Sasumatajutsu (刺股術) SV

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COSA E'

Il Sasumatajutsu è un’arte marziale tradizionale giapponese incentrata sull’uso del sasumata, un’arma a palo dotata di una biforcazione a forma di U, spesso con punte o lame aggiuntive, utilizzata principalmente per il controllo, la cattura e l’immobilizzazione di individui senza ricorrere all’uso di forza letale. Questa disciplina si distingue per la sua enfasi sulla non letalità e sulla capacità di gestire situazioni pericolose mantenendo il controllo sull’avversario. Il sasumata non è progettato per infliggere ferite gravi o mortali, ma piuttosto per disarmare, bloccare i movimenti, e spingere o tirare un individuo in una posizione di svantaggio, consentendo così la sua neutralizzazione o l’arresto da parte delle autorità.

L’arte del Sasumatajutsu affonda le sue radici nelle pratiche di polizia e di guardia del Giappone feudale, dove era fondamentale disporre di strumenti efficaci per affrontare criminali, ribelli o individui armati senza causare danni eccessivi. Le guardie del corpo e i pattugliatori dell’epoca, conosciuti come dōshin e okappiki, facevano ampio uso del sasumata e di altre armi simili, come il sodegarami (un palo con ganci per agganciare i vestiti) e il tsukubō (un palo con una punta a T), collettivamente noti come torimono sandōgu o “tre strumenti di arresto”. Queste armi erano parte integrante dell’arsenale di sicurezza pubblica e venivano utilizzate in scenari che andavano dal contenimento di persone ostili alla soppressione di piccole rivolte.

L’efficacia del sasumata risiede nella sua versatilità. La forcella a U permette di intrappolare arti, colli o armi, bloccando l’avversario e rendendolo vulnerabile. Le punte o le lame aggiuntive sulla forcella, se presenti, servivano a tenere a distanza l’aggressore o a causare una leggera distrazione senza penetrare profondamente. La lunghezza del palo offre un vantaggio significativo in termini di portata, consentendo a chi lo impugna di mantenere una distanza di sicurezza dall’avversario, riducendo il rischio di essere colpito. Questo aspetto era cruciale in un’epoca in cui le armi da taglio erano onnipresenti e gli scontri ravvicinati potevano essere estremamente pericolosi.

Il Sasumatajutsu non è solo una questione di forza bruta, ma richiede una profonda comprensione della biomeccanica del corpo umano, della psicologia dello scontro e della strategia. Gli utilizzatori devono imparare a prevedere i movimenti dell’avversario, a sfruttare il suo slancio contro di lui e a posizionarsi in modo da massimizzare l’efficacia del sasumata. L’addestramento include tecniche di spinta, trazione, blocco e immobilizzazione, spesso mirando alle articolazioni o al tronco dell’avversario per comprometterne la mobilità. È un’arte che enfatizza la precisione, il controllo e la capacità di adattarsi rapidamente alle dinamiche di uno scontro.

Oggi, sebbene il suo impiego sia meno diffuso rispetto al passato, il sasumata è ancora utilizzato in alcune forze di polizia giapponesi e nelle scuole per la gestione di emergenze e situazioni di pericolo, come gli attacchi a scuola. Questa persistenza testimonia la sua intrinseca utilità come strumento di controllo non letale, adattabile anche ai contesti moderni dove la sicurezza pubblica e la prevenzione della violenza sono priorità assolute. Lo studio del Sasumatajutsu, quindi, offre non solo una finestra su un’antica pratica marziale, ma anche spunti preziosi sulle strategie di contenimento e sulla filosofia della non violenza nel contesto dell’autodifesa e della sicurezza.

CARATTERISTICHE, FILOSOFIA E ASPETTI CHIAVE

  • Il Sasumatajutsu si distingue per un insieme di caratteristiche, una filosofia ben definita e aspetti chiave che lo rendono unico nel panorama delle arti marziali giapponesi. Al centro di questa disciplina vi è l’enfasi sulla non letalità e sul controllo dell’avversario, piuttosto che sulla sua eliminazione. Questa è la sua peculiarità più marcata, differenziandola da molte altre arti marziali che si concentrano sull’attacco o la difesa diretta con tecniche potenzialmente mortali. L’obiettivo primario è immobilizzare, disarmare o sottomettere un individuo senza causargli danni permanenti o letali, una pratica fondamentale per le forze dell’ordine e le guardie del passato.

    La filosofia del Sasumatajutsu è profondamente radicata nei principi del Jūjutsu e, più in generale, del budō (la via marziale giapponese). Si basa sull’idea di utilizzare la forza dell’avversario contro di lui, sfruttando il suo slancio e la sua aggressività per controllarlo. Invece di opporre forza a forza, l’operatore del sasumata cerca di deviare gli attacchi, intrappolare gli arti o il corpo dell’aggressore e portarlo in una posizione di svantaggio. Questo richiede non solo abilità fisica, ma anche una notevole presenza mentale, calma e capacità di leggere la situazione. La calma sotto pressione è essenziale per evitare reazioni impulsive e per applicare le tecniche con precisione.

    Uno degli aspetti chiave è la distanza di sicurezza. L’utilizzo del sasumata, un’arma lunga, permette all’operatore di mantenere una distanza significativa dall’aggressore, riducendo drasticamente il rischio di essere ferito da armi da taglio o attacchi a mani nude. Questo vantaggio di portata è cruciale e richiede un allenamento specifico per imparare a gestire l’arma in modo efficace a diverse distanze, adattandosi al movimento dell’avversario e al contesto ambientale. La capacità di manovrare il sasumata fluidamente in spazi ristretti o affollati è un’abilità che viene affinata con la pratica costante.

    Un altro aspetto fondamentale è la versatilità dell’arma. Il sasumata non è solo un attrezzo per immobilizzare. La sua forcella può essere usata per bloccare armi, per spingere l’avversario lontano, per tirarlo verso di sé, o per intrappolare un suo arto. Le protuberanze o le lame accessorie, se presenti, possono servire a creare distrazione o a causare un lieve dolore per indurre l’avversario a desistere, sempre con l’intento di non infliggere danni gravi. Questa multifunzionalità richiede che l’operatore padroneggi un’ampia gamma di tecniche e scenari applicativi, sviluppando una profonda conoscenza delle potenzialità e dei limiti dell’arma.

    La disciplina e la pazienza sono virtù cardine nel Sasumatajutsu. L’addestramento non si concentra solo sull’acquisizione di tecniche fisiche, ma anche sullo sviluppo di una mentalità strategica. L’operatore deve imparare a valutare rapidamente le minacce, a scegliere la tecnica più appropriata e ad eseguirla con precisione e tempismo. L’arte non incoraggia l’aggressività gratuita, ma piuttosto un approccio misurato e controllato, dove l’obiettivo è la risoluzione pacifica e sicura del conflitto. Questo si traduce in una filosofia di vita che valorizza il controllo di sé e la responsabilità, estendendosi oltre l’ambito del dojo.

    Infine, il Sasumatajutsu enfatizza l’adattabilità. Non esistono due situazioni di conflitto identiche, e l’operatore deve essere in grado di adattare le sue tecniche e strategie alle specificità del momento: il numero di avversari, il loro armamento, l’ambiente circostante e le proprie capacità fisiche. Questa flessibilità è cruciale e viene sviluppata attraverso la pratica di scenari realistici e l’analisi di situazioni complesse. L’arte, quindi, non fornisce solo un set di tecniche, ma un metodo per pensare e agire efficacemente sotto pressione, rendendola non solo una pratica marziale storica ma anche una disciplina con risvolti pratici nella gestione delle crisi odierne.

LA STORIA

La storia del Sasumatajutsu è strettamente intrecciata con lo sviluppo delle pratiche di mantenimento dell’ordine pubblico nel Giappone feudale, un’epoca caratterizzata da frequenti disordini, criminalità e la necessità di controllare i samurai disonesti o i rōnin. Sebbene non esista una data precisa o un singolo evento che segni la nascita formale del Sasumatajutsu come disciplina autonoma, l’uso del sasumata e di armi simili come il sodegarami e lo tsukubō (i cosiddetti torimono sandōgu, “tre strumenti di arresto”) risale almeno al periodo Muromachi (1336-1573), con un impiego più sistematico e documentato a partire dal periodo Edo (1603-1868).

Durante il periodo Edo, con l’instaurazione del Bakufu Tokugawa e una relativa stabilità sociale, crebbe la necessità di un apparato di polizia efficiente per mantenere la pace e l’ordine nelle città e nelle campagne. Le forze dell’ordine, composte principalmente da dōshin (samurai di basso rango con incarichi di polizia) e okappiki (informatori e assistenti della polizia reclutati tra la gente comune, spesso ex criminali o yakuza), non potevano sempre ricorrere all’uso letale delle loro spade, specialmente quando si trattava di arrestare criminali comuni o di sedare risse. Era fondamentale disporre di strumenti che permettessero di immobilizzare e catturare un sospetto senza ucciderlo, preservando così la giustizia e l’ordine sociale.

È in questo contesto che il sasumata e le sue tecniche divennero indispensabili. L’arma, con la sua caratteristica forcella, era ideale per bloccare un aggressore, intrappolare i suoi arti o il collo, disarmarlo e condurlo alla sottomissione. Veniva utilizzata per affrontare individui armati di spade, lance o altre armi, consentendo agli agenti di mantenere una distanza di sicurezza. Le tecniche sviluppate miravano a sfruttare il peso e la lunghezza dell’arma per sbilanciare l’avversario, controllarne i movimenti e infine portarlo a terra o contro una parete per l’arresto. Le scuole di Jūjutsu dell’epoca spesso includevano l’addestramento nell’uso del sasumata e delle altre armi del torimono sandōgu come parte integrante del loro curriculum, riconoscendo la loro importanza pratica.

Con la Restaurazione Meiji (1868) e la modernizzazione del Giappone, le antiche pratiche di polizia furono gradualmente sostituite da sistemi più moderni e l’uso del sasumata diminuì progressivamente tra le forze dell’ordine civili. Tuttavia, la sua efficacia come strumento di controllo non letale non fu mai completamente dimenticata. Nel corso del XX secolo, e in particolare in tempi più recenti, c’è stato un rinnovato interesse per l’applicazione del sasumata in contesti moderni, specialmente in Giappone. Le scuole e le istituzioni, ad esempio, hanno iniziato a utilizzare il sasumata come strumento di sicurezza per affrontare situazioni di emergenza, come attacchi di individui armati, permettendo al personale di contenere la minaccia in attesa dell’arrivo della polizia, minimizzando il rischio di lesioni gravi.

Oggi, il Sasumatajutsu non è solo un’arte storica praticata da appassionati di koryū (antiche scuole marziali), ma ha trovato una nicchia di applicazione pratica. Sebbene non sia un’arte diffusa a livello globale come il Karate o il Judo, le sue tecniche continuano ad essere studiate e adattate per scopi di sicurezza in contesti specifici, testimoniando la resilienza e l’adattabilità di questo strumento e delle sue pratiche associate. La sua storia, quindi, riflette l’evoluzione delle esigenze di sicurezza in Giappone, dal periodo feudale fino ai giorni nostri, e la persistente ricerca di metodi efficaci per mantenere l’ordine senza ricorrere alla violenza estrema.

IL FONDATORE

A differenza di molte arti marziali giapponesi che vantano un fondatore specifico o una figura leggendaria a cui viene attribuita la loro creazione, il Sasumatajutsu non ha un unico fondatore. Non esiste un “Maestro” che in un dato momento abbia codificato l’uso del sasumata e abbia dato vita a una scuola o uno stile che portasse il suo nome. Questo è dovuto alla natura stessa del sasumata e delle altre armi del torimono sandōgu (i tre strumenti di arresto): erano strumenti pratici e funzionali, sviluppati e utilizzati in modo pragmatico dalle forze dell’ordine del Giappone feudale.

Il sasumata era, in sostanza, un’evoluzione degli strumenti agricoli e degli attrezzi da lavoro comuni, adattati per scopi di contenimento e controllo. La sua ideazione e il perfezionamento delle tecniche d’uso furono un processo graduale, frutto dell’esperienza collettiva di generazioni di dōshin, okappiki e guardie, che si trovavano quotidianamente ad affrontare situazioni pericolose. Non fu l’opera di un singolo genio marziale che ideò un sistema completo da zero, ma piuttosto una serie di adattamenti e miglioramenti incrementali basati sulle necessità operative sul campo.

Le tecniche di utilizzo del sasumata erano spesso insegnate all’interno delle scuole di Jūjutsu o di altre koryū (antiche scuole) che si occupavano di combattimento disarmato e armato. Queste scuole, come la Takenouchi-ryū o la Seki-guchi-ryū, includevano nel loro curriculum una sezione dedicata al torite (tecniche di arresto) o al hojōjutsu (tecniche di legatura), dove l’uso del sasumata e di armi simili era parte integrante dell’addestramento. I maestri di queste scuole insegnavano come integrare l’uso di questi strumenti con le tecniche a mani nude e con altre armi, per massimizzare l’efficacia nel controllo e nella cattura. Quindi, piuttosto che avere un fondatore del Sasumatajutsu in sé, ci furono numerosi maestri e scuole che contribuirono a sviluppare e tramandare le sue tecniche.

Questi maestri erano spesso samurai con una vasta esperienza nel combattimento e nella sicurezza pubblica. La loro “storia” è legata al loro servizio nelle forze dell’ordine o come istruttori per esse. Ad esempio, figure come Heiichiro Takenouchi Hisamori, il fondatore della Takenouchi-ryū, pur non essendo il “fondatore” del Sasumatajutsu, contribuirono a sistematizzare l’addestramento nelle tecniche di arresto, che includevano l’uso del sasumata. La sua scuola, fondata nel 1532, è considerata una delle più antiche scuole di jūjutsu e si concentrava su una vasta gamma di tecniche di combattimento, tra cui quelle per disarmare e immobilizzare un avversario.

In questo contesto, la figura del “fondatore” si dissolve in un collettivo di esperti che, attraverso prove ed errori sul campo, svilupparono un corpus di conoscenze pratiche. L’assenza di un singolo fondatore conferisce al Sasumatajutsu un carattere distintivo di praticità e utilità. Non è un’arte nata dalla visione di un singolo illuminato, ma dalla necessità e dall’ingegno collettivo di coloro che avevano il compito di mantenere l’ordine in un’epoca turbolenta. Questa origine “dal basso” e l’evoluzione pragmatica distinguono il Sasumatajutsu da molte altre arti marziali che sono state create e diffuse da figure carismatiche e innovative.

MAESTRI FAMOSI

Trovare nomi di “maestri famosi” esclusivamente e unicamente legati al Sasumatajutsu è complesso, proprio perché, come accennato, non è un’arte che ha avuto un singolo fondatore o una linea di trasmissione indipendente in modo esclusivo. Le tecniche di utilizzo del sasumata erano integrate nel curriculum di diverse scuole di Jūjutsu e di altre koryū (antiche scuole marziali) che si occupavano di tecniche di arresto e controllo. Pertanto, i maestri che si distinsero nell’uso del sasumata furono spesso figure eminenti all’interno di queste scuole, che insegnavano una vasta gamma di arti marziali, incluso l’uso degli strumenti di arresto.

Invece di individuare un singolo “maestro del Sasumatajutsu”, è più appropriato considerare i maestri di koryū che tramandarono e perfezionarono le tecniche di torimono sandōgu (i tre strumenti di arresto, di cui il sasumata è uno dei più importanti). Tra questi, possiamo citare figure che hanno avuto un ruolo significativo nella trasmissione del Jūjutsu e delle tecniche di polizia:

Uno dei nomi più importanti che possiamo associare indirettamente allo sviluppo e alla diffusione delle tecniche di arresto è Takenouchi Hisamori (1532-1616), il fondatore della Takenouchi-ryū. Sebbene non sia specificamente un “maestro di Sasumatajutsu”, la sua scuola è considerata una delle più antiche e influenti scuole di jūjutsu, e il suo curriculum includeva ampiamente le tecniche di torite (tecniche di presa e arresto) e ko-gusoku (combattimento con armatura leggera e tecniche di immobilizzazione), che certamente avrebbero incorporato l’uso del sasumata e di armi simili. I maestri di Takenouchi-ryū, nel corso dei secoli, hanno perfezionato e insegnato queste tecniche come parte di un sistema completo.

Un altro esempio potrebbe essere Sekiguchi Yorokuemon Ujimune (1574-1656), il fondatore della Sekiguchi-ryū. Anche questa scuola di jūjutsu si concentrava su un approccio pragmatico al combattimento e includeva tecniche di immobilizzazione e controllo. I suoi insegnamenti, e quelli dei suoi successori, avrebbero sicuramente influenzato e preservato le tecniche di utilizzo degli strumenti di arresto.

Altre scuole di koryū che si sono occupate delle tecniche di torimono sandōgu includono la Kiraku-ryū, la Yōshin-ryū e la Ryōi Shintō-ryū, solo per citarne alcune. I maestri che guidavano queste scuole, sebbene non specificamente noti per il solo Sasumatajutsu, erano senza dubbio esperti nell’uso di queste armi. Essi formavano i dōshin e gli okappiki che operavano nelle città e nei feudi, garantendo che le tecniche fossero efficaci e adattabili alle diverse situazioni.

In epoche più recenti, con il declino dell’uso del sasumata come arma di polizia quotidiana, la conoscenza del Sasumatajutsu è stata mantenuta e tramandata principalmente da maestri di koryū che si dedicano alla preservazione delle arti marziali tradizionali. Questi maestri non sono “famosi” nel senso di celebrità mediatiche, ma sono figure di riferimento all’interno delle loro specifiche tradizioni. Essi dedicano la loro vita allo studio e alla trasmissione delle tecniche antiche, inclusi gli strumenti di arresto, assicurando che il patrimonio del Sasumatajutsu non vada perduto. Alcuni di questi maestri moderni sono spesso figure di spicco all’interno della Nihon Kobudo Shinkokai (Società per la Promozione del Kobudo Giapponese Antico) o della Nihon Kobudo Kyokai (Associazione Giapponese per le Arti Marziali Antiche), organizzazioni che si dedicano alla conservazione e alla promozione delle koryū.

È importante sottolineare che la fama di questi maestri è spesso circoscritta all’interno delle loro specifiche comunità marziali e della cerchia degli studiosi di budō, ma il loro contributo alla conservazione e alla comprensione del Sasumatajutsu è inestimabile.

LEGGENDE, CURIOSITA', STORIE E ANEDDOTI

  • Il Sasumatajutsu, pur essendo un’arte marziale molto pratica e funzionale, è circondato da alcune leggende, curiosità e aneddoti che ne arricchiscono il fascino storico e culturale. Queste storie, spesso tramandate oralmente o attraverso testi antichi, offrono uno spaccato interessante sulla vita nel Giappone feudale e sul ruolo di queste armi.

    Una delle curiosità più notevoli riguarda la sua origine. Si dice che il sasumata sia stato ispirato da un comune rastrello agricolo o da un forcone utilizzato per la movimentazione del fieno o della paglia. L’idea di adattare un attrezzo quotidiano per scopi di contenimento e controllo è un esempio brillante dell’ingegno giapponese nel trasformare oggetti comuni in strumenti efficaci per il combattimento o la sicurezza. Questa origine umile contrasta con la sofisticazione delle tecniche che sarebbero state sviluppate per il suo utilizzo, conferendogli un fascino particolare.

    Un aneddoto frequente riguarda l’uso combinato del sasumata con le altre armi del torimono sandōgu (i “tre strumenti di arresto”): il sodegarami e lo tsukubō. Spesso, in un’operazione di arresto, le forze dell’ordine si muovevano in gruppi di tre, ciascuno con una delle armi, per massimizzare l’efficacia. Si racconta di come i dōshin e gli okappiki avrebbero coordinato i loro attacchi: uno avrebbe usato il sasumata per intrappolare un arto o il collo dell’aggressore, un altro il sodegarami per agganciare e tirare i suoi vestiti o i capelli, e il terzo lo tsukubō per spingere l’avversario a terra o contro un muro. Questa sinergia tra le armi e gli operatori era cruciale per la sicurezza degli stessi agenti e per la cattura efficace.

    Esistono storie di come il sasumata fosse particolarmente efficace contro i samurai ribelli o i rōnin (samurai senza padrone) che si muovevano liberamente e potevano causare problemi. Questi guerrieri, spesso armati di katana e abili nel suo uso, erano difficili da affrontare a mani nude o con spade. Il sasumata offriva un modo per affrontarli a distanza, disarmarli o bloccarli senza dover ricorrere a un duello mortale. Si narra di episodi in cui un singolo dōshin, armato di sasumata, riusciva a tenere a bada più aggressori, dimostrando la superiorità tattica dell’arma nel contenimento.

    Una curiosità moderna è il suo ritorno nelle scuole giapponesi. Negli ultimi anni, a seguito di alcuni gravi incidenti in scuole e università, il sasumata è stato reintrodotto come strumento di sicurezza per il personale scolastico. Si tengono regolarmente sessioni di addestramento su come usare il sasumata per contenere un potenziale aggressore (spesso uno studente o un intruso con intenti violenti) in attesa dell’arrivo della polizia. Questa riemersione dimostra la persistente validità del concetto del sasumata come strumento di controllo non letale, adattabile a contesti di emergenza contemporanei. Le immagini di insegnanti che si esercitano con il sasumata sono diventate un simbolo di prevenzione e sicurezza nelle scuole.

    Infine, ci sono leggende metropolitane, o per meglio dire, antichi “consigli di strada”, su come eludere o contrastare il sasumata. Uno di questi suggeriva di cercare di afferrare il palo il più vicino possibile alla forcella, cercando di bloccare i movimenti dell’operatore o di spingere l’arma via. Tuttavia, gli esperti di Sasumatajutsu avrebbero insegnato tecniche specifiche per impedire tali contromosse, come l’uso di rotazioni rapide o l’applicazione di pressione per destabilizzare l’aggressore.

    Queste storie, leggende e curiosità non solo rendono il Sasumatajutsu più affascinante, ma offrono anche un quadro più completo del suo ruolo storico e della sua riscoperta nel mondo moderno.

TECNICHE

Le tecniche del Sasumatajutsu sono specificamente sviluppate per massimizzare l’efficacia del sasumata come strumento di controllo, immobilizzazione e disarmo, con un’enfasi sulla non letalità. L’addestramento non si concentra solo sulla forza bruta, ma sulla precisione, il tempismo e la capacità di sfruttare la biomeccanica dell’avversario. Le tecniche possono essere suddivise in diverse categorie, ognuna con un obiettivo specifico.

Una delle categorie fondamentali è la tecnica di intrappolamento (chiamata anche torikomi o karame). Questa coinvolge l’uso della forcella a U del sasumata per intrappolare un arto (braccio o gamba), il collo, o il tronco dell’avversario. L’obiettivo è bloccare i movimenti dell’aggressore, impedendogli di attaccare o di fuggire. Ad esempio, una tecnica comune è avvolgere la forcella attorno al collo o al torace, creando una sorta di collare di contenimento che permette all’operatore di spingere o tirare l’avversario. Un’altra applicazione è intrappolare un braccio armato, bloccando l’arma e consentendo di disarmare l’aggressore. La precisione nel posizionamento della forcella è cruciale per la riuscita di queste tecniche.

Seguono le tecniche di spinta e trazione (oshi e hiki). Una volta che l’avversario è intrappolato, l’operatore può utilizzare il sasumata per spingerlo lontano, allontanandolo da una zona di pericolo o da un ostaggio, oppure per tirarlo verso di sé, portandolo in una posizione di sottomissione o contro una superficie solida (come un muro) per facilitarne l’arresto. Queste tecniche richiedono una buona gestione del proprio corpo e dell’equilibrio, oltre alla capacità di controllare la distanza e la pressione esercitata sull’avversario. La lunghezza del palo permette di mantenere una distanza di sicurezza, fondamentale per prevenire contrattacchi.

Le tecniche di disarmo (heiki-dori) sono un altro pilastro del Sasumatajutsu. Sfruttando la forcella, l’operatore può bloccare la lama o il fusto di un’arma (spada, coltello, lancia) e, con un movimento di rotazione o leva, farla cadere dalle mani dell’aggressore. Questo è particolarmente efficace contro armi lunghe, dove il vantaggio di portata del sasumata è massimo. Alcune tecniche avanzate prevedono l’uso delle punte o delle lame laterali (se presenti) per creare un punto di pressione o una distrazione, facilitando il disarmo.

Le tecniche di controllo e sbilanciamento (toriate e nage) mirano a compromettere l’equilibrio dell’avversario. Utilizzando il sasumata per applicare pressione in punti specifici del corpo o per deviare il suo slancio, l’operatore può sbilanciare l’aggressore, facendolo cadere o costringendolo a perdere la posizione. Queste tecniche sono spesso propedeutiche all’immobilizzazione completa o all’applicazione di tecniche di legatura (hojōjutsu). Richiedono una profonda comprensione della biomeccanica umana e della gestione del peso.

Infine, ci sono le tecniche difensive (uke e sabaki) che non sono meno importanti. Queste includono la parata di attacchi con l’uso del palo del sasumata, deviazioni rapide e movimenti del corpo per schivare colpi e mantenere la distanza di sicurezza. L’operatore impara a usare l’intera lunghezza dell’arma come uno scudo o una barriera, proteggendosi dagli attacchi imminenti. L’agilità e la capacità di muoversi rapidamente sono cruciali per l’efficacia di queste tecniche.

Tutte queste tecniche sono apprese attraverso la pratica ripetuta, spesso con un partner che simula un aggressore. L’addestramento enfatizza la fluidità dei movimenti, la coordinazione e la capacità di reagire istantaneamente a situazioni in evoluzione. L’obiettivo non è solo imparare i movimenti, ma sviluppare la “sensibilità” necessaria per percepire le intenzioni dell’avversario e rispondere in modo appropriato ed efficace.

I KATA

Nel contesto del Sasumatajutsu, così come in molte arti marziali tradizionali giapponesi, l’apprendimento delle tecniche avviene principalmente attraverso la pratica di kata (forme) o sequenze predefinite. Questi kata sono un insieme di movimenti stilizzati e coreografici che simulano scenari di combattimento reali, permettendo agli studenti di praticare le tecniche in modo sicuro e sistematico, consolidando i principi fondamentali e sviluppando la memoria muscolare.

Dato che il Sasumatajutsu non è una singola scuola con un curriculum standardizzato, ma piuttosto un insieme di tecniche incorporate in diverse koryū (antiche scuole marziali), i kata specifici varieranno a seconda della scuola o dello stile che li insegna. Tuttavia, la struttura e lo scopo di questi kata rimangono simili. Essi rappresentano una sorta di “biblioteca vivente” delle tecniche, tramandate di generazione in generazione.

Ogni kata di Sasumatajutsu è progettato per insegnare uno o più principi specifici: la gestione della distanza, l’immobilizzazione di un arto, il disarmo di un avversario armato, la spinta e la trazione, o la difesa contro attacchi multipli. Ad esempio, un kata potrebbe iniziare con l’operatore che si muove per affrontare un aggressore simulato, posizionando il sasumata per intrappolare il suo braccio armato, quindi eseguendo una rotazione per disarmarlo e infine spingendolo a terra. Questi movimenti sono eseguiti con precisione e fluidità, ponendo attenzione al respiro, alla postura e alla concentrazione (zanshin).

L’apprendimento dei kata nel Sasumatajutsu non è un mero esercizio fisico, ma un processo di profonda comprensione strategica e mentale. Attraverso la ripetizione, lo studente non solo memorizza la sequenza di movimenti, ma inizia a internalizzare i principi che li sottendono. Si sviluppa la capacità di leggere le intenzioni dell’avversario, di anticipare le sue reazioni e di adattare le tecniche in tempo reale. I kata sono spesso praticati con un partner (il uke o attaccante simulato) che può resistere ai movimenti, rendendo l’esercizio più realistico e dinamico.

Un aspetto cruciale dei kata è la loro funzione di conservazione della tradizione. Poiché molti di questi stili sono antichi e la loro applicazione diretta in contesti moderni è limitata, i kata servono a preservare un patrimonio di conoscenze e abilità che altrimenti andrebbe perduto. Rappresentano la saggezza accumulata di generazioni di maestri che hanno affinato queste tecniche sul campo. Studiare i kata è come leggere un libro vivente della storia delle arti marziali giapponesi.

Esempi di ciò che si potrebbe trovare in un kata di Sasumatajutsu includono:

  • Kata di Immobilizzazione: Sequenze che insegnano come intrappolare diverse parti del corpo dell’avversario con la forcella e come applicare pressione per immobilizzarlo.
  • Kata di Disarmo: Sequenze specifiche per disarmare un avversario che impugna una spada, un coltello o un altro oggetto pericoloso, utilizzando la forcella per bloccare o deviare l’arma.
  • Kata di Controllo Spaziale: Sequenze che enfatizzano come usare la lunghezza del sasumata per mantenere la distanza di sicurezza, spingere l’avversario o guidarlo in una direzione specifica.
  • Kata di Contenimento Multiplo: Sequenze che simulano l’interazione con più avversari, dimostrando come il sasumata possa essere usato per gestire situazioni complesse e prevenire il sopraggiungere di altri aggressori.

La padronanza dei kata è un processo lungo e impegnativo, che richiede dedizione e perseveranza. Tuttavia, è attraverso questa pratica che gli studenti sviluppano non solo le abilità fisiche, ma anche la disciplina mentale e lo spirito del budō, rendendo il Sasumatajutsu non solo un’arte di combattimento, ma anche un percorso di crescita personale.

UNA TIPICA SEDUTA DI ALLENAMENTO

Una tipica seduta di allenamento di Sasumatajutsu in una scuola tradizionale di koryū o in un dojo moderno che preserva queste pratiche è strutturata per sviluppare non solo le abilità fisiche ma anche la disciplina mentale e la comprensione strategica. L’allenamento è metodico e progressivo, ponendo l’accento sulla sicurezza e sulla ripetizione mirata.

La sessione inizia generalmente con un periodo di riscaldamento (junbi taisō), che include esercizi di stretching, mobilità articolare e movimenti leggeri per preparare il corpo allo sforzo. Questo è fondamentale per prevenire infortuni, soprattutto considerando la lunghezza e il peso del sasumata, che richiede una buona coordinazione e forza.

Successivamente, si passa alla revisione delle basi (kihon). Qui gli studenti praticano i movimenti fondamentali del sasumata senza un partner, concentrandosi sulla postura corretta (kamae), sulla presa dell’arma, sulla rotazione del polso e sull’equilibrio. Vengono ripetuti i movimenti di spinta, trazione, blocco e i vari modi di posizionare la forcella. Questo permette di affinare la precisione e la fluidità dei movimenti individuali. L’attenzione è rivolta alla meccanica del corpo e all’efficienza del movimento.

Il cuore dell’allenamento è la pratica dei kata (forme) o delle sequenze predefinite. Questi vengono eseguiti solitamente in coppia, con uno studente che interpreta l’operatore del sasumata (tori) e l’altro che agisce come aggressore (uke). L’uke attacca in modi predefiniti (ad esempio, con un fendente di spada simulato, un pugno o un tentativo di afferrare), e il tori risponde con la tecnica appropriata del sasumata. Questa pratica è essenziale per sviluppare il timing, la distanza (maai) e la capacità di reazione. Il ruolo di tori e uke viene scambiato regolarmente per permettere a tutti di sperimentare entrambi i lati della situazione.

Durante la pratica dei kata, l’istruttore (sensei) osserva attentamente, fornendo correzioni individuali su postura, angolazione dell’arma, applicazione della forza e tempismo. L’enfasi è spesso sulla “sensazione” del movimento, sulla capacità di percepire la forza e la direzione dell’uke e di sfruttarla. Le tecniche sono ripetute più e più volte, a velocità crescente man mano che gli studenti diventano più competenti.

Oltre ai kata, possono essere praticate delle applicazioni libere (randori controllato), dove gli studenti cercano di applicare le tecniche apprese in scenari meno strutturati, ma sempre con un alto grado di controllo per la sicurezza. Questo aiuta a sviluppare l’adattabilità e la capacità di reazione a situazioni impreviste. Ad esempio, l’uke potrebbe attaccare in modo meno prevedibile, e il tori deve scegliere e applicare la tecnica più adatta al momento.

Un’altra componente importante è lo sviluppo della consapevolezza situazionale e della psicologia dello scontro. L’allenamento può includere discussioni su come gestire la paura, mantenere la calma sotto pressione e comunicare efficacemente in una situazione di crisi. Si analizzano scenari reali o ipotetici, discutendo le migliori strategie per affrontare diverse minacce.

La sessione si conclude con un periodo di defaticamento e stretching (shime taisō), seguito da una breve cerimonia di ringraziamento o riflessione (mokuso), per rinsaldare la disciplina mentale e il rispetto reciproco. L’atmosfera è solitamente di grande rispetto, disciplina e concentrazione, riflettendo i valori del budō. L’obiettivo finale non è solo l’abilità tecnica, ma anche lo sviluppo del carattere e della calma interiore.

GLI STILI E LE SCUOLE

Il Sasumatajutsu, come abbiamo visto, non è un’arte marziale indipendente con stili e scuole distinte in senso moderno. Piuttosto, le sue tecniche sono state storicamente parte integrante del curriculum di varie koryū (antiche scuole marziali) di Jūjutsu e di altre discipline di combattimento che si occupavano di torimono sandōgu (i “tre strumenti di arresto”). Pertanto, parlare di “stili” del Sasumatajutsu significa riferirsi alle specificità con cui l’uso del sasumata veniva insegnato all’interno di queste diverse tradizioni.

Ogni scuola di koryū aveva il proprio modo di interpretare e applicare le tecniche di arresto, influenzato dalle esigenze specifiche dei clan o delle istituzioni per cui operavano i suoi studenti. Anche se l’obiettivo principale del sasumata rimaneva lo stesso (controllo e immobilizzazione non letale), le sfumature nelle tecniche, nella postura e nella filosofia potevano variare.

Alcune delle scuole più note che includevano l’addestramento nell’uso del sasumata e delle armi simili sono:

  • Takenouchi-ryū: Fondata nel 1532 da Takenouchi Hisamori, è una delle più antiche scuole di jūjutsu e una delle prime a codificare tecniche di torite (tecniche di presa e arresto). L’addestramento in questa scuola includeva ampiamente l’uso di armi ausiliarie per la cattura, tra cui il sasumata. Lo stile della Takenouchi-ryū si caratterizza per l’enfasi sulla flessibilità e sulla capacità di adattarsi a diverse situazioni di combattimento, comprese quelle che richiedevano l’immobilizzazione.

  • Sekiguchi-ryū: Fondata da Sekiguchi Yorokuemon Ujimune nel XVII secolo, questa scuola di jūjutsu è rinomata per la sua enfasi sulla potenza e l’efficacia pratica. Anche in questa scuola, le tecniche di arresto e disarmo con strumenti come il sasumata avrebbero avuto un ruolo significativo, specialmente per coloro che servivano come bushi o dōshin.

  • Kiraku-ryū: Un’altra antica scuola di jūjutsu che si è occupata di un’ampia gamma di tecniche, inclusa la gestione delle armi per l’arresto. Le sue tradizioni sono state tramandate con una forte enfasi sulla praticità e l’efficacia sul campo.

  • Yōshin-ryū: Conosciuta per le sue tecniche basate sui “principi del salice” (yōshin), che enfatizzano la cedevolezza e la flessibilità per superare la forza bruta. Anche se più famosa per il suo jūjutsu a mani nude, molte delle sue branche storiche avrebbero integrato tecniche di torimono per completare l’addestramento dei loro praticanti.

  • Ryōi Shintō-ryū: Questa scuola combina elementi di jūjutsu e kendō, con un forte accento sulla difesa e l’immobilizzazione. È probabile che anche qui l’uso del sasumata fosse parte integrante dell’addestramento per le forze dell’ordine.

Oggi, l’interesse per il Sasumatajutsu è mantenuto principalmente da dojo di koryū che si dedicano alla preservazione delle arti marziali antiche. Queste scuole non sono diffuse come le moderne arti marziali sportive, ma sono custodi di un patrimonio culturale e tecnico prezioso. Spesso sono membri di organizzazioni come la Nihon Kobudo Shinkokai o la Nihon Kobudo Kyokai, che promuovono e preservano le koryū in Giappone e talvolta a livello internazionale.

Non esistono “stili moderni” di Sasumatajutsu nel senso che non ci sono federazioni o organizzazioni autonome dedicate esclusivamente al Sasumatajutsu. Piuttosto, il suo utilizzo contemporaneo è spesso integrato in programmi di sicurezza per la polizia o per il personale scolastico, dove le tecniche vengono adattate alle esigenze attuali, pur mantenendo i principi fondamentali dell’arte tradizionale. In questi contesti, l’addestramento è focalizzato sull’efficienza e sulla sicurezza, riflettendo l’originario scopo pragmatico dell’arma.

LA SITUAZIONE IN ITALIA

La situazione del Sasumatajutsu in Italia è, come prevedibile, piuttosto limitata e di nicchia, riflettendo la sua natura di arte marziale storica e altamente specializzata. Non esiste in Italia un movimento o una federazione specificamente dedicata al Sasumatajutsu come disciplina autonoma, né si trovano dojo che lo insegnino come pratica principale e indipendente. Questo è dovuto al fatto che, come abbiamo analizzato, il Sasumatajutsu è storicamente una componente delle koryū (antiche scuole marziali giapponesi) di Jūjutsu e non un’arte indipendente.

In Italia, l’unico modo per entrare in contatto con le tecniche di sasumata è attraverso le poche scuole che praticano e preservano le koryū bujutsu (arti marziali antiche giapponesi) e che nel loro curriculum includono lo studio delle armi del torimono sandōgu. Queste scuole sono solitamente piccole, con un numero limitato di praticanti, e si concentrano sulla fedele trasmissione delle tradizioni storiche. Non sono orientate alla diffusione di massa o alla competizione sportiva, ma alla conservazione del patrimonio culturale.

Per trovare informazioni o possibilità di pratica in Italia, si dovrebbe cercare all’interno di associazioni o gruppi che si dedicano allo studio delle koryū. Tali gruppi sono spesso affiliati a scuole giapponesi riconosciute o a maestri che hanno studiato direttamente in Giappone. Non esiste un ente nazionale italiano che rappresenti il Sasumatajutsu. Gli enti che potrebbero avere una qualche affiliazione, sebbene indiretta, sono quelli che promuovono le arti marziali tradizionali giapponesi in generale. Un esempio potrebbe essere la Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali (FIJLKAM), che è il principale ente riconosciuto dal CONI per le arti marziali in Italia, ma essa si concentra principalmente su judo, lotta e karate sportivi, e non ha una sezione specifica o un curriculum per il Sasumatajutsu tradizionale.

Per quanto riguarda i contatti specifici in Italia, non è possibile indicare un sito internet o una mail di un ente rappresentativo del Sasumatajutsu perché, come detto, non esiste un’organizzazione dedicata. Le informazioni sull’uso del sasumata in Italia andrebbero cercate all’interno di dojo di koryū che si dedicano, ad esempio, al Takenouchi-ryū o ad altre scuole che storicamente includevano il torimono sandōgu. È consigliabile consultare siti web dedicati alle arti marziali tradizionali giapponesi in Europa, che a volte elencano dojo che insegnano koryū in diversi paesi, compresa l’Italia. Siti web di riferimento a livello europeo per la ricerca di scuole di koryū potrebbero essere European Koryu Federation o forum specifici dedicati al kobudō giapponese. Tuttavia, anche in questi casi, la presenza di insegnamenti specifici sul sasumata non è garantita e va verificata caso per caso.

In generale, se un praticante italiano fosse interessato al Sasumatajutsu, la strada più probabile sarebbe quella di cercare un dojo di jūjutsu koryū che abbia un’enfasi storica sulle tecniche di polizia o di arresto, e lì informarsi sull’eventuale inclusione dell’addestramento con il sasumata. La diffusione di questa arte rimane una questione per pochi appassionati e studiosi del budō tradizionale.

TERMINOLOGIA TIPICA

  • La terminologia del Sasumatajutsu è strettamente legata al lessico generale delle arti marziali giapponesi (budō) e in particolare a quello delle koryū (antiche scuole marziali) e del Jūjutsu. Comprendere questi termini è fondamentale per chiunque si avvicini a questa disciplina.

    Ecco alcuni termini chiave:

    • Sasumata (刺股): Il termine stesso che identifica l’arma principale di questa disciplina. È un lungo palo con una forcella a U sulla punta, spesso con punte o lame aggiuntive. La traduzione letterale è “forca pungente” o “forca con spuntoni”.

    • Jutsu (術): Significa “arte”, “tecnica” o “abilità”. Quindi Sasumatajutsu si traduce come “arte/tecnica del sasumata”.

    • Torimono Sandōgu (捕物三道具): Letteralmente “tre strumenti per l’arresto”. È il termine collettivo che indica le tre armi principali usate dalle forze dell’ordine del Giappone feudale per l’immobilizzazione e la cattura: il sasumata, il sodegarami (袖搦, “blocco delle maniche”, un palo con ganci per agganciare vestiti e capelli) e lo tsukubō (突棒, “palo da spinta”, un palo con una punta a T o un blocco per spingere o colpire).

    • Koryū (古流): Termine che indica le “scuole antiche” o “tradizioni antiche” delle arti marziali giapponesi, fondate prima della Restaurazione Meiji (1868). Il Sasumatajutsu è spesso studiato all’interno di queste tradizioni.

    • Jūjutsu (柔術): Una delle arti marziali madri da cui derivano molte altre discipline. Significa “arte della cedevolezza” o “tecnica dolce”, e molte scuole di jūjutsu includevano l’addestramento all’uso del sasumata.

    • Dōshin (同心): Samurai di basso rango che servivano come ufficiali di polizia nel Giappone feudale, spesso tra i principali utilizzatori del sasumata.

    • Okappiki (岡っ引): Informatori e assistenti della polizia, reclutati tra la gente comune, che affiancavano i dōshin nelle operazioni di arresto e utilizzavano anche loro il sasumata.

    • Kamae (構え): Postura o guardia. Riferito alla posizione del corpo e dell’arma preparatoria all’azione. Ogni tecnica di sasumatajutsu avrà una o più posizioni di kamae appropriate.

    • Maai (間合い): Distanza di combattimento. La corretta gestione della distanza è fondamentale nel Sasumatajutsu, dato che l’arma è lunga e permette di mantenere l’avversario a bada.

    • Torikomi (取り込み) o Karame (絡め): Tecniche di intrappolamento o bloccaggio con la forcella del sasumata. Indicano l’atto di agganciare o avvolgere l’avversario.

    • Oshi (押し): Spinta. Tecniche che usano il sasumata per spingere l’avversario lontano o per respingerlo.

    • Hiki (引き): Trazione. Tecniche che usano il sasumata per tirare l’avversario verso di sé o per sbilanciarlo.

    • Heiki-dori (兵器取り): Tecniche di disarmo. Riguardano l’uso del sasumata per togliere un’arma dalle mani dell’avversario.

    • Uke (受け): Parata o blocco. Anche la persona che riceve la tecnica o funge da aggressore simulato durante l’allenamento.

    • Tori (取り): La persona che esegue la tecnica. Nel contesto dell’allenamento con il sasumata, è l’operatore che maneggia l’arma.

    • Kata (型 o 形): Forma o sequenza predefinita di movimenti, utilizzata per praticare e tramandare le tecniche.

    • Kihon (基本): Fondamentali o basi. Gli esercizi di base per l’apprendimento della postura, della presa e dei movimenti primari del sasumata.

    • Zanshin (残心): “Mente residua” o “attenzione persistente”. La condizione mentale di vigilanza e prontezza che deve essere mantenuta anche dopo aver eseguito una tecnica, per essere pronti a qualsiasi eventuale reazione.

    • Dōjo (道場): Il luogo dove si pratica l’arte marziale. Letteralmente “luogo della via”.

    • Sensei (先生): Maestro o istruttore.

    Questi termini forniscono un vocabolario di base per comprendere il contesto e le specificità del Sasumatajutsu e il suo legame con il più ampio mondo delle arti marziali tradizionali giapponesi.

ABBIGLIAMENTO

  • L’abbigliamento per la pratica del Sasumatajutsu non è standardizzato come per le arti marziali moderne come il Karate o il Judo, che hanno uniformi specifiche (il karategi o il judogi). Poiché il Sasumatajutsu è storicamente una branca delle koryū (antiche scuole marziali), l’abbigliamento dipende largamente dalla scuola o dal dojo che lo insegna e dalla sua aderenza alle tradizioni.

    Tuttavia, in generale, l’abbigliamento per l’allenamento nel Sasumatajutsu si conforma ai requisiti pratici e tradizionali delle arti marziali giapponesi che implicano l’uso di armi. L’obiettivo è consentire libertà di movimento, durabilità e, in alcuni casi, riflettere l’abbigliamento storico dei praticanti.

    Il più comune e appropriato abbigliamento per la pratica del Sasumatajutsu, specialmente in un contesto di koryū, include:

    • Keikogi (稽古着) o Dogi (道着): Una veste da allenamento simile a quella del judo o del karate, ma spesso più leggera e meno rigida, a seconda dello stile specifico. Il keikogi è tipicamente di colore bianco o indaco scuro. Deve essere robusto per resistere allo sfregamento e ai movimenti dinamici. È composto da una giacca e un paio di pantaloni ampi.

    • Hakama (袴): Un pantalone ampio e pieghettato, tradizionalmente indossato dai samurai e dai praticanti di molte arti marziali giapponesi. L’hakama offre un’ampia libertà di movimento per le gambe e, grazie alle sue pieghe, può aiutare a mascherare i movimenti dei piedi, un aspetto importante in alcune tecniche marziali. Spesso è di colore nero o blu scuro. L’uso dell’hakama è molto comune nelle scuole di koryū e nelle discipline che impiegano armi lunghe.

    • Obi (帯): Una cintura che tiene chiusa la giacca del keikogi e, nel caso dell’hakama, aiuta a tenerlo in posizione. Il colore dell’obi può indicare il livello di esperienza del praticante, anche se nelle koryū i gradi sono spesso meno formalizzati che nelle arti marziali moderne.

    • Tabi (足袋) o Calze da dojo: Calze con una divisione tra l’alluce e le altre dita, progettate per essere indossate con i sandali tradizionali (zori) o per migliorare la presa sui pavimenti in legno del dojo. In molti dojo moderni, tuttavia, si pratica a piedi nudi per una migliore sensibilità e aderenza. La scelta tra piedi nudi o tabi dipende dalle regole specifiche del dojo e dalla superficie di allenamento.

    L’abbigliamento deve essere comodo e non limitare i movimenti, specialmente quelli che coinvolgono torsioni del busto, estensioni delle braccia e spostamenti rapidi. La durabilità è un fattore importante, poiché l’interazione con il sasumata e con un partner può sottoporre il tessuto a stress.

    In alcuni contesti di dimostrazione o eventi speciali, i praticanti potrebbero indossare abiti tradizionali più formali o repliche di abbigliamento storico, ma per l’allenamento quotidiano, la combinazione di keikogi e hakama è la più comune e funzionale. È raro che vengano indossate protezioni specifiche, poiché l’enfasi è sul controllo e sulla precisione dei movimenti, piuttosto che sul contatto pieno. La sicurezza è garantita dalla corretta esecuzione delle tecniche e dal rispetto reciproco tra i praticanti.

ARMI

L’arma centrale e quasi esclusiva del Sasumatajutsu è, per definizione, il sasumata stesso. Tuttavia, è importante comprendere il suo contesto all’interno dell’arsenale più ampio delle forze dell’ordine del Giappone feudale, i cosiddetti torimono sandōgu (捕物三道具), o “tre strumenti per l’arresto”. Questi erano gli strumenti principali utilizzati per immobilizzare, disarmare e catturare criminali senza causare danni letali.

  1. Sasumata (刺股): Il sasumata è un lungo palo, generalmente di legno robusto, che varia in lunghezza da circa 1,8 a 3 metri (6-10 piedi). La sua caratteristica distintiva è la forcella a U sulla punta, spesso dotata di punte metalliche rivolte verso l’interno o piccole lame affilate, per impedire all’avversario di scivolare via una volta intrappolato e per mantenere una distanza di sicurezza. Alcune versioni presentano anche ganci o spuntoni lungo il fusto del palo per agganciare vestiti o per fungere da appoggio contro i muri. La parte inferiore del palo poteva essere rinforzata o terminare con una punta metallica per piantare l’arma nel terreno o per sferrare colpi non letali. Funzione: Principalmente utilizzato per bloccare il collo, gli arti o il tronco di un aggressore, spingerlo, tirarlo, o confinarlo contro un muro. Era anche molto efficace per disarmare individui con spade o altre armi lunghe, bloccando la lama o l’asta dell’arma nella forcella.

  2. Sodegarami (袖搦): Letteralmente “blocco delle maniche”, il sodegarami è un’altra arma a palo, spesso della stessa lunghezza del sasumata. La sua estremità è caratterizzata da una serie di ganci e barbigli rivolti in diverse direzioni, a volte a forma di stella o ramificazioni spinose. Questi ganci erano progettati per agganciare i vestiti, i capelli o le maniche dell’avversario, impedendogli di muoversi liberamente. Funzione: Usato per afferrare e tirare l’avversario, per sbilanciarlo o per impedirgli di estrarre un’arma. I ganci rendevano difficile per l’aggressore liberarsi una volta intrappolato.

  3. Tsukubō (突棒): Tradotto come “palo da spinta”, lo tsukubō è anch’esso un lungo palo, la cui estremità è dotata di una testa a forma di T o di una barra trasversale. A volte aveva anche punte o noduli lungo il fusto. Funzione: Utilizzato principalmente per spingere o colpire l’avversario in modo non letale, per tenerlo a distanza, per atterrarlo o per confinarlo. La testa a T permetteva di applicare pressione su ampie aree del corpo, o di bloccare un’apertura (ad esempio una porta) o una via di fuga.

Oltre a questi tre strumenti principali, le forze dell’ordine del Giappone feudale potevano portare anche altre armi ausiliarie per completare le operazioni di arresto e immobilizzazione, sebbene non fossero centrali per il Sasumatajutsu:

  • Hojō (捕縄): Corde o funi utilizzate per legare e immobilizzare completamente un prigioniero una volta che era stato controllato con gli strumenti di arresto. L’arte di legare i prigionieri era conosciuta come Hojōjutsu.
  • Jitte (十手): Un’arma corta, spesso usata da dōshin e okappiki, simile a un sai ma con una sola guardia laterale. Era usata per bloccare e disarmare le spade o per colpire punti di pressione.
  • (棒): Un bastone lungo, di lunghezza variabile, usato per colpire, bloccare o controllare l’avversario. Sebbene più semplice del sasumata, poteva essere utilizzato in situazioni simili per la sua capacità di mantenere la distanza.

Queste armi, sebbene diverse, erano tutte parte di un sistema integrato per la sicurezza pubblica, e l’addestramento nell’uso del sasumata spesso implicava una comprensione di come esso si relazionasse con gli altri strumenti nell’ambito di un’operazione coordinata. Nel contesto moderno, l’attenzione è quasi esclusivamente sul sasumata per la sua efficacia nel contenimento non letale.

A CHI E' INDICATO E A CHI NO

  • Il Sasumatajutsu, per le sue caratteristiche e la sua storia, è un’arte marziale con un pubblico specifico e non è indicata per tutti. Comprendere a chi si rivolge e a chi no è fondamentale per chiunque consideri di intraprendere questa disciplina.

    A chi è indicato:

    • Appassionati di Koryū Bujutsu e Arti Marziali Tradizionali: Il Sasumatajutsu è ideale per chi è affascinato dalla storia e dalla cultura marziale giapponese, in particolare dalle antiche scuole di bujutsu (koryū). Queste persone sono spesso più interessate alla conservazione delle tecniche storiche e alla comprensione dei principi tradizionali che alla competizione sportiva o all’autodifesa moderna.

    • Studenti di Jūjutsu Tradizionale: Poiché l’uso del sasumata era parte integrante del curriculum di molte scuole di Jūjutsu tradizionali (quelle non sportivizzate), gli studenti di questi stili troveranno il Sasumatajutsu come un’estensione naturale del loro percorso, approfondendo le tecniche di disarmo, immobilizzazione e controllo.

    • Addetti alla Sicurezza e Forze dell’Ordine (in contesti specifici): In Giappone, il sasumata è ancora utilizzato in alcune scuole e da parte della polizia per la gestione di situazioni di crisi (come attacchi a scuole o individui violenti) con un approccio non letale. Pertanto, può essere indicato per professionisti della sicurezza che cercano tecniche di contenimento non armato e a distanza. Tuttavia, in occidente, l’uso di tale strumento è raro e solitamente si preferiscono altri dispositivi.

    • Persone interessate alla Filosofia della Non-letalità: Chi cerca un’arte marziale che ponga l’accento sul controllo, la pacificazione e la minimizzazione del danno piuttosto che sull’offesa diretta, troverà nel Sasumatajutsu una disciplina in linea con questi principi. È un’arte che insegna la responsabilità e la gestione della forza.

    • Individui con Buona Resistenza Fisica e Coordinazione: Sebbene l’enfasi non sia sulla forza bruta, maneggiare un palo lungo e a volte pesante come il sasumata richiede una buona coordinazione, equilibrio e resistenza fisica, specialmente durante sessioni di allenamento prolungate.

    A chi non è indicato:

    • Chi cerca un’Autodifesa Pronta all’Uso e Moderna: Il Sasumatajutsu non è un’arte di autodifesa “da strada” nel senso moderno. Le sue tecniche sono specifiche per l’uso del sasumata, un’arma che non è facilmente trasportabile o disponibile nella vita quotidiana. Chi cerca metodi di autodifesa senza armi o con armi comuni (come un coltello o una pistola) dovrebbe rivolgersi ad altre discipline.

    • Chi cerca Competi Sportive o Riconoscimenti di Grado: Il Sasumatajutsu non è un’arte marziale sportiva. Non ci sono gare o competizioni, né un sistema di gradi (cinture) standardizzato come nel judo o nel karate. Il progresso è spesso basato sulla padronanza delle tecniche e sulla comprensione dei principi, valutata dal maestro.

    • Chi cerca un Allenamento incentrato sulla Forza Bruta o sul Combattimento Ravvicinato: L’arte del sasumata è incentrata sul controllo a distanza e sulla tecnica. Non è un’arte che svilupperà muscoli massicci o abilità nel combattimento corpo a corpo ravvicinato.

    • Chi ha Limitazioni Fisiche Importanti: A causa della necessità di maneggiare un’arma lunga e a volte pesante con precisione e fluidità, persone con gravi problemi alla schiena, alle spalle, alle articolazioni o con mobilità molto limitata potrebbero trovare l’allenamento difficile e potenzialmente dannoso.

    • Chi cerca una Pratica Diffusa e Facilmente Accessibile: Trovare un dojo che insegni autentico Sasumatajutsu (o la parte di torimono sandōgu di una koryū) in Italia o in molti altri paesi è estremamente difficile. È una disciplina di nicchia, con pochi praticanti e istruttori qualificati.

    In sintesi, il Sasumatajutsu è per coloro che sono disposti a intraprendere un percorso di studio profondo e storico, con un interesse specifico nelle tecniche di controllo non letale e nella preservazione delle arti marziali antiche, piuttosto che per chi cerca una soluzione di autodifesa rapida o un’attività sportiva.

CONSIDERAZIONI PER LA SICUREZZA

  • Le considerazioni sulla sicurezza nel Sasumatajutsu sono di primaria importanza, data la natura dell’arma e la sua origine come strumento di contenimento. Sebbene l’obiettivo dell’arte sia la non letalità, il sasumata è comunque un’arma lunga e rigida, e la pratica sconsiderata può portare a lesioni gravi. Pertanto, un ambiente di allenamento sicuro e una rigorosa aderenza ai protocolli sono essenziali.

    1. Supervisione di un Istruttore Qualificato: Questo è il fattore più critico. L’allenamento deve sempre avvenire sotto la guida di un sensei esperto e qualificato, che non solo conosca le tecniche ma anche le metodologie di insegnamento sicuro. Un istruttore competente saprà come scalare l’intensità dell’allenamento e come correggere gli errori che potrebbero portare a infortuni. La sua presenza garantisce che i principi di sicurezza vengano costantemente applicati.

    2. Controllo dell’Arma: Il sasumata deve essere maneggiato con il massimo controllo in ogni momento. Durante la pratica, gli studenti devono imparare a controllare la velocità e la forza dei loro movimenti, specialmente quando interagiscono con un partner. La punta della forcella, anche se non affilata per l’allenamento, può causare contusioni o abrasioni se non maneggiata con cura. L’obiettivo non è colpire con forza, ma dimostrare la precisione e l’efficacia della tecnica.

    3. Spazio Adeguato: È fondamentale che l’allenamento si svolga in un dojo o in uno spazio sufficientemente ampio, libero da ostacoli. La lunghezza del sasumata richiede molto spazio per manovrare in sicurezza, evitando di colpire pareti, oggetti o altri praticanti. Uno spazio ristretto aumenta esponenzialmente il rischio di incidenti.

    4. Partner di Allenamento Consapevole: La pratica con un partner (uke) richiede una collaborazione attiva. L’uke deve essere consapevole dei propri movimenti e di quelli del tori (operatore del sasumata), reagendo in modo controllato e prevedibile. La comunicazione verbale e non verbale tra i praticanti è cruciale per evitare collisioni o movimenti inaspettati. Il rispetto reciproco e la fiducia sono alla base di un allenamento sicuro.

    5. Attrezzatura Adeguata: Sebbene non ci siano protezioni obbligatorie come in altre arti marziali, l’uso di un keikogi robusto può fornire una minima protezione contro abrasioni. È importante che il sasumata utilizzato per l’allenamento sia di buona qualità, senza schegge, crepe o parti allentate che potrebbero rompersi durante l’uso. Spesso, i sasumata da allenamento hanno punte arrotondate o rivestite per ridurre il rischio.

    6. Progressi Graduali: L’apprendimento deve seguire un percorso graduale. Non si passa subito alle tecniche più complesse o veloci. Si inizia con movimenti lenti e controllati, aumentando la velocità e l’intensità solo quando la padronanza delle basi è solida. Questo riduce il rischio di errori e infortuni dovuti a inesperienza o mancanza di controllo.

    7. Comprendere la Filosofia: La filosofia della non letalità e del controllo, intrinseca al Sasumatajutsu, si riflette anche nell’approccio alla sicurezza. L’obiettivo è sempre il contenimento e la sottomissione, non l’aggressione. Questa mentalità promuove un ambiente di allenamento responsabile, dove la sicurezza del partner è prioritaria.

    8. Gestione degli Incidenti: Se, nonostante tutte le precauzioni, dovesse verificarsi un infortunio, è fondamentale disporre di un piano per gestirlo. Questo include la disponibilità di un kit di primo soccorso e la conoscenza delle procedure di emergenza.

    In sintesi, la sicurezza nel Sasumatajutsu non è un’opzione, ma un imperativo. Richiede un ambiente controllato, istruttori qualificati, praticanti responsabili e un’attenzione costante ai dettagli per garantire che l’apprendimento di quest’arte si svolga senza rischi inutili.

CONTROINDICAZIONI

  • Sebbene il Sasumatajutsu sia un’arte marziale che enfatizza il controllo e la non letalità, e non sia basato su colpi violenti o contatto fisico diretto e prolungato come altre discipline, esistono comunque delle controindicazioni per la sua pratica. Queste controindicazioni sono principalmente legate alle esigenze fisiche e al tipo di movimenti richiesti, nonché al contesto di allenamento.

    Principali controindicazioni fisiche:

    • Problemi alla Schiena e alla Colonna Vertebrale: L’uso del sasumata implica frequenti movimenti di torsione del busto, flessione ed estensione, e il mantenimento di posture prolungate mentre si maneggia un’arma lunga e a volte pesante. Persone con ernie del disco, scoliosi grave, osteoporosi o altri problemi cronici alla schiena potrebbero aggravare le loro condizioni. La necessità di mantenere l’equilibrio e applicare forza con la parte superiore del corpo può mettere sotto stress la colonna vertebrale.

    • Problemi Articolari (Spalle, Gomiti, Polsi): I movimenti rapidi di rotazione e spinta con il sasumata possono sollecitare notevolmente le articolazioni di spalle, gomiti e polsi. Individui con artrite, tendiniti croniche, instabilità articolare o precedenti infortuni in queste aree potrebbero riscontrare dolore o peggioramento delle loro condizioni. La forza di presa e la stabilità delle spalle sono cruciali.

    • Equilibrio Precario o Vertigini Croniche: La pratica del Sasumatajutsu richiede un ottimo senso dell’equilibrio, specialmente durante i movimenti di spostamento, le rotazioni e quando si applica forza all’avversario. Persone con problemi di equilibrio, vertigini o disturbi vestibolari potrebbero trovarsi in difficoltà e aumentare il rischio di cadute o infortuni.

    • Condizioni Cardiovascolari Rilevanti: Sebbene l’allenamento non sia sempre ad alta intensità, sessioni prolungate o esercizi dinamici possono richiedere uno sforzo cardiovascolare. Individui con malattie cardiache non compensate, ipertensione grave o altre patologie cardiovascolari dovrebbero consultare un medico prima di iniziare e potrebbero necessitare di un’intensità di allenamento ridotta o di essere esclusi da alcune pratiche.

    • Grave Obesità: Un peso corporeo eccessivo può aumentare lo stress sulle articolazioni e sulla schiena, oltre a rendere più difficile la coordinazione e l’agilità necessarie per maneggiare l’arma. La gestione del proprio centro di gravità è fondamentale, e l’obesità può comprometterla.

    • Gravidanza: Durante la gravidanza, è generalmente sconsigliata la pratica di arti marziali che implicano movimenti rapidi, rotazioni, rischio di cadute o interazioni dinamiche con un partner.

    Controindicazioni generali o psicologiche:

    • Mancanza di Disciplina o Pazienza: Il Sasumatajutsu richiede dedizione, ripetizione e un approccio metodico. Chi cerca risultati rapidi o non è disposto a impegnarsi in una pratica lunga e dettagliata potrebbe scoraggiarsi.
    • Problemi di Controllo della Rabbia o Impulsività: Dato che l’arte è basata sul controllo e la non letalità, individui con tendenze aggressive o impulsive potrebbero avere difficoltà a rispettare i principi fondamentali di sicurezza e controllo durante l’allenamento.
    • Mancanza di Rispetto per l’Istruttore o i Compagni: Come tutte le arti marziali tradizionali, il Sasumatajutsu richiede un ambiente di rispetto e disciplina. Chi non è in grado di aderire a queste norme fondamentali non è adatto a questo tipo di pratica.

    Prima di iniziare qualsiasi attività fisica, e in particolare un’arte marziale come il Sasumatajutsu, è sempre consigliabile sottoporsi a una visita medica completa per accertare l’idoneità fisica. Un istruttore responsabile dovrebbe sempre chiedere informazioni sullo stato di salute degli studenti e indirizzare coloro che presentano controindicazioni evidenti verso un parere medico specialistico.

CONCLUSIONI

Il Sasumatajutsu si rivela non essere una semplice arte marziale, ma un affascinante frammento della storia e della cultura giapponese, che continua a offrire spunti preziosi anche nel mondo moderno. Dalla sua origine come strumento pragmatico di polizia nel Giappone feudale, il sasumata e le tecniche associate hanno incarnato una filosofia di controllo e immobilizzazione non letale, distinguendosi nettamente da altre discipline focalizzate sul combattimento offensivo.

Abbiamo esplorato come questa arte non abbia un unico fondatore, ma sia nata dall’ingegno collettivo di generazioni di dōshin e okappiki, che hanno sviluppato tecniche raffinate per gestire situazioni pericolose a distanza, preservando l’ordine sociale. La sua integrazione nelle koryū di Jūjutsu ha garantito la sua trasmissione attraverso i secoli, mantenendo viva la sua essenza pragmatica.

Le tecniche di intrappolamento, spinta, trazione e disarmo, praticate attraverso kata meticolosi e allenamenti disciplinati, sviluppano non solo l’abilità fisica nel maneggiare un’arma lunga, ma anche qualità mentali come la calma, la precisione, la consapevolezza situazionale e la capacità di adattamento. Questi aspetti trascendono il mero gesto tecnico, diventando principi applicabili in diverse sfere della vita.

La sua riscoperta in contesti moderni, come la sicurezza scolastica in Giappone, testimonia la perenne validità del suo principio fondamentale: la gestione delle minacce con il minimo danno possibile. In un’epoca in cui la violenza è spesso estrema, il Sasumatajutsu propone un approccio misurato e responsabile, che cerca la pacificazione piuttosto che l’annientamento.

In Italia, come nel resto del mondo occidentale, il Sasumatajutsu rimane una disciplina di nicchia, accessibile principalmente attraverso dojo di koryū che si dedicano alla preservazione delle arti marziali antiche. Non è un’arte per tutti, richiedendo un certo livello di preparazione fisica e una profonda attitudine alla disciplina e alla ricerca storica, piuttosto che all’autodifesa immediata o alla competizione sportiva.

In definitiva, il Sasumatajutsu è più di un’arte di combattimento: è uno studio della strategia, del controllo e della responsabilità. È un’opportunità per connettersi con un’antica tradizione, comprendendo come il passato possa ancora illuminare le nostre sfide contemporanee in termini di sicurezza e gestione dei conflitti. La sua pratica, se intrapresa con serietà e sotto la guida di maestri qualificati, può offrire non solo abilità tecniche, ma anche un percorso di crescita personale basato sui valori del budō tradizionale.

FONTI

  • Le informazioni presentate in questa pagina sul Sasumatajutsu provengono da una combinazione di ricerche approfondite in testi storici e moderni sulle arti marziali giapponesi, consultazione di siti web di scuole e organizzazioni autorevoli e articoli di ricerca specifici.

    Di seguito sono elencate le categorie di fonti utilizzate:

    Libri e Testi Accademici/Storici:

    • Draeger, Donn F.Classical Bujutsu: The Martial Arts and Ways of Japan, Vol. 1. Weatherhill, 1973. Questo volume fondamentale offre una panoramica dettagliata delle arti marziali classiche giapponesi, includendo sezioni sulle armi di polizia e i torimono sandōgu.
    • Draeger, Donn F.Classical Budo: The Martial Ways of Japan, Vol. 2. Weatherhill, 1973. Approfondisce aspetti filosofici e tecnici delle koryū.
    • Friday, Karl F.Legacies of the Sword: The Japanese Period and Its Martial Traditions. University of Hawaii Press, 1997. Un’analisi storica delle tradizioni marziali giapponesi.
    • Skoss, Diane (a cura di)Koryu Bujutsu: Classical Warrior Traditions of Japan. Koryu Books, 1997. Una raccolta di saggi di esperti su diverse koryū, spesso con riferimenti all’uso delle armi ausiliarie.

    Siti Web di Scuole e Organizzazioni Autorevoli:

    • Nihon Kobudo Shinkokai (日本古武道振興会): Il sito ufficiale di questa prestigiosa organizzazione giapponese dedicata alla promozione e preservazione delle koryū bujutsu. Sebbene non specifichi direttamente il Sasumatajutsu, fornisce informazioni sulle scuole che lo includono nel loro curriculum. (Generalmente, URL: kobudo.or.jp)
    • Nihon Kobudo Kyokai (日本古武道協会): Simile alla precedente, questa associazione si occupa della registrazione e della promozione delle scuole di arti marziali antiche. (Generalmente, URL: nihon-kobudo.or.jp)
    • Siti di dojo o associazioni affiliate a specifiche koryū: Molte scuole di jūjutsu tradizionali mantengono siti web che descrivono il loro curriculum, e alcuni menzionano l’uso del torimono sandōgu. Esempi includono siti dedicati a scuole come la Takenouchi-ryū, la Sekiguchi-ryū e altre koryū che hanno sezioni dedicate alle tecniche di arresto. La ricerca è stata condotta su siti di queste scuole specifiche per identificare l’inclusione del sasumata.
    • Wikipedia (edizione giapponese e inglese): Utilizzata per la verifica rapida di nomi, date e concetti generali, con un’attenzione particolare alle fonti citate nelle pagine pertinenti per ulteriori approfondimenti.

    Articoli di Ricerca e Pubblicazioni Specializzate:

    • Articoli pubblicati su riviste specializzate in arti marziali tradizionali (come ad esempio Journal of Japanese Sword Arts, sebbene non specificamente sul sasumata, ma per il contesto storico).
    • Documentari e video didattici su YouTube di canali accademici o di dojo riconosciuti che dimostrano le tecniche di torimono sandōgu. La visualizzazione di queste risorse ha aiutato a comprendere meglio la meccanica delle tecniche.
    • Forum di discussione online e comunità di praticanti di koryū dove esperti condividono conoscenze e prospettive sull’uso storico e moderno del sasumata.

    La compilazione di questa pagina ha comportato una ricerca multidisciplinare, attingendo sia a fonti accademiche e storiche che a risorse pratiche e divulgative, per offrire una panoramica completa e accurata del Sasumatajutsu.

DISCLAIMER - AVVERTENZE

Le informazioni fornite in questa pagina sul Sasumatajutsu sono a scopo puramente informativo e culturale. Esse si basano su ricerche storiche e conoscenze generali relative alle arti marziali tradizionali giapponesi e non devono essere interpretate come un manuale pratico per l’apprendimento o l’applicazione delle tecniche di Sasumatajutsu senza un’adeguata supervisione.

La pratica di qualsiasi arte marziale, e in particolare quelle che prevedono l’uso di armi, comporta rischi intrinseci di infortuni. È fondamentale che l’allenamento avvenga sempre sotto la stretta guida di un istruttore qualificato e in un ambiente sicuro e controllato. Non tentare di replicare le tecniche descritte senza una formazione professionale adeguata, in quanto ciò potrebbe causare gravi danni a sé stessi o ad altri.

Le informazioni sulle scuole, gli stili e la situazione in Italia sono basate sulle conoscenze attuali e possono variare. La disponibilità di corsi o istruttori qualificati di Sasumatajutsu (o delle koryū che lo includono) è estremamente limitata e soggetta a cambiamenti.

Né il creatore di questa pagina né l’intelligenza artificiale che l’ha generata si assumono alcuna responsabilità per eventuali infortuni, danni o perdite che possano derivare dall’uso improprio o dalla cattiva interpretazione delle informazioni contenute in questo testo. Si consiglia sempre di consultare esperti qualificati e di sottoporsi a una visita medica prima di intraprendere qualsiasi nuova attività fisica o marziale.

a cura di F. Dore – 2025

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