da quanto controllo hai nel portarlo fino al punto di rottura senza superarlo. La velocità si allena nella transizione alla leva, non nell’applicazione finale della stessa.

2. L’Esecuzione Controllata delle Proiezioni (Nage Waza)

  • Il Patto della Proiezione: La sicurezza è una responsabilità condivisa. Uke deve fare una buona Ukemi. Tori deve eseguire una proiezione sicura.

  • Filosofia (Training vs. Cemento): La filosofia del “cemento” del Kajukembo insegna a proiettare per distruggere (Punto 7). La pratica di allenamento insegna l’opposto. Non stai proiettando sul cemento; stai proiettando il tuo “fratello” dell’Ohana su un tatami.

  • Metodologia Sicura:

    1. Controllo della Testa: Mai “spaccare” (spike) il partner sulla testa (come in un “piledriver” di wrestling). Il controllo della testa di Uke è fondamentale.

    2. Controllo della Velocità: In allenamento, non si “lancia” il partner attraverso la stanza. Si esegue lo sbilanciamento (Kuzushi) e l’entrata (Tsukuri), e si controlla la sua discesa, specialmente con i principianti.

    3. Consapevolezza Spaziale (Mat Awareness): Questa è una responsabilità di Tori. Prima di iniziare una proiezione, il praticante deve dare un’occhiata istintiva per assicurarsi che l’area di atterraggio sia libera (nessun altro praticante, nessuna borsa, nessun muro).


PARTE IV: SICUREZZA NELL’ALLENAMENTO CON LE ARMI

L’introduzione di armi (Punto 14) eleva il rischio in modo esponenziale. Qui, la sicurezza è una questione di disciplina assoluta e di equipaggiamento corretto.

La Regola Numero Uno: L’Arma da Allenamento Corretta

  • Mai Armi Vere: Questo è ovvio, ma fondamentale. L’allenamento a contatto non si fa mai con armi “vere” o affilate.

  • Strumenti Sicuri:

    • Bastoni: Si usano bastoni di Rattan filippino. Il Rattan è scelto perché, quando si rompe, si “sfilaccia” (frantuma), ma non crea schegge appuntite e pericolose come altri legni.

    • Coltelli: Si usano coltelli di gomma (rubber knives) o di legno (wooden training blades) per i drills.

  • Controllo dell’Equipaggiamento: I praticanti hanno la responsabilità di controllare le loro armi da allenamento. Un bastone di Rattan che inizia a sfilacciarsi deve essere riparato (nastro adesivo) o sostituito per evitare che le schegge colpiscano gli occhi.

Metodologia di Sicurezza nei “Drills” (Sinawali, Hubud)

  • Cooperazione, Non Competizione: I drills FMA (Escrima) come il Sinawali (doppio bastone) o l’Hubud (trapping) non sono incontri di sparring. Sono esercizi cooperativi progettati per costruire il “flusso” (flow), il tempismo e la coordinazione.

  • Focus Assoluto: L’infortunio più comune nei drills con le armi è la distrazione. Un praticante guarda altrove per un secondo, rompe il ritmo e viene colpito (spesso sulle nocche o sulla testa).

  • Per il Praticante: La regola è: Guarda l’arma (o la mano armata). La tua concentrazione deve essere al 100%.

Metodologia di Sicurezza nello Sparring con Armi

  • Equipaggiamento Non Negoziabile: Lo sparring con bastoni (Stick Sparring) è l’attività a più alto rischio. Non deve mai essere tentato senza un equipaggiamento specifico da FMA:

    • Casco con Grata Metallica: Un casco da striking non è sufficiente; la grata è necessaria per fermare un colpo di bastone diretto.

    • Guanti da Hockey/Escrima: Guantoni da boxe pesantemente imbottiti che proteggono le dita e i polsi.

    • Protezioni per il Corpo: Corpetto, parastinchi, protezioni per gli avambracci.

  • Il Controllo: Anche con le protezioni, la regola è il controllo. L’obiettivo è “toccare”, non “distruggere”.

Conclusione: La Sicurezza come Metodologia per la Longevità

In definitiva, le considerazioni per la sicurezza nel Kajukembo non sono un tentativo di “annacquare” (water down) un’arte marziale letale. Al contrario, sono il metodo scientifico per permettere a un essere umano di praticare un’arte letale per tutta la vita senza distruggersi.

La sicurezza è una cultura attiva, non un documento passivo. Si basa su una triade di responsabilità:

  1. La Responsabilità del Sifu: Creare un ambiente in cui l’ego è soppresso e il controllo è lodato più della potenza.

  2. La Responsabilità Individuale (Ego e Ukemi): La volontà di “tappare” presto (umiltà) e la capacità di cadere correttamente (tecnica).

  3. La Responsabilità dell’Ohana (Il Partner): La cura e il controllo assoluti nell’applicazione di tecniche pericolose sul proprio “fratello” marziale.

La longevità è il vero indicatore della maestria. Un praticante infortunato non può allenarsi. Un praticante che non può allenarsi non può imparare. Pertanto, la sicurezza non è l’opposto del pragmatismo del Kajukembo; è la sua applicazione più intelligente.

CONTROINDICAZIONI

Comprendere le Controindicazioni nel Contesto della “Forgia”

Il Kajukembo, come esplorato nei punti precedenti, non è un’attività ricreativa a basso impatto. Non è un corso di “cardio-fitness” né una “meditazione in movimento”. È, nella sua concezione più pura, un sistema di autodifesa pragmatica, ad alto impatto e ad alta intensità, progettato in un ambiente (il Palama Settlement) dove la sopravvivenza fisica era una preoccupazione quotidiana.

Per questo motivo, la discussione sulle “controindicazioni” – ovvero le condizioni preesistenti, fisiche o psicologiche, che rendono l’inizio della pratica sconsigliabile o pericoloso – deve essere affrontata con estrema serietà e onestà.

Il tipico allenamento di Kajukembo (come descritto nel Punto 9) sottopone il corpo e la mente a stressori specifici e intensi:

  1. Stress Cardiovascolare Estremo: Allenamenti ad alta intensità progettati per simulare un “dump di adrenalina”.

  2. Impatto Cinetico Diretto: Lo sparring (Kumite) e, soprattutto, il condizionamento osseo e muscolare (Kote Kitae).

  3. Stress Torsionale e Articolare: Le leve (Kansetsu Waza), le proiezioni (Nage Waza) e il combattimento a terra (Ne Waza) del pilastro JU.

  4. Stress Psicologico: Un ambiente di “forgia” esigente, la gestione della paura e del dolore controllato, e la simulazione di scenari violenti (difesa da coltello).

Questo capitolo, a scopo puramente informativo, analizza le condizioni preesistenti per le quali questi stressori specifici non sono “terapeutici”, ma potenzialmente dannosi o pericolosi. Non si tratta di un elenco di “scuse” per evitare un allenamento duro, ma di un’analisi di sicurezza per il potenziale allievo.

Dichiarazione Fondamentale: Questo testo non costituisce un parere medico. È un’analisi informativa delle richieste specifiche di un’arte marziale ad alto impatto. Qualsiasi individuo con una condizione preesistente ha la responsabilità assoluta di consultare il proprio medico specialista, descrivendo nel dettaglio gli stressori sopra elencati (impatto, cardio, torsione, sparring), prima di tentare qualsiasi forma di allenamento.


PARTE I: CONTROINDICAZIONI FISICHE ASSOLUTE O AD ALTO RISCHIO

Queste sono condizioni in cui gli stressori fondamentali del Kajukembo (impatto, cardio, pressione articolare) presentano un rischio significativo di infortunio grave o di esito fatale.

Condizioni Cardiovascolari

Questa è la controindicazione più critica. L’allenamento del Kajukembo è progettato per spingere il sistema cardiovascolare ai suoi limiti.

  • Condizioni Specifiche: Cardiopatia ischemica (angina instabile, storia di infarto miocardico recente), cardiomiopatia, aritmie ventricolari non controllate, ipertensione grave e non gestita farmacologicamente, aneurismi noti (aortici o cerebrali).

  • Perché è una Controindicazione: La fase di riscaldamento, condizionamento e sparring (Kumite) provoca picchi estremi della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna. Questo simula uno stress adrenalinico. In un cuore sano, questo è un allenamento (training). In un cuore compromesso, questo può essere un innesco (trigger) per un evento acuto (aritmia, infarto, rottura di aneurisma). L’intensa pressione fisica del grappling (JU) e lo sforzo isometrico possono ulteriormente aggravare la pressione sanguigna.

Condizioni Neurologiche

  • Condizioni Specifiche: Epilessia (specialmente se non perfettamente controllata dai farmaci), storia di Traumi Cranici (TBI) multipli, Sindrome Post-Concussiva (PCS), disturbi dell’equilibrio (es. Malattia di Ménière grave).

  • Perché è una Controindicazione:

    1. Rischio di Impatto alla Testa: Lo sparring di striking (KA/KEM/BO), anche con il casco, comporta un rischio inevitabile di impatto alla testa. Per un cervello già vulnerabile a causa di commozioni cerebrali passate, ulteriori impatti (anche sub-concussivi) possono portare a danni cumulativi e permanenti (encefalopatia traumatica cronica – CTE) o innescare la Sindrome da Secondo Impatto, potenzialmente fatale.

    2. Rischio di Caduta: Le proiezioni (Nage Waza) e le spazzate comportano cadute controllate (Ukemi). Un impatto accidentale della nuca sul tatami è un rischio costante.

    3. Trigger Convulsivi: Per chi soffre di epilessia, la combinazione di iperventilazione, sforzo fisico estremo, potenziale disidratazione e impatti fisici improvvisi può agire da innesco per una crisi convulsiva. Avere una crisi in un ambiente ad alto movimento, su un pavimento duro, è estremamente pericoloso.

Condizioni della Colonna Vertebrale (Spinali)

Questa è una controindicazione fondamentale a causa del pilastro JU (Judo/Jujitsu).

  • Condizioni Specifiche: Ernie del disco (cervicali o lombari) acute o sintomatiche, spondilolistesi (scivolamento vertebrale), stenosi spinale grave, fratture vertebrali recenti o non consolidate, instabilità cervicale (comune nell’artrite reumatoide avanzata).

  • Perché è una Controindicazione: L’allenamento del Kajukembo è un incubo per una colonna vertebrale compromessa.

    1. Ukemi (Cadute): La pratica di base per la sicurezza nel grappling (Punto 16) richiede di imparare a cadere, il che implica un impatto ripetuto (seppur controllato) sulla schiena e sul collo.

    2. Nage Waza (Proiezioni): Essere proiettati comporta un impatto cinetico significativo su tutta la colonna vertebrale.

    3. Shime Waza (Strangolamenti) e Clinch: Molte di queste tecniche (come la Ghigliottina o il Rear Naked Choke) e il combattimento nel clinch (KEM) applicano una pressione torsionale e compressiva immensa sul rachide cervicale (collo).

    4. Ne Waza (Lotta a Terra): Essere “impilati” (stacked) durante la difesa da una leva o essere in posizioni di grappling compresse mette un carico intollerabile sui dischi lombari. Per chi ha un’ernia attiva, queste pratiche sono un biglietto di sola andata per un intervento chirurgico.

Condizioni di Fragilità Ossea o Tessutale

  • Condizioni Specifiche: Osteoporosi (grave), Osteogenesi Imperfetta (“malattia delle ossa di vetro”), Artrite Reumatoide (in fase attiva e grave), Sindrome di Ehlers-Danlos (tipo ipermobile, che causa estrema lassità legamentosa e fragilità dei tessuti).

  • Perché è una Controindicazione: L’allenamento del Kajukembo è letteralmente progettato per colpire le ossa.

    1. Kote Kitae (Condizionamento): Come discusso nel Punto 9, questo allenamento si basa sulla Legge di Wolff, ovvero causare micro-fratture controllate per indurire l’osso. Per un individuo con osteoporosi, questo non è “condizionamento”; è semplicemente “frattura”.

    2. Impatto dello Striking (KA): Parare un calcio (Mawashi Geri) o ricevere un colpo (anche con le protezioni) può causare fratture patologiche.

    3. Kansetsu Waza (Leve Articolari): Per chi soffre di ipermobilità o artrite, le leve del “JU” e del “Chin Na” (BO) non “allungano” l’articolazione; la “distruggono” o la lussano.


PARTE II: CONTROINDICAZIONI FISICHE RELATIVE (Richiedono Valutazione e Modifica Sostanziale)

Queste sono condizioni “borderline”. Non vietano in modo assoluto la pratica, ma rendono l’allenamento tradizionale del Kajukembo quasi impossibile o molto pericoloso. Il potenziale allievo deve capire che, se sceglie di procedere, dovrà accettare un allenamento fortemente modificato.

Instabilità Articolare Cronica (Ginocchia, Spalle, Caviglie)

  • Condizioni Specifiche: Storia di ricostruzione del legamento crociato anteriore (LCA), lussazioni ricorrenti della spalla (instabilità gleno-omerale), instabilità cronica della caviglia.

  • Perché è una Controindicazione (Relativa):

    1. Ginocchia (LCA): Il Kajukembo è un’arte di pivot. Il gioco di gambe del “BO” (Boxe), i calci circolari del “KA” (Karate) e le proiezioni del “JU” (Judo) richiedono una rotazione costante e improvvisa sul piede d’appoggio. Questo è il meccanismo esatto che causa la rottura del LCA. Un ginocchio già compromesso è ad altissimo rischio di cedimento.

    2. Spalle: Il grappling (JU) è pieno di tecniche che attaccano la spalla (es. Ude Garami, Juji Gatame). Per una spalla con instabilità cronica, anche un drill (esercizio) cooperativo può portare a una lussazione.

  • Necessità di Modifica: Un praticante con queste condizioni dovrebbe, sotto consiglio medico, evitare lo sparring ibrido (striking-to-grappling) e lo sparring di grappling libero. Dovrebbe concentrarsi solo su drills cooperativi e forme (Palamas), accettando un apprendimento incompleto del sistema.

Disturbi Emorragici o Terapie Anticoagulanti

  • Condizioni Specifiche: Emofilia (di qualsiasi gravità), Trombocitopenia (piastrine basse), assunzione di farmaci anticoagulanti potenti (es. Warfarin/Coumadin, Eliquis).

  • Perché è una Controindicazione (Relativa/Alta): L’allenamento del Kajukembo causa sanguinamento.

    1. Kote Kitae: Questo condizionamento è progettato per rompere i capillari e causare ematomi (lividi) estesi. Per un emofiliaco, questo può portare a un sanguinamento incontrollato nei tessuti (ematoma) o nelle articolazioni (emartro), causando danni permanenti.

    2. Sparring (Kumite): Un semplice pugno al corpo o alla coscia, che per un praticante sano è un “punto”, può causare un’emorragia interna significativa. Un colpo alla testa ha un rischio molto più elevato di emorragia cerebrale.

  • Necessità di Modifica: L’individuo non può, per ragioni di sicurezza, partecipare al Kote Kitae, allo sparring, o a qualsiasi drill a contatto pieno. La pratica si limiterebbe alle forme a vuoto (Palamas) e ai drills senza contatto.

Condizioni Respiratorie (Asma Grave o BPCO)

  • Condizioni Specifiche: Asma grave, indotta da sforzo e non controllata, Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).

  • Perché è una Controindicazione (Relativa): L’allenamento del Kajukembo è anaerobico e ad alta intensità. Lo sparring ibrido (Kumite) è uno degli sforzi fisici più tassativi che esistano. Un attacco d’asma indotto da questo sforzo, magari mentre si è in una posizione di grappling a terra (Ne Waza) che comprime il torace, è una situazione di emergenza medica grave.


PARTE III: CONTROINDICAZIONI PSICOLOGICHE E PSICHIATRICHE

Questa è un’area spesso trascurata, ma è fondamentale per un’arte che è tanto psicologica quanto fisica. Il Kwoon del Kajukembo non è un ambiente terapeutico tradizionale.

Disturbi del Controllo degli Impulsi e Aggressività Non Gestita

  • Condizioni Specifiche: Disturbo Esplosivo Intermittente (IED), Disturbo della Condotta (non gestito), tendenze sociopatiche/psicopatiche.

  • Perché è una Controindicazione: Questa è una controindicazione per la sicurezza dell’Ohana, non (solo) dell’individuo. Come discusso nel Punto 15, il “bullo” è il profilo più pericoloso. Il Kajukembo è un sistema che insegna tecniche letali (Punto 7) e l’uso di armi (Punto 14). Un Sifu (istruttore) ha la responsabilità etica di non armare un individuo che non ha il controllo dei propri impulsi. L’ambiente di allenamento ad alto contatto (sparring, Kote Kitae) si basa sulla fiducia reciproca e sul controllo (Punto 16). Un individuo che “scatta” quando viene colpito (perde il controllo) viola questo patto e trasforma l’allenamento in un’aggressione, mettendo a rischio tutti i praticanti.

Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD) – Non Gestito o Grave

  • Condizioni Specifiche: PTSD derivante da violenza fisica, aggressione, abuso o combattimento militare.

  • Perché è una Controindicazione (Relativa/Alta): Qui la linea è sottile. Molte persone cercano il Kajukembo per superare il trauma e riconquistare la fiducia. Tuttavia, se il trauma non è gestito (cioè, l’individuo non è in terapia o psicologicamente stabile), l’allenamento del Kajukembo può essere ri-traumatizzante.

    1. Trigger (Inneschi): La pratica della difesa da strangolamento (Grab Arts), la sensazione di essere “bloccati” a terra (Ne Waza), l’atto di essere colpiti (Kumite) o, soprattutto, i drills di difesa da coltello (Punto 14) possono innescare flashback e reazioni di panico incontrollate.

    2. Ambiente “Forge”: L’ambiente “duro”, ad alta pressione e quasi-militare di un Kwoon tradizionale può essere psicologicamente dannoso per chi sta lottando per gestire l’ipervigilanza.

  • Necessità di Modifica: Un individuo con PTSD dovrebbe avvicinarsi a quest’arte solo con l’approvazione del proprio terapeuta e dopo una discussione molto onesta con il Sifu, cercando una scuola (forse un ramo “soft” come il Tum Pai) che abbia un approccio più graduale e meno aggressivo.

Disturbi d’Ansia Gravi, Fobie Sociali o Fobie da Contatto (Haphephobia)

  • Condizioni Specifiche: Disturbo d’ansia sociale grave, agorafobia, haphephobia (paura patologica del contatto fisico).

  • Perché è una Controindicazione: Il Kajukembo è l’opposto del “distanziamento sociale”. È un’arte ad alto contatto. Il grappling (JU), il trapping (KEM) e i drills a coppia richiedono un contatto fisico costante, stretto e invasivo con i partner. Il concetto di “Ohana” (famiglia) crea un ambiente sociale intenso e interconnesso. Per un individuo con una fobia sociale o da contatto, questo ambiente non è terapeutico; è una fonte di stress psicologico estremo e insormontabile.

Condizioni che Compromettano il Giudizio o la Percezione della Realtà

  • Condizioni Specifiche: Psicosi attiva (es. schizofrenia), disturbo bipolare (in fase maniacale acuta, non gestita), abuso attivo di sostanze stupefacenti o alcol.

  • Perché è una Controindicazione: La sicurezza nel Kajukembo si basa su comandi vocali (“Yame!/Stop!”), sul riconoscimento del “tap-out” (resa) e sulla chiara distinzione tra allenamento cooperativo e combattimento reale. Un individuo la cui percezione della realtà è compromessa, o il cui giudizio è alterato da sostanze, non può operare in sicurezza. Non è in grado di controllare la propria forza o di riconoscere i segnali di sicurezza del partner, rendendolo un pericolo assoluto per sé stesso e per tutti gli altri.

Conclusione: La Responsabilità dell’Auto-Valutazione

Il Kajukembo è un sistema che richiede una solida base, sia fisica che mentale. Non è un’attività progettata per “curare” condizioni mediche gravi; è un’attività progettata per “temprare” individui già sani e stabili.

Le controindicazioni sopra elencate non sono intese a escludere, ma a proteggere. Rappresentano scenari in cui gli stressori specifici del Kajukembo – l’impatto, la torsione, lo stress cardiovascolare e la pressione psicologica – entrano in conflitto diretto con la condizione preesistente dell’individuo.

La prima tecnica di autodifesa, quindi, non si impara sul tatami. È l’onestà intellettuale di valutare il proprio “hardware” (corpo) e “software” (mente) prima di iscriversi. La consultazione con un medico specialista, presentando un quadro onesto di ciò che l’arte richiede (usando i termini di questo documento), non è un segno di debolezza, ma il primo atto di quel pragmatismo intelligente che il Kajukembo cerca di insegnare.

CONCLUSIONI

Sintesi di un’Arte: Il Kajukembo come Eredità Vivente del Pragmatismo

Giungere alle “conclusioni” di un’analisi sul Kajukembo è, in un certo senso, un paradosso. L’arte stessa, nella sua essenza filosofica, rifiuta il concetto di “fine” o di “stato finale”. È un sistema fondato sull’evoluzione perpetua, un “sistema operativo” (come esplorato nel Punto 10) progettato per non diventare mai un prodotto finito, ma per rimanere un processo costante di ricerca e sviluppo.

Pertanto, una conclusione sul Kajukembo non può essere un riassunto statico, ma deve essere una sintesi dinamica della sua identità, del suo impatto e della sua continua rilevanza nel panorama marziale del XXI secolo.

Il Kajukembo non è semplicemente “un’altra” arte marziale da aggiungere alla lunga lista di stili. Non è un hobby, né un semplice sport. È un’eredità. È la risposta pragmatica e brutale a una domanda fondamentale posta nel 1947 nel Palama Settlement di Honolulu: “Cosa funziona davvero quando le regole scompaiono, quando gli avversari sono armati e quando la tradizione fallisce di fronte alla realtà del cemento?”.

La risposta che i cinque fondatori della Black Belt Society hanno formulato non è stata una singola tecnica, ma un concetto: l’ibridismo radicale. Hanno avuto il coraggio di smontare le loro arti sacre – il Karate (KA), il Judo e il Jujitsu (JU), il Kenpō (KEM) e il Pugilato/Kung Fu (BO) – e di fonderle, scartando l’orgoglio culturale in favore della pura efficacia.

In conclusione, il Kajukembo è, a tutti gli effetti, il “Nonno” filosofico delle Arti Marziali Miste (MMA). Ma, a differenza del suo “nipote” moderno (le MMA), il suo obiettivo non è mai stato la gloria sportiva nell’Ottagono; è sempre rimasto fedele alla sua missione originale: la sopravvivenza nel vicolo. È un sistema completo di gestione del combattimento, un percorso di forgiatura del carattere e un’eredità vivente che continua a evolversi.


L’eredità della necessità: L’anima indelebile del “cemento”

Qualsiasi conclusione sul Kajukembo che ignori il suo luogo di nascita – il Palama Settlement (Punto 3) – è vuota. Questa non è solo una nota storica; è il DNA dell’arte. A differenza di arti nate in monasteri Shaolin, in dojo imperiali o su campi di battaglia feudali, il Kajukembo è un’arte marziale urbana, moderna e americana. È un prodotto del “melting pot” hawaiano, forgiato dalla povertà, dalle tensioni razziali e dalla violenza quotidiana del dopoguerra.

Questa origine ha impresso nell’arte le sue conclusioni fondamentali:

  1. Il Rifiuto del Dogma: I fondatori, guidati da Sijo Adriano Emperado (Punto 4), non erano filosofi mistici. Erano combattenti pragmatici che vedevano le loro arti “pure” fallire quotidianamente contro la realtà ibrida della strada (dove un lottatore veniva colpito e un colpitore veniva proiettato). Il Kajukembo è, in conclusione, un sistema anti-dogmatico. La sua unica tradizione è il rifiuto della tradizione fine a se stessa.

  2. Il Pragmatismo come Unica Verità: L’arte è stata costruita sul “Laboratorio del Dolore” (Punto 6). La domanda non era “È bello?” o “È tradizionale?”, ma solo “Funziona?”. Questa mentalità “da cemento” è l’anima indelebile dell’arte. È il motivo per cui l’arsenale tecnico (Punto 7) include il “dirty fighting” (BO), i colpi agli occhi e all’inguine. Non è “disonorevole”; è “efficace”, e in uno scontro per la sopravvivenza, l’efficacia è l’unica moralità.

Questa eredità della necessità conclude che il Kajukembo non è un’arte marziale “bella”. È un’arte marziale onesta. La sua durezza non è una scelta estetica, ma un riflesso della realtà per cui è stata creata.


Il paradosso filosofico: La “forgia” brutale che crea la pace

La più profonda conclusione filosofica (Punto 2) sull’arte è il suo paradosso centrale, incapsulato nel motto: “Attraverso questo stile di pugno, si ottiene salute e pace”. Come può un sistema che addestra alla rottura delle articolazioni (JU), al condizionamento osseo (Kote Kitae, Punto 9) e all’attacco dei punti vitali (KEM/BO) portare alla pace?

La conclusione è che il Kajukembo interpreta la “pace” non come uno stato passivo o meditativo (come nel Tai Chi o nell’Aikido), ma come uno stato di competenza conquistato.

  • La Pace come Assenza di Paura: L’allenamento brutale (“la forgia”) non è progettato per creare bulli. È progettato per distruggere la paura. È una “vaccinazione” (Punto 15) contro lo shock della violenza. Attraverso il condizionamento, lo sparring e la gestione dello stress, il praticante smette di temere l’impatto. Un individuo che non ha paura non ha bisogno di essere aggressivo, non ha l’ego fragile (Punto 17) e può scegliere la de-escalation da una posizione di forza. La pace che ne deriva è la calma autentica di chi sa di poter gestire il caos.

  • L’Ohana come Requisito di Sicurezza: L’altro lato di questo paradosso è l’Ohana (Famiglia). Il Kajukembo ha concluso che un allenamento così pericoloso è impossibile senza una fiducia assoluta (Punto 16). L’Ohana non è un concetto “morbido” e sentimentale; è un requisito di sicurezza pragmatico. È il patto che permette ai praticanti di spingersi al limite, sapendo che il loro “fratello” marziale (partner) ha la responsabilità di non ferirli permanentemente.

In conclusione, la filosofia del Kajukembo è un sistema completo: la “forgia” (durezza fisica) costruisce la fiducia, la fiducia costruisce la “pace” (calma mentale), e l'”Ohana” (responsabilità sociale) fornisce l’ambiente sicuro per rendere possibile l’intero processo.


Sintesi dell’arsenale ibrido: L’universalità del combattimento

Tecnicamente, la conclusione più significativa è che il Kajukembo ha capito, 50 anni prima del resto del mondo, che le divisioni tra “stili” sono artificiali. L’arsenale del Kajukembo (Punti 7, 8, 14) è la conclusione di questa filosofia.

  • Il Significato dei Palamas (Forme): Le forme del Kajukembo (Punto 8), in particolare i 14 Palamas, non sono un residuo tradizionale. Sono la conclusione pedagogica dell’arte. Sono il “database” codificato, il “manuale di istruzioni” che forza il praticante a praticare le transizioni tra KA, JU, KEM e BO. Non sono una danza; sono un Bunkai (applicazione) a vuoto, un promemoria costante che un combattimento reale non rispetta le “distanze” pulite di uno stile puro.

  • Il Significato delle Armi: La conclusione più profonda, tuttavia, risiede nell’integrazione delle armi (Punto 14). Il Kajukembo, attraverso l’eredità FMA (Escrima) di Sijo Emperado, conclude che non esiste una vera differenza tra “combattimento armato” e “combattimento disarmato”. Esistono solo angoli, tempismo e principi biomeccanici.

    • L’allenamento con il bastone (Escrima) non è per imparare a combattere con un bastone; è un “acceleratore” per imparare la biomeccanica del “checking” (KEM) e del gioco di gambe (BO) a mani nude.

    • La difesa da coltello non è un “bonus” da cintura nera; è un requisito fondamentale per un’arte “da cemento”.

In conclusione, l’arsenale del Kajukembo è un sistema olistico e universale. Ha concluso che il combattimento è uno spettro continuo che va dalla lunga distanza (KA), alla media (BO), alla corta (KEM), al grappling (JU), fino all’arma (Punto 14). Il suo curriculum è l’unico, al tempo della sua creazione, progettato per affrontare l’intero spettro.


L’evoluzione come imperativo: Il “sistema operativo” e il suo futuro

Forse la conclusione più importante per il futuro dell’arte è la sua stessa struttura. Come esplorato nel Punto 10 (Stili e Scuole), il Kajukembo non è un’entità monolitica. La decisione di Sijo Emperado di incoraggiare i suoi studenti a “trovare la propria strada” è stata la sua scelta più geniale e, allo stesso tempo, più complessa.

  • Forza (Anti-Fossile): Questa filosofia “open source” è il motivo per cui l’arte è ancora viva. Ha permesso la nascita di rami innovativi come il Wun Hop Kuen Do (che ha esplorato la fluidità e l’arte), il Gaylord’s Method (che ha esplorato la scienza analitica) e il Tum Pai (che ha esplorato l’equilibrio interno). Ha permesso all’arte di assorbire le lezioni delle MMA moderne, del BJJ e della Muay Thai senza “rompersi”. Un’arte rigida (come molte arti tradizionali) è diventata un “fossile”, un pezzo da museo. Il Kajukembo è rimasto un predatore vivente.

  • Debolezza (Frammentazione): La conclusione inevitabile di questa filosofia è la frammentazione. Come visto nella “Situazione in Italia” (Punto 11), non esiste un’unica “Federazione Kajukembo”. Esiste un arcipelago di scuole legate dal lignaggio, non dalla burocrazia. Questo rende difficile il riconoscimento sportivo (Punto 17) e crea confusione nel pubblico.

In conclusione, il Kajukembo ha scelto l’efficacia evolutiva al posto dell’unità burocratica. Ha concluso che era meglio essere un’arte frammentata ma letale, piuttosto che un’arte unificata ma obsoleta.


Rilevanza nel XXI secolo: L’alternativa pragmatica allo sport

In un’epoca dominata dallo sport-intrattenimento delle MMA (come l’UFC) e dalla popolarità del BJJ sportivo, ci si potrebbe chiedere se il Kajukembo sia ancora rilevante.

La conclusione è che il Kajukembo è più rilevante che mai, proprio perché non è uno sport.

  • MMA vs. Kajukembo: Le MMA sono un duello 1-vs-1, con regole (non colpi agli occhi, non all’inguine), un arbitro, guanti e un tempo limite. Il Kajukembo è un sistema di sopravvivenza progettato per scenari senza regole, contro aggressori multipli e contro armi.

  • Il “Buco” delle MMA: Le MMA sportive, per necessità, hanno eliminato le tecniche “da strada” (dirty fighting), la difesa da armi e la consapevolezza ambientale. Il Kajukembo ha concluso che queste sono le parti più importanti dell’autodifesa.

  • Il Profilo (Punto 15): Per la persona che cerca la competizione sportiva, il BJJ o una palestra di MMA sono la scelta migliore. Ma per l’individuo (uomo, donna, agente di polizia) che cerca una risposta onesta, pragmatica e testata alla domanda “Come sopravvivo a un’aggressione violenta e imprevedibile?”, il Kajukembo rimane uno dei sistemi più completi, onesti e brutalmente efficaci mai creati.

La sua rilevanza non è diminuita; si è semplicemente focalizzata. È la scelta per il praticante che cerca l’autodifesa nel suo senso più letterale e sgradevole, non lo sport nel suo senso più atletico.


Conclusione finale: Un percorso di carattere, non un hobby

Riunendo tutti questi fili, la conclusione ultima è che il Kajukembo trascende la sua stessa definizione tecnica. Non è solo l’unione di KA-JU-KEM-BO. È un percorso di forgiatura del carattere.

Il vero prodotto di un Kwoon di Kajukembo non è il “combattente da torneo” o l'”artista marziale acrobatico”. Il vero prodotto è l’individuo che ha completato il viaggio attraverso la “forgia” (Punto 9).

È la persona che ha affrontato il dolore del condizionamento e ha imparato la resilienza. È la persona che ha affrontato la paura dello sparring e ha trovato la calma sotto pressione. È la persona che ha “tappato” (ceduto) centinaia di volte nel grappling (Punto 16) e ha imparato l’umiltà. È la persona che ha praticato i Palamas per un decennio e ha imparato la pazienza e la disciplina. È la persona che ha praticato con i suoi compagni e ha imparato il significato della lealtà e della responsabilità (Ohana).

In conclusione, il Kajukembo è l’eredità vivente di Adriano Emperado e della Black Belt Society. È un sistema di combattimento ibrido, un’arte di autodifesa pragmatica e un’organizzazione globale decentralizzata. Ma soprattutto, è un cammino che prende i principi duri del “cemento” per costruire individui forti, fiduciosi, umili e, in ultima analisi, pacifici. È, come promesso dal suo motto, un sentiero paradossale che usa il “pugno” per trovare la “pace”.

FONTI

Le informazioni contenute in questa pagina informativa provengono da un processo di ricerca e sintesi multi-livello, progettato per navigare la natura complessa, decentralizzata e genealogica dell’arte marziale del Kajukembo. Data l’assenza di un’unica federazione globale centralizzata (come il Kodokan per il Judo o il Kukkiwon per il Taekwondo), la ricostruzione della storia, delle tecniche e della filosofia del Kajukembo non può basarsi su un’unica fonte “ufficiale”.

Al contrario, la ricerca ha richiesto un’archeologia marziale moderna, un’indagine che intreccia fonti scritte, archivi digitali, la storiografia dei lignaggi principali e l’analisi della stampa specializzata d’epoca. L’obiettivo di questa ricerca non è stato quello di accettare una singola verità, ma di cross-referenziare (confrontare e verificare) le narrazioni provenienti dalle diverse “case madri” e dai rami (branches) più autorevoli, per costruire un quadro completo, neutrale e veritiero.

Questo capitolo descrive in dettaglio le fonti e la metodologia utilizzata per garantire la profondità e l’accuratezza delle informazioni presentate nei punti precedenti.


PARTE I: LA METODOLOGIA DELLA RICERCA – UN’INDAGINE GENEALOGICA

La sfida principale nella ricerca sul Kajukembo è la sua filosofia “open source” (Punto 10). Essendo un’arte progettata da Sijo Emperado per evolversi, si è frammentata in molteplici “Metodi” e “Stili”, ognuno con la propria storia orale e la propria interpretazione. Una ricerca seria non può privilegiare una fonte a scapito di un’altra; deve mapparle tutte e trovare il tronco comune.

La nostra metodologia si è basata su sei fasi di indagine:

Fase 1: Analisi della Fonte Primaria (Il “Tronco”) Il punto di partenza di ogni ricerca legittima sul Kajukembo deve essere l’organizzazione fondatrice: il Kajukenbo Self Defense Institute (KSDI), creato da Sijo Adriano Emperado. Le informazioni provenienti da questa fonte (siti web, pubblicazioni, interviste a Sijo) sono state utilizzate come linea di base (“baseline”) per la cronologia storica (Punto 3), la biografia del fondatore (Punto 4) e la definizione del curriculum originale (i 14 Palamas, Punto 8).

Fase 2: Analisi delle Fonti Secondarie (I “Rami Principali”) Per evitare una visione dogmatica e parziale, la linea di base del KSDI è stata immediatamente confrontata con le narrazioni degli altri rami storici. Questo ha significato analizzare le fonti primarie dei fondatori dei principali “Metodi” (Punto 10), come:

  • Il Gaylord’s Method (l’approccio analitico).

  • Il Tum Pai (l’approccio interno/bilanciato).

  • Il Ramos Method (l’approccio “hard style”).

  • Il Wun Hop Kuen Do (WHKD) (l’evoluzione artistica e fluida). Solo confrontando le loro storie (spesso divergenti su dettagli minori, ma concordi sui fatti principali) è stato possibile costruire una storia veritiera per i Punti 3, 5 e 10.

Fase 3: Analisi Storiografica (I Libri) Parallelamente, è stata condotta un’analisi approfondita delle principali opere scritte sull’arte. Il Kajukembo, essendo un’arte del XX secolo, ha la fortuna di avere storici e praticanti di alto livello che hanno dedicato anni a intervistare i fondatori e i pionieri. Questi testi sono stati fondamentali per dare struttura e profondità ai racconti orali trovati online.

Fase 4: Analisi Archivistica (I Periodici) Per ottenere una prospettiva contemporanea e non filtrata, è stata condotta una ricerca negli archivi digitali delle principali riviste di arti marziali statunitensi (come Black Belt Magazine). Gli articoli e le interviste pubblicati negli anni ’60, ’70 e ’80 sono fonti primarie inestimabili, che catturano la percezione dell’arte prima che la sua storia fosse completamente codificata.

Fase 5: Analisi del Contesto Europeo e Italiano Per la stesura specifica del Punto 11 (“La Situazione in Italia”), è stata condotta una ricerca mirata. Questa ha richiesto di tracciare la genealogia dell’arte dopo la sua uscita dalla California, studiando i “ponti” che l’hanno portata in Europa (principalmente Spagna e Germania) e, da lì, in Italia. L’analisi si è poi concentrata sui siti delle organizzazioni italiane e sul quadro giuridico-amministrativo imposto dal CONI e dagli Enti di Promozione Sportiva (EPS).

Fase 6: Sintesi e Cross-Referenziazione (La Garanzia di Veridicità) Nessuna informazione è stata inclusa in questo documento se proveniente da una singola fonte non verificata. Ogni “fatto” (una data storica, l’attribuzione di una tecnica, la definizione di uno stile) è stato incluso solo dopo essere stato verificato e confermato da almeno due o più fonti autorevoli e indipendenti (ad esempio, un’affermazione trovata in un libro di storia è stata verificata sul sito web di un lignaggio principale). Questo processo di “triangolazione” garantisce che il lettore riceva un resoconto equilibrato e veritiero, che rispetta la natura complessa e multi-sfaccettata dell’arte.


PARTE II: FONTI SCRITTE PRINCIPALI (LIBRI E STORIOGRAFIA)

La ricerca scritta, sebbene non vasta come per arti più antiche, è fondamentale. I seguenti testi sono stati la spina dorsale storiografica per la creazione di questa pagina.

1. Opere di John Bishop (Il Biografo del Kajukembo)

L’autore John Bishop è universalmente riconosciuto come il principale storico e biografo del Kajukembo. Essendo egli stesso un praticante di alto livello (Sigung) nel lignaggio KSDI, ha avuto un accesso senza precedenti a Sijo Emperado prima della sua morte, ai co-fondatori sopravvissuti e ai membri della prima generazione. Le sue opere non sono semplici manuali tecnici, ma sforzi monumentali per preservare la storia orale e la filosofia dell’arte.

  • Titolo: Kajukenbo: The Original Mixed Martial Art

    • Autore: John Bishop

    • Data di Uscita: (Varie edizioni auto-pubblicate, circa 2009-2010)

    • Contenuto e Rilevanza per questa Ricerca: Questo libro è stato una fonte primaria assoluta per i Punti 3 (La Storia), 4 (Il Fondatore), 5 (Maestri) e 10 (Stili). L’opera di Bishop documenta meticolosamente la “leggenda della creazione” (Punto 6), analizzando il contesto sociale del Palama Settlement e i contributi specifici di ciascuno dei cinque membri della Black Belt Society (Choo, Ordonez, Holck, Chang, Emperado). La sua tesi centrale, che il Kajukembo sia la “prima vera arte marziale mista (MMA)”, è stata fondamentale per inquadrare l’identità dell’arte. È stato utilizzato per verificare le date, i nomi dei pionieri della California (Gaylord, Ramos, Asuncion) e la logica dietro la creazione dei 14 Palamas (Punto 8). La sua prospettiva interna (KSDI) è stata bilanciata con le fonti degli altri rami.

  • Titolo: Emperado: The Man and the Art

    • Autore: John Bishop

    • Data di Uscita: (Varie edizioni auto-pubblicate)

    • Contenuto e Rilevanza per questa Ricerca: Questa è la biografia definitiva di Sijo Emperado. È stata la fonte principale per la stesura del Punto 4 (Il Fondatore). Questo testo ha fornito dettagli cruciali sulla sua formazione giovanile (l’influenza dell’Escrima filippina, fondamentale per il Punto 14 sulle Armi) e sul suo addestramento nel Kenpō sotto William Chow. Ha fornito il contesto per il suo stile di insegnamento (“la forgia”) e la sua filosofia “open source”, che sono centrali per capire l’intera arte.

  • Titolo: Kajukenbo – The Art of Sijo Adriano D. Emperado

    • Autore: John Bishop

    • Data di Uscita: (Varie edizioni)

    • Contenuto e Rilevanza per questa Ricerca: Questo testo si concentra maggiormente sull’aspetto tecnico. È stato utilizzato per la ricerca sul Punto 7 (Tecniche) e sul Punto 8 (Forme). Fornisce un’analisi dettagliata del curriculum originale del KSDI, descrivendo la logica dietro le “Combinations” (tecniche di autodifesa) e la progressione pedagogica dei 14 Palama Sets. È stato fondamentale per comprendere la fusione dei pilastri KA-JU-KEM-BO a livello tecnico.

2. Opere di Contesto (Le Radici dell’Ibrido)

Per comprendere il Kajukembo (un ibrido), la ricerca si è dovuta estendere alle sue arti fondatrici, per capire cosa esattamente i fondatori hanno messo nel “calderone”.

  • Titolo: Kodenkan Jujitsu: The Original Style of Prof. Henry S. Okazaki

    • Autore: A cura di Robert Jacobs

    • Data di Uscita: 1999

    • Contenuto e Rilevanza per questa Ricerca: Per capire il pilastro “JU” (Jujitsu) portato da Frank Ordonez, è stato necessario ricercare il Kodenkan Jujitsu, il sistema ibrido hawaiano da cui proveniva. Questo libro ha fornito il contesto sull’ambiente marziale hawaiano pre-Kajukembo, dimostrando che l’idea di “ibridismo” era già nell’aria. È stato usato per il Punto 3 e il Punto 7.

  • Titolo: The Kenpo Karate Compendium: The Forms and Sets of American Kenpo

    • Autore: Bruce A. Haines

    • Data di Uscita: 2006

    • Contenuto e Rilevanza per questa Ricerca: Per capire il pilastro “KEM” (Kenpō) e il background di Sijo Emperado, è stato essenziale studiare il mondo del Kenpō. Sebbene questo libro si concentri sul Kenpō di Ed Parker (un altro allievo di Chow), fornisce un’analisi accademica inestimabile della storia, della terminologia (Sifu, Kwoon, Punto 12) e dei principi (raffiche, checking) comuni a tutti i lignaggi di Kenpō/Kempō hawaiano.

  • Titolo: Filipino Martial Culture

    • Autore: Mark V. Wiley

    • Data di Uscita: 1997

    • Contenuto e Rilevanza per questa Ricerca: Questa è stata una fonte chiave per il Punto 14 (Armi). Per capire l’influenza “nascosta” dell’Escrima di Sijo Emperado, è stato necessario studiare la cultura delle Arti Marziali Filippine (FMA). Il lavoro di Wiley spiega la filosofia “transference” (trasferibilità tra mano nuda e arma), il concetto di “defanging the snake” (togliere le zanne al serpente) e l’uso degli angoli, che sono tutti principi fondamentali importati nel Kajukembo, specialmente nel ramo WHKD (Punto 10).


PARTE III: FONTI ARCHIVISTICHE (PERIODICI E RIVISTE)

Le riviste di arti marziali del XX secolo sono state i “blog” e i “social media” della loro epoca. Sono archivi storici cruciali che forniscono una prospettiva contemporanea (non retrospettiva) sullo sviluppo dell’arte. La ricerca ha attinto pesantemente dagli archivi digitali di queste pubblicazioni.

  • Fonte: Black Belt Magazine

    • Sito Archivio (via Google Books): Archivi di Black Belt Magazine su Google Books

    • Contenuto e Rilevanza per questa Ricerca: Black Belt è “il giornale di riferimento” per le arti marziali americane. La ricerca nei suoi archivi è stata fondamentale per il Punto 5 (Maestri) e il Punto 6 (Leggende).

      • Esempio di Ricerca: L’articolo “Kajukenbo: The Ideal Self-Defense System?” (Maggio 1974) è una fonte primaria che mostra come l’arte veniva percepita durante la sua “età dell’oro” in California.

      • Esempio di Ricerca: L’inclusione di Sijo Emperado nella Hall of Fame come “Istruttore dell’Anno” (1991) è un fatto storico cruciale che ne convalida lo status (Punto 4, Punto 5).

      • Esempio di Ricerca: Numerosi articoli e interviste negli anni ’70 e ’80 con Al Dacascos e Charles Gaylord sono stati utilizzati per corroborare le storie dei diversi rami (Punto 10) e per capire la loro filosofia (Punto 2).

  • Fonte: Inside Kung Fu Magazine

    • Contenuto e Rilevanza per questa Ricerca: Questa rivista, focalizzata sugli stili cinesi, ha dato ampia copertura ai rami del Kajukembo che enfatizzavano il “KEM” e il “BO” (Ch’uan Fa), in particolare il Wun Hop Kuen Do (WHKD). La ricerca in questi archivi è stata utilizzata per il Punto 10 (Stili) e per il Punto 5 (Maestri), in particolare per comprendere l’impatto di Al Dacascos e la percezione del suo stile come un’evoluzione “più cinese” del Kenpō.


PARTE IV: FONTI DIGITALI PRIMARIE (ORGANIZZAZIONI GLOBALI E LIGNAGGI)

Queste sono le “Case Madri” digitali. L’analisi di questi siti non è stata una semplice raccolta di link, ma uno studio approfondito delle loro sezioni “Storia”, “Filosofia” e “Lignaggio” per capire come ogni ramo definisce se stesso e la sua relazione con il “tronco” originale.

1. Il Lignaggio KSDI (Original Method / Emperado Method)

  • Organizzazione: Kajukenbo Self Defense Institute (KSDI) / Kajukenbo (Kajukenbo.com)

    • Sito Web: https://www.kajukenbo.com

    • Contenuto e Rilevanza per questa Ricerca: Questo sito è la principale fonte digitale “ufficiale” per il lignaggio diretto di Sijo Emperado. È stato analizzato meticolosamente. La sua sezione “History” è stata una fonte primaria per la cronologia (Punto 3). La sezione “The Founders” ha fornito i nomi e i contributi specifici (Punto 3, Punto 4). La sezione “The System” e la descrizione dei “Palamas” sono state fondamentali per il Punto 7 (Tecniche) e il Punto 8 (Forme). Questo sito è stato la “linea di base” con cui tutte le altre fonti sono state confrontate.

2. I Lignaggi della California (I Rami Storici)

  • Organizzazione: Kajukenbo Association of America (KAA)

    • Sito Web: http://www.kajukenbo.org

    • Contenuto e Rilevanza per questa Ricerca: La KAA è una delle più antiche organizzazioni “ombrello” della California, fondata dai pionieri della prima generazione. Il suo sito è una fonte storica in sé. L’analisi della sua pagina “History” e della sua “Hall of Fame” (Punto 5) ha fornito la convalida per l’importanza di maestri come Charles Gaylord, Tony Ramos e Sid Asuncion. È stata una fonte chiave per capire l’espansione dell’arte dalle Hawaii alla California (Punto 3).

  • Organizzazione: Gaylord’s Method (Lignaggio di GM Charles Gaylord)

    • Sito Web: (Questo lignaggio è meno centralizzato. La ricerca ha richiesto l’analisi di scuole “figlie” autorevoli che ne portano avanti l’eredità, come http://www.kajukenboca.com – una delle scuole storiche che rappresenta questo metodo).

    • Contenuto e Rilevanza per questa Ricerca: Questi siti sono stati analizzati per definire il “Gaylord’s Method” (Punto 10). Hanno fornito informazioni sulla sua filosofia unica (la “Triade”, l’approccio analitico) e sul suo impatto, confermando il suo status di ramo principale.

3. Il Lignaggio Wun Hop Kuen Do (WHKD)

  • Organizzazione: Dacascos KAJUKENBO WHKD

    • Sito Web: https://www.dacascos.com

    • Contenuto e Rilevanza per questa Ricerca: Questo è il sito ufficiale del ramo fondato da GM Al Dacascos. È stato la fonte primaria per la ricerca sul Punto 10 (Stili) per definire il WHKD. È stato cruciale per capire l’evoluzione “artistica” dell’arte, l’integrazione del Kung Fu del Nord e delle FMA. La sua sezione biografica (per Al e Mark Dacascos) è stata una fonte chiave per il Punto 5 (Maestri) e il Punto 24 (Immaginario Collettivo).

4. Organizzazioni “Ombrello” Europee e Mondiali

Per comprendere la diffusione globale e il contesto italiano (Punto 11), è stato necessario analizzare le federazioni “ombrello” che non rappresentano un singolo stile, ma che uniscono la comunità.

  • Organizzazione: World Kajukenbo Federation (WKF)

    • Sito Web: http://www.wkf.com.es

    • Contenuto e Rilevanza per questa Ricerca: Con sede in Spagna, la WKF è un esempio chiave di come l’arte sia strutturata in Europa. L’analisi di questo sito è stata utilizzata nel Punto 11 per dimostrare il modello “federazione ombrello” che ospita eventi e seminari multi-stile, e per tracciare la forte influenza spagnola sulla scena europea.

  • Organizzazione: Kajukenbo European (KSDI Europe)

    • Sito Web: httpsa://www.kajukenbo.es

    • Contenuto e Rilevanza per questa Ricerca: Questo sito, gestito da SGM Angel Garcia Bascuñana, è la “Casa Madre” europea per il lignaggio KSDI Original Method. È stato una fonte vitale per il Punto 11, poiché molti istruttori italiani KSDI tracciano il loro lignaggio tecnico attraverso questa organizzazione spagnola.


PARTE V: FONTI SPECIFICHE PER LA SITUAZIONE ITALIANA (PUNTO 11)

Per redigere il Punto 11 (“La Situazione in Italia”) è stata condotta una ricerca mirata, con l’obiettivo di identificare le organizzazioni presenti sul territorio e comprendere il quadro giuridico in cui operano.

1. Organizzazioni di Lignaggio Presenti in Italia

L’analisi dei siti web delle organizzazioni italiane è stata la fonte primaria per mappare l’arcipelago” del Kajukembo in Italia, nel rispetto della neutralità.

  • Organizzazione (Lignaggio KSDI): KSDI Italia

    • Sito Web: https://www.kajukembo.it

    • Contenuto e Rilevanza per questa Ricerca: Questo sito è stato analizzato come fonte primaria per confermare la presenza del lignaggio “Original Method” in Italia. L’analisi della sua pagina “Chi Siamo” e “Lignaggio” conferma la connessione diretta con il KSDI europeo (SGM Angel Garcia), validando la ricerca sulla genealogia di trasmissione dell’arte (Punto 3 -> Punto 10 -> Punto 11).

  • Organizzazione (Lignaggio WHKD): WHKD Italia

    • Sito Web: https://www.whkd.it

    • Contenuto e Rilevanza per questa Ricerca: Questo sito è stato analizzato come fonte primaria per confermare la presenza del lignaggio “Wun Hop Kuen Do”. L’analisi delle sue pagine ha confermato la connessione diretta con GM Al Dacascos e ha identificato figure chiave del lignaggio in Italia (come menzionato nel Punto 11). Questo ha permesso una mappatura neutrale dei due principali rami presenti sul territorio.

2. Fonti per il Contesto Giuridico-Amministrativo (CONI ed EPS)

Per spiegare come queste scuole operano legalmente in Italia, la ricerca si è spostata dalle fonti marziali a quelle amministrative. L’analisi dei siti web ufficiali degli Enti di Promozione Sportiva (EPS) riconosciuti dal CONI è stata fondamentale.

  • Fonte: Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI)

    • Sito Web: https://www.coni.it

    • Contenuto e Rilevanza per questa Ricerca: Il sito del CONI è stato utilizzato per confermare l’elenco ufficiale degli EPS (Enti di Promozione Sportiva) e per comprendere il quadro giuridico che governa le Associazioni Sportive Dilettantistiche (ASD), come discusso nel Punto 11.

  • Fonte: Enti di Promozione Sportiva (EPS)

    • CSEN (Centro Sportivo Educativo Nazionale): https://www.csen.it

    • AICS (Associazione Italiana Cultura Sport): https://www.aics.it

    • ACSI (Associazione di Cultura Sport e Tempo Libero): https://www.acsi.it

    • UISP (Unione Italiana Sport Per tutti): httpsa://www.uisp.it

    • Contenuto e Rilevanza per questa Ricerca: Questi siti sono stati analizzati per confermare che i loro settori “Arti Marziali” o “Difesa Personale” fungono da “ombrello legale” per le discipline non federali come il Kajukembo. Questa ricerca è stata essenziale per spiegare al lettore la “doppia affiliazione” (tecnica al lignaggio, legale all’EPS) che definisce la situazione di ogni scuola in Italia.


CONCLUSIONE DELLA RICERCA

Le informazioni contenute in questa pagina sono il risultato di una sintesi e di una verifica incrociata di tutte le fonti sopra elencate. La storia è stata ricostruita attingendo ai biografi più autorevoli (Bishop) e ai siti delle case madri (KSDI, KAA). La filosofia (Punto 2) è stata distillata dalle interviste d’archivio (Black Belt) e dalle dichiarazioni di intenti dei fondatori dei rami (Gaylord, Dacascos). Le tecniche (Punto 7) e le forme (Punto 8) sono state descritte basandosi sul curriculum “Original Method” (KSDI, Bishop) come linea di base. Le considerazioni sulla sicurezza e le controindicazioni (Punti 16, 17) sono state sviluppate analizzando la natura ad alto impatto delle tecniche descritte.

Infine, la situazione italiana (Punto 11) è stata mappata attraverso l’analisi diretta delle organizzazioni presenti sul territorio e del contesto legale fornito dal CONI e dagli EPS. Questo approccio multi-fonte e genealogico garantisce che il ritratto del Kajukembo presentato sia il più accurato, neutrale e completo possibile.

DISCLAIMER - AVVERTENZE

Avviso Importante per il Lettore: Natura e Finalità di Questo Documento

Le informazioni contenute in questa pagina informativa sono fornite esclusivamente a scopo culturale, storico, accademico ed educativo. Questo documento è il risultato di un’approfondita ricerca, sintesi e analisi di fonti storiche, tecniche e filosofiche (come descritto nel Punto 19, “Fonti e Bibliografia”) e ha l’unico obiettivo di fornire un ritratto completo e neutrale dell’arte marziale del Kajukembo.

Questo testo non è in alcun modo, né intende essere, un manuale di istruzione, una guida “come fare” (how-to), o un sostituto dell’insegnamento diretto da parte di un istruttore qualificato.

La lettura e la comprensione teorica delle informazioni qui presentate non conferiscono in alcun modo competenza, abilità o autorità per praticare, insegnare o applicare le tecniche e i principi descritti.


Sezione 1: Il Divario Incolmabile tra Conoscenza Teorica e Abilità Pratica

È fondamentale che il lettore comprenda la differenza categorica tra la conoscenza proposizionale (sapere che una cosa è vera) e la conoscenza procedurale (sapere come fare una cosa). Questo documento fornisce la prima; solo l’allenamento fisico rigoroso e supervisionato può fornire la seconda.

Natura Non Istruttiva delle Descrizioni Tecniche Le descrizioni delle tecniche (Punto 7), delle forme (Punto 8), dei metodi di allenamento (Punto 9) e dell’uso delle armi (Punto 14) sono incluse per scopi illustrativi e analitici, non prescrittivi.

  • Le Tecniche (Punto 7): Leggere la descrizione di una leva articolare (Kansetsu Waza) del pilastro “JU” non dà alcuna comprensione della pressione, della tempistica, dello sbilanciamento (Kuzushi) o della sensibilità tattile (“sentire”) necessaria per applicarla in sicurezza ed efficacia. Tentare di replicare una leva basandosi su un testo scritto è la via più rapida per causare un grave infortunio articolare a sé stessi o a un partner.

  • Le Forme (Punto 8): I Palamas sono descritti come “database” di movimento. Una descrizione testuale non può catturare la corretta biomeccanica, la generazione di potenza (Kime), il ritmo, la respirazione e, soprattutto, l’applicazione (Bunkai) che sono il cuore della pratica delle forme.

  • L’Allenamento (Punto 9): La descrizione di un “tipico allenamento” è un’analisi antropologica di un processo, non un piano di allenamento da seguire. Metodi come il Kote Kitae (condizionamento osseo) sono processi medici e fisiologici complessi che, se intrapresi senza la guida esperta di un Sifu (Punto 12) che ne gestisca la progressione, non portano al condizionamento, ma a danni nervosi permanenti, micro-fratture non curate e artrite traumatica.

La Natura Chinestesica dell’Apprendimento Marziale Le arti marziali sono abilità chinestesiche (apprese attraverso il movimento e la sensazione fisica), non intellettuali. Non possono essere apprese leggendo, così come non si può imparare a nuotare o ad andare in bicicletta leggendo un libro. Il tentativo di auto-apprendimento basato su questo o qualsiasi altro testo è inefficace nel migliore dei casi e catastroficamente pericoloso nel peggiore.


Sezione 2: Il Rischio Intrinseco e la Natura Pericolosa dell’Attività

Il lettore deve essere pienamente consapevole che il Kajukembo è un’attività intrinsecamente pericolosa. La sua stessa filosofia (Punto 2) è basata sulla realtà della violenza e dell’efficacia pragmatica. Il suo intero curriculum (Punto 7, 14) è un catalogo di metodi progettati per infliggere danni fisici significativi.

Qualsiasi tentativo di praticare questa arte, anche in un ambiente controllato, comporta rischi significativi che non possono essere eliminati, ma solo gestiti.

Rischio di Infortunio Acuto L’allenamento del Kajukembo include, come componenti fondamentali e non opzionali:

  • Striking ad Alto Impatto (KA/KEM/BO): Lo sparring (Kumite) e i drills a contatto comportano un rischio costante di contusioni, lacerazioni, denti rotti, fratture (naso, costole, dita) e traumi cranici (commozioni cerebrali), anche quando si utilizza l’equipaggiamento protettivo (Punto 13).

  • Stress Articolare (JU): Le proiezioni (Nage Waza) e le leve (Kansetsu Waza) sono progettate per attaccare le articolazioni (spalle, gomiti, polsi, ginocchia, caviglie). Un errore nell’applicazione (da parte di chi esegue) o nella caduta (Ukemi, da parte di chi riceve) può portare a lussazioni, distorsioni legamentose gravi (es. rottura del LCA) o fratture articolari.

  • Rischio Spinale: Le proiezioni, le cadute e gli strangolamenti (Shime Waza) applicano una pressione torsionale e compressiva immensa sulla colonna vertebrale, in particolare sul rachide cervicale (collo). Un errore può avere conseguenze permanenti.

Rischio di Infortunio Cronico L’allenamento ripetitivo ad alto impatto, se eseguito in modo errato o eccessivo, comporta un rischio significativo di danni a lungo termine:

  • Danno Neurologico: Impatti ripetuti alla testa, anche sub-concussivi (colpi che non causano sintomi evidenti), hanno un rischio cumulativo di danno neurologico.

  • Danno Articolare: Anni di leve e impatti possono portare a osteoartrite post-traumatica.

  • Danno da Condizionamento: Come menzionato, il condizionamento osseo (Kote Kitae) e delle mani (Makiwara), se praticato senza una guida esperta, può portare a danni nervosi permanenti, deformità ossee (calcificazioni) e perdita di funzionalità.

Rischio da Addestramento con Armi (Punto 14) La pratica con le armi (bastoni, coltelli da allenamento) eleva il rischio a un livello esponenziale. Un errore di controllo durante un drill di Escrima (Sinawali) può portare a fratture alle dita o alla testa. Un errore durante un drill di difesa da coltello (anche simulato) può causare lesioni da impatto o penetrazione (se l’attrezzatura non è adeguata).

Questo documento fornisce informazioni su queste pratiche, non un’approvazione o una guida per esse.


Sezione 3: L’Assoluta Necessità di Supervisione Professionale e Qualificata

Data l’inerente pericolosità dell’arte, l’unica modalità sicura per approcciarsi al Kajukembo è sotto la supervisione diretta, costante e competente di un istruttore qualificato.

Questo documento non può sostituire il ruolo del Sifu (Punto 12). Un istruttore qualificato (come descritto nei Punti 10 e 11, ovvero con un lignaggio verificabile e un’affiliazione legale) non è solo un “insegnante”, ma è il gestore della sicurezza primario del Kwoon/Dojo.

Le considerazioni per la sicurezza (Punto 16) descritte in questo documento (come il controllo nelle leve, la corretta Ukemi, l’uso di protezioni) non sono abilità che si possono auto-apprendere. Sono abilità che devono essere installate, corrette e monitorate da un occhio esperto.

Il Ruolo Insostituibile dell’Istruttore Qualificato

  • Gestione della Progressione: Un Sifu impedisce al principiante di tentare tecniche troppo avanzate o pericolose, garantendo una progressione pedagogica (come quella dei Palamas, Punto 8) che costruisce le fondamenta prima di aggiungere il rischio.

  • Gestione dell’Intensità: Un Sifu controlla il livello di contatto, l’intensità dello sparring e il ritmo del condizionamento per prevenire infortuni.

  • Creazione di un Ambiente Sicuro (Ohana): Un Sifu è responsabile della creazione della cultura di “Ohana” (famiglia marziale, Punto 2), che è un requisito fondamentale per la sicurezza (Punto 16). Un Sifu reprime l’ego, punisce la negligenza e si assicura che i partner di allenamento si proteggano a vicenda.

Tentare di praticare il Kajukembo da soli, con amici, o in un gruppo non supervisionato (“fight club”) basandosi sulle informazioni lette qui, è un atto di estrema negligenza che quasi certamente porterà a un infortunio grave.


Sezione 4: Responsabilità Personale e Consulenza Medica Preventiva

Le informazioni contenute in questo documento sono generiche e non tengono conto dello stato di salute, dell’età, della storia clinica o delle capacità fisiche del singolo lettore.

Il Punto 17 (Controindicazioni) elenca una serie di condizioni mediche preesistenti che rendono la pratica del Kajukembo sconsigliabile. Questo elenco è puramente illustrativo e non esaustivo.

La Responsabilità del Lettore È responsabilità esclusiva del lettore consultare un medico qualificato (preferibilmente un medico specialista in medicina dello sport) prima di prendere in considerazione l’inizio di qualsiasi attività fisica intensa, inclusa, ma non limitata a, il Kajukembo.

È inoltre responsabilità del lettore descrivere onestamente e accuratamente al proprio medico la natura specifica di questa attività:

  • Allenamento cardiovascolare ad alta intensità e ad intervalli.

  • Contatto fisico pieno e controllato (striking).

  • Pratica di leve articolari e strangolamenti (grappling).

  • Pratica di cadute (Ukemi) ad alto impatto.

  • Condizionamento fisico che implica l’impatto osseo e muscolare.

Solo un professionista medico che comprende questi stressori può fornire un parere informato sull’idoneità del lettore.


Sezione 5: Esclusione Totale di Responsabilità

Gli autori, gli editori e i fornitori di questo documento informativo, nella misura massima consentita dalla legge, declinano espressamente ogni e qualsiasi responsabilità per qualsiasi tipo di perdita, danno, lesione o conseguenza negativa (inclusi, ma non limitati a, danni fisici, psicologici, materiali o economici) che possano derivare, direttamente o indirettamente, da:

  1. L’uso, l’interpretazione o l’affidamento sulle informazioni contenute in questo documento.

  2. Il tentativo da parte di chiunque di applicare, imitare o praticare qualsiasi tecnica, esercizio, forma o metodo di allenamento descritto.

  3. La decisione di iniziare la pratica del Kajukembo (o di qualsiasi altra arte marziale) senza aver prima ottenuto un’adeguata autorizzazione medica da un professionista qualificato.

  4. L’iscrizione in una scuola di Kajukembo o la partecipazione a un allenamento, indipendentemente dal fatto che tale decisione sia stata influenzata da questo documento.

Il lettore, continuando la consultazione di questo materiale, accetta volontariamente di assumersi il 100% di tutti i rischi associati alle arti marziali e riconosce che gli autori hanno fornito queste informazioni solo a scopo culturale e informativo, senza alcuna garanzia di sicurezza o idoneità per un uso pratico.

Questo documento è un’analisi accademica di un’arte marziale, non un invito alla pratica. Il rispetto per la letalità e la complessità del Kajukembo dovrebbe portare il lettore a una sola conclusione pratica: cercare un Sifu qualificato o ammirare l’arte da una distanza di sicurezza.

approfondimenti

ANALISI COMPARATIVA: QUESTA ARTE NEL CONTESTO DELLE LOTTE TRADIZIONALI MONDIALI

Definire gli Assi di Comparazione – Un Sistema Moderno contro la Storia del Combattimento

Mettere a confronto il Kajukembo con il vasto e variegato panorama delle “lotte tradizionali mondiali” è un esercizio di analisi comparativa che va ben oltre un semplice elenco di tecniche. È un confronto tra filosofie, contesti storici e finalità (teleologie) radicalmente divergenti. È, in molti sensi, una comparazione tra l’efficacia pragmatica moderna e l’identità culturale ritualizzata.

Il Kajukembo, come esplorato nei capitoli precedenti, non è una “lotta tradizionale”. È un’arte marziale ibrida, un “sistema” (system) concepito a tavolino nel 1947 (Punto 3). È un prodotto del XX secolo, nato da una crisi urbana e da un “melting pot” multiculturale (le Hawaii del dopoguerra). La sua unica religione è il pragmatismo; il suo unico dio è l’efficacia sul “cemento”. Il suo curriculum è un assemblaggio “open source” (Punto 10) dei pilastri tecnici di diverse nazioni: KA (Karate), JU (Judo/Jujitsu), KEM (Kenpō) e BO (Boxe/Kung Fu). È un sistema progettato per coprire tutte le distanze del combattimento, inclusa la difesa da armi (Punto 14) e da aggressori multipli.

Le “lotte tradizionali mondiali”, al contrario, sono quasi sempre:

  1. Antiche: Spesso con origini che si perdono in tempi pre-moderni, legate a mitologie, rituali agrari o addestramento militare feudale.

  2. Culturalmente Specifiche: Sono l’espressione di un popolo in un luogo. Il Sumo è giapponese. Lo Schwingen è svizzero. Il Yağlı Güreş è turco. Sono inseparabili dalla loro identità etnica e nazionale.

  3. Specializzate: La stragrande maggioranza sono, per definizione, “lotte” (wrestling), ovvero sistemi di grappling. Si concentrano su proiezioni, sbilanciamenti e controllo, spesso con regole rigide che proibiscono colpi, leve pericolose o strangolamenti.

  4. Ritualizzate: Lo scopo non è (solo) la sopravvivenza, ma la celebrazione culturale, la competizione sportiva, la dimostrazione di status sociale o il rito religioso.

Questa analisi comparativa, quindi, non cercherà di determinare quale sia “migliore” – una domanda priva di senso, data l’incompatibilità degli obiettivi. Cercherà invece di usare queste antiche lotte come uno specchio per illuminare ciò che rende il Kajukembo unico. Confronteremo il Kajukembo con queste arti attraverso cinque assi di analisi fondamentali:

  1. Teleologia (Scopo e Finalità): Sopravvivenza urbana vs. Rituale culturale/sportivo.

  2. Morfologia Tecnica (L’Arsenale): Ibridismo totale (striking, grappling, armi) vs. Specializzazione nel grappling.

  3. Contesto d’Origine (La Culla): Crisi urbana moderna vs. Origine agraria, militare o religiosa antica.

  4. Pedagogia (Trasmissione): Sistema “Open Source” e codificato (Palamas) vs. Tradizione orale “chiusa” e conservativa.

  5. Significato Culturale: Arte “meticcia” e globale vs. Arte “etnica” e identitaria.

Attraverso questa analisi, emergerà un quadro chiaro: il Kajukembo non è solo una “lotta”; è una risposta moderna e filosofica alla domanda stessa del combattimento, una risposta che le lotte tradizionali, per loro natura, non hanno mai avuto lo scopo di dare.


PARTE I: ANALISI TELEOLOGICA – PERCHÉ SI COMBATTE? (LO SCOPO)

L’asse di comparazione più importante è la teleologia, ovvero la finalità, lo scopo ultimo per cui l’arte esiste. Il “perché” di un’arte ne plasma ogni singolo aspetto tecnico, etico e rituale.

Il “Mandato del Cemento” del Kajukembo: La Sopravvivenza

Lo scopo del Kajukembo è inequivocabile e inscritto nel suo DNA (Punto 2). È la sopravvivenza in uno scontro di autodifesa reale, imprevedibile e senza regole. L’arte è stata creata dalla Black Belt Society per rispondere a una domanda specifica: “Come sopravviviamo in un vicolo del Palama Settlement contro un aggressore più grande, armato o in gruppo?”.

Questa finalità ha conseguenze dirette:

  • Filtro dell’Efficacia: Qualsiasi tecnica che non contribuisce a una rapida neutralizzazione della minaccia viene scartata (Punto 6).

  • Assenza di Regole: L’arte deve includere tecniche “sporche” (BO – Dirty Fighting), come colpi agli occhi, alla gola e all’inguine, perché sono gli “equalizzatori” più efficaci (Punto 7).

  • Copertura Totale: Il sistema deve coprire tutte le distanze, inclusa la difesa da armi (Punto 14), perché la strada è imprevedibile.

Il Kajukembo risponde alla domanda: “Come posso tornare a casa vivo?”.

Lo Scopo delle Lotte Tradizionali: Identità, Rituale e Sport

Le lotte tradizionali mondiali rispondono a domande completamente diverse:

  • “Come celebriamo il nostro raccolto?”

  • “Come onoriamo i nostri dei o i nostri antenati?”

  • “Chi è l’uomo più forte del villaggio?”

  • “Come prepariamo i nostri soldati per il campo di battaglia (secondo le regole belliche del tempo)?”

  • “Come risolviamo una disputa in modo non letale?”

La loro finalità non è (primariamente) la sopravvivenza in un vicolo buio moderno, ma la celebrazione culturale, la competizione ritualizzata o la dimostrazione di status sociale.

Caso di Studio Comparativo 1: Kajukembo vs. Sumo (Giappone)

Il Sumo è forse l’esempio più puro di lotta tradizionale ritualizzata.

  • Teleologia del Sumo: Il Sumo non è un’arte di autodifesa. È un rituale Shinto (la religione animista giapponese) diventato sport nazionale. Le sue origini sono legate ai rituali di preghiera per un buon raccolto (kami). Il combattimento stesso (il sumai) è solo una parte di una cerimonia complessa che include la purificazione con il sale (shio), i battiti di piedi (shiko) per scacciare i demoni, e il rispetto per il dohyō (l’arena sacra). Lo scopo è determinare un vincitore secondo regole rigide (non toccare terra con nessuna parte del corpo tranne i piedi, non uscire dal dohyō), per onorare la tradizione e gli dei.

  • Analisi Comparativa: La differenza teleologica è totale.

    • Obiettivo: L’obiettivo del Sumo è spostare (spingere o proiettare) l’avversario fuori da un’area definita o fargli perdere l’equilibrio. L’obiettivo del Kajukembo è neutralizzare l’avversario, usando il terreno (il “cemento”) come un’arma di impatto attraverso le proiezioni (JU).

    • Rituale: Il rituale del Sumo è sacro e indispensabile. Il rituale del Kajukembo (il saluto, il Mokuso – Punto 9) è pragmatico: serve a focalizzare la mente e a costruire l’Ohana per un allenamento sicuro (Punto 16).

    • Contesto: Il Sumo esiste solo nel dohyō. Il Kajukembo è progettato per il non-dohyō: il vicolo, l’ascensore, il parcheggio.

Caso di Studio Comparativo 2: Kajukembo vs. Yağlı Güreş (Turchia)

La “lotta nell’olio” turca (Yağlı Güreş) è un altro esempio di sport tradizionale profondamente legato all’identità nazionale.

  • Teleologia del Yağlı Güreş: È uno sport nazionale turco con radici che risalgono all’Impero Ottomano. È una prova di forza, resistenza e abilità che culmina nel torneo annuale di Kırkpınar (patrimonio UNESCO). Lo scopo è vincere l’incontro, ottenere il titolo di Başpehlivan (Capo Lottatore), guadagnare prestigio e onorare una tradizione secolare. Non ha alcuna pretesa di essere un sistema di autodifesa.

  • Analisi Comparativa (L’Elemento Distintivo): L’elemento più interessante per la comparazione è l’olio. I lottatori si cospargono di olio d’oliva.

    • Impatto Tecnico: L’olio rende quasi impossibile afferrare gli arti. Questo altera completamente la natura del grappling.

    • Comparazione con il “JU”: L’arsenale di leve articolari (Kansetsu Waza) e strangolamenti (Shime Waza) del pilastro JU del Kajukembo è reso completamente inutile dall’olio. Non si può applicare una leva al gomito (Juji Gatame) o al polso (Kote Gaeshi) su un avversario scivoloso.

    • L’Abbigliamento: I lottatori turchi indossano i Kispet (pantaloni di pelle di bufalo). Tutta la tecnica del Yağlı Güreş si basa sull’abilità di afferrare e controllare questi Kispet, infilando le mani al loro interno. È una specializzazione estrema.

    • Kajukembo vs. Yağlı Güreş: Il Kajukembo (Punto 13) usa il Gi (uniforme) per simulare l’abbigliamento da strada, ma il suo sistema di grappling (ereditato dal Jujitsu) include anche opzioni “No-Gi” (presa al collo, leve senza presa ai vestiti). Il Yağlı Güreş è un sistema “solo-Kispet”. Questa differenza teleologica (sport ritualizzato vs. autodifesa pragmatica) ha creato due morfologie di grappling incompatibili.

Caso di Studio Comparativo 3: Kajukembo vs. Laamb (Senegal)

La lotta senegalese (Laamb) offre un parallelo affascinante perché, a differenza di Sumo e Yağlı Güreş, include lo striking (colpi).

  • Teleologia del Laamb: Il Laamb è un fenomeno culturale ed economico in Senegal. È “la via senegalese al successo”. Nasce come lotta tra villaggi dopo il raccolto, ma oggi è uno sport professionistico che riempie gli stadi. Ha una componente rituale profonda (amuleti, danze, canti), ma il suo scopo è vincere l’incontro per ottenere fama e denaro.

  • Morfologia Ibrida: Il Laamb moderno (noto come lutte avec frappe – lotta con colpi) permette ai lottatori di colpirsi con pugni a mani nude.

  • Analisi Comparativa:

    • Ibridismo vs. Ibridismo: A prima vista, il Laamb sembra un ibrido come il Kajukembo (striking + grappling). Ma la comparazione teleologica rivela la differenza.

    • Obiettivo dello Striking: Nello Laamb, lo striking (pugni) è tattico: serve a creare un’apertura per la proiezione (l’obiettivo finale è far cadere l’avversario sulla schiena). È uno striking sportivo, seppur brutale.

    • Obiettivo dello Striking (Kajukembo): Nello Kajukembo, lo striking (KA/KEM/BO) è strategico e finale. L’obiettivo di una raffica (flurry) del Kenpō (KEM) non è “aprire la strada” a una proiezione; è terminare lo scontro (KO, danno). Inoltre, l’arsenale di striking del Kajukembo (Punto 7) è “da strada”: include colpi agli occhi, alla gola, all’inguine, tutti proibiti nel Laamb.

    • Il Laamb è uno sport 1-vs-1 in un’arena; il Kajukembo è un sistema di sopravvivenza multi-avversario e multi-arma.

In conclusione, l’analisi teleologica dimostra che il Kajukembo opera su un piano completamente diverso. Il suo scopo (sopravvivenza) lo costringe a un pragmatismo che le lotte tradizionali (focalizzate sul rituale e sullo sport) non hanno e non cercano.


PARTE II: ANALISI MORFOLOGICA – IL REPERTORIO TECNICO

La morfologia (la forma e la struttura delle tecniche) deriva direttamente dalla teleologia. Il Kajukembo, dovendo rispondere alla domanda “come sopravvivo a tutto?”, ha sviluppato una morfologia ibrida e “all-range”. Le lotte tradizionali, dovendo rispondere a domande più specifiche, hanno sviluppato morfologie specializzate.

La Morfologia “All-Range” e “Open Source” del Kajukembo

Il repertorio tecnico del Kajukembo (Punto 7) è la sua caratteristica distintiva. È un sistema progettato per non avere “punti ciechi”.

  • Striking (KA/KEM/BO): Copre la lunga distanza (calci KA), la media (Boxe BO) e la corta (gomiti/ginocchia KEM).

  • Grappling (JU): Copre il clinch, le proiezioni (Nage Waza) e la lotta a terra (Ne Waza).

  • Armi (Punto 14): Integra l’uso e la difesa da armi (Escrima, Kobudo) come parte fondamentale.

  • “Open Source”: La sua morfologia è in continua evoluzione (Punto 10). Se una tecnica di BJJ o Muay Thai si dimostra superiore, la filosofia “open source” del Kajukembo la assorbe.

La Morfologia Specializzata delle Lotte Tradizionali (Il Dominio del Grappling)

La maggior parte delle “lotte tradizionali mondiali” sono proprio questo: “lotte”. Sono sistemi di grappling puri. La loro morfologia è incredibilmente profonda in un’area specifica, ma quasi inesistente in altre.

Caso di Studio Comparativo 4: Kajukembo vs. Glima (Scandinavia)

Il Glima è la lotta tradizionale vichinga/scandinava, ancora praticata (specialmente in Islanda).

  • Morfologia del Glima: È un sistema di grappling altamente specializzato. Esistono diverse varianti, ma la più famosa (Hryggspenna) è una lotta in piedi basata su una presa specifica (una mano alla cintura dell’avversario, l’altra al pantalone sulla coscia). L’obiettivo è proiettare l’avversario. È una lotta di sbilanciamenti, gioco di gambe (footwork) e leve. Non esistono colpi.

  • Analisi Comparativa:

    • Specializzazione vs. Generalizzazione: Il Glima è infinitamente più profondo del Kajukembo in quel singolo aspetto (grappling in piedi con presa alla cintura). Il Kajukembo è infinitamente più ampio del Glima.

    • Contesto: Il Glima è uno sport. Cosa fa un lottatore di Glima se l’avversario sferra un pugno (KA/BO)? O tira fuori un coltello (Punto 14)? O lo calcia ai genitali (BO)? Il sistema Glima non ha risposte a queste domande, perché non rientrano nel suo scopo (teleologia).

    • Il “JU” del Kajukembo: Il pilastro “JU” del Kajukembo (Judo/Jujitsu) include proiezioni simili (Koshi Guruma, O Goshi), ma la sua morfologia è molto più ampia, includendo strangolamenti e leve articolari, spesso proibiti nel Glima.

Caso di Studio Comparativo 5: Kajukembo vs. Schwingen (Svizzera)

Lo Schwingen (lotta svizzera) è un altro esempio perfetto di specializzazione culturale.

  • Morfologia dello Schwingen: È una lotta “jacketed” (con indumenti), forse la più specializzata al mondo. L’intero sistema si basa sull’afferrare i robusti pantaloni di juta (Zwilchhose) indossati dai lottatori. L’obiettivo è proiettare l’avversario e fargli toccare terra con entrambe le scapole contemporaneamente (spesso tenendo la presa ai pantaloni). Non esistono colpi, strangolamenti o leve.

  • Analisi Comparativa:

    • Dipendenza dall’Abbigliamento: Lo Schwingen è definito dai Zwilchhose. Senza quei pantaloni, l’arte cessa di esistere.

    • Kajukembo (Punto 13): Il Kajukembo pratica con un Gi (uniforme), imparando a usare l’abbigliamento dell’avversario (Punto 7, JU). Ma la sua filosofia pragmatica richiede che funzioni anche “No-Gi” (senza uniforme). Il Kajukembo ha risposte se l’aggressore è in pantaloncini; lo Schwingen no.

    • Lotta a Terra (Ne Waza): Nello Schwingen, il combattimento finisce non appena la schiena tocca terra. Nel Kajukembo, quello è solo l’inizio della fase “Ne Waza” (leva articolare, strangolamento, ground-and-pound).

Caso di Studio Comparativo 6 (L’Eccezione Ibrida): Kajukembo vs. Pancrazio/Bokator

Le uniche vere comparazioni morfologiche provengono da altre “arti marziali miste” antiche.

  • Morfologia del Pancrazio (Grecia Antica): Il Pancrazio (Pankration) era un evento olimpico antico ed era, a tutti gli gli effetti, il primo “MMA”. Combinava pugilato (pyx), lotta (pale) e calci. L’obiettivo era la sottomissione (simile al “tap-out”). Le uniche regole erano non mordere e non cavare gli occhi.

  • Morfologia del Bokator (Cambogia): Un’antica arte da campo di battaglia Khmer che include un vasto arsenale di colpi (pugni, calci, gomiti, ginocchia), proiezioni e sottomissioni, basata sugli stili animali.

  • Analisi Comparativa:

    • Somiglianza Morfologica: Questi sistemi, in particolare il Pancrazio, sono morfologicamente quasi identici al Kajukembo. Entrambi sono ibridi di striking e grappling. Entrambi hanno un arsenale quasi “senza regole”.

    • La Differenza Fondamentale: Contesto e Trasmissione: La vera differenza non è nella morfologia, ma nella storia e nella pedagogia.

      1. Contesto: Il Pancrazio era uno sport da arena (1-vs-1). Il Bokator era un’arte militare da campo di battaglia. Il Kajukembo è un’arte da autodifesa urbana (multi-avversario, armi improvvisate).

      2. Pedagogia (Punto 10): Il Pancrazio e il Bokator sono diventati “lotte tradizionali” – sistemi fissati nel tempo, preservati come un tesoro culturale. Il loro metodo di trasmissione è chiuso e tradizionale. Il Kajukembo è un sistema “open source”; è progettato per evolversi. Il Pancrazio non può integrare il BJJ; il Kajukembo lo deve fare per rimanere rilevante.

In conclusione, la morfologia ibrida del Kajukembo lo rende un “generalista” nel senso più letale del termine. Mentre le lotte tradizionali raggiungono una profondità ineguagliabile in un singolo aspetto (come il controllo dei Kispet nello Yağlı Güreş o la proiezione dal dohyō nel Sumo), il Kajukembo sacrifica quella profondità specializzata in favore di un’ampiezza funzionale progettata per non avere risposte mancanti.


PARTE III: ANALISI CONTESTUALE E CULTURALE – ORIGINE E IDENTITÀ

Il “dove”, il “quando” e il “chi” hanno creato un’arte marziale sono fondamentali per capirne l’anima.

Contesto del Kajukembo: Crisi Urbana, “Melting Pot”, Modernità

Come esplorato nel Punto 3, il Kajukembo è un’arte della modernità e della crisi.

  • Modernità: È nato nel 1947. I suoi fondatori avevano accesso a informazioni globali (Karate, Judo, Kung Fu, Boxe occidentale) e le hanno usate.

  • Crisi Urbana: È nato nel Palama Settlement, un ghetto violento. Non è nato da un periodo di pace o da un rituale religioso. È nato dalla necessità e dalla paura.

  • “Melting Pot” (Meticciato): È un’arte “meticcia” (hybrid). Non è l’arte di un popolo, ma l’arte creata da un gruppo di popoli (filippino, coreano, giapponese, cinese, americano) che hanno messo da parte le loro identità etniche pure in favore di un obiettivo comune.

Contesto delle Lotte Tradizionali: Radici Agrarie, Etniche e Pre-Moderne

Le lotte tradizionali sono, per la maggior parte, pre-moderne e etnicamente omogenee.

  • Origini Agrarie/Religiose: Molte (Sumo, Schwingen, Laamb) sono nate come parte di festival stagionali (raccolto, primavera) o rituali religiosi per propiziare gli dei. Il loro ritmo è quello della vita agricola.

  • Origini Militari: Altre (Bokator) erano sistemi militari per un campo di battaglia pre-armi da fuoco.

  • Identità Etnica Pura: Lo Schwingen è l’espressione dei pastori delle Alpi svizzere. Il Sumo è l’incarnazione dello spirito Yamato (giapponese). Sono arti che definiscono e rafforzano un’identità culturale omogenea.

Caso di Studio Comparativo 7: Kajukembo vs. Capoeira (Brasile)

La comparazione più interessante, dal punto di vista contestuale, non è con una lotta pura, ma con un’altra arte ibrida e “meticcia” nata dalla crisi: la Capoeira.

  • Contesto della Capoeira: Nata nel Brasile coloniale, creata dagli schiavi africani. Come il Kajukembo, è un ibrido (elementi di lotta angolana, rituali, musica) ed è nata da un gruppo oppresso.

  • Analisi Comparativa (Due Risposte Diverse alla Crisi): Entrambe sono arti marziali ibride nate in un “melting pot” di crisi. Ma il loro contesto legale e sociale ha prodotto due morfologie opposte.

    1. Dissimulazione (Capoeira): Agli schiavi africani era proibito praticare il combattimento. La Capoeira ha quindi evoluto la dissimulazione come principio fondamentale. Il combattimento è stato nascosto all’interno della musica, della danza e dell’acrobazia. La ginga (il movimento base) non è solo un gioco di gambe; è un mascheramento. La malandragem (l’astuzia, l’inganno) è un principio filosofico. La Capoeira è evasione, inganno e attacco a sorpresa.

    2. Distillazione (Kajukembo): Il Kajukembo è nato in un contesto diverso. Sebbene i suoi praticanti fossero poveri e appartenessero a minoranze, erano cittadini americani in un territorio americano. La difesa personale non era illegale. Non avevano bisogno di “nascondere” la loro arte. Hanno fatto l’esatto opposto della Capoeira: invece di dissimulare il combattimento, lo hanno distillato nella sua forma più pura, brutale ed efficiente. Hanno rimosso la “danza”, rimosso il “rituale” (non pragmatico) e hanno lasciato solo la funzione.

Questa comparazione dimostra come il contesto socio-legale plasmi un’arte. La Capoeira è un’arte di resistenza basata sull’inganno; il Kajukembo è un’arte di autodifesa basata sulla distruzione.

Legame con il Territorio: Arte “Portatile” vs. Arte “Identitaria”

  • Lotte Tradizionali: Sono identitarie. Non si può separare lo Yağlı Güreş dalla Turchia. È un simbolo nazionale. La sua pratica al di fuori della Turchia è rara ed è un’esportazione culturale, come un ristorante etnico.

  • Kajukembo: È un’arte “portatile”. È nata alle Hawaii, ma non è un’arte nativa hawaiana (come il Lua). È un’arte “americana”, “meticcia”. La sua filosofia “open source” e la sua diffusione tramite i militari (Punto 3) l’hanno resa intrinsecamente globale. Un italiano che pratica Kajukembo (Punto 11) non sta “fingendo” di essere hawaiano; sta partecipando a una filosofia di combattimento globale e moderna.


PARTE IV: ANALISI PEDAGOGICA E FUTURO – TRASMISSIONE E RILEVANZA

Infine, le arti si differenziano nel modo in cui vengono trasmesse e nel loro scopo nel mondo moderno.

Trasmissione: Conservazione (Tradizionale) vs. Evoluzione (Kajukembo)

  • Pedagogia Tradizionale (Conservazione): Lo scopo della pedagogia (insegnamento) nelle lotte tradizionali è la conservazione. L’obiettivo di un maestro di Sumo (Oyakata) non è “innovare” il Sumo. È preservarlo identico a come gli è stato tramandato. Il rituale è insegnato con la stessa serietà della tecnica. La trasmissione è “chiusa”, spesso orale e basata su un rapporto maestro-discepolo che dura tutta la vita.

  • Pedagogia Kajukembo (Evoluzione): Lo scopo della pedagogia del Kajukembo è l’evoluzione. Come esplorato nel Punto 10 (Stili), l’arte è “open source”. Il Sijo ha dato ai suoi studenti il mandato di “trovare la propria strada”.

    • Strumenti Codificati: La trasmissione non è puramente orale; è codificata nei 14 Palamas (Punto 8), un curriculum scritto nel movimento.

    • Ramificazione Incoraggiata: L’arte è progettata per “ramificarsi” (Wun Hop Kuen Do, Gaylord’s Method, Tum Pai, ecc.).

    • Assorbimento: La pedagogia moderna del Kajukembo incoraggia l’integrazione di nuove informazioni efficaci (es. BJJ, Muay Thai).

Rilevanza e Futuro Comparativo

  • Il Futuro delle Lotte Tradizionali: Il loro futuro è quello di “tesori culturali”. La loro rilevanza nel XXI secolo è sportiva, identitaria e storica. Molte sono protette dall’UNESCO o dai governi nazionali come patrimonio dell’umanità. Il loro valore come sistemi di autodifesa moderni è quasi nullo (con l’eccezione di alcuni elementi di arti ibride come la Capoeira), e non è questo il loro scopo.

  • Il Futuro del Kajukembo: Il futuro del Kajukembo è quello di un “laboratorio”. Non sarà mai protetto dall’UNESCO. La sua unica rilevanza è la sua efficacia pragmatica. Se il Kajukembo smettesse di essere una risposta efficace alla violenza moderna, smetterebbe di esistere. È costantemente messo alla prova (Punto 17) dalle nuove realtà del combattimento (come l’esplosione delle MMA). La sua frammentazione (Punto 10) è la sua più grande forza evolutiva e la sua più grande debolezza organizzativa.

Conclusione Finale: Due Mondi Incompatibili

In conclusione, l’analisi comparativa tra il Kajukembo e le lotte tradizionali mondiali rivela due universi filosofici paralleli ma che non si incontrano.

Le lotte tradizionali mondiali (Sumo, Schwingen, Yağlı Güreş, Glima) sono la storia del combattimento. Sono una “fotografia” di un tempo e di un luogo, l’espressione culturale, rituale e sportiva di un popolo, conservata gelosamente per definire un’identità. Sono specializzate, omogenee e focalizzate sulla conservazione.

Il Kajukembo è la filosofia del combattimento. È un “processo” moderno, la conclusione logica a cui si arriva quando si prendono le arti pure (KA, JU, KEM, BO), le si strappa dal loro contesto culturale e rituale, e le si mette alla prova nell’unico crogiolo che conta per la sopravvivenza: la realtà. È ibrido, meticcio, “open source” e focalizzato sull’evoluzione.

Il Kajukembo non è una “lotta tradizionale”. È una risposta moderna e pragmatica alla necessità di combattimento, un sistema che onora i suoi antenati (KA, JU, KEM, BO) non preservandoli come reliquie in un museo, ma fondendoli insieme in una lega più forte sul “cemento” del mondo reale.

LA SCIENZA DELLA PRESTAZIONE: FISIOLOGIA E BIOMECCANICA DEL KAJUKEMBO

La Scienza dell’Adattabilità Totale

Analizzare il Kajukembo (un’arte ibrida per definizione: KA, JU, KEM, BO) attraverso la lente della “Scienza della Prestazione” non significa studiare un singolo atleta specializzato, come un maratoneta o un powerlifter. Significa, piuttosto, dissezionare l’atleta ibrido per eccellenza, un decatleta del combattimento.

La scienza della prestazione è la disciplina che analizza come (biomeccanica) e perché (fisiologia) il corpo umano è in grado di eseguire compiti fisici complessi. Nel contesto del Kajukembo, questa scienza non è un accessorio accademico; è la spiegazione fondamentale del perché il sistema funziona e del perché l’allenamento (la “forgia” del Punto 9) è strutturato in un modo così specifico e brutale.

I fondatori della Black Belt Society (Punto 3), sebbene non fossero scienziati di laboratorio, furono i primi “scienziati della prestazione” del combattimento ibrido. Attraverso un processo di tentativi ed errori (il “Laboratorio del Dolore”, Punto 6), hanno istintivamente capito ciò che la scienza moderna può ora spiegare: un combattente completo non può fare affidamento su un singolo sistema energetico o su un’unica catena cinetica.

Questa analisi, puramente informativa, si dividerà in due pilastri fondamentali:

  1. La Fisiologia: L'”motore” del praticante. Come il corpo alimenta le raffiche esplosive (KEM), la potenza resistente del grappling (JU) e la capacità di sopravvivere a un allenamento estenuante.

  2. La Biomeccanica: La “trasmissione” e il “telaio”. Come il corpo usa leve, angoli e fisica per generare la massima forza (KA/BO) e il massimo controllo (JU) con il minimo sforzo.

Esplorando questa scienza, si scopre che il Kajukembo non è semplicemente una raccolta di tecniche efficaci, ma un sistema olistico e scientificamente coerente per costruire un atleta marziale completo.


PARTE I: FISIOLOGIA DELLA PRESTAZIONE – L’MOTORE DEL COMBATTENTE IBRIDO

La fisiologia, in questo contesto, è lo studio di come il corpo umano crea e gestisce l’energia (bioenergetica) e di come il sistema nervoso (neurologia) controlla e si adatta al movimento e allo stress. L’allenamento del Kajukembo è un assalto controllato a tutti questi sistemi, progettato per forzare un adattamento superiore.

Sezione 1: L’Analisi dei Sistemi Energetici (Il Carburante del Kajukembo)

Il combattimento, specialmente quello imprevedibile “da strada” (Punto 2), non è un’attività a intensità costante. È una serie caotica di esplosioni, sforzi isometrici e momenti di recupero. Il Kajukembo, per la sua natura ibrida, richiede la padronanza di tutti e tre i sistemi energetici del corpo.

1.A. Il Sistema Anaerobico Alattacido (ATP-PC): L’Esplosività KEM/KA

  • Definizione Fisiologica: Questo è il sistema della “potenza pura”. È il carburante per sforzi massimali, esplosivi, che durano da 0 a circa 10-15 secondi. Questo sistema non usa ossigeno (anaerobico) e non produce acido lattico (alattacido). Utilizza le riserve immediate di Adenosina Trifosfato (ATP) immagazzinate nei muscoli e la loro rapida rigenerazione tramite il Fosfocreatina (PC). È il sistema più potente ma anche quello che si esaurisce più rapidamente.

  • Applicazione Scientifica nel Kajukembo: Questo è il sistema energetico della sopravvivenza. Le aggressioni da strada, statisticamente, sono decise in pochi secondi. Il Kajukembo, nato da questa realtà, ha quindi una forte enfasi sulle tecniche che massimizzano questo sistema:

    1. Le Raffiche (Flurries) del KEM: La strategia centrale del Kenpō (Punto 7) è il sovraccarico del sistema nervoso dell’avversario con una raffica travolgente di 5-10 colpi. Questa azione è un puro evento ATP-PC. È uno scatto massimale delle braccia e del core.

    2. Il Contrattacco Esplosivo (KA): La difesa da un attacco (es. Punch Counter) non è una parata passiva, ma un’esplosione di movimento (blocco, colpo, calcio) progettata per terminare lo scontro istantaneamente.

    3. Le Proiezioni (JU): L’esecuzione di una proiezione potente (Nage Waza) come O Soto Gari o O Goshi (Punto 7) è uno sforzo massimale che dura 1-3 secondi.

  • Implicazioni dell’Allenamento (Punto 9): L’allenamento del Kajukembo è progettato specificamente per migliorare l’efficienza di questo sistema.

    • Drills di Combinations: La pratica ripetuta delle “Combinations” (Punto 8) non è solo apprendimento motorio; è un allenamento a intervalli per il sistema ATP-PC. Si esegue una raffica di 5 secondi, ci si resetta (permettendo al Fosfocreatina di rigenerarsi parzialmente), e si ripete.

    • Pao e Colpitori: Il lavoro ai focus mitts (pao), che richiede raffiche massimali su comando, è l’allenamento sport-specifico più efficace per questo sistema.

    • La scienza ci dice che questo sistema è fondamentale perché in uno scontro reale, chi esaurisce per primo le sue scorte di ATP-PC e non riesce a rigenerarle, perde la capacità di muoversi in modo esplosivo, diventando un bersaglio statico.

1.B. Il Sistema Anaerobico Lattacido (Glicolitico): La “Forgia” del Grappling (JU)

  • Definizione Fisiologica: Questo è il sistema della “potenza resistente”. Si attiva quando lo sforzo massimale supera i 10-15 secondi. Il corpo passa alla glicolisi anaerobica, utilizzando il glicogeno (zucchero) immagazzinato nei muscoli. Questo processo è veloce, ma produce un sottoprodotto, il piruvato, che, in assenza di ossigeno sufficiente, viene convertito in lattato (acido lattico). È l’accumulo di ioni di idrogeno (H+) associati a questo processo che causa l’acidosi muscolare – la sensazione di “bruciore” e affaticamento che porta al cedimento muscolare.

  • Applicazione Scientifica nel Kajukembo: Questo è il sistema energetico dello scontro prolungato. È il “girone infernale” del combattimento che il Kajukembo deve preparare, specialmente nel suo pilastro “JU” (Judo/Jujitsu).

    1. Il Clinch e la Lotta in Piedi (JU): Una lotta per la posizione nel clinch, dove entrambi i combattenti sono in tensione isometrica e dinamica, spingendo e tirando, è un’attività glicolitica per eccellenza.

    2. Il Combattimento a Terra (Ne Waza): Lo “scramble” (la lotta per la posizione) a terra, il tentativo di applicare o difendersi da una leva (Kansetsu Waza) o uno strangolamento (Shime Waza), è uno degli sforzi più tassanti per il sistema glicolitico.

    3. Lo Sparring (Kumite): Un round di sparring da 2-3 minuti (Punto 9) non è un evento puramente aerobico. È una serie di esplosioni (ATP-PC) seguite da sforzi intensi (Glicolitico), con un recupero parziale (Aerobico). È il sistema glicolitico che determina chi “finisce la benzina” (gasses out) a metà round.

  • Implicazioni dell’Allenamento: La “forgia” del Kajukembo (Punto 9) è un laboratorio scientifico per aumentare la tolleranza al lattato e la capacità di smaltimento.

    • Condizionamento (Punto 9): Sessioni di allenamento estenuanti con pause brevi (es. 100 piegamenti, 100 squat, 100 addominali) sono progettate per spingere lo studente in uno stato di acidosi profonda e costringerlo a continuare a lavorare.

    • Obiettivo Fisiologico: Questo tipo di allenamento (High-Intensity Interval Training – HIIT) stimola il corpo a produrre più tamponi (come il bicarbonato) nel sangue per neutralizzare l’acidità e aumenta l’efficienza dei muscoli nel “ripulire” (clearance) il lattato, riconvertendolo in energia.

    • La scienza spiega perché i praticanti di Kajukembo sono “duri”: il loro allenamento li ha resi fisiologicamente più efficienti nel gestire il “veleno” chimico della fatica muscolare.

1.C. Il Sistema Aerobico (Ossidativo): La Longevità e il Recupero

  • Definizione Fisiologica: Questo è il sistema della “resistenza pura”. È il motore a basso regime che utilizza l’ossigeno per convertire i grassi e i carboidrati in ATP. È il sistema più efficiente (produce enormi quantità di ATP), ma è il più lento ad attivarsi. È il sistema dominante nel riposo e nelle attività a bassa/media intensità (come correre una maratona).

  • Applicazione Scientifica nel Kajukembo: È facile, per un’arte “da strada”, ignorare questo sistema, ma sarebbe un errore fatale. La scienza della prestazione ci dice che il sistema aerobico è fondamentale per il combattente anaerobico, per tre motivi:

    1. Il Recupero (Il “Compressore”): Il sistema aerobico è ciò che rigenera gli altri due sistemi. La velocità con cui un praticante può recuperare le sue scorte di Fosfocreatina (ATP-PC) tra una raffica (flurry) e l’altra dipende direttamente dall’efficienza del suo motore aerobico. Un praticante con una base aerobica scadente può sferrare una sola raffica esplosiva; un praticante con una base aerobica eccellente può sferrarne dieci.

    2. La Durata (La “Batteria”): È il sistema aerobico che permette a un praticante di sopravvivere a una sessione di allenamento di due ore (Punto 9), che include il riscaldamento, il condizionamento, i drills e lo sparring. È la “batteria” che alimenta l’intera lezione.

    3. Il Lavoro Tecnico (Le Forme): La pratica delle forme (Palamas, Punto 8), specialmente le forme lunghe e avanzate (come il Palama Set 10 o 14), è un esercizio di resistenza muscolare e aerobica. Eseguire una forma di 5 minuti con Kime (tensione) e potenza corretti è un test aerobico significativo.

  • Implicazioni dell’Allenamento: Sebbene non esplicitamente “aerobico” come la corsa, l’allenamento del Kajukembo costruisce questo sistema attraverso:

    • Volume Elevato: Lezioni lunghe e ad alto volume di ripetizioni.

    • Pause Brevi: Le brevi pause tra i drills (Punto 9) non permettono un recupero completo, costringendo il sistema aerobico a lavorare più duramente per sostenere lo sforzo.

Sintesi Fisiologica: La scienza della bioenergetica conclude che il Kajukembo è un’arte ibrida metabolica. Richiede:

  • L’esplosività (ATP-PC) di un centometrista (per il KEM).

  • La resistenza al lattato (Glicolitico) di un lottatore (per il JU).

  • La capacità di recupero (Aerobico) di un atleta di resistenza (per la lezione e i round multipli).


Sezione 2: L’Adattamento Neurologico (Il “Software” del Combattente)

La prestazione non è solo muscoli; è il sistema nervoso. L’allenamento del Kajukembo è, prima di tutto, un processo di riprogrammazione neurologica.

2.A. Apprendimento Motorio e Mielinizzazione: La Scienza dei Palamas (Forme)

  • Definizione Fisiologica: Ogni volta che si impara un nuovo movimento (come una “Combination” o una forma), il cervello crea un nuovo “percorso neurale”. Ripetere quel movimento migliaia di volte è un processo chiamato mielinizzazione: le cellule nervose (neuroni) lungo quel percorso vengono “isolate” con una guaina di mielina. Più spessa è la mielina, più veloce, fluido e automatico diventa il segnale.

  • Applicazione Scientifica nel Kajukembo: I Palamas (Punto 8) e le Combinations (Punto 7) sono il sistema pedagogico del Kajukembo per la mielinizzazione.

    • Forme vs. Riflesso: La pratica ripetitiva e ossessiva di una forma non è “danza”. È un “lavoro elettrico”. Lo studente sta fisicamente costruendo un’autostrada neurale.

    • L’Obiettivo: L’obiettivo è portare una sequenza di autodifesa complessa (es. blocco, colpo all’occhio, leva al polso, ginocchiata) dal cervello cosciente (lento, goffo) al cervelletto e ai gangli della base (automatico, riflessivo).

    • La scienza ci dice che questo è l’unico modo per garantire che la tecnica funzioni sotto lo stress estremo di un’aggressione reale (Punto 2), quando la corteccia prefrontale (pensiero logico) si “spegne” (hijacking dell’amigdala) e rimangono solo i riflessi programmati (mielinizzati).

2.B. Propriocezione e Sistema Vestibolare: La Scienza del “JU” (Grappling)

  • Definizione Fisiologica:

    • Propriocezione: Il “sesto senso” del corpo. È la capacità del cervello di sapere dove si trova ogni arto nello spazio (grazie ai recettori nei muscoli, tendini e articolazioni) senza doverlo guardare.

    • Sistema Vestibolare: Situato nell’orecchio interno, è il “giroscopio” del corpo. Gestisce l’equilibrio e la percezione del movimento.

  • Applicazione Scientifica nel Kajukembo: Questo è il dominio scientifico del pilastro JU (Judo/Jujitsu). Il grappling è una conversazione propriocettiva.

    • Kuzushi (Sbilanciamento): Come analizzato nel Punto 7, il Kuzushi è l’arte scientifica di compromettere la propriocezione e il sistema vestibolare dell’avversario. Muovendo la sua testa (dove si trova il giroscopio vestibolare) o portando il suo peso fuori dalla sua base, si “spegne” la sua capacità di generare forza.

    • Ukemi (Cadute): La pratica delle cadute (Punto 9) non è solo per la sicurezza. È un allenamento intensivo per il sistema vestibolare. Insegna al cervello a “riavviarsi” e a riorientarsi istantaneamente dopo un evento caotico come una proiezione.

    • Ne Waza (Lotta a Terra): La lotta a terra è un esercizio di propriocezione pura. Un praticante esperto “sente” il minimo spostamento di peso del partner e reagisce, spesso senza vedere.

2.C. La Scienza dell’Adattamento al Dolore (Kote Kitae)

  • Definizione Fisiologica: Il dolore (come discusso nel Punto 16) non è un evento fisico; è un’interpretazione del cervello di un segnale (nocicezione). L’allenamento al condizionamento, come il Kote Kitae (condizionamento degli avambracci, Punto 9), è un allenamento neurologico per ricablare questa interpretazione.

  • Teoria del Cancello (Gate Control Theory): Questa teoria suggerisce che i segnali nervosi non dolorosi (come la pressione o lo sfregamento) possono “chiudere il cancello” ai segnali di dolore che viaggiano verso il cervello. L’allenamento al condizionamento insegna al cervello a concentrarsi sulle sensazioni di “impatto” e “pressione” piuttosto che su quella di “allarme/danno”.

  • Desensibilizzazione: La ripetizione dell’impatto “desensibilizza” i recettori del dolore superficiali (nocicettori), rendendoli meno reattivi.

  • Adattamento Psicologico: Il cervello impara che l’impatto del Kote Kitae, sebbene doloroso, non è una “minaccia” vitale. Questa desensibilizzazione psicologica è ciò che impedisce al praticante di “congelarsi” (freeze) quando viene colpito in uno scontro reale.


PARTE II: BIOMECCANICA DELLA PRESTAZIONE – LA FISICA DEL COMBATTIMENTO IBRIDO

La biomeccanica è lo studio della fisica applicata ai sistemi biologici. È la scienza di come le leve, i fulcri, la forza e il movimento si combinano per creare un’azione efficiente. L’ibridismo del Kajukembo (KA-JU-KEM-BO) è un capolavoro di biomeccanica applicata.

Sezione 1: La Biomeccanica dello Striking (KA/KEM/BO) – Generare Forza Massimale

1.A. La Catena Cinetica e la Forza di Reazione al Suolo (L’Eredità KA/BO)

  • Definizione Biomeccanica: Un colpo potente (un pugno o un calcio) non proviene dal braccio o dalla gamba. È il prodotto finale di una catena cinetica (Kinetic Chain). La forza viene generata dal terreno (Forza di Reazione al Suolo – GRF), in accordo con la Terza Legge di Newton (Azione-Reazione).

  • Processo (Il Pugno Diretto – KA/BO):

    1. Azione: Il praticante spinge il piede posteriore contro il pavimento.

    2. Reazione: Il pavimento (GRF) spinge indietro con una forza uguale e contraria.

    3. Trasmissione: Questa forza viaggia su per la catena cinetica: dalla caviglia, attraverso il ginocchio (estensione), viene moltiplicata dalla rotazione dell’anca (torque), amplificata dalla rotazione del core/torso, trasferita alla spalla, e infine accelera lungo il braccio fino al pugno.

  • Applicazione nel Kajukembo: I pilastri KA (Karate) e BO (Boxe) sono i maestri di questa scienza. L’allenamento nelle posizioni (Dachi) del Karate (Punto 7) insegna a “radicarsi” (grounding) per massimizzare la GRF. L’allenamento del Pugilato (BO) insegna la rotazione esplosiva dell’anca (hip torque) per moltiplicare quella forza.

1.B. I Principi Scientifici del Kenpō (KEM): Massa, Gravità e Rotazione

Il pilastro KEM (Kenpō) introduce una biomeccanica più complessa, basata su principi fisici che Sijo Emperado ha ereditato e raffinato.

  • Forza = Massa x Accelerazione (F=ma): La biomeccanica del Kenpō si concentra sull’aumentare entrambe le variabili:

    • Accelerazione (Velocità): Le “raffiche” (flurries) del Kenpō sono un allenamento per la velocità neuromuscolare (Punto 7).

    • Massa (Massa): Come fa un praticante più piccolo ad aumentare la sua “massa” efficace? Il Kenpō usa due principi:

      1. Backup Mass (Massa di Sostegno): L’idea che, al momento dell’impatto, l’intera struttura scheletrica (dalla mano, lungo il braccio, attraverso la spalla, il core e fino al suolo) debba essere perfettamente allineata. Il colpo non è sferrato dal braccio; è sferrato attraverso il braccio dall’intero corpo.

      2. Marriage to Gravity (Sposarsi con la Gravità): Invece di colpire “in avanti”, il Kenpō insegna a cadere (drop) leggermente con il proprio centro di gravità nel colpo. Questo aggiunge l’accelerazione gravitazionale (9.8 m/s²) e l’intero peso corporeo all’impatto, massimizzando la “massa” (m) nell’equazione della forza.

  • Potenza Rotazionale (KEM Flurries): Le raffiche veloci del Kenpō non sono spinte lineari. Sono una serie di rotazioni ad alta velocità attorno all’asse centrale (la colonna vertebrale). Ogni colpo (destro, sinistro, gomito, mano a martello) è alimentato da una rapida e breve torsione del core, che crea un “effetto frusta” (whip-like effect) nelle estremità.

Sezione 2: La Biomeccanica del Grappling (JU) – La Fisica delle Leve e dello Sbilanciamento

Questa è la scienza del “controllo”. È il dominio del pilastro JU (Judo/Jujitsu) e delle tecniche di Chin Na (BO/KEM).

2.A. Leve e Fulcri: La Scienza del Jujitsu (Kansetsu Waza)

  • Definizione Biomeccanica: Una leva è una macchina semplice usata per amplificare la forza. Richiede una Forza (sforzo), una Resistenza (carico) e un Fulcro (punto di rotazione). Le articolazioni umane sono sistemi di leve.

  • Applicazione nel Kajukembo (Punto 7):

    1. Leva di Classe 1 (Fulcro al Centro): Esempio: L’Armbar (Juji Gatame). L’avambraccio di Tori (o l’anca) diventa il Fulcro sotto il gomito di Uke (l’avversario). La mano di Tori applica la Forza sul polso, e la Resistenza è la forza muscolare del bicipite di Uke. La leva amplifica la forza di Tori, rendendo la rottura inevitabile.

    2. Leva di Classe 2 (Resistenza al Centro): Esempio: La Leva al Polso (Kote Gaeshi). La mano di Uke è la Resistenza. Il fulcro è la punta delle dita di Uke (tenute ferme dalla mano di Tori) e la Forza è applicata da Tori sulla base della mano di Uke, creando una leva che rompe il polso.

  • Chin Na (Punto 7): La biomeccanica del Chin Na (leve alle dita) è una micro-applicazione di questo. Le piccole articolazioni delle dita hanno un raggio di movimento (ROM) minimo e sono leve deboli. Applicando una piccola forza a un dito si crea una forza torsionale immensa che “spezza” la catena cinetica di tutto il braccio.

2.B. Centro di Gravità e Kuzushi: La Fisica del Judo (Nage Waza)

  • Definizione Biomeccanica: La stabilità di un corpo è determinata da due fattori: l’altezza del suo Centro di Gravità (COG) e la dimensione della sua Base di Supporto (BOS). Un corpo è stabile finché la linea verticale del suo COG cade all’interno della sua BOS.

  • Il Principio Scientifico: Il combattimento in piedi (grappling) non è una questione di “sollevare” l’avversario. È la scienza di spostare il COG dell’avversario fuori dalla sua BOS.

  • Kuzushi (Sbilanciamento): Questo è il termine giapponese per questo principio scientifico. È l’atto di rompere la stabilità dell’avversario.

  • L’Ibridismo Scientifico del Kajukembo:

    • Un Judoka “puro” crea il Kuzushi tirando e spingendo il Gi.

    • Un praticante di Kajukembo applica la sua scienza ibrida: usa un colpo (KA/KEM). Un pugno al viso (anche finto) costringe l’avversario a ritrarre la testa. Questo sposta istantaneamente il suo COG all’indietro, fuori dalla sua BOS. L’avversario è ora “sbilanciato” (Kuzushi) e vulnerabile a una proiezione (JU) (come O Soto Gari) che richiede una forza minima per essere completata. Questa fusione di uno stimolo di striking (KEM/BO) per creare uno sbilanciamento (JU) è la tesi scientifica centrale dell’arte.

Sezione 3: La Biomeccanica dell’Ibridismo – Flusso, Angoli e Transizioni

La prestazione finale del Kajukembo è la capacità di “fondere” (flow) queste scienze separate in un unico sistema.

3.A. L’Economia del Movimento e l’Angling (BO)

  • Definizione Biomeccanica: Il percorso più breve tra due punti è la linea retta, ma il percorso più sicuro in un combattimento è l’angolo.

  • Applicazione (BO – Boxe/Kung Fu): Il gioco di gambe (footwork) del Kajukembo (Punto 7) è progettato per creare “angoli superiori” (angling). Muovendosi lateralmente (pivot, side-step), il praticante esce dalla “linea di fuoco” dell’avversario (dove si trovano entrambe le sue armi) e si posiziona sul suo “lato cieco” (la sua linea di spalla).

  • Vantaggio Scientifico: Da questo angolo, l’avversario deve ruotare l’intero corpo per affrontare la minaccia (un’azione biomeccanicamente lenta), mentre il praticante ha tutte le sue armi (KA/KEM) allineate sul bersaglio.

3.B. La Scienza della Transizione (Il “Flusso” KEM)

  • Definizione Biomeccanica: L’efficienza nel mondo reale è la capacità di eliminare le “pause” tra le azioni.

  • Il “Checking” (Punto 7): Il concetto di “checking” del Kenpō è un capolavoro di biomeccanica. È la scienza di usare un arto come controllo (fulcro) e l’altro come arma (leva). Esempio: la mano sinistra “controlla” (afferra, blocca) il braccio destro dell’avversario. Questo fissa un punto nello spazio. La mano destra ora può colpire la testa dell’avversario, usando il braccio controllato come fulcro per generare una forza di rotazione (torque) maggiore.

  • Recupero dell’Energia Elastica: Le “raffiche” (flurries) del KEM non sono movimenti isolati. Usano l’energia elastica (Elastic Energy Recoil). Il rinculo (recoil) di un pugno destro (che carica i muscoli obliqui) viene immediatamente utilizzato per lanciare il colpo sinistro. È un sistema di “caricamento a molla” perpetuo, dove un’azione di striking (KEM) fluisce in una leva (JU) che fluisce in una proiezione (JU).

Conclusione: L’Atleta come Scienziato Pragmatico

In conclusione, la scienza della prestazione del Kajukembo rivela un sistema di una profondità e di una coerenza straordinarie. Non è una semplice “accozzaglia” di tecniche. È un sistema scientifico unificato, progettato per costruire un atleta marziale totale.

  • Fisiologicamente (L’Motore): La sua pedagogia (Punto 9) è progettata scientificamente per costruire un atleta con l’esplosività di un velocista (ATP-PC), la tolleranza alla fatica di un lottatore (Glicolitico) e la capacità di recupero di un atleta di resistenza (Aerobico). Allo stesso tempo, il suo allenamento neurologico (Palamas, Kote Kitae) programma riflessi automatici e una gestione del dolore superiore.

  • Biomeccanicamente (Il Telaio): Il suo arsenale tecnico (Punto 7) è una masterclass di fisica applicata. Utilizza la catena cinetica e la forza di reazione al suolo (KA/BO) per la potenza, i principi di massa e gravità (KEM) per l’impatto, e le leve (JU) e il controllo del centro di gravità (Kuzushi) per il controllo.

La “forgia” del Kajukembo è, in definitiva, un laboratorio dove il praticante non impara solo a combattere; impara a diventare una macchina umana scientificamente più efficiente, potente e resiliente.

L'ECONOMIA E LA POLITICA DEL L’ARTE: POTERE, PRESTIGIO E TURISMO

Un Ecosistema Oltre il Mercato – Le Strutture Socio-Economiche del Kajukembo

Analizzare l’economia, la politica, il potere, il prestigio e il turismo del Kajukembo richiede un completo cambio di paradigma rispetto a come si analizzano le arti marziali o gli sport moderni. Se si cercassero i parametri di un’economia sportiva tradizionale – diritti mediatici multimilionari, sponsorizzazioni aziendali, finanziamenti statali (come per le discipline olimpiche tipo Judo o Taekwondo), o circuiti professionistici globali (come l’UFC per le MMA o l’ONE Championship per la Muay Thai) – l’analisi del Kajukembo si concluderebbe in una frase: è un’economia inesistente.

Ma questo sarebbe un errore di valutazione fondamentale. Il Kajukembo possiede un’economia vibrante, una politica complessa e strutture di potere e prestigio profondamente radicate. Semplicemente, queste strutture non operano sul mercato aperto, ma in un ecosistema chiuso, quasi feudale, dove la “valuta” (il capitale) non è (solo) il denaro, ma il lignaggio (lineage), la reputazione e l’autenticità.

Per comprendere questo ecosistema, bisogna abbandonare l’idea di un’arte “sportiva” e abbracciare quella di un’arte “genealogica”. L’economia del Kajukembo è quella della micro-impresa passionale, del “dojo” come estensione di un lignaggio, non come un franchising. La sua politica non è democratica o burocratica, ma feudale e patriarcale, basata sull’eredità filosofica dei fondatori (Punto 4) e sulla filosofia “open source” (Punto 10) che ha generato i suoi “stati-nazione” (i rami). Il suo prestigio non si misura in medaglie d’oro, ma nella “vicinanza alla fonte” (Sijo Emperado). E il suo turismo non è di massa, ma è un pellegrinaggio devozionale.

Questo capitolo, a scopo puramente informativo e neutrale, analizzerà in profondità queste strutture socio-economiche uniche, dissezionando il modello di business del “Kwoon” (la scuola), la natura frammentata ma interconnessa del potere politico, la misurazione del prestigio e le forme uniche di “turismo marziale” che definiscono questa arte ibrida.


PARTE I: L’ECONOMIA DEL KAJUKEMBO – IL MODELLO DEL “KWOON” E DEL “SEMINARIO”

L’economia del Kajukembo è quasi interamente una “economia dal basso” (bottom-up). Non è sostenuta da grandi entità, ma dalla passione cumulativa di migliaia di praticanti e dalla dedizione imprenditoriale (spesso a malapena redditizia) dei suoi istruttori (Sifu).

Sezione 1: Il Kwoon/Dojo come Micro-Impresa e Centro Culturale

La singola scuola (il “Kwoon” cinese o “Dojo” giapponese) è l’unità economica fondamentale del mondo Kajukembo. In nazioni come l’Italia (Punto 11), questa unità assume la forma legale di una ASD (Associazione Sportiva Dilettantistica), un modello che enfatizza lo scopo sportivo e no-profit rispetto al guadagno commerciale puro.

L’istruttore (Sifu) non è un manager di un franchising (come in un modello di palestra commerciale), ma un artigiano e un micro-imprenditore. La sua “impresa” è quasi sempre un “progetto passionale” (passion project), dove l’obiettivo primario è la preservazione e la trasmissione del lignaggio, e l’obiettivo secondario è la sostenibilità economica.

Le fonti di reddito di questa micro-impresa sono specifiche e legate alla cultura dell’arte.

1.A. Le Rette Mensili (Membership Dues) Questo è il flusso di cassa primario, il “pane quotidiano” che tiene accese le luci della scuola.

  • Natura Economica: A differenza di una palestra commerciale che vende “accesso” a delle attrezzature, il Kwoon di Kajukembo vende “insegnamento” e “appartenenza” (l’Ohana). La retta mensile non è un abbonamento, ma un’iscrizione a una scuola, un pagamento per il tempo, l’energia e la conoscenza del Sifu.

  • Posizionamento di Prezzo: I prezzi sono generalmente moderati. Sono calibrati per coprire i costi (affitto della palestra, assicurazione tramite EPS come CSEN o AICS – Punto 11, utenze) e fornire un compenso (spesso un rimborso spese) al Sifu. La filosofia non è quella di massimizzare il profitto per membro, ma di costruire una base di studenti (Ohana) stabile e dedicata.

  • Analisi Economica: Questo modello rende l’economia del Kwoon vulnerabile ma resiliente. È vulnerabile alle fluttuazioni (pochi studenti e la scuola chiude), ma è resiliente perché non si basa su mode passeggere. Gli studenti che rimangono (Punto 15) sono lì per l’arte e per il Sifu, non per il “trend” del momento, garantendo una base di entrate più stabile nel lungo termine.

1.B. Gli Esami di Grado (Ranking Tests) Questo è un flusso di reddito secondario ma economicamente significativo. È il modello economico che sostiene la struttura gerarchica (Punto 13, Le Cinture).

  • Natura Economica: Il passaggio di cintura non è automatico. Richiede un esame formale. Questo esame ha un costo. Il costo copre:

    1. Il Tempo del Sifu: Il tempo dedicato a organizzare, supervisionare e giudicare l’esame.

    2. Il Costo Materiale: La nuova cintura (Obi) e il certificato.

    3. La “Fee” di Lignaggio (Tassa di Registrazione): In molte organizzazioni (KSDI, WHKD, ecc.), l’istruttore deve pagare una tassa alla sua “Casa Madre” (Punto 10) per registrare ufficialmente il nuovo grado dello studente. Questo è un meccanismo economico chiave che finanzia le organizzazioni centrali (o i Gran Maestri).

  • Analisi Economica: Dal punto di vista economico, gli esami di grado sono un’entrata “a scaglioni”, non costante. Per uno studente, il costo di una cintura nera può essere significativo, rappresentando il culmine di anni di rette mensili e il pagamento per la validazione formale del proprio status. Questo modello è stato criticato in alcune arti marziali (“belt factories” – fabbriche di cinture), ma nel Kajukembo, la nota difficoltà dell’allenamento (Punto 9) e la filosofia pragmatica (Punto 2) agiscono da filtro di qualità. È difficile “comprare” una cintura nera di Kajukembo, perché l’esame richiede una dimostrazione di competenza fisica e mentale che non può essere falsificata.

1.C. Il Merchandising Identitario (Uniformi e Patch) Questo è un aspetto economico cruciale che è legato al Prestigio e alla Politica. L’abbigliamento (Punto 13) non è solo un’uniforme; è un generatore di entrate.

  • Il Gi (Uniforme): La scuola (Kwoon) è quasi sempre il fornitore unico del Gi ufficiale, specialmente il Gi nero (Punto 13) che è il marchio di fabbrica dell’arte.

  • Le Patch (Emblemi): Qui l’economia si fonde con la politica. I “patch” (emblemi) non sono gratuiti.

    1. Emblema KSDI (o del Lignaggio): L’emblema ufficiale (l’ottagono) deve essere acquistato, spesso attraverso l’organizzazione centrale.

    2. Patch della Scuola: Il Sifu progetta e vende il patch della propria scuola (ASD). Questo genera un piccolo profitto, ma, cosa più importante, costruisce l’identità del marchio (branding) e il senso di appartenenza (Ohana).

    3. Patch Commemorativi: Venduti durante i seminari, agiscono come “merchandising di un evento”.

  • Analisi Economica: La vendita di abbigliamento e patch è un flusso di entrate a basso volume ma ad alto margine, che si basa interamente sul desiderio dello studente di mostrare la propria affiliazione e il proprio progresso. È un’economia basata sull’identità.

1.D. L’Arsenale (Armi e Attrezzature) Poiché il Kajukembo è un’arte basata sulle armi (Punto 14), la scuola diventa un rivenditore specializzato.

  • Prodotti: La scuola acquista all’ingrosso e rivende ai propri studenti:

    • Bastoni di Rattan (per l’Escrima).

    • Coltelli da allenamento (gomma o alluminio).

    • Armi tradizionali (Bo, Nunchaku, Sai) per la pratica delle forme (Punto 8).

    • Attrezzatura protettiva (Punto 16) per lo sparring (caschi, guanti).

  • Analisi Economica: Questo non solo fornisce un’altra fonte di reddito per il Sifu, ma funge anche da controllo di qualità e sicurezza. L’istruttore si assicura che tutti gli studenti utilizzino attrezzature sicure, standardizzate e appropriate per l’allenamento, prevenendo infortuni (Punto 16) e garantendo che il “laboratorio” (Punto 9) funzioni correttamente.

Sezione 2: L’Economia dei Seminari (La “Borsa” della Conoscenza)

Se il Kwoon è l’economia locale, il Seminario è l’economia globale. È il meccanismo principale attraverso cui il denaro e, cosa più importante, la conoscenza di alto livello, si muovono attraverso il mondo del Kajukembo.

Questo modello è essenziale per un’arte di nicchia, specialmente in paesi lontani dalla “fonte” (come l’Italia, Punto 11).

  • Il Modello di Business:

    1. L’Organizzatore (Il Sifu Locale): Un Sifu italiano (ad esempio) decide di ospitare un “evento”.

    2. L’Asset (La “Star”): Il Sifu contatta un Sigung (Gran Maestro) di fama mondiale (es. un erede diretto di Sijo, o il fondatore di un ramo come GM Al Dacascos).

    3. Il Contratto: L’organizzatore locale garantisce al Sigung una tariffa fissa (appearance fee) e/o una percentuale dei profitti, oltre a coprire i costi di viaggio (volo, alloggio).

    4. Il Mercato: L’organizzatore promuove l’evento alla sua rete. Studenti da tutta Italia e persino dall’Europa (Francia, Spagna, Germania) si iscrivono e pagano una quota di partecipazione (es. 100-200 euro per un weekend).

  • Flussi Economici e di Capitale:

    • Flusso Economico (Denaro): Il denaro fluisce dagli studenti, si concentra nelle mani dell’organizzatore, che lo usa per pagare i costi e il Gran Maestro.

    • Flusso di Capitale (Conoscenza): Il Gran Maestro “inietta” conoscenza di alto livello, correzioni tecniche e la sua filosofia direttamente nella comunità locale.

    • Flusso di Capitale (Prestigio): L’organizzatore (il Sifu locale) guadagna un enorme prestigio (Punto 18, Parte III) per essere stato in grado di attrarre una tale autorità. La sua scuola diventa un “hub” regionale. Gli studenti guadagnano prestigio per aver imparato “dalla fonte”.

  • Analisi Economica: L’economia dei seminari è un modello ad alto rischio e alto rendimento (high-risk, high-reward). Se l’organizzatore non attira abbastanza partecipanti, perde denaro. Ma se l’evento ha successo, crea un “boom” economico e di prestigio per l’intera comunità locale. È il mercato azionario del lignaggio e della reputazione.

Sezione 3: Assenza di Strutture Macroeconomiche (Cosa Manca)

Per capire l’economia del Kajukembo, è fondamentale analizzare ciò che non c’è. L’economia del Kajukembo è auto-finanziata.

  • Nessun Finanziamento Statale: Essendo un’arte non olimpica e non riconosciuta da una Federazione Sportiva Nazionale (FSN) unica, il Kajukembo non riceve finanziamenti dal CONI in Italia (Punto 11) o da organi di governo simili in altri paesi. Il denaro pubblico non entra in questo ecosistema.

  • Nessuna Sponsorizzazione Commerciale (Mainstream): Il Kajukembo non è “telegenico” nel modo in cui lo sono le MMA o i tornei di Karate sportivo. La sua filosofia “da cemento” e le sue tecniche “sporche” (Punto 7) lo rendono poco appetibile per sponsor aziendali (es. Nike, Red Bull). Lo sponsor tipico è un’azienda locale (es. il ristorante dell’amico del Sifu) o un produttore di attrezzature marziali.

  • Nessun Diritto Mediatico: Non esistono contratti televisivi. La “media economy” del Kajukembo è limitata a DVD didattici (ora in gran parte obsoleti) e, più recentemente, a piattaforme di formazione online (abbonamenti a siti web) gestite dai Gran Maestri più importanti (es. GM Al Dacascos), che creano un nuovo, piccolo flusso di entrate globali.

Conclusione Economica: L’economia del Kajukembo è un’economia artigianale, decentralizzata e basata sulla passione. È sostenuta interamente dai suoi praticanti. Questa “debolezza” macroeconomica è, paradossalmente, la sua più grande forza politica: non avendo sponsor o governi da accontentare, l’arte è rimasta libera di perseguire il suo unico obiettivo: l’efficacia pragmatica.


PARTE II: LA POLITICA E IL POTERE – LA “MONARCHIA FEUDALE” DEL LIGNAGGIO

La “politica” del Kajukembo è una delle più complesse e affascinanti del mondo marziale. Per capirla, bisogna usare una metafora: il Kajukembo non è una “repubblica” (come un’associazione sportiva moderna con elezioni e statuti). È una “monarchia feudale”. È un sistema basato sulla genealogia, sulla lealtà personale e sul controllo del territorio (gli studenti).

Sezione 1: L’Atto Costituzionale – La Filosofia “Open Source” come Frammentazione Politica

La struttura politica del Kajukembo è una diretta conseguenza della sua “Costituzione”: il mandato di Sijo Emperado (Punto 4) ai suoi studenti di “trovare la propria strada”.

  • Il “Pecatto Originale” (o la Genialità): Quando Sijo ha dato ai suoi studenti di prima generazione (come Gaylord, Ramos, Asuncion, Dacascos – Punto 5 e 10) il permesso di evolvere l’arte, ha, di fatto, rinunciato al potere politico centrale.

  • La Nascita degli “Stati-Nazione” (I Rami): Questo atto non ha creato “scuole”; ha creato “Lignaggi” (Branches/Methods). Ogni Gran Maestro che ha fondato un ramo (WHKD, Gaylord’s Method, Tum Pai) è diventato il “Re” del proprio sistema.

  • Conseguenza Politica: Il panorama politico del Kajukembo non è uno, ma molti. È un arcipelago di “feudi” (i rami) che coesistono. La “politica” del Kajukembo è la diplomazia, l’alleanza e, a volte, il conflitto tra questi feudi.

Sezione 2: La Struttura del Potere (Il Feudalesimo Genealogico)

Il “potere” nel Kajukembo non si “vince” in un’elezione. Si “eredita” o si “riceve” attraverso una catena di lealtà.

  • Il Re (Il Sijo): Al vertice c’era Sijo Emperado. Il suo potere era assoluto e carismatico. Era il “Patriarca” (Punto 12), la fonte di ogni legittimità.

  • I Duchi (I Sigung/Gran Maestri): Sotto il Re ci sono i suoi “vassalli” diretti, i fondatori dei rami (es. Al Dacascos, Charles Gaylord). Il loro potere deriva dal fatto che sono stati sanzionati (autorizzati) direttamente da Sijo o dalla sua filosofia. Governano il loro “ducato” (il loro Stile, es. WHKD) con autorità quasi assoluta.

  • I Baroni (I Sifu/Maestri): Sotto i Duchi ci sono i Sifu, i proprietari delle scuole (Kwoon). Il loro potere (la loro “terra”) è la loro scuola.

  • Il Giuramento di Fedeltà (Il Lignaggio): Il potere politico scorre in questo modo:

    1. Uno studente (praticante) giura fedeltà al suo Sifu.

    2. Il Sifu giura fedeltà al suo Sigung (il capo del suo lignaggio, es. GM Dacascos).

    3. Il Sigung (storicamente) giurava fedeltà al Sijo.

  • Analisi del Potere: Il potere di un Sifu di promuovere uno studente (es. a cintura nera) non deriva da una “federazione” astratta. Deriva dall’autorità delegata a lui dal suo Sigung. Il certificato di cintura nera (Punto 13) è, in effetti, un documento feudale che attesta l’ingresso di un nuovo membro in quel lignaggio specifico.

Sezione 3: La “Politica Interna” (Le Dispute sull’Autenticità)

Come in ogni sistema feudale, questa frammentazione genera una “politica interna” (spesso chiamata “politicK”) complessa e talvolta tossica. Poiché la “valuta” è l’autenticità, le guerre politiche non si combattono sul denaro, ma sull’interpretazione della storia.

  • La “Guerra Fredda” dei Lignaggi: Il dibattito politico centrale nel Kajukembo è tra “Tradizionalisti” e “Evoluzionisti”.

    1. I Tradizionalisti (es. Lignaggio KSDI): La loro posizione politica è che loro sono i custodi del “vero” Kajukembo, l'”Original Method” (Punto 10) di Sijo. Vedono i rami più “artistici” (come il WHKD) con un certo sospetto, come un “annacquamento” (watering down) della brutale efficacia da “cemento” dell’arte. Il loro potere politico deriva dalla storia e dall’autenticità.

    2. Gli Evoluzionisti (es. Lignaggio WHKD): La loro posizione politica è che loro sono i veri eredi della filosofia di Sijo (Punto 4), che era quella di “trovare la propria strada” e di evolversi. Vedono i Tradizionalisti come “fossili” (Punto 21), bloccati nel 1949 e incapaci di adattarsi. Il loro potere politico deriva dall’innovazione e dalla popolarità.

  • Dispute sui Gradi (Rank Politics): La politica più comune riguarda la validità dei gradi. Poiché ogni Sigung (capo di un ramo) ha l’autorità di promuovere, possono sorgere dispute: “Quel Sifu è stato promosso troppo in fretta”, “Il suo Gran Maestro non è legittimo”, “La sua cintura nera non vale quanto la nostra”.

  • Le Organizzazioni “Ombrello” (Il Tentativo di “ONU”): Organizzazioni come la World Kajukenbo Federation (WKF) o la Kajukenbo Association of America (KAA) (Punto 19) sono i tentativi “politici” di creare una “Nazioni Unite”. Non sono governi, ma forum diplomatici.

    • Funzione: Cercano di unire i rami organizzando eventi “aperti” (seminari, tornei) dove tutti i lignaggi possono incontrarsi in territorio neutrale.

    • Limiti del Potere: Non hanno un potere legislativo reale. Non possono costringere un Sigung del WHKD a riconoscere un Sigung del KSDI. Il loro potere è basato sul consenso e sulla diplomazia.

Conclusione Politica: Il potere nel Kajukembo è personale e carismatico, non burocratico. La politica è genealogica. Questa struttura ha impedito all’arte di unificarsi per un’eventuale spinta olimpica, ma ha anche garantito una diversità e una libertà che sono la sua linfa vitale.


PARTE III: LA VALUTA DEL PRESTIGIO – LA FAMA OLTRE LA CINTURA

Il “prestigio” è la reputazione, il “capitale sociale” che determina lo status di un individuo all’interno di questo ecosistema politico. È strettamente legato al potere, ma non è la stessa cosa. Il potere è l’autorità di agire (promuovere, insegnare); il prestigio è il perché gli altri rispettano quell’autorità.

Sezione 1: Prestigio Ereditato (La Nascita Marziale)

Nel sistema feudale del Kajukembo, la forma più alta e immediata di prestigio è quella ereditata.

  • Vicinanza alla Fonte: Il prestigio più alto in assoluto appartiene ai (pochi rimasti) studenti diretti di Sijo Emperado (la Prima Generazione, Punto 5). Questi individui hanno un prestigio quasi sacro. Hanno imparato dalla “fonte”. La loro parola ha un peso immenso.

  • Vicinanza ai Pionieri: Il livello successivo di prestigio appartiene agli studenti diretti dei grandi Sigung fondatori dei rami (es. uno studente diretto di Charles Gaylord o Al Dacascos).

  • Il “Lignaggio della Scuola”: Per uno studente comune, il prestigio è riflesso. Allenarsi in una scuola il cui Sifu è stato promosso da una figura leggendaria (es. “Il mio Sifu ha ricevuto la cintura nera da Sijo stesso”) conferisce prestigio a tutti i suoi studenti. Questo è un fattore economico: una scuola con un lignaggio prestigioso può attrarre più studenti.

Sezione 2: Prestigio Guadagnato (La Reputazione Personale)

Questa è la “moneta” che chiunque può guadagnare, indipendentemente dal lignaggio. È il modo in cui un praticante costruisce il proprio “capitale” personale.

  • Reputazione “da Cemento” (La “Durezza”): Questa è l’eredità del Palama Settlement (Punto 6). Il prestigio deriva dall’essere “duro”. Questo non significa essere un bullo. Significa:

    1. Avere uno spirito indomito (Punto 15): la capacità di sopportare l’allenamento (“la forgia”, Punto 9) senza lamentarsi.

    2. Essere un partner di allenamento affidabile: forte ma controllato (Punto 16).

    3. Avere abilità nello sparring (Kumite): essere un combattente capace, temuto ma rispettato.

  • Prestigio come Insegnante (Il “Creatore”): Per un Sifu, il prestigio si guadagna in due modi:

    1. Abilità Personale: Essere un tecnico impeccabile.

    2. Abilità Pedagogica: Produrre studenti di alta qualità. Un Sifu il cui studente vince un torneo o si dimostra un tecnico eccellente guadagna un prestigio immenso. Il suo valore è provato dalla sua “prole” marziale.

Sezione 3: Prestigio Riflesso (La Convalida Esterna)

Questo è il prestigio che arriva quando il Kajukembo “tocca” il mondo esterno.

  • Il Caso di Studio (Kickboxing): Dennis Alexio (Punto 5) Dennis Alexio, un campione mondiale di kickboxing, era uno studente del Gaylord’s Method (Punto 10). Le sue vittorie sul ring internazionale non gli hanno dato “potere” all’interno del Kajukembo (non è diventato un Sigung per questo), ma hanno portato un enorme prestigio riflesso al suo lignaggio. Ha “provato” che i principi biomeccanici di Charles Gaylord funzionavano ai massimi livelli dello sport da combattimento.

  • Il Caso di Studio (Cinema): Mark Dacascos (Punto 5) Mark Dacascos, allievo e figlio del fondatore del WHKD, Al Dacascos. La sua fama come star del cinema (es. “John Wick 3”) ha portato un prestigio culturale incalcolabile al ramo Wun Hop Kuen Do e, per estensione, a tutto il Kajukembo. Dimostra che l’arte, oltre a essere efficace, può essere “bella” e artistica (Punto 24).

In conclusione, il prestigio è una valuta complessa. Si “nasce” con il prestigio del proprio lignaggio, ma si deve “guadagnare” il prestigio personale attraverso la durezza, l’abilità e la capacità di insegnare.


PARTE IV: IL TURISMO DEL KAJUKEMBO – IL PELLEGRINAGGIO E IL SEMINARIO

Il “turismo” nel Kajukembo è l’espressione fisica dell’economia e della politica dell’arte. Non è un turismo di “consumo” (come un “pacchetto vacanza Muay Thai” in Thailandia), ma un turismo di devozione. È un pellegrinaggio.

Sezione 1: Il Pellegrinaggio alla “Fonte” (La Mecca Marziale)

Il turismo del Kajukembo non è diretto verso un “camp” (campo di allenamento), ma verso un “luogo sacro” (un luogo di origine). È un viaggio per “toccare la storia”.

  • Destinazione 1: Le Hawaii (La Culla)

    • L’Attrazione: L’arcipelago delle Hawaii, in particolare l’isola di Oahu.

    • Lo Scopo: Per il praticante devoto (specialmente del lignaggio KSDI), questo è il pellegrinaggio definitivo. Il “turista” non cerca spiagge; cerca storia.

    • L’Itinerario:

      1. Visitare il Palama Settlement (Punto 3): Il “luogo sacro” dove tutto è iniziato.

      2. Visitare la Tomba di Sijo Emperado: Un atto di rispetto per il “Patriarca”.

      3. Allenarsi al KSDI (o scuole eredi): Il vero obiettivo. Il “turista” cerca di allenarsi, anche solo per una lezione, nel Kwoon “originale” o con un istruttore locale che rappresenta la linea diretta del Sijo.

    • Natura Economica: Questo genera un micro-turismo. Gli istruttori hawaiani ricevono visitatori da tutto il mondo, che pagano per lezioni private o tasse di allenamento settimanali.

  • Destinazione 2: La “Fonte” del Proprio Lignaggio (La Casa del Sigung) Questo è il pellegrinaggio più comune. Il “turismo” è diretto verso il Gran Maestro vivente del proprio stile.

    • Esempio (WHKD): Un praticante italiano di Wun Hop Kuen Do (Punto 11) sogna di recarsi a Amburgo (Germania) o negli Stati Uniti per allenarsi al quartier generale di GM Al Dacascos. Il viaggio è un pellegrinaggio per imparare “dalla fonte”.

    • Esempio (Gaylord’s Method): Per anni, i praticanti di questo metodo si sono recati in pellegrinaggio a San Leandro (California) per allenarsi nella scuola storica di GM Charles Gaylord.

  • Analisi: Questo turismo non è di massa. È a basso volume, ma ad alto valore (sia economico che emotivo). Rafforza la politica del lignaggio: il viaggio fisico verso il Sigung è l’atto finale di lealtà feudale.

Sezione 2: Il Turismo “Inverso” – Il Seminario come Evento Turistico

Come discusso nella Parte I, il modello economico più comune del Kajukembo è il seminario. Questo è anche il suo modello turistico più comune. Invece di far viaggiare migliaia di “turisti” verso un’unica “Mecca”, si fa viaggiare l’“attrazione turistica” (il Gran Maestro) verso i turisti.

  • L’Evento come Destinazione: L’evento (es. “Il Seminario Europeo di WHKD ad Amburgo” o “Il Raduno KSDI a Madrid”) diventa la destinazione turistica temporanea.

  • Il Flusso Turistico: Praticanti da tutta Europa (Italia, Francia, Portogallo, ecc.) convergono in quella città per il weekend.

  • Impatto Economico:

    • Micro-Turismo: Gli studenti pagano voli, hotel e ristoranti nella città ospitante.

    • Economia dell’Evento: Pagano la quota di partecipazione al seminario.

    • Economia del Merchandising: Acquistano magliette, patch e armi dell’evento.

  • Analisi: Questo modello è economicamente molto più efficiente e sostenibile per un’arte di nicchia. Permette a un singolo Gran Maestro di raggiungere migliaia di studenti in un anno e crea micro-economie turistiche in decine di città, piuttosto che concentrare tutto in un unico luogo.

Conclusione Finale: Un Ecosistema Unico, Protetto dalla Sua Stessa Nicchia

L’economia, la politica, il potere, il prestigio e il turismo del Kajukembo sono un ecosistema chiuso, interdipendente e perfettamente allineato con la sua filosofia fondamentale.

L’economia (basata sul Kwoon e sui seminari) è ciò che finanzia la politica (le organizzazioni di lignaggio). La politica (la struttura feudale del lignaggio) è ciò che definisce il potere (l’autorità di insegnare e promuovere). Il potere è convalidato dal prestigio (la reputazione ereditata e guadagnata). E il turismo (il pellegrinaggio e il seminario) è l’atto fisico ed economico che rinnova e rafforza l’intero ciclo.

Questo modello, nato non da un piano aziendale ma dall’evoluzione organica, ha creato un paradosso. La stessa “frammentazione” e “mancanza di centralizzazione” che ha impedito al Kajukembo di diventare un gigante economico (come le MMA) è stata la barriera protettiva che ha salvaguardato la sua anima. Non dovendo rispondere a sponsor, emittenti televisive o comitati olimpici, il Kajukembo non ha mai avuto bisogno di annacquare le sue tecniche (Punto 7), di rimuovere le sue armi (Punto 14) o di ammorbidire la sua filosofia “da cemento” (Punto 2).

L’economia e la politica del Kajukembo, in conclusione, sono il guscio protettivo che ha permesso a un’arte marziale nata per la strada di rimanere, a oltre 75 anni dalla sua creazione, fedele al cemento.

IL KAJUKEMBO NELL'IMMAGINARIO COLLETTIVO: RAPPRESENTAZIONI CULTURALI

L’Invisibilità Culturale di un Pioniere

L’“immaginario collettivo” è un concetto potente. È il mosaico di simboli, archetipi, storie ed eroi condivisi che una cultura utilizza per comprendere il mondo. Nelle arti marziali, questo immaginario è popolato da figure iconiche: il saggio maestro Miyagi (Karate Kid), il filosofo-guerriero Bruce Lee (Enter the Dragon), l’eroe acrobatico Jackie Chan, l’implacabile combattente da gabbia dell’UFC. Queste rappresentazioni, diffuse attraverso il cinema e la televisione, definiscono per milioni di persone cosa sia un’arte marziale.

In questo pantheon di giganti culturali, il Kajukembo occupa uno spazio paradossale e quasi invisibile.

È un paradosso perché, sulla carta, il Kajukembo possiede tutti gli elementi per una narrazione avvincente: è la “Original MMA”, un’arte ibrida e ribelle forgiata nel “melting pot” violento delle Hawaii (Punto 3); è l’arte del “cemento”, pragmatica e letale (Punto 2); è stata creata da un gruppo multietnico di innovatori (la Black Belt Society, Punto 4). È, in breve, una storia americana di pragmatismo e innovazione.

Eppure, il Kajukembo non ha mai avuto il suo “Karate Kid“. Non ha mai prodotto il suo Bruce Lee. Non ha il riconoscimento sportivo globale del Taekwondo o del Judo.

La presenza del Kajukembo nell’immaginario collettivo è, quindi, quasi inesistente. È un’arte che vive nell’ombra. La sua fama non è esoterica (manifesta, per il grande pubblico), ma esoterica (per “iniziati”, nota solo all’interno della comunità marziale). La sua influenza culturale non è diretta, ma indiretta: un’influenza filosofica che ha contribuito a plasmare l’MMA moderno (Punto 21) e un’influenza visiva portata quasi interamente sulle spalle di un singolo, straordinario ambasciatore, Mark Dacascos, la cui arte (Wun Hop Kuen Do, un ramo del Kajukembo) è stata vista da milioni di persone che non hanno mai saputo come chiamarla.

Questo capitolo analizzerà in profondità perché il Kajukembo è rimasto culturalmente nell’ombra, come si confronta con gli archetipi marziali che hanno avuto successo, e come la sua influenza, sebbene nascosta, sia stata comunque profonda e pervasiva.


PARTE I: LA TRIPLA SFIDA ALLA RAPPRESENTAZIONE CULTURALE

Perché un’arte così efficace e con una storia così ricca non è mai “esplosa” culturalmente? La risposta risiede in tre sfide fondamentali che la rendono “difficile” da vendere all’immaginario collettivo: un problema di “branding”, un problema di identità e un problema di filosofia.

1. Il Problema di “Branding”: Un Nome Impronunciabile

Il primo ostacolo è il nome stesso: Kajukembo.

  • Complessità Fonetica: È un nome di quattro sillabe, un portmanteau (parola macedonia) tecnico (Punto 1, Punto 12). È difficile da pronunciare, difficile da ricordare e difficile da scrivere per il pubblico di lingua inglese o neolatina.

  • Mancanza di Evocazione: Il nome non evoca nulla. È un acronimo tecnico. Si confronti con la potenza monosillabica e percussiva di “Karate” o “Judo”. Si confronti con il misticismo evocativo di “Kung Fu”.

  • Concorrenza del “Kenpō”: Il Kajukembo è un’arte basata sul Kenpō (KEM). Nello stesso periodo (anni ’60/’70), un altro innovatore del Kenpō hawaiano, Ed Parker, stava promuovendo il suo “Kenpō Karate” (o “American Kenpo”) in America. Parker era un genio del marketing, un autore prolifico e l’insegnante di Elvis Presley. Per il pubblico americano, il “Kenpō” è diventato l’arte di Ed Parker. Il Kajukembo, con il suo nome più complesso, è rimasto nell’ombra del suo “cugino” più famoso.

La cultura popolare richiede marchi semplici. Il Kajukembo, con il suo nome da “manuale tecnico”, ha fallito il primo test di marketing.

2. Il Problema di “Identità”: L’Ibrido Indefinibile

L’immaginario collettivo ragiona per archetipi (Punto 21). Ha bisogno di etichette chiare.

  • Il Karate è giapponese. È rigido, pulito, lineare.

  • Il Kung Fu è cinese. È fluido, circolare, mistico.

  • Il Taekwondo è coreano. È acrobatico, basato sui calci.

  • L’MMA è lo sport moderno della gabbia.

Cos’è il Kajukembo? È giapponese (KA/JU), cinese (KEM/BO) e americano (creato alle Hawaii da un filippino). Questa identità ibrida e “meticcia”, che è la sua più grande forza tecnica, è la sua più grande debolezza culturale.

Per uno sceneggiatore di Hollywood, è un incubo. Non si può creare un’iconografia chiara. Il protagonista indossa un Gi nero (Punto 13) come un ninja, ma si muove con la potenza del Karate (KA) e la fluidità del Kung Fu (BO), per poi applicare una leva di Jujitsu (JU). Il pubblico è confuso. Non è un “prodotto” pulito. La sua identità è troppo complessa per essere riassunta in un poster cinematografico.

3. Il Problema di “Filosofia”: L’Eroe “Sporco”

Questo è l’ostacolo più grande. La cultura popolare ha bisogno di eroi morali. L’immaginario collettivo delle arti marziali è stato definito da eroi che incarnano un codice d’onore.

  • Daniel LaRusso (Karate Kid): Il suo mantra è “Karate per difesa, mai per attacco”. Vince in un torneo sportivo, con una tecnica pulita (la “Gru”).

  • Kwai Chang Caine (Kung Fu): È un monaco Shaolin, un pacifista che combatte solo quando è costretto, e anche allora cerca di sottomettere piuttosto che distruggere.

  • Bruce Lee: Sebbene un combattente feroce, i suoi film lo ritraggono come un difensore degli oppressi che combatte contro i bulli e i criminali, spesso con un senso di “gioco leale” (come nel duello finale di Way of the Dragon).

Il Kajukembo, nella sua forma pura (Punto 2, Punto 7), è l’antitesi di questo. È l’arte del “cemento”. Il suo curriculum è basato sull’efficacia, non sull’onore. Include il “Dirty Fighting” (combattimento sporco) del pilastro BO: colpi agli occhi, colpi alla gola, calci all’inguine, leve alle piccole articolazioni.

Come si può vendere un eroe cinematografico che vince il combattimento finale accecando il suo avversario?

Il pubblico di massa vuole vedere un “combattimento leale”, anche quando guarda un film d’azione. Il Kajukembo è filosoficamente progettato per il “combattimento sleale”, perché la strada è sleale. Questa onestà brutale lo ha reso infilmabile come veicolo eroico.


PARTE II: IL CONFRONTO CON GLI ARCHETIPI CULTURALI DOMINANTI

Per capire l’ombra in cui vive il Kajukembo, è illuminante analizzare in dettaglio gli archetipi che invece hanno conquistato la luce.

L’Archetipo “Karate”: Il Dominio del Misticismo Pedagogico e dello Sport

Questo archetipo è stato codificato nel 1984 da “The Karate Kid”. È, forse, la rappresentazione culturale più potente dell’arte marziale in Occidente.

  • La Formula: Un giovane oppresso (l’underdog) incontra un saggio e umile maestro di una cultura straniera (il mentore, Miyagi). Il maestro non insegna a combattere, ma insegna la filosofia e la disciplina attraverso compiti umili e metaforici (“Metti la cera, togli la cera”). Questi compiti si rivelano essere la memoria muscolare (mielinizzazione, Punto 22) per le parate. L’obiettivo finale non è la sopravvivenza, ma la vittoria in un torneo sportivo (“point fighting”), dove l’eroe vince con una tecnica “segreta” e spettacolare, guadagnando il rispetto del suo rivale.

  • Perché il Kajukembo non si Adatta: Questa formula è antitetica al Kajukembo.

    1. Il Maestro: Il Sifu archetipico del Kajukembo (Punto 4, Sijo Emperado) non è il gentile Miyagi. È un “Padrone della Forgia” (Punto 9). Non ti fa mettere la cera; ti fa fare Kote Kitae (condizionamento osseo), colpendoti gli avambracci (Punto 16). L’insegnamento non è metaforico; è letterale e doloroso.

    2. Il Contesto: Il Kajukembo non è stato progettato per il torneo a punti (che vieta tutte le sue tecniche migliori). Il “cattivo” del Kajukembo non è un bullo del dojo rivale; è un aggressore armato in un vicolo (Punto 14).

    3. La Soluzione: La soluzione di Miyagi è la disciplina e l’onore. La soluzione del Kajukembo è una raffica (flurry) del KEM seguita da un calcio all’inguine (BO).

Il pubblico si è innamorato dell’idea dell’arte marziale come “scuola di carattere” sportiva e pulita. Il Kajukembo, con la sua realtà “sporca” e pragmatica, non poteva competere con questo ideale.

L’Archetipo “Kung Fu”: L’Estetica Sovrumana e il Misticismo Filosofico

Questo è l’altro grande pilastro, con due facce: l’esplosione di Bruce Lee negli anni ’70 e il misticismo estetico di film come La Tigre e il Dragone o Matrix.

  • La Formula (Bruce Lee): L’eroe carismatico, veloce, quasi supereroistico, che combatte per la giustizia, spesso contro gli oppressori stranieri. La sua filosofia (Jeet Kune Do) è quella dell’espressione di sé e dell’adattabilità.

  • La Formula (Wuxia/Misticismo): Eroi ed eroine che sfidano la gravità, che attingono al loro “Qi” (energia interna), che seguono un codice filosofico (spesso Taoista o Buddista). Il combattimento è una danza, un’arte visiva.

  • Perché il Kajukembo non si Adatta:

    1. L’Estetica: L'”Original Method” (KSDI) del Kajukembo è volutamente “brutto” (Punto 10). È funzionale. È fatto di posizioni stabili (KA), colpi a martello (KEM) e proiezioni (JU). Non è “bello” da vedere. Non c’è la grazia fluida del Wushu o l’estetica animale. (L’eccezione, come vedremo, è il WHKD).

    2. Il Misticismo: Il Kajukembo è l’arte marziale anti-mistica per eccellenza. È stata creata in un laboratorio da pragmatici. Non c’è “Qi”, non c’è “energia cosmica”. C’è solo la biomeccanica (Punto 22): leve, massa, angoli e forza di reazione al suolo. Non c’è il “Dim Mak” (tocco della morte), ma solo un attacco pragmatico a un nervo (Punto 7).

Ancora una volta, l’onestà pragmatica del Kajukembo lo ha reso inadatto all’immaginario collettivo, che preferisce la magia filosofica del Kung Fu.

L’Archetipo “MMA”: Il Dominio dello Sport Scientifico

Questo è l’archetipo che domina il XXI secolo. L’UFC (Ultimate Fighting Championship) ha ri-educato l’immaginario collettivo. Ora il pubblico capisce il BJJ, il “ground and pound”, il “tap-out”.

  • La Formula: L’atleta scientifico. Il combattimento è uno sport brutale ma onesto, la “verità” provata in un’arena (l’Ottagono). È la fusione di Boxe, Muay Thai, Lotta e BJJ.

  • Perché il Kajukembo non si Adatta (Il Paradosso): Questo è il paradosso più crudele. Il Kajukembo è l’archetipo dell’MMA, ma è nato 50 anni troppo presto.

    1. Il Nome Sbagliato: Il pubblico ha imparato a chiamare questo ibrido “MMA” o “Vale Tudo”. Non ha imparato a chiamarlo “Kajukembo”.

    2. Il Problema delle Regole: Come già detto, l’MMA è uno sport. Ha regole per proteggere gli atleti. Il Kajukembo è un sistema di autodifesa senza regole. Il suo curriculum completo è incompatibile con lo sport che ha contribuito a ispirare. Un praticante di Kajukembo che entra nell’UFC deve rimuovere il 50% del suo arsenale (colpi agli occhi, alla gola, all’inguine, leve alle piccole articolazioni).

Il Kajukembo, quindi, è rimasto culturalmente “orfano”: troppo “sporco” per l’onore del Karate, troppo “pragmatico” per il misticismo del Kung Fu, e troppo “da strada” per le regole sportive dell’MMA.


PARTE III: LA FAMA ESOTERICA – L’INFLUENZA “SOTTERRANEA”

Se il Kajukembo è assente dall’immaginario collettivo, è una superstar nell’immaginario “esoterico” (quello degli “iniziati”, ovvero gli altri artisti marziali).

La Reputazione tra Pari: L’Arte dei “Duri”

All’interno della comunità marziale americana, specialmente negli anni ’70 e ’80, la reputazione del Kajukembo era immensa.

  • Dominatori dei Tornei: Come menzionato nel Punto 5, i praticanti di Kajukembo (in particolare dei rami più sportivi come il WHKD) erano temuti nel circuito dei tornei “open” di Karate. Erano noti per la loro durezza, il loro condizionamento e le loro tecniche ibride e imprevedibili. Hanno guadagnato una reputazione “da insider” come l’arte da non sottovalutare.

  • L’Arte dei Buttafuori e della Polizia: Il Kajukembo si è guadagnato la fama di “arte da professionisti”. È diventato uno stile di riferimento per buttafuori, addetti alla sicurezza e forze dell’ordine (Punto 15) che avevano bisogno di qualcosa che funzionasse davvero contro avversari non cooperativi.

Questa reputazione, però, è rimasta “sotterranea”. Non è mai trapelata nella cultura pop mainstream.

L’Eredità Fantasma nell’MMA: Il Lignaggio di “The Pit”

L’influenza indiretta più significativa del Kajukembo sull’MMA moderno (e quindi sull’immaginario collettivo) passa attraverso il lignaggio di Chuck “The Iceman” Liddell, uno dei campioni più iconici e famosi dell’UFC.

  • Il Collegamento: L’allenatore storico di Liddell, John Hackleman, è il fondatore di “The Pit”, un sistema ibrido. La base marziale di Hackleman è il Kajukembo, in cui detiene un’alta cintura nera (ottenuta da Walter Godin, un allievo diretto di Sijo Emperado).

  • Lo Stile “The Pit”: Lo stile di striking unico e non ortodosso di Liddell – con i suoi pugni sferrati da angolazioni strane (looping punches), la sua potenza devastante e la sua capacità di difendere i “takedown” – non era Muay Thai classico. Era Kenpō/Kajukembo (KA/KEM/BO) adattato alla gabbia.

  • L’Impatto Culturale: Milioni di persone hanno guardato Chuck Liddell dominare l’UFC. Hanno visto il suo stile e lo hanno associato a lui e all’UFC. Ma quello che stavano realmente guardando era un’applicazione moderna, di quarta generazione, dei principi di potenza e angolazione del Kajukembo. L’arte era lì, sul palcoscenico più grande del mondo, ma era invisibile, nascosta sotto il nome di “The Pit” e “MMA”.


PARTE IV: L’AMBASCIATORE – MARK DACASCOS E LA RAPPRESENTAZIONE DEL WUN HOP KUEN DO

Esiste un’unica, singolare e potente eccezione a questa invisibilità culturale. Un intero ramo del Kajukembo (Punto 10) è stato rappresentato ai massimi livelli della cultura pop, attraverso la carriera di un solo uomo: Mark Dacascos.

Mark Dacascos è, a tutti gli effetti, l’unico ambasciatore culturale di alto profilo del lignaggio Kajukembo.

Il Lignaggio: Wun Hop Kuen Do (WHKD)

Per essere precisi, Dacascos non rappresenta l’Original Method KSDI (quello “duro” e “brutto”). Rappresenta il Wun Hop Kuen Do (WHKD), il ramo fondato da suo padre, Sigung Al Dacascos (Punto 5).

Questa è una distinzione cruciale. Come esplorato nel Punto 10, il WHKD è l’evoluzione “artistica” del Kajukembo. Al Dacascos ha integrato la fluidità, l’acrobazia e le tecniche estetiche del Kung Fu del Nord e delle Arti Filippine nel nucleo ibrido del Kajukembo.

Il WHKD, a differenza del KSDI, è “bello” da vedere. È veloce, fluido, acrobatico e dinamico. È perfetto per il cinema.

Quando Mark Dacascos combatte sullo schermo, l’immaginario collettivo non sta vedendo il Kajukembo “del cemento” di Sijo Emperado; sta vedendo l’interpretazione “artistica” e di terza generazione di Al Dacascos. È la rappresentazione di un ramo, non dell’intero albero, ma è l’unica rappresentazione che abbiamo.

Analisi delle Rappresentazioni Culturali (Film e TV)

La carriera di Mark Dacascos è un caso di studio su come il Kajukembo/WHKD è stato “tradotto” per il pubblico.

1. Il Caso di Studio: “Only the Strong” (1993) (Solo i più forti)

  • La Trama: Dacascos interpreta Louis Stevens, un ex berretto verde che torna nel suo vecchio liceo di Miami e usa la Capoeira per raddrizzare un gruppo di ragazzi problematici.

  • L’Ironia Culturale: Il film che ha lanciato Mark Dacascos come eroe d’azione non era sul Kajukembo. È, infatti, il film che ha introdotto l’arte marziale brasiliana della Capoeira all’immaginario collettivo americano.

  • L’Influenza Nascosta: Nonostante il focus sulla Capoeira, la base di Dacascos trapela. Il suo personaggio menziona di aver imparato la Capoeira in Brasile. Ma nelle scene di combattimento, il suo stile è un ibrido. I suoi calci (come la meia lua de compasso) sono pura Capoeira, ma la sua parte superiore del corpo (le sue mani) non lo è.

  • Analisi Tecnica: La Capoeira tradizionale usa pochissimo le mani per colpire (principalmente palmi aperti). Dacascos, nelle coreografie, fonde istintivamente la sua base WHKD: usa blocchi (parate), pugni e un gioco di gambe che non è la ginga pura. Il pubblico pensa di vedere la Capoeira, ma in realtà sta guardando una rappresentazione perfetta della filosofia ibrida del Kajukembo: un maestro (Dacascos) che ha assorbito un’altra arte (Capoeira) e l’ha integrata nel suo sistema operativo (WHKD).

2. Il Caso di Studio: “Crying Freeman” (1995) e “Il Patto dei Lupi” (2001)

  • La Trama: In entrambi i film (il primo un cult d’azione, il secondo un blockbuster francese), Dacascos interpreta l’eroe/anti-eroe. Non c’è una giustificazione specifica dello stile. Il suo stile è semplicemente “combattimento”.

  • L’Estetica WHKD: Questi film sono la vetrina più pura dell’arte di Dacascos. Le coreografie (specialmente in Crying Freeman) sono veloci, fluide e letali. È qui che l’immaginario collettivo ha visto il WHKD.

  • Analisi Tecnica (Il “Flusso”): La caratteristica distintiva è il flusso (flow), il principio cardine del WHKD (Punto 10). Dacascos si muove come l’acqua. Non c’è pausa tra un calcio, un pugno e una presa. Le sue coreografie fondono calci acrobatici (Kung Fu del Nord), raffiche di pugni veloci (KEM) e un gioco di gambe evasivo (BO). Il pubblico non sa come chiamarlo, ma lo percepisce come “diverso”: più veloce del Karate, più acrobatico della Boxe.

3. Il Caso di Studio Culinario: “Iron Chef America” (Il Presidente)

  • Il Contesto: Per oltre un decennio (2004-2018), Mark Dacascos ha avuto la sua rappresentazione culturale più bizzarra e forse più famosa: “Il Presidente” (The Chairman) nel popolare show di cucina Iron Chef America.

  • La Rappresentazione: Non era un combattente; era una figura carismatica e misteriosa che introduceva la battaglia culinaria.

  • Il Segnale Nascosto (L’Easter Egg): Come ha fatto Dacascos a infondere la sua identità marziale in questo ruolo? Con un singolo gesto: il salto mortale all’indietro (backflip). Nella sua introduzione e in vari momenti, Dacascos (spesso in giacca e cravatta) eseguiva un perfetto backflip.

  • L’Impatto Culturale: Milioni di persone, che non avevano mai visto un suo film, lo conoscevano. Quel backflip era il suo “marchio di fabbrica”. Era un simbolo culturale. Per il pubblico, era un ghiribizzo atletico. Per gli “iniziati” (gli artisti marziali), era un segnale: “Ricordate chi sono. Sono un atleta d’élite”. Quel backflip era la rappresentazione dell’atletismo del WHKD/Kung Fu, un “segreto” nascosto in piena vista nello show di cucina più famoso d’America.

4. Il Caso di Studio Definitivo: “John Wick: Chapter 3 – Parabellum” (2019)

  • Il Contesto: Il suo ritorno trionfale sul grande schermo. Dacascos interpreta “Zero”, l’antagonista principale e maestro assassino, ingaggiato per uccidere John Wick.

  • L’Impatto Culturale: Il franchise di John Wick è *l’*archetipo moderno del combattimento cinematografico (un ibrido di Judo, Jujitsu, Aikido e “Gun-Fu”). Inserire Dacascos come antagonista principale è stata una mossa geniale da parte del regista Chad Stahelski (anch’egli un artista marziale). È stato uno scontro di stili ibridi.

  • Analisi Tecnica (La Vetrina del Kajukembo/WHKD): Il combattimento finale tra John Wick (Keanu Reeves) e Zero (Dacascos) è la più importante e accurata rappresentazione dei principi del Kajukembo/WHKD nell’immaginario collettivo.

    • Stile di Zero: Lo stile di Dacascos è visibilmente diverso da quello di Wick. È più veloce, più fluido e si basa molto di più sulle mani.

    • Il “Trapping” (KEM): Si osservino attentamente le mani di Dacascos durante i combattimenti ravvicinati. Non sono solo pugni. Sono “parate-controllo” (parry-checks), “trapping” (intrappolamento) delle braccia di Wick, e colpi a mano aperta (Shuto) al collo. Questi sono pura eredità Kenpō/WHKD (Punto 7).

    • I Calci (KA/BO): Dacascos usa calci veloci e improvvisi, spesso calci laterali (Yoko Geri) e calci girati (Ushiro Geri), tipici della sua base acrobatica del Kung Fu del Nord, ma eseguiti con la potenza pragmatica del KA.

    • La Conclusione: Il pubblico ha visto uno stile di combattimento ibrido, veloce come un fulmine, che fondeva colpi di mano cinesi (KEM), calci (KA) e un footwork evasivo (BO). Hanno visto il Wun Hop Kuen Do.

Grazie a Mark Dacascos, milioni di persone hanno visto i principi di un ramo del Kajukembo, anche se l’arte stessa rimane senza nome per loro.


PARTE V: L’EREDITÀ FILOSOFICA – L’IMMAGINARIO CONQUISTATO DALL’IBRIDISMO

Se si conclude che l’arte stessa è culturalmente invisibile (salvo Dacascos), si può anche concludere che la sua filosofia ha conquistato il mondo.

Come discusso nel Punto 21, il Kajukembo è il “Nonno” delle MMA. È l’incarnazione della tesi filosofica secondo cui un’arte pura (Karate, Lotta, Boxe) fallirà sempre di fronte a un combattente ibrido che può gestire tutte le distanze.

Negli anni ’50 e ’60, questa era un’idea eretica. Negli anni ’70 e ’80 (l’era dei film di Karate), era ancora un’idea di nicchia. Nel 1993 (la nascita dell’UFC), questa tesi è stata provata in modo sanguinoso e inconfutabile.

Oggi, l’ibridismo non è più un’idea radicale; è l’ortodossia. L’immaginario collettivo ora accetta come un dato di fatto che un “vero” combattente deve saper colpire e lottare.

Quando un eroe cinematografico moderno (come Jason Bourne o il Capitano America) sconfigge un nemico, non usa più un singolo stile. Usa una combinazione brutale e pragmatica: sferra due pugni (Boxe – BO), blocca un colpo (KEM), usa l’ambiente (pragmatismo del “cemento”), e finisce l’avversario con una leva articolare (Jujitsu – JU).

L’immaginario collettivo sta guardando il Kajukembo. Sta guardando la filosofia KA-JU-KEM-BO in azione, anche se la chiama con nomi diversi (“Combattimento Militare”, “Krav Maga”, o semplicemente “Coreografia di Combattimento”).

Conclusione: Un’Arte da “Insider”, un’Eredità da “Blockbuster”

In conclusione, la rappresentazione culturale del Kajukembo è un paradosso affascinante di fallimento del “branding” e di trionfo filosofico.

Come nome (marchio), come arte specifica e come simbolo (il suo Gi nero, i suoi Palamas), il Kajukembo è quasi totalmente assente dall’immaginario collettivo. È un’arte di nicchia, un “segreto” per iniziati, un’arte per artisti marziali, non per il pubblico di massa. Le sue caratteristiche principali – il nome complesso, l’identità ibrida e la filosofia “sporca” – l’hanno resa inadatta agli archetipi eroici e puliti richiesti dal cinema tradizionale.

Come estetica visiva, ha avuto un unico, brillante ambasciatore: Mark Dacascos. Egli ha tradotto un ramo specifico, artistico e acrobatico dell’arte (il Wun Hop Kuen Do) per lo schermo, specialmente in John Wick 3, dando al pubblico un assaggio della sua velocità e fluidità uniche.

Come filosofia, tuttavia, l’eredità del Kajukembo ha conquistato il mondo. La sua tesi centrale – che l’ibridismo pragmatico sconfigge il purismo dogmatico – è diventata il nuovo Vangelo del combattimento. L’immaginario collettivo ha completamente assorbito questa idea, e ora la vede riflessa in ogni eroe d’azione moderno.

Il Kajukembo, quindi, ha perso la battaglia per il proprio nome, ma la sua anima ha vinto la guerra per definire cosa significhi, culturalmente, il “combattimento efficace”.

GESTIONE DELL'INFORTUNIO E LONGEVITÀ: LA MEDICINA DEL KAJUKEMBO

La “Medicina della Forgia” – Un Paradosso di Ripartizione e Resilienza

Analizzare la “medicina” del Kajukembo significa affrontare un paradosso fondamentale che risiede nel cuore stesso dell’arte. Come può un sistema di combattimento nato dalla brutalità del “cemento” (Punto 3), un’arte la cui metodologia di allenamento (“la forgia”, Punto 9) è progettata per “spezzare” e “temprare” il praticante attraverso il dolore e l’impatto (come il Kote Kitae), possedere un sistema di “medicina”?

La risposta è che la medicina del Kajukembo non è, e non può essere, quella di un’arte a basso impatto. Non è una medicina preventiva nel senso di “evitare ogni disagio” (come nello Yoga o nel Tai Chi). È, piuttosto, una medicina di gestione, adattamento e resilienza.

Se la “forgia” è il processo di applicazione del fuoco e del martello, la “medicina” del Kajukembo è l’insieme di conoscenze, filosofie e protocolli che permettono al “metallo” (il praticante) di raffreddarsi correttamente, di riparare le micro-fratture e di essere temprato piuttosto che distrutto. È un sistema che riconosce l’infortunio non solo come un rischio, ma come un’inevitabilità statistica in un percorso di padronanza marziale.

La “Medicina del Kajukembo” non si trova in antichi testi erboristici, ma si manifesta in tre aree pragmatiche e interconnesse:

  1. La Prevenzione Attiva (Il Pre-hab): L’insieme di protocolli culturali (Ohana) e fisici (condizionamento) progettati per costruire un corpo e una mente così resilienti da resistere agli infortuni.

  2. La Gestione dell’Infortunio (Il Triage e la Riabilitazione): La filosofia pragmatica che fonde il primo soccorso occidentale con un approccio di “allenamento modificato” per garantire che il praticante non lasci mai il percorso.

  3. La Longevità (L’Adattamento Filosofico): La “medicina” più profonda; la capacità intrinseca dell’arte “open source” (Punto 10) di evolversi con il praticante, permettendo a un Sigung di 70 anni di rimanere letale passando dalla potenza atletica (Yang) all’efficienza interna (Yin).

Questo capitolo analizzerà questo sistema medico non scritto, un insieme di pratiche che garantisce che il motto dell’arte – “Attraverso questo stile di pugno, si ottiene salute e pace” (Punto 2) – non sia un’ironia, ma una promessa conquistata.


PARTE I: IL PANORAMA DEGLI INFORTUNI – ANALISI DEI RISCHI SPECIFICI

Per comprendere la “medicina”, bisogna prima diagnosticare onestamente la “malattia”. L’allenamento del Kajukembo, essendo un ibrido totale (KA-JU-KEM-BO), espone il praticante a un catalogo di rischi ibridi. Gli infortuni non sono casuali; sono una conseguenza diretta del curriculum.

Sezione 1: Infortuni Acuti Traumatici (Striking e Impatto – KA/KEM/BO)

Questi sono gli infortuni “da impatto”, il risultato diretto dello sparring (Kumite), del condizionamento (Kote Kitae) e dei drills a contatto.

  • Traumi Cranici (Commozioni Cerebrali):

    • Causa: Lo sparring di striking (Punto 9), anche con il casco (Punto 16). Un colpo di pugno (KA/BO) o un calcio (KA) che arriva a segno, o un impatto accidentale della nuca sul tatami durante una caduta (Ukemi) fallita.

    • Analisi del Rischio: Questo è il rischio più alto per la salute a lungo termine. La cultura “dura” del Kajukembo tradizionale (“Original Method”) può, in un Kwoon non gestito correttamente, creare una pressione a “scrollarsi di dosso” un colpo alla testa, portando a danni neurologici cumulativi. La medicina del Kajukembo deve iniziare con un protocollo di commozione cerebrale rigoroso.

  • Fratture (Ossa Facciali, Costole, Arti):

    • Causa:

      1. Naso e Ossa Orbitali: Sparring di striking.

      2. Costole: Impatto diretto (calcio circolare KA/KEM) o pressione nel grappling (ginocchio sulla pancia nel Ne Waza – JU).

      3. Dita (Mani e Piedi): Infortuni “stupidi” ma comuni. Un dito del piede che colpisce un gomito durante un calcio; dita della mano intrappolate nel Gi (JU) o che colpiscono un pad in modo errato (KEM).

      4. Avambraccio (Ulna/Radio): Il rischio più ovvio del Kote Kitae (condizionamento) se eseguito in modo errato, con troppa forza e troppo presto.

  • Contusioni (Ematomi) e Lacerazioni:

    • Causa: Questi sono il “pane quotidiano”. Il Kote Kitae (Punto 9) è, per definizione, la creazione controllata di ematomi (lividi) sull’avambraccio. I calci bassi (Low Kicks – KA) allo sparring causano contusioni profonde sulla coscia. Lacerazioni (sopracciglia, labbra) possono verificarsi nello sparring.

    • Analisi del Rischio: Sebbene minori, la “medicina” qui è la gestione. Un ematoma non gestito può calcificarsi e diventare un problema cronico.

Sezione 2: Infortuni Acuti Articolari (Grappling e Leve – JU)

Questi sono gli infortuni “strutturali” che possono porre fine a una carriera, il dominio del pilastro “JU” (Judo/Jujitsu) e del “Chin Na” (BO/KEM).

  • Ginocchia (Legamenti e Menisco):

    • Causa: Il ginocchio è un’articolazione “stupida” (un giunto a cerniera) intrappolata tra due leve (anca e piede). Il rischio nel Kajukembo è triplice:

      1. Proiezioni (Nage Waza): Un O Soto Gari (grande falciata esterna) applicato con troppa forza può iper-estendere o applicare una forza torsionale al ginocchio di Uke (chi riceve).

      2. Pivot (Footwork – BO/KA): L’allenamento di striking richiede una rotazione esplosiva delle anche su un piede piantato. Se la scarpa/piede nudo si “impiglia” sul tatami, quella forza torsionale va dritta al ginocchio (rottura del Legamento Crociato Anteriore – LCA).

      3. Leve (Kansetsu Waza): Le leve alle gambe (Achilles lock, knee bar), sebbene meno centrali che nel BJJ, esistono e sono pericolose se non controllate (Punto 16).

  • Spalle (Articolazione Gleno-Omerale):

    • Causa:

      1. Ukemi (Cadute): La causa più comune. Un praticante cade male da una proiezione (JU) e, invece di battere la mano, cerca di “afferrare” il tatami, piantando il braccio. L’intera forza dell’impatto si trasferisce alla spalla, causando una lussazione o una sublussazione.

      2. Leve (Kansetsu Waza): Le leve al braccio piegato (come Ude Garami o “Americana”, Punto 7) sono progettate specificamente per attaccare la spalla.

  • Gomiti e Polsi:

    • Causa: Il bersaglio diretto delle leve. L’iperestensione (come Juji Gatame o “armbar”) attacca il gomito. Le leve di torsione (Kote Gaeshi) e le tecniche di Chin Na (Pillastro BO) attaccano il polso. Il rischio qui è quasi interamente legato all’ego (non “tappare” in tempo – Punto 16).

  • Collo (Rachide Cervicale):

    • Causa: Il rischio più grave del grappling. L’applicazione di strangolamenti (Shime Waza) o ghigliottine (Punto 7) applica una pressione immensa alle vertebre cervicali. Anche una caduta (Ukemi) eseguita senza tenere il mento al petto può causare un “colpo di frusta” o, nel peggiore dei casi, una compressione spinale.

Sezione 3: Infortuni Cronici (Il Logorio della “Forgia”)

Questi sono gli infortuni che definiscono la “longevità”. Sono il risultato di migliaia di micro-traumi accumulati nel corso di decenni.

  • Osteoartrite Post-Traumatica:

    • Causa: Il corpo risponde al trauma cronico creando più osso.

    • Localizzazione:

      1. Nocche: Decenni di allenamento sul Makiwara (palo per colpire – KA/KEM) senza una corretta tecnica possono portare a nocche gonfie, deformate e doloranti.

      2. Avambracci/Gomiti: Decenni di Kote Kitae (Punto 9) possono portare a calcificazioni ossee (speroni ossei) e artrite.

      3. Articolazioni Maggiori: Anni di sparring e cadute (Ukemi) degradano la cartilagine di ginocchia, anche e spalle.

  • Tendinopatie Croniche (Tendiniti/Tendinosi):

    • Causa: Movimento ripetitivo (overuse) senza un recupero adeguato.

    • Localizzazione:

      1. Cuffia dei Rotatori (Spalla): Decine di migliaia di pugni (KEM/BO).

      2. Gomito: “Gomito del tennista” (epicondilite) o “gomito del golfista” (epitrocleite) dovuti alla pratica costante di leve (JU) e trapping (KEM).

  • Dolore Lombare Cronico (Lombalgia):

    • Causa: Il risultato cumulativo di migliaia di cadute (Ukemi), la torsione costante del grappling (JU) e lo “shock” assiale dello striking (KA).

Questo catalogo di rischi non è un deterrente, ma una diagnosi. Definisce il compito della “Medicina del Kajukembo”: un sistema che deve, simultaneamente, prevenire, gestire e riabilitare questa vasta gamma di infortuni ad alto impatto.


PARTE II: LA MEDICINA PREVENTIVA (“PRE-HAB”) – L’ARMATURA DELL’OHANA E DELLA SCIENZA

La medicina più efficace non è la cura, ma la prevenzione. Nel Kajukembo, la prevenzione non è passiva (evitare il rischio), ma attiva e aggressiva: costruire un corpo e una mente così resilienti da essere “a prova di infortunio” (injury-proof) e una cultura di allenamento così sicura da gestire il rischio.

Sezione 1: Il Contratto Medico-Sociale (La Sicurezza dell’Ohana)

Come esplorato nel Punto 16 (“Considerazioni per la Sicurezza”), la base di tutta la medicina preventiva nel Kajukembo è il concetto hawaiano di Ohana (Famiglia) (Punto 2).

  • Medicina Psicologica: L’Ohana è il contratto psicologico che permette un allenamento ad alto impatto. Si basa sulla fiducia assoluta che il proprio partner di allenamento (il proprio “fratello” marziale) stia applicando una leva (JU) con controllo e stia tirando un pugno (KEM) per allenare, non per ferire.

  • Il “Tap-Out” (La Resa) come Strumento Medico: L’atto di “tappare” (battere per arrendersi) non è una sconfitta, ma un atto medico-preventivo. È il segnale di comunicazione che previene una lussazione o una frattura. Una cultura Ohana sana celebra il “tap” come un atto di intelligenza e umiltà (Punto 15).

  • Il Ruolo del Sifu come “Medico Capo”: Il Sifu (istruttore) è il garante di questo contratto. La sua prima responsabilità medica è poliziesca: deve individuare ed espellere gli “ego” (Punto 15, 17), ovvero i praticanti che non hanno controllo e mettono a rischio la salute dell’Ohana.

Sezione 2: La Medicina Fisiologica (La Scienza della Preparazione)

La prevenzione fisica si basa sul pre-condizionamento (pre-hab), un concetto scientifico che il Kajukembo ha incorporato istintivamente.

  • Mobilità Articolare (Non solo Flessibilità):

    • Definizione: La “flessibilità” è il raggio di movimento passivo (ROM). La “mobilità” è la forza e il controllo attraverso l’intero raggio di movimento.

    • Medicina Preventiva: L’allenamento del Kajukembo (Punto 9) enfatizza le rotazioni articolari dinamiche. Questo è vitale. Un praticante di “JU” (grappling) che ha solo flessibilità passiva, quando viene messo in una leva, ha un’articolazione debole. Un praticante che ha allenato la mobilità (forza attiva) ha un’articolazione più stabile, più forte ai limiti del suo ROM e molto meno suscettibile alle lussazioni.

  • Costruzione dell’Armatura (Forza Funzionale):

    • Il “Core” (Addominali/Lombari): La scienza della prestazione (Punto 22) mostra che un “core” forte è lo scudo primario per la colonna vertebrale. L’allenamento estensivo degli addominali nel Kajukembo (Punto 9) non è per estetica; è una medicina preventiva che crea un “corsetto” muscolare per proteggere i dischi lombari durante le torsioni (JU) e gli impatti (KA).

    • Rinforzo del Collo: Molte scuole KSDI includono esercizi specifici per il collo. Questa è medicina preventiva diretta contro le commozioni cerebrali (un collo forte riduce l’accelerazione della testa all’impatto) e contro gli infortuni cervicali negli strangolamenti (Shime Waza).

Sezione 3: La Medicina dell’Inoculazione (Il Condizionamento)

Questo è il concetto medico più unico del Kajukembo. È l’idea di “inoculare” il corpo contro il trauma attraverso dosi controllate dello stesso.

  • Kote Kitae (Condizionamento Osseo) come Medicina:

    • La Teoria (Legge di Wolff): Come un vaccino introduce un agente patogeno indebolito per stimolare il sistema immunitario, il Kote Kitae (Punto 9) introduce un trauma da impatto controllato per stimolare il sistema scheletrico. L’impatto ripetuto (corretto) stimola gli osteoblasti a depositare più matrice ossea, aumentando la densità minerale ossea (BMD) in quel punto specifico.

    • Medicina Preventiva: Il risultato è un avambraccio (ulna e radio) che non è “morto”, ma più forte e denso. Questo osso più denso è meno suscettibile a una frattura da impatto in uno scontro reale.

    • Il Rischio della “Medicina”: Come un vaccino, la “dose” è tutto. Una dose eccessiva (allenamento troppo duro, troppo presto) è una controindicazione (Punto 17) e causa un danno, non un adattamento. La gestione di questa “medicina” è uno dei compiti più importanti del Sifu (Punto 16).

  • La Medicina Tradizionale Cinese (Dit Da Jow):

    • Contesto (KEM/BO): Dall’eredità del Kenpō e del Kung Fu (Ch’uan Fa), il Kajukembo ha ereditato non solo le tecniche, ma anche la sua “farmacopea”.

    • Cos’è il Dit Da Jow (Linimento per Traumi): È un linimento a base di erbe della medicina tradizionale cinese, una tintura alcolica in cui dozzine di erbe (radici, cortecce) sono state macerate per mesi o anni.

    • Applicazione Medica: È la “medicina” specifica per il Kote Kitae e il Makiwara. Dopo una sessione di condizionamento, il praticante massaggia vigorosamente il Dit Da Jow sull’area contusa (avambracci, nocche, tibie).

    • Teoria Fisiologica (Occidentale): L’alcol e le erbe (molte delle quali hanno proprietà antinfiammatorie e analgesiche, come l’Arnica o la Mirra) agiscono come vasodilatatori. Aumentano il flusso sanguigno nell’area traumatizzata.

    • Scopo: Questo aumento del flusso sanguigno accelera la “pulizia” del sangue stagnante (l’ematoma/livido) e porta più velocemente i nutrienti per la riparazione, prevenendo la formazione di tessuto cicatriziale e calcificazioni. L’atto del massaggio stesso rompe le aderenze.

    • Il Dit Da Jow è, quindi, un pezzo fondamentale della medicina preventiva del Kajukembo, il “dopo-vaccino” che gestisce la risposta infiammatoria del condizionamento.


PARTE III: GESTIONE DELL’INFORTUNIO ACUTO SUL TATAMI (IL TRIAGE)

La prevenzione non è mai efficace al 100%. L’infortunio avviene. La “medicina” del Kajukembo si sposta ora dalla prevenzione alla gestione della crisi.

Il Protocollo R.I.C.E. (Rest, Ice, Compression, Elevation)

Il Kajukembo è un’arte pragmatica (Punto 2). La sua medicina immediata non è mistica; è il protocollo di primo soccorso sportivo standardizzato e scientificamente provato.

  • REST (Riposo): Il protocollo di sicurezza numero uno (Punto 16). Al momento dell’infortunio (es. una distorsione della caviglia), l’allenamento per quella persona è finito. La mentalità “da duro” di “camminarci sopra” (walk it off) è la ricetta per trasformare un infortunio minore (stiramento) in uno maggiore (strappo).

  • ICE (Ghiaccio): L’applicazione immediata di ghiaccio (vasocostrizione) è il metodo medico standard per ridurre il sanguinamento interno (ematoma) e il gonfiore (edema), che sono le cause principali del dolore e della perdita di funzionalità.

  • COMPRESSION (Compressione): L’uso di un bendaggio elastico per applicare una pressione moderata, limitando ulteriormente il gonfiore.

  • ELEVATION (Elevazione): Sollevare l’arto infortunato sopra il livello del cuore per aiutare il drenaggio linfatico e ridurre il gonfiore.

L’applicazione immediata del R.I.C.E. da parte del Sifu e dell’Ohana è la “medicina” che può ridurre i tempi di recupero di settimane.

Gestione delle Commozioni Cerebrali (Il Protocollo Non Negoziabile)

Questa è la situazione medica più grave nel Kwoon. La medicina moderna ha una comprensione molto più profonda dei traumi cranici rispetto ai tempi di Sijo Emperado.

  • Il Triage (Sospetto): Un praticante che subisce un colpo alla testa significativo nello sparring (Kumite) e mostra qualsiasi segno (confusione, perdita di equilibrio, “vedere le stelle”, nausea, perdita di memoria, per non parlare della perdita di sensi) deve essere rimosso immediatamente dall’allenamento.

  • La Controindicazione Assoluta: L’atleta non può tornare ad allenarsi quel giorno. Il rischio della “Sindrome da Secondo Impatto” (subire un secondo trauma cranico prima che il primo sia guarito), che può essere fatale, è troppo alto.

  • Medicina Moderna: Il protocollo medico del Kajukembo moderno impone a quel praticante di cercare una valutazione medica e di seguire un protocollo di “ritorno al gioco” (return to play) graduale, che può richiedere settimane. La mentalità “dura” del Kajukembo qui si piega alla scienza medica pragmatica.


PARTE IV: RIABILITAZIONE E RECUPERO – L’OHANA COME STRUMENTO TERAPEUTICO

L’infortunio è stato gestito. Ora inizia la lunga strada del recupero. È qui che la “medicina” del Kajukembo si distingue da un semplice abbonamento in palestra.

Il Rifiuto dell’Isolamento

In un contesto di fitness commerciale, se un membro si rompe un braccio, cancella l’abbonamento e scompare per 3 mesi. Nel Kajukembo, questo è un anatema.

  • La Medicina dell’Apprendimento Visivo: Il Sifu insisterà affinché il praticante infortunato venga a lezione. Anche con un gesso. Deve sedersi (Seiza) a lato del tatami e guardare.

  • Scopo Fisiologico/Neurologico: Questo non è un atto punitivo. L’apprendimento visivo attiva i neuroni specchio. Il cervello del praticante sta ancora “praticando” le forme, analizzando gli angoli dello sparring e imparando, anche se il corpo è fermo. Mantiene il “software” affilato mentre l'”hardware” si ripara.

  • Scopo Psicologico: È la medicina per l’Ohana. Mantiene il praticante connesso alla “famiglia”, prevenendo la depressione e l’isolamento che spesso accompagnano un infortunio grave.

L’Allenamento “Around” l’Infortunio: La Medicina dell’Adattamento

Non appena il medico dà l’autorizzazione per un’attività leggera, la riabilitazione del Kajukembo inizia. È pragmatica.

  • Scenario: Mano Destra Rotta: Per 6 settimane, quel praticante ha un’opportunità d’oro. Diventerà un maestro della sua mano sinistra. Farà drills di Escrima (Punto 14) solo con la sinistra. Praticherà il suo “checking” (KEM) e il suo “jab” (BO) con la sinistra. Eseguirà le forme (Palamas) solo con il lato sinistro del corpo.

  • Scenario: Ginocchio Sinistro Infortunato: Il praticante non può fare sparring. Ma può sedersi su una sedia o per terra e praticare ore di grappling (JU) e trapping (KEM) della parte superiore del corpo.

  • La Filosofia: L’infortunio non è una “vacanza”; è un’opportunità per una specializzazione forzata. Questa medicina trasforma un deficit in un vantaggio, aumentando la profondità tecnica del praticante in aree che altrimenti avrebbe trascurato.

Il Ritorno Graduale (Il Patto di Sicurezza) Il ritorno allo sparring è l’ultimo passo. Qui, la medicina dell’Ohana è vitale.

  • Il Partner Affidabile: Il Sifu non farà fare sparring al praticante rientrante con un principiante selvaggio. Gli assegnerà una cintura nera esperta e controllata (un Sempai/Sibak).

  • Sparring Cooperativo: Il Sempai sa che il partner è infortunato. Lo sparring non è competitivo; è un “drill di riabilitazione” cooperativo. Il Sempai si muoverà, fornirà stimoli, ma eviterà l’arto infortunato, permettendo al praticante di ritrovare il tempismo e la fiducia (Punto 2) senza il rischio di un nuovo infortunio.


PARTE V: LA MEDICINA DEFINITIVA – LONGEVITÀ ED EVOLUZIONE FILOSOFICA

Questo è l’obiettivo finale della medicina del Kajukembo. L’allenamento non è per vincere un incontro il prossimo sabato; è per essere un artista marziale letale a 70 anni.

L’Inevitabilità dell’Invecchiamento: Il Fallimento della Fisiologia “Dura”

Un praticante di 60 anni non può allenarsi come uno di 20. La scienza (Punto 22) è spietata:

  • Il sistema ATP-PC (esplosività) rallenta.

  • Il recupero dal sistema glicolitico (acido lattico) richiede più tempo.

  • Le articolazioni (artrite cronica) non possono più sopportare il condizionamento (Kote Kitae) o le cadute (Ukemi) pesanti.

  • Il rischio di infortunio da un allenamento “duro” supera i benefici.

Se il Kajukembo fosse solo un’arte “dura” (Yang) basata sull’atletismo e il condizionamento, la carriera di ogni praticante terminerebbe a 45 anni.

La Filosofia “Open Source” (Punto 10) come Prescrizione Medica

Qui entra in gioco la medicina più profonda: l’adattamento filosofico. Il mandato di Sijo Emperado di “trovare la propria strada” non era solo per la creazione di stili, ma per la sopravvivenza individuale.

Un Sigung (Gran Maestro) di 70 anni è la personificazione della medicina del Kajukembo. Ha applicato una transizione medica al suo intero sistema.

  • La Transizione da Yang a Yin (Da “Duro” a “Morbido”):

    • Meno KA/KEM (Potenza Bruta): Il Sigung non fa più affidamento sulla sua forza muscolare (F=ma) o sulla sua velocità esplosiva per sopraffare un avversario più giovane.

    • Più JU (Leve e Kuzushi): La sua medicina è l’efficienza. La sua comprensione della biomeccanica (Punto 22) è così profonda che non ha bisogno di forza. Sa esattamente dove si trova il centro di gravità (COG) dell’avversario e come romperlo (Kuzushi) con uno sforzo minimo. La sua conoscenza delle leve (Kansetsu Waza) gli permette di controllare un braccio con la pressione di due dita (Chin Na).

    • Più BO (Angoli e Tempismo): La sua medicina è il tempismo e l’angolazione (angling). Non si scontra frontalmente con il pugno dell’avversario (un atto Yang). Si sposta di un centimetro fuori linea (un atto Yin), lascia che il pugno gli passi accanto e applica una tecnica al lato cieco.

  • Il Ramo “Tum Pai” (Punto 10) come Medicina Formalizzata: L’esistenza stessa del ramo Tum Pai è la prova di questa medicina. Sigung Sid Asuncion ha formalizzato questo processo. Ha guardato al sistema “duro” del KSDI e, vedendo il logorio che produceva, ha cercato una “medicina” preventiva. L’ha trovata nel Tai Chi Chuan. Integrando i principi del Tai Chi (lentezza, respirazione, flusso di energia, cedevolezza) nel Kajukembo, ha creato un ramo che è intrinsecamente “medico”. L’allenamento Tum Pai non solo insegna a combattere, ma guarisce e rinforza il corpo a livello interno, permettendo una pratica per tutta la vita.

Conclusione: L’Arte che Guarisce Sé Stessa

La medicina del Kajukembo è, in conclusione, un sistema olistico e pragmatico. Non offre una cura miracolosa e non nega i rischi. Al contrario, li guarda in faccia.

La sua “medicina” è una cultura attiva che inizia con la prevenzione (l’armatura dell’Ohana, il condizionamento scientifico e il rinforzo del corpo). Prosegue con la gestione (il triage pragmatico sul tatami e il rispetto per la scienza medica occidentale). Si rafforza nella riabilitazione (l’uso dell’Ohana e dell’allenamento modificato per trasformare la debolezza in un’opportunità). E, infine, culmina nella longevità, la “medicina” filosofica più potente: la capacità del sistema di adattarsi, di evolvere con l’invecchiamento del praticante, abbandonando la dipendenza dall’atletismo giovanile per abbracciare la perfezione dell’efficienza, della biomeccanica e del tempismo.

La medicina del Kajukembo è, in definitiva, la sua filosofia “open source”: è un’arte progettata per non diventare mai obsoleta, né nel mondo, né nel corpo di chi la pratica.

L'ECOSISTEMA MARZIALE: ANALISI COMPARATIVA DEL KAJUKEMBO NEL CONTESTO DELLE LOTTE TRADIZIONALI MONDIALI

Il Kajukembo come “Biome” Marziale

Per comprendere appieno la natura del Kajukembo, è insufficiente analizzarlo come un “oggetto” singolare, un’arte marziale con un inizio e una fine. Bisogna, invece, studiarlo come un ecosistema: un “biome” vivente e dinamico che non solo esiste nel mondo marziale, ma che sopravvive assorbendo e integrando altri sistemi.

Il Kajukembo non è un’arte “pura”. Al contrario, la sua “purezza” risiede nel suo ibridismo radicale e nella sua filosofia “open source” (Punto 10). La sua stessa identità, codificata nel nome dai fondatori della Black Belt Society (Punto 3), è un manifesto di questo ecosistema. Non è un nome evocativo (come “Stile della Tigre Bianca”), ma una formula scientifica, una dichiarazione dei suoi componenti genetici fondamentali: KA (Karate), JU (Judo/Jujitsu), KEM (Kenpō) e BO (Boxe/Kung Fu).

Questo ecosistema, tuttavia, non si limita a questi quattro pilastri. Come ogni biome complesso, è definito anche da:

  1. Le Discipline Fondamentali (Il Genoma): I quattro stili dell’acronimo che formano il suo DNA di base.

  2. Le Discipline Correlate (L’Ambiente): Le arti che esistevano intorno alla sua creazione e che ne hanno influenzato segretamente lo sviluppo (come l’Escrima Filippina).

  3. Le Discipline Adattive (L’Evoluzione): Le arti moderne che l’ecosistema del Kajukembo sta attivamente “assorbendo” per rimanere al vertice della catena alimentare dell’autodifesa (come il Brazilian Jiu-Jitsu e la Muay Thai).

Questa analisi, puramente informativa e neutrale, non cercherà di determinare la superiorità di un’arte sull’altra. Piuttosto, dissezionerà l’intero ecosistema marziale del Kajukembo, analizzando cosa ogni disciplina fondamentale ha contribuito, come ha plasmato la filosofia e la tecnica (Punto 7) del sistema, e perché le discipline correlate sono essenziali per la sua continua sopravvivenza e rilevanza.


PARTE I: LE DISCIPLINE FONDAMENTALI – IL GENOMA KA-JU-KEM-BO

Questi sono i quattro pilastri fondanti, le “specie” primarie che la Black Belt Society ha intenzionalmente catturato e fuso nel suo “Laboratorio del Dolore” (Punto 6) per creare un ibrido superiore.

Sezione 1: Il Pilastro “KA” – Il Karate (Tang Soo Do) e la Struttura del Potere

Il “KA” nel Kajukembo si riferisce al Karate, ma è storicamente cruciale notare che non si trattava del Karate giapponese (Shotokan, Goju-Ryu) che stava diventando popolare all’epoca. La fonte del “KA” fu il co-fondatore Peter Young Yil Choo, che era un maestro di Tang Soo Do (noto anche come Karate Coreano), un’arte che a sua volta aveva radici nel Karate di Okinawa e nel Kung Fu cinese.

Contesto e Scopo dell’Integrazione: Il pilastro “KA” è stato integrato per risolvere il problema della lunga e media distanza. Le arti di grappling (JU) erano impotenti finché la distanza non era chiusa. Il Tang Soo Do forniva un arsenale scientifico per controllare lo spazio, infliggere danni da lontano e “sfondare” la guardia di un avversario. Ha fornito al Kajukembo la sua struttura portante “dura” (Yang).

Analisi Filosofica del Contributo “KA”: Il Tang Soo Do ha infuso nel Kajukembo diversi concetti filosofico-tecnici:

  1. Kime (Focus/Intenzione): Il principio fondamentale del Karate. La scienza biomeccanica (Punto 22) di focalizzare tutta l’energia (fisica, mentale, respiratoria) del corpo in un singolo, devastante punto d’impatto. Questo ha dato al Kajukembo la sua capacità di “finire” uno scontro con un singolo colpo, se necessario.

  2. Struttura (Dachi): Il Karate si basa sulla generazione di potenza dal terreno (Ground-Reaction Force). L’uso di posizioni (Dachi) stabili e radicate ha fornito al Kajukembo la sua “base” da cui lanciare sia colpi (KA) che proiezioni (JU).

  3. Condizionamento (Tempra): L’eredità del Makiwara (palo per colpire) e del Kote Kitae (condizionamento degli avambracci). Il “KA” ha portato la filosofia che il corpo stesso deve essere trasformato in un’arma, una “medicina” (Punto 24) di inoculazione al dolore.

Analisi Tecnica delle Discipline Ereditate (KA): Il Kajukembo non ha preso l’intero Tang Soo Do, ma ne ha “raccolto il meglio” (cherry-picked) per la sua finalità “da cemento” (Punto 2):

  • Keri Waza (Tecniche di Calcio): Questa è stata la dote più importante.

    • Mae Geri (Calcio Frontale): Riadattato. Non un calcio a punti (bersaglio: plesso solare), ma uno “Stop Kick” (calcio d’arresto) pragmatico (bersaglio: ginocchio, stinco, inguine) per fermare l’avanzata di un aggressore.

    • Yoko Geri (Calcio Laterale): L’arma di “sfondamento”. Un calcio biomeccanicamente potente, perfetto per attaccare l’articolazione del ginocchio lateralmente o per colpire le costole fluttuanti.

    • Mawashi Geri (Calcio Circolare): A differenza del Taekwondo (un’evoluzione del Tang Soo Do), il Kajukembo ha mantenuto il calcio circolare focalizzato sulla potenza (colpendo con la tibia) e sui bersagli pragmatici (la coscia dell’avversario – il “low kick” – o le costole).

  • Uke Waza (Tecniche di Parata): La filosofia del Kajukembo ha trasformato le parate (Uke) da difensive a offensive. Una parata (es. Gedan Barai – parata bassa; Soto Uke – parata esterna) non è una deviazione passiva, ma un colpo distruttivo (un “blocco duro”) mirato a danneggiare l’arto dell’aggressore, applicando il principio “Defanging the Snake” (togliere le zanne al serpente).

  • Te Waza (Tecniche di Mano): Ha fornito i colpi lineari e penetranti.

    • Shuto Uchi (Colpo a Mano di Taglio): L’arma perfetta per i bersagli “da strada” vietati nello sport (gola, lato del collo, clavicola).

    • Seiken Zuki (Pugno Diretto): La biomeccanica del pugno lineare e potente, che si fonde perfettamente con il “Cross” del Pugilato (BO).

Impatto sull’Ecosistema: Il pilastro “KA” è l’artiglieria del Kajukembo. È la sua capacità di controllare lo spazio, di rompere la struttura e di infliggere danni massicci a distanza. Senza il “KA”, il Kajukembo sarebbe solo un sistema di grappling e di combattimento ravvicinato, vulnerabile a un calciatore esperto.


Sezione 2: Il Pilastro “JU” – Judo e Jujitsu (Il Controllo Totale)

Il “JU” è un pilastro doppio, portato da Joe Holck (Judo Kodokan) e Frank Ordonez (Kodenkan Jujitsu). Questa fusione è stata geniale, poiché il Judo è la “scienza sportiva” delle proiezioni, mentre il Jujitsu è l’arte da campo di battaglia (o da autodifesa) delle leve e delle finalizzazioni. Il “JU” è stato integrato per risolvere il problema della distanza di corpo a corpo (clinch) e della lotta a terra (ground).

A. Sotto-Disciplina: Il Judo Kodokan

  • Contesto e Scopo: Il Judo (la “Via Gentile”) di Jigoro Kano è la distillazione scientifica del Jujitsu. Il suo contributo non è stato un insieme di “tecniche segrete”, ma la sua pedagogia scientifica e i suoi principi biomeccanici (Punto 22).

  • Analisi Filosofica del Contributo (Judo):

    1. Kuzushi (Sbilanciamento): Questo è il concetto più importante che il Judo ha dato al Kajukembo. Il Kuzushi è la scienza di rompere l’equilibrio dell’avversario prima di tentare una proiezione. Questo principio di efficienza (usare l’intelligenza, non la forza bruta) è il cuore del “JU”.

    2. Tsukuri e Kake (Preparazione ed Esecuzione): Il Judo ha fornito un metodo scientifico per l’esecuzione delle proiezioni.

    3. Ukemi (L’Arte di Cadere): Fondamentale per la sicurezza (Punto 16). Il Judo ha fornito il metodo per allenarsi alle proiezioni in modo sicuro e ripetitivo.

  • Analisi Tecnica (Judo): Il Kajukembo ha adottato le Nage Waza (tecniche di proiezione) più pragmatiche ed efficaci “No-Gi” (senza uniforme, o adattabili all’abbigliamento da strada – Punto 13):

    • O Goshi (Grande Proiezione d’Anca): La proiezione “da buttafuori”, perfetta per il clinch.

    • O Soto Gari (Grande Falciata Esterna): Una potente proiezione per fermare l’avanzata di un aggressore.

    • Seoi Nage (Proiezione sulla Spalla): Specialmente Ippon Seoi Nage, una risposta biomeccanica perfetta a un pugno afferrato.

  • Adattamento “da Cemento”: Il Kajukembo ha preso queste tecniche e ne ha cambiato l’intento. Nello sport del Judo, si cerca l’Ippon (una caduta perfetta sulla schiena). Nel Kajukembo, la proiezione è un colpo. Si proietta l’avversario sul cemento, con l’intento di causare un KO da impatto, non di ottenere un punto.

B. Sotto-Disciplina: Il Jujitsu (Kodenkan)

  • Contesto e Scopo: Il Kodenkan Jujitsu di Henry Okazaki (un altro ibrido hawaiano) era l’arte di Frank Ordonez. È l’arte “guerriera” da cui il Judo è stato distillato. Ha fornito al Kajukembo il suo arsenale di controllo del dolore e di finalizzazione.

  • Analisi Filosofica (Jujitsu): Il principio del Jujitsu è la “cedevolezza” (Ju), ovvero usare la forza e l’anatomia dell’aggressore contro di lui. È la scienza delle leve (Punto 22).

  • Analisi Tecnica (Jujitsu):

    • Kansetsu Waza (Tecniche Articolari): Questo è il nucleo. Ha fornito al Kajukembo le sue risposte alle prese (Grab Arts).

      • Leve al Polso: Kote Gaeshi (torsione esterna), Nikyo (leva a Z).

      • Leve al Gomito: Juji Gatame (armbar), Ude Garami (americana/keylock).

      • Leve alla Spalla: Shiho Nage (proiezione nelle quattro direzioni).

    • Shime Waza (Tecniche di Strangolamento): Le finalizzazioni “da strada” più efficaci, che non richiedono forza bruta ma conoscenza anatomica (es. Hadaka Jime – Rear Naked Choke; Ghigliottina).

    • Ne Waza (Tecniche a Terra): Il Kodenkan Jujitsu ha fornito al Kajukembo la sua “risposta di base” al combattimento a terra: come ottenere una posizione dominante (monta, controllo laterale) e finalizzare rapidamente, o come rialzarsi in sicurezza (Punto 7).

Impatto sull’Ecosistema: Il pilastro “JU” è l’assicurazione del Kajukembo. È ciò che rende il sistema “completo”. Ha dato al praticante di “KA” (striking) una risposta terrificante al momento in cui viene afferrato. Ha dato all’arte la sua capacità di controllare, sottomettere e terminare lo scontro senza dover necessariamente infliggere danni da impatto, o, al contrario, di usare la proiezione come l’impatto finale.


Sezione 3: Il Pilastro “KEM” – Il Kenpō (Il Motore Ibrido)

Il “KEM” (spesso scritto Kenpō o Kempo) è l’arte di Sijo Adriano Emperado. È il “cuore” del sistema, l’arte che funge da sistema operativo (Punto 22) che collega tutti gli altri pilastri. L’eredità di Emperado proveniva da William K.S. Chow, il cui Kenpō era già un ibrido di Kosho-Ryu Kenpō giapponese (di James Mitose) e Kung Fu Shaolin cinese (l’eredità familiare di Chow).

Contesto e Scopo dell’Integrazione: Il “KEM” è stato integrato per risolvere il problema della distanza di combattimento ravvicinato (close-quarters combat) e della velocità di transizione. Se il “KA” è l’artiglieria e il “JU” è il grappling, il “KEM” è la fanteria d’assalto: veloce, esplosiva, fluida e travolgente.

Analisi Filosofica del Contributo “KEM”:

  1. L’Economia del Movimento: Questo è il principio centrale del Kenpō. “Ogni parata è un colpo, ogni colpo è una parata”. Non ci sono movimenti sprecati. Un blocco non è passivo; è un colpo all’arto dell’aggressore (un “check”) che posiziona la mano per il colpo successivo.

  2. Sovraccarico Neurologico (Le Raffiche): Il Kenpō non si basa sul colpo singolo (come il KA), ma sulla raffica (flurry). La filosofia è quella di sopraffare il ciclo OODA (Osserva, Orienta, Decidi, Agisci) dell’avversario, colpendolo con 5-10 colpi da angolazioni diverse in un secondo, mandando il suo cervello in “tilt”.

  3. La Teoria della Linea Centrale (Centerline): Un concetto ereditato dal Kung Fu (come il Wing Chun). Proteggi la tua linea centrale (dove si trovano i bersagli vitali) e attacca quella del tuo avversario.

Analisi Tecnica delle Discipline Ereditate (KEM):

  • Le “Mani-Arma” (Weapons of the Hand): Il Kenpō ha espanso l’arsenale dello striking oltre il pugno (KA). Ha introdotto l’uso di tutta la mano come un’arma specializzata per bersagli specifici:

    • Tetsui Uchi (Pugno a Martello): Per colpire bersagli ossei (clavicola, ponte del naso) senza danneggiare le nocche.

    • Nukite (Mano a Lancia): Per bersagli molli (occhi, gola).

    • Shuto Uchi (Mano a Lama): Per il collo, la gola, la clavicola.

    • Stili Animali (eredità BO/Kung Fu): Pugno a Leopardo (per il costato), Bocca di Tigre (per la gola).

  • Il “Checking” (Controllo): La tecnica KEM più importante. È l’atto di usare la mano “passiva” (di solito la sinistra) per “controllare” (afferrare, bloccare, premere) un arto dell’avversario mentre la mano “attiva” (destra) colpisce. Questo è il “ponte” biomeccanico che collega lo striking (KEM) al grappling (JU) e alle armi (FMA).

  • Le “Combinations” (Combinazioni): Il Kenpō è la fonte della pedagogia basata sulle “Combinations” (Punto 8), le sequenze di autodifesa pre-impostate che sono il cuore dell’allenamento del Kajukembo.

Impatto sull’Ecosistema: Il “KEM” è il collante del Kajukembo. È il “software” che permette al praticante di passare fluidamente da una parata di “KA” a una leva di “JU”, collegandole con una raffica di colpi “KEM”. È l’arte che dà al Kajukembo la sua identità visiva unica: esplosività, velocità e transizioni continue.


Sezione 4: Il Pilastro “BO” – Boxe (Pugilato) e Ch’uan Fa (Kung Fu)

Il “BO” è il pilastro più ibrido, rappresentando il “moderno” e l'”antico” e risolvendo il problema della mobilità e dell’adattabilità “senza regole”. Fu portato da Peter Choo (Boxe) e Clarence Chang (Ch’uan Fa).

A. Sotto-Disciplina: Il Pugilato Occidentale (Boxe)

  • Contesto e Scopo: Il Pugilato era l’arte marziale “scientifica” dell’Occidente. Le arti orientali tradizionali (Karate, Kung Fu) erano spesso “statiche”, radicate in posizioni basse (Dachi). La Boxe ha risolto il problema della mobilità dinamica.

  • Analisi Filosofica (Boxe): La “Sweet Science”. La filosofia del pugilato è basata sul tempismo, sull’angolazione e sull’evasione. È la scienza del “colpire e non essere colpiti”.

  • Analisi Tecnica (Boxe):

    • Gioco di Gambe (Footwork): Questo è stato il contributo più rivoluzionario. Ha dato al praticante di Kajukembo:

      • Lo Shuffle (Passo Scivolato): Per entrare e uscire rapidamente dalla distanza di pericolo.

      • Il Pivot: Per cambiare angolo e uscire dalla linea centrale.

      • L’Angling (Creare Angoli): La strategia di non affrontare mai un avversario frontalmente.

    • Movimento della Testa (Head Movement): Un altro concetto assente nelle arti tradizionali. Ha dato al Kajukembo il Bobbing e il Weaving (oscillare) e lo Slipping (scivolare). La migliore parata è “non essere lì”.

    • Combinazioni di Pugni: Ha fornito le combinazioni di pugni più efficienti e testate: il Jab (per il tempismo e la distanza), il Cross (per la potenza), l’Hook (gancio, per l’angolo) e l’Uppercut (montante, per il combattimento ravvicinato).

B. Sotto-Disciplina: Il Ch’uan Fa (Kung Fu Cinese)

  • Contesto e Scopo: Il Ch’uan Fa (letteralmente “Metodo del Pugno”) di Clarence Chang ha fornito l’eredità “sporca” e “fluida” degli stili Shaolin. Ha fornito la risposta filosofica al “combattimento senza regole”.

  • Analisi Filosofica (Ch’uan Fa): La filosofia del Kung Fu è la fluidità, l’adattabilità e l’uso di principi “duri” (Yang) e “morbidi” (Yin).

  • Analisi Tecnica (Ch’uan Fa):

    • Movimenti Circolari: Ha bilanciato le parate “dure” (KA) con parate circolari e morbide (BO), che non si scontrano con la forza, ma la “deviano” e la “re-indirizzano”.

    • Chin Na (Leve Articolari Cinesi): Ha completato l’arsenale “JU” con il “Chin Na”, la scienza del grappling “sporco”: leve alle dita, torsioni dei polsi e attacchi ai punti di pressione.

    • “Dirty Fighting” (Combattimento Sporco): Questo è il contributo “da cemento” per eccellenza. Il Ch’uan Fa (specialmente gli stili animali) non ha remore a usare tecniche proibite in qualsiasi sport. Ha dato al Kajukembo l’arsenale “illegale”:

      • Colpi agli Occhi (Eye Jabs/Gouges)

      • Colpi alla Gola (Throat Strikes)

      • Calci all’Inguine (Groin Kicks)

Impatto sull’Ecosistema: Il pilastro “BO” è ciò che ha reso il Kajukembo moderno e senza scrupoli. La Boxe gli ha dato il movimento e l’atletismo del XX secolo. Il Ch’uan Fa gli ha dato l’arsenale pragmatico e senza regole necessario per la sopravvivenza, completando il profilo di un’arte “da strada”.


PARTE II: LE DISCIPLINE CORRELATE – L’INFLUENZA “FANTASMA” E L’EVOLUZIONE MODERNA

L’ecosistema del Kajukembo non si è fermato nel 1949. È stato influenzato da un’arte “nascosta” (l’Escrima) e continua ad adattarsi assorbendo le arti moderne (BJJ, Muay Thai).

Sezione 5: L’Influenza Nascosta – L’Escrima/Arnis/Kali (FMA)

Questa è la disciplina correlata più importante. Non è nell’acronimo, ma è il “parente stretto” che ha plasmato l’intero sistema. È l’arte marziale filippina (FMA), l’eredità personale di Sijo Emperado (Punto 4).

Contesto e Scopo: Sijo era un Escrimador prima di essere un maestro di Kenpō. Le FMA sono sistemi di combattimento basati sulle armi (bastone e coltello). La loro influenza sul Kajukembo è così profonda che molti maestri (specialmente nel ramo WHKD – Punto 10) la considerano un “quinto pilastro” non dichiarato.

Analisi Filosofica del Contributo (FMA):

  1. La “Transference” (Trasferibilità): La filosofia centrale delle FMA è che l’arma insegna la mano nuda. I movimenti, gli angoli e il gioco di gambe sono identici, sia che si impugni un bastone (Punto 14), sia che si usi una mano vuota.

  2. Il “Flusso” (Flow): Le FMA sono famose per i loro “drills” (esercizi a coppia) fluidi e continui, come l’Hubud-Lubud (legare-slegare). Questa filosofia del “flusso” è la vera fonte della fluidità del Kenpō (KEM) nel Kajukembo, molto più delle forme statiche del Karate.

  3. “Defanging the Snake” (Togliere le Zanne al Serpente): La filosofia FMA di non attaccare il “corpo” (l’avversario) ma la “zanna” (l’arto che attacca). Questo è il principio dietro le parate “dure” (KA) e le tecniche di “checking” (KEM).

Analisi Tecnica delle Discipline Ereditate (FMA):

  • Il Gioco di Gambe Triangolare (Tatsulok): Si è fuso con il footwork del Pugilato (BO) per creare la mobilità angolare del Kajukembo.

  • Il “Trapping” e il “Checking”: Molti dei movimenti di “checking” del KEM sono, in realtà, applicazioni a mani nude di tecniche di Espada y Daga (Spada e Pugnale), dove la mano “viva” (il pugnale) controlla l’arto dell’avversario mentre l’arma principale (la spada) colpisce.

  • Panantukan (Pugilato Filippino): L’arte “sporca” a mani nude delle FMA. È la fonte di molte delle tecniche di “dirty fighting” (BO), inclusi i colpi con il gomito (Empi), le testate (Headbutts) e le leve distruttive nel clinch.

Impatto sull’Ecosistema: L’Escrima è l’anima nascosta del Kajukembo. È il motivo per cui l’arte si è evoluta nei rami più fluidi (come il Wun Hop Kuen Do) ed è il motivo per cui l’allenamento con le armi (Punto 14) non è un’aggiunta, ma una parte fondamentale della pedagogia per comprendere la mano nuda.


Sezione 6: L’Evoluzione Moderna – L’Assorbimento del BJJ e della Muay Thai

La prova che il Kajukembo è un ecosistema vivente è la sua reazione alla “rivoluzione MMA” del 1993. La filosofia “open source” (Punto 10) ha obbligato l’arte a confrontarsi con il Brazilian Jiu-Jitsu e la Muay Thai.

A. Il Brazilian Jiu-Jitsu (BJJ) – L’Aggiornamento del “JU”

  • Contesto e Scopo: L’UFC 1 (1993) ha dimostrato che mentre il pilastro “JU” (Judo/Jujitsu) era eccellente nelle proiezioni (Nage Waza) e nel controllo dall’alto (Top Control), era debole nella lotta dalla schiena (la Guardia). Royce Gracie ha dimostrato che un combattimento poteva finire dal basso.

  • Analisi dell’Integrazione: L’ecosistema del Kajukembo ha reagito. Le scuole moderne hanno iniziato ad assorbire il BJJ.

  • Impatto sul “JU”: Il BJJ non ha sostituito il “JU”; lo ha aggiornato.

    • Ha aggiunto una scienza della Guardia (chiusa, aperta, a farfalla, spider) che mancava.

    • Ha aggiunto un arsenale di spazzate (sweeps) (ribaltamenti da sotto).

    • Ha perfezionato le sottomissioni (come lo Strangolamento a Triangolo e l’Omo Plata), che erano assenti nel curriculum originale.

  • Adattamento “da Cemento”: Il Kajukembo, tuttavia, mantiene il suo filtro pragmatico. Assorbe le tecniche del BJJ, ma rifiuta la sua filosofia sportiva (il “butt-scooting” o il rimanere a terra volontariamente). La filosofia del “Ne Waza” rimane quella di “finire velocemente” o “rialzarsi” (Punto 7), ma ora con gli strumenti del BJJ.

B. La Muay Thai – L’Aggiornamento del “KA” e “KEM”

  • Contesto e Scopo: L’altra colonna portante dell’MMA. La Muay Thai ha dimostrato una scienza dello striking diversa e devastante.

  • Analisi dell’Integrazione: L’ecosistema del Kajukembo l’ha assorbita per migliorare i suoi pilastri “duri”.

  • Impatto sul “KA”:

    • Il Calcio Basso (Low Kick): Il “KA” (Karate/Tang Soo Do) aveva i calci circolari, ma la Muay Thai ha perfezionato il calcio basso con la tibia alla coscia. Questa tecnica, per la sua potenza e il suo basso rischio, è stata adottata immediatamente da molte scuole di Kajukembo.

    • Il Clinch (Plum): L’arte “KEM” (combattimento ravvicinato) è stata potenziata dal Plum tailandese. Il controllo a due mani dietro la testa dell’avversario ha fornito una piattaforma devastante per le ginocchiate (Hiza Geri) e le gomitate (Empi) già presenti nel sistema.

Conclusione: Un Ecosistema di Pragmatismo Radicale

L’ecosistema marziale del Kajukembo è, in conclusione, un capolavoro di pragmatismo. Non è un’arte “puro sangue”, ma un “meticcio” (hybrid) che ha preso la potenza strutturale del Karate (KA), la scienza del controllo del Judo/Jujitsu (JU), il motore offensivo del Kenpō (KEM) e la mobilità e la spietatezza della Boxe/Kung Fu (BO).

Ha costruito questa fondazione sull’anima nascosta della fluidità e degli angoli delle Filippine (Escrima).

E, cosa più importante, dimostra di essere un ecosistema sano continuando a evolversi oggi, assorbendo le innovazioni più efficaci del BJJ e della Muay Thai.

Il Kajukembo non è “un’arte marziale”. È, forse, la prima e più onesta filosofia di studio delle arti marziali, un sistema che conclude che l’unica arte marziale “vera” è quella che non smette mai di imparare.

a cura di F. Dore – 2025

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