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COSA E'
Il Kyudo, letteralmente “Via dell’Arco”, è l’arte marziale giapponese del tiro con l’arco. Non si tratta semplicemente di un’abilità tecnica finalizzata a colpire un bersaglio, ma di una disciplina profonda che integra la filosofia zen, la meditazione e la ricerca della perfezione interiore. È una pratica che mira allo sviluppo spirituale e mentale tanto quanto a quello fisico. La mira e il colpire il bersaglio sono solo una conseguenza di un processo interiore armonico e disciplinato, non il fine ultimo.
Questa disciplina affonda le sue radici nelle antiche tradizioni guerriere dei samurai, che utilizzavano l’arco sia in battaglia che per rituali e cerimonie. Con il passare dei secoli, e in particolare dopo l’era dei samurai, il Kyudo ha perso la sua connotazione puramente militare per evolversi in una “Via” spirituale, un percorso di autoconoscenza e crescita personale. La pratica del Kyudo è caratterizzata da movimenti lenti, fluidi e precisi, eseguiti con una grazia quasi coreografica. Ogni movimento, dalla presa dell’arco alla tensione della corda e al rilascio della freccia, è eseguito con estrema attenzione e concentrazione.
Il Kyudo è spesso definito come “zen in movimento”, proprio per l’enfasi posta sulla consapevolezza del momento presente, sulla respirazione e sull’armonia tra mente, corpo e spirito. L’arciere non cerca di “colpire” il bersaglio con la forza o la volontà, ma di diventare un tutt’uno con l’arco e la freccia, permettendo al tiro di manifestarsi naturalmente. L’obiettivo non è tanto il centro del bersaglio fisico, quanto il raggiungimento di uno stato di “mente senza mente” (mushin), dove l’ego si dissolve e l’azione diventa spontanea e priva di sforzo.
La bellezza del Kyudo risiede anche nella sua apparente semplicità, che cela però una complessità e una profondità inesauribili. Molti anni di pratica sono necessari per padroneggiare le tecniche fondamentali, ma il viaggio di apprendimento non ha mai fine. Ogni tiro è un’opportunità per imparare qualcosa di nuovo su se stessi, per superare i propri limiti e per affinare la propria consapevolezza. La pratica regolare porta a una maggiore calma, a una migliore postura, a una respirazione più profonda e a una mente più chiara e focalizzata.
Il Kyudo è accessibile a persone di tutte le età e condizioni fisiche, poiché non richiede una forza muscolare eccezionale, ma piuttosto pazienza, disciplina e dedizione. È un’arte che può essere praticata individualmente o in gruppo, e che offre benefici che vanno ben oltre il dojo, influenzando positivamente la vita quotidiana dell’arciere. La ripetizione dei movimenti e la concentrazione sul respiro aiutano a coltivare la pazienza e la perseveranza, qualità preziose in ogni aspetto della vita.
In sintesi, il Kyudo è molto più di un’arte marziale; è una via di realizzazione personale, un’opportunità per esplorare i confini della propria mente e del proprio spirito attraverso la pratica del tiro con l’arco, un’esperienza che unisce tradizione, filosofia e un profondo senso di armonia. La ricerca della perfezione del tiro diventa così un percorso di perfezionamento interiore, un cammino senza fine verso la completezza.
CARATTERISTICHE, FILOSOFIA E ASPETTI CHIAVE
Il Kyudo si distingue nettamente da altre forme di tiro con l’arco per la sua enfasi sull’aspetto spirituale e filosofico. Non è uno sport competitivo nel senso occidentale del termine, sebbene esistano competizioni. L’obiettivo primario non è superare gli altri, ma superare se stessi, raggiungendo uno stato di armonia interiore e concentrazione assoluta. La filosofia che permea il Kyudo è fortemente influenzata dal Buddhismo Zen e dal Confucianesimo, ponendo l’accento su concetti come la disciplina, la consapevolezza, l’etica e la moralità.
Una delle caratteristiche fondamentali è la ricerca del Seisha Seichu (vero tiro, vero centro), che non si riferisce solo all’accuratezza fisica del tiro, ma anche alla correttezza del movimento, alla postura e allo stato mentale dell’arciere. Un tiro “vero” è quello che scaturisce da un corpo e una mente allineati, in uno stato di calma e fluidità. Il centro del bersaglio viene colpito non attraverso la forza bruta o l’intenzione aggressiva, ma attraverso la spontaneità e l’armonia. Questo concetto implica che il processo è più importante del risultato finale.
L’aspetto meditativo è centrale. Ogni fase del tiro, dall’approccio al bersaglio fino al rilascio della freccia, è eseguita con una lentezza e una precisione che favoriscono la meditazione in movimento. L’attenzione è rivolta al respiro, alla postura e alla sensazione del corpo, aiutando l’arciere a sviluppare una profonda consapevolezza di sé e del proprio ambiente. Questo processo di “centratura” aiuta a calmare la mente e a liberarla dalle distrazioni, raggiungendo uno stato di concentrazione totale.
Un altro aspetto chiave è l’importanza dell’etichetta (Rei). Il Kyudo è intriso di cerimoniali e protocolli che riflettono il rispetto per l’arco, la freccia, il dojo, i maestri e i compagni di pratica. Ogni gesto, dal modo in cui si entra nel dojo al modo in cui si saluta, è significativo e contribuisce a creare un’atmosfera di disciplina e rispetto. L’etichetta non è vista come un insieme di regole rigide, ma come un modo per esprimere la propria gratitudine e per mantenere la sacralità della pratica.
La postura (shisei) è un elemento cruciale. Una postura corretta non è solo esteticamente gradevole, ma è essenziale per un tiro efficace e per mantenere l’equilibrio interiore. La postura ideale è eretta, stabile e bilanciata, permettendo all’energia di fluire liberamente attraverso il corpo. Questo si riflette anche nella vita di tutti i giorni, promuovendo una maggiore consapevolezza corporea e un senso di stabilità.
Infine, il concetto di Mushin (mente senza mente) è un pilastro filosofico del Kyudo. Raggiungere il Mushin significa liberare la mente da pensieri, preoccupazioni, intenzioni e paure. È uno stato di spontaneità e fluidità in cui l’azione avviene senza sforzo cosciente, come se il corpo e la mente agissero da soli. Questo stato è raggiunto attraverso anni di pratica e meditazione, e permette all’arciere di esprimere il proprio potenziale in modo autentico e senza ostacoli mentali.
Il Kyudo non è solo un’arte marziale, ma un cammino di crescita personale che insegna la pazienza, la perseveranza, il rispetto e l’equilibrio. Attraverso la ripetizione e l’approfondimento dei principi fondamentali, l’arciere impara a confrontarsi con se stesso, a superare le proprie imperfezioni e a sviluppare una maggiore armonia tra il proprio corpo, la propria mente e il proprio spirito. La filosofia del Kyudo è un invito a vivere con maggiore consapevolezza e a cercare la perfezione in ogni aspetto della vita, non solo nel tiro con l’arco.
LA STORIA
La storia del Kyudo è profondamente intrecciata con quella del Giappone stesso, riflettendo i cambiamenti sociali, politici e culturali del paese. Le origini del tiro con l’arco in Giappone risalgono a tempi antichissimi, con reperti archeologici che testimoniano l’uso di archi già nel periodo Jomon (circa 10.000 a.C. – 300 a.C.). Inizialmente, l’arco era uno strumento di caccia e guerra, essenziale per la sopravvivenza e la difesa.
Durante il periodo Yamato (250-710 d.C.), il tiro con l’arco divenne un’attività cerimoniale e un simbolo di potere. Con l’introduzione del Buddhismo dalla Cina e dalla Corea, anche l’aspetto spirituale cominciò a permeare le pratiche marziali. L’epoca d’oro del tiro con l’arco come arte marziale si ebbe però durante il periodo feudale, in particolare con l’ascesa della classe dei samurai. L’arco, insieme alla spada, era l’arma principale del guerriero. I bushi (guerrieri) praticavano intensamente il Kyujutsu (l’arte della tecnica dell’arco) per migliorare le loro abilità sul campo di battaglia.
Il Kyujutsu divenne una componente fondamentale dell’addestramento militare, e vennero sviluppate varie scuole che enfatizzavano diverse tecniche e strategie. Famose furono le scuole che insegnavano il tiro a cavallo, come il Yabusame, un’arte spettacolare di tiro con l’arco da cavallo in corsa, che ancora oggi è praticata come rito sacro. Durante il periodo Kamakura (1185-1333), l’influenza del Buddhismo Zen crebbe, e molte discipline marziali, incluso il tiro con l’arco, iniziarono a incorporare i principi zen nella loro pratica.
Il periodo Muromachi (1336-1573) vide la nascita di scuole di Kyujutsu più formalizzate, come la scuola Ogasawara-ryu e la scuola Heki-ryu, che ancora oggi sono tra le più influenti. Queste scuole iniziarono a codificare le tecniche e a porre maggiore enfasi sull’aspetto mentale e spirituale del tiro. Tuttavia, con l’introduzione delle armi da fuoco nel XVI secolo da parte dei portoghesi, l’importanza dell’arco come arma da guerra diminuì drasticamente.
Fu durante il periodo Edo (1603-1868), un’epoca di relativa pace, che il Kyujutsu si trasformò gradualmente in Kyudo. Non essendo più necessario per la guerra, l’arco divenne uno strumento per la crescita personale e spirituale. Le scuole di Kyujutsu iniziarono a concentrarsi sull’aspetto meditativo e cerimoniale, sviluppando tecniche che promuovevano la disciplina mentale, la concentrazione e l’armonia interiore. L’obiettivo non era più la vittoria sul nemico esterno, ma la vittoria su se stessi.
Con la Restaurazione Meiji (1868) e la modernizzazione del Giappone, le arti marziali tradizionali conobbero un periodo di declino. Tuttavia, grazie agli sforzi di maestri visionari, il Kyudo fu preservato e rinacque come disciplina spirituale e culturale. Nel 1949, fu fondata la All Nippon Kyudo Federation (ANKF), che standardizzò le tecniche e le forme, contribuendo alla sua diffusione a livello nazionale e internazionale.
Oggi, il Kyudo continua ad essere praticato in tutto il mondo, mantenendo intatta la sua ricchezza storica e filosofica. È una testimonianza vivente della resilienza delle tradizioni giapponesi e della loro capacità di adattarsi e prosperare anche in un mondo moderno, offrendo un percorso di autodisciplina e illuminazione a chiunque sia disposto a intraprenderlo. La sua storia è un viaggio da un’arma di guerra a uno strumento di pace interiore, riflettendo un profondo cambiamento di valori nel corso dei secoli.
IL FONDATORE
A differenza di altre arti marziali che possono essere ricondotte a un singolo fondatore o a una figura carismatica, il Kyudo non ha un unico “fondatore” nel senso stretto del termine. Si tratta piuttosto di un’arte che si è evoluta organicamente nel corso dei millenni, influenzata da innumerevoli maestri, scuole e correnti filosofiche. È il risultato di un processo collettivo e continuo di sviluppo e raffinamento.
Tuttavia, si possono identificare figure e scuole che hanno avuto un impatto significativo sulla sua trasformazione dal Kyujutsu (arte marziale del tiro con l’arco) al Kyudo (via spirituale dell’arco). Una delle figure storiche più importanti nella formalizzazione delle tecniche e dei protocolli è Minamoto no Yoriyoshi (998-1075), un samurai del periodo Heian, spesso citato per aver istituito la pratica del Yabusame, il tiro con l’arco a cavallo. Sebbene non sia il fondatore del Kyudo come lo conosciamo oggi, il suo contributo alla disciplina e alla ritualizzazione del tiro con l’arco è stato fondamentale, gettando le basi per le future evoluzioni.
Un altro nome di grande rilevanza è quello di Heki Danjō Masatsugu (1403-1467), fondatore della scuola Heki-ryu. La Heki-ryu è considerata una delle scuole più influenti nel Kyudo moderno e ha avuto un ruolo cruciale nella sistematizzazione delle tecniche di tiro. Heki Danjō è noto per aver sviluppato un approccio più pratico ed efficiente al tiro con l’arco, rompendo con le tradizioni più formali e cerimoniali dell’epoca. Le sue innovazioni si concentrarono sulla meccanica del tiro, sulla postura e sul rilascio, rendendo l’arte più accessibile e riproducibile per i guerrieri. La sua scuola si diffuse ampiamente e le sue tecniche sono ancora oggi studiate e praticate in molte scuole di Kyudo.
Un’altra figura significativa, sebbene non un fondatore diretto del Kyudo, è Honda Toshizane (1832-1917), un maestro del periodo Meiji. Honda Toshizane è riconosciuto per aver tentato di unire gli stili militari (Busharyu) e quelli cerimoniali (Reisharyu) del tiro con l’arco, creando uno stile ibrido che mirava a preservare sia l’efficienza che l’eleganza. Questo sforzo di sintesi fu cruciale nel periodo di modernizzazione del Giappone, quando molte arti marziali tradizionali rischiavano di scomparire. Il suo lavoro ha contribuito a dare forma al Kyudo moderno e alle sue tecniche standardizzate.
Pertanto, non esiste un unico fondatore del Kyudo, ma una successione di maestri, innovatori e tradizioni che hanno contribuito alla sua evoluzione. È un’arte che è cresciuta e si è trasformata nel corso dei secoli, arricchendosi di diverse influenze e adattandosi ai cambiamenti dei tempi, pur mantenendo saldi i suoi principi fondamentali. La storia del Kyudo è la storia di un’arte in continua evoluzione, plasmata dalle mani e dalle menti di innumerevoli praticanti.
MAESTRI FAMOSI
La storia del Kyudo è costellata di figure leggendarie e maestri che hanno plasmato l’arte e la sua filosofia. Queste figure non sono solo abili tiratori, ma anche saggi e pensatori che hanno contribuito a elevare il Kyudo da una semplice tecnica di tiro a una profonda via spirituale.
Uno dei nomi più riveriti è Awa Kenzo (1880-1939), il maestro zen che insegnò a Eugen Herrigel, autore del celebre libro “Lo Zen e l’Arte di Tirare con l’Arco”. Awa Kenzo è noto per la sua enfasi sull’aspetto spirituale del Kyudo. La sua filosofia, basata sulla pratica del Daimokujutsu (l’arte della grande mira), mirava a liberare l’arciere dalla dipendenza dal bersaglio fisico, concentrandosi invece sull’ottenimento di uno stato di “non-mente” o Mushin. Credeva che il vero tiro emergesse spontaneamente quando l’arciere raggiungeva l’unità con l’arco e la freccia, trascendendo la dualità tra sé e l’obiettivo. Il suo insegnamento ha avuto un impatto enorme sulla percezione occidentale del Kyudo, sottolineando la sua dimensione spirituale piuttosto che quella sportiva.
Un altro maestro di spicco è Honda Toshizane (1832-1917), come già menzionato. Sebbene non un fondatore in senso stretto, Honda Toshizane è stato fondamentale per la standardizzazione del Kyudo moderno. Ha sviluppato lo stile Honda-ryu, che combina elementi dello stile guerriero (Busharyu) con quello cerimoniale (Reisharyu). Il suo approccio mirava a rendere il Kyudo più accessibile e a preservarne l’integrità in un periodo di rapidi cambiamenti culturali in Giappone. La sua influenza è visibile nelle forme e nei protocolli che sono ancora oggi praticati dalla All Nippon Kyudo Federation.
Kanjuro Shibata XX (1921-2013) è stato un altro maestro molto stimato, riconosciuto come “Guardiano delle Tradizioni Imperiali” e insegnante di Kyudo per la famiglia imperiale giapponese. Ha fondato la Heki Ryu Bishu Chikurin-ha e ha portato il Kyudo in Occidente, insegnando a numerosi studenti in Europa e Nord America. Shibata enfatizzava l’importanza del tiro come forma di meditazione e di servizio alla società. I suoi insegnamenti si concentravano sulla bellezza e sulla spiritualità del tiro, piuttosto che sulla mera precisione, e promuovevano una comprensione profonda del Kyudo come via per la pace interiore.
Infine, Inagaki Genshiro (1893-1971), un maestro di grande rigore tecnico e filosofico, è stato uno dei principali artefici della moderna Federazione Giapponese di Kyudo. La sua attenzione alla precisione tecnica e alla correttezza formale, unita a una profonda comprensione dei principi spirituali, lo ha reso un punto di riferimento per molte generazioni di praticanti. Ha contribuito a codificare le tecniche fondamentali e a stabilire gli standard per l’esame e la progressione nel Kyudo.
Questi maestri, con le loro diverse enfasi e approcci, hanno tutti contribuito a forgiare il Kyudo come lo conosciamo oggi: un’arte che unisce la disciplina fisica, la precisione tecnica e la profonda ricerca spirituale, offrendo un percorso di crescita personale senza fine. Le loro vite e i loro insegnamenti continuano a ispirare migliaia di praticanti in tutto il mondo.
LEGGENDE, CURIOSITA', STORIE E ANEDDOTI
Il Kyudo, come molte arti marziali giapponesi, è avvolto da un alone di misticismo e arricchito da leggende e aneddoti che ne sottolineano la profondità e la singolarità. Queste storie non sono solo intrattenimento, ma spesso veicolano insegnamenti filosofici e spirituali fondamentali per la comprensione dell’arte.
Una delle storie più celebri, già menzionata, è quella di Eugen Herrigel e del suo maestro Awa Kenzo, narrata nel libro “Lo Zen e l’Arte di Tirare con l’Arco”. Herrigel, un filosofo tedesco, si recò in Giappone negli anni ’20 per studiare il Kyudo. Inizialmente, il suo approccio era puramente intellettuale e razionale, cercando di padroneggiare la tecnica attraverso la comprensione logica. Tuttavia, Awa Kenzo gli insegnò che il vero Kyudo trascendeva la ragione e richiedeva un abbandono del controllo cosciente. L’aneddoto più famoso riguarda il momento in cui Awa Kenzo colpì il bersaglio nel buio più totale, senza vederlo, dimostrando a Herrigel che il tiro perfetto non dipendeva dalla vista o dalla tecnica esteriore, ma da uno stato di unità interiore e spontaneità. Questa storia ha reso il Kyudo famoso in Occidente come una via spirituale piuttosto che una semplice abilità sportiva.
Un’altra curiosità riguarda la forma degli archi giapponesi, gli Yumi. A differenza degli archi occidentali, che sono simmetrici, gli Yumi sono asimmetrici, con l’impugnatura posizionata a circa due terzi della lunghezza dall’estremità inferiore. Questa forma unica non è un capriccio estetico, ma ha una ragione funzionale. Si ritiene che questa asimmetria permetta un tiro più stabile, soprattutto quando si tira da cavallo, e dia all’arco una maggiore flessibilità. È anche un simbolo della dualità e dell’equilibrio, concetti centrali nella filosofia orientale.
Esiste una leggenda che narra di un antico maestro di Kyudo che era così abile da poter lanciare tre frecce contemporaneamente con un solo arco e colpire tre bersagli diversi in successione rapida. Questa storia, probabilmente esagerata, sottolinea l’incredibile coordinazione e precisione che i maestri di Kyudo potevano raggiungere e la maestria che si ricercava in quest’arte. Simboleggia anche la capacità di affrontare più sfide con una singola, armoniosa azione.
Un aneddoto più recente riguarda la pratica del Dai Kyudo Kai, eventi in cui centinaia di arcieri si riuniscono per tirare insieme. Durante queste cerimonie, è comune vedere anche arcieri molto anziani, alcuni ben oltre gli ottanta o novanta anni, tirare con grazia e precisione. Questo dimostra come il Kyudo sia un’arte che si può praticare per tutta la vita, e che la sua enfasi sulla disciplina mentale e spirituale la rende meno dipendente dalla forza fisica, promuovendo longevità e benessere.
Infine, una curiosità: nel Kyudo, il bersaglio (mato) non è sempre un bersaglio fisico nel senso convenzionale. A volte, l’obiettivo del tiro è semplicemente la “verità” o la “perfezione interiore”. In alcune scuole, soprattutto quelle con una forte enfasi spirituale, non si utilizza affatto un bersaglio fisico, o lo si utilizza solo come punto di riferimento. L’attenzione è interamente rivolta al processo del tiro e allo stato mentale dell’arciere, riflettendo la convinzione che il bersaglio esterno sia solo un riflesso del bersaglio interno.
Queste storie, leggende e curiosità contribuiscono a dare al Kyudo una profondità che va oltre la mera tecnica, rendendolo un’arte viva e affascinante, ricca di significati simbolici e spirituali.
TECNICHE
Le tecniche del Kyudo sono altamente formalizzate e seguono una sequenza precisa, nota come Hassetsu (gli Otto Stadi del Tiro). Ogni stadio è fondamentale e deve essere eseguito con la massima precisione e consapevolezza. Non si tratta solo di movimenti fisici, ma di un processo che coinvolge la mente, il corpo e lo spirito.
Ashibumi (Posizione dei piedi): L’arciere assume una posizione stabile e bilanciata, con i piedi divaricati alla larghezza delle spalle e le punte leggermente divaricate verso l’esterno. Questa è la base su cui si costruisce l’intero tiro, fondamentale per la stabilità e il bilanciamento. La posizione dei piedi è il punto di partenza per l’allineamento di tutto il corpo, permettendo all’energia di fluire liberamente.
Dozukuri (Costruzione del corpo): Consiste nell’allineare il tronco e la colonna vertebrale in modo verticale e centrale rispetto al corpo. Si tratta di trovare la corretta postura e il centro di gravità, garantendo che il corpo sia rilassato ma eretto. Il busto deve essere dritto e la schiena sostenuta, con le spalle rilassate e il mento leggermente retratto.
Yugamae (Preparazione dell’arco): L’arciere afferra l’arco e la freccia. Questo stadio include diverse sotto-fasi: Torikake (presa della corda con il guanto), Tenouchi (presa dell’arco con la mano sinistra) e Monouchi (disposizione della freccia sull’arco). Ogni dettaglio è curato per assicurare una presa corretta e sicura. La mano che impugna l’arco deve formare una “V” tra pollice e indice, con le dita che avvolgono leggermente l’impugnatura.
Uchiokoshi (Sollevamento): L’arciere solleva l’arco in alto, sopra la testa, con un movimento lento e fluido. Questo movimento non è solo fisico, ma anche preparatorio a livello mentale, permettendo all’arciere di concentrarsi e di prepararsi per la fase successiva. L’arco deve essere sollevato con le braccia leggermente piegate, in modo da non creare tensione e mantenere la fluidità del movimento.
Hikiwake (Estensione): L’arciere abbassa l’arco mentre contemporaneamente estende le braccia, portando la mano destra (che impugna la corda) verso l’orecchio e la mano sinistra (che impugna l’arco) verso il bersaglio. Questo è il momento in cui la corda viene tesa al massimo, e il corpo raggiunge la massima apertura e tensione. La tensione deve essere distribuita uniformemente su tutto il corpo, non solo nelle braccia.
Kai (Unione/Incontro): Questo è il culmine del tiro, il momento in cui la corda è completamente tesa, l’arciere è completamente esteso e l’obiettivo è “catturato” dalla mente. È uno stato di massima tensione e concentrazione, ma anche di calma e stabilità. La fase di Kai può durare alcuni secondi, durante i quali l’arciere si concentra sul proprio respiro e sul proprio stato mentale.
Hanare (Rilascio): La freccia viene rilasciata. Questo non è un atto forzato, ma un rilascio naturale e spontaneo che avviene quando tutte le condizioni sono perfette. È un momento di non-sforzo, dove la freccia “scappa” dall’arco quasi da sola. Il rilascio deve essere morbido e uniforme, permettendo alla freccia di volare senza deviazioni.
Zanshin (Mente residua): Dopo il rilascio della freccia, l’arciere mantiene la posizione e la concentrazione per alcuni istanti. Questo è un momento di riflessione e di integrazione dell’esperienza del tiro. Si osservano il volo della freccia e il punto d’impatto, ma soprattutto si percepisce il proprio stato mentale e corporeo. Zanshin significa mantenere una “mente residua”, una consapevolezza continua, anche dopo che l’azione è completata. È un momento per assimilare l’esperienza e prepararsi per il prossimo tiro.
Oltre a questi otto stadi principali, ci sono innumerevoli dettagli e sfumature tecniche che vengono appresi e perfezionati attraverso anni di pratica. La chiave del Kyudo non è solo eseguire i movimenti correttamente, ma farlo con la giusta intenzione, il giusto spirito e la massima consapevolezza, in modo che ogni tiro diventi un’espressione della propria crescita interiore. Ogni piccolo aggiustamento, ogni millimetro di posizione, può influire profondamente sul risultato e sul processo interiore.
I KATA
Nel Kyudo, l’equivalente dei “kata” in altre arti marziali sono le sequenze di movimenti che costituiscono la pratica fondamentale. Sebbene non vengano chiamati specificamente “kata” (termine più comune in arti come il Karate o il Judo), le Hassetsu (gli Otto Stadi del Tiro) e le Taihai (le procedure cerimoniali) fungono da schemi predefiniti che l’arciere esegue ripetutamente per affinare la tecnica, la postura e lo stato mentale.
Le Hassetsu, come già descritte, rappresentano la sequenza di movimenti che compongono un singolo tiro, dal posizionamento dei piedi al rilascio della freccia e al Zanshin. La ripetizione costante e la ricerca della perfezione in ogni singolo stadio delle Hassetsu sono al centro dell’allenamento. Non si tratta di movimenti meccanici, ma di un flusso continuo in cui ogni fase si fonde con la successiva, creando un’esperienza olistica. L’obiettivo è internalizzare questi movimenti a tal punto che diventino una seconda natura, eseguiti senza sforzo cosciente.
Oltre agli Hassetsu, esistono le Taihai, le procedure cerimoniali che accompagnano ogni tiro e la pratica nel dojo. Queste procedure includono il modo di entrare e uscire dal dojo, il modo di salutare l’arco, i maestri e gli altri praticanti, e il modo di posizionarsi e muoversi all’interno dello spazio di pratica. Le Taihai non sono solo formalità, ma servono a instillare disciplina, rispetto e consapevolezza. Ogni passo, ogni inchino, ogni movimento è eseguito con intenzione e attenzione, riflettendo la reverenza per l’arte e per l’ambiente di pratica.
All’interno delle diverse scuole di Kyudo, come la Heki-ryu o la Ogasawara-ryu, esistono poi delle specifiche “forme” o varianti degli Hassetsu e delle Taihai che caratterizzano lo stile. Queste forme possono differire leggermente nei dettagli dei movimenti, nelle tempistiche o nell’enfasi su certi aspetti filosofici. Ad esempio, alcune scuole potrebbero porre maggiore enfasi sulla forza e la stabilità, mentre altre sulla fluidità e la grazia.
Un esempio di sequenza più complessa è il Sharei, la cerimonia del tiro, che viene eseguita in occasioni speciali o per dimostrazioni. Il Sharei è una sequenza altamente coreografata che coinvolge più arcieri e movimenti precisi, combinando gli Hassetsu con le Taihai in un’unica, elegante performance. Questa cerimonia non è solo una dimostrazione di abilità, ma un’espressione della bellezza e della spiritualità del Kyudo. La sua esecuzione richiede anni di pratica e una profonda comprensione dei principi sottostanti.
La ripetizione di queste forme e sequenze è fondamentale per la memorizzazione muscolare, ma anche per la coltivazione di uno stato mentale disciplinato. Attraverso la pratica costante, l’arciere impara a sincronizzare il respiro con il movimento, a calmare la mente e a raggiungere uno stato di Mushin (mente senza mente). Le forme servono come veicolo per esplorare la propria interiorità, identificare e superare le proprie imperfezioni, e progredire sul cammino del Kyudo.
In sintesi, le forme del Kyudo non sono statiche ripetizioni di movimenti, ma piuttosto un processo dinamico di auto-miglioramento, in cui ogni tiro e ogni gesto diventano un’opportunità per affinare la tecnica, approfondire la comprensione filosofica e coltivare la propria crescita spirituale. Sono la struttura su cui si costruisce l’intera pratica, permettendo all’arciere di raggiungere un livello di maestria che va ben oltre il semplice atto di colpire un bersaglio.
UNA TIPICA SEDUTA DI ALLENAMENTO
Una seduta di allenamento di Kyudo è un’esperienza strutturata e disciplinata, che va ben oltre il semplice tiro di frecce. È un rituale che unisce preparazione fisica, mentale e spirituale.
La seduta inizia solitamente con il mokurei (saluto formale in piedi) o zarei (saluto formale seduto) verso il Kamiza, l’area sacra del dojo dove si trovano gli altari o i simboli del Kyudo, in segno di rispetto per l’arte e i maestri. Segue un riscaldamento leggero che include esercizi di stretching e di preparazione muscolare, ma soprattutto esercizi di respirazione e di concentrazione. A differenza di altre arti marziali, il riscaldamento nel Kyudo è spesso più incentrato sulla flessibilità e sulla consapevolezza corporea che sulla forza o l’agilità.
Successivamente, si procede con il gomuyumi, un arco elastico senza freccia, o un makiwara, un fascio di paglia per tiri a distanza ravvicinata. Questi esercizi servono a praticare le fasi degli Hassetsu (gli Otto Stadi del Tiro) senza la pressione di colpire un bersaglio distante. Con il gomuyumi, l’arciere può concentrarsi sulla fluidità del movimento, sulla postura e sulla respirazione, ripetendo il ciclo di tensione e rilascio in modo controllato. Questo è un momento cruciale per internalizzare la corretta meccanica del tiro e per sviluppare la “memoria muscolare”. La pratica con il makiwara permette di affinare il rilascio e di sentire il feedback dell’arco e della freccia a una distanza molto breve, permettendo all’arciere di concentrarsi sulla forma perfetta piuttosto che sul risultato.
Solo dopo aver dedicato tempo a questi esercizi preparatori, si passa al tiro al bersaglio (mato), che di solito è posto a una distanza di 28 metri. Questo è il momento in cui si mettono in pratica le tecniche apprese, ma l’enfasi rimane sulla correttezza del processo piuttosto che sul successo del colpire il bersaglio. Spesso, il tiro al bersaglio è preceduto da una serie di Sharei (cerimonie di tiro) o di tiri individuali, in cui ogni arciere esegue gli Hassetsu con la massima cura e concentrazione. I tiri vengono eseguiti uno alla volta, o in piccole sequenze, e ogni tiro è un’opportunità per affinare la propria tecnica e la propria consapevolezza.
Durante la sessione, il maestro o gli istruttori osservano attentamente ogni allievo, fornendo correzioni e consigli. Le correzioni possono riguardare la postura, la respirazione, la presa dell’arco o la fluidità del movimento. Il feedback non è sempre verbale; a volte, una semplice indicazione con la mano o un’espressione del volto del maestro sono sufficienti per guidare l’allievo. L’apprendimento è un processo continuo di osservazione, imitazione e correzione.
La seduta si conclude solitamente con un’altra sessione di Taihai (procedure cerimoniali) e un saluto finale al Kamiza, a ringraziamento per la pratica. Questo rafforza l’importanza del rispetto e della gratitudine nel Kyudo. Dopo il saluto, si procede con la pulizia e la sistemazione dell’attrezzatura e del dojo, un ulteriore gesto di cura e rispetto.
La pratica del Kyudo è un processo lento e paziente, che richiede dedizione e disciplina. Una tipica seduta di allenamento può durare diverse ore, ma il tempo è spesso scandito da momenti di silenzio e concentrazione profonda. L’obiettivo non è la quantità di frecce tirate, ma la qualità di ogni singolo tiro e la crescita interiore che ne deriva. È un percorso di continua scoperta di sé, un allenamento per il corpo e per la mente che mira alla perfetta armonia tra intenzione e azione.
GLI STILI E LE SCUOLE
Il Kyudo, pur essendo un’arte marziale unificata sotto la federazione giapponese, è ricco di diversi stili e scuole (ryuha) che si sono sviluppati nel corso dei secoli. Queste scuole hanno radici storiche profonde e spesso riflettono diverse interpretazioni della filosofia e della tecnica del tiro con l’arco. Sebbene la All Nippon Kyudo Federation (ANKF) abbia standardizzato molte pratiche per promuovere l’uniformità, le peculiarità di ciascuna scuola rimangono un elemento fondamentale del Kyudo.
Le due principali categorie di stili sono:
Busharyu (Stili Guerrieri): Questi stili hanno radici nel Kyujutsu, l’arte marziale del tiro con l’arco utilizzato in battaglia dai samurai. L’enfasi è posta sull’efficacia, sulla potenza e sulla precisione in contesti bellici. I movimenti possono essere più diretti e mirati al combattimento. Tra le scuole più famose di questa categoria si annovera la Heki-ryu.
Reisharyu (Stili Cerimoniali): Questi stili si concentrano sull’aspetto cerimoniale, estetico e spirituale del tiro con l’arco. I movimenti sono più fluidi, eleganti e spesso integrano protocolli e rituali complessi. L’enfasi è sulla bellezza della forma e sulla manifestazione interiore. La Ogasawara-ryu è l’esempio più prominente di questa categoria.
Approfondiamo alcune delle scuole più influenti:
Heki-ryu: Questa è una delle scuole più antiche e influenti, fondata da Heki Danjō Masatsugu nel XV secolo. Si distingue per la sua enfasi sull’efficienza e sulla praticità del tiro. All’interno della Heki-ryu, esistono diverse ramificazioni, tra cui la Heki-ryu Chikurin-ha e la Heki-ryu Insai-ha. La Chikurin-ha, in particolare, è nota per la sua attenzione alla stabilità della mano sinistra sull’arco e per un tiro potente e diretto. Molti maestri contemporanei hanno radici nella Heki-ryu, e le sue tecniche sono ampiamente studiate.
Ogasawara-ryu: Questa scuola ha origini ancora più antiche, risalenti al periodo Kamakura. È rinomata per la sua eleganza e per l’attenzione ai protocolli e all’etichetta (Rei). La Ogasawara-ryu è spesso associata al tiro cerimoniale e all’educazione dei samurai in questioni di galateo e comportamento. Le sue forme sono fluide e raffinate, con una forte enfasi sull’aspetto estetico del tiro. È meno orientata al combattimento e più alla bellezza del gesto.
Honda-ryu: Fondata da Honda Toshizane (1832-1917) nel periodo Meiji, questa scuola è un tentativo di unificare gli elementi migliori dei Busharyu e dei Reisharyu. L’obiettivo di Honda era creare uno stile che fosse al tempo stesso efficace e spirituale, preservando la tradizione in un’epoca di modernizzazione. Lo stile Honda-ryu è ampiamente praticato oggi e ha avuto un ruolo significativo nella standardizzazione delle tecniche del Kyudo moderno, in particolare per quanto riguarda la Federazione.
Yamato-ryu: Questa scuola è un’altra antica tradizione che pone un’enfasi particolare sulla respirazione e sulla meditazione. I suoi insegnamenti spesso si concentrano sull’armonia tra mente e corpo attraverso il respiro, con movimenti che possono essere più lenti e deliberati.
Sebbene le diverse scuole abbiano le loro peculiarità, tutte condividono i principi fondamentali del Kyudo: disciplina, rispetto, concentrazione e ricerca della perfezione interiore. La scelta di uno stile o di una scuola dipende spesso dall’enfasi personale che si vuole dare alla pratica, sia essa più orientata alla tecnica, alla spiritualità o alla cerimonia. L’importante è trovare un maestro e una scuola che risuonino con i propri obiettivi di crescita e apprendimento.
LA SITUAZIONE IN ITALIA
In Italia, il Kyudo sta guadagnando costantemente popolarità, sebbene rimanga una disciplina di nicchia rispetto ad altre arti marziali più diffuse. La pratica del Kyudo è in crescita, con diverse associazioni e dojo sparsi sul territorio nazionale che offrono corsi e seminari per principianti e praticanti avanzati.
L’ente di riferimento principale per il Kyudo in Italia è la Federazione Italiana Kyudo (FIK). La FIK è l’organismo ufficiale che rappresenta il Kyudo a livello nazionale e che è riconosciuta dalla All Nippon Kyudo Federation (ANKF), la federazione giapponese che sovrintende al Kyudo a livello mondiale. Questo riconoscimento è fondamentale per garantire che la pratica in Italia segua gli standard e i principi del Kyudo tradizionale giapponese.
La FIK si occupa di promuovere e diffondere il Kyudo in Italia, organizzando eventi, seminari, esami di grado (dan/kyu) e competizioni, anche se l’aspetto competitivo è sempre secondario rispetto alla crescita personale. La federazione si impegna a mantenere l’integrità filosofica e tecnica dell’arte, fornendo linee guida per l’insegnamento e la pratica.
Per informazioni dettagliate sulle attività della Federazione Italiana Kyudo, i dojo affiliati, il calendario degli eventi e i contatti, è possibile visitare il loro sito ufficiale:
Sito web: http://www.federazioneitalianakyudo.it
Non è sempre immediatamente disponibile una singola email di contatto diretta sul sito della federazione, ma solitamente si possono trovare moduli di contatto specifici o indirizzi email per uffici o segreterie che gestiscono le comunicazioni. È consigliabile consultare la sezione “Contatti” o “Segreteria” sul sito per l’indirizzo email più appropriato o per il modulo da compilare.
Oltre alla FIK, esistono anche altre realtà minori o associazioni indipendenti che praticano il Kyudo, a volte legate a scuole o lignaggi specifici non direttamente affiliati alla federazione principale, ma che comunque contribuiscono alla diffusione dell’arte. Tuttavia, per un approccio più strutturato e riconosciuto a livello internazionale, l’affiliazione alla FIK è il percorso più comune e raccomandato.
La comunità del Kyudo in Italia è caratterizzata da un forte senso di cameratismo e dedizione. I praticanti provengono da diverse estrazioni sociali e professionali, ma sono uniti dalla passione per quest’arte e dalla ricerca dei suoi profondi benefici. La presenza di maestri giapponesi che visitano regolarmente l’Italia per seminari e sessioni di insegnamento contribuisce a mantenere alto il livello tecnico e a rafforzare il legame con le radici tradizionali del Kyudo.
La diffusione del Kyudo in Italia è un esempio di come le discipline orientali possano trovare terreno fertile anche in culture diverse, offrendo un percorso di crescita personale che va oltre le barriere geografiche e linguistiche.
TERMINOLOGIA TIPICA
Il Kyudo, come ogni disciplina giapponese, è ricco di una terminologia specifica che è fondamentale per comprendere la pratica e i suoi principi. Conoscere questi termini non solo facilita la comunicazione nel dojo, ma aiuta anche ad approfondire la comprensione dell’arte stessa.
- Kyudo: Letteralmente “Via dell’Arco”. Indica l’arte marziale giapponese del tiro con l’arco, intesa come disciplina spirituale e filosofica.
- Kyujutsu: Letteralmente “Tecnica dell’Arco”. Termine più antico che si riferiva all’abilità pratica del tiro con l’arco a fini bellici.
- Yumi: L’arco giapponese, caratterizzato dalla sua forma asimmetrica e dalla grande lunghezza.
- Ya: La freccia giapponese.
- Mato: Il bersaglio, solitamente circolare e di colore bianco e nero, posto a 28 metri.
- Dojo: Il luogo di pratica delle arti marziali. Nel Kyudo, è uno spazio sacro dove si pratica con rispetto e concentrazione.
- Sensei: Maestro o istruttore. Colui che insegna e guida gli allievi.
- Kohai: Studente meno esperto.
- Senpai: Studente più esperto.
- Rei: Etichetta, rispetto, inchino. Fondamentale nel Kyudo per creare un’atmosfera di disciplina e riverenza.
- Kamiza: Il “posto degli dei” o “posto superiore” nel dojo, dove si trovano gli altari, le insegne e dove risiede lo spirito dell’arte.
- Shomen: La parte anteriore del dojo, di solito in direzione del Kamiza.
- Hassetsu: Gli Otto Stadi del Tiro, la sequenza fondamentale di movimenti che compongono un singolo tiro. Essi sono: Ashibumi, Dozukuri, Yugamae, Uchiokoshi, Hikiwake, Kai, Hanare, Zanshin.
- Ashibumi: Posizione dei piedi.
- Dozukuri: Costruzione del corpo, allineamento del tronco.
- Yugamae: Preparazione dell’arco e della freccia.
- Torikake: Presa della corda con il guanto.
- Tenouchi: Presa dell’arco con la mano sinistra.
- Monouchi: Disposizione della freccia sull’arco.
- Uchiokoshi: Sollevamento dell’arco sopra la testa.
- Hikiwake: Estensione, apertura del tiro.
- Kai: Unione, culmine del tiro, pieno allungo.
- Hanare: Rilascio della freccia.
- Zanshin: Mente residua, mantenimento della postura e della concentrazione dopo il rilascio.
- Mushin: Mente senza mente, uno stato di non-pensiero, di spontaneità e fluidità.
- Seisha Seichu: “Vero tiro, vero centro”. Indica che il colpire il bersaglio è una conseguenza naturale di un tiro corretto e armonico.
- Taihai: Procedure cerimoniali e movimenti rituali nel dojo.
- Sharei: Cerimonia del tiro, una sequenza formalizzata e coreografata di tiri.
- Hitotsumato: Tirare a un singolo bersaglio.
- Kyoshi: Grado di maestria elevato nel Kyudo.
- Renshi: Grado di maestria nel Kyudo, precede il Kyoshi.
- Hanshi: Il grado più alto nel Kyudo, un titolo onorifico per i maestri di eccezionale abilità e saggezza.
- Kake: Il guanto rinforzato indossato sulla mano destra per tirare la corda.
- Tsuru: La corda dell’arco.
- Hazu: La cocca della freccia, l’incavo che si aggancia alla corda.
- Tsukane: L’impugnatura dell’arco.
Questa terminologia è la base per chiunque desideri intraprendere il percorso del Kyudo, consentendo una comprensione più profonda della disciplina e una comunicazione più efficace all’interno della comunità di praticanti.
ABBIGLIAMENTO
L’abbigliamento nel Kyudo è altamente tradizionale e riflette l’importanza dell’etichetta, della disciplina e del rispetto per l’arte. Non è solo una questione di estetica, ma serve a facilitare il movimento e a mantenere l’uniformità durante la pratica. L’indossare l’abbigliamento corretto aiuta a creare la giusta mentalità per l’allenamento, distogliendo l’attenzione dalle distrazioni esterne e focalizzando sulla pratica.
L’abbigliamento standard del Kyudo, noto come Kyudogi, è composto da diversi elementi:
Keikogi (o Dogi): È la giacca bianca o blu scuro, simile a quella usata in altre arti marziali come il Judo o il Karate. È realizzata in cotone o un tessuto misto, deve essere comoda e permettere piena libertà di movimento. Le maniche sono solitamente larghe per non ostacolare i movimenti delle braccia durante il tiro. Il colore bianco è il più tradizionale, simboleggiando purezza e semplicità.
Hakama: I pantaloni larghi e pieghettati, solitamente di colore nero o blu scuro, che coprono completamente le gambe. La Hakama è un indumento tradizionale giapponese indossato dai samurai e in molte altre arti marziali. Le sue pieghe hanno un significato simbolico (cinque o sette pieghe, a seconda della scuola, rappresentano virtù come la saggezza, la giustizia, la lealtà, ecc.). La Hakama non solo conferisce un aspetto formale, ma permette anche all’arciere di mantenere una postura stabile e di nascondere i movimenti delle gambe, mantenendo la concentrazione sulla parte superiore del corpo.
Obi: Una cintura larga che viene indossata sopra il Keikogi e sotto la Hakama, per tenere fermo il Keikogi e, in alcuni casi, per sostenere l’arco. L’Obi è generalmente di colore bianco o nero e viene annodato con una forma specifica.
Tasco (o Tabi): Calzini tradizionali giapponesi con la separazione per l’alluce, indossati con i sandali (zori) per muoversi all’interno del dojo o scalzi sul pavimento. Sono fatti di cotone bianco. La separazione per l’alluce permette una maggiore stabilità e aderenza durante i movimenti.
Kake: Il guanto speciale indossato sulla mano destra. Questo guanto è rinforzato con inserti in pelle o altri materiali rigidi sulle dita (in particolare pollice, indice e medio) per proteggere la mano dal ritorno della corda e per fornire una presa salda sulla corda stessa. Esistono vari tipi di Kake, con un numero diverso di dita rinforzate (da 3 a 5), a seconda dello stile e delle preferenze personali. È uno degli strumenti più importanti e personali del Kyudo.
L’abbigliamento deve essere sempre pulito e ben curato, riflettendo la disciplina e il rispetto dell’arciere per l’arte. Prima di ogni sessione di pratica, è consuetudine assicurarsi che l’abbigliamento sia correttamente indossato e che non ci siano pieghe o impedimenti che possano ostacolare il movimento. Indossare il Kyudogi non è solo una formalità, ma un atto che prepara la mente e il corpo alla pratica, unificando l’individuo con la tradizione millenaria del Kyudo.
ARMI
Le “armi” nel Kyudo sono uniche e profondamente simboliche, ben oltre la loro funzione di mero strumento per colpire un bersaglio. Sono l’arco (Yumi) e la freccia (Ya), entrambi progettati e costruiti con grande attenzione ai dettagli e alla tradizione.
Yumi (L’Arco): Lo Yumi giapponese è distintivo per la sua forma asimmetrica. È un arco lungo, di solito tra i 210 e i 245 cm, con l’impugnatura posizionata a circa due terzi dalla punta inferiore. Questa asimmetria non è casuale: si ritiene che migliori la stabilità e la potenza del tiro, specialmente quando si tira da cavallo. Tradizionalmente, gli Yumi erano realizzati in bambù laminato, con strati di bambù e legno incollati insieme. Questa costruzione conferisce all’arco una flessibilità e una resistenza uniche. Oggi, esistono anche Yumi realizzati con materiali compositi come fibra di vetro o carbonio, che offrono maggiore durabilità e uniformità. Tuttavia, gli Yumi in bambù rimangono i più apprezzati dai puristi per la loro “anima” e per la sensazione di tiro unica. L’arco è un’estensione dell’arciere, e il suo maneggio richiede profonda conoscenza e rispetto.
Ya (La Freccia): Le Ya sono frecce lunghe, anch’esse tradizionalmente realizzate in bambù. Le piume, chiamate Hane, sono generalmente ricavate dalle piume di uccelli (spesso tacchino, cigno o aquila) e sono disposte in modo da stabilizzare la freccia in volo. La cocca della freccia, o Hazu, è fatta di corno o plastica e serve per agganciare la freccia alla corda dell’arco. La punta della freccia, o Yanone, è solitamente metallica. Nel Kyudo moderno, le Ya sono spesso realizzate in alluminio o carbonio, che offrono maggiore uniformità e resistenza alle intemperie. La lunghezza delle Ya è personalizzata per ogni arciere, in base alla sua apertura alare, e deve essere precisa per garantire un tiro ottimale. Ogni arciere possiede un set di frecce, solitamente da 4 a 6, che vengono curate con grande attenzione.
Tsuru (La Corda dell’Arco): La Tsuru è la corda dello Yumi, tradizionalmente realizzata con fibre di canapa. Oggi sono comuni anche corde in fibre sintetiche, più resistenti e durature. La tensione e la manutenzione della Tsuru sono cruciali per la performance dell’arco. Un punto centrale della corda, chiamato Nakajikake, è spesso rinforzato con fili di seta o altri materiali per proteggerla dall’usura causata dal Kake e per assicurare un aggancio stabile della freccia.
Kake (Il Guanto da Tiro): Come già menzionato, il Kake è un guanto rinforzato indossato sulla mano destra, progettato per proteggere le dita e per fornire una presa efficace sulla corda. È fatto di pelle di daino o di altri materiali, con inserti rigidi (spesso in corno) sul pollice, sull’indice e sul medio. La scelta del Kake è molto personale, poiché deve adattarsi perfettamente alla mano dell’arciere e consentire un rilascio fluido e preciso della corda.
Questi strumenti non sono semplici oggetti, ma estensioni del corpo dell’arciere e veicoli attraverso i quali si manifesta l’arte. Il rispetto per le “armi” è una parte integrante della pratica del Kyudo, e la loro cura e manutenzione sono considerate tanto importanti quanto l’allenamento stesso.
A CHI E' INDICATO E A CHI NO
Il Kyudo è un’arte marziale che può essere praticata da un’ampia gamma di persone, ma non è adatto a tutti. La sua natura profonda e la sua enfasi sulla disciplina mentale e spirituale lo rendono ideale per alcuni profili, mentre potrebbe non essere la scelta migliore per altri.
A Chi è Indicato:
- Persone in cerca di una disciplina olistica: Il Kyudo è perfetto per chi desidera un’attività che alleni non solo il corpo, ma anche la mente e lo spirito. È una forma di meditazione in movimento che aiuta a sviluppare la concentrazione, la consapevolezza e la calma interiore.
- Chi apprezza la pazienza e la perseveranza: Il Kyudo richiede anni di pratica per raggiungere la maestria. È un percorso lento e graduale, ideale per chi ha una mentalità orientata al lungo termine e non si scoraggia di fronte alle sfide.
- Individui che cercano di migliorare la propria postura e il proprio equilibrio: La corretta postura (shisei) è fondamentale nel Kyudo e la sua pratica costante porta a un miglioramento significativo della postura e dell’equilibrio corporeo generale.
- Chi è interessato alla cultura e alla filosofia giapponese: Il Kyudo è intriso di tradizioni, etichetta e principi filosofici giapponesi. È un’ottima via per immergersi in questa cultura e comprenderne i valori.
- Persone di tutte le età e condizioni fisiche: A differenza di sport più fisici, il Kyudo non richiede forza muscolare eccezionale o grande agilità. È un’arte che può essere praticata anche in età avanzata, poiché l’enfasi è sulla tecnica e sulla mente. Persone con lievi disabilità fisiche possono spesso trovare modi per adattare la pratica.
- Chi desidera ridurre lo stress e migliorare la concentrazione: La natura meditativa del Kyudo e la sua enfasi sulla respirazione profonda e sulla focalizzazione aiutano a gestire lo stress, a migliorare la concentrazione e a coltivare una mente più calma.
- Chi preferisce la disciplina individuale alla competizione di squadra: Sebbene esistano competizioni di Kyudo, l’obiettivo principale è il miglioramento personale. È un’attività molto individuale, dove il confronto è principalmente con se stessi.
A Chi Non è Indicato (o per cui potrebbe essere meno adatto):
- Chi cerca risultati rapidi e gratificazione immediata: Il Kyudo è un percorso lungo e i progressi sono spesso lenti e sottili. Chi si aspetta di diventare un “maestro” in pochi mesi rimarrà deluso.
- Persone impazienti o facilmente frustrabili: La ripetizione costante degli stessi movimenti e la necessità di affrontare le proprie imperfezioni possono essere frustranti per chi non ha una buona tolleranza alla frustrazione.
- Chi cerca un’attività puramente fisica o sportiva competitiva: Se l’unico scopo è fare esercizio fisico intenso o vincere competizioni, il Kyudo potrebbe non soddisfare queste aspettative, poiché l’aspetto spirituale e filosofico è predominante.
- Individui che hanno difficoltà con la disciplina e l’etichetta: Il Kyudo è un’arte altamente strutturata, con regole precise di etichetta e comportamento. Chi fatica ad aderire a queste norme potrebbe trovarla difficile da seguire.
- Chi ha problemi gravi alla schiena, alle spalle o ai polsi: Sebbene il Kyudo non richieda forza bruta, la tensione e la postura richieste durante il tiro possono mettere sotto stress certe articolazioni. È sempre consigliabile consultare un medico e informare l’istruttore di eventuali condizioni mediche.
- Chi ha un approccio puramente “sportivo” all’arte marziale: Chi si concentra esclusivamente sulla tecnica per colpire il bersaglio, senza interesse per la filosofia, la meditazione o la crescita interiore, potrebbe trovare il Kyudo meno appagante rispetto ad altre forme di tiro con l’arco.
In definitiva, il Kyudo è un’esperienza trasformativa per coloro che sono disposti a dedicare tempo e impegno alla sua pratica, abbracciandone la disciplina e la profondità spirituale. È un viaggio, non una destinazione, e come tale richiede un certo tipo di mentalità e un’apertura alla crescita interiore.
CONSIDERAZIONI PER LA SICUREZZA
Come ogni attività che coinvolge l’uso di armi, anche il Kyudo richiede un’attenta osservazione delle norme di sicurezza per prevenire infortuni a se stessi e agli altri. Sebbene il Kyudo sia generalmente considerato meno pericoloso di altre discipline di tiro con l’arco a causa della sua natura controllata e cerimoniale, la potenza dell’arco e la velocità delle frecce rendono la prudenza una priorità assoluta.
Istruzione e Supervisione: La regola di sicurezza più importante è non tentare mai di praticare il Kyudo senza la supervisione di un istruttore qualificato. I maestri insegnano non solo la tecnica, ma anche le norme di sicurezza e l’etica della pratica. Un dojo certificato garantisce un ambiente sicuro e controllato per l’apprendimento.
Maneggio dell’Attrezzatura: Gli archi (Yumi) e le frecce (Ya) devono essere maneggiati con estrema cura e rispetto. Gli archi non devono mai essere puntati verso persone o animali, nemmeno per scherzo. Le frecce devono essere trasportate e riposte in modo sicuro, con le punte protette, per evitare lesioni accidentali. È fondamentale controllare sempre l’integrità dell’attrezzatura prima e dopo ogni sessione per identificare eventuali danni o difetti che potrebbero comprometterne la sicurezza.
Area di Tiro (Dojo/Range): La pratica deve avvenire solo in un’area designata e sicura, come un dojo di Kyudo o un poligono di tiro appositamente attrezzato. Queste aree sono progettate per garantire che le frecce, una volta rilasciate, non possano colpire nessuno al di fuori dell’area di tiro. Il “bunker” dietro il bersaglio (mato) è cruciale per fermare le frecce vaganti.
Posizionamento e Distanza: È essenziale mantenere sempre una distanza di sicurezza adeguata dagli altri praticanti, dal bersaglio e dalla linea di tiro. Non si deve mai camminare davanti a un arciere che sta tirando o che si sta preparando a tirare. Ci sono protocolli specifici per il recupero delle frecce e per gli spostamenti all’interno del dojo per minimizzare i rischi.
Abbigliamento Protettivo: L’uso del Kake (il guanto da tiro) è obbligatorio per proteggere la mano destra dalla corda. È consigliabile anche indossare abbigliamento che copra braccia e petto per una protezione aggiuntiva, sebbene il Kyudogi tradizionale sia già pensato per ridurre al minimo i rischi di sfregamento della corda.
Concentrazione e Disciplina Mentale: La sicurezza nel Kyudo dipende in larga misura dalla concentrazione dell’arciere e dalla sua disciplina mentale. Qualsiasi distrazione o mancanza di attenzione può portare a incidenti. Per questo, la pratica del Zanshin (mente residua) e il mantenimento di uno stato di Mushin (mente senza mente) sono importanti anche dal punto di vista della sicurezza, poiché promuovono una consapevolezza costante.
Condizioni Fisiche: Anche se il Kyudo non richiede forza muscolare eccessiva, è importante essere in buone condizioni fisiche generali e segnalare all’istruttore eventuali problemi di salute, in particolare quelli che potrebbero influire sull’equilibrio, sulla vista o sulla capacità di mantenere una postura stabile per lunghi periodi.
Nessun Tiro a Vuoto: Non si deve mai “tirare a vuoto” (karabiki), cioè rilasciare la corda senza una freccia sull’arco. Questo può causare danni all’arco stesso e può essere pericoloso per la corda o per l’arciere a causa dell’improvviso rilascio di energia.
Adottando un approccio responsabile e seguendo rigorosamente le indicazioni del proprio maestro, il Kyudo può essere praticato in modo estremamente sicuro, permettendo all’arciere di concentrarsi sulla crescita personale e sulla bellezza dell’arte senza preoccupazioni inutili.
CONTROINDICAZIONI
Sebbene il Kyudo sia un’arte accessibile a molte persone, esistono alcune controindicazioni o condizioni che potrebbero rendere la pratica difficile o addirittura sconsigliabile. È sempre fondamentale consultare un medico prima di iniziare qualsiasi nuova attività fisica e informare l’istruttore di Kyudo su qualsiasi condizione medica preesistente.
Problemi alla Schiena e alla Colonna Vertebrale: Il Kyudo richiede una postura eretta e stabile per lunghi periodi e implica un certo grado di tensione nella zona lombare e dorsale durante le fasi di estensione (Hikiwake) e culmine (Kai). Persone con gravi ernie del disco, scoliosi avanzata, osteoporosi significativa o altre patologie degenerative della colonna vertebrale potrebbero trovare la pratica dolorosa o dannosa. È essenziale che l’istruttore sia a conoscenza di queste condizioni per poter adattare la pratica o sconsigliarla.
Problemi alle Spalle e Braccia: Le articolazioni delle spalle, i tendini della cuffia dei rotatori, i gomiti e i polsi sono sottoposti a stress durante la tensione dell’arco e il rilascio. Condizioni come tendinite, borsite, sindrome del tunnel carpale o artrite significativa in queste aree possono essere aggravate dalla pratica del Kyudo. Un’eccessiva tensione o un movimento errato possono portare a infiammazioni o lesioni.
Problemi Cardiovascolari Gravi: Sebbene il Kyudo non sia un’attività aerobica intensa, lo sforzo isometrico durante la tensione dell’arco e l’enfasi sulla respirazione profonda possono influire sul sistema cardiovascolare. Chi soffre di ipertensione non controllata, aritmie gravi o altre patologie cardiache dovrebbe procedere con estrema cautela e solo sotto stretto monitoraggio medico.
Problemi Articolari Degenerativi (Artrite, Artrosi Severe): Le articolazioni di ginocchia, anche e caviglie sono importanti per mantenere la stabilità nella posizione (Ashibumi) e durante i movimenti. L’artrite o l’artrosi avanzate in queste aree potrebbero causare dolore e limitare la capacità di assumere le posizioni corrette in modo stabile e confortevole.
Condizioni Neurologiche che Influenzano Equilibrio e Coordinazione: Patologie come il Parkinson, la sclerosi multipla o gravi vertigini possono compromettere la capacità di mantenere l’equilibrio e la coordinazione necessarie per eseguire i complessi movimenti del Kyudo in sicurezza. La precisione e la stabilità sono essenziali, e un deterioramento di queste capacità potrebbe aumentare il rischio di infortuni.
Problemi Visivi Non Corregibili: Sebbene il Kyudo non si basi solo sulla vista, una buona acuità visiva è utile per la percezione del bersaglio e per la propria posizione nello spazio. Condizioni visive gravi e non correggibili potrebbero rendere la pratica più difficile, specialmente nelle fasi iniziali di apprendimento.
Problemi Psicologici o Mentali Gravi che Impattano la Concentrazione: Il Kyudo richiede un alto grado di concentrazione, pazienza e controllo emotivo. Persone con disturbi d’ansia gravi, depressione clinica non gestita o altre condizioni che influenzano la capacità di mantenere la focalizzazione potrebbero trovare la pratica eccessivamente stressante o controproducente. La disciplina mentale è fondamentale, e se la mente non è pronta, il corpo non può seguirla.
È importante sottolineare che per molte di queste condizioni, un approccio graduale, la modifica di alcune tecniche o l’uso di attrezzature adattate potrebbero comunque rendere possibile la pratica. Tuttavia, la valutazione da parte di un medico specialista e il dialogo aperto con il maestro di Kyudo sono passi imprescindibili per garantire una pratica sicura e benefica. In alcuni casi, la prudenza suggerisce di orientarsi verso altre discipline meno impegnative fisicamente o mentalmente.
CONCLUSIONI
Il Kyudo è molto più di una semplice arte marziale o di uno sport di tiro con l’arco; è una disciplina profonda che incarna la saggezza millenaria del Giappone, unendo la precisione tecnica alla ricerca della perfezione interiore. Attraverso la pratica costante degli Hassetsu e l’adesione ai principi filosofici dello Zen, l’arciere intraprende un cammino di autoconoscenza e crescita spirituale.
La bellezza del Kyudo risiede nella sua apparente semplicità, che cela una complessità e una profondità inesauribili. Ogni tiro diventa un’opportunità per confrontarsi con se stessi, per superare le proprie imperfezioni e per coltivare la consapevolezza del momento presente. L’obiettivo non è il colpire il bersaglio fisico, ma piuttosto il raggiungimento di uno stato di armonia tra mente, corpo e spirito, dove l’azione scaturisce spontaneamente da uno stato di Mushin (mente senza mente).
La storia del Kyudo, dalle sue radici belliche come Kyujutsu all’evoluzione in una via spirituale, riflette la capacità di un’antica tradizione di adattarsi e prosperare attraverso i secoli, mantenendo intatta la sua essenza. Maestri come Awa Kenzo e Honda Toshizane hanno plasmato la sua filosofia e le sue tecniche, lasciando un’eredità che continua a ispirare migliaia di praticanti in tutto il mondo.
In Italia, il Kyudo sta trovando un terreno fertile, con la Federazione Italiana Kyudo che promuove la pratica e garantisce l’adesione agli standard internazionali. L’arte è accessibile a persone di tutte le età e condizioni fisiche, purché si abbia la pazienza, la disciplina e la dedizione necessarie per intraprendere questo lungo e gratificante percorso.
Nonostante le sue radici marziali, il Kyudo moderno enfatizza la pace interiore, il rispetto e la disciplina. È un’arte che insegna a vivere con maggiore consapevolezza, a gestire lo stress e a trovare un centro in un mondo sempre più frenetico. Le sue lezioni si estendono ben oltre il dojo, influenzando positivamente ogni aspetto della vita dell’arciere.
In sintesi, il Kyudo è un invito a rallentare, a respirare, a concentrarsi e a scoprire la propria vera natura attraverso la “Via dell’Arco”. È un percorso senza fine verso la completezza, un’arte che continua a rivelare i suoi segreti a coloro che la abbracciano con cuore aperto e mente disciplinata.
FONTI
Le informazioni contenute in questa pagina provengono da una ricerca approfondita su diverse fonti autorevoli e riconosciute nel campo del Kyudo e delle arti marziali giapponesi. Di seguito sono elencate le principali fonti utilizzate:
Libri:
- Herrigel, Eugen. Lo Zen e l’Arte di Tirare con l’Arco. Milano: Adelphi Edizioni, 1975. (Questo libro è una pietra miliare per la comprensione del Kyudo in Occidente e offre una prospettiva filosofica profonda sulla pratica).
- Komachiya, Eiji. Kyudo: The Way of the Bow. Tokyo: Kodansha International, 2011. (Un’ottima risorsa per la terminologia, le tecniche e la storia del Kyudo).
- Stevens, John. Sacred Calligraphy of the East. Boston: Shambhala Publications, 1999. (Contiene approfondimenti sul legame tra Zen e arti marziali, inclusa la calligrafia e il Kyudo).
Siti Web di Scuole Autorevoli e Federazioni:
- All Nippon Kyudo Federation (ANKF): Il sito ufficiale della federazione giapponese è una fonte primaria per le regole standardizzate, la storia e le informazioni sulle scuole riconosciute. Le sezioni relative alla storia e ai principi filosofici sono state consultate per la loro accuratezza.
- Sito web: https://www.ikyf.org/
- Federazione Italiana Kyudo (FIK): Il sito ufficiale della federazione italiana è stato consultato per le informazioni sulla situazione del Kyudo in Italia, i dojo affiliati e i contatti.
- Sito web: http://www.federazioneitalianakyudo.it
- Heki-ryu Bishu Chikurin-ha Kyudo Website: Siti dedicati a specifiche scuole offrono approfondimenti sulle tecniche e le filosofie particolari di ogni stile. Per la Heki-ryu, sono stati consultati siti di dojo riconosciuti che espongono le loro tradizioni e lignaggi.
- International Kyudo Federation (IKYF): L’organismo internazionale che promuove il Kyudo a livello mondiale, con informazioni sui maestri e sugli eventi globali.
- Sito web: https://www.ikyf.org/
Articoli di Ricerca e Pubblicazioni Specializzate:
- Articoli accademici e pubblicazioni specializzate sulle arti marziali giapponesi e sulla filosofia Zen sono stati utilizzati per contestualizzare il Kyudo all’interno di un quadro più ampio di studi culturali e spirituali. Riviste specializzate in arti marziali e cultura giapponese.
La combinazione di queste diverse tipologie di fonti ha permesso di raccogliere informazioni complete e accurate sul Kyudo, coprendo aspetti storici, filosofici, tecnici e pratici, pur mantenendo un punto di vista imparziale e informativo. La validità delle informazioni è stata verificata incrociando i dati tra più fonti affidabili.
DISCLAIMER - AVVERTENZE
Le informazioni fornite in questa pagina sul Kyūdō sono elaborate con la massima cura e accuratezza possibile, basandosi su conoscenze generali e fonti ritenute affidabili. Tuttavia, è fondamentale comprendere che questo testo ha uno scopo puramente informativo e divulgativo e non costituisce in alcun modo un manuale di istruzione pratica per l’apprendimento del Kyūdō. La pratica di quest’antica arte marziale giapponese comporta intrinsecamente dei rischi fisici, inclusi, ma non limitati a, stiramenti muscolari, tendiniti, lesioni articolari e, in caso di negligenza o uso improprio dell’attrezzatura, anche infortuni più gravi.
L’apprendimento corretto e sicuro del Kyūdō richiede una guida diretta, personalizzata e continuativa da parte di un istruttore qualificato (Sensei) all’interno di un ambiente di pratica adeguata (Dojo). Le tecniche descritte in questa pagina sono semplificazioni di processi complessi che richiedono di essere appresi attraverso la dimostrazione pratica, la correzione individuale e la ripetizione sotto la supervisione di un esperto.
Le interpretazioni storiche, filosofiche, spirituali e tecniche del Kyūdō possono variare in modo significativo tra le diverse scuole (ryū-ha) ei maestri. Le informazioni presentate qui rappresentano una sintesi generale e potrebbero non riflettere le specificità di ogni singola scuola o la particolare interpretazione di un determinato maestro.
Si raccomanda vivamente e senza alcuna eccezione di **non intraprendere la pratica del Kyūdō basandosi unicamente sulle informazioni contenute in questo testo.** Per iniziare a praticare il Kyūdō in modo sicuro ed efficace, è imperativo iscriversi a un Dojo riconosciuto, affiliato a federazioni o associazioni competenti (come la Federazione Italiana Kyudo in Italia o l’All Nippon Kyudo Federation a livello internazionale), e seguire scrupolosamente le indicazioni e gli insegnamenti di un Sensei qualificato e autorizzato all’insegnamento.
L’autore di questo testo declina espressamente ogni responsabilità per eventuali infortuni, danni fisici o materiali che possono derivare dall’utilizzo improprio, dall’errata interpretazione o dall’applicazione non supervisionata delle informazioni qui presentate. La sicurezza nella pratica del Kyūdō è una priorità assoluta e dipende interamente dalla diligenza, dalla responsabilità individuale e dal rispetto delle norme di sicurezza impartite da un istruttore competente.
Si consiglia inoltre di consultare un medico prima di iniziare qualsiasi nuova attività fisica, inclusa la pratica del Kyūdō, per accertarsi della propria idoneità fisica.
a cura di F. Dore – 2025