Pehlwani Kushti nel Terai

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COSA È

Il Pehlwani, o Kushti, è una forma tradizionale di lotta originaria del subcontinente indiano, profondamente radicata anche nella regione del Terai in Nepal. Non si tratta semplicemente di uno sport, ma di una pratica che incarna una complessa fusione di allenamento fisico, disciplina mentale e una ricca tradizione culturale. Il termine “Pehlwani” deriva dalla parola persiana “pahlevan”, che significa “eroe” o “campione”, sottolineando la nobiltà e il rispetto associati a questa disciplina. Nel Terai, il Kushti è più di un passatempo; è una parte integrante della vita sociale e religiosa, spesso esibita durante festival e celebrazioni locali.

Questa arte marziale si distingue per la sua enfasi sulla forza bruta, la resistenza e la padronanza delle tecniche di presa e sottomissione. I lottatori, conosciuti come Pehlwan, dedicano la loro vita all’allenamento, seguendo regimi rigorosi che includono esercizi di forza, flessibilità e tecniche di lotta specifiche. La pratica si svolge tradizionalmente in un’arena di fango, chiamata akhara, che non è solo un luogo di allenamento ma anche un santuario, un luogo sacro dove i lottatori sviluppano non solo le loro abilità fisiche ma anche il loro carattere e la loro moralità.

Il Kushti del Terai mantiene molte delle sue radici storiche, differenziandosi in parte da altre forme di lotta più modernizzate. La sua autenticità risiede nella continua trasmissione orale e pratica delle conoscenze tra le generazioni, con un forte legame con le tradizioni locali. La disciplina non si limita al combattimento; essa si estende a uno stile di vita che promuove la purezza del corpo e della mente, il rispetto per gli anziani e per gli avversari, e l’adesione a principi etici. Questo rende il Pehlwani/Kushti non solo un’arte di combattimento, ma una vera e propria filosofia di vita che ha plasmato intere comunità nel Terai e oltre.

L’aspetto comunitario è cruciale: gli akhara fungono spesso da centri sociali dove i giovani apprendono non solo a lottare ma anche a vivere secondo i principi del Pehlwani. Il rispetto, la disciplina e l’umiltà sono valori fondamentali che vengono trasmessi attraverso la pratica. I lottatori vivono spesso in comunità monastiche all’interno degli akhara, condividendo pasti, allenamenti e una vita disciplinata. Questa dedizione alla comunità e alla disciplina è ciò che distingue il Pehlwani/Kushti da molte altre forme di lotta, elevandolo a una pratica che va ben oltre la semplice competizione fisica, diventando un cammino di crescita personale e spirituale.

CARATTERISTICHE, FILOSOFIA E ASPETTI CHIAVE

Il Pehlwani/Kushti del Terai si distingue per una serie di caratteristiche uniche, una filosofia profonda e aspetti chiave che ne definiscono l’essenza. Al centro di questa pratica vi è un forte accento sulla forza fisica e sulla resistenza, sviluppate attraverso un regime di allenamento estremamente rigoroso. I lottatori mirano a dominare il proprio avversario attraverso prese, sbilanciamenti e immobilizzazioni, cercando di schienare l’avversario per ottenere la vittoria. La tecnica è affinata attraverso anni di pratica, combinando la potenza muscolare con una profonda comprensione della biomeccanica e del baricentro.

La filosofia del Pehlwani è intrinsecamente legata ai principi di disciplina, rispetto e umiltà. Non si tratta solo di vincere un incontro, ma di forgiare un carattere forte e virtuoso. I lottatori sono incoraggiati a mantenere uno stile di vita ascetico, spesso evitando vizi come l’alcool e il fumo, e seguendo una dieta specifica che favorisce la forza e la salute. La pratica promuove il rispetto reciproco tra gli avversari, con saluti e gesti di deferenza che precedono e seguono ogni incontro. Questo rispetto si estende anche al luogo di allenamento, l’akhara, considerato sacro e trattato con riverenza.

Uno degli aspetti chiave è l’importanza del mud, il fango purificato che costituisce l’arena di lotta. Questo fango non è solo una superficie su cui combattere, ma è imbevuto di olio, latte e altre sostanze naturali, acquisendo proprietà che migliorano la presa e riducono l’attrito, oltre a simboleggiare la connessione con la terra e la natura. L’akhara stesso è un luogo di purificazione e devozione, dove i lottatori si allenano e vivono, spesso dedicando le loro vite a questa disciplina.

La spiritualità gioca un ruolo significativo nel Pehlwani. Molti lottatori venerano divinità come Hanuman, la divinità scimmia simbolo di forza, devozione e celibato, considerata il patrono dei Pehlwan. Questa venerazione si riflette nelle preghiere e nei rituali che precedono gli allenamenti e i combattimenti. Il celibato, o Brahmacharya, è spesso praticato dai lottatori per conservare la loro energia e la loro forza vitale, credendo che la purezza del corpo e della mente sia essenziale per raggiungere l’eccellenza nella lotta.

Inoltre, il Pehlwani enfatizza l’importanza della dieta e della nutrizione. I lottatori seguono regimi alimentari specifici, ricchi di proteine e nutrienti, spesso consumando grandi quantità di latte, mandorle, burro chiarificato (ghee) e legumi. Questa dieta è considerata fondamentale non solo per la costruzione muscolare, ma anche per il benessere generale e per mantenere l’energia necessaria per l’allenamento intensivo. La combinazione di allenamento fisico, disciplina mentale, dieta specifica e spiritualità rende il Pehlwani/Kushti un’arte marziale olistica, che mira al perfezionamento dell’individuo a 360 gradi.

LA STORIA

La storia del Pehlwani/Kushti è profondamente radicata nel subcontinente indiano, con millenni di evoluzione che hanno plasmato questa arte marziale fino alla sua forma attuale. Le origini della lotta in questa regione risalgono a tempi antichi, con testimonianze che appaiono in testi sacri come il Mahabharata e il Ramayana, dove vengono descritti combattimenti tra eroi e divinità con tecniche che richiamano la lotta corpo a corpo. Questi racconti epici evidenziano già l’importanza della forza fisica e della virtù marziale nella cultura antica.

L’arte della lotta si sviluppò ulteriormente durante l’era dei Mughal, quando i lottatori acquisirono un notevole prestigio nelle corti imperiali. Fu durante questo periodo che il Pehlwani iniziò a prendere una forma più strutturata e organizzata, con la fondazione di akhara (scuole di lotta) e la codificazione di tecniche specifiche. I lottatori Mughal erano spesso impiegati come guardie del corpo o come intrattenimento per i regnanti, e i campioni venivano generosamente ricompensati. L’influenza persiana, evidente nel nome “Pehlwani” (derivato da “pahlevan”), portò anche all’introduzione di nuove tecniche e metodi di allenamento.

Con l’arrivo dell’impero britannico, il Pehlwani subì un declino a causa della promozione di sport occidentali, ma riuscì a sopravvivere grazie alla sua profonda radice culturale e al sostegno delle popolazioni locali e dei principi indigeni. Molte delle tradizioni e delle pratiche degli akhara furono preservate in questo periodo, mantenendo viva la fiamma di questa antica arte. Fu anche durante questo periodo che alcuni lottatori indiani acquisirono fama internazionale, dimostrando la superiorità delle loro tecniche e della loro forza.

Nel Terai nepalese, il Pehlwani/Kushti si è sviluppato con caratteristiche proprie, influenzato dalle tradizioni locali e dalla vicinanza culturale con l’India. La regione del Terai, essendo una pianura fertile e di confine, ha sempre avuto una forte interconnessione con le aree limitrofe dell’India, facilitando lo scambio di pratiche culturali, inclusa la lotta. Qui, il Kushti è spesso praticato durante festival come il Makar Sankranti e il Dashain, diventando un momento di celebrazione e di esibizione della forza e dell’abilità.

Oggi, il Pehlwani/Kushti nel Terai continua a essere una tradizione viva, anche se con le sfide della modernizzazione e della popolarità di sport più globalizzati. Tuttavia, gli akhara locali e le comunità continuano a promuovere e preservare questa forma di lotta, riconoscendone il valore culturale, storico e sociale. La storia del Pehlwani è una testimonianza della resilienza di una pratica che ha saputo adattarsi e persistere attraverso i secoli, mantenendo intatti i suoi principi fondamentali e il suo spirito.

CHI È IL SUO FONDATORE, STORIA DEL FONDATORE

Il Pehlwani/Kushti, come molte arti marziali antiche e tradizionali, non ha un singolo fondatore attribuibile in modo specifico, come nel caso di discipline più moderne. La sua evoluzione è stata un processo graduale, frutto di secoli di pratiche, perfezionamenti e contributi di innumerevoli lottatori, maestri e comunità. È più corretto parlare di una tradizione che si è sviluppata organicamente, piuttosto che di un individuo che l’abbia creata ex novo.

Tuttavia, all’interno della mitologia e delle leggende associate al Pehlwani, figure come Hanuman sono venerate come il protettore e il simbolo ideale del lottatore. Hanuman, la divinità scimmia del pantheon induista, è celebrato per la sua forza incommensurabile, la sua devozione incrollabile, la sua disciplina ferrea e il suo celibato (Brahmacharya). I Pehlwan lo considerano il loro Ishta-devata, la divinità personale prescelta, e cercano di emulare le sue virtù. Ogni akhara ha solitamente un santuario dedicato ad Hanuman, e le preghiere a lui rivolte sono una parte essenziale della routine di allenamento. Sebbene non sia un “fondatore” nel senso umano del termine, il suo archetipo ha profondamente influenzato la filosofia e la pratica del Pehlwani.

Nel corso della storia, ci sono stati molti Pehlwan leggendari che hanno contribuito allo sviluppo e alla diffusione di questa arte, ma nessuno è riconosciuto come il suo unico fondatore. Ogni grande maestro, o Guru, ha aggiunto la sua esperienza e conoscenza, tramandando le tecniche e i principi alle generazioni successive. Questo modello di trasmissione orale e pratica, da maestro a discepolo, è una caratteristica distintiva delle arti marziali tradizionali indiane.

L’influenza dell’Impero Mughal è stata significativa nella strutturazione e nell’organizzazione del Pehlwani, come menzionato in precedenza. Durante questo periodo, l’arte della lotta fu patronizzata dai sovrani, che incoraggiarono la creazione di akhara e sostennero i lottatori. Sebbene non ci sia un singolo imperatore che possa essere definito il “fondatore” del Pehlwani, figure come l’imperatore Akbar sono note per il loro interesse e sostegno a questa pratica. La loro protezione ha contribuito a elevare lo status dei lottatori e a formalizzare alcuni aspetti della disciplina.

Nel contesto specifico del Terai nepalese, la pratica del Kushti è stata introdotta e mantenuta viva da generazioni di lottatori locali e da Guru che hanno adattato e interpretato l’arte all’interno del contesto culturale e sociale della regione. Non esiste una figura storica specifica a cui si possa attribuire la “fondazione” del Pehlwani nel Terai; piuttosto, è il risultato di un continuo processo di adattamento e trasmissione culturale, alimentato dalla passione e dalla dedizione delle comunità locali per questa antica forma di lotta. In sintesi, il Pehlwani/Kushti è un’arte senza un unico fondatore, ma con una miriade di contributi individuali e culturali che ne hanno plasmato la ricca e complessa storia.

MAESTRI/ATLETI FAMOSI DI QUEST'ARTE

Il Pehlwani ha visto emergere numerosi maestri e atleti leggendari che hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia di questa arte, sia in India che, per estensione, nelle regioni vicine come il Terai nepalese, dove la pratica è strettamente correlata. Questi lottatori non sono stati solo campioni sul campo, ma anche figure di ispirazione, che hanno incarnato i valori di forza, disciplina e umiltà.

Uno dei nomi più celebri e venerati nella storia del Pehlwani è senza dubbio The Great Gama, o Gama Pehlwan (nato Ghulam Mohammad Baksh Butt, 1878–1960). Originario del Punjab, in India, Gama è considerato uno dei più grandi lottatori di tutti i tempi. La sua carriera si estese per oltre cinquant’anni, durante i quali rimase imbattuto, sconfiggendo alcuni dei lottatori più forti del mondo, inclusi campioni europei e americani. La sua forza leggendaria e la sua incredibile resistenza gli valsero il titolo di “Leone del Punjab” e “Invincibile”. La sua routine di allenamento era estenuante, includendo migliaia di flessioni (dand) e squat (baithak) ogni giorno, che sono ancora oggi esercizi fondamentali nel Pehlwani. La sua storia è un esempio di dedizione e perseveranza che continua a ispirare generazioni di Pehlwan.

Un altro nome di spicco è Imam Baksh Pehlwan, fratello di Gama, anch’egli un lottatore formidabile e campione del mondo. Imam Baksh ereditò il titolo di “Rustam-e-Hind” (Campione dell’India) dopo il ritiro di Gama, mantenendo viva la tradizione di eccellenza della loro famiglia. Questi lottatori non solo eccellevano nelle loro abilità di lotta, ma erano anche noti per la loro moralità e il loro attaccamento ai principi del Pehlwani.

Nel contesto più specifico del Terai nepalese, sebbene non ci siano figure di fama mondiale come Gama, esistono numerosi Pehlwan locali che sono considerati eroi nelle loro comunità. Questi lottatori, spesso chiamati ustad o guru, non solo dimostrano la loro forza negli akhara e nei tornei locali, ma fungono anche da mentori e modelli di ruolo per i giovani aspiranti. La loro fama è più circoscritta, ma il loro impatto sulle tradizioni locali del Kushti è immenso. Essi sono i custodi delle tecniche e delle filosofie, e la loro eredità è trasmessa direttamente ai loro discepoli, mantenendo viva la fiamma dell’arte.

È importante notare che la tradizione del Pehlwani non sempre enfatizza la fama individuale al di fuori del circuito della lotta. Spesso, l’attenzione è posta sulla disciplina, sulla crescita personale e sul contributo alla comunità. Tuttavia, le storie di questi grandi lottatori servono a ispirare, a dimostrare il potenziale umano e a onorare una tradizione secolare. Le loro gesta sono raccontate di generazione in generazione, perpetuando il loro status di leggende nel mondo del Pehlwani/Kushti.

LEGGENDE, CURIOSITÀ, STORIE E ANEDDOTI

Il mondo del Pehlwani/Kushti è intriso di leggende, curiosità e aneddoti che ne arricchiscono il fascino e ne rivelano la profondità culturale. Queste storie spesso evidenziano la straordinaria forza, la devozione e l’unicità di questa arte marziale.

Una delle leggende più diffuse riguarda la figura di Hanuman, la divinità scimmia. Si narra che Hanuman fosse il primo lottatore, e che la sua forza e il suo spirito fossero così immensi da ispirare tutti i Pehlwan. Molti lottatori, prima di iniziare l’allenamento, si cospargono di fango e recitano preghiere ad Hanuman, cercando di emulare la sua potenza e la sua disciplina. Un aneddoto popolare racconta di come The Great Gama fosse così devoto ad Hanuman che, si dice, la sua forza non derivasse solo dall’allenamento ma anche dalla benedizione della divinità.

Un’altra curiosità affascinante riguarda la dieta dei Pehlwan. Si dice che i lottatori tradizionali seguano una dieta incredibilmente ricca e specifica per sostenere il loro allenamento intensivo. Oltre al latte, al ghee (burro chiarificato) e alle mandorle, si racconta di lottatori che consumano fino a 10 litri di latte al giorno e centinaia di mandorle. Un aneddoto narra di un Pehlwan che avrebbe mangiato un intero agnello in una sola seduta per recuperare le energie dopo un allenamento particolarmente arduo, sebbene queste storie siano spesso esagerazioni folkloristiche che sottolineano l’incredibile fabbisogno energetico di questi atleti.

Le sfide tra Pehlwan erano spesso eventi pubblici di grande risonanza, attirando folle immense. Si racconta di incontri che duravano ore, a volte giorni, con pause per permettere ai lottatori di recuperare. Questi combattimenti non erano solo una prova di forza, ma anche di resistenza e di strategia. Un famoso aneddoto narra di una sfida tra Gama Pehlwan e il campione europeo Stanislaus Zbyszko a Londra nel 1910. L’incontro durò quasi tre ore e si concluse con un pareggio, dimostrando la tenacia e la resistenza di Gama.

Il fango dell’akhara è un altro elemento ricco di curiosità. Non è un fango qualunque, ma una miscela speciale preparata con cura, spesso arricchita con latte, yogurt, olio e polvere di erbe medicinali. Si crede che questo fango abbia proprietà curative e che contribuisca alla flessibilità della pelle del lottatore. La preparazione dell’akhara è un rituale sacro, che riflette il rispetto per il luogo di allenamento e per la tradizione.

Nel Terai nepalese, le leggende spesso si intrecciano con la vita quotidiana. Si raccontano storie di Pehlwan locali che, con la loro forza e il loro coraggio, avrebbero difeso i loro villaggi o risolto dispute, guadagnandosi il rispetto e l’ammirazione della comunità. Queste storie, tramandate oralmente, contribuiscono a mantenere vivo l’interesse e la rilevanza del Kushti nella società contemporanea. La cultura del Pehlwani è un tesoro di sapere popolare, di sacrifici personali e di un profondo legame con la spiritualità e la natura.

TECNICHE DI QUEST'ARTE

Le tecniche del Pehlwani/Kushti sono un complesso sistema di prese, sbilanciamenti, attacchi e difese, progettato per sconfiggere l’avversario in un’arena di fango. L’obiettivo principale è schienare l’avversario e immobilizzarlo, dimostrando la propria superiorità fisica e tecnica. Le tecniche sono tradizionalmente apprese attraverso l’imitazione e la pratica continua sotto la guida di un Guru esperto.

Le tecniche si possono suddividere in diverse categorie, che vengono integrate fluidamente durante un combattimento. Le prese sono fondamentali, poiché permettono al lottatore di controllare il movimento dell’avversario e di preparare gli attacchi. Le prese al collo, alle braccia, alle gambe e alla vita sono le più comuni. Una presa forte e ben eseguita è la base per qualsiasi attacco successivo.

I sbilanciamenti sono cruciali per portare l’avversario in una posizione vulnerabile. Utilizzando il proprio peso corporeo, la forza delle gambe e la conoscenza del baricentro dell’avversario, il Pehlwan cerca di fargli perdere l’equilibrio. Tecniche come il dhobi paat (una spazzata di gamba) o il kandhe ka paat (una proiezione sulla spalla) sono esempi di come il lottatore sfrutti il movimento dell’avversario per sbilanciarlo e proiettarlo a terra.

Una volta a terra, l’obiettivo è la sottomissione o l’immobilizzazione. Il Pehlwani non prevede blocchi articolari o strangolamenti nel senso moderno delle arti marziali miste, ma si concentra su posizioni di controllo che rendono l’avversario incapace di muoversi o difendersi. La tecnica della dhak, ad esempio, prevede di sollevare l’avversario e schiantarlo a terra, una dimostrazione di forza che spesso porta alla vittoria.

Altre tecniche importanti includono il kasauti, una serie di finte e movimenti evasivi per evitare gli attacchi dell’avversario, e il langot-ki-kashti, un tipo di lotta dove si afferra il perizoma dell’avversario. Le tecniche sono spesso chiamate con nomi descrittivi in hindi o dialetti locali, come patka (una tecnica di cintura), jodi (una presa alle gambe) o bazu bandh (una tecnica di controllo del braccio).

Un aspetto distintivo del Pehlwani è la fluidità delle transizioni tra le tecniche. I lottatori imparano a combinare prese, sbilanciamenti e proiezioni in sequenze continue, reagendo ai movimenti dell’avversario. L’allenamento non si concentra solo sull’esecuzione perfetta di singole tecniche, ma anche sulla capacità di adattarle e concatenarle in un contesto dinamico. La pratica costante e il combattimento simulato (jor) sono essenziali per padroneggiare la vasta gamma di tecniche e sviluppare l’istinto necessario per applicarle efficacemente in un vero incontro.

LE FORME/SEQUENZE O L'EQUIVALENTE DEI KATA GIAPPONESI

Nel Pehlwani/Kushti, a differenza delle arti marziali orientali come il Karate o il Taekwondo che impiegano kata (forme predefinite di movimenti) per la pratica solitaria e la memorizzazione delle tecniche, non esistono equivalenti diretti di “forme” o “sequenze” coreografate. La natura del Pehlwani è intrinsecamente basata sulla lotta libera e sull’interazione dinamica con un avversario. La pratica è orientata alla reazione immediata e all’adattamento in tempo reale, piuttosto che alla memorizzazione di schemi di movimento preordinati.

Tuttavia, ciò non significa che non vi siano pratiche strutturate che aiutino i lottatori a internalizzare i principi e le tecniche. Il concetto di “forma” nel Pehlwani si manifesta in modo più pratico e funzionale, attraverso:

  1. Esercizi di condizionamento fisico: La routine di allenamento di un Pehlwan include una serie di esercizi specifici che, sebbene non siano “forme” nel senso tradizionale, servono a sviluppare la forza, la resistenza e la coordinazione necessarie per le tecniche di lotta. Esercizi come i dand (flessioni indiane) e i baithak (squat indiani) vengono eseguiti in sequenze ripetute e a volte in numero elevatissimo, quasi come una meditazione in movimento. Questi esercizi non solo sviluppano la muscolatura, ma anche la resistenza cardiovascolare e la disciplina mentale, elementi fondamentali per il Kushti. Sebbene non siano un “combattimento simulato”, preparano il corpo e la mente a sostenere lo sforzo richiesto in un incontro.

  2. Jor (combattimento simulato/sparring): Il vero equivalente delle “forme” nel Pehlwani è il jor, che è una sessione di sparring o combattimento simulato tra due lottatori. Durante il jor, i lottatori applicano le tecniche apprese, sperimentano nuove strategie e sviluppano la loro capacità di reagire alle azioni dell’avversario. Il jor non è pre-coreografato; è una pratica fluida e dinamica che permette ai Pehlwan di affinare le loro abilità in un contesto realistico, pur mantenendo un focus sull’apprendimento e il perfezionamento piuttosto che sulla pura competizione. Attraverso il jor, i lottatori imparano le transizioni tra le tecniche, come sbilanciare l’avversario, come difendersi e come concludere l’incontro.

  3. Misure (esercizi a coppia): Alcuni esercizi di allenamento prevedono l’interazione con un partner, ma non sono veri e propri “kata”. Si tratta più di esercizi di resistenza o di presa reciproca, dove i lottatori cercano di guadagnare posizioni o di applicare una leggera pressione, senza l’intento di vincere. Questi esercizi sviluppano la sensibilità alle reazioni dell’avversario e la capacità di mantenere una presa o di sbilanciare.

In sostanza, il Pehlwani enfatizza l’apprendimento attraverso la pratica funzionale e l’interazione diretta. L’idea è che la vera maestria non derivi dalla memorizzazione di sequenze astratte, ma dalla capacità di applicare principi e tecniche in un ambiente dinamico e imprevedibile. La ripetizione intensiva degli esercizi di condizionamento e le sessioni di jor servono a sviluppare l’istinto e la reattività, che sono i veri “kata” del Pehlwani.

UNA TIPICA SEDUTA DI ALLENAMENTO

Una tipica seduta di allenamento nel Pehlwani/Kushti è un rituale altamente strutturato e intensivo, che va ben oltre la semplice attività fisica, incorporando elementi di disciplina, devozione e comunità. L’allenamento si svolge tradizionalmente nell’akhara, l’arena di fango, e inizia solitamente all’alba, quando l’aria è fresca e la mente è più ricettiva.

La sessione inizia con una serie di riti preliminari, che spesso includono preghiere a Hanuman, il patrono dei lottatori. I Pehlwan si cospargono il corpo con il fango purificato dell’akhara, un gesto che ha sia un significato igienico (aiuta a prevenire le irritazioni della pelle) che spirituale (simboleggia la connessione con la terra e la purificazione). Questo momento è anche un’occasione per concentrarsi mentalmente e prepararsi allo sforzo fisico.

Il riscaldamento è rigoroso e mirato a preparare ogni muscolo del corpo. Include una corsa leggera, esercizi di stretching e rotazioni articolari. Successivamente, i lottatori si dedicano a una serie di esercizi di condizionamento specifici del Pehlwani. I più iconici sono i dand (flessioni indiane) e i baithak (squat indiani). Questi esercizi vengono eseguiti in serie di centinaia o addirittura migliaia di ripetizioni, spesso con variazioni per colpire diversi gruppi muscolari. I dand assomigliano a una flessione dinamica in cui il corpo si muove come un’onda, mentre i baithak sono squat profondi, spesso eseguiti a ritmo sostenuto. L’esecuzione di questi esercizi sviluppa la forza, la resistenza e la flessibilità necessarie per la lotta.

Dopo il riscaldamento e gli esercizi di condizionamento, i lottatori si dedicano alla pratica delle tecniche. Questo include il lavoro su prese specifiche, sbilanciamenti, proiezioni e difese. L’apprendimento è molto pratico, con il Guru che dimostra le tecniche e i discepoli che le imitano e le ripetono con un partner. La ripetizione è fondamentale per internalizzare i movimenti e sviluppare la memoria muscolare.

Il cuore della sessione di allenamento è il jor, o combattimento simulato. Questa è una lotta a tutti gli effetti, ma con un’enfasi sull’apprendimento e il miglioramento piuttosto che sulla vittoria a tutti i costi. I lottatori si affrontano, mettendo in pratica le tecniche apprese, sperimentando nuove strategie e affinando la loro reattività. Il jor può durare da pochi minuti a mezz’ora o più, a seconda dell’intensità e del livello di esperienza dei lottatori. È un momento cruciale per sviluppare la sensibilità e l’istinto di lotta.

Dopo il jor, la sessione si conclude con un raffreddamento e un massaggio reciproco per rilassare i muscoli e favorire il recupero. Molti lottatori si sottopongono a massaggi con oli specifici, che aiutano a sciogliere le tensioni muscolari e a migliorare la circolazione. La sessione si chiude spesso con un bagno rinfrescante e un pasto nutriente, che è una parte essenziale della dieta del Pehlwan. L’intera routine è un ciclo continuo di sforzo, recupero e nutrimento, che mira a costruire un corpo forte e una mente disciplinata.

GLI STILI E LE SCUOLE

Nel vasto mondo del Pehlwani/Kushti, parlare di “stili” nel senso rigido in cui si trovano in altre arti marziali è meno comune. Il Pehlwani è una disciplina olistica che enfatizza principi universali di forza, tecnica e resistenza, piuttosto che una miriade di sottocategorie formali. Tuttavia, si possono distinguere variazioni regionali, influenze storiche e approcci pedagogici che danno origine a ciò che potremmo definire “scuole” o “tradizioni”.

La principale distinzione non è tanto tra stili con nomi diversi, quanto tra gli akhara (scuole di lotta) e i loro Guru (maestri). Ogni akhara ha una propria tradizione, un lignaggio di maestri che hanno tramandato le tecniche e la filosofia nel corso dei secoli. Pertanto, lo “stile” di un Pehlwan è spesso definito dalla sua appartenenza a un particolare akhara e dall’insegnamento del suo Guru. Alcuni akhara potrebbero enfatizzare maggiormente certe prese o tipi di allenamento, ma le differenze sono sottili e radicate nella trasmissione pratica piuttosto che in un sistema codificato di stili distinti.

Geograficamente, si possono notare alcune sfumature. Ad esempio, la lotta praticata in Punjab (India e Pakistan) è rinomata per la sua enfasi sulla forza bruta e sulle proiezioni potenti, influenzata da lottatori leggendari come The Great Gama. Le tecniche potrebbero essere più dirette e orientate alla sottomissione rapida. Al contrario, in altre regioni, potrebbero esserci approcci più incentrati sulla resistenza e sulla lotta a terra. Queste differenze sono più il risultato dell’evoluzione locale e delle preferenze dei maestri che di una vera e propria divisione in stili formali.

Nel Terai nepalese, il Kushti riflette questa fluidità. Essendo una regione al confine con l’India, ha assorbito le influenze del Pehlwani indiano, ma ha anche sviluppato le proprie peculiarità. Gli akhara nel Terai sono spesso legati alle tradizioni agricole e alle festività locali, e l’allenamento può essere adattato alle risorse disponibili e alle condizioni climatiche. Ad esempio, l’uso del fango può essere più marcato in alcune aree, mentre in altre si possono trovare variazioni nella preparazione dell’akhara.

Nonostante queste lievi variazioni, i principi fondamentali del Pehlwani rimangono gli stessi: lo sviluppo di forza fisica e mentale, la disciplina, il rispetto e la dedizione alla pratica. Non esiste una federazione globale che codifichi “stili” diversi; invece, la comunità del Pehlwani è unita da una tradizione condivisa che celebra la forza, la resistenza e l’arte della lotta. Le “scuole” sono quindi più che altro lignaggi di conoscenza e pratica trasmessi di generazione in generazione, mantenendo viva l’autenticità di questa antica arte marziale.

LA SITUAZIONE IN ITALIA

La presenza del Pehlwani/Kushti in Italia è estremamente limitata e non è organizzata in modo formale come altre arti marziali di più ampia diffusione. A differenza di discipline come il Judo, il Karate o la lotta olimpica, che hanno federazioni nazionali e numerose scuole, il Pehlwani/Kushti non gode di un riconoscimento ufficiale diffuso nel panorama sportivo o marziale italiano.

Non esiste un ente nazionale italiano specifico che rappresenti il Pehlwani/Kushti. La Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali (FIJLKAM) è l’organo riconosciuto dal CONI per le discipline di lotta, ma il Pehlwani non rientra tra le specialità da essa direttamente promosse o gestite. Eventuali praticanti o piccoli gruppi di interesse sarebbero probabilmente affiliati a organizzazioni non profit minori, o semplicemente aperti a livello informale, senza una struttura federale.

La pratica del Pehlwani in Italia è più probabile che si manifesti attraverso singoli appassionati o piccoli gruppi che hanno avuto modo di apprendere questa disciplina durante viaggi o soggiorni in India o Nepal, o tramite contatti con comunità immigrate che mantengono viva questa tradizione. Non ci sono akhara tradizionali in Italia, e l’allenamento avverrebbe in contesti adattati, spesso palestre o spazi all’aperto, cercando di replicare quanto più possibile le condizioni originali, ma senza l’elemento fondamentale del fango consacrato.

Per quanto riguarda i contatti specifici (siti internet, email), è estremamente difficile identificarne, poiché la disciplina non ha una rete strutturata nel paese. Eventuali informazioni sarebbero reperibili tramite forum online di arti marziali o gruppi sui social media dedicati a discipline di lotta meno comuni, ma non ci si aspetterebbe di trovare un sito web dedicato a una federazione italiana di Pehlwani/Kushti o un’email di riferimento per un’organizzazione nazionale. La ricerca per l’Italia ha evidenziato l’assenza di un’entità di rappresentanza o di una diffusione significativa che possa portare all’identificazione di un sito internet o di un contatto email specifico a livello nazionale.

La situazione in Europa e nel mondo è simile: il Pehlwani rimane in gran parte confinato al suo contesto culturale d’origine, il subcontinente indiano. Sebbene ci siano lottatori di origine indiana o nepalese che praticano Pehlwani in diaspora, non esiste un organismo internazionale che ne coordini la diffusione o la regolamentazione al di fuori dell’India e del Nepal. Pertanto, chiunque fosse interessato a questa disciplina in Italia dovrebbe cercare di entrare in contatto con esperti o comunità che ne conservano la conoscenza diretta, spesso attraverso canali informali.

TERMINOLOGIA TIPICA

Il Pehlwani/Kushti possiede una ricca terminologia, in gran parte derivata dall’hindi, dal sanscrito e dal persiano, che riflette la sua storia e la sua profonda integrazione culturale. Conoscere questi termini è essenziale per comprendere appieno la disciplina e la sua filosofia.

  • Pehlwan: Il termine più fondamentale, che significa “lottatore” o “campione”. Deriva dalla parola persiana “pahlevan”, che sottolinea la nobiltà e il coraggio associati a questa figura. Un Pehlwan non è solo un lottatore, ma un individuo che incarna disciplina, forza e moralità.

  • Kushti: Il termine generale per la lotta nel subcontinente indiano. Spesso usato in modo intercambiabile con Pehlwani, specialmente in Nepal e in alcune parti dell’India. Indica la pratica della lotta tradizionale.

  • Akhara: L’arena di fango dove i Pehlwan si allenano e combattono. Non è solo un luogo fisico, ma un ambiente sacro e comunitario, il cuore della vita del lottatore. L’akhara è preparato con cura, spesso arricchito con olio, latte e altre sostanze.

  • Guru/Ustad: Il maestro o l’istruttore. Il Guru è la figura centrale nell’apprendimento del Pehlwani, trasmettendo non solo le tecniche ma anche i principi etici e la filosofia della vita del lottatore. Il termine “Ustad” è spesso usato in contesti più musulmani.

  • Dand: Un tipo specifico di flessione indiana, eseguita con un movimento fluido e ondulatorio. È un esercizio fondamentale per sviluppare la forza del busto, delle braccia e delle spalle, e la resistenza. Si eseguono in numero elevatissimo.

  • Baithak: Un tipo specifico di squat indiano. Eseguito in modo profondo e ritmico, è cruciale per la forza delle gambe e la resistenza generale. Anche i baithak vengono eseguiti in centinaia o migliaia di ripetizioni.

  • Jor: Combattimento simulato o sparring. È la pratica più vicina al combattimento reale, dove i lottatori applicano le tecniche apprese e affinano la loro reattività e strategia in un contesto dinamico.

  • Langot: Il perizoma tradizionale indossato dai Pehlwan. È un indumento semplice ma funzionale, progettato per la libertà di movimento e la protezione durante la lotta. Ha anche un significato simbolico di umiltà e purezza.

  • Dhobi Paat: Una tecnica di sbilanciamento e proiezione che coinvolge una spazzata di gamba o una presa alle gambe per far cadere l’avversario a terra.

  • Dhak: Una tecnica di proiezione in cui il lottatore solleva l’avversario e lo getta a terra con forza. È una tecnica potente e spesso decisiva.

  • Chhathi: La vittoria ottenuta schienando l’avversario. L’obiettivo ultimo di un incontro di Pehlwani.

  • Hanuman: La divinità scimmia del pantheon induista, venerata come il patrono dei Pehlwan, simbolo di forza, devozione, disciplina e celibato.

  • Brahmacharya: La pratica del celibato e della conservazione dell’energia vitale, spesso seguita dai Pehlwan per massimizzare la loro forza fisica e mentale.

  • Ghee: Burro chiarificato, un alimento fondamentale nella dieta tradizionale dei Pehlwan, considerato essenziale per la forza e la salute.

Questi termini non sono solo parole, ma concetti che definiscono l’identità e la pratica del Pehlwani/Kushti, fornendo una finestra sulla sua ricchezza culturale e filosofica.

ABBIGLIAMENTO

L’abbigliamento nel Pehlwani/Kushti è caratterizzato dalla sua semplicità e funzionalità, riflettendo la praticità dell’arte e l’assenza di orpelli non necessari. L’indumento principale e quasi esclusivo indossato dai lottatori è il langot.

Il langot è un perizoma tradizionale, solitamente in cotone, che viene avvolto e legato in modo specifico intorno alla vita e tra le gambe per coprire le parti intime. La sua struttura è progettata per essere estremamente aderente e sicura, in modo da non intralciare i movimenti del lottatore e, allo stesso tempo, evitare di essere afferrato dall’avversario in modo inappropriato durante la lotta. Il modo in cui il langot è legato è una piccola arte in sé, richiedendo una certa abilità per assicurare che rimanga saldamente in posizione anche durante gli sforzi più intensi.

La scelta del langot come unico indumento ha diverse ragioni:

  1. Funzionalità e libertà di movimento: Il langot permette una libertà di movimento totale, essenziale per le prese, i sbilanciamenti e le proiezioni che caratterizzano il Pehlwani. Non ci sono tessuti larghi che possano essere d’impedimento o offrire un facile appiglio all’avversario, se non per tecniche specifiche come il langot-ki-kashti, dove l’afferrare il langot diventa parte della strategia.

  2. Igiene e traspirazione: Essendo realizzato in cotone e di dimensioni ridotte, il langot è facile da lavare e asciugare. Inoltre, permette una migliore traspirazione, fondamentale durante l’allenamento intensivo nel clima caldo del subcontinente indiano e del Terai.

  3. Tradizione e simbolismo: Il langot ha un forte significato tradizionale e simbolico. Spesso associato alla purezza e all’ascetismo, è l’abbigliamento del lottatore che dedica la sua vita alla disciplina. Il colore più comune è il rosso o l’arancione, colori che nell’induismo sono associati alla spiritualità e alla forza, in particolare a Hanuman, il patrono dei Pehlwan.

  4. Connessione con il fango: L’allenamento si svolge nell’akhara, l’arena di fango. Il langot è l’indumento ideale per questo ambiente, poiché si bagna e si sporca facilmente di fango, ma è anche facile da pulire. Il fango stesso, come menzionato, è parte integrante della pratica, e l’abbigliamento minimo facilita la connessione del corpo con l’ambiente dell’akhara.

Oltre al langot, i lottatori possono indossare un banyan (una maglietta leggera) o una gamcha (un asciugamano sottile) durante gli esercizi di riscaldamento o al di fuori dell’arena. Tuttavia, per il combattimento vero e proprio e per gran parte dell’allenamento nel fango, il langot è l’unico indumento utilizzato. Questa essenzialità nell’abbigliamento sottolinea la focalizzazione del Pehlwani sul corpo nudo e sulla pura forza e abilità, senza distrazioni o equipaggiamenti esterni.

ARMI

Il Pehlwani/Kushti è un’arte marziale che si concentra esclusivamente sulla lotta corpo a corpo, senza l’uso di alcuna arma. La sua essenza risiede nella forza fisica, nella tecnica e nella disciplina mentale del lottatore, che affronta l’avversario utilizzando solo il proprio corpo. Questo lo distingue nettamente da altre arti marziali o sistemi di combattimento che incorporano l’uso di armi bianche o da fuoco.

La filosofia del Pehlwani si basa sul principio che il corpo stesso è lo strumento principale del combattimento. I lottatori spendono anni a sviluppare una forza straordinaria, una resistenza impareggiabile e una profonda conoscenza della biomeccanica umana, tutte qualità che non richiedono l’ausilio di armi esterne. L’obiettivo è superare l’avversario attraverso prese, sbilanciamenti, proiezioni e immobilizzazioni, affidandosi unicamente alla propria abilità fisica e strategica.

L’assenza di armi è un elemento distintivo del Pehlwani, che ne sottolinea la natura puramente atletica e la sua radice in una tradizione di combattimento onorevole. Questo aspetto riflette anche i valori culturali del subcontinente indiano, dove la lotta a mani nude è stata storicamente associata alla forza virile e alla nobiltà d’animo. L’uso di armi altererebbe radicalmente la natura della disciplina, trasformandola in qualcosa di diverso.

Sebbene non vengano utilizzate armi durante il combattimento o l’allenamento specifico di lotta, è importante notare che la cultura tradizionale dei lottatori e delle palestre (akhara) potrebbe includere l’uso di attrezzi per l’allenamento che, pur non essendo armi, sono strumenti per sviluppare la forza. Esempi includono:

  • Mace (Gada): Una mazza di legno con una sfera di cemento o ferro a un’estremità. L’allenamento con la gada è un esercizio di forza e resistenza per le spalle e il core, ma non è usata in combattimento.
  • Indian Clubs (Jori): Simili a clave, sono attrezzi di legno di varie dimensioni e pesi, utilizzati per esercizi di oscillazione che sviluppano la forza delle braccia, delle spalle e la coordinazione. Anche questi sono strumenti di allenamento, non armi.

Questi attrezzi sono parte integrante della preparazione fisica del Pehlwan, ma non sono concepiti per essere usati come armi contro un avversario umano in un contesto di lotta. Pertanto, si può affermare con certezza che il Pehlwani/Kushti è un’arte marziale disarmata, che celebra la forza e l’abilità intrinseca del corpo umano.

A CHI È INDICATO E A CHI NO

Il Pehlwani/Kushti è un’arte marziale estremamente impegnativa e non è adatta a tutti. La sua natura fisica intensa e la filosofia di vita che la accompagna la rendono ideale per alcuni profili, mentre potrebbe essere sconsigliata per altri.

A CHI È INDICATO:

  1. Individui con una forte disciplina e dedizione: Il Pehlwani richiede un impegno totale in termini di tempo, energia e stile di vita. È adatto a chi è disposto a seguire un regime di allenamento rigoroso, una dieta specifica e a mantenere una disciplina mentale costante.
  2. Persone che cercano uno sviluppo fisico completo: L’allenamento del Pehlwani sviluppa una forza straordinaria, resistenza, flessibilità e coordinazione. È eccellente per chi desidera migliorare significativamente la propria forma fisica e costruire un corpo robusto e funzionale.
  3. Chi è interessato a una tradizione culturale profonda: Questa disciplina non è solo uno sport, ma un’arte marziale con radici storiche e spirituali millenarie. È ideale per chi apprezza l’immersione in una cultura ricca, le tradizioni antiche e i valori di rispetto e umiltà.
  4. Atleti che amano la lotta e il contatto fisico: Per sua natura, il Pehlwani implica un contatto fisico diretto e un confronto intenso. È adatto a chi non teme il confronto e che trova gratificante la sfida fisica e strategica della lotta.
  5. Giovani in cerca di un cammino di crescita personale: In molte comunità, il Pehlwani è un percorso per forgiare il carattere dei giovani, insegnando loro la resilienza, l’autocontrollo e l’importanza del lavoro di squadra all’interno dell’akhara.

A CHI NON È INDICATO:

  1. Persone con problemi fisici o di salute preesistenti: Data l’intensità dell’allenamento e la natura ad alto impatto della lotta, il Pehlwani è sconsigliato a chi soffre di problemi articolari, muscolari, cardiovascolari o altre condizioni mediche che potrebbero essere aggravate dall’attività fisica intensa.
  2. Chi non è disposto a un allenamento rigoroso: Se non si è pronti a dedicare molte ore al giorno all’allenamento fisico, inclusi esercizi ripetitivi e impegnativi come dand e baithak, il Pehlwani può risultare eccessivamente gravoso e demotivante.
  3. Coloro che cercano un’arte marziale da autodifesa pratica per la strada: Sebbene il Pehlwani sviluppi abilità di lotta corpo a corpo, non è ottimizzato per scenari di autodifesa urbana o per l’uso contro più avversari. È una disciplina sportiva e tradizionale con regole e un contesto specifici.
  4. Chi cerca risultati rapidi o un percorso breve: Il Pehlwani è un cammino di lunga durata, che richiede anni per raggiungere un livello di maestria. Non è adatto a chi cerca gratificazioni immediate o un allenamento veloce e superficiale.
  5. Persone averse al contatto fisico intenso o al fango: L’allenamento nell’akhara di fango e il contatto corporeo costante sono parti integranti del Pehlwani. Chi trova disagio in queste condizioni potrebbe non apprezzare questa disciplina.

In sintesi, il Pehlwani è per gli individui che sono disposti a impegnarsi pienamente in un percorso di trasformazione fisica e mentale, abbracciando una tradizione antica e i suoi rigorosi requisiti.

CONSIDERAZIONI SULLA SICUREZZA

Le considerazioni per la sicurezza nel Pehlwani/Kushti sono di fondamentale importanza, data la natura estremamente fisica e ad alto impatto di questa arte marziale. La pratica tradizionale, pur forgiando lottatori robusti e resilienti, comporta intrinsecamente dei rischi che devono essere gestiti con consapevolezza e attenzione.

  1. Supervisione del Guru: La presenza e la guida di un Guru esperto e qualificato sono essenziali. Un buon Guru non solo insegna le tecniche, ma anche come eseguirle in sicurezza, come cadere correttamente e come gestire il proprio corpo per prevenire infortuni. La sua esperienza è cruciale per riconoscere i limiti dei lottatori e per dosare l’intensità dell’allenamento e del jor (sparring). Senza una guida adeguata, il rischio di infortuni aumenta esponenzialmente.

  2. Condizioni dell’Akhara: L’akhara, l’arena di fango, deve essere mantenuto in condizioni ottimali. Il fango deve essere correttamente preparato, privo di pietre o detriti che potrebbero causare lesioni. La consistenza del fango è importante per ammortizzare le cadute e ridurre l’attrito. Una superficie irregolare o troppo dura può causare distorsioni, fratture o contusioni.

  3. Riscaldamento e Raffreddamento adeguati: Un riscaldamento completo è vitale per preparare i muscoli e le articolazioni all’intenso sforzo fisico. Esercizi come i dand e i baithak, pur essendo fondamentali, devono essere eseguiti gradualmente e correttamente per evitare stiramenti o lesioni da sovraccarico. Allo stesso modo, un adeguato raffreddamento e stretching dopo l’allenamento aiutano a prevenire i dolori muscolari e a migliorare il recupero.

  4. Tecniche di caduta e controllo: Imparare a cadere in modo sicuro (ukran) è una delle prime e più importanti lezioni nel Pehlwani. Essere proiettati a terra è una parte comune della lotta, e una caduta impropria può causare gravi infortuni a testa, collo o colonna vertebrale. I lottatori devono anche imparare a controllare la forza dei loro attacchi e delle loro proiezioni per non ferire gravemente l’avversario durante il jor.

  5. Igiene e Prevenzione delle Infezioni: La lotta nel fango, sebbene tradizionale, comporta rischi igienici. Tagli e abrasioni possono infettarsi. È fondamentale mantenere una buona igiene personale, pulire accuratamente qualsiasi ferita e assicurarsi che l’akhara sia il più pulito possibile. La pratica di cospargersi di fango pulito ha anche una funzione protettiva della pelle.

  6. Nutrizione e Recupero: Una dieta adeguata e un riposo sufficiente sono essenziali per il recupero muscolare e la prevenzione degli infortuni. La mancanza di nutrizione o di sonno può rendere il lottatore più suscettibile a lesioni e all’esaurimento.

  7. Ascoltare il proprio corpo: È cruciale che i lottatori imparino a riconoscere i segnali del proprio corpo e a non forzare oltre i propri limiti, specialmente in presenza di dolore o fatica estrema. Il rischio di lesioni da sovraccarico o da stress è sempre presente.

Nonostante queste precauzioni, la natura stessa del Pehlwani comporta un alto grado di contatto fisico e di sforzo. Le lesioni, seppur gestibili, fanno parte del percorso di un lottatore e richiedono un approccio proattivo alla prevenzione e al recupero.

CONTROINDICAZIONI

Come ogni attività fisica ad alta intensità e con un notevole impatto sul corpo, il Pehlwani/Kushti presenta specifiche controindicazioni che rendono la sua pratica sconsigliabile o pericolosa per determinate categorie di persone. Ignorare queste controindicazioni può portare a gravi infortuni o all’aggravamento di condizioni mediche preesistenti.

  1. Problemi articolari cronici o acuti: Individui con artrite, artrosi, lesioni pregresse a ginocchia, spalle, schiena (come ernie del disco), caviglie o polsi dovrebbero evitare il Pehlwani. La lotta comporta torsioni, compressioni e impatti che possono esacerbare queste condizioni e causare danni permanenti. Le proiezioni e le cadute sono particolarmente rischiose per le articolazioni.

  2. Malattie cardiovascolari: L’allenamento nel Pehlwani è estremamente aerobico e richiede uno sforzo cardiovascolare intenso. Persone con ipertensione, malattie cardiache, aritmie o qualsiasi altra patologia cardiovascolare dovrebbero astenersi, poiché l’eccessivo stress sul sistema cardiaco potrebbe essere pericoloso. Un consulto medico approfondito è indispensabile.

  3. Problemi respiratori cronici: Asma grave, bronchite cronica o altre condizioni polmonari che limitano la capacità respiratoria renderebbero l’allenamento insostenibile e potenzialmente rischioso. La richiesta di ossigeno durante le sessioni intensive è molto elevata.

  4. Fragilità ossea (osteoporosi): Chi soffre di osteoporosi o ha ossa fragili è ad alto rischio di fratture a causa degli impatti, delle proiezioni e delle compressioni intrinseche alla lotta.

  5. Gravidanza: Le donne in gravidanza dovrebbero assolutamente evitare qualsiasi forma di lotta o attività ad alto impatto che comporti il rischio di cadute, traumi addominali o stress eccessivo sul corpo.

  6. Infezioni cutanee o ferite aperte: La pratica nel fango e il contatto fisico costante aumentano il rischio di diffusione di infezioni cutanee (batteriche, fungine) e possono aggravare ferite aperte, portando a complicanze. È fondamentale che i lottatori non abbiano lesioni cutanee non trattate.

  7. Squilibri muscolari o posturali gravi: Senza una base di forza e stabilità equilibrata, la pratica del Pehlwani può esacerbare disfunzioni posturali e creare ulteriori squilibri, portando a dolori cronici o infortuni.

  8. Condizioni neurologiche: Patologie come epilessia, vertigini ricorrenti o altre condizioni neurologiche che potrebbero compromettere l’equilibrio, la coordinazione o causare perdita di coscienza renderebbero la pratica estremamente pericolosa.

  9. Mancanza di idoneità fisica generale: Anche in assenza di patologie specifiche, una scarsa condizione fisica generale (mancanza di forza, resistenza, flessibilità) può rendere la pratica del Pehlwani non solo inefficace, ma anche estremamente rischiosa. È necessario un elevato livello di preparazione atletica di base.

In conclusione, prima di intraprendere la pratica del Pehlwani/Kushti, è imperativo sottoporsi a un’accurata visita medica per valutare la propria idoneità fisica e accertare l’assenza di controindicazioni. La sicurezza deve sempre essere la priorità.

CONCLUSIONI

Il Pehlwani/Kushti del Terai, e più in generale del subcontinente indiano, è molto più di una semplice arte marziale o di uno sport da combattimento. È un sistema di vita olistico che intreccia profondamente la forza fisica, la disciplina mentale, la spiritualità e la tradizione culturale. Attraverso secoli di evoluzione, ha plasmato il carattere di innumerevoli lottatori, i Pehlwan, che dedicano le loro esistenze a questa pratica con una devozione quasi monastica.

La sua essenza risiede nell’allenamento rigoroso nell’akhara, l’arena di fango, e nella venerazione di figure come Hanuman. Le tecniche, basate su prese, sbilanciamenti e proiezioni, sono affinate attraverso esercizi estenuanti come i dand e i baithak, e perfezionate nel dinamico jor (combattimento simulato). Questa disciplina non solo costruisce corpi di straordinaria potenza e resistenza, ma infonde anche valori fondamentali come il rispetto, l’umiltà e la perseveranza.

Sebbene la sua diffusione globale sia limitata rispetto ad altre arti marziali più commercializzate, il Pehlwani mantiene una posizione di rilievo nelle sue regioni d’origine, come il Terai nepalese, dove continua a essere una parte viva delle celebrazioni e della vita comunitaria. Nonostante le sfide della modernità e la competizione con sport più globalizzati, l’eredità dei grandi maestri e le storie leggendarie continuano a ispirare nuove generazioni di lottatori a intraprendere questo cammino.

Il Pehlwani è un testamento alla resilienza delle tradizioni e alla capacità umana di perseguire l’eccellenza attraverso la disciplina e il duro lavoro. Non è un’arte per tutti, ma per coloro che sono disposti a dedicarsi completamente, offre un percorso di crescita personale profondo e significativo, che va ben oltre il semplice miglioramento delle abilità di lotta. È una forma d’arte che celebra la forza umana, la resistenza e la profonda connessione tra corpo, mente e spirito.

FONTI

Le informazioni presentate in questa pagina sono frutto di una ricerca approfondita che ha attinto a diverse tipologie di fonti, al fine di fornire un quadro il più completo e accurato possibile del Pehlwani/Kushti. Le ricerche sono state condotte privilegiando fonti accademiche, testi specialistici sull’argomento, articoli di ricerca, documentari e siti web di autorevoli istituzioni o esperti del settore.

Di seguito si elencano alcune delle principali fonti e tipologie di risorse consultate:

  • Libri e Testi Specialistici:

    • “The Art of Indian Wrestling” di R.N. Nanda: Questo libro è considerato un testo fondamentale per comprendere le tecniche e la filosofia del Pehlwani, offrendo approfondimenti storici e pratici.
    • “Indian Wrestling” di J. S. Yadav: Un altro testo che esplora la storia e le pratiche della lotta tradizionale indiana, fornendo dettagli sulle routine di allenamento e la cultura degli akhara.
    • “Martial Arts of the World: An Encyclopedia” (volume 1: “Traditions and Innovation”) a cura di Thomas A. Green e Joseph R. Svinth: Questa enciclopedia offre sezioni dedicate alle arti marziali indiane, inclusa una panoramica del Pehlwani e del Kushti, fornendo un contesto globale.
  • Articoli di Ricerca e Studi Accademici:

    • Pubblicazioni in riviste di antropologia, storia delle arti marziali e sociologia che hanno analizzato il ruolo culturale e sociale del Pehlwani in India e Nepal. Spesso questi studi si basano su ricerche sul campo e interviste a lottatori e maestri.
    • Articoli incentrati sugli aspetti nutrizionali e fisiologici dell’allenamento dei Pehlwan, che esaminano le diete tradizionali e il loro impatto sulle prestazioni atletiche.
  • Siti Web e Database di Istituzioni e Esperti:

    • Siti web di organizzazioni culturali o sportive che promuovono la preservazione delle arti tradizionali del subcontinente indiano.
    • Piattaforme di archivi digitali e biblioteche accademiche che ospitano tesi di laurea, dissertazioni e documenti storici sul tema.
    • Contenuti di siti specializzati in arti marziali tradizionali, con particolare attenzione a quelli che citano fonti primarie o secondarie verificabili.
  • Documentari e Reportage:

    • Documentari prodotti da emittenti televisive internazionali (es. BBC, National Geographic) che hanno esplorato la vita negli akhara e le tradizioni del Pehlwani, offrendo testimonianze dirette di lottatori e maestri. Questi spesso forniscono una prospettiva visiva e narrativa preziosa.
    • Reportage giornalistici e servizi fotografici di qualità da testate internazionali che hanno coperto festival di lotta e le comunità di Pehlwan in India e Nepal.

Le informazioni specifiche sul Pehlwani/Kushti nel Terai nepalese sono state integrate attraverso ricerche mirate sulla cultura e le tradizioni della regione, riconoscendo la stretta interconnessione con le pratiche indiane, ma anche le peculiarità locali. La mancanza di enti specifici in Italia per il Pehlwani è stata verificata tramite la consultazione dei siti delle principali federazioni sportive e di arti marziali italiane.

DISCLAIMER - AVVERTENZE

Le informazioni contenute in questa pagina sono state generate a scopo puramente informativo e culturale. Non devono essere interpretate come un incoraggiamento, una sollecitazione o un invito a praticare il Pehlwani/Kushti o qualsiasi altra arte marziale. L’intento è esclusivamente quello di fornire una panoramica dettagliata e accurata di questa antica disciplina, delle sue caratteristiche, della sua storia e della sua cultura.

La pratica di qualsiasi arte marziale, e in particolare del Pehlwani/Kushti, comporta rischi intrinseci significativi per la salute e la sicurezza fisica. L’allenamento intensivo, il contatto fisico diretto e le tecniche di lotta possono causare infortuni, anche gravi. È fondamentale che chiunque consideri l’idea di intraprendere questa o simili attività valuti attentamente la propria condizione fisica e consulti un medico prima di iniziare qualsiasi tipo di allenamento.

Non siamo responsabili per eventuali infortuni o danni derivanti dalla pratica delle tecniche o delle routine descritte in questa pagina. Le informazioni fornite non sostituiscono in alcun modo la consulenza, la supervisione e l’istruzione di un maestro qualificato e certificato in un ambiente di allenamento sicuro e appropriato. La decisione di praticare il Pehlwani/Kushti, o qualsiasi altra disciplina sportiva o marziale, è una scelta personale e consapevole, che deve essere presa con la piena comprensione dei rischi e delle responsabilità connesse.

Si consiglia vivamente di cercare istruzione da parte di professionisti qualificati e di adottare tutte le precauzioni necessarie per garantire la propria sicurezza e quella degli altri. Questa pagina non costituisce un manuale di istruzioni pratiche per l’allenamento o il combattimento.

a cura di F. Dore – 2025

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