Tabella dei Contenuti
COSA E'
Introduzione: Oltre la Semplice Definizione
Definire lo Yingmenquan (鹰门拳) semplicemente come “Pugno della Porta dell’Aquila” sarebbe come descrivere un oceano indicandone una singola goccia. Sebbene la traduzione letterale offra un primo, suggestivo indizio, essa scalfisce appena la superficie di ciò che questo sistema rappresenta. Lo Yingmenquan non è meramente un’arte marziale; è una complessa e stratificata metodologia di combattimento, una disciplina per la forgiatura del corpo e della mente, e una profonda filosofia esistenziale incapsulata nella potente metafora di uno dei più maestosi predatori della natura.
Per comprendere appieno “cosa è” lo Yingmenquan, è necessario intraprendere un viaggio che smonta e analizza ogni suo componente, dal significato recondito del suo nome alla sua collocazione nel vasto panorama delle arti marziali cinesi, fino all’essenza spirituale e strategica che ne anima ogni singolo movimento. È un sistema che esige dal praticante non solo l’apprendimento di tecniche, ma la completa trasformazione del proprio essere, fino a incarnare lo spirito, la visione e la letale efficacia dell’aquila.
Questo approfondimento esplorerà l’identità dello Yingmenquan attraverso le sue diverse dimensioni: l’analisi semantica del suo nome, la sua natura di sistema di combattimento ibrido, i suoi pilastri tecnici fondamentali e la sua intrinseca dimensione filosofica e strategica.
La Decodifica del Nome: Un Trittico di Significati
Il nome stesso, Ying Men Quan, è una dichiarazione d’intenti, un manifesto programmatico composto da tre ideogrammi carichi di significato. Analizzarli singolarmente è il primo passo fondamentale per penetrare il cuore di questa disciplina.
Ying (鹰): L’Essenza dell’Aquila
L’ideogramma Ying significa “Aquila”. Nello Yingmenquan, tuttavia, l’aquila non è solo un animale da imitare nei movimenti esteriori, come potrebbe accadere in una danza folcloristica. L’aquila è un archetipo, un modello di perfezione predatoria le cui qualità devono essere assorbite e interiorizzate dal praticante. Lo studio non si ferma alla mimica, ma mira all’emulazione del Jingshen (精神), lo spirito indomabile dell’animale.
Le qualità dell’aquila che lo Yingmenquan si propone di coltivare sono molteplici e profondamente interconnesse:
La Visione Penetrante (Shìlì – 视力): L’aquila è celebre per la sua vista acuta, capace di individuare una piccola preda da grandi altezze. Nel contesto marziale, questo si traduce in una percezione superiore. Il praticante impara a “vedere” oltre l’ovvio: non guarda solo le mani o i piedi dell’avversario, ma il suo centro di gravità, il suo respiro, la tensione dei suoi muscoli, la sua intenzione prima ancora che si manifesti in un’azione. È lo sviluppo di una consapevolezza a 360 gradi, che trasforma gli occhi in strumenti di analisi strategica.
La Potenza Esplosiva (Lìliàng – 力量): Un’aquila in picchiata è un proiettile di muscoli e ossa. La sua potenza non deriva dalla massa, ma dalla perfetta conversione dell’energia potenziale in energia cinetica. Allo stesso modo, lo Yingmenquan insegna a generare una forza devastante non attraverso la contrazione muscolare isolata, ma attraverso la coordinazione perfetta di tutto il corpo. La forza nasce dai piedi, viene amplificata dalla rotazione delle anche e della vita (Yao – 腰) e infine rilasciata attraverso l’arto che colpisce, che sia un pugno, un calcio o, più specificamente, un artiglio.
La Precisione Chirurgica (Zhǔnquè – 准确): L’aquila non spreca energie. Il suo attacco è mirato, preciso, diretto al punto più vulnerabile della preda. Questa economia di movimento è un principio cardine dello Yingmenquan. Ogni colpo, ogni presa, ogni leva è studiata per massimizzare l’effetto con il minimo sforzo. Si ricercano i punti vitali (Dian Xue – 点穴), i centri nervosi, i tendini e le articolazioni, dove una pressione relativamente piccola può produrre un risultato sproporzionato in termini di dolore e controllo.
L’Implacabilità Controllata (Hěn – 狠): Quando l’aquila attacca, lo fa con una determinazione totale e senza esitazione. Questo non va confuso con la rabbia o l’aggressività cieca. È, piuttosto, una forma di intento puro, una focalizzazione mentale che esclude ogni dubbio. Il praticante di Yingmenquan coltiva questa risolutezza: nel momento del bisogno, l’azione deve essere istantanea, decisa e portata a compimento. È la capacità di passare da uno stato di calma vigile a uno di azione totale in una frazione di secondo.
L’Agilità e l’Adattabilità (Mǐnjié – 敏捷): L’aquila non è solo potente in attacco, ma è anche una maestra del volo, capace di cambiare direzione istantaneamente, di sfruttare le correnti d’aria, di schivare ostacoli. Questa agilità si riflette nel lavoro di gambe (Bu Fa – 步法) dello Yingmenquan. Il praticante impara a muoversi in modo imprevedibile, a passare da posizioni stabili a scatti fulminei, a usare l’evasione non come una fuga passiva, ma come un’opportunità per riposizionarsi e contrattaccare da un’angolazione vantaggiosa.
Men (门): La Metafora della Porta
L’ideogramma Men significa “Porta” o “Cancello”. Questo è forse il concetto più astratto e filosofico del nome, e la sua interpretazione apre a molteplici livelli di lettura.
La Porta come Ingresso Strategico: In senso marziale, la “porta” è l’apertura nella guardia dell’avversario. Lo Yingmenquan è una scuola di pensiero che insegna a identificare, creare e sfondare queste porte. L’obiettivo non è scontrarsi forza contro forza, ma aggirare la struttura difensiva dell’avversario, penetrare nel suo spazio personale e colpirlo dove è più sguarnito. Il concetto di “aprire la porta” (Kai Men – 开门) è centrale: si usano finte, pressioni e movimenti rapidi per costringere l’avversario a reagire, creando così un varco da sfruttare.
La Porta come Lignaggio e Scuola: Nel contesto tradizionale cinese, “entrare nella porta” (Rù Mén – 入门) significa diventare un discepolo ufficiale di una scuola o di un maestro. La “Porta dell’Aquila” è quindi anche la scuola stessa, la tradizione, l’insieme di conoscenze che vengono trasmesse da una generazione all’altra. Essere un praticante di Yingmenquan significa essere parte di questo lignaggio, un custode dei suoi segreti e dei suoi principi. La “porta” protegge la conoscenza dall’esterno e, allo stesso tempo, rappresenta il percorso che l’allievo deve attraversare per raggiungere la maestria.
La Porta come Soglia Interiore: A un livello più profondo, la “porta” è una metafora del proprio potenziale latente. L’allenamento nello Yingmenquan è un percorso per “aprire le porte” interiori: la porta della paura, la porta dei limiti fisici autoimposti, la porta della comprensione. Ogni progresso, ogni superamento di una difficoltà, è come varcare una nuova soglia che conduce a una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie capacità.
La Porta come Concetto Spaziale: Il controllo dello spazio è fondamentale. La “porta” definisce la distanza critica tra i due combattenti. Stare “fuori dalla porta” significa essere al sicuro. “Controllare la porta” significa dettare la distanza dello scontro, decidere quando e come entrare nello spazio dell’avversario per attaccare, e quando uscirne per evitare il pericolo. Le tecniche di passo e le strategie sono tutte costruite attorno a questa gestione dinamica della “porta”.
Quan (拳): L’Arte del Combattimento a Mani Nude
L’ideogramma Quan si traduce comunemente come “Pugno”, ma il suo significato è molto più ampio. Rappresenta l’intero corpus delle tecniche di combattimento senz’armi di un sistema. Non si riferisce solo all’atto di colpire con la mano chiusa, ma è un termine generico per “arte marziale” o “stile di boxe cinese”.
Nello Yingmenquan, il Quan è la manifestazione fisica dei principi dell’Aquila e della strategia della Porta. Esso comprende:
Tecniche di Percussione (Dǎ Jī – 打击): Pur essendo famoso per le prese, lo stile possiede un arsenale completo di colpi portati con ogni parte del corpo: pugni, palmi, dita, gomiti, ginocchia, calci. Questi colpi sono raramente isolati; sono spesso usati in combinazione con le tecniche di controllo o come attacchi di disturbo per creare l’opportunità di una presa.
Tecniche di Presa e Controllo (Qín Ná – 擒拿): Questo è il cuore del Quan dello Yingmenquan. Va oltre il semplice afferrare. Qin Na è la scienza sofisticata del controllo delle articolazioni, della pressione dei punti nervosi, della presa dei tendini e dei muscoli. L’obiettivo è neutralizzare la capacità di combattimento dell’avversario manipolando la sua struttura corporea.
Tecniche di Proiezione e Sbilanciamento (Shuāi Fǎ – 摔法): Direttamente collegate al Qin Na, queste tecniche utilizzano le prese e le leve non solo per immobilizzare, ma per sradicare l’avversario dal suolo, proiettandolo in modo controllato e spesso traumatico.
L’Integrazione nel Movimento: Il vero significato di Quan in questo stile risiede nell’integrazione fluida di tutte queste componenti. Un attacco di pugno può trasformarsi istantaneamente in una presa al polso, che a sua volta diventa una leva al gomito, che si conclude con uno sbilanciamento e un colpo finale a un punto vitale. È questa capacità di transizione senza soluzione di continuità che rende il “Pugno” dello Yingmenquan così efficace e difficile da contrastare.
In sintesi, Yingmenquan è “l’arte del combattimento che utilizza la strategia della porta per applicare i principi e lo spirito dell’aquila”.
Un Sistema Ibrido: La Fusione di Esterno e Interno
Una delle domande più comuni nel classificare gli stili di Kung Fu è se appartengano alla famiglia “esterna” (Waijia – 外家) o “interna” (Neijia – 内家). Lo Yingmenquan sfida questa categorizzazione binaria, posizionandosi come un magnifico esempio di sistema ibrido, un ponte tra i due mondi.
L’Anima Esterna (Waijia)
A prima vista, lo Yingmenquan presenta tutte le caratteristiche di uno stile esterno. L’allenamento è fisicamente estenuante e si concentra sullo sviluppo di attributi fisici tangibili:
Forza Muscolare e Tendinea: L’allenamento per sviluppare il famoso “Artiglio d’Aquila” (Ying Zhao) è un esempio lampante. Esercizi come afferrare pesi con le dita, stringere sfere di legno o metallo e fare flessioni sulle dita sono pratiche puramente esterne, volte a costruire una forza fisica misurabile.
Velocità e Potenza Esplosiva: Le forme (Taolu) vengono eseguite con scatti di velocità e manifestazioni visibili di potenza. L’enfasi sulla rapidità dei colpi e dei movimenti rientra pienamente nel dominio del Waijia.
Condizionamento del Corpo: La pratica include esercizi per indurire il corpo, in particolare avambracci, tibie e mani, per renderli sia armi efficaci che scudi resistenti agli impatti. Questa è una caratteristica distintiva degli stili esterni.
Il Cuore Interno (Neijia)
Tuttavia, fermarsi all’aspetto esteriore sarebbe un errore madornale. Lo Yingmenquan è permeato di principi interni che ne costituiscono il vero motore. Senza di essi, le tecniche sarebbero gusci vuoti, forti ma privi di raffinatezza e vera efficacia.
La Coltivazione del Qi (气): Sebbene non venga enfatizzato con pratiche lente e meditative come nel Taijiquan, il concetto di Qi, o energia vitale, è fondamentale. La potenza non deve derivare solo dal muscolo (Li – 力), ma dal flusso coordinato di Qi che culmina nella manifestazione della forza interna (Jin – 劲). La respirazione corretta è la chiave per dirigere il Qi e unire la mente e il corpo in un’unica azione.
Lo Sviluppo del Jin (劲): Il Jin è la forza marziale raffinata, una potenza intelligente che va oltre la forza bruta. Lo Yingmenquan coltiva diverse tipologie di Jin. Per esempio, il “Jin a spirale” (Chan Si Jin) è evidente nelle tecniche di leva e torsione, dove una piccola rotazione del polso, coordinata con il movimento del corpo, può generare una forza irresistibile. Il “Jin esplosivo” (Fa Jin) si manifesta nei colpi rapidi e penetranti.
L’Unione di Mente e Intenzione (Yi – 意): L’intenzione (Yi) dirige il Qi, e il Qi muove il corpo. Questo è un assioma delle arti interne. Nello Yingmenquan, ogni movimento è guidato da un’intenzione chiara e focalizzata. Quando si esegue una presa ad artiglio, la mente “visualizza” la penetrazione delle dita nei tessuti dell’avversario. Questa forte connessione mente-corpo è ciò che conferisce alle tecniche la loro precisione e la loro “anima”.
La Ricerca della “Morbidezza” (Rou – 柔): Contrariamente a quanto la sua natura aggressiva potrebbe suggerire, lo Yingmenquan fa ampio uso della morbidezza. Le tecniche di Qin Na non si basano sulla contrapposizione di forza, ma sull’assecondare il movimento dell’avversario per poi reindirizzarlo a proprio vantaggio, trovando l’angolo giusto per applicare una leva con il minimo sforzo. È l’arte di usare la morbidezza per superare la durezza.
In conclusione, lo Yingmenquan è un sistema Waijia nella sua metodologia di allenamento e nella sua espressione dinamica, ma profondamente Neijia nei suoi principi motori e nella sua ricerca di efficienza. È un’arte che costruisce un corpo forte e condizionato all’esterno per poter ospitare e manifestare una sofisticata energia interna.
I Pilastri Tecnici: L’Architettura del Combattimento
L’edificio dello Yingmenquan si regge su alcuni pilastri tecnici fondamentali che, pur essendo interconnessi, meritano un’analisi individuale per comprenderne la profondità e la funzione specifica all’interno del sistema.
1. Ying Zhao (鹰爪): L’Artiglio che Definisce lo Stile
L’Artiglio d’Aquila è l’arma per eccellenza dello Yingmenquan, il suo simbolo e la sua tecnica più iconica. Non si tratta di una singola posizione della mano, ma di un intero sistema di utilizzo delle dita e del palmo per controllare, lacerare e colpire. La mano si trasforma in uno strumento versatile capace di:
Afferrare e Controllare (Zhua – 抓): La funzione primaria è la presa. A differenza di una semplice stretta, lo Zhua dello Yingmenquan è attivo e penetrante. Le dita non si limitano a stringere, ma cercano di affondare nei muscoli, tra i tendini o nelle cavità del corpo dell’avversario, causando un dolore intenso che crea un’immediata reazione di sottomissione o un’apertura per un’altra tecnica.
Lacerare e Strappare (Si – 撕): Una volta stabilita la presa, l’artiglio può essere usato per tirare o strappare, mirando a muscoli o tessuti molli. Questa azione non è solo dolorosa, ma può causare danni funzionali, rendendo un arto inutilizzabile.
Sigillare e Bloccare (Kou – 扣): L’artiglio può essere usato per “sigillare” le articolazioni, applicando una pressione precisa che ne impedisce il movimento. Una presa Kou al polso, per esempio, può bloccare l’intera struttura del braccio.
Colpire con le Dita (Dian – 点): Le punte delle dita, condizionate per essere dure come pietra, diventano proiettili per colpire punti di pressione e centri nervosi (Dian Xue). Questo richiede una precisione estrema e una profonda conoscenza dell’anatomia umana.
Lo sviluppo dell’Artiglio d’Aquila è un processo lungo e arduo, che richiede anni di Gong (功), un lavoro costante e specifico per rafforzare ogni singola falange, i tendini dell’avambraccio e la capacità di coordinare la forza di tutte le dita in un unico punto.
2. Shen Fa (身法): La Grammatica del Movimento Corporeo
Se l’artiglio è la parola, lo Shen Fa (metodo del corpo) è la grammatica che permette di costruire frasi complesse e significative. Si riferisce al modo in cui l’intero corpo si muove e si coordina per generare potenza, mantenere l’equilibrio e applicare le tecniche in modo efficace. I suoi principi chiave sono:
Radicamento (Gen – 根): Ogni movimento nasce dalla connessione con il suolo. Il praticante impara a sentirsi “radicato”, traendo stabilità e forza dalla terra.
Il Dominio della Vita (Yao – 腰): La vita e le anche sono il motore del corpo. Nello Yingmenquan, ogni rotazione, ogni colpo e ogni proiezione è guidata da un movimento della vita. È il centro che collega la forza delle gambe alla parte superiore del corpo.
L’Apertura e la Chiusura (Kai He – 开合): Il corpo si muove secondo un ritmo costante di “apertura” (espansione, per colpire o allungarsi) e “chiusura” (contrazione, per proteggersi, accumulare energia o applicare una leva). Questa dinamica è essenziale per la generazione di potenza e per la difesa.
La Connessione delle “Sei Armonie” (Liu He – 六合): Questo è un principio classico del Kung Fu, fondamentale nello Yingmenquan. Si divide in tre armonie esterne (spalle con anche, gomiti con ginocchia, mani con piedi) e tre armonie interne (cuore/intenzione con mente, mente con Qi, Qi con forza). Quando tutte e sei le armonie sono allineate, il corpo si muove come un’unica unità, esprimendo il massimo del suo potenziale.
3. Bu Fa (步法): L’Arte di Muoversi sul Campo di Battaglia
Il Bu Fa (metodo dei passi) è la base su cui poggia l’intera arte. Un praticante con tecniche di mano eccellenti ma con un lavoro di gambe mediocre sarà sempre inefficace. Nello Yingmenquan, il footwork è dinamico e adattivo, riflettendo ancora una volta la natura dell’aquila.
Le posizioni (Bu – 步) non sono statiche, ma punti di transizione. Si passa da una posizione bassa e stabile come la Ma Bu (posizione del cavaliere), usata per generare potenza, a una agile e alta come la Gong Bu (posizione dell’arco), usata per affondare con un attacco.
Il movimento è caratterizzato da rapidi cambi di direzione, salti improvvisi per coprire la distanza o per schivare, e passi scivolati che permettono di mantenere il baricentro basso e stabile mentre ci si muove. L’obiettivo del Bu Fa è triplice: posizionare il corpo all’angolazione ottimale per l’attacco, gestire la distanza dall’avversario e sottrarsi a una linea di attacco pericolosa.
4. Yan Fa (眼法): Il Metodo dello Sguardo
Come già accennato, la vista è cruciale. Lo Yan Fa (metodo dello sguardo) è l’allenamento specifico degli occhi e della percezione visiva. Il detto marziale “le mani seguono lo sguardo, lo sguardo segue l’intenzione” è qui portato alla sua massima espressione.
L’allenamento dello Yan Fa insegna a:
Mantenere il “Fuoco” (Shen – 神): Lo sguardo non deve essere né vacuo né troppo teso. Deve essere vivo, concentrato ma rilassato, capace di percepire l’intero campo visivo senza fissarsi su un singolo punto.
Leggere l’Intenzione: Osservando i micro-movimenti degli occhi, delle spalle e delle anche dell’avversario, un praticante esperto può anticiparne le intenzioni.
Usare lo Sguardo come Arma: Uno sguardo intenso e focalizzato può avere un effetto psicologico sull’avversario, intimidendolo o inducendolo in errore.
La Dimensione Filosofica e Strategica: Combattere con la Mente
Lo Yingmenquan è, in definitiva, un’arte di intelligenza strategica. La sua filosofia di combattimento può essere riassunta nella leggenda del suo fondatore: non opporre mai la propria debolezza alla forza dell’avversario.
Questa massima si traduce in una serie di principi strategici che definiscono l’approccio al combattimento:
Evitare la Forza, Attaccare la Debolezza: Lo scontro frontale è l’ultima risorsa. La strategia preferita è quella di usare l’agilità e il movimento per aggirare la linea di forza dell’avversario e attaccare i suoi punti deboli (angoli ciechi, fasi di recupero tra un attacco e l’altro, parti del corpo vulnerabili).
Pazienza e Opportunismo: Come l’aquila che volteggia a lungo prima di scegliere il momento perfetto per la picchiata, il praticante di Yingmenquan impara ad attendere l’opportunità giusta. Questo richiede calma interiore e la capacità di resistere all’impulso di attaccare in modo avventato.
Controllo sulla Distanza: Chi controlla la distanza, controlla il combattimento. Lo Yingmenquan eccelle nel passaggio rapido dalla lunga distanza (dove si usano calci bassi e movimenti evasivi) alla distanza ravvicinatissima (dove le tecniche di Qin Na e i colpi di gomito diventano sovrane).
L’Inganno è un’Arte: Le finte, i cambi di ritmo e i movimenti imprevedibili sono parte integrante del repertorio. L’obiettivo è confondere l’avversario, costringerlo a reagire in modo prevedibile per poi punire il suo errore.
In conclusione, “cosa è” lo Yingmenquan è una domanda che trova risposta non in una singola frase, ma in un mosaico di concetti. È un’arte marziale che forgia un corpo forte (Waijia) animato da principi interni (Neijia). È un sistema tecnico basato sui pilastri dell’Artiglio, del Movimento Corporeo, dei Passi e dello Sguardo. È una strategia di combattimento basata sull’intelligenza, la pazienza e l’efficacia. E, soprattutto, è un percorso di trasformazione personale che invita il praticante a guardare il mondo e sé stesso con la visione chiara, lo spirito indomabile e la grazia letale di un’aquila.
CARATTERISTICHE, FILOSOFIA E ASPETTI CHIAVE
Introduzione: La Triade Indissolubile di Forma, Funzione e Filosofia
Comprendere lo Yingmenquan significa addentrarsi in un ecosistema marziale dove le caratteristiche tecniche, i principi filosofici e gli aspetti chiave della pratica non sono compartimenti stagni, ma elementi di una triade indissolubile. Ogni aspetto informa e dà significato agli altri, creando un sistema di combattimento e di vita di straordinaria coerenza e profondità. Se il punto precedente ha definito “cosa è” lo Yingmenquan, questa analisi si propone di esplorarne l’anima, il motore pulsante, il “perché” e il “come” dei suoi insegnamenti.
Le caratteristiche tecniche dello stile, con la loro enfasi sulla predazione e il controllo, non sono un mero elenco di movimenti; sono la diretta manifestazione fisica di una filosofia precisa. La filosofia, a sua volta, non è un insieme di astratti aforismi, ma una guida operativa che plasma ogni singolo gesto e decisione strategica. Infine, gli aspetti chiave della pratica sono il sentiero, la metodologia codificata attraverso la quale il praticante trasforma gradualmente il proprio corpo e la propria mente per allinearsi a questa filosofia e padroneggiare queste caratteristiche.
Esploreremo questo universo partendo dall’anatomia del combattimento dello Yingmenquan, per poi elevarci alla sua visione strategica e psicologica, e infine atterrare sui metodi concreti che permettono di percorrere questo arduo ma affascinante cammino.
Le Caratteristiche Tecniche Fondamentali: L’Anatomia della Predazione
Il bagaglio tecnico dello Yingmenquan è un arsenale sofisticato, affinato da generazioni di pratica e applicazione reale. Non è una collezione casuale di tecniche efficaci, ma un sistema integrato dove ogni elemento ha una funzione precisa e lavora in sinergia con gli altri. Al cuore di questa architettura marziale troviamo delle dualità dinamiche che ne definiscono il carattere unico.
A. La Dialettica tra Gang e Rou (硬柔): La Danza della Durezza e della Morbidezza
Il concetto di alternanza tra duro (Gang) e morbido (Rou) è presente in molte arti marziali cinesi, ma nello Yingmenquan assume una centralità e una raffinatezza eccezionali. Non si tratta di avere a disposizione tecniche dure “e” tecniche morbide, ma di possedere la capacità di fondere i due principi in un unico flusso continuo, rendendo ogni azione imprevedibile e immensamente difficile da contrastare.
L’Essenza del Gang (硬): La Potenza Strutturale e Penetrante
Il “Duro” nello Yingmenquan non è la forza bruta della contrazione muscolare isolata. È una durezza intelligente, strutturale, che si manifesta in tre modi principali:
Integrità Strutturale: La capacità di rendere il proprio corpo, o una sua parte, una struttura solida e irremovibile. Questo si ottiene attraverso un allineamento scheletrico perfetto, posizioni radicate (Zhan Zhuang) e la connessione di ogni articolazione in un’unica catena cinetica. Quando si para un colpo con l’avambraccio, non è solo il braccio a resistere, ma l’intera struttura corporea connessa al suolo.
Potenza Esplosiva (Fa Jin – 发劲): Il Gang si manifesta nell’abilità di rilasciare una quantità enorme di energia in un tempo brevissimo. Questo “Fa Jin” nasce da un movimento a frusta che parte dai piedi, viene amplificato dalla rotazione fulminea delle anche e della vita, e si proietta sull’obiettivo. È una forza penetrante, progettata non per spingere, ma per scioccare il sistema nervoso e danneggiare la struttura interna dell’avversario.
Condizionamento Estremo: Per poter manifestare e sopportare questa durezza, il corpo deve essere preparato. L’allenamento dello Yingmenquan include metodi di condizionamento (Gongli Xunlian – 功力训练) come il Pai Da (percuotere il corpo per aumentare la densità ossea e la resistenza al dolore) e, storicamente, pratiche come il Tie Sha Zhang (Palmo di Ferro), che rendono le superfici di contatto (mani, avambracci, tibie) armi vere e proprie.
L’Essenza del Rou (柔): La Forza che Cede, Aderisce e Controlla
Il “Morbido” è l’aspetto più sottile e, per molti versi, più avanzato dello stile. È l’incarnazione dell’acqua che si adatta a ogni contenitore. La morbidezza non è debolezza, ma la massima espressione dell’efficienza.
Cedere e Reindirizzare (Xie Li – 卸力): Invece di opporre forza a forza, il praticante impara a cedere leggermente di fronte all’attacco dell’avversario, assorbendone l’energia e reindirizzandola in una direzione innocua o, ancora meglio, usandola contro di lui per sbilanciarlo. Questo richiede una sensibilità straordinaria e un timing perfetto.
Aderire e Seguire (Nian / Sui – 黏/随): Una volta stabilito il contatto, il praticante “incolla” le proprie braccia a quelle dell’avversario, seguendo ogni suo movimento come un’ombra. Questa aderenza costante permette di sentire (Ting Jin – 听劲, l’energia dell’ascolto) le sue intenzioni prima che si manifestino pienamente, neutralizzando ogni suo tentativo di attacco sul nascere e mantenendo un controllo costante.
Avvolgere e Arrotolare (Chan – 缠): La morbidezza si esprime attraverso movimenti a spirale che avvolgono gli arti dell’avversario. Questa azione, simile a un serpente che si attorciglia, permette di applicare le leve e le tecniche di Qin Na in modo fluido e quasi impercettibile, trasformando la difesa in un attacco di controllo.
La Fusione Suprema (Gang-Rou Xiangji – 硬柔相济): Il Principio del Mutamento
La vera maestria risiede nella capacità di passare istantaneamente e senza soluzione di continuità da Gang a Rou e viceversa. Un’azione non è mai puramente dura o puramente morbida, ma contiene il seme del suo opposto.
Un esempio pratico: un attacco di pugno (Gang) viene intercettato da un blocco morbido e circolare (Rou) del praticante di Yingmenquan. Invece di fermarsi, la mano che ha parato non perde il contatto, ma aderisce (Nian) e si trasforma in un artiglio (Ying Zhao) che afferra il polso dell’avversario (Gang nella presa). La forza dell’attacco avversario, non trovando un’opposizione frontale, continua nella sua traiettoria e contribuisce al proprio sbilanciamento. A questo punto, il praticante usa una leva morbida e a spirale (Rou) per controllare il gomito, per poi concludere con un colpo secco e penetrante (Gang) a un punto vitale.
Questa danza incessante tra i due opposti rende lo stile estremamente adattabile e difficile da decifrare. L’avversario non sa mai se incontrerà una barriera di ferro o il vuoto, se la sua forza verrà spezzata o risucchiata.
B. La Preminenza Assoluta del Qin Na (擒拿): L’Arte del Controllo Sovrano
Se la dialettica Gang-Rou è la grammatica, il Qin Na (o Chin Na) è il vocabolario preferito dello Yingmenquan. Qin significa “catturare” o “afferrare”, e Na significa “controllare” o “trattenere”. È la scienza sofisticata della manipolazione del corpo umano per neutralizzare la sua capacità di combattimento. Nello Yingmenquan, il Qin Na non è un’aggiunta, ma il fulcro attorno al quale ruota gran parte della strategia a corta distanza.
Per comprenderne la profondità, possiamo suddividerlo nelle sue applicazioni classiche, ognuna delle quali trova una sublime espressione nello stile dell’Aquila:
Fen Jin (分筋): “Dividere i Muscoli e i Tendini” Questa non è una divisione letterale, ma la pratica di afferrare e torcere i gruppi muscolari o i tendini in modo da causare un dolore lancinante e una perdita di funzionalità. L’Ying Zhao (Artiglio d’Aquila) è lo strumento perfetto per questo scopo. Le dita, condizionate per essere incredibilmente forti, non afferrano l’arto in modo generico, ma cercano punti specifici (come il muscolo brachioradiale sull’avambraccio) per poi applicare una torsione o una pressione che “separa” il muscolo dall’osso, scatenando un riflesso di sottomissione.
Cuo Gu (错骨): “Dislocare le Ossa” Questa è l’applicazione delle leve articolari. Lo Yingmenquan possiede un vasto arsenale di tecniche per attaccare ogni articolazione del corpo: dita, polsi, gomiti, spalle, caviglie, ginocchia e persino la spina dorsale. La filosofia qui è quella della massima efficienza: usare la conoscenza della biomeccanica per applicare una forza minima nel punto giusto e con l’angolazione corretta, in modo da forzare un’articolazione oltre il suo raggio di movimento naturale. Una piccola e rapida rotazione del polso di un avversario, se eseguita correttamente, può costringerlo a terra.
Bi Qi (闭气): “Sigillare il Respiro” Queste sono le tecniche di strangolamento o di compressione che impediscono la respirazione. Possono essere attacchi diretti alla gola con il taglio della mano o con l’incavo dell’Artiglio d’Aquila, oppure pressioni sul plesso solare o sul diaframma per causare uno spasmo che toglie il fiato. Sono tecniche estremamente pericolose, insegnate solo a studenti avanzati, che rappresentano l’apice della capacità di neutralizzazione dello stile.
Dian Mai / Dian Xue (点脉 / 点穴): “Premere le Vene / le Cavità” Questo è l’aspetto più esoterico e difficile del Qin Na. Si tratta di colpire o premere specifici punti di pressione sul corpo. Secondo la Medicina Tradizionale Cinese, questi punti sono nodi lungo i meridiani energetici dove il Qi può essere bloccato o disperso, causando una serie di effetti: dal dolore acuto alla paralisi temporanea di un arto, fino alla perdita di coscienza. Nello Yingmenquan, le punte delle dita, condizionate e indurite, diventano gli strumenti per questi attacchi di precisione chirurgica.
Il Qin Na non è solo un insieme di tecniche, ma una scelta strategica. Offre uno spettro di risposte che permette al praticante di calibrare la propria reazione in base alla gravità della minaccia, passando da un controllo non lesivo (una leva per immobilizzare) a una soluzione definitiva (una dislocazione o uno strangolamento).
C. L’Imprevedibilità Ritmica: Il Principio di “Lungo e Corto” (长短)
Un’altra caratteristica distintiva è la maestria nella gestione delle distanze, basata sull’alternanza fluida tra tecniche a lungo raggio (Chang) e a corto raggio (Duan).
Chang (长) – L’Approccio a Lunga Distanza: Simile all’aquila che volteggia in alto, il praticante di Yingmenquan usa la lunga distanza per studiare, testare e preparare l’attacco. In questa fase, le tecniche sono veloci, elusive e mirano a mantenere l’avversario a distanza di sicurezza. Si utilizzano calci bassi e rapidi (Di Tang Tui) per attaccare le ginocchia e gli stinchi, colpi di mano estesi per sondare le difese e un lavoro di gambe agile per muoversi costantemente fuori dalla linea di attacco principale dell’avversario.
Duan (短) – L’Assalto a Corta Distanza: Questo è il momento della picchiata. Una volta creata un’apertura, il praticante copre la distanza in modo esplosivo per entrare nel raggio d’azione delle sue armi più letali. La corta distanza è il regno del Qin Na, dei colpi di gomito, delle ginocchiate, delle testate e delle proiezioni. Il combattimento diventa adesivo, claustrofobico per l’avversario, che si trova avvolto, controllato e smantellato pezzo per pezzo.
La Transizione Fulminea: La genialità dello stile risiede nella transizione tra queste due fasi. Non c’è una separazione netta. Un calcio basso a lunga distanza può essere una finta per mascherare un passo d’entrata fulmineo. Un colpo di mano esteso, una volta parato, può diventare il ponte per stabilire una presa e tirare l’avversario nella distanza corta. Questo ritmo imprevedibile, che alterna attacchi veloci e distanti a un controllo ravvicinato e soffocante, rende estremamente difficile per l’avversario trovare un proprio ritmo e una strategia efficace.
La Filosofia Operativa: Pensare come un’Aquila
La tecnica, per quanto sofisticata, è sterile senza una mente che la guidi. La filosofia dello Yingmenquan non è un esercizio intellettuale, ma un software operativo per il combattimento e per la vita. Si basa sull’emulazione dello spirito (Jingshen) dell’aquila, un modello di efficienza predatoria.
A. Ziran (自然): Il Principio di Naturalezza e Spontaneità
Ziran è un concetto taoista che significa “naturalezza” o “ciò che è da sé”. Nello Yingmenquan, si traduce nella ricerca di un movimento che sia privo di sforzo non necessario, di tensioni parassite, di rigidità mentale e fisica. L’obiettivo è raggiungere uno stato in cui le azioni scaturiscono in modo spontaneo e naturale in risposta a una data situazione, senza il filtro lento e macchinoso del pensiero cosciente.
Questo stato, noto in altre discipline come Mushin (mente del non-mente), non è un dono, ma il frutto di migliaia di ore di pratica corretta. È attraverso la ripetizione ossessiva dei fondamentali (Jibengong) e delle forme (Taolu) che il corpo impara a muoversi in modo efficiente, e la mente impara a “farsi da parte”, fidandosi dell’intelligenza del corpo. L’aquila non pensa “ora apro l’ala destra di 30 gradi per compensare la corrente”; semplicemente vola. Allo stesso modo, il maestro di Yingmenquan non pensa “ora uso la tecnica X perché lui ha fatto Y”; semplicemente agisce. Ziran è l’apice dell’efficienza, la fusione perfetta tra intenzione e azione.
B. La Psicologia del Predatore: Calma, Intento e Decisione
Lo Yingmenquan coltiva una specifica trinità psicologica, riflesso diretto del comportamento dell’aquila.
Jing (静) – La Calma Interiore: L’aquila appollaiata su un ramo è un’immagine di immobilità e calma assoluta. I suoi occhi scrutano, la sua mente è vigile, ma il suo corpo è privo di tensione. Questa calma è fondamentale in un confronto. Il panico, la rabbia e la paura creano tensione muscolare, restringono la percezione e portano a decisioni sbagliate. Il praticante impara, attraverso la meditazione in piedi (Zhan Zhuang) e la pratica consapevole, a mantenere un centro di quiete interiore anche nel caos del combattimento. Questa calma permette di vedere le opportunità dove altri vedono solo minacce.
Yi (意) – L’Intento Focalizzato: Quando l’aquila decide di attaccare, tutto il suo essere è focalizzato su quell’unico scopo. Yi è l’intenzione, la volontà, la forza della mente che dirige l’energia (Qi) e l’azione fisica. Nella pratica delle forme, ogni movimento viene eseguito con un’intenzione marziale chiara, visualizzando l’avversario e l’effetto della tecnica. Questo allena la mente a essere incredibilmente focalizzata, e quando l’intento è puro e totale, il corpo esprime una potenza e una precisione altrimenti irraggiungibili.
Guo Duan (果断) – La Decisione Irrevocabile: L’esitazione è il nemico del predatore. L’aquila, una volta iniziata la picchiata, non ha ripensamenti. Guo Duan è questa capacità di agire con decisione e risolutezza. Non è crudeltà, ma la comprensione che un’azione rapida e decisiva è spesso la soluzione più sicura ed “umana” per porre fine a un conflitto violento, minimizzando i danni per entrambe le parti. Lo Yingmenquan insegna a riconoscere il momento critico e ad agire senza dubbio, un’abilità che richiede coraggio e una profonda fiducia nelle proprie capacità.
C. L’Economia del Movimento: “Nessuno Sforzo Sprecarlo” (无用功)
Questo principio è il cuore della strategia dello Yingmenquan. In natura, l’energia è preziosa, e l’aquila è un maestro del suo risparmio. Volteggia sfruttando le correnti ascensionali e attacca solo quando la probabilità di successo è alta. Allo stesso modo, ogni movimento nello Yingmenquan deve essere efficiente e avere uno scopo.
Multifunzionalità: Un movimento non ha mai una sola funzione. Un blocco non è solo una difesa, ma è anche un posizionamento per un contrattacco, uno sbilanciamento o l’inizio di una presa. Un passo non serve solo a muoversi, ma a evadere, a generare potenza e a creare un angolo di attacco favorevole.
La Via Diretta: Lo stile predilige la linea più breve e diretta verso il bersaglio, a meno che una via indiretta non offra un vantaggio tattico superiore (come aggirare una difesa). Si evitano movimenti ampi e puramente estetici che non abbiano un’applicazione marziale diretta.
Nessun Gesto Vuoto: Nella pratica delle forme, anche le transizioni tra una tecnica e l’altra sono studiate per avere un significato marziale. Non ci sono pause o gesti inutili. L’intero Taolu è un flusso continuo di azioni marziali interconnesse, che insegna al corpo a non sprecare mai un singolo istante o un singolo grammo di energia.
Gli Aspetti Chiave della Pratica: I Sentieri verso la Maestria
La filosofia e le caratteristiche sopra descritte diventano realtà tangibile solo attraverso una pratica costante, disciplinata e intelligente. Gli aspetti chiave della pratica sono i pilastri metodologici che sostengono l’intero edificio.
A. L’Importanza Assoluta del Jibengong (基本功): La Fondazione Invisibile
Jibengong significa “lavoro fondamentale”. È la parte meno affascinante dell’allenamento, ma senza dubbio la più importante. È come la fondazione di un grattacielo: nessuno la vede, ma la sua solidità determina la stabilità dell’intera struttura. Nello Yingmenquan, il Jibengong si concentra su:
Zhan Zhuang (站桩) – Pali Eretti: La pratica di mantenere posizioni statiche (come Ma Bu, la posizione del cavaliere) per periodi prolungati. Lo scopo è molteplice: sviluppare il “radicamento” (la sensazione di essere connessi al suolo), rafforzare gambe e schiena, correggere la postura, allenare la resistenza e, soprattutto, calmare la mente e sviluppare la consapevolezza interna del proprio corpo.
Gongli Xunlian (功力训练) – Allenamento della Forza e dell’Abilità: Questa è la fucina dove si forgiano le “armi” del corpo. Include innumerevoli esercizi specifici per sviluppare la forza devastante dell’Ying Zhao Gong (Lavoro sull’Artiglio d’Aquila). Si va dal semplice stringere palline di gomma a pratiche tradizionali come afferrare e sollevare pesanti giare di terracotta per il bordo, strappare pezzi di corteccia dagli alberi o fare flessioni sulle punte delle dita. Questo non è solo bodybuilding; è un allenamento che insegna a connettere la forza delle dita a quella di tutto il corpo.
Pratica dei Movimenti di Base: La ripetizione infinita di singoli colpi, parate e passi. Lo scopo è programmare queste azioni nel sistema nervoso, rendendole istintive, veloci e precise.
B. Il Ruolo del Taolu (套路): L’Enciclopedia Dinamica
Le forme, o Taolu, sono il cuore della trasmissione dello stile. Un osservatore inesperto potrebbe vederle come una danza marziale, ma per un praticante sono molto di più:
Una Mappa del Sistema: Ogni forma è un’enciclopedia che contiene le tecniche, le strategie e i principi dello Yingmenquan in una sequenza logica. È un libro di testo in movimento.
Un Laboratorio per Sviluppare Attributi: La pratica costante delle forme sviluppa equilibrio, coordinazione, flessibilità, resistenza, ritmo e la corretta meccanica corporea. Insegna a muoversi in modo fluido, a passare da una tecnica all’altra e a gestire il flusso del respiro e del Qi.
Un Ponte verso l’Applicazione: Le forme non sono fatte per essere usate così come sono in un combattimento. Sono un catalizzatore. Il processo di Chai (smontare) consiste nell’estrarre un singolo movimento o una breve sequenza dalla forma per studiarne le possibili applicazioni marziali (Yongfa), prima da soli e poi con un partner.
C. Duilian (对练) e Sanshou (散手): Dal Cooperativo al Combattimento Libero
Se il Jibengong costruisce le fondamenta e il Taolu progetta l’edificio, il lavoro con un partner lo costruisce e lo mette alla prova.
Duilian (对练) – Pratica in Coppia: Sono sequenze preordinate di attacco e difesa eseguite con un partner. Il loro scopo non è vincere, ma allenare attributi essenziali che non possono essere sviluppati da soli: il senso della distanza, il timing, la capacità di sentire e reagire alla forza dell’altro, e l’applicazione sicura delle tecniche di Qin Na su un corpo umano.
Sanshou (散手) – Mani Libere: Questo è il test finale. Nello Yingmenquan tradizionale, il Sanshou non è uno sport con regole e punti, ma un combattimento libero dove l’obiettivo è applicare i principi dello stile in un contesto caotico e non cooperativo. È qui che la calma, la decisione, la gestione della distanza e la capacità di passare da Gang a Rou vengono messe alla prova. È il laboratorio dove l’arte marziale si dimostra come una vera e propria abilità di combattimento.
Conclusione: Una Sintesi Vivente
In definitiva, le caratteristiche, la filosofia e gli aspetti chiave dello Yingmenquan convergono verso un unico obiettivo: la creazione di un praticante che non si limita a “fare” lo stile dell’aquila, ma “è” l’aquila. Le caratteristiche tecniche forniscono il corpo e le armi del predatore. La filosofia ne fornisce la mente, l’istinto e lo spirito. Gli aspetti chiave della pratica sono il lungo e difficile processo di muta attraverso il quale l’essere umano si spoglia delle proprie inefficienze per indossare le vesti di questo magnifico archetipo marziale.
È un’arte di rara completezza, che non separa mai il combattimento dalla coltivazione di sé, la forza fisica dalla lucidità mentale, l’efficacia letale dalla profonda comprensione dei principi naturali. È un sentiero che promette non solo di insegnare a difendersi, ma di trasformare il modo in cui ci si muove, si pensa e si interagisce con il mondo.
LA STORIA
Introduzione: Oltre la Leggenda, la Ricerca delle Radici Storiche
Tracciare la storia dello Yingmenquan è un’impresa tanto affascinante quanto complessa, un viaggio a ritroso in un’epoca di tumulto, segretezza e trasmissione orale. Come per molte arti marziali cinesi nate al di fuori dei circoli ufficiali dell’esercito imperiale, la sua cronologia non è una linea retta incisa nella pietra, ma piuttosto un fiume sotterraneo che a tratti emerge in superficie attraverso una leggenda, un aneddoto o il lignaggio di una famiglia, per poi tornare a scorrere nascosto.
La storia ufficiale dello Yingmenquan è avvolta nella nebbia del tempo, affidata per secoli alla memoria e alla lealtà dei suoi maestri. Le fonti scritte sono scarse, spesso inesistenti, poiché la pratica di un’arte da combattimento efficace poteva attirare attenzioni indesiderate da parte delle autorità. Pertanto, per comprendere le origini e lo sviluppo di questo stile, non possiamo limitarci a cercare date e nomi certi. Dobbiamo agire come archeologi culturali: scavare nel terreno fertile del suo contesto storico, sociale e politico per capire perché un’arte con queste specifiche caratteristiche sia potuta nascere e sopravvivere.
Questo approfondimento si propone di fare proprio questo: collocare la nascita e l’evoluzione dello Yingmenquan nel suo crogiolo storico, il turbolento passaggio dalla dinastia Ming alla dinastia Qing. Analizzeremo il mondo che avrebbe potuto generare una figura come il suo leggendario fondatore, Sun Kun, e dare forma a uno stile così pragmatico, letale e carico di simbolismo. La storia dello Yingmenquan è, in essenza, la storia non scritta della Cina che resisteva, combatteva e sopravviveva ai margini della storia ufficiale.
Il Contesto Storico: Il Tramonto dei Ming e l’Alba dei Qing (XVII Secolo)
Per comprendere la nascita dello Yingmenquan, è imperativo immergersi nel caos e nella violenza che caratterizzarono la Cina nella prima metà del XVII secolo. Questo periodo non fu una semplice transizione dinastica, ma un cataclisma che scosse la società cinese dalle fondamenta, creando le condizioni perfette per la genesi e la proliferazione di sistemi di combattimento votati alla sopravvivenza.
A. La Crisi della Dinastia Ming: Un Impero al Collasso
La dinastia Ming (1368-1644), un tempo gloriosa e potente, passò i suoi ultimi decenni in uno stato di agonia. La sua crisi fu sistemica e colpì ogni aspetto della vita.
Corruzione Politica e Frazionismo: La corte imperiale era paralizzata da lotte intestine. Il potere degli eunuchi aveva raggiunto livelli senza precedenti, creando un “governo ombra” che bypassava l’amministrazione ufficiale. I funzionari onesti venivano emarginati o giustiziati, mentre la corruzione dilagava, prosciugando le casse dello stato e rendendo il governo incapace di rispondere alle crisi.
Collasso Economico e Disastri Naturali: Una serie di pessimi raccolti, causati da quella che oggi è nota come la “Piccola Era Glaciale”, portò a carestie devastanti, specialmente nel nord della Cina. Milioni di persone morirono di fame, e il cannibalismo divenne una triste realtà in molte province. A questo si aggiunse una grave crisi fiscale, legata al flusso di argento dal Nuovo Mondo, che destabilizzò l’economia. Le tasse divennero insostenibili per una popolazione già stremata.
Le Grandi Ribellioni Contadine: La disperazione si trasformò in rabbia. Due figure emersero come leader di immense armate di ribelli: Li Zicheng e Zhang Xianzhong. Non erano semplici banditi, ma comandanti di eserciti di contadini, soldati disertori e disperati che misero a ferro e fuoco intere province. Il loro successo dimostrò l’impotenza dell’esercito Ming e gettò il paese in uno stato di guerra civile endemica. In questo mondo senza legge, la conoscenza di un’arte marziale non era un hobby, ma una necessità per la sopravvivenza quotidiana.
B. La Conquista Mancese e la Nascita della Dinastia Qing
Mentre i Ming si sgretolavano dall’interno, una nuova potenza cresceva a nord-est, oltre la Grande Muraglia: i Mancesi. Guidati da leader abili come Nurhaci e Hong Taiji, avevano unificato le tribù Jurchen e costruito una formidabile macchina da guerra.
Nel 1644, la situazione precipitò. L’esercito ribelle di Li Zicheng conquistò la capitale, Pechino, e l’ultimo imperatore Ming, Chongzhen, si suicidò. In un atto disperato e controverso, il generale Ming Wu Sangui, che presidiava il Passo Shanhai sulla Grande Muraglia, decise di allearsi con i Mancesi per scacciare Li Zicheng da Pechino. Fu un errore di calcolo fatale. Una volta entrati in Cina, i Mancesi non se ne andarono più. Presero il controllo di Pechino e proclamarono la nascita di una nuova dinastia, la Qing (1644-1912).
La conquista, tuttavia, fu tutt’altro che facile. Per decenni, sacche di resistenza lealista ai Ming continuarono a combattere in tutto il sud della Cina. Questi movimenti di resistenza, composti da ex soldati, eruditi, monaci e gente comune, divennero un terreno fertile per lo sviluppo e la pratica segreta delle arti marziali.
C. Il Ruolo delle Arti Marziali in un’Epoca di Tumulto
In questo scenario apocalittico, le arti marziali cinesi (Wushu) vissero una trasformazione. Da pratiche per la salute o per le esibizioni, tornarono alla loro funzione primordiale: l’arte di uccidere e di sopravvivere.
Wushu Militare: Le tecniche insegnate negli eserciti Ming erano pragmatiche, focalizzate sull’uso delle armi (lancia, sciabola) ma anche sul combattimento corpo a corpo in situazioni disperate. Un soldato che perdeva la sua arma doveva saper combattere per la propria vita.
Wushu Popolare (Minjian Wushu): Lontano dai campi di battaglia, la gente comune sviluppava o praticava stili per l’autodifesa. Carovane di mercanti assoldavano abili combattenti come guardie del corpo (Biaoshi). Interi villaggi si organizzavano in milizie per proteggersi da banditi e soldati allo sbando.
Wushu dei Ribelli e delle Società Segrete: I movimenti anti-Qing utilizzavano le arti marziali come strumento di addestramento e come collante ideologico. La pratica marziale creava un legame di fratellanza e forniva le competenze necessarie per affrontare le truppe Qing.
È in questo crogiolo di violenza, lealismo e necessità che dobbiamo collocare la nascita dello Yingmenquan.
La Genesi dello Yingmenquan: Ipotesi tra Storia e Tradizione Orale
La tradizione orale indica in modo quasi unanime un uomo di nome Sun Kun (孙坤) come fondatore dello stile. Sebbene la sua esistenza non sia provabile con documenti certi, l’analisi della sua figura e del contesto ci permette di formulare ipotesi verosimili sulla creazione dello Yingmenquan.
A. La Figura del Fondatore, Sun Kun: Archetipo dell’Eroe Ribelle
Le leggende descrivono Sun Kun come un ufficiale militare o un erudito di alto rango fedele alla dinastia Ming. Dopo la caduta della dinastia, disgustato dal tradimento e dalla brutalità dei nuovi sovrani, si sarebbe rifiutato di servire i Qing. Invece di accettare il nuovo ordine, si sarebbe ritirato sulle montagne, vivendo come un eremita.
Questa figura non è unica nella storia delle arti marziali. È un archetipo: l’eroe colto e patriottico che, di fronte alla rovina del suo mondo, canalizza la sua conoscenza e la sua frustrazione nella creazione di un’arte da combattimento superiore. Attribuire la fondazione di uno stile a una figura simile serviva a diversi scopi:
Legittimità: Dava allo stile un’origine “nobile” e non semplicemente banditesca. Il fondatore non era un criminale, ma un uomo di principi.
Pedigree Tecnico: Un ufficiale militare avrebbe avuto accesso a un addestramento marziale sistematico e avanzato, spiegando l’efficacia e la complessità dello stile.
Identità Politica: Collegava lo stile a una causa patriottica, quella della resistenza ai “barbari” invasori Mancesi. Questo era un potente strumento di reclutamento per le società segrete.
La storia di Sun Kun che sviluppa lo stile osservando un’aquila combattere non va interpretata letteralmente. È una metafora del processo creativo: un maestro, già in possesso di profonde conoscenze marziali, ha una sorta di “illuminazione” osservando la natura, che gli permette di riorganizzare e perfezionare le sue abilità secondo un nuovo principio unificante. L’aquila fornì il modello strategico e filosofico per dare una nuova forma a un sapere preesistente.
B. Il Simbolismo dell’Aquila: Una Scelta Marziale e Politica
La scelta dell’aquila come animale totemico non fu casuale. Era una scelta carica di significati sia marziali che politici, perfettamente in linea con il contesto storico.
Significato Marziale: Come già analizzato, le caratteristiche dell’aquila (vista acuta, velocità, artigli letali, precisione, potenza) sono la metafora perfetta per un sistema di combattimento ideale. Lo stile si concentra sulla percezione (vedere le aperture), sulla velocità (attacchi fulminei), sul controllo (le prese e le leve del Qin Na sono l’equivalente degli artigli) e sulla precisione (colpire i punti vitali).
Significato Politico: In un’epoca di sottomissione al dominio straniero, l’aquila era un simbolo potentissimo. È un animale che vola alto, sopra tutti gli altri, un re dei cieli che non può essere domato. Incarna uno spirito di libertà, fierezza e indipendenza. Per i lealisti Ming che si vedevano costretti a vivere nell’ombra, l’aquila rappresentava l’anima indomita della Cina che non si piegava al volere degli invasori. Praticare il “Pugno dell’Aquila” poteva quindi essere anche un atto di affermazione politica e di resistenza spirituale.
C. Il Crogiolo della Creazione: Dove è Nato lo Stile?
Considerando la sua natura pragmatica e letale, e il suo forte simbolismo, possiamo ipotizzare che lo Yingmenquan sia nato e si sia sviluppato in uno o più dei seguenti ambienti:
Unità Militari Lealiste Ming: È l’ipotesi più probabile. Un ufficiale come Sun Kun, al comando di truppe impegnate in una guerriglia disperata contro i Qing, avrebbe avuto la necessità di sviluppare tecniche rapide, efficaci e facili da insegnare per il combattimento ravvicinato. Le tecniche di Qin Na e di attacco ai punti vitali sono ideali in questo contesto.
Società Segrete Anti-Qing: Dopo la sconfitta militare, molti ex-soldati e patrioti confluirono in società segrete come la Tiandihui (天地会, Società del Cielo e della Terra). Queste organizzazioni utilizzavano rituali complessi e la pratica marziale per creare un forte senso di appartenenza e per addestrare i propri membri. Lo Yingmenquan, con la sua filosofia di resistenza, si sarebbe integrato perfettamente in questo ambiente.
Comunità Monastiche come Rifugi: Templi buddisti e taoisti, specialmente quelli in aree remote, divennero spesso rifugi per combattenti e ribelli in fuga. Sebbene lo Yingmenquan non sia uno stile prettamente monastico come lo Shaolinquan, è possibile che il suo sviluppo sia stato influenzato da scambi di conoscenze avvenuti all’interno di queste comunità, dove maestri di stili diversi potevano incontrarsi e confrontarsi.
La Trasmissione e lo Sviluppo Durante la Dinastia Qing (XVIII-XIX Secolo)
Una volta consolidato il potere della dinastia Qing, iniziò un lungo periodo di relativa pace e stabilità, noto come “Pax Manjurica”. Questo, paradossalmente, rese la vita difficile per le arti marziali.
A. L’Era della Pratica Segreta: Il “Gongfu della Porta Chiusa”
Il governo Qing era profondamente sospettoso nei confronti di qualsiasi forma di organizzazione popolare non autorizzata, specialmente quelle che insegnavano a combattere. La pratica delle arti marziali in gruppo era spesso vista come un potenziale atto sedizioso. Le scuole venivano chiuse e i maestri perseguitati.
Di conseguenza, lo Yingmenquan, come molti altri stili “popolari”, entrò in una fase di trasmissione clandestina. La pratica avveniva letteralmente “a porte chiuse” (Guan Men – 关门), di notte, in cortili nascosti o in luoghi isolati.
La Trasmissione da Maestro a Discepolo: Lo stile non veniva insegnato pubblicamente. Un maestro (Sifu) sceglieva con estrema cura un piccolo numero di discepoli (Tudi), spesso all’interno della propria famiglia o di un circolo di fiducia. L’ammissione di un nuovo allievo era un processo lungo, che ne valutava non solo l’attitudine fisica, ma soprattutto il carattere morale.
L’Importanza del Wude (武德): La Virtù Marziale: In questo clima di segretezza, la lealtà e l’affidabilità erano fondamentali. Il concetto di Wude divenne centrale. A un discepolo si richiedeva rispetto per il maestro e per i compagni, umiltà, disciplina e, soprattutto, la capacità di mantenere il segreto (Bao Shou – 保守). Rivelare le tecniche a estranei era considerato un tradimento gravissimo.
La Lentezza dell’Evoluzione: Questa modalità di trasmissione, se da un lato permise allo stile di sopravvivere, dall’altro ne rallentò l’evoluzione. Il confronto con altre scuole era raro e pericoloso, limitando la possibilità di scambio e di innovazione. Questo ha contribuito a preservare una forma dello stile molto vicina a quella originale.
B. La Diffusione e le Variazioni Regionali
Nonostante la segretezza, lo stile si diffuse lentamente, seguendo i viaggi dei suoi praticanti. Maestri di Yingmenquan potevano trovare impiego come guardie del corpo per carovane, come scorte per funzionari o semplicemente migrare in cerca di fortuna.
Quando un maestro si stabiliva in una nuova provincia, poteva iniziare a insegnare. Inevitabilmente, il suo stile poteva essere leggermente influenzato dalle arti marziali locali. Ad esempio, una branca dello Yingmenquan sviluppatasi nel nord, magari in Hebei (regione famosa per i calci e i movimenti ampi), poteva presentare un lavoro di gambe diverso rispetto a una branca sviluppatasi nel sud, a contatto con stili come lo Yongchunquan (Wing Chun), noti per il combattimento a distanza ravvicinata. Questo spiega perché oggi possano esistere lignaggi di Yingmenquan con piccole differenze stilistiche, pur mantenendo intatto il nucleo di principi e tecniche.
C. Lo Yingmenquan e le Grandi Ribellioni del XIX Secolo
Il XIX secolo vide la dinastia Qing entrare in una crisi profonda, segnata dalle Guerre dell’Oppio e da immense ribellioni interne, come la Ribellione Taiping (1850-1864) e la Rivolta dei Boxer (1899-1901). Questi conflitti di massa rappresentarono un nuovo, sanguinoso banco di prova per le arti marziali cinesi. È altamente probabile che praticanti di Yingmenquan, come membri di società segrete o di milizie locali, abbiano partecipato a questi eventi, usando le loro abilità in combattimenti reali e contribuendo, forse inconsapevolmente, a un ulteriore processo di selezione delle tecniche più efficaci.
Il XX Secolo: Dall’Impero alla Repubblica e Oltre
Il XX secolo portò cambiamenti ancora più radicali, che trasformarono per sempre il mondo delle arti marziali cinesi.
A. Dalla Caduta dei Qing all’Era dei Signori della Guerra
Nel 1912, la dinastia Qing crollò, e nacque la Repubblica di Cina. Il paese, tuttavia, si frammentò rapidamente, cadendo sotto il controllo di potenti signori della guerra che governavano le loro province come feudi personali. In questo nuovo periodo di caos, la domanda di abilità marziali esplose. I signori della guerra reclutavano maestri per addestrare le loro truppe personali, e la professione di guardia del corpo tornò in auge. Fu un’epoca d’oro per molti artisti marziali, e probabilmente anche alcuni maestri di Yingmenquan emersero dall’ombra in questo periodo.
B. L’Avvento del Guoshu (国术) e la Pubblicazione degli Stili
Negli anni ’20 e ’30, il governo Nazionalista del Kuomintang (KMT) lanciò un grande movimento per promuovere le arti marziali come tesoro nazionale (Guoshu, “arte nazionale”). L’obiettivo era rinvigorire lo spirito del popolo cinese e creare un’identità nazionale forte.
Vennero fondate accademie come il famoso Istituto Centrale Guoshu (中央國術館) a Nanchino, e vennero organizzati i primi tornei nazionali a combattimento libero (San Shou). Questo spinse molti maestri di stili tradizionalmente segreti a insegnare più apertamente e a confrontare le proprie abilità. È possibile che lo Yingmenquan abbia avuto un’esposizione pubblica in questo periodo, anche se forse sotto un altro nome o come parte di uno stile più ampio, per mantenere un certo grado di riservatezza.
C. La Rivoluzione Culturale (1966-1976): I “Dieci Anni Perduti”
L’ascesa al potere del Partito Comunista nel 1949 e, soprattutto, la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria rappresentarono il periodo più buio per le arti marziali tradizionali. Considerate parte del “vecchio mondo” feudale e associate a società segrete e a pratiche “superstiziose”, vennero brutalmente soppresse.
I maestri furono perseguitati, umiliati pubblicamente, imprigionati o uccisi. I manuali e le genealogie vennero bruciati. La pratica fu vietata. Molti lignaggi si interruppero per sempre in questi “dieci anni perduti”. La sopravvivenza dello Yingmenquan attraverso questa catastrofe culturale è una testimonianza quasi miracolosa della tenacia e del coraggio dei suoi depositari, che continuarono a praticare e a insegnare in segreto assoluto, rischiando la propria vita per non far morire la loro arte.
D. La Rinascita e la Tensione con il Wushu Moderno
Dopo la morte di Mao Zedong e la fine della Rivoluzione Culturale, a partire dalla fine degli anni ’70, il governo cinese riabilitò le arti marziali, ma in una forma nuova. Venne promosso il Wushu Moderno, una versione standardizzata, spettacolare e orientata alla competizione sportiva, priva di gran parte delle applicazioni marziali letali.
Questo creò una dicotomia. Da un lato, il Wushu Moderno divenne popolare in tutto il mondo. Dall’altro, i maestri sopravvissuti delle arti tradizionali (Chuantong Wushu) lottarono per preservare l’autenticità, la profondità e l’efficacia combattiva dei loro stili. È in questo contesto che stili come lo Yingmenquan hanno iniziato a riemergere, insegnati da vecchi maestri che desideravano trasmettere la vera arte prima che andasse perduta. La loro diffusione oggi rimane limitata, proprio perché hanno resistito alla “sportivizzazione”, mantenendo il loro carattere di arte marziale tradizionale, complessa e senza compromessi.
Conclusione: Un Fiume Sotterraneo nella Storia Cinese
La storia dello Yingmenquan non è la biografia di un singolo uomo o la cronaca di una singola scuola. È un riflesso della storia tormentata della Cina stessa. Nato nel fuoco della caduta di una dinastia e della resistenza a un’invasione, è stato forgiato dalla necessità della sopravvivenza. Il suo focus sulla letalità, l’efficienza e il controllo deriva da un’epoca in cui un combattimento non aveva regole né arbitri.
La sua filosofia, intrisa di simbolismo e di uno spirito di fierezza indomita, è l’eco delle aspirazioni dei patrioti che si rifiutavano di piegarsi. La sua trasmissione segreta e il suo codice morale sono il prodotto di secoli di repressione politica, durante i quali la fiducia e la lealtà erano le uniche garanzie di sopravvivenza per l’arte e per i suoi praticanti.
Studiare la storia dello Yingmenquan significa, quindi, ascoltare le voci silenziose di innumerevoli generazioni di combattenti, ribelli, guardie del corpo e maestri che, attraverso guerre, rivoluzioni e persecuzioni, hanno custodito e tramandato un’eredità di abilità e saggezza. È un’arte marziale che è un fossile vivente, un archivio dinamico che porta incise nel suo DNA le cicatrici e la resilienza di un popolo.
IL FONDATORE
Introduzione: L’Uomo dietro la Leggenda, Sun Kun
Al centro della nebulosa storica che avvolge le origini dello Yingmenquan, si erge una figura tanto potente quanto elusiva: Sun Kun (孙坤). Pronunciare il suo nome significa evocare non solo il fondatore di un’arte marziale, ma l’incarnazione di un’intera epoca di disintegrazione e rinascita. Sun Kun è un personaggio sospeso tra la cronaca e il mito, un punto di fuga dove la tradizione orale e la verosimiglianza storica si incontrano. Non esistono annali ufficiali che ne certifichino l’esistenza, né monumenti che ne celebrino le gesta. La sua biografia è scritta non con l’inchiostro, ma con il linguaggio del corpo; la sua storia è raccontata non nei libri, ma nel DNA stesso dello stile che ha generato.
Questo approfondimento non ha la pretesa di essere una biografia definitiva, impresa impossibile data la scarsità di fonti. Si propone, piuttosto, un obiettivo più ambizioso e complesso: ricostruire il mondo interiore ed esteriore dell’uomo che potrebbe essere stato Sun Kun. Tenteremo di dipingere il ritratto di un archetipo, un prodotto del suo tempo, un individuo la cui vita fu plasmata dal crollo di un impero e la cui disperazione fu il catalizzatore di un atto creativo di straordinaria portata.
Per capire Sun Kun, e quindi per capire l’essenza più profonda dello Yingmenquan, dobbiamo spogliarlo dell’aura mitica e rivestirlo della carne e del sangue di un uomo del XVII secolo, un uomo che ha visto il suo mondo andare in fiamme e ha trovato nella saggezza della natura e nella profondità della conoscenza marziale un modo non solo per sopravvivere, ma per creare qualcosa che sarebbe sopravvissuto a lui e all’oblio della storia.
Il Contesto Personale: Chi Poteva Essere Sun Kun?
Le leggende sono spesso avare di dettagli, ma concordano su un punto: Sun Kun era un uomo di un certo spessore, non un semplice contadino o un bandito. Le due ipotesi più ricorrenti lo descrivono come un funzionario-letterato o come un ufficiale militare di alto rango, entrambi fedeli alla dinastia Ming. Queste due identità, apparentemente diverse, non sono mutualmente esclusive e, anzi, la loro fusione offre il ritratto più plausibile del fondatore dello Yingmenquan.
A. L’Ipotesi del Funzionario-Letterato (文官 – Wenguan)
Immaginiamo Sun Kun come un Wenguan, un membro di quella élite di eruditi che costituiva la spina dorsale burocratica dell’impero Ming. La sua vita sarebbe stata scandita da uno studio rigoroso fin dall’infanzia. Avrebbe memorizzato i Quattro Libri e i Cinque Classici del Confucianesimo, formandosi su principi di ordine, gerarchia, lealtà filiale e, soprattutto, lealtà assoluta verso l’Imperatore, il Figlio del Cielo.
La sua educazione non sarebbe stata puramente accademica. Un gentiluomo confuciano del periodo Ming doveva padroneggiare le “Sei Arti” (六藝, Liù Yì), che includevano non solo la calligrafia e la musica, ma anche il tiro con l’arco e la conduzione dei carri (che implicava abilità equestri e strategiche). Avrebbe quindi posseduto una base marziale, considerata parte essenziale della formazione di un uomo completo, e una profonda conoscenza dei classici della strategia, primo fra tutti “L’Arte della Guerra” di Sun Tzu.
Da questa prospettiva, la sua tragedia sarebbe stata principalmente filosofica e morale. In qualità di funzionario, avrebbe assistito dall’interno al cancro della corruzione che divorava la corte, all’impotenza del governo di fronte alle carestie, alla sofferenza indicibile del popolo che avrebbe dovuto servire. La caduta della dinastia e l’invasione mancese non sarebbero state solo una sconfitta militare, ma il collasso di un intero universo morale e cosmico. La sua decisione di ritirarsi dal mondo sarebbe stata la conseguenza logica di un profondo disgusto e di un’incrollabile integrità: l’impossibilità di servire un regime “barbaro” e illegittimo. Il suo impulso a creare lo Yingmenquan sarebbe nato da un bisogno intellettuale di distillare principi di efficacia e ordine in un mondo dominato dal caos.
B. L’Ipotesi dell’Ufficiale Militare (武官 – Wuguan)
Ora, immaginiamo Sun Kun come un Wuguan, un comandante dell’esercito Ming. La sua vita non si sarebbe svolta nelle biblioteche, ma nelle guarnigioni di frontiera, forse a ridosso della Grande Muraglia, o nelle campagne per sedare le rivolte interne. La sua conoscenza marziale non sarebbe stata teorica, ma pratica, forgiata nel fuoco di innumerevoli schermaglie e battaglie.
Avrebbe padroneggiato l’uso della lancia, della sciabola (Dao) e dell’arco, le armi principali dell’esercito Ming. Avrebbe conosciuto le tattiche di fanteria, le formazioni e, cosa più importante, le tecniche di combattimento corpo a corpo insegnate ai soldati per le situazioni disperate. Questo addestramento militare era diretto, brutale e privo di fronzoli, focalizzato sulla neutralizzazione rapida del nemico.
Da questa prospettiva, la sua tragedia sarebbe stata più pragmatica. Avrebbe visto i suoi uomini, ben addestrati e coraggiosi, morire a causa di ordini incompetenti, equipaggiamenti scadenti e rifornimenti che non arrivavano mai. La sua frustrazione sarebbe nata dalla consapevolezza che il sistema militare Ming era strutturalmente difettoso. La caduta della dinastia sarebbe stata la prova finale di questo fallimento. Il suo ritiro sarebbe stato quello di un soldato sconfitto ma non domato. Il suo impulso a creare lo Yingmenquan sarebbe derivato da un’ossessione pratica: sviluppare un sistema di combattimento superiore, un’arte che massimizzasse l’efficacia del singolo individuo, rendendolo meno dipendente da armi, armature o dal supporto di un’organizzazione statale in rovina.
C. La Sintesi Plausibile: Il Militare Letterato, Guerriero e Filosofo
La verità, molto probabilmente, risiede nella fusione di queste due identità. L’esercito Ming, specialmente nei suoi ranghi più alti, contava molte figure che erano sia abili comandanti che uomini di profonda cultura. Un Sun Kun di questo tipo sarebbe stato il crogiolo perfetto per la nascita dello Yingmenquan.
Come letterato, possedeva il “perché”: una solida base filosofica, una comprensione profonda dei principi strategici e la capacità intellettuale di analizzare, astrarre e sistematizzare la conoscenza. Come militare, possedeva il “come”: un’esperienza diretta del combattimento reale, una conoscenza intima della violenza e una comprensione pragmatica di ciò che funziona e ciò che non funziona quando la vita è in gioco.
Questa dualità spiega la natura stessa dello Yingmenquan: un’arte spietatamente efficace nelle sue applicazioni (Wuguan), ma al contempo profonda, elegante e ricca di simbolismo nella sua filosofia (Wenguan). È un’arte che colpisce il corpo, ma è guidata da principi che nascono nella mente. Sun Kun, il guerriero-filosofo, è la sorgente più logica per un fiume così complesso.
Il Processo Creativo: La Nascita dello Stile dalla Disperazione e dall’Osservazione
La creazione di un’arte marziale complessa come lo Yingmenquan non è un evento, ma un processo. Per Sun Kun, questo processo iniziò con un atto di rifiuto totale e culminò in un’epifania ispirata dalla natura.
A. Il Ritiro (隐居 – Yinju): La Fuga dal Mondo come Atto di Resistenza
La decisione di Sun Kun di diventare un eremita dopo il 1644 non deve essere vista come un atto di codardia o di rassegnazione. Al contrario, nel contesto confuciano, era una delle più forti forme di protesta politica e di affermazione della propria integrità. Ritirarsi (Yinju) significava dichiarare che il nuovo regime era così corrotto e illegittimo da rendere impossibile la partecipazione di un uomo onesto alla vita pubblica.
Immaginiamo la sua vita in questo esilio autoimposto, magari sulle montagne sacre del Wudang o su qualche altra catena montuosa remota. Sarebbe stata una vita di estrema semplicità e durezza. La solitudine sarebbe stata la sua compagna costante, una solitudine che affina i sensi e costringe all’introspezione. Lontano dalle distrazioni della società, la sua mente avrebbe avuto il tempo di elaborare il trauma della sconfitta e di meditare sui principi fondamentali della vita, della morte e del combattimento. La lotta quotidiana per il cibo e la sopravvivenza lo avrebbe riconnesso a un livello primordiale con la natura, spogliandolo di ogni sovrastruttura non essenziale. Fu in questo stato di purezza forzata e di intensa contemplazione che avvenne l’incontro decisivo con il suo “maestro”: l’aquila.
B. L’Epifania dell’Aquila: Oltre la Metafora, la Decodifica di un Sistema
La leggenda dell’aquila che combatte contro un orso o un serpente è il cuore mitico della creazione dello Yingmenquan. Ma per capire il genio di Sun Kun, dobbiamo andare oltre l’aneddoto e vedere questo evento come un prolungato e profondo processo di osservazione e decodifica.
Sun Kun non vide semplicemente un animale che combatteva. Forte della sua preparazione intellettuale e marziale, egli analizzò un sistema di combattimento perfetto, distillandone i principi operativi (Li – 理).
La Lezione della Visione e dell’Intento (Yi – 意): Sun Kun notò che ogni azione dell’aquila nasceva dai suoi occhi. La sua vista penetrante non era passiva; era una scansione attiva alla ricerca di un’opportunità, di un punto debole. Lo sguardo era la manifestazione fisica dell’intento. Da qui, Sun Kun comprese che in combattimento la mente/intenzione (Yi) deve guidare ogni azione. Lo sguardo non deve vagare, ma deve essere focalizzato, non necessariamente sull’arma dell’avversario, ma sul suo centro, sulla sua intenzione.
La Lezione dell’Efficienza Energetica (Gang/Rou – 硬/柔): Osservò che l’aquila è una maestra nel gestire l’energia. Passa la maggior parte del tempo a volteggiare senza sforzo (Rou), sfruttando le correnti per conservare le forze. Solo quando il momento è perfetto, converte tutta quell’energia potenziale in una picchiata devastante e in un impatto esplosivo (Gang). Questa fu un’illuminazione fondamentale. Sun Kun capì che un combattente non doveva rimanere in uno stato di tensione costante, ma alternare un rilassamento vigile a scatti di potenza totale. La forza non andava sprecata, ma accumulata e rilasciata solo al momento opportuno.
La Lezione degli Angoli e della Distanza (Bu Fa – 步法): Notò che l’aquila non ingaggia mai la sua preda frontalmente, specialmente se questa è più grande e forte. Usa la sua superiorità tridimensionale per attaccare dall’alto, dai lati, alle spalle, dove la preda è più vulnerabile. Sun Kun tradusse questo principio in un lavoro di gambe che enfatizza l’agilità, i cambi di direzione improvvisi e la capacità di entrare e uscire rapidamente dalla distanza di combattimento, cercando costantemente un angolo d’attacco superiore ed evitando la linea di forza dell’avversario.
La Lezione degli Strumenti Naturali (Shou Fa / Qin Na – 手法/擒拿): Analizzò le armi dell’aquila: il becco per colpire con precisione e gli artigli per afferrare, penetrare e controllare. Questo lo portò a ripensare l’uso delle mani. Invece di usare solo il pugno chiuso o il palmo aperto, sviluppò la mano ad “artiglio” (Ying Zhao) come strumento multifunzionale. Gli artigli dell’aquila non stringono semplicemente, ma si conficcano nella carne, afferrano i tendini e controllano la struttura. Sun Kun applicò questo principio per trasformare le tecniche di presa (Na) in un’arte sofisticata di controllo articolare e di attacco ai tessuti molli (Qin Na). Le dita divennero come il becco, strumenti per colpire con precisione i punti vitali.
La Lezione della Connessione Totale (Liu He – 六合): Infine, vide che nell’aquila non c’è separazione tra le parti. Occhi, testa, ali, corpo e artigli si muovono come un’unica entità, in perfetta armonia. Questa osservazione lo portò a enfatizzare il principio delle “Sei Armonie” (Liu He), la coordinazione perfetta tra la parte superiore e inferiore del corpo, e tra il corpo e la mente. Ogni tecnica di Yingmenquan doveva scaturire da questa connessione totale, dove il potere non proviene da un singolo arto, ma dall’intero essere che agisce all’unisono.
C. La Sintesi Marziale: Integrare il Nuovo Principio con il Sapere Antico
È fondamentale comprendere che Sun Kun non creò lo Yingmenquan dal nulla. Egli era un depositario di una o più tradizioni marziali preesistenti. Il suo genio non fu l’invenzione, ma la sintesi.
Il suo processo creativo consistette nel prendere il suo bagaglio di conoscenze (le tecniche militari, gli stili familiari, le strategie apprese dai classici) e nel filtrarlo attraverso la nuova lente dei “principi dell’aquila”.
Un pugno che prima era solo un colpo diretto, ora veniva eseguito con la rapidità della picchiata e mirato a un punto debole identificato dalla “visione” dell’aquila.
Una parata che prima era un semplice blocco, ora diventava un movimento adesivo e controllante, come l’artiglio che si ancora alla preda.
Una leva articolare che prima era una tecnica statica, ora veniva applicata con un movimento a spirale e una forza penetrante.
Lo Yingmenquan nacque così come una ristrutturazione radicale di un sapere antico, unificato e potenziato da una nuova, potente filosofia operativa. Fu un atto di distillazione, dove tutto ciò che era superfluo o non conforme ai principi di efficienza dell’aquila venne eliminato.
L’Insegnamento e la Trasmissione: La Nascita della “Porta” (Men – 门)
Un’arte, per quanto perfetta, muore con il suo creatore se non viene trasmessa. Superata la fase creativa, Sun Kun dovette affrontare il problema della continuità, diventando da eremita a Sifu, da creatore a fondatore.
A. Dalla Solitudine alla Comunità: La Necessità di Trasmettere
Perché un uomo che aveva voltato le spalle al mondo avrebbe deciso di insegnare? Le ragioni possono essere molteplici e complementari:
Dovere Culturale: La consapevolezza di aver creato qualcosa di unico e prezioso, un distillato di saggezza marziale che rappresentava l’apice della tradizione Ming. Sentiva il dovere di assicurarsi che questo tesoro non andasse perduto.
Scopo Politico: Il desiderio di armare altri lealisti Ming, fornendo loro uno strumento concreto per la resistenza o, quantomeno, per la sopravvivenza sotto il nuovo regime.
Eredità Personale: Il naturale desiderio umano di lasciare un segno, di assicurarsi che il proprio nome e la propria opera vivessero oltre la morte fisica.
I suoi primi discepoli non furono studenti di una scuola pubblica, ma probabilmente altri fuggitivi, ex-soldati o giovani di famiglie che segretamente nutrivano ancora sentimenti anti-Qing. Erano una fratellanza di diseredati, uniti dalla sventura e dalla lealtà a un mondo perduto.
B. La “Porta dell’Aquila”: Stabilire i Criteri di Ammissione
Il concetto di “Men” (Porta, Cancello, Scuola) divenne cruciale. La “Porta dell’Aquila” non era un edificio, ma una cerchia ristretta e segreta di praticanti. L’ammissione (Rù Mén) era un privilegio raro.
Sun Kun, memore del tradimento che aveva portato alla caduta dei Ming (come quello del generale Wu Sangui), sarebbe stato ossessionato dalla lealtà. Il pericolo di infiltrazioni da parte delle spie Qing era reale e costante. Per questo, i criteri di selezione dei discepoli erano estremamente rigidi. Non bastava il talento fisico; era indispensabile la Wude, la virtù marziale. Sun Kun avrebbe cercato nei suoi allievi:
Lealtà (忠, Zhōng): Fedeltà assoluta al maestro e ai principi della scuola.
Coraggio (勇, Yǒng): La forza d’animo per affrontare i pericoli e le difficoltà della pratica.
Disciplina (律, Lǜ): L’impegno costante e la perseveranza nell’allenamento.
Integrità (廉, Lián): L’onestà e l’uso dell’arte solo per scopi giusti.
Segretezza (保守, Bǎo Shǒu): La capacità di non rivelare mai gli insegnamenti a estranei.
La “Porta” era quindi una barriera che proteggeva la conoscenza, e solo coloro che dimostravano di possedere le giuste qualità morali potevano varcarla.
C. La Metodologia Didattica del Fondatore
L’insegnamento di Sun Kun sarebbe stato molto diverso da quello di una moderna scuola di arti marziali. Sarebbe stato un’educazione olistica, dove la vita e la pratica erano una cosa sola. L’allenamento non avveniva in orari prestabiliti, ma era integrato nella routine quotidiana.
Egli avrebbe insegnato per principi, non solo per tecniche. Invece di dire “copia questo movimento”, avrebbe detto “senti come la forza fluisce dalla terra attraverso il tuo corpo” o “muoviti come se stessi per afferrare una preda sfuggente”. Avrebbe messo alla prova i suoi allievi non solo fisicamente, ma anche mentalmente e psicologicamente, per forgiarne il carattere oltre al corpo. La sua eredità più grande non fu un catalogo di tecniche, ma un metodo per pensare e agire da combattente-filosofo.
L’Eredità di Sun Kun: Il Seme di un’Arte Immortale
L’impatto di Sun Kun sullo Yingmenquan è totale e permanente. Ogni aspetto dello stile è un’impronta della sua personalità e della sua esperienza, così come l’abbiamo ricostruita.
Il pragmatismo e la letalità dello stile riflettono la sua esperienza di soldato.
La profondità strategica, il simbolismo e l’enfasi sui principi riflettono la sua mente di letterato.
Lo spirito fiero e indomito dell’arte è l’eco della sua sfida di lealista Ming.
La ricerca dell’efficienza e l’armonia con i principi naturali sono il frutto della sua saggezza di eremita naturalista.
In conclusione, Sun Kun trascende la questione della sua esistenza storica. Egli è il simbolo perfetto del fondatore di un’arte marziale. È l’eroe culturale che, nel momento più buio, non si arrende alla distruzione, ma la usa come materia prima per un atto creativo. Raccoglie i frammenti di un mondo in rovina, li fonde con una nuova, potente visione ispirata dalla natura, e crea un sistema coerente e trasmissibile.
Che Sun Kun sia stato un singolo uomo o un nome collettivo che rappresenta una generazione di maestri anonimi, la sua eredità è innegabile. Non è un’eredità di pietra o di pergamena, ma un’eredità vivente, che respira e combatte in ogni praticante di Yingmenquan che, ancora oggi, cerca di guardare il mondo con gli occhi, la mente e il cuore di un’aquila.
MAESTRI FAMOSI
Introduzione: La Fama Silenziosa – Ridefinire il Concetto di “Maestro Famoso”
Affrontare il tema dei “maestri famosi” dello Yingmenquan richiede un preliminare e fondamentale cambio di prospettiva. In un’era dominata dai media, siamo abituati ad associare la fama alla visibilità pubblica: campioni del mondo i cui incontri sono trasmessi in televisione, attori cinematografici che esibiscono le loro abilità sul grande schermo, o grandi maestri le cui scuole hanno filiali in tutto il mondo e i cui volti compaiono su riviste specializzate. Secondo questo metro di giudizio, lo Yingmenquan non ha maestri famosi.
Questa apparente assenza, tuttavia, non è un segno di mancanza di valore o di abilità, ma, al contrario, una diretta conseguenza della sua storia e della sua filosofia. Lo Yingmenquan è un’arte nata nell’ombra, trasmessa in segreto e sopravvissuta grazie alla discrezione. Per i suoi depositari, la fama pubblica non è mai stata un obiettivo; spesso, è stata un pericolo da evitare.
Dobbiamo quindi ridefinire il concetto di “fama”. Per uno stile come lo Yingmenquan, esistono due tipi di notorietà:
La Fama Esterna: La celebrità riconosciuta dal grande pubblico, dai media, dal mondo dello sport. Di questa, come detto, lo stile è quasi completamente privo.
La Fama Interna: La reputazione all’interno della ristretta e spesso impenetrabile comunità marziale tradizionale cinese (Wulin – 武林). Questa è una fama basata non sull’apparenza, ma sulla sostanza. È una reputazione costruita su una abilità di combattimento reale, dimostrata non in tornei regolamentati ma in sfide private o in situazioni di vita o di morte; su una profonda conoscenza dei principi dello stile; e, soprattutto, sulla capacità di trasmettere l’arte in modo puro e completo (Chuánchéng – 传承). Questa fama non si legge sui giornali, ma si sussurra con rispetto nelle sale da tè, nei cortili delle scuole e durante gli incontri tra maestri.
Questo capitolo, pertanto, non sarà un elenco di biografie documentate, impresa impossibile data la scarsità di fonti. Sarà, piuttosto, un’esplorazione degli archetipi dei grandi maestri di Yingmenquan: le figure-chiave, i ruoli essenziali che, generazione dopo generazione, hanno permesso a questa arte di sopravvivere. I nomi che useremo sono rappresentativi, creati per dare un volto a questi archetipi e per illustrare le sfide e le responsabilità che ogni generazione di maestri ha dovuto affrontare. Racconteremo la storia non di singole celebrità, ma della catena umana che costituisce la vera spina dorsale dello Yingmenquan.
La Prima Generazione dopo il Fondatore: I “Guardiani della Fiamma”
Immediatamente dopo la figura leggendaria di Sun Kun, la responsabilità della sopravvivenza dello stile ricadde sulle spalle dei suoi primi discepoli. Questi uomini non erano semplici allievi; erano i primi anelli della catena, i “Guardiani della Fiamma” che avevano il compito sacro di proteggere un sapere appena nato e incredibilmente prezioso. In questa generazione, possiamo identificare due archetipi fondamentali.
A. L’Archetipo del “Discepolo Ereditario” (嫡传弟子 – Dìchuán Dìzǐ): Maestro Guo Zhen (郭振)
In ogni scuola tradizionale, c’è sempre un discepolo che viene scelto dal fondatore come suo successore ufficiale, colui che riceve la trasmissione più completa e profonda. Immaginiamo questa figura in un maestro che chiameremo Guo Zhen. Guo non sarebbe stato necessariamente il combattente più forte o il più talentuoso fisicamente, ma quello con il carattere più solido, la lealtà più incrollabile e la comprensione più profonda dei principi filosofici e strategici dello stile.
La Missione della Conservazione: Il ruolo di Guo Zhen non era quello di innovare, ma di preservare. La sua ossessione sarebbe stata la fedeltà assoluta all’insegnamento di Sun Kun. Avrebbe dedicato la sua vita a memorizzare ogni forma, ogni applicazione, ogni sfumatura del pensiero del suo maestro. Il suo compito era quello di diventare una copia vivente del fondatore, un archivio umano per garantire che nulla andasse perduto. La sua fama interna non sarebbe derivata da gesta eclatanti, ma dalla purezza del suo insegnamento. Gli altri maestri avrebbero detto di lui: “Se vuoi conoscere il vero Yingmenquan di Sun Kun, devi andare da Guo Zhen”.
Le Sfide della Clandestinità: Maestro Guo avrebbe vissuto in un’epoca di forte repressione Qing. La sua scuola non poteva essere un edificio con un’insegna, ma un circolo segreto. La sua vita sarebbe stata un esercizio costante di prudenza. Avrebbe dovuto affrontare l’immenso peso psicologico di essere, forse, l’unico depositario della totalità dell’arte. Se fosse stato scoperto e giustiziato, l’intero sistema avrebbe rischiato l’estinzione.
L’Insegnamento come Rito Sacro: Per un maestro come Guo Zhen, insegnare non era un lavoro, ma un rito. La selezione dei suoi discepoli sarebbe stata ancora più severa di quella di Sun Kun. Avrebbe potuto passare anni a osservare un potenziale allievo prima di accettarlo, mettendone alla prova il carattere, la pazienza e la lealtà con compiti umili e apparentemente inutili. Avrebbe probabilmente insegnato a pochissime persone nel corso della sua vita, convinto che fosse meglio avere un solo discepolo degno piuttosto che cento indegni.
La fama di un maestro come Guo Zhen è la fama del pilastro, della roccia su cui si fonda la continuità della tradizione. È una fama silenziosa ma fondamentale.
B. L’Archetipo del “Guerriero Itinerante” (游侠 – Yóuxiá): Maestro Li Wei (李伟)
Accanto al conservatore, c’è sempre bisogno del diffusore. Immaginiamo un altro discepolo di Sun Kun, che chiameremo Li Wei. A differenza di Guo Zhen, Li Wei non sarebbe stato un uomo stanziale. La sua natura inquieta e il suo eccezionale talento per il combattimento lo avrebbero portato a intraprendere una vita da Yóuxiá, un cavaliere errante, una figura a metà tra un eroe popolare e un mercenario.
La Prova sul Campo: La vita di Li Wei sarebbe stata la prova costante dell’efficacia dello Yingmenquan. Avrebbe potuto lavorare come Biaoshi, una guardia del corpo che scortava carovane di merci preziose attraverso le pericolose terre della Cina del XVIII secolo. Ogni viaggio era una potenziale battaglia contro banditi o predoni. La sua fama interna sarebbe nata dalle storie, probabilmente ingigantite nel racconto, delle sue imprese: di come da solo avrebbe sbaragliato una dozzina di avversari, o di come avrebbe sconfitto in duello un famoso maestro di un altro stile.
Il Ruolo nella Diffusione: Viaggiando costantemente, un maestro come Li Wei sarebbe stato il principale veicolo di diffusione geografica dello stile. In una città dove si fermava per qualche mese, avrebbe potuto accettare un paio di discepoli, piantando un seme che, nel tempo, avrebbe potuto germogliare in un nuovo ramo (Pai – 派) dello Yingmenquan. Questi rami, pur mantenendo i principi fondamentali, avrebbero potuto sviluppare delle “inflessioni” regionali, arricchendo la diversità dello stile.
L’Adattamento e l’Evoluzione: A differenza del purista Guo Zhen, il guerriero Li Wei avrebbe avuto un approccio più pragmatico. Nel corso dei suoi innumerevoli combattimenti reali, avrebbe potuto scoprire che una certa tecnica era più efficace di un’altra, o che un piccolo adattamento la rendeva più funzionale contro un avversario armato. Senza tradire i principi fondamentali, avrebbe potuto introdurre piccole innovazioni basate sull’esperienza diretta. Questo archetipo rappresenta quindi il motore dell’evoluzione pratica dello stile, un’evoluzione guidata non dalla teoria, ma dalla necessità della sopravvivenza.
La fama di un maestro come Li Wei è quella della lama affilata, la cui reputazione è costruita sul suo utilizzo reale e sulla sua comprovata efficacia.
I Maestri dell’Era di Mezzo (XIX Secolo): I “Protettori della Comunità”
Avanzando nel XIX secolo, la Cina affrontò nuove crisi: le Guerre dell’Oppio, la Ribellione Taiping e un generale declino dell’autorità centrale. In questo contesto, il ruolo dei maestri di arti marziali cambiò di nuovo. Da guardiani di un segreto o guerrieri erranti, divennero spesso figure centrali per la protezione e la stabilità delle loro comunità.
A. L’Archetipo del “Maestro del Villaggio”: Sifu Chen Ming (陈明)
Immaginiamo un maestro di Yingmenquan di terza o quarta generazione, Chen Ming, che vive in una città di provincia. Non è un eremita né un avventuriero. Potrebbe essere un medico tradizionale, un erborista o un piccolo commerciante, una figura rispettata e integrata nel tessuto sociale. La sua pratica marziale non è un segreto assoluto, ma una conoscenza che mette al servizio della comunità.
Il Wuguǎn come Centro Sociale: Maestro Chen potrebbe aver gestito un Wuguǎn (una sala di addestramento marziale) che era molto più di una semplice palestra. Era un luogo di ritrovo per gli uomini del villaggio, un posto dove si formava il carattere dei giovani e si rafforzavano i legami comunitari. L’insegnamento dello Yingmenquan diventava uno strumento per infondere disciplina, rispetto e un senso di responsabilità collettiva.
Il Difensore Civico: Durante i periodi di caos, quando i magistrati imperiali fuggivano e l’esercito era lontano, la sicurezza del villaggio sarebbe dipesa da uomini come Chen Ming. Avrebbe organizzato e addestrato una milizia locale (Tuánliàn – 团练) per difendere la comunità da banditi, disertori o dalle armate in marcia. La sua fama sarebbe stata immensa, ma strettamente locale. Sarebbe stato l’eroe del suo popolo, il “Protettore del Villaggio Chen”.
I Dilemmi Etici: Questo ruolo avrebbe posto a Maestro Chen dei dilemmi profondi. Fino a che punto poteva rivelare le tecniche letali dello Yingmenquan a un gruppo numeroso di persone? Come poteva assicurarsi che questa conoscenza non venisse usata per scopi sbagliati una volta tornata la pace? Questo archetipo rappresenta la responsabilità sociale del maestro, il suo ruolo nel bilanciare la segretezza dell’arte con il dovere di proteggere la propria gente.
B. L’Archetipo dello “Specialista Tecnico”: Il “Re degli Artigli” Wang Xiu (王秀)
All’interno del mondo marziale, la fama può anche derivare da una specializzazione quasi sovrumana in un particolare aspetto di uno stile. Immaginiamo un maestro come Wang Xiu, la cui abilità generale nello Yingmenquan era eccellente, ma la cui padronanza del Qin Na era leggendaria.
La Ricerca della Perfezione: Un maestro come Wang Xiu avrebbe dedicato la sua intera vita a perfezionare un’unica area. Avrebbe studiato l’anatomia umana in modo ossessivo, sperimentato migliaia di varianti di leve e pressioni, e sviluppato una forza e una sensibilità nelle dita che apparivano miracolose. La sua conoscenza del Qin Na sarebbe stata così profonda da poter neutralizzare un avversario con un tocco apparentemente leggero e impercettibile.
La Fama basata sulla Specializzazione: La sua reputazione nel Wulin non sarebbe stata quella di un maestro completo, ma quella dello specialista assoluto. Avrebbe guadagnato un soprannome, un titolo che riassumeva la sua abilità, come “Re degli Artigli del Fiume Giallo” o “Mano Divina Wang”. Altri maestri, anche di stili diversi, avrebbero potuto rendergli omaggio o recarsi da lui per cercare di carpirne i segreti.
L’Arricchimento del Sistema: Questi specialisti, pur concentrandosi su un’area ristretta, sono fondamentali per l’arricchimento di un’arte marziale. Sviluppano nuove tecniche, nuovi metodi di allenamento e una comprensione più profonda di un particolare set di abilità. Questa conoscenza specialistica, poi, viene spesso riassorbita dal flusso principale dello stile, elevandone il livello generale. La fama di Wang Xiu è quella dell’artigiano supremo, del virtuoso che eleva una tecnica al livello di arte pura.
I Maestri dell’Era Moderna (XX Secolo): I “Sopravvissuti e i Riformatori”
Il XX secolo, con le sue rivoluzioni politiche, le guerre mondiali e la Rivoluzione Culturale, ha rappresentato la sfida più grande per la sopravvivenza delle arti marziali tradizionali. I maestri di questo periodo possono essere visti come dei veri e propri eroi, dei sopravvissuti che hanno traghettato un sapere antico nel mondo moderno.
A. L’Archetipo del “Sopravvissuto della Rivoluzione Culturale”: Granmaestro Liu Jian (刘健)
Questa è forse la figura più toccante e cruciale della storia recente. Immaginiamo un uomo, Liu Jian, che ha appreso lo Yingmenquan nella Cina repubblicana degli anni ’30 e ’40, un’epoca in cui le arti tradizionali godevano ancora di grande prestigio. Poi, ha visto il suo mondo spazzato via.
La Prova del Fuoco: Durante la Rivoluzione Culturale (1966-1976), essere un maestro di Kung Fu era un crimine. Liu Jian sarebbe stato etichettato come un “elemento controrivoluzionario”. La sua scuola sarebbe stata chiusa, i suoi studenti dispersi. Per proteggere sé stesso e la sua famiglia, avrebbe dovuto bruciare i testi antichi, le genealogie scritte e qualsiasi prova del suo passato marziale. Sarebbe stato costretto a denunciare pubblicamente la sua arte come “spazzatura feudale”.
La Pratica nel Segreto Assoluto: Ma di notte, nel silenzio della sua casa o in un parco buio, avrebbe continuato a praticare. Non per combattere, ma per non dimenticare. Per mantenere viva quella fiamma che i suoi maestri gli avevano affidato. Ogni movimento era un atto di resistenza silenziosa, un’affermazione della sua identità contro un regime che voleva annientarla.
La Rinascita e la Fama del “Tesoro Vivente”: Dopo la fine di quell’incubo, negli anni ’80, uomini come Liu Jian sono riemersi. Erano anziani, fisicamente segnati dalle privazioni, ma con un tesoro inestimabile da condividere. La loro fama, nell’era della rinascita del Kung Fu tradizionale, è diventata immensa. Non erano famosi per le loro abilità di combattimento residue, ma perché erano dei “tesori viventi”, gli ultimi ponti con un mondo perduto. Gli studenti facevano a gara per poter imparare da loro, mossi da un senso di urgenza e da una profonda venerazione per ciò che questi uomini avevano sopportato per salvare la loro arte. La fama di Liu Jian è la fama del martire e del custode, una fama costruita sulla resilienza e sul sacrificio.
B. L’Archetipo dell’ “Apripista”: Il Maestro che Guardò all’Ovest, Zhang Wei (张伟)
Con la politica di “Riforma e Apertura” di Deng Xiaoping, la Cina si è riaperta al mondo. Questo ha creato una nuova figura di maestro, rappresentata da un personaggio che potremmo chiamare Zhang Wei, forse un discepolo del Granmaestro Liu Jian.
La Sfida dell’Insegnamento Interculturale: Zhang Wei potrebbe essere stato uno dei primi maestri di Yingmenquan a insegnare a uno studente occidentale in Cina, o addirittura a emigrare in Europa o in Nord America. Questo lo ha posto di fronte a sfide inedite. Come spiegare concetti come il Qi, lo Yi o il Wude a persone cresciute in una cultura completamente diversa? Come adattare i metodi di insegnamento tradizionali, spesso duri e non verbali, a studenti occidentali abituati a fare domande e a volere spiegazioni logiche?
La Fama Controversa: La sua decisione di insegnare apertamente, e soprattutto a stranieri, gli avrebbe attirato la critica dei settori più tradizionalisti della comunità marziale, che lo avrebbero accusato di “svendere” i segreti della famiglia. Allo stesso tempo, avrebbe guadagnato un nuovo tipo di fama internazionale. Sarebbe diventato il volto dello Yingmenquan per un pubblico globale, l’ambasciatore di un’arte che rischiava di rimanere confinata in Cina.
Il Garante della Sopravvivenza Globale: Che sia visto come un tradizionalista o come un riformatore, il ruolo di un maestro come Zhang Wei è stato cruciale per la sopravvivenza dello Yingmenquan nel XXI secolo. Portando l’arte fuori dai suoi confini originali, ne ha garantito la continuazione su scala globale, creando nuovi centri di pratica e formando una nuova generazione di insegnanti non cinesi. La sua fama è quella del pioniere, del ponte tra culture diverse, una figura che ha corso dei rischi per assicurare un futuro alla sua arte.
Atleti Famosi: Una Categoria Inapplicabile
È fondamentale dedicare una sezione specifica per spiegare perché il termine “atleta famoso” è quasi del tutto inappropriato per lo Yingmenquan. La ragione è filosofica prima ancora che pratica.
Lo Yingmenquan è un’arte marziale (Wǔshù – 武术) nel senso più stretto del termine: un’arte per la guerra, per il combattimento. Il suo obiettivo è la neutralizzazione efficiente, rapida e definitiva di una minaccia. Le sue tecniche principali includono:
Attacchi ai punti vitali (occhi, gola, inguine).
Leve articolari (Qin Na) progettate per lussare o spezzare le articolazioni.
Prese ai tendini e ai muscoli per causare danni funzionali.
Colpi a percussione mirati a organi interni o centri nervosi.
Queste tecniche sono, per definizione, illegali in qualsiasi competizione sportiva, che sia il Sanda (kickboxing cinese) o il combattimento su pedana del Lei Tai. Un torneo sportivo si basa su regole che hanno lo scopo di proteggere la salute dei contendenti e di assegnare la vittoria in base a un punteggio. L’obiettivo dello Yingmenquan è l’opposto: invalidare l’avversario nel modo più rapido possibile, senza alcun interesse per un punteggio.
Di conseguenza, un praticante di Yingmenquan che volesse competere dovrebbe rinunciare al 90% del suo arsenale tecnico e snaturare completamente la strategia e la filosofia del suo stile. Si troverebbe a combattere con un sistema diverso. Pertanto, è logicamente impossibile che un “atleta” diventi famoso praticando lo Yingmenquan in un contesto sportivo. La sua fama, se mai la ottenesse, deriverebbe dalla sua abilità in un altro sport da combattimento, non dalla sua arte originale. L’assenza di atleti famosi non è una debolezza dello stile, ma una prova della sua aderenza ai principi marziali tradizionali e del suo rifiuto di annacquarsi per scopi commerciali o sportivi.
Conclusione: L’Eredità è la Fama
I veri “maestri famosi” dello Yingmenquan sono una galleria di ritratti silenziosi. Sono i Guo Zhen che hanno protetto la purezza della fiamma; i Li Wei che ne hanno sparso le scintille in terre lontane; i Chen Ming che hanno usato quella fiamma per dare luce e calore alle loro comunità; i Wang Xiu che ne hanno studiato ogni sfumatura di colore; i Liu Jian che l’hanno protetta con il proprio corpo durante la tempesta; e i Zhang Wei che hanno costruito nuove lanterne per portarla nel mondo.
La loro fama non è incisa nel bronzo delle medaglie olimpiche o impressa sulla celluloide dei film. È una fama più profonda e duratura, scritta nella catena ininterrotta della trasmissione. La vera misura della grandezza di un maestro di Yingmenquan non è quanti trofei ha vinto o quanti studenti ha avuto, ma la qualità dei discepoli che ha formato e il fatto che, grazie a lui, l’arte sia viva ancora oggi.
Il “pantheon” dello Yingmenquan non è un luogo fisico, ma è il lignaggio stesso. Ogni praticante oggi è l’erede di questi maestri sconosciuti e silenziosi, e ha il dovere di onorare la loro memoria attraverso una pratica onesta, diligente e rispettosa. In questo senso, la più grande fama a cui un maestro può aspirare è quella di diventare, a sua volta, un anello forte e affidabile in questa catena sacra, assicurando che lo spirito dell’aquila possa continuare a volare anche per le generazioni future.
LEGGENDE, CURIOSITA', STORIE E ANEDDOTI
Introduzione: Il Wulin Nascosto – Dove la Storia Diventa Racconto
Per comprendere appieno un’arte marziale tradizionale cinese come lo Yingmenquan, non è sufficiente studiarne la tecnica, la storia o la filosofia in senso accademico. È necessario compiere un passo ulteriore, avventurandosi in quel territorio sfuggente e affascinante dove i fatti si mescolano al folclore, e la storia si trasforma in racconto. Questo è il regno del Wulin (武林), letteralmente le “foreste marziali”, l’universo江湖 (Jianghu, “fiumi e laghi”) della comunità dei praticanti, un mondo con le sue regole non scritte, i suoi eroi, i suoi codici d’onore e, soprattutto, il suo immenso patrimonio di storie (Gùshi – 故事).
Le leggende, le curiosità e gli aneddoti non sono semplici ornamenti o passatempi per intrattenere gli allievi dopo un duro allenamento. Essi costituiscono un veicolo di trasmissione fondamentale, un metodo pedagogico tanto antico quanto efficace. In una tradizione prevalentemente orale e segreta, una storia ben raccontata poteva imprimere un principio strategico nella mente di un discepolo in modo molto più profondo di una fredda spiegazione tecnica. Queste narrazioni sono parabole, ammonimenti, fonti di ispirazione e manuali d’istruzione mascherati da racconti.
Questo capitolo vi invita a sedervi idealmente attorno al fuoco in un cortile nascosto, o al tavolo di una vecchia casa da tè, per ascoltare le storie che hanno dato forma all’anima dello Yingmenquan. Scopriremo che la “verità” di queste leggende non risiede nella loro accuratezza storica, ma nella profondità e nella perennità della lezione (Jiaoxun – 教训) che esse contengono.
La Grande Leggenda della Creazione: L’Aquila e l’Orso Sotto una Nuova Luce
Al centro di ogni mitologia marziale vi è una grande storia delle origini, e per lo Yingmenquan questa è l’epifania del suo fondatore, Sun Kun, di fronte al combattimento tra un’aquila e un grande animale terrestre, spesso identificato come un orso. Questa leggenda, già accennata, merita di essere esplorata in tutta la sua ricchezza simbolica e didattica, non come un singolo evento, ma come il culmine di un profondo percorso interiore.
A. Il Preludio: Il Mondo Interiore di Sun Kun in Esilio
Prima di poter “vedere” la lezione dell’aquila, Sun Kun dovette svuotare la sua mente dal rumore del mondo. Il suo ritiro sulle montagne non fu una vacanza contemplativa, ma un processo di purificazione brutale. Immaginiamolo nel suo primo anno di esilio: un uomo perseguitato dai fantasmi del passato, dalla visione della sua nazione in rovina, dal peso della sconfitta. La sua pratica marziale, un tempo motivo di orgoglio, ora poteva sembrargli vana e inutile.
In questa solitudine estrema, la natura divenne il suo unico interlocutore. Il suo spirito, inizialmente consumato dalla rabbia e dal dolore, iniziò lentamente a placarsi, ad armonizzarsi con i ritmi delle stagioni, con il silenzio della foresta. Iniziò a osservare, non più con l’occhio del soldato alla ricerca di minacce, ma con quello del filosofo taoista alla ricerca del Dao, il Principio che scorre attraverso tutte le cose. Fu solo quando raggiunse questo stato di vuoto mentale e di acuta consapevolezza che fu pronto per la sua epifania.
B. L’Incontro: Non una Battaglia, ma una Lezione Cosmica
L’incontro tra l’aquila e l’orso non fu, per Sun Kun, un semplice spettacolo di violenza animale. Fu una dimostrazione vivente dei principi fondamentali del combattimento e della strategia, una lezione cosmica che rispose a tutte le domande che lo tormentavano. Analizziamo i momenti salienti di questo scontro leggendario e i principi che Sun Kun ne distillò.
Il Volteggio Iniziale: La Lezione della Pazienza e dello Studio. La leggenda narra che l’aquila non attaccò immediatamente. Volteggiò a lungo, in cerchi ampi e lenti, ben al di fuori della portata dell’orso. L’orso, infastidito, si agitava, sprecando energie in ruggiti e cariche a vuoto. La Lezione Marziale: Sun Kun comprese l’importanza capitale della pazienza e dell’osservazione. Un combattente saggio non si lancia mai in un attacco avventato. Prima studia l’avversario, ne analizza i movimenti, il ritmo, le abitudini, la guardia. Mantiene una distanza di sicurezza, conservando la propria energia (Rou) mentre costringe l’avversario a consumare la sua in azioni inutili.
Gli Attacchi di Disturbo: La Lezione delle Finte e della Guerra Psicologica. L’aquila iniziò a compiere finte di picchiata, scendendo rapidamente per poi risalire all’ultimo istante. A volte, sfiorava l’orso, magari colpendolo leggermente con un’ala o le zampe, non per ferirlo, ma per irritarlo, per testarne le reazioni e per costringerlo a guardare costantemente verso l’alto, esponendo i punti più vulnerabili come il muso e gli occhi. La Lezione Marziale: Sun Kun vide l’arte dell’inganno e della guerra psicologica. Un combattimento non si vince solo con la forza, ma confondendo e frustrando l’avversario. Le finte servono a creare aperture, a forzare una reazione prevedibile che può poi essere sfruttata. L’attacco ai sensi (la vista, in questo caso) è una strategia superiore, perché disorienta e demoralizza.
La Picchiata: La Lezione della Potenza Focalizzata (Fa Jin). Quando l’orso, stanco e frustrato, si distrasse per un solo istante, l’aquila colpì. La sua picchiata non fu un semplice volo verso il basso. Fu una trasformazione: da corpo leggero e fluttuante a proiettile di carne e ossa. Tutta la sua massa, accelerata dalla gravità, si concentrò in un unico punto di impatto. La Lezione Marziale: Questa fu la rivelazione del Fa Jin, la potenza esplosiva. Sun Kun capì che la vera forza non deriva dalla tensione costante, ma dalla capacità di rilassare completamente il corpo per poi contrarlo in una singola, fulminea esplosione di energia, convogliando il peso e la velocità di tutto il corpo in un’unica superficie di contatto (un pugno, un artiglio, un gomito).
La Presa e la Ritirata: La Lezione del “Colpisci e Fuggi”. Gli artigli dell’aquila si conficcarono nel muso o sulla schiena dell’orso, causando una ferita profonda e dolorosa. Ma l’aquila non rimase a lottare. Immediatamente dopo l’impatto, usò la stessa energia per darsi la spinta e tornare in volo, fuori portata, lasciando l’orso ferito e ancora più infuriato. La Lezione Marziale: Sun Kun comprese un principio vitale, specialmente contro avversari più grandi e forti: non rimanere mai invischiati. La strategia dello Yingmenquan non prevede lo scambio di colpi prolungato. L’obiettivo è entrare, causare un danno significativo, e uscire immediatamente per riprendere una posizione di vantaggio e studiare il prossimo attacco.
C. La Simbologia Profonda: Orso come “Forza Morta”, Aquila come “Forza Viva”
Al di là della lezione tecnica, Sun Kun comprese la simbologia filosofica dello scontro. L’orso rappresentava la Li (力), la forza bruta, rigida, prevedibile. È una “forza morta” perché, sebbene immensa, è inefficiente e facilmente eludibile da un avversario intelligente. L’aquila, al contrario, rappresentava il Jin (劲), la potenza intelligente, fluida, adattabile. È una “forza viva” perché è sempre in relazione con l’ambiente e con l’avversario. Non si oppone, ma aggira; non spreca, ma focalizza; non è solo fisica, ma è guidata dall’intento e dalla strategia. La leggenda della creazione è quindi, in essenza, la parabola della superiorità della qualità sulla quantità, dell’intelligenza sulla forza bruta, del Gongfu raffinato sulla violenza scomposta.
Aneddoti dei Maestri: Parabole di Abilità e Saggezza (Wude)
Ogni generazione di maestri ha aggiunto al corpus di storie dello Yingmenquan, con aneddoti che servono a illustrare un particolare aspetto tecnico o, più spesso, un principio etico. Usando gli archetipi introdotti nel capitolo precedente, possiamo immaginare alcune di queste storie.
A. La Storia della Tazza da Tè del Maestro Guo Zhen: Un Test di Controllo
Si narra che un giorno, un giovane e arrogante praticante di un altro stile, famoso per la sua forza erculea, si presentò alla porta del venerabile Maestro Guo Zhen (l’archetipo del “Discepolo Ereditario”) per sfidarlo. Il vecchio maestro, senza scomporsi, lo invitò a entrare e gli offrì una tazza di tè. Mentre il giovane si vantava della sua potenza, Guo Zhen sollevò la sua tazza, colma fino all’orlo di tè bollente, tenendola non per il manico, ma dall’alto, con la punta delle cinque dita unite in una perfetta presa ad artiglio. Poi, con un sorriso sereno, disse al giovane: “La tua forza è grande. Prova a togliermi questa tazza di mano. Se ci riesci senza che io versi una sola goccia, ammetterò la tua superiorità”. Il giovane, vedendo una sfida facile, afferrò la tazza con entrambe le mani e tirò con tutta la sua forza. Ma la tazza non si mosse, come se fosse saldata alla mano del vecchio maestro. Il giovane aumentò la forza, diventando paonazzo per lo sforzo, ma la mano di Guo Zhen rimase immobile, le sue dita simili a radici d’acciaio. Dopo un lungo minuto di inutile fatica, il giovane, umiliato e senza fiato, lasciò la presa. Guo Zhen, con la stessa calma, portò la tazza alle labbra e bevve un sorso. Non una goccia era stata versata. La Lezione: Questo aneddoto illustra un principio fondamentale dello Yingmenquan: il Gongli (功力), la forza interna coltivata attraverso anni di pratica, è qualitativamente superiore alla forza muscolare esterna. Ma la lezione più profonda riguarda il Wude (la virtù marziale). Un vero maestro non ha bisogno di umiliare un avversario in un combattimento. La sua abilità si manifesta nel controllo (Kòngzhì – 控制), non nella distruzione. La più grande vittoria è quella ottenuta senza combattere.
B. L’Aneddoto della Scorta del Guerriero Li Wei: L’Uso dell’Intimidazione Strategica
Si racconta che il guerriero itinerante Li Wei (l’archetipo del “diffusore”) stesse scortando una piccola carovana attraverso un passo di montagna noto per essere infestato dai banditi. Come previsto, un gruppo di una ventina di uomini armati sbarrò loro la strada. Il capo dei banditi, un uomo enorme con una grande sciabola, si fece avanti ridendo, convinto di avere la vittoria in pugno. Li Wei scese da cavallo lentamente. Invece di estrarre la sua arma, camminò con calma verso il capo dei banditi. L’uomo, sorpreso da tanta audacia, sferrò un fendente rabbioso. Li Wei non indietreggiò. Con un movimento quasi troppo veloce per essere visto, schivò il colpo di un soffio, afferrò il polso armato del bandito, ruotò e, con un suono secco di ossa rotte, gli dislocò spalla e gomito in un’unica, fluida azione di Qin Na. Il capo crollò a terra urlando, la sua sciabola inutilmente a terra. Li Wei non lo finì. Si limitò a posargli un piede sul collo e a fissare gli altri banditi con lo sguardo gelido e penetrante di un’aquila. Il silenzio divenne totale. I banditi, vedendo il loro leader, il più forte tra loro, neutralizzato con tale terrificante efficienza, persero ogni volontà di combattere. Dopo un istante di esitazione, si voltarono e fuggirono nella foresta. La Lezione: Questa storia insegna il principio di “uccidere il pollo per spaventare le scimmie” (杀鸡儆猴, shā jī jǐng hóu). In una situazione di svantaggio numerico, un combattimento prolungato è un suicidio. La strategia migliore è neutralizzare il leader o l’elemento più forte del gruppo nel modo più rapido, scioccante e decisivo possibile. L’obiettivo non è sconfiggere tutti, ma distruggere la volontà di combattere del nemico. È un esempio di massima efficienza e di guerra psicologica.
Curiosità e Pratiche Esoteriche: I Segreti della “Porta Interna”
Oltre alle leggende sui fondatori e maestri, lo Yingmenquan è ricco di curiosità legate ai suoi metodi di allenamento unici, alcuni dei quali appaiono quasi mitici agli occhi moderni. Queste pratiche rivelano la dedizione quasi sovrumana richiesta per padroneggiare lo stile.
A. L’Allenamento dell'”Artiglio d’Aquila” (Ying Zhao Gong): Miti e Realtà
La forza delle dita e della presa è l’ossessione dello Yingmenquan. Le storie che circondano il suo allenamento sono innumerevoli.
Le Giare d’Acqua e i Blocchi di Pietra: Un esercizio fondamentale consisteva nel sollevare pesanti giare di terracotta, piene d’acqua o di sabbia, afferrandole solo per il bordo con la punta delle dita. Con il tempo, il peso veniva aumentato. Una variante ancora più estrema prevedeva l’uso di blocchi di pietra squadrati, con piccole scanalature per le dita. Si dice che un maestro avanzato potesse camminare per il cortile portando due di questi pesi, sviluppando una forza nella presa capace di frantumare una noce di cocco.
Il Sacco di Fagioli di Ferro: Per condizionare le dita a penetrare e a resistere all’impatto, i praticanti dovevano affondare ripetutamente le mani in grandi ceste piene di fagioli secchi, ghiaia, sabbia e, al livello più alto, pallini di ferro (spesso riscaldati per aumentare la difficoltà). Questo esercizio, chiamato Tie Sha Zhang (Palmo di Ferro), mirava a rendere le dita armi perforanti. La leggenda vuole che le mani di un maestro, dopo decenni di questa pratica, potessero lasciare cinque fori netti in una pila di tegole o perforare il legno di una porta.
“Afferrare le Ombre degli Uccelli”: Un aneddoto curioso racconta di un allenamento per la velocità della presa. L’allievo doveva stare in un cortile e tentare di “afferrare” al volo le ombre degli uccelli che passavano sul terreno. Ovviamente, era un compito impossibile, ma lo sforzo costante di reagire a uno stimolo imprevedibile e velocissimo sviluppava riflessi fulminei e una capacità di scatto della mano senza pari.
B. “Nutrire lo Sguardo”: L’Allenamento degli Occhi (Yan Fa – 眼法)
Lo sguardo dell’aquila non è solo una metafora. Nello Yingmenquan, gli occhi vengono allenati con la stessa serietà dei muscoli.
Fissare il Sole Nascente e la Luna Piena: Una pratica esoterica consisteva nel fissare brevemente il sole al suo sorgere o al suo tramonto (quando la sua luce è meno intensa) o la luna piena. Secondo la credenza taoista, questo permetteva di assorbire l’energia (Qi) celeste e di “nutrire” lo spirito (Shen) che risiede negli occhi, rendendo lo sguardo più “luminoso” e penetrante.
Seguire l’Incenso che Brucia: Un bastoncino d’incenso veniva acceso e il praticante doveva seguire con lo sguardo il sottile e imprevedibile filo di fumo che saliva, senza mai perderlo di vista, fino a quando l’incenso non si era consumato del tutto. Questo esercizio allenava la concentrazione prolungata e la capacità di seguire un oggetto in movimento con minima tensione.
L’Aneddoto dello Sguardo che Vince: Si racconta di un duello tra un maestro di Yingmenquan e un famoso spadaccino. Prima che la sfida iniziasse, il maestro fissò intensamente lo spadaccino con uno sguardo immobile, freddo e privo di emozioni, lo stesso sguardo di un’aquila che fissa la sua preda. Lo spadaccino, un uomo avvezzo a ogni tipo di violenza, si sentì a disagio, poi profondamente inquieto, come se quel sguardo potesse leggergli l’anima e anticipare ogni sua mossa. Dopo alcuni minuti di questa guerra psicologica silenziosa, sudando freddo, rinfoderò la spada e si inchinò, ammettendo la sconfitta senza che un solo colpo fosse stato scambiato.
C. Il Segreto del “Respiro dell’Aquila” e la Circolazione del Qi
Al livello più interno, lo Yingmenquan possiede le sue pratiche di Qigong (Lavoro sull’Energia), volte a coltivare e dirigere l’energia interna.
Il Respiro Inverso e la Radice dell’Artiglio: Ai discepoli avanzati veniva insegnata una forma di respirazione inversa (durante l’inspirazione l’addome si contrae, durante l’espirazione si espande). Questa tecnica, si diceva, permetteva di “affondare il Qi” nel Dantian (il centro energetico sotto l’ombelico) e da lì di proiettarlo fino alla punta delle dita durante una presa. Un artiglio potenziato dal Qi non era solo forte fisicamente, ma aveva una qualità “penetrante” che attaccava direttamente il sistema energetico dell’avversario.
L’Armatura del Gallo d’Oro: Una curiosa storia parla di una tecnica di Qigong chiamata “Il Gallo d’Oro si Regge su una Zampa”, comune a molti stili. Nello Yingmenquan, questa pratica era combinata con una visualizzazione: immaginare il proprio Qi che formava uno scudo protettivo attorno al corpo, una sorta di armatura energetica. La leggenda narra di un maestro che, colpito a sorpresa al petto da un pugno potente, barcollò ma non cadde. L’aggressore, invece, si ritrasse urlando di dolore, con le nocche fratturate, come se avesse colpito una lastra di ferro. Il maestro, si disse, aveva attivato la sua “armatura di Qi” un istante prima dell’impatto.
Storie di Sfide e Duelli (Bǐwǔ – 比武): Il Codice del Wulin
Il mondo del Wulin era spesso segnato da sfide formali e informali, dove la reputazione di un maestro e della sua scuola era costantemente messa in gioco. Questi racconti servivano a illustrare i principi strategici dello stile in azione.
A. La Sfida sulla Sabbia Bagnata: Il Dominio della Leggerezza
Un aneddoto racconta di una sfida tra un maestro di Yingmenquan, noto per la sua agilità, e un campione di Shuai Jiao (lotta cinese), famoso per la sua forza e il suo radicamento. La sfida si tenne su una spiaggia, sulla sabbia bagnata lasciata dalla bassa marea. Il lottatore avanzò, lasciando impronte profonde e pesanti, cercando di afferrare il maestro per proiettarlo a terra. Ma il maestro di Yingmenquan sembrava non avere peso. Si muoveva con passi rapidi e leggeri, saltellando e cambiando direzione, lasciando sulla sabbia solo delle tracce superficiali, simili a quelle di un uccello. Frustrò il lottatore per lunghi minuti, schivando ogni sua presa e sferrando rapidi colpi a dita e palmo su braccia e viso. Quando il lottatore, esausto e infuriato, inciampò goffamente nel tentativo di afferrarlo, il maestro di Yingmenquan colse l’attimo. Con un unico, fulmineo movimento, gli fu addosso, non per lottare, ma per applicare una leva al collo e una presa ai tendini della gamba d’appoggio, facendolo crollare a terra. La Lezione: Questa storia è una metafora della strategia dello stile contro avversari più forti e pesanti. Non opporre mai la forza, non accettare mai il combattimento sul terreno preferito dall’avversario. Usa la leggerezza, la mobilità e la velocità per frustrare, stancare e creare un’apertura per un attacco decisivo.
B. Il Duello delle Tre Coppe di Vino: Verificare il Gongfu, non Vincere
Una storia più sottile racconta di due anziani maestri, uno di Yingmenquan e uno di un altro stile interno, che non si vedevano da molti anni. Si incontrarono in una locanda e decisero, per onorare i vecchi tempi, di “scambiare le mani”. Ma invece di un combattimento, il duello fu diverso. Fecero portare tre coppe di vino. Il primo test consisteva nel sollevare la coppa e bere senza usare le mani, solo con il controllo del corpo e del respiro. Il secondo test consisteva nel posare una moneta sul dorso della mano e sferrare tre pugni a piena velocità contro un palo, senza far cadere la moneta. Il terzo e ultimo test fu quello di sedersi uno di fronte all’altro, chiudere gli occhi e cercare di “sentire” con la propria percezione (Ting Jin) il momento in cui l’altro avrebbe deciso di muoversi. Dopo le tre prove, i due maestri scoppiarono a ridere e si abbracciarono. Non ci fu un vincitore né un vinto. Avevano semplicemente “verificato” il livello reciproco di Gongfu (abilità coltivata nel tempo), dimostrando che al livello più alto, la maestria non risiede nella capacità di distruggere, ma in un controllo quasi assoluto di corpo, mente ed energia. La Lezione: Il vero scopo della pratica marziale, per un maestro illuminato, non è più la vittoria sugli altri, ma il perfezionamento di sé. Il confronto diventa un dialogo, un modo per misurare i propri progressi e onorare l’abilità dell’altro.
Conclusione: La Verità Didattica del Mito
Le leggende, le curiosità e gli aneddoti dello Yingmenquan sono molto più che semplici storie. Sono il tessuto connettivo che lega le generazioni, la memoria collettiva di una scuola, il veicolo attraverso cui i suoi valori più profondi vengono trasmessi. Ogni racconto è un seme piantato nella mente dell’allievo, destinato a germogliare in una comprensione più profonda.
La storia dell’aquila e dell’orso insegna la strategia. Gli aneddoti dei maestri insegnano l’etica e il controllo. Le curiosità sui metodi di allenamento insegnano la dedizione e il sacrificio. Le storie dei duelli insegnano l’applicazione dei principi in un contesto dinamico. Ascoltare queste storie significa capire che lo Yingmenquan non è solo un insieme di tecniche, ma un modo di vedere il mondo, un codice di condotta, un sentiero per la coltivazione di sé. Per conoscere veramente quest’arte, non basta allenare il corpo; bisogna nutrire la mente e lo spirito con la saggezza senza tempo che riecheggia in questi antichi racconti. Essi sono, a tutti gli effetti, l’anima immortale dello stile dell’Aquila.
TECNICHE
Introduzione: L’Arsenale dell’Aquila – Anatomia di un Sistema di Combattimento
Entrare nel dominio delle tecniche dello Yingmenquan significa esplorare un arsenale marziale di rara completezza e letale efficacia. Non si tratta di un semplice catalogo di “mosse” o di un insieme di trucchi per l’autodifesa, ma di un sistema di combattimento olistico (Wǔshù Tǐxì – 武术体系), dove ogni singolo gesto è intriso di strategia, ogni movimento è il prodotto di una precisa biomeccanica e ogni applicazione riflette la spietata efficienza del predatore a cui si ispira.
Le tecniche dello Yingmenquan non sono entità isolate da imparare a memoria. Sono piuttosto le parole, la grammatica e la sintassi di un linguaggio corporeo complesso, progettato per un unico scopo: la neutralizzazione totale dell’avversario nel modo più rapido e sicuro possibile. In questo sistema, un pugno può trasformarsi in una presa, una presa in una leva, una leva in una proiezione e una proiezione in un colpo finale, il tutto in un flusso ininterrotto e quasi impercettibile.
Questo capitolo si propone di “smontare” questo sistema per analizzarne i componenti fondamentali. Esploreremo in dettaglio le metodologie delle mani (Shou Fa), che rappresentano il cuore dello stile, le tecniche di gamba (Tui Fa), spesso usate come apripista o armi a sorpresa, le sofisticate arti del controllo e della proiezione (Qin Na e Shuai Jiao), e infine il motore che rende tutto possibile: la meccanica del corpo (Shen Fa) e l’arte del movimento (Bu Fa). Sarà un’immersione profonda nell’anatomia di un’arte creata per dominare il combattimento.
Shou Fa (手法): La Dottrina delle Mani – Il Cuore Tecnico dello Stile
Le mani sono le armi primarie dello Yingmenquan, gli strumenti attraverso cui si manifesta la maggior parte dei suoi principi. Il termine Shou Fa (“metodo della mano”) comprende una vasta gamma di forme e applicazioni, ciascuna con uno scopo specifico. Dalla celebre presa ad artiglio alle percussioni con il pugno e il palmo, ogni tecnica è affinata per massimizzare il danno e il controllo.
A. Ying Zhao (鹰爪): L’Artiglio dell’Aquila – Analisi Approfondita
L’Ying Zhao, o Artiglio dell’Aquila, è molto più di una semplice tecnica: è l’emblema, la filosofia e l’arma più caratteristica dello stile. La sua padronanza richiede anni di condizionamento specifico (Gongli) e una profonda comprensione dell’anatomia e della biomeccanica. Non è una singola forma della mano, ma un sistema versatile che possiamo scomporre in cinque “essenze” o funzioni primarie.
La Struttura della Mano (Gòuzao – 构造): Prima di analizzarne le funzioni, è essenziale capire come si forma l’Artiglio. Le dita sono flesse alla seconda falange, mantenendo una tensione quasi isometrica ma senza rigidità. Il pollice è leggermente piegato e agisce in opposizione alle altre dita, fungendo da “chiave di volta” che chiude e potenzia la presa. Il palmo rimane “vuoto” al centro (attorno al punto di agopuntura Lao Gong – 劳宫), permettendo alla mano di adattarsi perfettamente alla superficie che sta afferrando. Questa struttura trasforma la mano da una superficie piatta a uno strumento tridimensionale di controllo.
Le Cinque Essenze dell’Artiglio:
Zhua (抓) – Afferrare e Stritolare: Questa è la funzione più basilare ma fondamentale. Zhua non è una stretta generica, ma una presa attiva e penetrante. Le dita cercano di affondare nei tessuti molli dell’avversario: muscoli (come il trapezio o i bicipiti), tendini (come quelli del polso o del tendine d’Achille) o aree sensibili. Una volta stabilita la presa, si applica una forza di schiacciamento e torsione. L’obiettivo è duplice: causare un dolore acuto che deconcentra e demoralizza l’avversario, e ottenere un controllo fisico sulla sua struttura, impedendogli di muoversi liberamente o di usare un arto.
Na (拿) – Controllare e Torcere (Qin Na): Questa è l’applicazione più sofisticata dell’artiglio, il cuore del Qin Na. Una volta afferrato un arto, l’Ying Zhao diventa il punto di applicazione per una leva articolare. Grazie alla sua forza e precisione, permette di controllare il polso, il gomito o la spalla dell’avversario con una leva minima. Ad esempio, una tecnica classica prevede di afferrare il polso dell’avversario con Zhua, mentre l’altra mano controlla il gomito. Una leggera torsione coordinata delle due mani, unita a un movimento del corpo, può facilmente portare a una sottomissione o a una lussazione.
Si (撕) – Lacerare e Strappare: Questa è l’essenza più brutale dell’artiglio. Se la presa viene stabilita su un gruppo muscolare (come il pettorale o i muscoli del collo), l’azione successiva può essere quella di “strappare” o “lacerare”. Questo non significa letteralmente strappare la pelle, ma applicare una forza di trazione improvvisa e violenta che può causare strappi muscolari, danni ai tendini e un dolore invalidante. È una tecnica da combattimento reale, progettata per rendere un arto o una parte del corpo dell’avversario immediatamente inutilizzabile.
Kou (扣) – Sigillare e Premere: Questa funzione combina la presa con l’attacco ai punti di pressione. Mentre le dita afferrano e controllano, la punta del pollice o dell’indice può essere usata per “sigillare” (Kou) un punto vitale (Xue – 穴) o un centro nervoso. Ad esempio, afferrando il braccio di un avversario, il pollice può premere con forza su un punto specifico dell’avambraccio, causando una scossa di dolore che paralizza temporaneamente la mano e fa cadere un’eventuale arma.
Dian (点) – Pungere e Colpire: L’artiglio può anche essere usato come arma di percussione. Invece di afferrare, le punte delle dita, condizionate per essere dure come sassi, vengono usate per colpire aree piccole e vulnerabili. Questa è l’essenza del Dian Xue, l’arte di colpire i punti vitali. I bersagli tipici sono le tempie, la gola, gli occhi, le costole fluttuanti o il plesso solare. Un colpo di Dian non si basa sulla potenza di massa, ma sulla precisione e sulla penetrazione, concentrando tutta la forza del corpo in una superficie di contatto minima.
B. Quan Fa (拳法): L’Uso Strategico del Pugno
Sebbene l’artiglio sia l’arma principale, lo Yingmenquan utilizza anche il pugno (Quan) in modo strategico e preciso. I pugni non vengono lanciati a caso, ma sono integrati nel flusso del combattimento, spesso come preparazione per una presa o come colpo di grazia.
Pugno Verticale (Lì Quán – 立拳): Usato prevalentemente nel combattimento a corta distanza. La posizione verticale del pugno permette di passare più facilmente attraverso la guardia dell’avversario e di colpire in rapida successione. I bersagli sono il plesso solare, le costole e il viso. Spesso una raffica di pugni verticali serve a costringere l’avversario a una reazione difensiva che espone i polsi, creando l’opportunità per una presa di Ying Zhao.
Pugno a Occhio di Fenice (Fèng Yǎn Quán – 凤眼拳): Una delle armi più specializzate e pericolose. Si forma chiudendo il pugno ma lasciando che la prima falange del dito indice sporga leggermente, supportata dal pollice. Questa singola nocca, dura e appuntita, diventa uno strumento ideale per colpire punti di pressione estremamente piccoli e sensibili: le tempie, i punti dietro l’orecchio, lo spazio tra le costole, o il punto sotto il naso (philtrum).
Pugno a Dorso di Leopardo (Bào Quán – 豹拳): Si forma piegando le dita alla seconda falange, creando una superficie di contatto piatta e dura con le prime nocche. È meno penetrante dell’Occhio di Fenice ma copre un’area più vasta. Viene usato per colpi a frusta diretti a zone come il ponte del naso, la gola o le costole fluttuanti.
C. Zhang Fa (掌法): La Versatilità del Palmo
Il palmo (Zhang) è forse più versatile del pugno, in quanto può passare istantaneamente da un’azione di percussione a una di presa o deviazione.
Colpo di Palmo Ascendente (Chuān Zhǎng – 穿掌): Un colpo portato dal basso verso l’alto con il palmo, diretto al mento o al naso dell’avversario. È una tecnica eccellente per rompere la postura dell’avversario e sbilanciarlo all’indietro.
Taglio di Palmo (Pī Zhǎng – 劈掌): Utilizza il bordo esterno della mano (il “taglio”) come un’ascia. È una delle tecniche più potenti e viene diretta a bersagli strutturalmente deboli come il lato del collo, la clavicola, le articolazioni o il ponte del naso.
Pressione di Palmo (Àn Zhǎng – 按掌): Più che un colpo, è un’azione di controllo. Viene usata per premere sulle articolazioni dell’avversario, deviare i suoi attacchi o spingerlo per rompere il suo equilibrio.
Tui Fa (腿法): Le Tecniche di Gamba – Radici e Armi Nascoste
La filosofia delle tecniche di gamba (Tui Fa) nello Yingmenquan è riassunta in un vecchio detto: “Le mani sono le due porte; si entra calciando il cancello”. Le gambe non sono usate per calci spettacolari e alti, che possono compromettere l’equilibrio. Sono invece armi basse, veloci e insidiose, usate principalmente per tre scopi: distruggere le “radici” dell’avversario (le sue gambe), creare aperture per le tecniche di mano, e come arma a sorpresa nella corta distanza.
A. Calci Bassi e Distruttivi (Sǔnhuài Dī Tuǐ – 损坏低腿):
Calcio Frontale alla Tibia (Zhèng Deng Tuǐ – 正蹬腿): Un calcio a spinta, quasi uno “pestone” frontale, diretto con il tallone contro la tibia o la rotula dell’avversario. Non è elegante, ma è estremamente doloroso e funzionale. Causa un dolore acuto che distrae l’avversario e può fratturare la tibia.
Calcio Laterale al Ginocchio (Cè Chuài Tuǐ – 侧踹腿): Un calcio laterale a spinta, portato con il taglio o il tallone del piede, diretto contro il lato del ginocchio dell’avversario. È una delle tecniche più pericolose, in quanto può facilmente iperestendere e danneggiare i legamenti del ginocchio, rendendo l’avversario incapace di reggersi in piedi.
Calcio a Spazzata (Sǎo Táng Tuǐ – 扫堂腿): Un calcio circolare basso, eseguito quasi a livello del suolo, che mira a colpire le caviglie o i polpacci per “spazzare via” le gambe dell’avversario. Richiede grande flessibilità e coordinazione.
Calcio a Gancio (Gōu Tuǐ – 勾腿): Eseguito agganciando con il tallone la caviglia dell’avversario e tirando bruscamente. Viene quasi sempre usato in combinazione con un’azione delle mani che spinge o sbilancia la parte superiore del corpo, risultando in una proiezione quasi certa.
B. L’Uso del Ginocchio (Xī Jī – 膝击): L’Arma del Clinch
Il ginocchio è l’arma principe nella distanza ultra-corta (clinch). Nello Yingmenquan, l’uso del ginocchio è spesso la conseguenza naturale di una tecnica di Qin Na. Ad esempio, dopo aver afferrato la testa o le braccia dell’avversario e averne abbassato la postura, il ginocchio sale con potenza per colpire bersagli devastanti come i quadricipiti (causando una paralisi temporanea della gamba), i testicoli, l’addome, o addirittura il viso.
Qin Na (擒拿) e Shuai Jiao (摔跤): L’Arte del Controllo e della Proiezione
Queste due arti sono così intrinsecamente legate allo Yingmenquan da costituirne un pilastro fondamentale. Sebbene già menzionate, qui ne analizzeremo i principi tecnici e applicativi.
A. Principi Tecnici del Qin Na dell’Aquila:
Il Qin Na dello Yingmenquan non è una semplice collezione di leve. Si basa su principi precisi:
Sfruttare la Leva e il Fulcro: Ogni articolazione è una leva, e il praticante impara a identificare e creare un fulcro per massimizzare la forza applicata. Spesso il fulcro è una parte del corpo del praticante stesso (un avambraccio, un gomito, una spalla).
Seguire l’Anatomia, non Contrastarla: Le leve più efficaci non cercano di spezzare un osso con la forza bruta, ma di forzare un’articolazione a muoversi in una direzione per cui non è anatomicamente progettata. Si “accompagna” l’arto fino al suo limite e poi si va leggermente oltre.
Il Flusso Continuo (Liúchàng – 流畅): Il vero segreto del Qin Na dello Yingmenquan è la sua fluidità. Un tentativo di leva al polso che incontra resistenza non viene forzato, ma si trasforma istantaneamente in una leva al gomito. Se anche questa viene contrastata, si trasforma in una leva alla spalla, o in un colpo, o in una proiezione. È una cascata di tecniche interconnesse che lascia l’avversario senza opzioni.
Combinazione con il Dian Xue: Come già accennato, una leva è doppiamente efficace se, mentre viene applicata, si preme contemporaneamente un punto di pressione sull’arto controllato, moltiplicando il dolore e l’effetto neurologico.
B. Shuai Jiao (摔跤): Proiettare con Astuzia
Le proiezioni dello Yingmenquan raramente assomigliano a quelle del Judo o della lotta libera, che richiedono un grande dispendio di energia e una presa sul corpo dell’avversario. Nello Yingmenquan, lo Shuai Jiao è più spesso una conseguenza di altre azioni:
Proiezioni da Sbilanciamento: Molte proiezioni avvengono rompendo la struttura e l’equilibrio dell’avversario con un calcio basso o un’azione di spinta/trazione. L’avversario viene “guidato” a terra più che “lanciato”.
Proiezioni da Qin Na: Una leva articolare dolorosa spesso costringe l’avversario a muoversi in una certa direzione per alleviare il dolore. Il praticante sfrutta questo movimento per proiettarlo. Ad esempio, una leva al polso che torce il braccio all’indietro costringe l’avversario a girarsi, creando l’opportunità perfetta per una spazzata o uno sgambetto.
Sfruttare la Forza dell’Avversario (Jiè Lì – 借力): Se un avversario carica con forza, il praticante non lo ferma, ma si sposta leggermente di lato, afferra un braccio o un vestito e usa lo slancio stesso dell’avversario per farlo cadere, aggiungendo solo una piccola spinta o uno sgambetto al momento giusto.
Shen Fa (身法) e Bu Fa (步法): Il Motore e il Telaio del Sistema
Tutte le tecniche sopra descritte sarebbero inutili senza una corretta meccanica corporea (Shen Fa) e un efficace lavoro di gambe (Bu Fa). Sono questi due elementi che generano la potenza, creano gli angoli di attacco e garantiscono la stabilità e la mobilità.
A. Shen Fa (身法): La Meccanica Corporea dell’Aquila
Il Comando della Vita (Yāo – 腰): Nelle arti marziali cinesi, la vita è considerata il “comandante supremo” del corpo. Ogni movimento, che sia un pugno, una parata o un calcio, deve essere iniziato e guidato da una rotazione delle anche e della vita. Questo connette la forza delle gambe (il “radicamento”) a quella delle braccia, trasformando il corpo in una singola unità di potenza.
Aprire e Chiudere (Kāi Hé – 开合): Il corpo si muove secondo un ritmo di espansione (Kāi, apertura) e contrazione (Hé, chiusura). Quando si colpisce, il corpo si “apre” per estendere la portata e rilasciare energia. Quando si para, ci si “chiude” per proteggere il centro e assorbire l’impatto. Questa dinamica è anche un meccanismo di accumulo e rilascio di energia.
La Potenza a Spirale (Chánsī Jìn – 缠丝劲): Molti movimenti dello Yingmenquan, specialmente le parate e le tecniche di Qin Na, utilizzano una forza a spirale. L’energia non viaggia in linea retta, ma si avvita lungo gli arti, creando una forza che è allo stesso tempo deviante e penetrante, molto difficile da contrastare.
B. Bu Fa (步法): L’Arte di Muoversi
Il lavoro di gambe è ciò che permette al praticante di applicare la sua strategia, di controllare la distanza e di creare angoli favorevoli.
Le Posizioni Fondamentali (Jīběn Bùxíng – 基本步行):
Mǎ Bù (马步) – Posizione del Cavaliere: Bassa e larga, è una posizione di allenamento per sviluppare forza e radicamento, ma usata raramente in combattimento statico.
Gōng Bù (弓步) – Posizione dell’Arco: La posizione di affondo principale, usata per lanciare colpi potenti con il braccio arretrato.
Xū Bù (虚步) – Posizione Vuota: Il peso è quasi tutto sulla gamba posteriore, mentre quella anteriore è “vuota” e pronta a calciare o a muoversi rapidamente. È una posizione difensiva e di transizione.
Pū Bù (仆步) – Posizione Bassa/Accovacciata: Una posizione molto bassa, usata per schivare attacchi alti e contrattaccare alle gambe o al basso addome dell’avversario.
I Passi (Bùfǎ – 步法): Il combattimento è movimento, e lo Yingmenquan utilizza una varietà di passi per navigare lo spazio: passi in scivolata (Huá Bù), passi incrociati (Jiǎn Bù), e il “passo rubato” (Tōu Bù), un rapido passetto intermedio per aggiustare la distanza prima di un attacco senza che l’avversario se ne accorga.
Conclusione: La Tecnica come Espressione del Principio
L’arsenale tecnico dello Yingmenquan è vasto, sofisticato e profondamente interconnesso. Tuttavia, la vera maestria non risiede nell’imparare a memoria migliaia di tecniche diverse. Risiede, piuttosto, nella comprensione profonda dei principi che le generano.
Un maestro di Yingmenquan non “pensa” a quale tecnica usare. Egli ha interiorizzato i principi di angolazione, di tempismo, di flusso tra duro e morbido, di controllo della distanza. Il suo corpo, forgiato da anni di pratica, risponde alla situazione in modo spontaneo, manifestando la tecnica più appropriata come una conseguenza naturale e inevitabile.
La tecnica, quindi, non è il fine, ma il mezzo. È l’espressione fisica e tangibile di una strategia, di una filosofia, dello spirito indomito dell’aquila. Padroneggiare le tecniche dello Yingmenquan significa imparare a pensare, muoversi e combattere non come un uomo che imita un’aquila, ma come un essere che ne ha assorbito l’essenza stessa.
FORME (TAO LU)
Introduzione: Oltre la Sequenza – Il Taolu come Testo Sacro dello Stile
Nel cuore di ogni grande arte marziale tradizionale, si trova un corpus di conoscenze codificate, una biblioteca di movimenti che ne custodisce l’essenza. Nello Yingmenquan, così come in quasi tutto il Kung Fu cinese, questo veicolo di trasmissione è il Taolu (套路). Ridurre il Taolu al suo equivalente giapponese più noto, il Kata, è un’utile approssimazione iniziale, ma rischia di sminuirne la profondità e la multifunzionalità. Il Taolu non è semplicemente una “forma” o una “sequenza”. È un testo sacro in movimento, un’enciclopedia dinamica, una mappa strategica, un trattato di biomeccanica e una pratica di meditazione attiva, tutto fuso in un’unica, coerente entità.
Per il praticante di Yingmenquan, il Taolu è il filo dorato che lo collega direttamente al fondatore, Sun Kun, e a ogni generazione di maestri che ha preservato l’arte. È il linguaggio attraverso cui i segreti più profondi dello stile vengono comunicati, non a parole, ma attraverso l’esperienza diretta del corpo. Un osservatore esterno può vedere solo una danza marziale, a volte aggraziata, a volte feroce. Ma per chi è “all’interno della porta” (Nèi Mén – 內门), ogni postura, ogni transizione, persino ogni respiro all’interno del Taolu, è una sillaba carica di significato.
Questo capitolo si propone di decodificare il testo del Taolu dello Yingmenquan, esplorandone le molteplici funzioni e i diversi livelli di comprensione. Analizzeremo come una semplice sequenza di movimenti si trasforma, attraverso anni di pratica, da un esercizio di memoria a un’espressione spontanea dello spirito combattivo dell’aquila. Sveleremo perché il Taolu non è un’anticaglia superata nell’era del combattimento sportivo, ma rimane, oggi come secoli fa, il cuore pulsante e insostituibile della tradizione.
La Funzione Primaria del Taolu: Il Catalogo e la Mappa del Sistema
Al suo livello più fondamentale, il Taolu serve come un catalogo, un archivio vivente che previene la dispersione e la perdita della conoscenza. In una tradizione prevalentemente orale e segreta, affidare l’intero bagaglio tecnico di uno stile alla sola memoria individuale sarebbe stato un rischio enorme. Il Taolu è il meccanismo di sicurezza che garantisce la conservazione e la trasmissione coerente del sistema.
A. L’Enciclopedia Dinamica: Il Contenitore della Conoscenza
Ogni Taolu dello Yingmenquan è una micro-enciclopedia che racchiude un set specifico di conoscenze. Al suo interno sono codificate tutte le categorie tecniche dello stile:
Tecniche di Mano (Shou Fa): Ogni forma di mano (l’Artiglio d’Aquila, il Pugno a Occhio di Fenice, il Taglio di Palmo) è presente e contestualizzata.
Tecniche di Gamba (Tui Fa): I calci bassi, le spazzate, l’uso delle ginocchia sono integrati nelle sequenze.
Prese e Leve (Qin Na): Le complesse tecniche di controllo articolare sono mostrate nei loro movimenti essenziali.
Proiezioni (Shuai Jiao): Gli sbilanciamenti e le proiezioni sono la conclusione logica di molte sequenze.
Posizioni e Passi (Bu Fa): La forma insegna come passare fluidamente da una posizione all’altra, utilizzando il lavoro di gambe corretto.
Meccanica Corporea (Shen Fa): I principi di movimento del corpo (uso della vita, apertura e chiusura) sono il tessuto connettivo che lega tutto insieme.
Senza il Taolu, un maestro potrebbe dimenticare una tecnica rara o trasmettere una versione distorta di un movimento. La forma agisce come un modello di riferimento, uno “standard aureo” a cui ogni generazione può tornare per verificare la correttezza e la completezza del proprio sapere.
B. La “Sintassi” Marziale: Insegnare la Connessione tra le Tecniche
Un’arte marziale non è una lista di tecniche, ma la capacità di connetterle in modo efficace. Il Taolu non si limita a elencare le “parole” (le tecniche), ma ne insegna la “sintassi” (il modo di combinarle in frasi di combattimento).
Immaginiamo una breve sequenza all’interno di un Taolu: un movimento di parata verso l’alto con l’avambraccio, seguito da una presa ad artiglio sullo stesso braccio dell’avversario (immaginario), una trazione verso il basso e un colpo di pugno con l’altra mano. Questa sequenza non sta insegnando tre tecniche separate, ma una singola idea tattica: intercetta, controlla e colpisci. Mostra come una difesa si trasforma immediatamente in un controllo, e come il controllo crea l’apertura per un contrattacco.
La pratica ripetuta di queste sequenze logiche programma il sistema nervoso del praticante a reagire in modo fluido e concatenato, superando la tendenza a pensare a ogni azione come un evento separato.
C. La Mappa Strategica: Simulazione di Scenari di Combattimento
Ogni Taolu è progettato attorno a uno o più scenari strategici. Il disegno sul pavimento tracciato dal praticante durante l’esecuzione (il diagramma della forma), le direzioni dei movimenti e il ritmo della sequenza non sono casuali, ma rispondono a una logica di combattimento.
Prendiamo come esempio un archetipo di forma che potremmo chiamare “L’Aquila Penetra nella Foresta” (Yīng Chuān Lín – 鹰穿林). Il nome stesso suggerisce la strategia. Una “foresta” in senso marziale può rappresentare un combattimento contro più avversari, o uno scontro in uno spazio ristretto (come un vicolo) dove gli attacchi possono arrivare da direzioni imprevedibili.
L’esecuzione di questa forma potrebbe essere caratterizzata da:
Cambi di direzione improvvisi e rapidi: Simulando la necessità di affrontare avversari che appaiono da davanti, di fianco e da dietro.
Tecniche a corto raggio: Gomitate, ginocchiate e leve, più adatte a uno spazio dove non c’è agio per movimenti ampi.
Un lavoro di gambe compatto e rotatorio: Per muoversi agilmente tra gli “alberi” (gli avversari) senza perdere l’equilibrio.
Praticando questo Taolu, lo studente non impara solo le tecniche, ma assorbe inconsciamente i principi strategici per gestire quello specifico scenario.
I Livelli di Pratica del Taolu: Dal Guscio Esterno al Nucleo Interno
La vera profondità del Taolu si rivela nel fatto che la pratica di una singola forma si evolve radicalmente con il progredire dello studente. Un maestro può praticare per cinquant’anni lo stesso Taolu che ha imparato da ragazzo, ma il modo in cui lo esegue e ciò che ne ricava saranno completamente diversi. Questo viaggio può essere suddiviso in quattro livelli principali di comprensione e pratica.
A. Il Primo Livello: Apprendere la Forma (學形 – Xué Xíng) – La Correttezza Esterna
Questo è il livello del principiante. L’obiettivo qui è uno solo: imparare la coreografia esatta della sequenza. È un processo spesso lento e frustrante. Il maestro (Sifu) è estremamente esigente e corregge ogni minimo dettaglio:
La Precisione delle Posture: L’angolazione esatta di un ginocchio in una posizione Gong Bu, la distribuzione corretta del peso in una Xu Bu.
La Chiarezza delle Tecniche di Mano: La forma precisa dell’Artiglio d’Aquila, la corretta chiusura del pugno, l’esatta superficie di contatto di un colpo di palmo.
La Memoria della Sequenza: Ricordare l’ordine dei movimenti e le direzioni.
In questa fase, il praticante è rigido, goffo e pensa a ogni singolo movimento. Sta costruendo il “guscio”, il “contenitore”. Il Sifu non fornisce ancora spiegazioni approfondite sul significato o sull’applicazione delle tecniche. L’obiettivo è creare una base motoria perfetta su cui costruire in seguito. Tentare di aggiungere potenza o velocità in questa fase porterebbe solo allo sviluppo di cattive abitudini.
B. Il Secondo Livello: Comprendere l’Intenzione (懂意 – Dǒng Yì) – L’Applicazione Marziale
Una volta che il corpo conosce la sequenza a menadito, inizia la fase più affascinante per lo studente: la decodifica marziale. Questo è il processo di Chai (拆) o Jie (解), che significa “smontare” la forma.
Il maestro prende ogni singolo movimento o una breve sequenza del Taolu e ne svela le possibili applicazioni di combattimento (Yongfa – 用法). Lo studente scopre con stupore che un gesto che sembrava puramente ornamentale è in realtà una leva articolare, o che un movimento apparentemente difensivo può essere un attacco letale.
In questa fase, la pratica del Taolu viene affiancata da innumerevoli ore di esercizi in coppia (Duilian – 对练), dove queste applicazioni vengono provate e riprovate con un partner collaborativo. Lo studente scopre anche un principio fondamentale: un movimento, molteplici applicazioni.
Ad esempio, un movimento di “parata circolare verso l’esterno” può essere:
Una parata per deviare un pugno.
Un colpo circolare con il dorso dell’avambraccio.
L’inizio di una presa al polso per una tecnica di Qin Na.
Una finta per creare un’apertura da un’altra parte.
A questo livello, il Taolu cessa di essere una danza e diventa un manuale di combattimento. La pratica della forma acquista un nuovo significato: l’allievo ora la esegue con Yi (意), l’intenzione marziale, visualizzando l’avversario e l’effetto di ogni sua tecnica.
C. Il Terzo Livello: Perfezionare la Potenza (练劲 – Liàn Jìn) – Il Motore Interno
Quando la forma e la sua applicazione sono state comprese, la pratica del Taolu si eleva a un nuovo livello. L’attenzione si sposta dall’esterno (la forma del movimento) all’interno (il modo in cui il movimento è generato). Questo è il livello della coltivazione del Jin (劲), la potenza interna, elastica e connessa.
La pratica del Taolu diventa un esercizio di Qigong in movimento. Lo studente si concentra su:
La Connessione con il Respiro: Ogni movimento viene sincronizzato con l’inspirazione o l’espirazione. Generalmente, si inspira durante le fasi di accumulo di energia (movimenti di chiusura o preparazione) e si espira durante il rilascio di potenza (Fa Jin).
La Generazione della Forza dalle Radici: Il praticante impara a sentire la forza che nasce dai piedi (Gēn – 根), sale attraverso le gambe, viene diretta e amplificata dalla rotazione della vita (Yāo – 腰) e infine si manifesta nelle mani. Il corpo non è più un insieme di parti, ma un’unica catena di trasmissione della potenza.
L’Espressione del Fa Jin: Il Taolu viene ora eseguito con variazioni di ritmo. Le fasi lente e fluide si alternano a esplosioni di velocità e potenza, quando il praticante si esercita a rilasciare il Fa Jin in tecniche specifiche.
A questo livello, l’esecuzione del Taolu diventa visibilmente più potente. Non è più solo corretta, ma è “viva”, pervasa da un’energia tangibile.
D. Il Quarto Livello: Padroneggiare lo Spirito (通神 – Tōng Shén) – L’Unione di Mente e Movimento
Questo è il livello del maestro, l’obiettivo ultimo della pratica del Taolu. Dopo decenni di lavoro, la forma è così profondamente radicata nel sistema nervoso che la sua esecuzione diventa completamente spontanea e inconscia.
Lo Stato di Wuxin (无心): “Mente senza Mente”. Il praticante non “pensa” più alla forma. Il suo corpo si muove da solo, liberando la mente cosciente. Questa liberazione permette alla mente di raggiungere uno stato di consapevolezza totale e recettività, simile alla meditazione profonda. Lo stato di Wuxin è quello in cui la reazione in combattimento diventa istintiva e perfetta, senza il filtro del pensiero.
Il Taolu come Espressione Personale: A questo livello, il maestro non si limita più a replicare la forma, ma la interpreta. Pur mantenendo la struttura tradizionale, la sua esecuzione sarà unica, un riflesso del suo spirito (Jingshen – 精神), della sua comprensione e della sua fisicità. Due maestri dello stesso lignaggio eseguiranno lo stesso Taolu con “sapori” leggermente diversi, entrambi corretti ma personali.
Diventare l’Aquila: La pratica del Taolu cessa di essere un’imitazione dell’aquila e diventa un’incarnazione del suo spirito. Il praticante non sta più pensando “ora faccio un movimento simile a un’aquila”, ma si sente agile, percettivo, potente e focalizzato come l’animale totemico del suo stile. Il Taolu diventa una forma di alchimia interiore che trasforma il praticante.
La Tassonomia dei Taolu nello Yingmenquan: Un Curriculum di Progressione
Come in ogni sistema educativo ben strutturato, anche nello Yingmenquan i Taolu sono organizzati in un curriculum progressivo, che accompagna lo studente dalle basi fino ai livelli più avanzati di maestria. Sebbene i nomi esatti possano variare tra i diversi lignaggi, la struttura logica è generalmente la seguente.
A. Le Forme di Base (基本套路 – Jīběn Tàolù): Costruire le Fondamenta
Queste sono le prime forme che uno studente impara. Sono generalmente brevi, simmetriche (spesso ripetono le stesse sequenze a destra e a sinistra) e si concentrano sui fondamentali.
Nome Archetipico: “Otto Artigli dell’Aquilotto” (Xiǎo Yīng Bā Zhǎo – 小鹰八爪). Il nome “Aquilotto” suggerisce la natura basilare, propedeutica. “Otto Artigli” potrebbe riferirsi a otto sequenze fondamentali di applicazione dell’Artiglio d’Aquila.
Scopo: Insegnare le cinque posizioni principali, i passi di base, le tecniche di mano più semplici (pugno diretto, parata, presa ad artiglio base) e, soprattutto, inculcare il senso della postura corretta e della coordinazione.
B. Le Forme Intermedie: Sviluppare il Vocabolario e la Sintassi
Una volta padroneggiate le basi, lo studente passa a forme più complesse, lunghe e impegnative.
Nome Archetipico: “L’Aquila Estende le Ali e Caccia la Preda” (Yīng Zhǎn Chì Bǔ Shí – 鹰展翅捕食). Il nome evoca un’azione più complessa e dinamica.
Scopo: Introdurre un vocabolario tecnico più ampio. Qui compaiono combinazioni più elaborate, tecniche di Qin Na più sottili, l’integrazione dei calci bassi con le tecniche di mano, e sequenze che richiedono maggiore resistenza, equilibrio e fluidità. La strategia si fa più complessa, simulando, ad esempio, l’alternanza tra il combattimento a lunga e a corta distanza.
C. Le Forme Avanzate: La Sintesi Strategica e Spirituale
Queste sono le forme del discepolo avanzato e del maestro. Contengono le tecniche più pericolose e i concetti più profondi dello stile.
Nome Archetipico: “L’Artiglio dell’Aquila Sottomette la Tigre” (Yīng Zhǎo Fú Hǔ – 鷹爪伏虎). La simbologia è potente: l’Aquila (che rappresenta l’intelligenza, la tecnica e la strategia dello Yingmenquan) che sconfigge la Tigre (che rappresenta la forza bruta, l’aggressività e la potenza di uno stile di combattimento diretto e potente).
Scopo: Queste forme sono meno focalizzate sulle singole tecniche e più sull’espressione dei principi. Insegnano come combattere contro avversari con attributi fisici superiori. Richiedono una padronanza del Jin e sono spesso eseguite con un’intensità spirituale palpabile. Contengono le applicazioni più letali dello stile e sono insegnate solo a discepoli ritenuti moralmente degni.
D. Le Forme con le Armi (器械套路 – Qìxiè Tàolù): L’Estensione del Corpo
Il curriculum include anche forme con le armi tradizionali, come il bastone (Gùn) e la sciabola (Dāo). La pratica di queste forme non è separata da quella a mani nude.
Principio Fondamentale: L’arma è vista come una naturale estensione del corpo. I principi di generazione della potenza (l’uso della vita), il lavoro di gambe e la strategia appresi nei Taolu a mani nude vengono direttamente trasferiti all’uso dell’arma.
Scopo: La pratica con le armi migliora attributi che sono poi utili anche a mani nude, come il senso della distanza, la coordinazione e la generazione di una maggiore potenza centrifuga.
Il Taolu come Strumento Diagnostico e Correttivo
Una delle funzioni meno note ma più importanti del Taolu è il suo uso come strumento diagnostico. Un Sifu esperto non ha bisogno di vedere un allievo combattere per capirne i punti deboli; gli basta osservarlo eseguire una forma. Il Taolu è uno specchio che rivela ogni difetto.
Un leggero squilibrio durante una transizione rivela una debolezza nelle gambe o una cattiva distribuzione del peso.
Un movimento del braccio che non è sincronizzato con la rotazione della vita indica una “disconnessione” nella catena cinetica.
Un respiro affannoso o irregolare mostra una scorretta gestione del Qi.
Uno sguardo vago o distratto durante l’esecuzione è sintomo di una mancanza di Yi, di intenzione marziale.
Dopo aver diagnosticato il problema, il maestro usa la forma stessa come cura. Potrebbe far ripetere allo studente una singola sezione, o addirittura un singolo movimento, centinaia di volte, finché il difetto non viene corretto e il movimento non diventa perfetto. In questo senso, il Taolu è un sistema di auto-correzione e di perfezionamento continuo.
Conclusione: Il Cuore Vivente della Tradizione
Il Taolu dello Yingmenquan è un universo in sé. È un’opera d’arte di incredibile complessità, un capolavoro di ingegneria motoria e di saggezza strategica che ha viaggiato nel tempo, protetto e custodito da generazioni di maestri. È il custode inflessibile della tecnica, il manuale silenzioso della strategia, il catalizzatore per lo sviluppo della potenza interna e il sentiero verso la fusione di corpo, mente e spirito.
Lungi dall’essere obsoleto, il Taolu rimane il metodo di allenamento più completo ed efficiente per trasmettere la totalità di un’arte marziale complessa. Permette di allenare simultaneamente la tecnica, la forza, la resistenza, la coordinazione, l’equilibrio, la concentrazione e l’intenzione marziale.
Per il praticante di Yingmenquan, eseguire un Taolu non è mai un’azione meccanica. È un dialogo con il passato e una preghiera per il futuro. È l’atto di attingere alla saggezza di tutti i maestri che lo hanno preceduto e, allo stesso tempo, l’atto di affinare sé stesso per diventare, un giorno, un degno anello di quella catena di trasmissione. È, in definitiva, il modo più puro e profondo per mantenere vivo e pulsante il cuore dello stile dell’Aquila.
UNA TIPICA SEDUTA DI ALLENAMENTO
Introduzione: L’Ingresso nel Kwoon – L’Inizio del Rito
Una seduta di allenamento di Yingmenquan, in una scuola che ne rispetta la tradizione, è un’esperienza che trascende la semplice attività fisica. È un rito strutturato, un periodo di tempo in cui lo studente si spoglia delle preoccupazioni del mondo esterno per immergersi in una pratica intensa che coinvolge corpo, mente e spirito. L’ambiente stesso, il Kwoon (馆) o Wuguan (武馆), spesso non assomiglia a una moderna palestra. L’atmosfera è carica di rispetto e serietà; può essere presente un piccolo altare dedicato ai maestri del passato del lignaggio, a simboleggiare la continuità e il debito di riconoscenza verso chi ha trasmesso l’arte.
La sessione non inizia quando il corpo comincia a muoversi, ma quando la mente si focalizza. L’ingresso nel Kwoon è scandito da un rituale preciso. Gli allievi eseguono un saluto formale, il Bàobái (报拜), un inchino rispettoso verso il maestro (Sifu – 师父) e, in alcune scuole, verso l’altare. Questo gesto non è una mera formalità, ma un atto psicologico potente: segna la transizione dal mondo profano della quotidianità al mondo “sacro” dell’allenamento. È un modo per lasciare fuori i pensieri, le tensioni e le distrazioni, e per prepararsi a un lavoro che richiede la massima concentrazione e presenza mentale. Una tipica sessione dura solitamente tra i 90 e i 120 minuti, ed è suddivisa in fasi distinte e progressive, ciascuna con un obiettivo pedagogico preciso.
Fase 1: Riscaldamento (Rèshēn – 热身) – Risvegliare il Corpo dell’Aquila (15-20 minuti)
Questa fase iniziale è cruciale per preparare il corpo all’intenso lavoro che seguirà e per minimizzare il rischio di infortuni. Non si tratta di uno stretching casuale, ma di una preparazione sistematica e specifica per le esigenze dello Yingmenquan.
Attivazione Cardiovascolare: La sessione inizia con esercizi leggeri volti ad aumentare la temperatura corporea e il flusso sanguigno ai muscoli. Questo può includere alcuni minuti di corsa leggera sul posto, saltelli, salto con la corda o esercizi a corpo libero come i jumping jack. L’obiettivo è un riscaldamento graduale e non affaticante.
Scioglimento Articolare Sistematico (Huódòng Guānjié – 活动关节): Data la grande enfasi che lo Yingmenquan pone sulle tecniche di Qin Na (leve articolari), questa parte è particolarmente meticolosa. Il Sifu guida gli allievi in una serie di rotazioni controllate di tutte le principali articolazioni del corpo. Il processo è metodico: si inizia dalle estremità, con rotazioni delle dita, dei polsi e delle caviglie, per poi risalire progressivamente a gomiti, spalle, collo, colonna vertebrale, bacino e ginocchia. Lo scopo non è solo aumentare la flessibilità, ma “lubrificare” le articolazioni con il liquido sinoviale, migliorarne la mobilità e prepararle a sopportare le torsioni e le pressioni che subiranno durante la pratica in coppia.
Stretching Dinamico (Dòngtài Lāshēn – 动态拉伸): A differenza dello stretching statico, mantenuto per lungo tempo, la fase di riscaldamento predilige allungamenti dinamici. Questi includono slanci controllati delle gambe in varie direzioni (frontali, laterali, circolari) per aumentare la flessibilità delle anche, torsioni del busto e circonduzioni ampie delle braccia. Vengono inseriti anche allungamenti specifici per gli avambracci, i polsi e le dita, essenziali per preparare le mani all’intenso lavoro sull’Artiglio d’Aquila.
Fase 2: Il Cuore della Pratica – Jibengong (基本功) – Forgiare le Fondamenta (30-40 minuti)
Terminato il riscaldamento, inizia la fase più importante e impegnativa della lezione, specialmente per gli studenti principianti e intermedi. Il Jibengong si traduce come “lavoro fondamentale” ed è la base su cui si costruisce l’intera arte. È una fase di lavoro intenso, spesso ripetitivo e faticoso, che mira a costruire gli attributi fisici e mentali necessari per lo stile.
Zhan Zhuang (站桩) – La Pratica del “Palo Eretto”: Questa è una delle pratiche più iconiche e apparentemente statiche del Kung Fu. Gli allievi assumono una posizione fondamentale, solitamente la Mǎ Bù (Posizione del Cavaliere), e la mantengono immobili per periodi di tempo progressivamente più lunghi, che possono andare da due a oltre quindici minuti. Sebbene dall’esterno possa sembrare un esercizio di pura resistenza, i suoi benefici sono profondi:
Costruisce il “Radicamento” (Gēn – 根): Sviluppa una connessione stabile con il suolo, fondamentale per generare potenza e mantenere l’equilibrio.
Allena la Struttura Corporea: Insegna il corretto allineamento di schiena, bacino e ginocchia, rafforzando l’intera struttura scheletrica.
Sviluppa la Forza Mentale: Mantenere la posizione nonostante il tremore e il bruciore dei muscoli è un esercizio di forza di volontà e di sopportazione della fatica, un concetto noto come chī kǔ (吃苦), “mangiare amaro”, considerato essenziale per un serio praticante di arti marziali.
Coltiva la Consapevolezza Interna: Nella quiete della posizione, lo studente impara ad ascoltare il proprio corpo, a rilassare le tensioni inutili (come quelle delle spalle) e a percepire il flusso del respiro.
Lavoro sui Passi e le Posizioni (Bu Fa – 步法): Dopo la pratica statica, si passa al movimento. Gli allievi attraversano il pavimento eseguendo sequenze di passi nelle posizioni fondamentali (Gong Bu, Ma Bu, Pu Bu, etc.), mantenendo il baricentro basso. Questo esercizio trasforma la forza statica sviluppata con lo Zhan Zhuang in potenza dinamica, migliorando la stabilità in movimento e la fluidità delle transizioni.
Allenamento della Forza Specifica (Gongli Xunlian – 功力训练): Questa è la sezione dedicata a forgiare le “armi” dello Yingmenquan. L’enfasi è posta sull’Ying Zhao Gong (Lavoro sull’Artiglio d’Aquila). Gli esercizi possono variare: stringere palline di gomma di diversa durezza, afferrare e tenere piccoli pesi con la punta delle dita, o eseguire flessioni sulle dita. Vengono eseguiti anche esercizi in coppia, dove uno studente afferra l’avambraccio del compagno che cerca di resistere e liberarsi, allenando così sia la forza della presa che la capacità di contrastarla.
Ripetizione delle Tecniche di Base: L’intera classe, guidata dal Sifu, esegue in modo coordinato e ripetuto le tecniche fondamentali dello stile: una serie di pugni, parate, colpi di palmo e calci bassi. L’attenzione è focalizzata sulla purezza della forma, sulla corretta generazione della potenza dalla vita e sulla coordinazione tra il movimento e il respiro.
Fase 3: Lo Studio della Forma (Taolu – 套路) – L’Enciclopedia in Movimento (20-30 minuti)
Questa fase è dedicata all’apprendimento e al perfezionamento delle forme, le sequenze codificate che rappresentano l’enciclopedia dello stile. La modalità di pratica varia in base al livello di esperienza degli allievi.
Pratica Collettiva o a Gruppi: Spesso la lezione prevede un momento in cui tutti gli studenti, o gruppi divisi per livello, eseguono insieme una forma. Un allievo più anziano (Sī-hing – 师兄) può guidare il gruppo mentre il Sifu osserva, offrendo correzioni generali. Questo aiuta a migliorare il ritmo, la memoria e il senso di appartenenza al gruppo.
Pratica Individuale e Correzione Personale: Successivamente, ogni allievo pratica individualmente la forma che sta studiando. Questo è un momento cruciale per l’insegnamento. Il Sifu si muove tra gli studenti, fermandosi a correggere personalmente ciascuno di loro. La correzione è precisa e mirata: “Il tuo gomito è troppo alto”, “La transizione è troppo lenta”, “Manca l’intenzione (Yi) nel tuo sguardo”. È attraverso questa attenzione individuale che lo studente può realmente progredire.
Analisi Applicativa (Bunkai/Chai – 分解/拆): Per i gruppi più avanzati, il Sifu può interrompere la pratica della forma per “smontarne” un pezzo. Prende una breve sequenza e, con l’aiuto di un allievo anziano, ne dimostra le possibili applicazioni marziali (Yongfa), spiegando la logica strategica e biomeccanica dietro i movimenti.
Fase 4: La Pratica in Coppia (Duiliàn – 对练) – Il Dialogo Marziale (15-20 minuti)
Se il Jibengong costruisce le fondamenta e il Taolu fornisce la mappa, il Duiliàn è il laboratorio dove si impara a costruire. È la fase in cui si applicano le tecniche con un partner.
Esercizi Preordinati: La maggior parte del lavoro in coppia non è combattimento libero, ma consiste in esercizi strutturati. Ad esempio, l’allievo A attacca con un pugno diretto, e l’allievo B deve eseguire una specifica sequenza di parata, controllo e contrattacco appresa dalla forma. Questi esercizi, ripetuti molte volte, sviluppano attributi fondamentali come il senso della distanza, il tempismo, la fluidità e la capacità di applicare una tecnica su un bersaglio non statico.
Pratica del Qin Na: Una parte significativa è dedicata alle tecniche di leva e controllo. Gli studenti si esercitano ad applicare le leve con gradualità e controllo, imparando a “sentire” il limite dell’articolazione del compagno. Altrettanto importante è l’allenamento nell’arte dell’Anti-Qin Na: come sfuggire a una presa, come cedere alla forza per neutralizzare una leva, come trasformare la propria posizione di svantaggio in un’opportunità di contrattacco.
Fase 5: Fase Finale – Condizionamento e Defaticamento (5-10 minuti)
La sessione volge al termine con un’ultima fase che ha un duplice scopo: un ultimo sforzo di condizionamento e il successivo ritorno alla calma.
Condizionamento Fisico (Tǐnéng – 体能): A seconda del programma del Sifu, la lezione può concludersi con una breve ma intensa serie di esercizi di potenziamento: flessioni (sui pugni, sulle dita), addominali, squat o esercizi isometrici. In alcune scuole più tradizionali, questa fase può includere esercizi leggeri di condizionamento del corpo (Pai Da), dove gli studenti si percuotono delicatamente braccia, gambe e torso per abituare il corpo a ricevere impatti.
Defaticamento e Stretching (Fàngsōng – 放松): La sessione si chiude con una serie di esercizi di stretching statico, mantenendo le posizioni per 20-30 secondi. Questo aiuta a migliorare la flessibilità, a ridurre la tensione muscolare accumulata e a favorire il processo di recupero, diminuendo l’indolenzimento muscolare post-allenamento. È una fase calma e riflessiva, che aiuta a riportare il sistema nervoso a uno stato di quiete.
Il Rituale di Chiusura: Tornare al Mondo
La seduta di allenamento si conclude simmetricamente a come era iniziata. Gli allievi si allineano nuovamente di fronte al Sifu. È un momento di silenzio e di ascolto. Il maestro può condividere un pensiero sulla lezione appena svolta, offrire un consiglio tecnico o una riflessione filosofica legata al Wude, la virtù marziale. Può essere un momento per fare domande o per ricevere comunicazioni relative alla scuola. Infine, l’intera classe esegue il saluto finale al Sifu e all’altare. Questo gesto sancisce la fine del tempo dedicato alla pratica. Lo studente, arricchito fisicamente e mentalmente, è ora pronto a tornare nel mondo, portando con sé non solo la fatica di un duro allenamento, ma anche i principi di disciplina, rispetto e consapevolezza coltivati all’interno del Kwoon.
GLI STILI E LE SCUOLE
Introduzione: Oltre il Concetto di “Stile” – Il Lignaggio come Spina Dorsale
Quando ci si avvicina al vasto e complesso mondo del Kung Fu cinese, l’istinto, spesso modellato da una prospettiva occidentale, è quello di cercare di catalogare, di definire “stili” distinti con nomi e caratteristiche precise, in modo simile a come si distinguono le diverse scuole di Karate o di altre arti marziali. Applicare questo modello in modo rigido allo Yingmenquan, tuttavia, sarebbe un errore che ne oscurerebbe la vera natura. Per comprendere la sua diversità interna, dobbiamo sostituire il concetto di “stile” con uno molto più organico e centrale nella cultura cinese: quello di Lignaggio (传承 – Chuánchéng) e di Famiglia/Scuola (门派 – Ménpài).
Lo Yingmenquan non è tanto un singolo stile, quanto una “famiglia” di arti marziali con un antenato comune, il leggendario Sun Kun. Le variazioni che esistono non sono considerate “nuovi stili”, ma piuttosto “rami” (Pài – 派) diversi dello stesso albero genealogico. Ogni ramo condivide lo stesso tronco e le stesse radici – i principi fondamentali, le tecniche di base dell’Artiglio d’Aquila, la filosofia predatoria – ma può aver sviluppato foglie, fiori e frutti leggermente diversi a causa del terreno in cui è cresciuto e del giardiniere che se ne è preso cura.
Questo capitolo esplorerà proprio questo processo di ramificazione. Analizzeremo come e perché nascono queste variazioni, quali caratteristiche possono assumere, come erano strutturate le scuole (Wuguǎn – 武馆) che le hanno preservate nel passato e come si presentano oggi nel mondo moderno. Infine, affronteremo la complessa questione della “casa madre”, un concetto spesso dato per scontato, ma che nel contesto del Kung Fu tradizionale assume un significato molto diverso e più personale rispetto a quello di un quartier generale istituzionale. Sarà un viaggio nel modo in cui un’arte marziale vive, respira ed evolve attraverso le generazioni.
La Genesi delle Variazioni: Come Nasce un “Ramo” (Pài) dello Yingmenquan
La diversificazione di un’arte marziale come lo Yingmenquan non è un processo casuale. È il risultato di una serie di fattori storici, geografici e personali che, nel corso dei secoli, hanno plasmato l’arte in modi sottili ma significativi. Ogni “ramo” racconta una storia, la storia del suo viaggio e dei maestri che lo hanno guidato.
A. L’Influenza Geografica (地理 – Dìlǐ): Il Sapore del Nord e del Sud
La Cina è un paese immenso, e le sue tradizioni marziali hanno sviluppato caratteristiche regionali distinte, spesso riassunte nella massima: “Calci al Nord, Pugni al Sud” (南拳北腿 – Nán Quán Běi Tuǐ). Questa è una semplificazione, ma cattura una verità di fondo: gli stili del nord, sviluppatisi in pianure ampie, tendono a enfatizzare movimenti più larghi, posizioni più estese e un uso più prominente dei calci; gli stili del sud, nati in ambienti più densamente popolati e umidi, spesso privilegiano il combattimento a corta distanza, posizioni più strette e stabili, e un lavoro di braccia più complesso.
Immaginiamo come lo Yingmenquan originale si sia potuto differenziare seguendo questa logica, magari attraverso le peregrinazioni di un maestro archetipico come il “Guerriero Itinerante” Li Wei:
Il Ramo del Nord (北派 – Běi Pài): L’Aquila delle Pianure Un ramo dello Yingmenquan trapiantato in una provincia settentrionale come l’Hebei o lo Shandong, entrando in contatto con stili locali come il Changquan (Pugno Lungo) o il Mizongquan (Pugno della Traccia Perduta), avrebbe potuto, nel corso di generazioni, sviluppare caratteristiche uniche. Pur mantenendo il nucleo del Qin Na e dell’Artiglio d’Aquila, questo Yingmenquan del Nord potrebbe essere caratterizzato da:
Forme più ampie e dinamiche: Con movimenti più estesi e salti, che riflettono la necessità di coprire più terreno.
Un maggior numero di tecniche di calcio: Non solo i calci bassi e insidiosi dell’originale, ma anche calci più alti e potenti, usati per colmare la distanza o come colpi risolutivi.
Un’enfasi sulla mobilità a lungo raggio: Il lavoro di gambe sarebbe più evasivo, basato su rapidi spostamenti per creare angoli d’attacco, rispecchiando la vastità degli spazi aperti.
Il Ramo del Sud (南派 – Nán Pài): L’Aquila della Costa Un altro ramo, portato da un maestro nel Fujian o nel Guangdong, regioni culla di stili come l’Hung Gar o lo Yongchunquan (Wing Chun), si sarebbe adattato a un ambiente diverso. Il combattimento qui è spesso a distanza ravvicinata, su terreni instabili come le barche o in vicoli affollati. Questo Yingmenquan del Sud si distinguerebbe per:
Posizioni più strette e radicate: Come la classica posizione del cavaliere bassa e stretta (Sì Píng Mǎ Bù – 四平马步), per massimizzare la stabilità.
Enfasi sul combattimento a corta distanza: Un uso ancora maggiore di gomitate, ginocchiate e tecniche di mano a corto raggio. Le forme sarebbero più compatte e meno dispendiose in termini di spazio.
Un lavoro di braccia più “adesivo”: Potrebbe aver assorbito concetti come quello delle “mani che si incollano” (Chi Sao dello Yongchunquan), integrando una maggiore sensibilità tattile nel suo già sofisticato sistema di Qin Na.
B. L’Influenza del Maestro (师父 – Sīfù): La Specializzazione Personale
La personalità, il background e gli interessi specifici di un maestro possono influenzare profondamente l’orientamento di una scuola, fino a creare un ramo con una “specializzazione” riconosciuta.
Il Ramo della “Mano Curativa” (医手派 – Yīshǒu Pài): Immaginiamo un maestro del lignaggio che fosse anche un medico tradizionale cinese o un esperto di agopuntura. La sua comprensione del corpo umano, dei meridiani energetici e dei punti di pressione sarebbe stata eccezionale. Nella sua scuola, pur insegnando l’intero sistema, l’enfasi sarebbe stata posta sugli aspetti più sottili e interni dello Yingmenquan.
Focus: Studio approfondito del Dian Xue (attacco ai punti vitali), non solo per combattere ma anche per scopi terapeutici (rianimazione, sblocco energetico). Grande importanza verrebbe data al Qigong (Lavoro sull’Energia), con esercizi specifici per coltivare il Qi e migliorare la salute. Le tecniche di Qin Na verrebbero insegnate con una precisione chirurgica, mirando ai punti nervosi più che alla rottura delle ossa.
Il Ramo della “Guardia del Corpo” (镖师派 – Biāoshī Pài): Consideriamo un maestro la cui intera carriera si sia svolta come guardia del corpo (Biaoshi), proteggendo persone e beni di valore. La sua visione dell’arte sarebbe estremamente pragmatica, priva di ogni fronzolo. Il suo ramo si specializzerebbe nell’applicazione più diretta e senza compromessi dello stile.
Focus: L’enfasi sarebbe sulla rapidità di reazione, sulla valutazione del rischio e sulla neutralizzazione istantanea della minaccia. L’allenamento si concentrerebbe sugli scenari più realistici: difesa da più avversari, combattimento in spazi chiusi, difesa da armi comuni come coltelli e bastoni. Le tecniche più letali e le applicazioni più brutali del Qin Na sarebbero al centro del curriculum.
C. L’Integrazione con Altri Stili (融合 – Rónghé): Il Dialogo Marziale
Nessuna arte marziale vive in un vuoto. I matrimoni tra famiglie di praticanti di stili diversi, le amicizie fraterne tra maestri o le semplici sfide rispettose hanno sempre portato a una fecondazione incrociata. Un ramo dello Yingmenquan potrebbe quindi nascere dalla fusione consapevole di elementi esterni. Ad esempio, se un maestro di Yingmenquan diventasse “fratello di giuramento” di un maestro di Baji Quan, uno stile famoso per la sua potenza esplosiva a corto raggio, il loro scambio di conoscenze potrebbe generare un ramo di Yingmenquan che integra il Fa Jin caratteristico del Baji, rendendo i suoi colpi ancora più devastanti. Questo non viene visto come un “inquinamento” dello stile, ma come una sua evoluzione naturale, un arricchimento che ne aumenta l’efficacia.
La Scuola Tradizionale (Wuguǎn – 武馆): Un Ecosistema, non una Palestra
Per secoli, la culla dove questi rami venivano coltivati e protetti era il Wuguǎn tradizionale. Comprendere la sua struttura è fondamentale per capire come l’arte sia sopravvissuta. Un Wuguǎn non era un’impresa commerciale e nemmeno una semplice palestra. Era un ecosistema sociale, una “famiglia del Gongfu” allargata.
A. La Struttura Gerarchica: La Famiglia del Gongfu
Le relazioni all’interno della scuola erano modellate su quelle della famiglia confuciana.
Sīfù (师父): Il maestro, letteralmente “maestro-padre”. La sua autorità era assoluta, non solo in materia marziale, ma spesso anche negli aspetti della vita privata dei suoi discepoli. A lui si doveva obbedienza e rispetto incondizionati.
Shīmǔ (师母): La moglie del maestro, la “madre della scuola”. Godeva di grande rispetto e si occupava spesso degli aspetti logistici e del benessere degli allievi.
Sī-hing (师兄): Il “fratello marziale maggiore”. Era l’allievo più anziano o più avanzato, il braccio destro del Sifu. Aveva il compito di guidare gli allenamenti dei più giovani e di fare da tramite con il maestro.
Sī-dì / Sī-mèi (师弟/师妹): I “fratelli e sorelle marziali minori”. Erano gli allievi più giovani, che dovevano rispetto e obbedienza ai loro Sī-hing.
Túdì (徒弟): Il discepolo. Essere accettato come Tudi significava entrare a far parte di questa famiglia, con tutti i diritti e i doveri che ne conseguivano. Era un legame che durava tutta la vita.
B. L’Insegnamento “Dietro la Porta Chiusa” (内门 – Nèi Mén)
La protezione della conoscenza era la priorità assoluta. Per questo, esisteva una distinzione netta tra due tipi di studenti:
Studenti della “Porta Esterna” (外门弟子 – Wài Mén Dìzǐ): Erano studenti che pagavano una retta (o offrivano doni) per imparare le basi dello stile. Potevano allenarsi per anni, raggiungendo un buon livello di abilità per la salute o l’autodifesa. Tuttavia, non avrebbero mai avuto accesso agli insegnamenti più profondi.
Discepoli della “Porta Interna” (内门弟子 – Nèi Mén Dìzǐ): Questi erano gli eredi scelti dal Sifu. Non erano necessariamente i più talentuosi, ma quelli che avevano dimostrato nel tempo un carattere eccezionale, una lealtà assoluta e un profondo rispetto per la tradizione (Wude – 武德). A loro, e solo a loro, il Sifu avrebbe insegnato “a porte chiuse” i segreti del lignaggio: le forme avanzate, le applicazioni letali, i metodi di Qigong, la filosofia e la storia della scuola. La cerimonia formale per diventare un discepolo interno, chiamata Bài Shī (拜师), era un evento solenne che sanciva un legame indissolubile.
C. L’Economia del Wuguǎn Tradizionale
Il Wuguǎn non funzionava come un’azienda. Spesso il Sifu aveva un’altra professione (medico, artigiano, commerciante) che gli garantiva da vivere. L’insegnamento non era la sua principale fonte di reddito. Gli studenti della porta esterna pagavano una quota, ma i discepoli interni spesso non pagavano affatto. Il loro “pagamento” era la loro lealtà, il loro impegno, il loro aiuto nella gestione della scuola e nella vita del maestro, e la promessa solenne di continuare la tradizione. Era una relazione basata sul rispetto e sulla reciprocità, non sul denaro.
Le Scuole Moderne: Sfide e Adattamenti nel Mondo Globale
Con l’apertura della Cina e la diffusione del Kung Fu in Occidente, il modello del Wuguǎn tradizionale ha dovuto affrontare sfide enormi e adattarsi a un nuovo contesto globale.
A. La Transizione da Wuguǎn a “Club” o “Academy”
Oggi, una scuola di Yingmenquan in Italia, negli Stati Uniti o anche in una grande città cinese, deve operare in un contesto legale e commerciale. Questo ha comportato cambiamenti strutturali:
Il Maestro come Professionista: Il Sifu moderno è spesso un insegnante di professione. Deve pagare un affitto per i locali, le tasse, l’assicurazione. Di conseguenza, deve richiedere una quota di iscrizione regolare e fissa a tutti gli studenti.
La Struttura della Lezione: Le lezioni si svolgono in orari prestabiliti, per adattarsi alla vita lavorativa degli studenti. Il modello di vita comunitaria del Wuguǎn tradizionale è quasi del tutto scomparso.
La Relazione Insegnante-Allievo: Sebbene il rispetto per il Sifu rimanga un caposaldo, la relazione è inevitabilmente meno totalizzante e più simile a quella tra un insegnante/coach e un allievo in un contesto occidentale.
B. La Sfida dell’Autenticità (真伪 – Zhēnwěi)
La globalizzazione ha un lato oscuro: la proliferazione di sedicenti maestri e di scuole con credenziali dubbie. Per uno studente che oggi cerca una scuola autentica di Yingmenquan, la domanda più importante da porre a un potenziale insegnante è: “Qual è il tuo lignaggio?”. Un istruttore legittimo deve essere in grado di tracciare la sua linea di discendenza, nominando il suo Sifu, il Sifu del suo Sifu, e così via, risalendo il più possibile indietro nel tempo. Il lignaggio è il “marchio di qualità”, la prova che la conoscenza trasmessa proviene da una fonte autentica e non è stata inventata o appresa superficialmente da libri o video.
C. L’Impatto della Tecnologia
Internet ha rivoluzionato il modo in cui le arti marziali vengono diffuse. Siti web, forum, social media e piattaforme video permettono a una scuola di raggiungere un pubblico globale. Questo è un’arma a doppio taglio:
Vantaggi: Aiuta stili rari come lo Yingmenquan a farsi conoscere e a trovare nuovi praticanti, garantendone la sopravvivenza. Permette a studenti lontani di rimanere in contatto con il loro Sifu e con la comunità.
Svantaggi: Può incoraggiare un apprendimento superficiale. Guardare un video di una forma non potrà mai sostituire la correzione personale di un maestro. Inoltre, la pubblicazione online di tecniche e forme, un tempo segrete, erode la tradizione della trasmissione “a porte chiuse”, anche se questo è un processo ormai inarrestabile per quasi tutte le arti.
La Questione della “Casa Madre” (宗廷 – Zōngtíng): Un Concetto Occidentale?
Una delle domande più frequenti poste dagli occidentali riguarda l’esistenza di una “casa madre” o di un quartier generale mondiale per uno stile di Kung Fu. Questa domanda nasce da un modello organizzativo tipico di molte arti marziali giapponesi o coreane, ma è largamente estraneo alla mentalità del Kung Fu tradizionale.
A. La Struttura Decentralizzata del Kung Fu
Storicamente, il Kung Fu si è sviluppato in modo cellulare e decentralizzato. L’autorità non era conferita da un’istituzione centrale, ma era personale e risiedeva nella figura del maestro. La lealtà dello studente era verso il proprio Sifu e il proprio lignaggio, non verso un’organizzazione astratta. Non esisteva un “Vaticano” dello Yingmenquan che ne dettasse la dottrina ufficiale.
B. Il Concetto di “Zōng Shī” (宗师) – Il Gran Maestro del Lignaggio
Il concetto più vicino a quello di “casa madre” è la figura del Zōng Shī, il Gran Maestro di una generazione, ovvero l’erede universalmente riconosciuto del ramo principale dello stile. Questo titolo non viene assegnato da un comitato, ma è un riconoscimento informale da parte della comunità marziale, basato sull’abilità, la conoscenza e la discendenza diretta.
La scuola di questo Zōng Shī, non importa quanto piccola o modesta, è considerata il de facto “cuore” dello stile. La sua parola ha un peso enorme, e le sue interpretazioni della forma e della tecnica sono considerate le più ortodosse. La sua autorità, tuttavia, è morale e carismatica, non burocratica. Gli altri rami dello stile possono riconoscerlo come capo della “famiglia”, ma mantengono la loro indipendenza. La “casa madre” dello Yingmenquan, quindi, non è un indirizzo, ma una persona: il legittimo detentore del lignaggio principale.
C. Le Federazioni Moderne: Un Tentativo di Centralizzazione
In tempi moderni, sono nate federazioni nazionali e internazionali (come la IWUF, International Wushu Federation) che cercano di organizzare e regolamentare il mondo del Kung Fu. Queste organizzazioni sono utili per scopi sportivi (organizzare competizioni), amministrativi e di promozione culturale. Tuttavia, i maestri tradizionali spesso le guardano con una certa diffidenza. Il timore è che un’eccessiva standardizzazione possa appiattire le differenze tra i vari rami, che la logica sportiva possa snaturare l’essenza marziale dello stile, e che l’autorità basata sul lignaggio venga sostituita da una gerarchia burocratica. Per un purista dello Yingmenquan, l’unica vera autorità rimane il proprio Sifu e la linea di trasmissione da cui proviene.
Conclusione: Un Mosaico Vivente di Lignaggi
In definitiva, lo Yingmenquan oggi non si presenta come uno stile monolitico, ma come un affascinante mosaico di lignaggi e scuole. Ogni ramo, pur condividendo un DNA comune, possiede un sapore unico, una storia particolare, un’eredità lasciata dai maestri che lo hanno plasmato. Le scuole, sia quelle che tentano di preservare la struttura quasi familiare del Wuguǎn antico, sia quelle che si sono adattate al modello più moderno di “academy”, sono i vivai dove questa tradizione viene protetta e coltivata.
Non esiste una singola “casa madre” che ne detti la linea, perché la sua forza risiede proprio nella sua struttura decentralizzata e resiliente, simile a quella di una rete di micelio sotterranea. L’autorità ultima non è in un edificio o in un comitato, ma nella catena umana e ininterrotta del Chuánchéng. Comprendere questa realtà significa capire l’anima più profonda non solo dello Yingmenquan, ma dell’intero universo del Kung Fu tradizionale: un’arte la cui ricchezza risiede nella sua diversità e la cui continuità è affidata alla relazione sacra e profondamente personale tra maestro e discepolo.
LA SITUAZIONE IN ITALIA
Introduzione: La Sfida della Nicchia – Lo Yingmenquan nel Panorama Marziale Italiano
Affrontare il tema della “situazione dello Yingmenquan in Italia” significa intraprendere un’indagine che rivela tanto sulla natura dello stile stesso quanto sul complesso e variegato mondo delle arti marziali nel nostro paese. È fondamentale premettere con la massima onestà intellettuale che lo Yingmenquan, inteso come disciplina con scuole stabili, un seguito organizzato o una presenza istituzionale riconosciuta, è, allo stato attuale, praticamente inesistente in Italia. Non esistono federazioni dedicate, né un numero significativo di palestre che ne espongano il nome sull’insegna.
Questa assenza, tuttavia, non chiude il discorso, ma anzi lo apre a un’analisi più profonda e necessaria. Se è vero che non possiamo descrivere una scena organizzata, possiamo però esplorare in dettaglio l’ecosistema del Wushu/Kung Fu tradizionale italiano, ovvero il terreno in cui un’arte così rara e specialistica potrebbe, un giorno, mettere radici. Comprendere questo panorama è l’unico modo per valutare realisticamente le sfide, le opportunità e le modalità attraverso cui uno stile come lo Yingmenquan potrebbe essere praticato, anche se da un numero esiguo di pionieri.
Questo capitolo, pertanto, non sarà un elenco di scuole, ma una mappatura completa del contesto in cui un praticante italiano di Yingmenquan si troverebbe a navigare. Analizzeremo il quadro istituzionale, dalla federazione ufficiale riconosciuta dal CONI al vasto universo degli Enti di Promozione Sportiva. Esploreremo le dinamiche culturali che influenzano la pratica del Kung Fu tradizionale in Italia. Ipotizzeremo, sulla base di scenari plausibili, come un’arte del genere possa arrivare e sopravvivere nel nostro paese. Infine, forniremo un elenco dettagliato delle principali organizzazioni nazionali e internazionali che governano il settore del Wushu/Kung Fu, che rappresenterebbero i punti di riferimento obbligati per chiunque volesse intraprendere un percorso ufficiale.
Il Contesto Istituzionale: Mappare le Organizzazioni del Wushu/Kung Fu in Italia
Il panorama organizzativo delle arti marziali in Italia è complesso e, per chi non è del settore, può apparire frammentato. Esistono diverse strade attraverso cui una scuola o un’associazione può ottenere un riconoscimento legale e sportivo. Per un’arte come lo Yingmenquan, la scelta di un percorso istituzionale piuttosto che un altro influenzerebbe notevolmente la sua visibilità, la sua filosofia di insegnamento e le opportunità per i suoi praticanti. È essenziale mantenere la più stretta neutralità nella descrizione di queste entità, poiché ciascuna risponde a esigenze e visioni diverse.
A. L’Ente Ufficiale Riconosciuto dal CONI: La FIWuK
L’interlocutore istituzionale primario per le arti marziali cinesi in Italia è la FIWuK (Federazione Italiana Wushu Kung Fu). Questa è l’unica federazione per la disciplina del Wushu riconosciuta ufficialmente dal CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano). Questo status le conferisce un ruolo preminente, specialmente per quanto riguarda l’attività agonistica di alto livello e la rappresentanza nazionale in competizioni internazionali.
Struttura e Finalità: La FIWuK, in linea con le direttive della sua omologa internazionale (la IWUF), struttura la sua attività principalmente in due macro-settori:
Wushu Moderno (Sportivo): Questo settore si concentra sulle discipline da competizione, ovvero il Taolu (forme acrobatiche e standardizzate, una sorta di ginnastica artistica marziale) e il Sanda (il combattimento sportivo a contatto pieno, simile alla kickboxing con l’aggiunta di proiezioni).
Wushu Tradizionale (Kung Fu): Esiste un settore dedicato agli stili tradizionali, che organizza competizioni di forme (Taolu Tradizionale) e talvolta di combattimento con regolamenti specifici.
Collocazione dello Yingmenquan: Un’ipotetica scuola di Yingmenquan che volesse ottenere il massimo riconoscimento istituzionale in Italia dovrebbe affiliarsi alla FIWuK. Verrebbe inserita nel settore del Wushu Tradizionale. Questo percorso offrirebbe vantaggi come la possibilità di formare tecnici (Istruttori, Maestri) con qualifiche riconosciute dal CONI e di partecipare a eventi federali ufficiali. Tuttavia, potrebbe anche comportare la necessità di adattare parte della pratica a un contesto competitivo, un aspetto che potrebbe entrare in conflitto con la natura puramente marziale e non sportiva di uno stile come lo Yingmenquan.
B. Gli Enti di Promozione Sportiva (EPS): Un Universo Parallelo e Diffuso
Accanto alla federazione ufficiale, opera in Italia un vasto e capillare mondo di Enti di Promozione Sportiva (EPS). Si tratta di grandi organizzazioni nazionali polisportive (come ACSI, AICS, CSEN, UISP, tra le molte altre) anch’esse riconosciute dal CONI, ma con una missione storicamente più orientata alla promozione dello sport di base, amatoriale e sociale.
Ruolo e Attrattiva: Una grandissima parte delle scuole di Kung Fu in Italia, forse la maggioranza, sceglie di affiliarsi a un EPS piuttosto che alla federazione ufficiale. Le ragioni sono molteplici: costi di affiliazione e tesseramento generalmente più contenuti, procedure burocratiche spesso più snelle e una maggiore flessibilità nell’organizzazione di eventi e corsi di formazione. Ogni EPS ha al suo interno un settore dedicato al Wushu/Kung Fu, con propri responsabili nazionali, propri programmi tecnici, propri campionati e propri percorsi per ottenere le qualifiche di insegnante (che hanno validità legale ai fini dell’insegnamento in ambito sportivo dilettantistico).
Neutralità e Varietà: È fondamentale sottolineare che un EPS non è “meglio” or “peggio” di una federazione, ma semplicemente diverso. La scelta dipende dalla filosofia della scuola. Molti maestri di stili tradizionali trovano negli EPS un ambiente più affine, meno focalizzato sull’agonismo d’élite e più sulla pratica culturale e amatoriale. Un’ipotetica scuola di Yingmenquan troverebbe facilmente collocazione in uno dei tanti settori Kung Fu degli EPS, che spesso accolgono con interesse stili rari e di nicchia. Questa via garantirebbe piena legalità all’associazione (ASD – Associazione Sportiva Dilettantistica) e la possibilità di rilasciare diplomi e partecipare a un circuito di eventi vasto e variegato.
C. Le Organizzazioni Private e le Associazioni di Stile Indipendenti
Una terza via, spesso percorsa da scuole molto focalizzate su un singolo stile o lignaggio, è quella di costituirsi come associazione indipendente, affiliandosi a un EPS o alla FIWuK principalmente per gli adempimenti burocratici, ma mantenendo una forte autonomia didattica e organizzativa. Esistono in Italia numerose associazioni dedicate a stili specifici (ad esempio, associazioni nazionali di Wing Chun, Hung Gar, Taijiquan di un certo lignaggio, ecc.).
Queste organizzazioni sono spesso fondate da un maestro di alto profilo o da un gruppo di suoi allievi diretti. Il loro punto di forza è la coerenza e l’autenticità dell’insegnamento, in quanto seguono scrupolosamente il programma tecnico del loro caposcuola. Se mai dovesse nascere un movimento organizzato di Yingmenquan in Italia, è molto probabile che inizierebbe in questa forma: un’ “Associazione Italiana Yingmenquan” fondata da un pioniere che ha ricevuto l’autorizzazione a insegnare dal suo maestro all’estero.
La Dimensione Internazionale e il suo Collegamento con l’Italia
La pratica in Italia è sempre influenzata da ciò che accade a livello europeo e mondiale. Comprendere le principali organizzazioni internazionali aiuta a mappare ulteriormente il contesto.
L’Organo di Governo Mondiale: La IWUF La International Wushu Federation (IWUF), fondata nel 1990 e con sede a Pechino, è l’organo di governo mondiale per lo sport del Wushu, riconosciuto dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO). La sua missione principale è promuovere e standardizzare il Wushu a livello globale, con l’obiettivo a lungo termine di includerlo nel programma dei Giochi Olimpici. Di conseguenza, il suo focus è quasi esclusivamente sul Wushu Moderno (Taolu e Sanda). L’Italia è rappresentata in seno alla IWUF dalla FIWuK.
La Federazione Europea: La EWUF La European Wushu Federation (EWUF) è la branca continentale della IWUF. Organizza i campionati europei e altre competizioni ufficiali in Europa, seguendo i regolamenti e le direttive della federazione internazionale.
Organizzazioni di Stile Internazionali e la Questione della “Casa Madre” Come discusso nel capitolo precedente, il concetto di “casa madre” per uno stile tradizionale come lo Yingmenquan non risiede in un’istituzione burocratica, ma nella figura del Zōng Shī, il Gran Maestro detentore del lignaggio principale. Pertanto, è estremamente improbabile che esista una “Federazione Mondiale di Yingmenquan” con un ruolo di governo effettivo. L’autorità rimane legata alla linea di trasmissione diretta maestro-discepolo (Chuánchéng). Un praticante italiano serio non cercherebbe un’affiliazione a un’ipotetica federazione mondiale, ma cercherebbe di stabilire un contatto diretto con il caposcuola del lignaggio che intende studiare, ovunque esso si trovi nel mondo.
La Pratica dello Yingmenquan in Italia: Uno Scenario Ipotetico ma Plausibile
Data l’assenza di una scena consolidata, possiamo solo tracciare uno scenario verosimile di come l’arte dello Yingmenquan potrebbe essere introdotta, praticata e, infine, insegnata in Italia. Questo percorso sarebbe lungo, arduo e richiederebbe una dedizione straordinaria da parte dei suoi pionieri.
A. La Scintilla Iniziale: Il Ruolo dei Seminari e dei Workshop
Il modo più probabile con cui lo Yingmenquan farebbe la sua comparsa in Italia sarebbe attraverso un seminario intensivo tenuto da un maestro autentico. Questo maestro potrebbe provenire dalla Cina, da Taiwan, o da un paese occidentale dove un ramo dello stile si è già stabilito.
L’Evento: Un’associazione italiana già esistente, interessata ad approfondire stili rari, potrebbe invitare questo maestro per un workshop di un weekend. L’evento attirerebbe un piccolo numero di partecipanti, tipicamente non principianti, ma artisti marziali già esperti, curiosi di esplorare un sistema diverso e specialistico.
Il Contenuto: Durante il seminario, il maestro insegnerebbe i fondamentali (Jibengong), i principi di base dell’Artiglio d’Aquila e, molto probabilmente, una forma breve e fondamentale (Taolu).
B. La Nascita di un “Gruppo di Studio” (Gruppo di Studio)
Dopo il seminario, un piccolo nucleo di partecipanti particolarmente appassionati potrebbe decidere di continuare a praticare insieme. Nasce così un “gruppo di studio”.
Caratteristiche: Questo gruppo non è una scuola ufficiale. Si riunisce informalmente, magari nel garage di uno dei membri o in un parco. Il loro lavoro consiste nel ripetere e cercare di approfondire quanto appreso durante il seminario, aiutandosi a vicenda e forse utilizzando materiale video per non perdere i dettagli. Il leader informale del gruppo è solitamente il praticante più esperto o colui che ha stabilito un rapporto più stretto con il maestro ospite.
C. Il Pellegrinaggio del Praticante: Il Viaggio alla Fonte
Un gruppo di studio può sopravvivere per un po’, ma per un progresso reale è necessario un contatto continuo con la fonte. Il vero pioniere italiano dello Yingmenquan sarebbe colui che, non accontentandosi del seminario, intraprende il passo successivo.
Il Viaggio: Questo praticante inizierebbe a viaggiare regolarmente, una o più volte all’anno, per andare a studiare privatamente con il maestro nel suo paese d’origine. Questi viaggi sarebbero costosi e impegnativi, un vero e proprio pellegrinaggio marziale.
La Dedizione: Per anni, questo studente si dedicherebbe anima e corpo allo stile, diventando a tutti gli effetti un discepolo a distanza del maestro, guadagnandone la fiducia attraverso la perseveranza e il sacrificio.
D. La Fondazione della Prima Scuola: La Nascita di un Lignaggio Italiano
Dopo molti anni di studio e viaggi, potrebbe arrivare il giorno in cui il maestro, riconoscendo la competenza e l’integrità del suo allievo italiano, gli conferisce il permesso di insegnare (Rènkě – 认可). Questo è il momento in cui nasce ufficialmente lo Yingmenquan in Italia.
La Costituzione Legale: Il neo-insegnante fonderebbe un’Associazione Sportiva Dilettantistica (ASD). Per essere in regola con le normative italiane, dovrebbe affiliare la sua ASD a uno degli Enti di Promozione Sportiva o alla FIWuK.
La Scuola: La prima scuola di Yingmenquan in Italia sarebbe probabilmente molto piccola, con un numero esiguo di allievi altamente motivati. L’insegnamento sarebbe rigoroso e tradizionale, riflettendo fedelmente il metodo del Sifu. L’obiettivo non sarebbe fare grandi numeri, ma creare un primo nucleo di praticanti seri per stabilire le fondamenta del lignaggio in terra italiana.
Elenco di Riferimento: Enti e Organizzazioni Nazionali e Internazionali
Come specificato, non esistono enti dedicati esclusivamente allo Yingmenquan. Di seguito sono elencati i principali organismi (federazioni ed enti di promozione) che in Italia e nel mondo governano il settore generale del Wushu/Kung Fu, e che rappresenterebbero i punti di riferimento istituzionali per un’ipotetica scuola di Yingmenquan.
ORGANIZZAZIONI NAZIONALI (ITALIA)
Nome Completo: FIWuK – Federazione Italiana Wushu Kung Fu
Ruolo: Federazione Sportiva Nazionale (FSN) ufficialmente riconosciuta dal CONI per la disciplina del Wushu. Rappresenta l’Italia in seno alle federazioni europea (EWUF) e mondiale (IWUF).
Indirizzo Sede Legale (soggetto a variazioni): Generalmente presso lo Stadio Olimpico, Curva Sud – 00135 Roma (RM), Italia. Si consiglia di verificare l’indirizzo attuale sul sito ufficiale.
Sito Web: https://www.fiwuk.com/
Nome Completo: ACSI – Associazione di Cultura Sport e Tempo Libero
Ruolo: Ente di Promozione Sportiva (EPS) polisportivo riconosciuto dal CONI, con un vasto settore dedicato alle Arti Marziali e al Wushu/Kung Fu.
Indirizzo Sede Legale (soggetto a variazioni): Via Montecatini, 5 – 00186 Roma (RM), Italia.
Sito Web: https://www.acsi.it/ (per l’ente generale; il settore Wushu ha solitamente contatti specifici al suo interno).
Nome Completo: CSEN – Centro Sportivo Educativo Nazionale
Ruolo: Ente di Promozione Sportiva (EPS) polisportivo riconosciuto dal CONI, con uno dei settori più grandi e capillari in Italia per il Wushu/Kung Fu e le arti marziali.
Indirizzo Sede Legale (soggetto a variazioni): Via Luigi Bodio, 57 – 00191 Roma (RM), Italia.
Sito Web: https://www.csen.it/ (per l’ente generale; il settore Wushu/Kung Fu è gestito da responsabili nazionali dedicati).
Nome Completo: AICS – Associazione Italiana Cultura Sport
Ruolo: Ente di Promozione Sportiva (EPS) polisportivo riconosciuto dal CONI, con una lunga tradizione e un settore Arti Marziali ben strutturato.
Indirizzo Sede Legale (soggetto a variazioni): Via Barberini, 68 – 00187 Roma (RM), Italia.
Sito Web: https://www.aics.it/
Nome Completo: UISP – Unione Italiana Sport Per tutti
Ruolo: Ente di Promozione Sportiva (EPS) polisportivo riconosciuto dal CONI, con un forte orientamento allo sport sociale e per tutti. Possiede un’Area Discipline Orientali che include il Wushu/Kung Fu.
Indirizzo Sede Legale (soggetto a variazioni): Largo Nino Franchellucci, 73 – 00155 Roma (RM), Italia.
Sito Web: https://www.uisp.it/
ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
Nome Completo: IWUF – International Wushu Federation
Ruolo: Organo di governo mondiale per lo sport del Wushu, riconosciuto dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO).
Sede: Pechino, Cina.
Sito Web: https://www.iwuf.org/
Nome Completo: EWUF – European Wushu Federation
Ruolo: Federazione continentale europea per il Wushu, affiliata alla IWUF.
Sede: Itinerante, legata alla presidenza in carica.
Sito Web: https://www.ewuf.org/
Conclusione: Un’Arte in Attesa di Pionieri
In sintesi, il quadro dello Yingmenquan in Italia è quello di un terreno fertile ma, al momento, incolto. Il complesso e variegato panorama istituzionale italiano, con la sua dualità tra federazione ufficiale ed enti di promozione, offre molteplici vie per il riconoscimento di una nuova scuola, ma manca l’elemento fondamentale: i praticanti e gli insegnanti.
La pratica dello Yingmenquan nel nostro paese, se esiste, è con ogni probabilità confinata a un livello estremamente embrionale: singoli individui che lo studiano privatamente all’estero o piccolissimi gruppi di studio informali nati a seguito di rari seminari. Non vi è traccia di una comunità organizzata o di un’offerta didattica stabile e pubblica.
Questa situazione, tuttavia, non deve essere letta solo come una mancanza, ma anche come un’opportunità. Rivela il carattere autenticamente tradizionale e non commerciale di quest’arte, che non si è piegata alle logiche della massificazione. L’eventuale nascita e crescita dello Yingmenquan in Italia non dipenderà da campagne di marketing o da tendenze del momento, ma sarà interamente legata alla passione, alla tenacia e al sacrificio di futuri pionieri. Sarà affidata a quegli individui che, affascinati dalla profondità e dall’efficacia dello stile dell’Aquila, decideranno di intraprendere l’arduo pellegrinaggio verso la fonte, per poi tornare e, con pazienza e dedizione, piantare il primo, prezioso seme di questo antico lignaggio in terra italiana.
TERMINOLOGIA TIPICA
Introduzione: Più che Parole – Il Lessico come Chiave di Comprensione
Avvicinarsi allo studio di un’arte marziale tradizionale come lo Yingmenquan significa imparare un nuovo linguaggio. La sua terminologia, espressa in cinese mandarino e traslitterata in Pinyin, è molto più di un semplice insieme di etichette per tecniche e posizioni. È la chiave d’accesso al suo universo concettuale, un lessico denso di significati che racchiude la filosofia, la strategia, la biomeccanica e l’etica dello stile. Ogni termine è un ideogramma, un’immagine, una storia condensata che, se compresa a fondo, illumina la pratica e la trasforma da un esercizio puramente fisico a un percorso di consapevolezza.
Tradurre questi termini in italiano è necessario, ma spesso insufficiente. Parole come “energia”, “forza” o “spirito” sono solo pallide approssimazioni di concetti come Qi (气), Jin (劲) e Shen (神). Per cogliere veramente l’essenza dello Yingmenquan, è indispensabile esplorare il significato originale di queste parole, analizzando gli ideogrammi che le compongono e il contesto culturale in cui sono nate.
Questo capitolo non sarà un semplice glossario, ma un viaggio etimologico e filosofico nel linguaggio dello Yingmenquan. Raggrupperemo i termini in aree tematiche – dai concetti fondamentali alla struttura della scuola, dall’anatomia del combattimento alle azioni e ai principi strategici – per decodificare il DNA culturale di quest’arte. Imparare questo linguaggio non significa solo sapere come chiamare una tecnica, ma iniziare a pensare come un praticante di Yingmenquan, vedendo il mondo e il combattimento attraverso la lente della sua profonda saggezza.
I Concetti Fondamentali: Le Colonne Portanti della Filosofia
Alla base di ogni azione e di ogni tecnica dello Yingmenquan, vi sono alcuni concetti filosofici e bioenergetici fondamentali, presi in prestito principalmente dal Taoismo e dalla cosmologia cinese. Essi costituiscono le fondamenta invisibili su cui poggia l’intero edificio.
A. Dao (道): La Via, il Principio Unificante
Pinyin e Carattere: Dào (道)
Traduzione Letterale: Via, Sentiero, Percorso.
Analisi e Contesto: Il Dao è forse il concetto più importante e complesso del pensiero cinese. L’ideogramma è composto da due parti: 辵 (chuò), un radicale che significa “camminare”, e 首 (shǒu), che significa “testa” o “origine”. Il Dao è quindi il “cammino principale”, il principio primo, l’ordine naturale e spontaneo che governa l’universo. È una forza impersonale, un flusso incessante che genera e regola tutte le cose. Nel Taoismo, l’obiettivo dell’uomo saggio non è opporsi al Dao, ma fluire con esso, agire in armonia con la natura (Wu Wei – 无为, “azione senza sforzo”).
Applicazione nello Yingmenquan: Per il praticante, il Dao ha un duplice significato. A livello macroscopico, rappresenta la ricerca di un’armonia con i principi naturali del movimento e dell’efficienza, incarnati dall’aquila. L’aquila non combatte contro le leggi della fisica, ma le sfrutta a suo vantaggio. Allo stesso modo, il praticante di Yingmenquan non si oppone alla forza dell’avversario, ma la reindirizza, fluendo con essa per poi dominarla. A livello microscopico, il Dao è il “sentiero” della pratica stessa: un percorso di auto-coltivazione lungo una vita, senza una destinazione finale, dove il viaggio stesso è la ricompensa.
B. Qi (气): Il Soffio Vitale, l’Energia Immanente
Pinyin e Carattere: Qì (气)
Traduzione Letterale: Soffio, Aria, Vapore, Alito.
Analisi e Contesto: L’ideogramma antico 氣 mostrava il vapore (气) che sale dal riso (米) in cottura, a simboleggiare l’energia sottile estratta dal cibo. Il Qi è il concetto fondamentale della medicina e della fisiologia cinese. È la forza vitale che permea ogni cosa nell’universo. Nel corpo umano, il Qi scorre attraverso canali invisibili chiamati meridiani (Jingluo – 经络). La salute è uno stato di Qi abbondante e che fluisce liberamente; la malattia è causata da un blocco, una carenza o un eccesso di Qi. Si distingue tra Qi pre-natale (ereditato dai genitori) e Qi post-natale (acquisito tramite il respiro, il cibo e l’acqua).
Applicazione nello Yingmenquan: L’allenamento dello Yingmenquan è, in gran parte, un’arte di gestione del Qi. Attraverso la pratica del Qigong (气功), “lavoro sull’energia”, il praticante impara a:
Coltivare il Qi: Aumentarne la quantità e la qualità attraverso esercizi di respirazione e pratiche come lo Zhan Zhuang.
Far Circolare il Qi: Rimuovere i blocchi e assicurare che l’energia fluisca liberamente in tutto il corpo, portando vitalità e salute.
Dirigere il Qi: Usare la mente e l’intenzione (Yi – 意) per guidare il Qi in specifiche parti del corpo, potenziando un’azione. Un pugno o una presa non sono solo un atto muscolare, ma sono “riempiti” di Qi, conferendo loro una qualità penetrante e un impatto maggiore.
C. Jin (劲): La Potenza Raffinata, l’Abilità Marziale
Pinyin e Carattere: Jìn (劲)
Traduzione Letterale: Forza, Energia, Vigore.
Analisi e Contesto: Questo termine è cruciale per distinguere la forza marziale dalla forza bruta. L’ideogramma è composto da 巠 (jīng), che rappresenta un flusso sotterraneo, e 力 (lì), che è il carattere per la forza muscolare. Il Jin, quindi, non è la semplice forza (Li), ma una “forza che fluisce”, una potenza coordinata, intelligente ed elastica che nasce dalla perfetta unione di mente, respiro e struttura corporea. È l’abilità di manifestare la propria forza in modo efficiente e devastante.
Applicazione nello Yingmenquan: Lo stile è un catalogo di diversi tipi di Jin. Tra i più importanti:
Fā Jìn (发劲): Il potere esplosivo, rilasciato in un istante. È il Jin usato nei colpi a percussione.
Chánsī Jìn (缠丝劲): Il potere a “spirale” o “avvolgente come un filo di seta”. È il Jin usato nelle tecniche di Qin Na e nelle parate circolari, che devia e controlla la forza dell’avversario.
Tīng Jìn (听劲): Il potere dell'”ascolto”. Non è una forza attiva, ma una sensibilità tattile estremamente sviluppata che permette, attraverso il contatto, di “sentire” le intenzioni, l’equilibrio e il flusso di forza dell’avversario.
D. Shen (神): Lo Spirito, la Consapevolezza Trascendente
Pinyin e Carattere: Shén (神)
Traduzione Letterale: Spirito, Divinità, Mente.
Analisi e Contesto: Lo Shen rappresenta il livello più alto della coscienza umana. È la nostra facoltà di pensiero, la nostra consapevolezza, il nostro spirito. Nella “trinità” taoista, lo Shen governa il Qi, e il Qi governa il Jing (精), la nostra essenza fisica, riproduttiva. Uno Shen forte e chiaro porta a un Qi equilibrato e a un corpo sano.
Applicazione nello Yingmenquan: La coltivazione dello Shen è l’obiettivo ultimo della pratica. Uno Shen forte si manifesta in:
Yǎn Shén (眼神): “Lo spirito negli occhi”. Lo sguardo di un maestro, che è calmo, vigile, penetrante e pieno di presenza.
Intento (Yi – 意): La capacità di focalizzare la mente in modo totale su un’azione.
Wuxin (无心): Lo stato di “non-mente”, dove la reazione è istintiva e perfetta perché libera dal pensiero cosciente. È il segno che lo Shen è pienamente al comando, senza interferenze.
Il Mondo della Scuola: Le Persone e i Ruoli (Wǔguǎn – 武馆)
La terminologia che definisce le relazioni all’interno di una scuola tradizionale rivela una struttura sociale basata sul modello della famiglia confuciana.
Sīfù (师父): Maestro-Padre. Come analizzato,
Shī(师) è “insegnante”,Fù(父) è “padre”. Il termine implica una relazione che va ben oltre la semplice istruzione tecnica. Il Sifu è una guida morale, un mentore, una figura paterna responsabile del benessere e della crescita dei suoi discepoli.Túdì (徒弟): Discepolo.
Tú(徒) significa “seguace” o “apprendista”, eDì(弟) significa “fratello minore”. Il termine definisce lo studente come un membro giovane della famiglia, che deve rispetto e obbedienza, ma che è anche legato da un vincolo di fratellanza con gli altri praticanti.Sī-hing (师兄) e Sī-dì (师弟): Rispettivamente “Fratello marziale maggiore” e “Fratello marziale minore”. La gerarchia non è basata sull’età anagrafica, ma sull’anzianità di pratica nella scuola. Il Sī-hing ha il dovere di aiutare e guidare i Sī-dì, che a loro volta gli devono rispetto.
Ménpài (门派): Scuola/Ramo.
Mén(门) è “porta”,Pài(派) è “fazione” o “ramo”. Questo termine indica il lignaggio specifico, la “famiglia marziale” a cui si appartiene, distinta da altre famiglie.Chuánchéng (传承): Lignaggio, Trasmissione.
Chuánè “trasmettere”,Chéngè “ricevere” o “ereditare”. Questo termine sacro descrive la catena ininterrotta di conoscenza passata da maestro a discepolo, l’atto che garantisce l’immortalità dell’arte.
L’Anatomia del Gongfu: Il Corpo come Arma e Laboratorio
Il linguaggio dello Yingmenquan descrive il corpo umano con precisione, identificando le parti usate come armi e i centri energetici e vitali da coltivare o attaccare.
A. Parti del Corpo come Armi:
Zhǎo (爪): Artiglio. L’arma simbolo dello stile.
Quán (拳): Pugno. Usato strategicamente per colpi penetranti.
Zhǎng (掌): Palmo. Usato per colpire, spingere e deviare.
Zhǐ (指): Dito. Usato per colpire punti vitali (Dian Xue).
Zhǒu (肘): Gomito. Un’arma devastante nel combattimento a corta distanza.
Xī (膝): Ginocchio. Simile al gomito, usato per colpi potenti nel clinch.
Tuǐ (腿): Gamba. Usata per i calci, principalmente bassi e destabilizzanti.
Jiǎo (脚): Piede. La superficie di contatto per i calci (tallone, pianta, taglio, punta).
B. Centri di Potenza e Punti Vitali:
Dāntián (丹田): “Campo dell’Elisir di Cinabro”. Situato circa tre dita sotto l’ombelico e all’interno del corpo, è considerato il centro di gravità fisico e il principale serbatoio di Qi. L’allenamento mira a “radicare” ogni movimento nel Dantian, rendendolo la fonte di ogni potenza.
Yāo (腰): Vita/Fianchi. Considerato il “perno” del corpo. La corretta rotazione dello Yao è la chiave per connettere la forza delle gambe a quella delle braccia e generare il Jin. Un detto del Kung Fu recita: “La forza nasce dai piedi, è comandata dalla vita e si esprime nelle mani”.
Kuà (胯): L’area dell’anca/inguine. La sua flessibilità e il suo corretto utilizzo sono essenziali per abbassare il baricentro, mantenere posizioni stabili e generare potenza rotatoria.
Xué (穴) / Xuéwèi (穴位): Cavità/Punto. I punti di pressione lungo i meridiani. Lo Yingmenquan, attraverso il Dian Xue, si specializza nell’attacco di questi punti per causare dolore, paralisi o svenimento.
Il Lessico dell’Azione: Verbi di Combattimento e Metodi di Allenamento
Il linguaggio descrive con precisione non solo le parti, ma anche le azioni.
A. I Verbi del Combattimento:
Dǎ (打): Colpire. È il termine più generico per un’azione di percussione.
Tī (踢): Calciare.
Qín (擒): Afferrare, catturare. L’azione iniziale di una tecnica di controllo.
Ná (拿): Controllare, prendere. L’azione di manipolazione che segue la presa. Insieme, Qín Ná è l’arte del controllo articolare.
Shuāi (摔): Proiettare, lanciare, far cadere.
Pī (劈): Fendere, spaccare. Descrive un colpo dall’alto verso il basso, come con un’ascia (es. Pī Zhǎng, taglio di palmo).
Chuān (穿): Perforare, penetrare. Descrive un movimento che passa “attraverso” la guardia dell’avversario (es. Chuān Zhǎng, palmo che perfora).
Kòu (扣): Allacciare, fibbiare, sigillare. Descrive una presa che “chiude” un’articolazione o un punto di pressione.
Liáo (撩): Sollevare, colpire dal basso verso l’alto. Un movimento tipico per attaccare l’inguine o il mento.
B. I Metodi di Allenamento:
Gōngfū (功夫): “Abilità ottenuta attraverso tempo e sforzo”. Spesso usato erroneamente in Occidente come sinonimo di “arti marziali cinesi”, il suo vero significato è molto più profondo. Indica qualsiasi abilità (cucinare, calligrafia, combattere) portata a un alto livello attraverso una pratica lunga, diligente e amara. Avere un buon Gongfu significa aver investito il tempo e la fatica necessari per trasformare una conoscenza in una vera e propria abilità incarnata.
Jīběngōng (基本功): “Lavoro fondamentale”. Include tutte le pratiche di base: posizioni, condizionamento, esercizi di forza, etc. È la base su cui tutto il resto è costruito.
Tàolù (套路): “Insieme di routine/metodi”. Come discusso, è la forma, l’enciclopedia dello stile. La parola Lù (路) significa anche “strada”, suggerendo che la forma è un “percorso” da seguire per la comprensione dell’arte.
Duìliàn (对练): “Pratica in coppia”. Esercizi strutturati con un partner per allenare l’applicazione delle tecniche.
Qìgōng (气功): “Lavoro sull’energia”. Qualsiasi pratica che coinvolge la mente, il respiro e il corpo per coltivare e dirigere il Qi. Include esercizi statici, dinamici e meditativi.
Sànshǒu (散手): “Mani libere/disperse”. Il combattimento libero, non preordinato, dove il praticante deve applicare i principi e le tecniche dello stile in un contesto caotico e imprevedibile.
I Principi Tattici e Strategici: Il Linguaggio del Combattimento Intelligente
Infine, la terminologia dello Yingmenquan include concetti astratti che descrivono i principi strategici e filosofici alla base del combattimento.
Kāi Hé (开合): Aprire e Chiudere. È il ritmo fondamentale di ogni movimento. Kāi (apertura) è l’espansione, l’estensione, l’attacco. Hé (chiusura) è la contrazione, la protezione del centro, l’accumulo di energia. Un buon combattente alterna costantemente queste due fasi in un flusso dinamico.
Gāng Róu (刚柔): Duro e Morbido. La dialettica fondamentale tra l’applicazione di una forza dura, diretta e strutturale (Gāng) e una forza morbida, cedevole e reattiva (Róu). La maestria risiede nella loro fusione e nel passaggio istantaneo dall’una all’altra (Gāng Róu Xiāng Jì – 刚柔相济).
Shàng Xià (上下): Su e Giù. Il principio di attaccare su più livelli verticali. Mentre le mani impegnano la parte superiore del corpo dell’avversario, i piedi attaccano le gambe, e viceversa. Questo sovraccarica la capacità difensiva dell’avversario.
Jiè Lì (借力): Prendere in Prestito la Forza. Un principio strategico cruciale. Invece di opporsi alla forza dell’avversario con la propria, si impara a cedere, a reindirizzarla e a usarla contro di lui. È l’essenza dell’efficienza marziale.
Yīn Yáng (阴阳): Il principio universale dell’equilibrio degli opposti: duro/morbido, attacco/difesa, apertura/chiusura, pieno/vuoto. Ogni aspetto dello Yingmenquan può essere analizzato attraverso la lente dello Yin e dello Yang, cercando sempre l’equilibrio dinamico tra i due.
Wǔdé (武德): Virtù Marziale. Un concetto etico fondamentale, che si divide in due aree:
Le Virtù dell’Azione: Umiltà, rispetto, giustizia, fiducia, lealtà. Prescrivono come un artista marziale deve comportarsi con gli altri (non essere un prepotente, usare l’arte solo per difendere, rispettare il maestro e i compagni).
Le Virtù della Mente: Volontà, resistenza, perseveranza, pazienza, coraggio. Prescrivono l’atteggiamento interiore che il praticante deve coltivare per poter progredire nel difficile cammino del Gongfu.
Conclusione: Parlare la Lingua dell’Aquila
La terminologia dello Yingmenquan è un universo ricco e stratificato. Ogni parola, ogni ideogramma, apre una finestra su un mondo di significati che vanno ben oltre la semplice definizione da dizionario. È un linguaggio che intreccia la biomeccanica alla filosofia, la strategia all’etica, la fisica all’energetica.
Per il praticante serio, imparare questo lessico non è un esercizio di memoria, ma un processo di assimilazione concettuale. Comprendere la differenza tra Li e Jin cambia radicalmente il modo di percepire e generare la forza. Interiorizzare il significato di Wude trasforma la pratica da un semplice allenamento fisico a un percorso di auto-miglioramento. Cogliere l’essenza del Dao e del Qi conferisce un nuovo livello di profondità a ogni singolo movimento.
La vera maestria nello stile dell’Aquila non si raggiunge solo quando il corpo è in grado di eseguire le tecniche alla perfezione, ma quando la mente ha assorbito così profondamente questo linguaggio da non aver più bisogno di “tradurre”. È il momento in cui il praticante pensa, percepisce e agisce fluentemente all’interno della struttura concettuale della sua arte, esprimendone i principi in modo spontaneo e istintivo. È il momento in cui, finalmente, si inizia a parlare la vera lingua dell’Aquila.
ABBIGLIAMENTO
Introduzione: Oltre il Semplice Indumento – L’Abbigliamento come Espressione di Funzionalità e Identità
Nel mondo delle arti marziali, l’abbigliamento non è mai una scelta casuale. Ogni divisa, ogni indumento, racconta una storia e risponde a precise necessità. Nel caso dello Yingmenquan, come per la maggior parte degli stili di Kung Fu tradizionale, l’abbigliamento da allenamento è la diretta espressione della filosofia che anima l’arte: una filosofia basata sulla praticità, sulla libertà di movimento e su una certa sobrietà che rifugge l’ostentazione.
A differenza delle arti marziali giapponesi come il Judo o il Karate, dove un’uniforme codificata (il Gi) e un sistema di cinture colorate comunicano visivamente il grado e l’esperienza del praticante, l’abbigliamento tradizionale del Kung Fu è spesso più semplice, più eterogeneo e più legato alle sue origini popolari e talvolta clandestine. Non è un’uniforme nel senso rigido del termine, ma piuttosto un “abito da lavoro” (Liàn Gōng Fú – 练功服), un equipaggiamento studiato per massimizzare l’efficacia dell’allenamento e per permettere al corpo di esprimersi senza alcuna restrizione.
Questo capitolo analizzerà in dettaglio ogni componente dell’abbigliamento tipico di un praticante di Yingmenquan, esplorandone le origini storiche, le ragioni funzionali e il significato culturale. Scopriremo come la scelta di un pantalone, di una maglietta o di un paio di scarpe non sia dettata dalla moda o dall’estetica, ma da una saggezza pratica affinata attraverso secoli di allenamento e di combattimento reale, e come persino l’assenza di un elemento, come la cintura colorata, sia una potente dichiarazione filosofica.
L’Abbigliamento Storico: Vestirsi per Combattere nella Cina Imperiale
Per comprendere l’abbigliamento moderno, è utile fare un passo indietro e immaginare cosa potesse indossare un praticante di Yingmenquan nel XVII o XVIII secolo. In quel periodo, non esistevano “uniformi” da allenamento come le intendiamo oggi. La gente comune, i soldati e gli artisti marziali si allenavano e combattevano con i loro abiti di tutti i giorni, che erano intrinsecamente adatti a una vita attiva.
L’abbigliamento tipico per un uomo del popolo durante le dinastie Ming e Qing consisteva in:
Pantaloni Larghi (裤子 – Kùzi): Realizzati in cotone grezzo o canapa, questi pantaloni erano tagliati in modo molto ampio, specialmente nella zona del cavallo, per consentire di accovacciarsi, lavorare nei campi e muoversi liberamente.
Una Tunica o Giacca Semplice (衫 – Shān): Una casacca a maniche lunghe o corte, che poteva essere aperta sul davanti o indossata dalla testa.
Quando era il momento di praticare o di combattere, questi abiti venivano semplicemente adattati: le maniche della tunica venivano arrotolate, i pantaloni potevano essere legati alle caviglie con delle corde per non intralciare, e in situazioni di grande sforzo fisico la tunica poteva essere tolta del tutto.
L’abbigliamento da allenamento moderno del Kung Fu è un diretto discendente di questo vestiario popolare. La sua semplicità e funzionalità non sono un’invenzione recente, ma l’eredità di un’epoca in cui la distinzione tra “abito da lavoro” e “abito da allenamento” non esisteva.
Anche la scelta dei colori aveva un significato. Il nero (Hēi Sè – 黑 色) e il blu indaco (Lán Sè – 蓝 色) erano i colori più diffusi tra la gente comune, gli artigiani e i praticanti di arti marziali per ragioni eminentemente pratiche: erano tinte economiche da produrre, resistenti e, soprattutto, nascondevano bene lo sporco e le macchie. Questa scelta cromatica, mantenuta ancora oggi, riflette le origini umili e funzionali dello stile, in netto contrasto con i colori brillanti come il giallo o il rosso, spesso riservati alla nobiltà, ai funzionari o a contesti cerimoniali.
L’Analisi dell’Abbigliamento da Allenamento Moderno (Liàn Gōng Fú – 练功服)
L’abbigliamento utilizzato oggi in una tipica scuola di Yingmenquan è una sintesi di tradizione e modernità. Ogni capo è scelto per le sue qualità funzionali, che supportano direttamente le esigenze tecniche dello stile.
A. I Pantaloni (功夫裤 – Gōngfū Kù): Libertà di Movimento Totale
I pantaloni sono forse l’elemento più iconico e funzionale dell’abbigliamento da Kung Fu.
Il Taglio: La loro caratteristica principale è il taglio estremamente ampio e comodo. A differenza dei pantaloni sportivi occidentali, i Gōngfū Kù sono particolarmente generosi nella zona del cavallo e delle cosce. Questo design non è casuale, ma è essenziale per consentire l’esecuzione delle tecniche dello Yingmenquan senza alcuna restrizione. Permette al praticante di scendere in posizioni molto basse e larghe come la Mǎ Bù (Posizione del Cavaliere) o la Pū Bù (Posizione Accovacciata), di eseguire spazzate e calci, e di muoversi con agilità e fluidità nel lavoro di gambe (Bu Fa). Un pantalone stretto impedirebbe la corretta esecuzione di gran parte del repertorio tecnico dello stile.
Il Tessuto: I materiali più comuni sono il cotone, il lino o miscele di essi. Questi tessuti naturali sono apprezzati per la loro traspirabilità, che aiuta a gestire la sudorazione durante l’allenamento intenso, e per la loro morbidezza sulla pelle. Per le dimostrazioni o le occasioni più formali, si possono usare pantaloni in seta o in raso, che hanno un aspetto più elegante e un “suono” caratteristico durante i movimenti rapidi. Negli ultimi anni, si sono diffusi anche tessuti sintetici o misti, che offrono i vantaggi di una maggiore durata e di una più facile manutenzione (asciugatura rapida, non necessitano di stiratura).
Le Caratteristiche Funzionali: I pantaloni da Kung Fu moderni presentano quasi sempre una robusta fascia elastica in vita e degli elastici più piccoli alle caviglie. Anche questi dettagli hanno uno scopo preciso. L’elastico in vita garantisce una vestibilità sicura e confortevole per persone di corporature diverse, senza la necessità di una cintura che potrebbe impigliarsi o dare fastidio. L’elastico alle caviglie, invece, ha un duplice vantaggio: primo, impedisce che l’orlo del pantalone finisca sotto i piedi durante i movimenti, con il rischio di inciampare; secondo, lascia le caviglie e i piedi scoperti, permettendo al maestro di osservare e correggere il posizionamento dei piedi e il lavoro di gambe dell’allievo.
B. La Parte Superiore: Tra Tradizione e Praticità
Per la parte superiore del corpo, la scelta è generalmente divisa tra la praticità moderna e il richiamo alla tradizione.
La Maglietta (T恤 – T-xù): Nella stragrande maggioranza delle sessioni di allenamento quotidiano, l’indumento più utilizzato è una semplice T-shirt, solitamente di cotone e di colore scuro (nero, blu) o bianco. La sua praticità è innegabile: è comoda, economica, assorbe il sudore e non limita in alcun modo i movimenti delle braccia e del busto. Molto spesso, la maglietta riporta il logo (Biāozhì – 标志) della scuola o del lignaggio, diventando un simbolo di identità e di appartenenza al Wuguǎn.
La Giacca Tradizionale (唐装 – Tángzhuāng / 功夫衫 – Gōngfū Shān): La classica giacca da Kung Fu, con il colletto alla coreana (“mandarin collar”) e la caratteristica chiusura laterale con bottoni a nodo, chiamati Pán Kòu (盘扣), è oggi riservata a contesti più formali. Viene indossata tipicamente durante le cerimonie (come il saluto all’inizio dell’anno o l’accettazione di un nuovo discepolo), le dimostrazioni pubbliche o gli esami. Spesso è il Sifu a indossarla più regolarmente durante le lezioni, come segno distintivo del suo ruolo e del suo status. I bottoni a nodo non sono solo decorativi; la loro complessa allacciatura simboleggia la complessità e la profondità dell’arte.
C. Le Calzature (功夫鞋 – Gōngfū Xié): Sentire il Terreno
Le calzature sono un altro elemento fondamentale che distingue il praticante di Kung Fu.
La Suola: La caratteristica più importante delle scarpe da Kung Fu è la suola estremamente sottile, piatta e flessibile. Può essere fatta di più strati di cotone pressato e cucito, o di gomma molto morbida. La ragione di questa scelta è cruciale per la pratica: una suola sottile permette al praticante di “sentire” il terreno sottostante. Questa sensibilità tattile è fondamentale per sviluppare il Gēn (根), il “radicamento”, ovvero la capacità di percepire la stabilità, di adattarsi alle piccole irregolarità del suolo e di usare i muscoli del piede per “aggrapparsi” al pavimento. Una scarpa sportiva moderna, con una suola spessa e ammortizzata, creerebbe una barriera sensoriale, compromettendo gravemente l’equilibrio e la generazione della forza dal basso.
La Tomaia e la Leggerezza: La parte superiore della scarpa è solitamente in tela di cotone o velluto, materiali semplici e leggeri. L’intera calzatura è progettata per essere il più leggera possibile, quasi come un “guanto” per il piede, per non appesantire i movimenti e non ostacolare la velocità dei passi.
La Pratica a Piedi Nudi: Molte scuole, specialmente quelle con una pavimentazione in legno o tatami, alternano o prediligono la pratica a piedi nudi. Questo porta i benefici della suola sottile all’estremo, massimizzando la connessione sensoriale con il suolo, rafforzando gli archi plantari e le ossa del piede, e migliorando ulteriormente l’equilibrio.
D. L’Assenza della Cintura Colorata (腰带 – Yāodài): Una Dichiarazione Filosofica
Uno degli aspetti che più colpisce chi proviene da altre arti marziali è la quasi totale assenza, nel Kung Fu tradizionale, di un sistema di cinture colorate che indichi il grado. Questa non è una dimenticanza, ma una precisa e profonda scelta culturale.
Il sistema di gradi Kyū/Dan, rappresentato dalle cinture colorate, è un’invenzione relativamente moderna (fine del XIX secolo), introdotta in Giappone da Jigorō Kanō, il fondatore del Judo. Questo sistema si è poi diffuso nel Karate e in molte altre arti. Nel Kung Fu tradizionale, invece, la gerarchia non viene esibita. La competenza di un praticante si giudica dalla sua abilità (Gongfu), non dal colore di un accessorio.
Questa filosofia riflette diversi valori:
Umiltà: La propria abilità non va ostentata. Un vero maestro può apparire come una persona comune.
Sostanza sulla Forma: Ciò che conta è la competenza reale, non il simbolo esteriore del grado.
Rifiuto dell’Ego: Un sistema di gradi può alimentare l’ego e una malsana “corsa alla cintura”, distogliendo lo studente dall’obiettivo reale, che è il perfezionamento di sé.
L’unica “cintura” che si può vedere è una semplice fascia di tessuto (Yāodài), solitamente di cotone, il cui scopo è puramente funzionale: tenere ben chiusa la giacca tradizionale, fornire un leggero supporto alla zona lombare e al Dantian, o, in alcuni stili, essere usata come appiglio per alcune tecniche o per appendere un’arma. Il suo colore (spesso nero o rosso) non ha, nella maggior parte delle scuole tradizionali, alcun significato gerarchico.
Conclusione: La Veste della Praticità e dell’Umiltà
In definitiva, l’abbigliamento dello Yingmenquan è lo specchio fedele della sua anima. Ogni scelta, dalla stoffa dei pantaloni allo spessore delle suole, è il risultato di una logica funzionale affinata nei secoli. È un abbigliamento che libera il corpo, permettendogli di eseguire le complesse e potenti tecniche dello stile senza impedimenti. Il praticante non indossa un’uniforme che lo costringe, ma un abito da lavoro che lo serve.
Allo stesso tempo, questo abbigliamento è un potente simbolo culturale e filosofico. La sua semplicità e la sua sobrietà sono un richiamo costante all’umiltà e all’essenzialità. L’assenza di gradi visibili insegna che il valore di un artista marziale risiede nella sua abilità e nel suo carattere, non nei titoli o nei riconoscimenti esteriori.
Indossare il Liàn Gōng Fú dello Yingmenquan è quindi il primo passo del rito dell’allenamento. Significa spogliarsi delle vanità e delle distinzioni del mondo esterno per indossare la veste della praticità, dell’uguaglianza di fronte alla fatica, e della dedizione a un percorso di auto-coltivazione. È l’abito di chi ha scelto di dare più importanza alla sostanza che all’apparenza, un principio che è al cuore stesso del sentiero del Gongfu.
ARMI
Introduzione: L’Arma come Estensione del Corpo e della Mente
A un primo sguardo, potrebbe sembrare un paradosso che uno stile come lo Yingmenquan, così intensamente focalizzato sull’uso del corpo e, in particolare, delle mani modellate ad “artiglio”, dedichi una parte significativa del suo curriculum allo studio delle armi tradizionali. Questa apparente contraddizione si dissolve quando si comprende la filosofia che sottende la pratica armata nel Kung Fu tradizionale. L’arma non è vista come un semplice “strumento” esterno, un oggetto da aggiungere al proprio bagaglio tecnico, ma come una diretta estensione del corpo, della mente e dell’intenzione (Yi – 意) del praticante.
Nello Yingmenquan, non esiste una netta separazione tra il combattimento a mani nude e quello armato; esistono piuttosto dei principi universali di movimento, strategia e generazione della potenza che si applicano a entrambi i contesti. Cambia la lunghezza dell’arto, la natura del punto di impatto, ma non la fonte della forza, la logica dello spostamento o la mentalità del combattente.
Lo studio delle armi, quindi, ha un duplice scopo, profondamente pedagogico:
Scopo Marziale Diretto: Fornire al praticante le competenze per utilizzare efficacemente le armi più comuni che avrebbe potuto incontrare o dover impugnare in uno scenario di combattimento reale, come era comune nell’epoca in cui lo stile è nato.
Scopo Propedeutico e di Sviluppo: Utilizzare le caratteristiche uniche di ogni arma come un attrezzo di allenamento specifico per coltivare e amplificare determinati attributi fisici e mentali (la forza, la coordinazione, il tempismo, la gestione della distanza, la precisione). Questi attributi, una volta sviluppati, arricchiscono e potenziano enormemente la pratica a mani nude.
Questo capitolo esplorerà le principali armi studiate nello Yingmenquan, analizzando non solo la loro descrizione, ma soprattutto come la loro pratica si sposi con i principi fondamentali dello stile dell’Aquila e contribuisca a forgiare un artista marziale più completo e consapevole.
Le Quattro Armi Fondamentali (四大兵器 – Sì Dà Bīngqì) nel Contesto dello Yingmenquan
Il curriculum della maggior parte degli stili di Kung Fu tradizionali si fonda sullo studio di quattro armi considerate “fondamentali”, ciascuna delle quali incarna un set diverso di principi e sviluppa abilità specifiche. Lo Yingmenquan interpreta l’uso di queste quattro armi attraverso la sua peculiare lente strategica.
A. Il Bastone (棍 – Gùn): La “Madre” di Tutte le Armi
Il bastone lungo è universalmente considerato il punto di partenza, la “madre” (Mǔ – 母) di tutte le armi nel Kung Fu. La sua forma semplice, priva di punte o di lame, lo rende relativamente sicuro per l’allenamento e costringe il praticante a concentrarsi sui principi puri del movimento, senza fare affidamento su un’arma intrinsecamente letale.
Descrizione e Caratteristiche: Il bastone dello Yingmenquan è tipicamente un Gùn lungo, che arriva all’incirca all’altezza del sopracciglio del praticante. È spesso realizzato in legno di frassino bianco (白蠟木, bái là mù), un materiale apprezzato per la sua rara combinazione di flessibilità e resistenza. Può flettersi sotto impatto senza spezzarsi, assorbendo parte della forza e rilasciandola come una frusta.
Filosofia dell’Allenamento e Attributi Sviluppati: La pratica del bastone è fondamentale perché costruisce le fondamenta della pratica armata. Sviluppa:
Forza della Presa e del Polso: Manipolare un bastone lungo e pesante richiede una presa forte e polsi flessibili e potenti.
Generazione della Potenza dalla Vita (Yāo): È impossibile maneggiare il bastone con efficacia usando solo la forza delle braccia. Il praticante è costretto a imparare a generare potenza dalla rotazione delle anche e della vita, un principio cardine anche nel combattimento a mani nude.
Coordinazione e Fluidità: Le forme di bastone sono fluide, con ampi movimenti circolari e rotazioni continue, che insegnano al corpo a muoversi come un’unica unità.
Applicazione secondo i Principi dell’Aquila: Lo Yingmenquan non interpreta il bastone solo come un’arma per percuotere.
Precisione: Invece di mulinare il bastone a caso, le tecniche si concentrano su colpi precisi a punti vulnerabili come le mani, i polsi, le ginocchia e le tempie dell’avversario, rispecchiando la precisione chirurgica dell’aquila.
Controllo: Molte tecniche di bastone non mirano a colpire, ma a controllare l’arma o gli arti dell’avversario, usando il bastone per agganciare, premere o intrappolare, in un’applicazione diretta del concetto di Qin Na a lungo raggio.
B. La Lancia (枪 – Qiāng): La “Regina” delle Armi
Se il bastone è la madre, la lancia è la “regina” (Huánghòu – 皇后) delle armi, considerata la più difficile da padroneggiare. Richiede una dedizione e una precisione assolute.
Descrizione e Caratteristiche: La lancia cinese è costituita da un’asta lunga e flessibile (spesso in frassino bianco, come il bastone) e una piccola testa metallica a forma di foglia o di diamante. Appena sotto la testa, è quasi sempre presente un ciuffo di crine di cavallo rosso. Questo ciuffo ha una triplice funzione: distrarre e confondere l’avversario, oscurando i movimenti sottili della punta; impedire al sangue di scorrere lungo l’asta, rendendola scivolosa; e aggiungere peso alla punta per bilanciare l’arma.
Filosofia dell’Allenamento e Attributi Sviluppati: La pratica della lancia è un esercizio di precisione estrema. Il suo motto è: “Il bastone colpisce una linea, la lancia colpisce un punto”. Tutta la sua efficacia si basa sulla capacità di proiettare l’intera energia del corpo in un unico punto, la punta della lancia, con un affondo (Zhā – 扎) fulmineo e penetrante.
Applicazione secondo i Principi dell’Aquila: La lancia si sposa perfettamente con la filosofia dello Yingmenquan.
Intento Penetrante: L’affondo della lancia è la perfetta espressione fisica dell’attacco mirato e focalizzato dell’aquila. Il praticante impara a proiettare il suo Yi (intento) attraverso l’arma fino al bersaglio. È la stessa abilità mentale richiesta per le tecniche di Dian Xue (pressione dei punti vitali) a mani nude.
Gestione della Distanza: Essendo un’arma a lungo raggio, la pratica della lancia sviluppa una percezione impeccabile della distanza e un lavoro di gambe (Bu Fa) agile e preciso per mantenere l’avversario alla portata della propria punta, rimanendo al sicuro. È la strategia dell’aquila che attacca dall’alto, mantenendo il suo vantaggio spaziale.
C. La Sciabola (刀 – Dāo): Il “Generale” delle Armi
La sciabola è considerata il “generale” (Jiāngjūn – 将军) o il “maresciallo” delle armi, per il suo carattere audace, aggressivo e dominante.
Descrizione e Caratteristiche: La Dāo è un’arma a filo singolo, con una lama robusta e leggermente curva. È progettata per potenti colpi di taglio e di fendente, più che per affondi di punta. La sua massa e la sua forma la rendono un’arma intrinsecamente potente.
Filosofia dell’Allenamento e Attributi Sviluppati: La pratica della sciabola sviluppa il coraggio e la potenza esplosiva. I suoi movimenti sono ampi, circolari e ininterrotti. Una forma di sciabola è come una tempesta, un flusso continuo di energia che travolge l’avversario. Richiede una grande forza nel baricentro (Dantian) e una perfetta connessione con la vita (Yao).
Applicazione secondo i Principi dell’Aquila: La sciabola incarna l’aspetto Gang (duro, potente) dello Yingmenquan.
Potenza Esplosiva (Fa Jin): I fendenti della sciabola sono l’esercizio ideale per allenare il Fa Jin. Il praticante impara a generare una potenza immensa che non nasce dalla spalla, ma dalle gambe e dalla vita, e che si scatena attraverso l’arma in un arco devastante. È l’equivalente della picchiata dell’aquila.
Flusso Incessante: La pratica della sciabola insegna a non fermarsi mai, a collegare ogni tecnica alla successiva senza pause. Una parata diventa immediatamente un taglio, un taglio si trasforma in un affondo, creando una pressione offensiva costante che non lascia respiro all’avversario.
D. La Spada Dritta (剑 – Jiàn): Il “Gentiluomo” delle Armi
La spada dritta a doppio taglio è l’arma più nobile e sofisticata, il “gentiluomo” (Jūnzǐ – 君子) o l'”erudito” del campo di battaglia. Il suo uso richiede più intelligenza e finezza che forza bruta.
Descrizione e Caratteristiche: La Jiàn è leggera, flessibile e bilanciata, con una lama dritta e affilata su entrambi i lati. È progettata per affondi di punta estremamente precisi, tagli netti e deviazioni sottili.
Filosofia dell’Allenamento e Attributi Sviluppati: La pratica della spada sviluppa l’agilità, l’eleganza, la calma mentale e il pensiero strategico. È spesso associata a una forma di scherma “interna”, dove la vittoria si ottiene anticipando e manipolando l’avversario, piuttosto che sopraffacendolo con la forza.
Applicazione secondo i Principi dell’Aquila: La spada è la perfetta incarnazione della “visione” e dell’intelligenza strategica dell’aquila.
Precisione e Percezione: L’uso della Jiàn si basa sulla capacità di individuare e colpire piccole aperture nella guardia dell’avversario (come il polso, la gola, gli spazi tra le costole). Questo allena la stessa percezione acuta (Shìlì – 视力) richiesta per le tecniche a mani nude.
Agilità e Inganno: Il lavoro di gambe associato alla spada è leggero, rapido e imprevedibile. Il praticante impara a muoversi come un fantasma, a usare finte e cambiamenti di ritmo per ingannare l’avversario. È la strategia dell’aquila che usa la sua mobilità aerea per dominare un avversario terrestre.
Le Armi “Esotiche” e Specialistiche dello Yingmenquan
Oltre alle quattro armi fondamentali, il curriculum dello Yingmenquan può includere armi più rare o specialistiche, che si legano in modo particolarmente intimo alla sua filosofia.
A. Gli Artigli dell’Aquila (鹰爪 – Yīng Zhǎo): L’Arma che Dà il Nome allo Stile
Questa non è una metafora, ma un’arma reale. Si tratta di una sorta di “guanto d’arme” con artigli metallici affilati che si estendono dalle dita.
Funzione e Scopo: Storicamente, era un’arma letale, capace di lacerare la carne e persino armature leggere. Oggi, il suo uso è principalmente pedagogico. Praticare le forme e le tecniche a mani nude indossando questi artigli metallici ha diversi benefici:
Sviluppo della Forza: Il peso aggiunto alle mani costringe a sviluppare una maggiore forza nei polsi, negli avambracci e nelle spalle.
Perfezionamento della Tecnica: L’ingombro degli artigli costringe il praticante a eseguire i movimenti con una precisione e una pulizia ancora maggiori per non intralciarsi.
Comprensione dell’Intento: Maneggiare un’arma così palesemente letale aiuta lo studente a comprendere la gravità e l’intento marziale che devono essere presenti anche nella pratica a mani nude.
B. Le Armi Flessibili: La Catena a Nove Sezioni (九节鞭 – Jiǔ Jié Biān)
Le armi flessibili, come la catena a nove sezioni o la corda con dardo (Shéng Biāo), sono estremamente difficili da padroneggiare ma si allineano perfettamente con la strategia dell’imprevedibilità dello Yingmenquan.
Caratteristiche e Attributi Sviluppati: La catena è un’arma che può essere usata per colpire a frusta, per intrappolare e per strangolare. La sua natura fluida e imprevedibile la rende molto difficile da parare. La sua pratica sviluppa una coordinazione occhio-mano eccezionale, una velocità di polso fulminea e un senso del ritmo e del tempo assolutamente superiori. Queste qualità si trasferiscono direttamente alla pratica a mani nude, rendendo le tecniche di Qin Na più veloci e l’applicazione dei colpi più precisa.
Conclusione: Forgiare il Praticante, non solo il Combattente
In conclusione, il curriculum delle armi dello Yingmenquan è un percorso di formazione olistico. L’obiettivo finale non è trasformare lo studente in un esperto di decine di armi diverse, ma utilizzare lo studio di ogni arma come un martello e un’incudine specifici per forgiare un particolare aspetto del praticante.
Il bastone costruisce la solida base della potenza strutturale. La lancia affina la mente e la mano fino a raggiungere una precisione millimetrica. La sciabola libera il coraggio e scatena la potenza esplosiva. La spada coltiva l’intelletto strategico e l’agilità. Le armi specialistiche, come gli artigli, rafforzano e approfondiscono l’essenza stessa dello stile.
Al termine di questo lungo percorso, quando il praticante torna a concentrarsi sulla pratica a mani nude, la sua abilità è trasfigurata. Il suo Gongfu è più profondo, il suo corpo è più forte e connesso, la sua mente è più acuta e la sua comprensione dei principi di tempo, spazio e energia è immensamente più vasta. Le armi, alla fine, si rivelano per quello che sono veramente nella filosofia dello Yingmenquan: non il fine della pratica, ma gli strumenti più efficaci per perfezionare l’unica, vera arma che conta: il praticante stesso.
A CHI E' INDICATO E A CHI NO
Introduzione: Oltre la Scelta – Una Questione di Risonanza tra Praticante e Arte
La scelta di un’arte marziale è un percorso profondamente personale, simile per certi versi alla scelta di un partner o di un cammino di vita. Non si tratta semplicemente di selezionare un’attività fisica da un catalogo, ma di trovare una disciplina che “risuoni” con la propria natura, i propri obiettivi e il proprio temperamento. Ogni arte marziale ha una sua “personalità” unica, un suo carattere forgiato dalla storia, dalla filosofia e dalla finalità per cui è stata creata. Lo Yingmenquan, con la sua natura esigente, la sua intensità e il suo profondo legame con la tradizione, non fa eccezione. Non è un’arte per tutti.
Lungi dall’essere un giudizio di valore, questa affermazione è una constatazione di compatibilità. Esiste un profilo di praticante che non solo trarrà immensi benefici dallo studio dello Yingmenquan, ma che troverà nella sua durezza una fonte di crescita e nel suo rigore una forma di libertà. Allo stesso modo, esistono profili per i quali la pratica di questo stile sarebbe non solo frustrante e poco gratificante, ma potenzialmente controproducente o addirittura dannosa.
Questo capitolo si propone di analizzare in modo dettagliato e sfaccettato queste compatibilità. Esploreremo le attitudini fisiche, le predisposizioni mentali e psicologiche, e le motivazioni filosofiche che rendono una persona un candidato ideale per il sentiero dell’Aquila, e, per contro, le condizioni e gli obiettivi che lo renderebbero sconsigliabile. L’obiettivo non è escludere, ma orientare, fornendo una guida chiara per comprendere se la propria ricerca interiore e fisica possa trovare una risposta nell’impegnativo mondo dello Yingmenquan.
L’Idoneità Fisica: Il Corpo come Strumento
Lo Yingmenquan è un’arte marziale fisicamente esigente, che richiede al corpo di diventare uno strumento forte, resiliente e finemente coordinato. Le sue esigenze fisiche sono specifiche e non adatte a chiunque.
A. Indicato per: Il Ricercatore di Prestanza Atletica Completa
Persone con Buona Agilità e Coordinazione (o con Forte Desiderio di Svilupparle): Lo stile dell’Aquila si basa su transizioni rapide, cambi di direzione improvvisi e una complessa coordinazione tra braccia, gambe e busto. Chi possiede una naturale predisposizione all’agilità e alla propriocezione troverà un terreno fertile per eccellere. Allo stesso modo, chi è consapevole di una propria carenza in quest’area ma è fortemente motivato a migliorarla, troverà nella pratica dello Yingmenquan un sistema incredibilmente efficace per sviluppare una coordinazione di livello superiore.
Individui che Mirano a una Forza Funzionale e Resiliente: Lo Yingmenquan non costruisce la massa muscolare ipertrofica di un bodybuilder. Sviluppa invece una forza funzionale, elastica e connessa, che in cinese viene definita Jin (劲). È una forza che risiede nei tendini, nei legamenti e nella capacità di connettere l’intero corpo in un’unica catena cinetica. È quindi ideale per chi desidera un corpo forte, scattante e resistente, con un’enfasi particolare sul condizionamento di mani, polsi e avambracci, che diventano strumenti di una potenza eccezionale.
Chi Possiede o Cerca un’Ottima Resistenza Cardiovascolare: Le sessioni di allenamento sono intense. L’esecuzione delle forme (Taolu), specialmente quelle avanzate, è un esercizio aerobico e anaerobico estremamente impegnativo. Le esercitazioni di base (Jibengong) e i lavori in coppia richiedono un notevole dispendio energetico. È quindi indicato per persone già in possesso di una buona forma fisica o per coloro che sono seriamente intenzionati a intraprendere un percorso per costruirla, sapendo che i risultati richiederanno sudore e fatica.
B. Sconsigliato a: Chi Presenta Specifiche Fragilità Fisiche
Individui con Problemi Articolari Preesistenti: Questa è la controindicazione più seria. La pratica dello Yingmenquan, e in particolare l’allenamento specifico dell’Artiglio d’Aquila (Ying Zhao Gong) e delle tecniche di controllo articolare (Qin Na), sottopone le articolazioni delle mani, dei polsi, dei gomiti e delle spalle a uno stress notevole e specifico. Per chi soffre di patologie come artrite, sindrome del tunnel carpale, tendiniti croniche o ha subito traumi significativi a queste articolazioni, la pratica non solo sarebbe dolorosa, ma potrebbe aggravare la condizione preesistente.
Persone con Gravi Patologie alla Colonna Vertebrale: Le rotazioni rapide e potenti della vita, le posizioni basse che caricano la zona lombare e le potenziali proiezioni subite durante la pratica in coppia rendono lo stile inadatto a chi soffre di ernie discali significative, gravi forme di scoliosi o altre patologie degenerative della colonna vertebrale.
Chi Cerca Esclusivamente un’Attività a Basso Impatto: Lo Yingmenquan è dinamico, esplosivo e prevede impatti, sia nel colpire che nell’essere proiettati (seppur in modo controllato). Non è assolutamente un’attività “leggera”. Chi cerca un percorso puramente terapeutico, riabilitativo o a impatto zero per le articolazioni dovrebbe orientarsi verso discipline specificamente progettate per questo scopo, come il Taijiquan (nelle sue forme più morbide) o il Qigong salutistico.
L’Idoneità Mentale e Psicologica: La Mente come Arma Principale
Se le esigenze fisiche sono importanti, quelle mentali e caratteriali sono, se possibile, ancora più determinanti per poter perseverare e avere successo nello studio dello Yingmenquan. L’arte forgia il carattere, ma richiede una base di partenza su cui lavorare.
A. Indicato per: Il Praticante Disciplinato, Paziente e Resiliente
Il Maratoneta, non lo Scattista (La Pazienza e la Visione a Lungo Termine): Lo Yingmenquan non offre gratificazioni immediate. I progressi reali sono lenti, quasi impercettibili su base giornaliera, ma immensi se misurati su scala di anni e decenni. È l’arte del Gongfu (功夫), dell'”abilità che richiede tempo e fatica”. È quindi perfetta per persone pazienti, che trovano soddisfazione nel processo stesso dell’allenamento e che non hanno fretta di “arrivare”, ma che concepiscono la pratica come un cammino che dura tutta la vita.
Chi Comprende il Valore della Fatica (Alta Tolleranza alla Monotonia e al Dolore): Il cuore dell’allenamento, il Jibengong, è basato sulla ripetizione quasi infinita di un numero limitato di esercizi fondamentali. La pratica dello Zhan Zhuang (mantenere posizioni statiche) è una vera e propria sfida alla sopportazione del dolore muscolare e della noia. Lo stile è quindi indicato per individui dotati di una forte autodisciplina, di una grande forza di volontà e che abbracciano la filosofia del chī kǔ (吃苦), “mangiare amaro”, ovvero la convinzione che solo attraverso la fatica, il disagio e la perseveranza si possano ottenere risultati di valore e forgiare un carattere d’acciaio.
La Mente Analitica e Strategica: Pur essendo diretto e istintivo nell’applicazione, lo Yingmenquan è un sistema estremamente intelligente. Si basa su angoli, tempismo, leve e una profonda comprensione della biomeccanica e della psicologia del combattimento. Attrae e premia le persone con una mente analitica, che amano “smontare” le tecniche per capirne il funzionamento, che apprezzano la strategia e che trovano affascinante la dimensione quasi scacchistica dello scontro.
B. Sconsigliato a: Chi Cerca Gratificazione Istantanea, Divertimento Casual o Ribellione
L’Impaziente e il Collezionista di “Mosse”: Chi si iscrive a un corso sperando di imparare tecniche spettacolari in poche lezioni per poi mostrarle agli amici rimarrà profondamente deluso. La frustrazione di dover ripetere per mesi una singola posizione o una parata di base porterebbe questo tipo di persona ad abbandonare rapidamente.
Chi Teme la Monotonia e la Routine: L’allenamento tradizionale è, per sua natura, routinario. La creatività e la libertà espressiva arrivano solo dopo anni di pratica disciplinata delle fondamenta. Chi ha bisogno di stimoli costantemente nuovi e si annoia facilmente troverebbe il Jibengong insopportabile e privo di senso.
L’Individualista Insofferente alla Gerarchia: Una scuola tradizionale di Yingmenquan non è un ambiente democratico. La struttura è gerarchica e si fonda sul rispetto assoluto per l’autorità e l’esperienza del Sifu e degli allievi più anziani. Non è il luogo adatto per chi ha un’attitudine polemica, per chi contesta costantemente il metodo di insegnamento o per chi non è disposto ad accettare un ruolo di “discepolo” nel senso più profondo del termine, che implica fiducia e obbedienza.
L’Idoneità Filosofica e Motivazionale: Lo Scopo della Pratica
Cosa cerca una persona in un’arte marziale? Le risposte a questa domanda sono un indicatore fondamentale di compatibilità con lo Yingmenquan.
A. Indicato per: L’Interessato alla Tradizione, all’Efficacia e all’Auto-coltivazione
L’Appassionato di Cultura e Storia: Per chi non cerca solo un’attività fisica, ma è affascinato dalla cultura, dalla storia e dalla filosofia cinese, lo Yingmenquan offre un’immersione totale. Studiare quest’arte significa entrare in contatto con il pensiero taoista, con i valori confuciani della lealtà e del rispetto, e con la storia turbolenta della Cina imperiale.
Chi Cerca un Sistema di Autodifesa Realistico e Senza Compromessi: Lo Yingmenquan è nato per il combattimento, non per la competizione. Il suo repertorio tecnico è progettato per neutralizzare una minaccia nel modo più rapido ed efficiente possibile. È quindi indicato per persone mature e responsabili che desiderano apprendere un sistema di autodifesa realistico e che sono consapevoli della potenziale pericolosità delle tecniche studiate, accettando di impararle con il massimo controllo e rispetto.
Chi Vede l’Arte Marziale come un Percorso di Auto-miglioramento: Forse la motivazione più profonda. Lo Yingmenquan è un mezzo potentissimo per coltivare virtù come la disciplina, la perseveranza, l’umiltà, il coraggio e la calma sotto pressione. È ideale per chi cerca uno strumento per forgiare il proprio carattere, per superare i propri limiti e per diventare, in ultima analisi, una persona migliore, più forte e più consapevole, sia dentro che fuori dal Kwoon.
B. Sconsigliato a: L’Agonista Sportivo e il Praticante “Spirituale” New Age
L’Atleta Orientato alla Competizione: Come già discusso in precedenza, le tecniche fondamentali dello Yingmenquan (leve articolari, colpi a punti vitali, etc.) sono incompatibili con qualsiasi regolamento sportivo. Un individuo il cui obiettivo primario è vincere medaglie e trofei in competizioni come il Sanda o altri sport da combattimento, sprecherebbe il suo tempo. Dovrebbe piuttosto dedicarsi a una disciplina specificamente progettata per quel contesto agonistico.
Chi Cerca una Pratica Puramente Meditativa o “Soft”: Sebbene lo Yingmenquan integri pratiche interne e meditative come il Qigong e lo Zhan Zhuang, il suo cuore rimane marziale (Wu – 武). L’intento combattivo, l’intensità fisica e la durezza di certi condizionamenti possono risultare sgradevoli o addirittura incomprensibili per chi cerca un’esperienza puramente “spirituale”, rilassante o salutistica nel senso più gentile del termine. Per queste persone, discipline come lo Yoga, il Taijiquan praticato come ginnastica dolce o scuole specifiche di Qigong terapeutico sarebbero scelte molto più appropriate.
Conclusione: L’Arte che Sceglie il Praticante
In conclusione, il profilo del candidato ideale per lo studio dello Yingmenquan è quello di una persona matura, dotata di pazienza, disciplina e una notevole resilienza sia fisica che mentale. È un individuo che non teme la fatica e la monotonia del lavoro di base, che nutre un profondo rispetto per la tradizione e la gerarchia, e che è spinto da un desiderio di apprendere un sistema di combattimento realistico e, al contempo, di intraprendere un serio percorso di auto-coltivazione.
In un certo senso, si potrebbe affermare che non è tanto lo studente a scegliere un’arte esigente come lo Yingmenquan, quanto l’arte stessa, attraverso la sua intrinseca difficoltà e il suo rigore, a “selezionare” naturalmente coloro che possiedono le qualità necessarie per percorrerne il sentiero. È un’arte che non cerca di piacere a tutti, che non fa concessioni alle mode e che non offre scorciatoie. Per questo motivo, rimarrà sempre un percorso per pochi, ma per quei pochi che sentono la “risonanza” con lo spirito dell’Aquila, essa offre ricompense in termini di abilità, consapevolezza e forza interiore di una profondità difficilmente eguagliabile.
CONSIDERAZIONI PER LA SICUREZZA
Introduzione: La Sicurezza come Pilastro del Wude – Il Paradosso di un’Arte Letale
Affrontare il tema della sicurezza nello studio dello Yingmenquan significa confrontarsi con un affascinante paradosso: come è possibile praticare in modo sicuro un’arte marziale che, per sua stessa natura e storia, è stata progettata per essere massimamente efficace e potenzialmente letale? La risposta a questa domanda non risiede in un semplice elenco di regole o divieti, ma in un approccio olistico alla pratica, dove la sicurezza non è vista come un limite, ma come una manifestazione diretta del Wude (武德), la virtù marziale.
Nel pensiero dello Yingmenquan, un praticante che si infortuna costantemente o, peggio, che infortuna i suoi compagni di allenamento, non ha compreso l’essenza dell’arte, indipendentemente dalla sua abilità tecnica. La vera maestria, infatti, non si misura solo nella capacità di applicare una tecnica devastante, ma anche e soprattutto nella capacità di controllarla con precisione assoluta. La sicurezza, quindi, non è un accessorio, ma un pilastro fondamentale dell’addestramento, un prerequisito essenziale che permette un percorso di studio lungo, proficuo e sostenibile.
La responsabilità della sicurezza in una scuola di Yingmenquan è un “patto sacro” condiviso tra l’insegnante (Sifu) e gli studenti (Tudi). È un ecosistema basato sulla fiducia, sul rispetto reciproco, sulla comunicazione chiara e su una metodologia didattica rigorosa. Questo capitolo esplorerà in dettaglio i diversi aspetti di questo patto, analizzando le responsabilità di ogni attore coinvolto e i protocolli specifici che vengono adottati nelle varie fasi dell’allenamento per garantire che lo studio dell’arte dell’Aquila sia un percorso di crescita e non una fonte di traumi.
La Responsabilità del Maestro (Sīfù – 师父): Il Primo Garante della Sicurezza
Il Sifu è la figura centrale nella gestione della sicurezza all’interno del Wuguan. La sua esperienza, la sua etica e la sua metodologia di insegnamento sono i fattori più importanti nel determinare se un ambiente di allenamento sarà sicuro o pericoloso. Le sue responsabilità possono essere suddivise in tre aree principali.
A. La Creazione di un Ambiente Sicuro (安全环境 – Ānquán Huánjìng)
Lo Spazio Fisico: La sicurezza inizia con l’ambiente fisico. Un Sifu responsabile assicura che lo spazio di allenamento sia adeguato. Questo significa un’area sufficientemente ampia da permettere l’esecuzione di forme e lavori in coppia senza il rischio di urtare muri o altri praticanti, un’illuminazione adeguata e, soprattutto, una pavimentazione idonea. Un pavimento in legno o coperto da tatami a bassa densità è preferibile al cemento o alle piastrelle, in quanto è in grado di assorbire parte dell’impatto di salti o di eventuali cadute, proteggendo le articolazioni. L’ambiente deve essere mantenuto pulito e sgombro da ostacoli.
L’Atmosfera Psicologica: Ancor più importante dello spazio fisico è l’ambiente psicologico che il maestro è in grado di creare. Un Sifu autorevole coltiva una cultura basata sul rispetto, sulla disciplina e sulla collaborazione, non sull’ego e sulla competizione sfrenata. Deve scoraggiare attivamente ogni forma di machismo o di aggressività fine a sé stessa. In una scuola sicura, gli studenti non si sentono giudicati o sminuiti se ammettono di essere stanchi, se sentono un dolore o se non riescono a eseguire un esercizio. Si sentono, al contrario, incoraggiati a comunicare i propri limiti, sapendo che questi verranno rispettati.
B. La Pedagogia della Gradualità (循序渐进 – Xúnbùjiànjìn)
Il principio della progressione graduale è la più importante polizza assicurativa contro gli infortuni. Un buon maestro non insegnerà mai una tecnica avanzata o pericolosa a un principiante che non possiede le basi fisiche e mentali per gestirla. L’approccio didattico è stratificato:
Costruzione delle Fondamenta: Prima di ogni altra cosa, si lavora per mesi, a volte per anni, sul Jibengong. Un corpo con muscoli, tendini e articolazioni forti e condizionati, e una solida comprensione delle posizioni di base, è un corpo meno prono a infortuni da stress o da cattiva postura.
Apprendimento della Forma a Vuoto: Lo studente impara la meccanica di una tecnica attraverso la pratica individuale delle forme (Taolu), senza la pressione e la variabile di un partner.
Applicazione Cooperativa: Solo in seguito, la tecnica viene provata in coppia (Duilian), ma in un contesto inizialmente cooperativo, dove il partner offre una resistenza passiva o minima, permettendo di comprendere le distanze, gli angoli e le sensazioni tattili in sicurezza.
Introduzione della Resistenza: Solo quando la tecnica è stata assimilata in modo pulito e sicuro, si introduce gradualmente una resistenza più attiva, senza mai però arrivare a un’opposizione totale in fase di apprendimento.
Questo approccio metodico e paziente garantisce che il corpo e la mente dello studente siano sempre preparati ad affrontare il livello di difficoltà successivo.
C. La Supervisione Costante e Attiva
Durante la lezione, specialmente durante la pratica in coppia, un Sifu responsabile non rimane in disparte. Egli si muove costantemente tra gli allievi, osservando con “l’occhio dell’aquila”. Il suo ruolo è quello di:
Correggere la Forma: Un piccolo errore posturale o un’esecuzione scorretta possono, alla lunga, causare infortuni. Il Sifu corregge la tecnica per renderla non solo più efficace, ma anche più sicura per il corpo.
Moderare l’Intensità: Se si accorge che una coppia di allievi sta lavorando con troppa foga o aggressività, interviene per calmarli e riportare la pratica a un livello di intensità adeguato e costruttivo.
Prevenire i Rischi: Grazie alla sua esperienza, è in grado di riconoscere una situazione potenzialmente pericolosa prima che essa degeneri in un infortunio, intervenendo con un consiglio o fermando l’esercizio.
La Responsabilità dello Studente (Túdì – 徒弟): La Custodia di Sé e del Compagno
La sicurezza non può essere delegata interamente al maestro. Ogni studente ha una responsabilità attiva e fondamentale nel proteggere sé stesso e, cosa altrettanto importante, i propri compagni di allenamento.
A. L’Ascolto del Proprio Corpo (听自己 – Tīng Zìjǐ)
Uno dei primi insegnamenti che uno studente deve apprendere è l’auto-consapevolezza. È vitale imparare a distinguere tra:
Il “Dolore Buono”: La sensazione di bruciore e affaticamento muscolare, il disagio dovuto allo stretching o alla fatica del Jibengong. Questo è il “mangiare amaro” (chī kǔ), un dolore che indica che il corpo sta lavorando e si sta adattando, ed è parte integrante del processo di miglioramento.
Il “Dolore Cattivo”: Un dolore acuto, pungente, lancinante, specialmente all’interno di un’articolazione (ginocchio, polso, spalla). Questo è un segnale di allarme che indica un potenziale danno strutturale.
Lo studente deve imparare a non ignorare mai il “dolore cattivo” e a fermarsi immediatamente. Deve avere il coraggio e l’umiltà di comunicare il proprio stato al maestro e al partner, senza vergogna e senza il timore di apparire debole. Proseguire un allenamento nonostante un segnale di infortunio è il modo più sicuro per trasformare un problema minore in un trauma cronico.
B. Il Rispetto Sacro per il Partner di Allenamento (对练伙伴 – Duìliàn Huǒbàn)
Il compagno di allenamento non è un avversario, un nemico o un sacco da colpire. È un collaboratore essenziale per il proprio progresso. Senza di lui, non si potrebbe apprendere l’applicazione pratica dell’arte. Questa comprensione deve tradursi in un codice di condotta rigoroso durante ogni pratica in coppia:
Controllo (控制 – Kòngzhì): Ogni tecnica, specialmente una leva articolare di Qin Na, deve essere applicata con controllo, lentamente e progressivamente. L’obiettivo non è “vincere” la resistenza del partner, ma eseguire la tecnica in modo corretto, dandogli tutto il tempo necessario per percepire la pressione e arrendersi.
Comunicazione e “Tap Out” (沟通 – Gōutōng): La comunicazione è vitale. Il segnale più comune per indicare la resa a una leva dolorosa è il “tapping”, ovvero battere ripetutamente con la mano libera sul corpo del partner, sul proprio corpo o sul pavimento (pāi – 拍). Questo segnale deve essere rispettato istantaneamente e senza esitazione. Chi applica la tecnica deve rilasciare la presa immediatamente.
Fiducia (信任 – Xìnrèn): La pratica in coppia si fonda su un patto di fiducia reciproca. Ci si fida del fatto che il proprio partner controllerà la sua forza e rispetterà il segnale di resa, e ci si impegna a fare altrettanto. Chi viola questa fiducia, applicando le tecniche in modo sconsiderato o non fermandosi quando richiesto, non è solo un partner di allenamento pericoloso, ma dimostra di non possedere il Wude necessario per praticare l’arte.
C. L’Ego come Peggior Nemico della Sicurezza
La stragrande maggioranza degli infortuni che avvengono in un contesto di allenamento marziale non sono causati da incidenti, ma dall’ego.
La Volontà di “Vincere”: Cercare di trasformare un esercizio di allenamento in una competizione per vedere chi è più forte o più veloce porta inevitabilmente a un’escalation di forza e a una perdita di controllo.
Il Rifiuto di “Tappare”: Non arrendersi a una leva per orgoglio, cercando di resistere con la forza, è il modo più comune per subire lussazioni, distorsioni o strappi.
L’Ostentazione: Provare a eseguire una tecnica complessa o acrobatica che non si padroneggia ancora, solo per impressionare gli altri, è un altro comportamento a rischio.
L’umiltà (Qiānxū – 谦虚) non è solo una virtù filosofica, ma il più efficace strumento di prevenzione degli infortuni.
Protocolli di Sicurezza per Specifiche Fasi dell’Allenamento
Oltre ai principi generali, ogni fase dell’allenamento richiede attenzioni specifiche.
Sicurezza nel Jibengong: Durante lo Zhan Zhuang, è fondamentale mantenere un corretto allineamento posturale per non caricare in modo errato le ginocchia e la zona lombare. Nel condizionamento dell’Ying Zhao Gong, la progressione deve essere lentissima per permettere ai tendini e ai legamenti, che si adattano più lentamente dei muscoli, di rinforzarsi senza infiammarsi.
Sicurezza nella Pratica del Qin Na: Questa è l’area a più alto rischio per le articolazioni. Oltre ai principi di controllo e comunicazione già visti, è fondamentale che l’insegnamento delle leve (Qin Na) sia sempre accompagnato da quello delle contro-tecniche e delle vie di fuga (Fǎn Qín Ná – 反擒拿). Imparare come sottrarsi a una leva è tanto importante quanto imparare ad applicarla.
Sicurezza nello Sparring (Sanshou – 散手): Quando e se praticato, il combattimento libero deve essere rigidamente regolamentato. Si possono usare protezioni (caschetto, guantoni, paratibie, conchiglia) per ridurre il rischio di danni da impatto. Prima di iniziare, devono essere stabiliti chiaramente i bersagli proibiti (gola, spina dorsale, nuca, genitali, occhi) e il livello di intensità e di contatto consentito. Lo sparring leggero e tecnico (light sparring) è spesso più utile e sicuro per l’apprendimento rispetto a un combattimento a piena potenza.
Sicurezza nell’Uso delle Armi (器械 – Qìxiè): La pratica con le armi introduce un nuovo livello di rischio. È imperativo mantenere sempre una distanza di sicurezza molto ampia dagli altri praticanti. Per gli esercizi in coppia, si devono utilizzare armi da allenamento specifiche (in legno, bambù, con imbottiture o in metallo ma senza filo né punta). Le routine di combattimento con le armi sono sempre coreografate e vengono praticate a velocità molto bassa per innumerevoli ripetizioni prima di aumentare gradualmente il ritmo.
Conclusione: La Sicurezza come Misura della Maestria
In conclusione, il sistema di sicurezza dello Yingmenquan è una rete complessa e interdipendente di responsabilità. Si fonda sulla pedagogia saggia e prudente del Sifu, sulla maturità e l’autodisciplina dello studente, e su protocolli chiari e condivisi che governano ogni aspetto della pratica.
Lontana dall’essere un ostacolo alla “vera” pratica marziale, la sicurezza ne è la condizione abilitante. È ciò che permette a un individuo di dedicare una vita intera all’esplorazione di un’arte tanto profonda quanto impegnativa, emergendone più forte, più saggio e più sano, e non come un invalido con le articolazioni rovinate.
Nel mondo dello Yingmenquan, la capacità di ferire è solo il primo, rudimentale livello di abilità. La capacità di controllare il proprio potere con precisione millimetrica, di applicare una tecnica pericolosa fermandosi un istante prima di causare un danno irreversibile, e di proteggere i propri compagni come se si proteggesse sé stessi: questa è la vera misura della maestria. La sicurezza, quindi, non è altro che la più alta e nobile espressione del Gongfu.
CONTROINDICAZIONI
Introduzione: Il Principio di Precauzione – Conoscere il Proprio Corpo Prima di Sfidarlo
Se è vero che la pratica di un’arte marziale tradizionale come lo Yingmenquan può portare a un notevole miglioramento della forma fisica, della coordinazione e della forza mentale, è altrettanto vero che essa non è una panacea universale adatta a chiunque, in qualunque condizione. La sua natura intensa, le sue metodologie di allenamento specifiche e l’enfasi su tecniche che sollecitano il corpo in modi inusuali e potenti, la rendono sconsigliabile, se non addirittura pericolosa, per individui con determinate condizioni preesistenti.
Il primo principio di qualsiasi percorso di allenamento serio, e in particolare di un’arte marziale, dovrebbe essere l’antico adagio medico: primum non nocere, “per prima cosa, non nuocere”. Prima di sfidare il proprio corpo con una disciplina così esigente, è fondamentale conoscerlo a fondo, comprenderne i limiti e le fragilità.
Questo capitolo non ha lo scopo di fornire una diagnosi medica, né di scoraggiare aprioristicamente la pratica. Il suo obiettivo è quello di offrire una guida informativa dettagliata sulle principali controindicazioni, ovvero quelle condizioni fisiche, mediche o psicologiche per le quali l’inizio o la continuazione della pratica dello Yingmenquan potrebbe essere dannosa. L’analisi si basa sulla natura specifica degli esercizi dello stile (le posizioni basse, il condizionamento degli arti, le leve articolari), spiegando il “perché” una certa patologia rappresenti un rischio. La decisione finale se intraprendere o meno questo percorso deve sempre essere il risultato di un dialogo onesto e prudente tra l’aspirante praticante, il proprio medico curante (idealmente un medico dello sport) e un maestro qualificato e responsabile.
Controindicazioni Muscoloscheletriche: Le Fondamenta del Corpo
Questo è il settore dove si concentrano le controindicazioni più significative e comuni. Lo Yingmenquan sottopone l’apparato locomotore – ossa, articolazioni, muscoli e tendini – a uno stress elevato e molto specifico.
A. Patologie Articolari (Assolute e Relative)
L’Arco Superiore (Mani, Polsi, Gomiti, Spalle): Quest’area è la più sollecitata e, di conseguenza, la più a rischio.
Artrite Reumatoide e Artrosi Grave: Queste condizioni, caratterizzate da infiammazione cronica, dolore e degenerazione della cartilagine articolare, rappresentano una controindicazione quasi assoluta. La pratica dell’Ying Zhao Gong (il condizionamento dell’Artiglio d’Aquila), che richiede una forza di presa intensa e prolungata, e soprattutto delle tecniche di Qin Na (leve articolari), che comportano torsioni e pressioni sulle articolazioni, risulterebbe non solo estremamente dolorosa, ma accelererebbe il processo degenerativo in modo significativo.
Sindrome del Tunnel Carpale e Tendiniti Croniche: Chi soffre di queste patologie da sovraccarico funzionale troverebbe nella pratica un costante fattore aggravante. I movimenti ripetitivi di presa, torsione e flesso-estensione del polso, tipici dello Yingmenquan, andrebbero a infiammare ulteriormente i tendini e a comprimere il nervo mediano, peggiorando la sintomatologia (dolore, formicolio, perdita di forza).
Instabilità Articolare e Lussazioni Pregresse: Individui con una lassità legamentosa costituzionale o che hanno subito in passato lussazioni (in particolare alla spalla o alle dita) sono a elevato rischio di recidiva. Durante la pratica in coppia (Duilian), anche in un contesto controllato, possono verificarsi movimenti rapidi e imprevedibili che potrebbero facilmente causare una nuova lussazione.
La Colonna Vertebrale:
Ernie del Disco e Protrusioni Significative: Questa è una delle controindicazioni più importanti. Le posizioni basse e mantenute a lungo, come la Mǎ Bù (Posizione del Cavaliere), generano una notevole pressione sui dischi intervertebrali della zona lombare. Le rotazioni rapide e potenti del busto, fondamentali per generare forza, possono aggravare un’ernia esistente. Inoltre, le tecniche di proiezione (Shuai Jiao), che comportano cadute, rappresentano un rischio evidente. Per chi soffre di problematiche cervicali, le tecniche di Qin Na che coinvolgono il controllo della testa e del collo sono assolutamente da evitare.
Spondilolistesi, Spondilolisi e Scoliosi Grave: Condizioni che comportano un’instabilità vertebrale strutturale (scivolamento di una vertebra, frattura dell’istmo vertebrale) o una curvatura grave della colonna mal si conciliano con un’attività ad alto impatto e con carichi torsionali come lo Yingmenquan.
L’Arco Inferiore (Anche, Ginocchia, Caviglie):
Ginocchia Vare o Valghe e Problemi Meniscali/Legamentosi: Le posizioni basse e le rotazioni continue mettono a dura prova l’articolazione del ginocchio. In presenza di una non perfetta assialità dell’arto o di danni pregressi a menischi o legamenti (es. crociato anteriore), il rischio di dolore cronico e di nuovi traumi è molto elevato.
Artrosi dell’Anca (Coxartrosi): La richiesta di grande mobilità dell’articolazione coxo-femorale per l’esecuzione di calci e posizioni basse è incompatibile con una condizione di artrosi avanzata.
B. Altre Condizioni Ossee
Osteoporosi: Questa condizione, che comporta una riduzione della densità ossea e un aumento della fragilità scheletrica, è una controindicazione assoluta. Il rischio di fratture da impatto (ricevendo un colpo, anche controllato), da caduta o persino da una leva di Qin Na applicata con troppa forza, è inaccettabilmente alto.
Controindicazioni Cardiovascolari e Respiratorie: Il Motore del Corpo
L’allenamento dello Yingmenquan è caratterizzato da un’alternanza di sforzi isometrici, di resistenza e di picchi di intensità esplosiva. Questo profilo di impegno cardiovascolare richiede un apparato sano e funzionante.
Patologie Cardiache Serie:
Cardiopatia Ischemica (Angina Pectoris, Infarto Pregresso): Lo sforzo intenso e gli scatti di potenza (Fa Jin) possono causare un aumento repentino della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, che in un cuore sofferente possono innescare un episodio di angina o eventi più gravi. La pratica è assolutamente sconsigliata senza il parere favorevole e specifico di un cardiologo, che potrebbe richiedere test da sforzo.
Aritmie Cardiache Rilevanti e non Controllate: Lo stress fisico e l’adrenalina rilasciata durante le fasi più intense dell’allenamento o dello sparring possono agire da “trigger” per aritmie potenzialmente pericolose.
Ipertensione Arteriosa Grave e non Controllata: Per le stesse ragioni sopra citate, l’ipertensione non trattata o non ben compensata dalla terapia farmacologica rappresenta un rischio significativo.
Patologie Respiratorie Gravi:
BPCO (Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva) e Asma Grave/Instabile: L’allenamento richiede un’efficiente capacità polmonare per sostenere sforzi sia aerobici (la durata della lezione) che anaerobici (le sequenze esplosive). In presenza di una severa limitazione della funzionalità respiratoria, la pratica risulterebbe non solo estremamente faticosa, ma potenzialmente pericolosa, con il rischio di scatenare crisi respiratorie acute.
Controindicazioni Neurologiche e Sistemiche
Altre condizioni mediche che interessano il sistema nervoso o l’intero organismo possono rappresentare un ostacolo insormontabile alla pratica sicura.
Patologie Neurologiche:
Epilessia non Controllata Farmacologicamente: La combinazione di iperventilazione durante lo sforzo, stress fisico, luci della palestra e movimenti rapidi potrebbe, in soggetti predisposti, agire da fattore scatenante per una crisi epilettica, con conseguenze potenzialmente gravi in un ambiente dove ci si muove e si usano attrezzi.
Disturbi dell’Equilibrio e Vertigini: Condizioni come la sindrome di Menière o altre patologie del sistema vestibolare sono incompatibili con un’arte che richiede rotazioni veloci, cambi di direzione e un equilibrio impeccabile.
Neuropatie Periferiche: Una ridotta o assente sensibilità a mani e piedi rende la pratica estremamente rischiosa. È impossibile “sentire” il terreno per un buon radicamento o dosare la forza di una presa di Qin Na se le mani non hanno una sensibilità adeguata.
Altre Condizioni Rilevanti:
Diabete non Controllato: L’intenso dispendio energetico dell’allenamento può causare pericolose crisi ipoglicemiche se la patologia non è ben gestita e monitorata.
Patologie della Coagulazione (es. Emofilia): Rappresentano una controindicazione assoluta. Anche un contatto leggero o un trauma accidentale minimo potrebbero causare ematomi estesi o emorragie interne.
Gravidanza: Sebbene un’attività fisica moderata sia consigliata, un’arte marziale ad alto impatto e con tecniche di leva e proiezione come lo Yingmenquan è sconsigliata durante la gravidanza, a causa del rischio di traumi addominali, di cadute e della maggiore lassità legamentosa indotta dai cambiamenti ormonali.
Controindicazioni Relative: Età e Profilo Psicologico
Esistono infine delle condizioni che non sono controindicazioni assolute, ma che richiedono una valutazione molto attenta e un approccio alla pratica fortemente personalizzato.
L’Età:
Bambini in Età Pre-Scolare/Scolare Precoce: Sebbene il Kung Fu possa essere un ottimo strumento educativo, l’insegnamento dello Yingmenquan nella sua forma tradizionale, con la sua enfasi su leve articolari e tecniche potenzialmente lesive, è inadatto a bambini molto piccoli. Le loro strutture ossee e articolari sono ancora in via di sviluppo e, soprattutto, potrebbero non avere la maturità psicologica per comprendere il concetto di controllo e di potenziale danno. Per loro, sono più indicati corsi di “pre-Kung Fu” focalizzati su giochi di motricità, disciplina e rispetto.
Praticanti in Età Avanzata: Una persona anziana può certamente beneficiare della pratica, ma l’approccio deve essere radicalmente diverso. L’allenamento dovrebbe concentrarsi maggiormente sugli aspetti salutistici (Qigong), sulla mobilità articolare dolce, sulla postura e sull’equilibrio. Le tecniche più esplosive, i salti e le applicazioni più dure del Qin Na dovrebbero essere evitate o praticate con estrema cautela. È fondamentale che il Sifu sia esperto nell’adattare il programma alle esigenze e ai limiti di un corpo non più giovane.
Il Profilo Psicologico:
Scarsa Gestione dell’Aggressività: Lo Yingmenquan insegna tecniche di combattimento estremamente efficaci. Per questo motivo, è assolutamente controindicato per individui con un temperamento violento, con problemi di gestione della rabbia, o che mostrano un desiderio di imparare a combattere per prevaricare gli altri. Un Sifu responsabile ha il dovere etico di non accettare studenti di questo tipo, in quanto rappresenterebbero un pericolo per sé stessi e per la società.
Mancanza di Autocontrollo e Consapevolezza Corporea: Alcune persone hanno, per natura, una scarsa propriocezione e una difficoltà a dosare la propria forza. Per questi individui, il rischio di ferire involontariamente un compagno durante gli esercizi di coppia è molto alto, e la pratica richiede una supervisione ancora più attenta.
Conclusione: Il Dialogo Prudente tra Medico, Maestro e Praticante
In conclusione, la decisione di intraprendere lo studio dello Yingmenquan deve essere preceduta da un’attenta e onesta valutazione del proprio stato di salute. La presenza di una o più delle condizioni sopra elencate, specialmente quelle a carico dell’apparato muscoloscheletrico e cardiovascolare, dovrebbe essere un forte segnale di allarme.
Il percorso decisionale ideale dovrebbe basarsi su un “triangolo della prudenza”:
Il Medico: Il primo passo è sempre un consulto con il proprio medico, che deve dare il nulla osta alla pratica di un’attività sportiva ad alta intensità.
Il Maestro: Il secondo passo è un dialogo trasparente con il Sifu, informandolo di qualsiasi condizione medica pregressa. Un maestro qualificato e responsabile saprà valutare se il suo programma è adatto e se è possibile apportare le necessarie modifiche.
Il Praticante: L’ultimo e più importante giudice è il praticante stesso, che deve usare intelligenza e buon senso, ascoltare i segnali del proprio corpo e non superare mai i propri limiti per orgoglio o per emulazione.
Scegliere di non praticare un’arte marziale a causa di una valida controindicazione medica non è un’ammissione di debolezza. Al contrario, è un atto di grande saggezza, di rispetto per il proprio corpo e di adesione al principio fondamentale che governa ogni vera arte marziale: la conservazione e la protezione della vita, a cominciare dalla propria.
CONCLUSIONI
Introduzione: Sintesi di un’Arte Complessa – Il Mosaico dello Yingmenquan
Siamo giunti al termine di un lungo e articolato viaggio nel mondo dello Yingmenquan. Abbiamo attraversato i corridoi nebbiosi della sua storia, decodificato la filosofia racchiusa nel suo nome, sezionato il suo arsenale tecnico, esplorato la profondità delle sue forme, osservato la disciplina di una seduta di allenamento e considerato le sfide della sua esistenza nel mondo moderno. Ora è il momento di fare un passo indietro, di allontanarsi dalla singola tessera per ammirare l’intero mosaico.
Questa conclusione non vuole essere un semplice riassunto dei punti trattati, ma una sintesi organica, un tentativo di connettere i diversi aspetti in un quadro coerente che riveli l’anima più profonda dello stile dell’Aquila. Se i capitoli precedenti hanno fornito le analisi, questo si propone di offrire una riflessione sul significato complessivo di un’arte tanto esigente quanto affascinante. L’identità dello Yingmenquan, infatti, non risiede in un singolo elemento, ma nella straordinaria e indissolubile interconnessione tra la sua storia, la sua filosofia e la sua pratica fisica. È in questa sintesi che si cela la sua vera potenza e la sua intramontabile rilevanza.
L’Interconnessione dei Pilastri: Come la Storia Plasma la Tecnica e la Filosofia Anima la Forma
Uno degli errori più comuni nell’approcciare un’arte marziale è quello di considerare i suoi componenti come compartimenti stagni. Nello Yingmenquan, questo è impossibile. Ogni elemento è la causa e l’effetto di un altro, in un dialogo continuo che definisce l’identità dello stile.
A. La Storia come DNA dello Stile
Non si può comprendere l’enfasi dello Yingmenquan sulla letalità pragmatica e sul controllo articolare del Qin Na senza immergersi nel caos della transizione tra la dinastia Ming e la Qing. Le sue tecniche non sono nate in una palestra sicura, ma sono il distillato dell’esperienza di uomini che combattevano per la vita in un’epoca di guerra civile e repressione. L’assenza di movimenti ampi e spettacolari, la preferenza per attacchi rapidi e mirati a punti vitali, e la focalizzazione su tecniche per disabilitare un avversario rapidamente non sono scelte stilistiche, ma necessità storiche.
Allo stesso modo, la natura storicamente segreta della sua trasmissione, la struttura quasi paranoica della scuola tradizionale (Wuguǎn) e l’importanza capitale attribuita alla virtù marziale (Wude) e alla lealtà, non sono semplici aneddoti folcloristici. Sono i meccanismi di sopravvivenza che l’arte ha dovuto sviluppare per non essere sradicata durante i lunghi secoli di sospetto e persecuzione da parte delle autorità imperiali. La storia, quindi, non è uno sfondo decorativo, ma è il codice genetico dello Yingmenquan; ha forgiato il suo carattere duro, efficiente e diffidente, e comprendere questa storia è l’unico modo per capire il “perché” dietro ogni sua tecnica.
B. La Filosofia come Software Operativo
Se la storia ha fornito l’hardware (il tipo di tecniche), la filosofia fornisce il software che lo fa funzionare. I concetti di Yin e Yang, e in particolare la dialettica tra Gang (Duro) e Rou (Morbido), non sono astrazioni da discutere in una sala da tè. Sono il principio operativo che anima ogni movimento. Quando si pratica un Taolu (forma), non si sta solo eseguendo una sequenza, ma si sta allenando il corpo a passare istantaneamente da uno stato di rilassamento totale (Rou) a un’esplosione di potenza focalizzata (Gang).
La filosofia dell’aquila – la sua vista acuta, la sua pazienza, la sua precisione chirurgica – è la guida strategica che informa ogni applicazione marziale (Yongfa). Il praticante non impara solo come eseguire una leva, ma impara quando applicarla, dopo aver pazientemente studiato l’avversario e aver individuato l’apertura, proprio come l’aquila che volteggia prima di sferrare la sua picchiata. Senza questa struttura filosofica, le tecniche dello Yingmenquan sarebbero un insieme di movimenti potenti ma disorganizzati, un corpo senz’anima. È la filosofia che conferisce loro intelligenza, efficienza e profondità.
C. La Pratica come Alchimia Trasformativa
La storia e la filosofia confluiscono infine nella pratica, il laboratorio alchemico dove i concetti si trasformano in abilità incarnata. L’allenamento dello Yingmenquan è un processo scientifico di trasformazione. L’infinita e faticosa ripetizione del Jibengong (lavoro di base) non è una punizione, ma il processo attraverso cui il corpo viene “ricablato”, rafforzando tendini e ossa e costruendo una solida struttura. La pratica meticolosa del Taolu è il modo in cui il software filosofico e strategico viene installato nel sistema nervoso, trasformando le idee in schemi motori. La pratica in coppia (Duilian) è il test, la fase di debug in cui si verifica se il sistema funziona in un ambiente dinamico e imprevedibile. L’obiettivo di tutto questo processo è la coltivazione del Gongfu (功夫), quell’abilità quasi magica che nasce solo dal tempo, dal sudore e da uno sforzo amaro (chī kǔ). È l’alchimia che trasforma il “metallo vile” di un corpo non allenato nell'”oro” di un praticante la cui abilità è diventata una seconda natura.
Lo Yingmenquan nel XXI Secolo: La Rilevanza di un’Arte Anacronistica
In un’epoca di droni, intelligenza artificiale e stili di vita sedentari, che posto può avere un’arte marziale così antica e impegnativa? La sua rilevanza, paradossalmente, risiede proprio nel suo essere “anacronistica”, nel suo offrire un potente antidoto ad alcune delle principali nevrosi della modernità.
A. L’Allenamento come Antidoto alla Vita Moderna
Contro la Distrazione Digitale: In un mondo che ci bombarda costantemente di notifiche e stimoli superficiali, la pratica dello Yingmenquan esige una concentrazione totale e prolungata. La necessità di focalizzarsi sul respiro, sulla postura e sull’intenzione durante una forma o un esercizio di Qigong è una forma potente di “mindfulness” in movimento, un modo per riappropriarsi della propria attenzione.
Contro la Sedentarietà: L’allenamento intenso e completo dello Yingmenquan è una risposta alla vita passata davanti a uno schermo. Risveglia il corpo, ne migliora la postura, la forza e la flessibilità, e riconnette l’individuo a una dimensione fisica e primordiale del proprio essere.
Contro la Gratificazione Istantanea: Viviamo in una cultura che promette “tutto e subito”. Lo Yingmenquan insegna la lezione opposta: ogni risultato di valore richiede tempo, pazienza, disciplina e sacrificio. La gioia non risiede nell’arrivo, ma nel lento e costante progresso lungo il cammino. Questa lezione, appresa sul piano fisico, si trasferisce a ogni altro aspetto della vita.
B. La Sfida della Sopravvivenza: Autenticità vs. Commercializzazione
La più grande minaccia per un’arte come lo Yingmenquan oggi non è più la persecuzione politica, ma la pressione del mercato. La tentazione di “annacquare” lo stile per renderlo più appetibile a un pubblico di massa è forte: semplificare le forme, eliminare gli esercizi più duri, introdurre un sistema di cinture colorate per dare agli studenti un senso di progressione rapida.
Il valore unico dello Yingmenquan, tuttavia, risiede proprio nel suo rifiuto di scendere a compromessi. La sua sopravvivenza non dipenderà dalla sua capacità di diventare popolare, ma dalla sua capacità di continuare ad attrarre quella piccola nicchia di praticanti disposti ad abbracciarne la difficoltà e l’integrità. Il suo futuro è nelle mani di maestri che daranno la priorità alla qualità sulla quantità e di studenti che cercheranno una vera sfida piuttosto che un facile passatempo.
C. L’Eredità Culturale: Un Patrimonio Immateriale da Preservare
Lo Yingmenquan non è solo un sistema di combattimento. È un museo vivente, un archivio dinamico di storia, filosofia, medicina tradizionale e pensiero strategico cinese. Ogni Taolu è un testo storico, ogni principio del Wude è una lezione di etica confuciana, ogni esercizio di Qigong è un’applicazione pratica della fisiologia taoista.
Preservare un’arte del genere significa salvaguardare un patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Significa mantenere aperto un canale di accesso a una visione del mondo diversa, profonda e incredibilmente sofisticata. La sua importanza va quindi al di là della comunità marziale, e riguarda chiunque sia interessato a comprendere la ricchezza e la complessità del pensiero umano.
Riflessioni Finali: L’Essenza dello Stile dell’Aquila
Se dovessimo distillare l’essenza dello Yingmenquan in poche idee centrali, quali sarebbero?
Efficienza Intelligente: Al suo cuore, lo Yingmenquan è la ricerca della massima efficacia con il minimo sforzo. Non celebra la forza bruta, ma l’intelligenza applicata al combattimento. È l’arte di vincere usando la mente prima dei muscoli, la strategia prima della forza.
Controllo, non solo Distruzione: Mentre possiede un arsenale di tecniche letali, la sua enfasi sul Qin Na rivela una filosofia più profonda. Il vero apice dell’abilità non è la capacità di distruggere un avversario, ma quella di controllarlo, di neutralizzare la minaccia con il livello di forza strettamente necessario, mantenendo sempre la possibilità di de-escalation.
Resilienza dello Spirito: Forse l’eredità più importante lasciata dal suo fondatore è quella della resilienza. Lo Yingmenquan è un’arte nata dalle ceneri di una sconfitta, un atto di creazione nato dalla disperazione. Insegna al praticante a non spezzarsi di fronte alle avversità, a trovare dentro di sé la forza per perseverare, per adattarsi e, infine, per prevalere, non solo in un combattimento, ma nelle sfide della vita.
Un Percorso Olistico: Lo Yingmenquan rifiuta ogni compartimentazione. Non è uno sport, non è un hobby, non è una ginnastica. È un Dao (道), una “Via” completa di auto-coltivazione che mira a sviluppare l’essere umano nella sua totalità: un corpo forte e sano, una mente acuta e calma, e un carattere retto e virtuoso.
Chiusura: L’Invito alla Comprensione
Questa vasta esplorazione dello Yingmenquan giunge così alla sua conclusione naturale. Abbiamo tentato di illuminare gli angoli più remoti di quest’arte, di fornirne una visione d’insieme che ne rispettasse la complessità e la profondità. Il quadro che emerge è quello di una disciplina esigente, profondamente tradizionale e intrisa di una saggezza marziale senza tempo.
La conclusione ultima, tuttavia, non può essere scritta. È un’esperienza che risiede nella pratica stessa. Questo documento non è un punto di arrivo, ma un invito: un invito alla comprensione e al rispetto per una tradizione come quella dello Yingmenquan, che si erge come un silenzioso ma potente testamento alla capacità umana di creare ordine dal caos, di coltivare la forza attraverso la disciplina e di perseguire la perfezione attraverso una vita di instancabile Gongfu. Il viaggio nella comprensione dell’arte, come il suo studio, non finisce mai veramente.
FONTI
Introduzione: La Sfida della Ricerca – Metodologia per la Ricostruzione di un’Arte Rara
Le informazioni contenute in questa monografia sullo Yingmenquan provengono da un processo di ricerca composito e multi-livello, concepito per affrontare la sfida principale posta da un’arte marziale di questo tipo: la sua estrema rarità e la natura storicamente segreta della sua trasmissione. A differenza di discipline più diffuse e commercializzate, per le quali esiste un’abbondante letteratura, lo Yingmenquan non possiede un corpus di fonti primarie facilmente accessibile al pubblico o al ricercatore esterno. Non esistono, a nostra conoscenza, manuali pubblicati da grandi case editrici, documentari diffusi a livello internazionale o un’ampia bibliografia accademica dedicata esclusivamente a questo stile.
Di fronte a questa realtà, si è resa necessaria l’adozione di una metodologia di ricerca indiretta e olistica, un lavoro di “archeologia marziale” che mira a ricostruire un quadro coerente e verosimile attraverso l’analisi di tre cerchi concentrici di conoscenza:
Il Contesto Storico e Culturale: Il primo e più ampio cerchio. Prima di cercare informazioni sullo Yingmenquan, è stato fondamentale costruire una solida comprensione del mondo in cui è nato e si è evoluto. Questo ha richiesto la consultazione di fonti accademiche sulla storia, la società e la filosofia della Cina delle tarde dinastie Ming e Qing.
La Teoria Generale delle Arti Marziali Cinesi: Il secondo cerchio. L’analisi di testi classici e moderni che trattano i principi fondamentali comuni a molti stili di Kung Fu (concetti di Qi, Jin, Wude, etc.) ha permesso di creare una griglia interpretativa per comprendere la logica interna dello Yingmenquan.
Le Fonti Specifiche e Analogiche: Il terzo e più stretto cerchio. La ricerca di frammenti di informazione sullo Yingmenquan e, in loro assenza, l’analisi di stili strutturalmente o filosoficamente simili (altri stili imitativi, stili che enfatizzano il Qin Na) per trarre conclusioni plausibili per analogia.
Questo capitolo renderà trasparente tale processo, guidando il lettore attraverso le diverse tipologie di fonti consultate, analizzandone criticamente il valore e i limiti, e fornendo una bibliografia e una sitografia selezionate non solo come elenco di “prove”, ma come strumento per chiunque desideri intraprendere un simile viaggio di scoperta nel vasto universo del Gongfu.
Il Primo Livello di Ricerca: Il Contesto Storico e Culturale
Per comprendere un’arte marziale, bisogna prima comprendere il mondo che l’ha generata. Le tecniche e la filosofia dello Yingmenquan sono una risposta diretta alle condizioni politiche, sociali e militari della Cina del XVII secolo. La ricerca si è quindi concentrata su opere accademiche di riferimento che forniscono un quadro dettagliato di quest’epoca.
A. Libri Accademici sulla Storia e la Società Cinese
La ricostruzione del capitolo “La Storia” e della biografia del fondatore “Sun Kun” si è basata sulla comprensione del periodo di transizione Ming-Qing, un’epoca di caos, violenza e profonda crisi identitaria.
Libro: The Search for Modern China
Autore: Jonathan D. Spence
Data di Pubblicazione Originale: 1990
Analisi e Contributo: L’opera monumentale di Spence è stata una fonte imprescindibile per comprendere il quadro generale del declino della dinastia Ming e l’ascesa dei Mancesi. I capitoli dedicati al XVII secolo forniscono dettagli vividi sulla corruzione della corte Ming, sull’impatto devastante delle ribellioni contadine di Li Zicheng e Zhang Xianzhong, e sulla brutalità della conquista Qing. Queste informazioni sono state fondamentali per costruire lo scenario di un mondo senza legge in cui la conoscenza di un’arte marziale efficace non era un lusso, ma una necessità per la sopravvivenza. Hanno permesso di dare spessore e verosimiglianza alla figura archetipica di Sun Kun come eroe lealista disilluso e di comprendere perché uno stile così pragmatico e letale potesse emergere in quel preciso momento storico.
Libro: The Great Enterprise: The Manchu Reconstruction of Imperial Order in Seventeenth-Century China
Autore: Frederic Wakeman Jr.
Data di Pubblicazione Originale: 1985
Analisi e Contributo: Questo studio estremamente dettagliato in due volumi si concentra specificamente sulla conquista Mancese. È stato cruciale per analizzare la lunga e sanguinosa resistenza dei lealisti Ming nel sud della Cina. Queste informazioni hanno supportato l’ipotesi che lo Yingmenquan possa essere nato o essersi sviluppato all’interno di questi circoli di resistenza, spiegando la sua natura segreta e il suo forte simbolismo anti-Qing (l’aquila come simbolo di libertà indomita). Il lavoro di Wakeman ha permesso di capire la psicologia dei vinti e il clima di sospetto che avrebbe costretto l’arte a essere praticata “a porte chiuse” per le generazioni successive.
B. Studi Specialistici sulla Cultura delle Arti Marziali Cinesi
Comprendere la storia generale non è sufficiente. È necessario analizzare il ruolo specifico che le arti marziali hanno giocato in quella società.
Libro: The Shaolin Monastery: History, Religion, and the Chinese Martial Arts
Autore: Meir Shahar
Data di Pubblicazione Originale: 2008
Analisi e Contributo: Sebbene focalizzato sul monastero di Shaolin, il lavoro di Shahar è fondamentale per comprendere la complessa interazione tra istituzioni religiose (buddiste e taoiste), comunità marziali e potere statale in Cina. Ha fornito la base per ipotizzare che i monasteri potessero fungere da rifugi per combattenti e ribelli, e quindi da crogioli per lo scambio di conoscenze marziali. Questa fonte è stata essenziale per dare profondità alla discussione sui possibili luoghi di nascita dello Yingmenquan, al di là della semplice leggenda dell’eremita solitario.
Articoli e Saggi di Stanley E. Henning:
Contributo: Henning, un’autorità nel campo delle arti marziali cinesi, ha scritto numerosi articoli che sfatano molti miti e forniscono un’analisi rigorosa delle fonti storiche, come il manuale militare Wubeizhi (武備志). I suoi scritti sono stati vitali per distinguere tra il Wushu militare (praticato dagli eserciti imperiali) e il Wushu popolare (praticato dalla gente comune). Questa distinzione ha permesso di collocare lo Yingmenquan come un possibile ibrido, uno stile con radici nell’esperienza militare ma adattato per l’autodifesa individuale e la trasmissione in un contesto civile e clandestino.
Il Secondo Livello: Fonti Marziali Specifiche e la Loro Criticità
Una volta stabilito il contesto, la ricerca si è spostata su fonti più direttamente legate alla pratica marziale, affrontando il problema della mancanza di materiale specifico sullo Yingmenquan attraverso l’analisi di testi e tipologie di fonti analoghe.
A. L’Analisi dei “Classici” del Kung Fu (拳谱 – Quánpǔ)
I Quánpǔ sono i manuali, spesso manoscritti e illustrati, che venivano tramandati segretamente all’interno di un lignaggio. Contengono la genealogia, la filosofia, le poesie, le teorie e le descrizioni delle tecniche e delle forme dello stile. Non avendo accesso a un Quánpǔ originale dello Yingmenquan, la metodologia si è basata sull’analisi di un testo simile e pubblicamente accessibile per inferirne la probabile struttura e contenuto.
Testo di Riferimento: Bubishi (武備志 – Wǔbèizhì in Cinese)
Autori: Ignoti, è una raccolta di testi di vari maestri della Cina meridionale (Fujian).
Datazione: Incerta, probabilmente assemblato nel XIX secolo.
Analisi e Contributo: Il Bubishi è una sorta di “Bibbia” per molti stili di Karate di Okinawa, che derivano dal Kung Fu del Fujian. Il suo studio è stato illuminante. Contiene mappe dei punti vitali, discussioni sulla filosofia del combattimento, ricette di erbe per curare i traumi, e descrizioni di tecniche di presa e di condizionamento. Analizzando il Bubishi, è stato possibile ipotizzare con un alto grado di verosimiglianza come sarebbe strutturato un manuale segreto di Yingmenquan. Avrebbe sicuramente una sezione dedicata all’anatomia per il Qin Na e il Dian Xue, capitoli sulla filosofia dell’aquila, descrizioni poetiche delle forme per aiutare la memorizzazione, e metodi di condizionamento per l’Artiglio d’Aquila. Questo approccio ha permesso di descrivere i contenuti teorici e pratici dello stile in modo dettagliato, basandosi su un modello reale e pertinente.
B. Libri di Maestri Contemporanei (Analisi per Tipologia)
Il XX e XXI secolo hanno visto la pubblicazione di numerosi libri da parte di maestri di vari stili di Kung Fu. Sebbene nessuno sia specifico sullo Yingmenquan, questi testi sono stati una fonte preziosa per comprendere i principi universali della pratica e della pedagogia.
Tipologia 1: Libri Tecnici su Stili Affini
Esempio di Riferimento: Libri sul Ying Jow Pai (鷹爪派 – Pugno dell’Artiglio d’Aquila), uno stile diverso ma che condivide il nome e l’enfasi sulle tecniche di presa.
Contributo: L’analisi di questi testi ha fornito un vocabolario tecnico preciso per descrivere le leve articolari (Qin Na) e i metodi di condizionamento delle mani. Hanno permesso di andare oltre una descrizione generica e di entrare nel dettaglio della biomeccanica delle prese, delle torsioni e delle pressioni, informazioni che sono state poi integrate e adattate alla filosofia specifica dello Yingmenquan.
Tipologia 2: Libri sulla Teoria e Filosofia Interna
Esempio di Riferimento: Libri che commentano i Classici del Taijiquan o che spiegano i principi del Qigong.
Contributo: Concetti come Qi, Jin, Shen, Yi e la dinamica Yin/Yang sono universali. La lettura di commentari approfonditi su questi temi, scritti da maestri di stili “interni”, è stata fondamentale per redigere i capitoli sulla filosofia e sulla terminologia. Hanno fornito la profondità concettuale per spiegare come lo Yingmenquan, pur essendo uno stile esternamente dinamico, sia animato da un motore interno sofisticato.
Il Terzo Livello: Fonti Digitali e la Navigazione nel Web Marziale
Nell’era digitale, la ricerca si avvale inevitabilmente di risorse online. Tuttavia, il web è un territorio pieno di informazioni preziose ma anche di disinformazione. È stato necessario un approccio estremamente critico.
A. Siti Istituzionali e Federativi (Nazionali e Internazionali)
Questi siti sono stati la fonte primaria per la stesura del capitolo “La situazione in Italia” e per verificare l’assetto organizzativo ufficiale del Wushu/Kung Fu.
Federazione Italiana Wushu Kung Fu (FIWuK): https://www.fiwuk.com/
International Wushu Federation (IWUF): https://www.iwuf.org/
European Wushu Federation (EWUF): https://www.ewuf.org/
Enti di Promozione Sportiva Italiani (esempi):
CSEN (Centro Sportivo Educativo Nazionale): https://www.csen.it/
ACSI (Associazione di Cultura Sport e Tempo Libero): https://www.acsi.it/
AICS (Associazione Italiana Cultura Sport): https://www.aics.it/
Queste fonti sono state utilizzate per descrivere in modo neutrale e oggettivo il panorama istituzionale, le differenze tra federazione ed enti, e i percorsi legali che un’ipotetica scuola di Yingmenquan dovrebbe seguire in Italia.
B. Siti di Lignaggi e Scuole Autorevoli (Analisi Critica)
Data la mancanza di siti ufficiali di Yingmenquan, la ricerca si è concentrata sull’analisi strutturale di siti web di altri stili tradizionali rari, per stabilire un “gold standard” di autenticità online.
Metodologia: Sono stati analizzati siti di lignaggi riconosciuti di Baji Quan, Mizongquan o Tanglangquan (Mantide Religiosa). L’analisi si è concentrata sulla presenza di elementi chiave che denotano serietà e autenticità:
Una Genealogia Dettagliata (Albero del Lignaggio): Che traccia la linea di trasmissione da maestro a discepolo.
Biografie Complete dei Maestri: Che non si limitano a elencare vittorie inesistenti, ma descrivono il percorso di studio.
Articoli di Approfondimento: Sulla storia, la teoria e la filosofia dello stile, che dimostrano una conoscenza profonda e non superficiale.
Assenza di Marketing Aggressivo: Un sito autorevole “presenta” l’arte, non la “vende” con promesse di risultati rapidi o cinture nere facili.
Questo approccio ha permesso di costruire il profilo di come dovrebbe apparire una fonte online affidabile, un’informazione utile per il lettore che volesse continuare la ricerca per conto proprio.
C. Forum di Discussione, Blog e Database Online
Risorse come forum internazionali (es. “Kung Fu Magazine Forums”, “Rum Soaked Fist”) e blog di praticanti esperti sono stati scandagliati per trovare menzioni aneddotiche o discussioni sullo Yingmenquan o stili simili.
Valore: Queste fonti possono occasionalmente fornire indizi, nomi di maestri poco conosciuti o dettagli tecnici non presenti altrove.
Limitazioni e Criticità: Questo è l’ambito a più alto rischio di disinformazione. I forum sono spesso teatro di dibattiti basati su opinioni personali, faide tra scuole e affermazioni non verificabili. Ogni informazione proveniente da queste fonti è stata trattata con estremo scetticismo e utilizzata solo se corroborata da principi logici o da altre fonti più attendibili, e principalmente per arricchire la discussione sulle dinamiche della comunità marziale.
La Sintesi della Ricerca: Un Approccio Olistico
La monografia che avete letto è il prodotto finale di questo complesso lavoro di sintesi. Non è il risultato della consultazione di un singolo libro “segreto” sullo Yingmenquan, ma un mosaico costruito con pazienza e rigore critico.
Lo scheletro della narrazione è fornito dalle solide fonti accademiche sulla storia e la cultura cinese.
I muscoli e i tendini sono costituiti dai principi tecnici e filosofici estratti dall’analisi comparativa di testi classici e moderni su varie arti marziali.
La pelle e l’aspetto esteriore sono informati dall’analisi del panorama marziale contemporaneo, ottenuto tramite le fonti digitali.
Questo approccio, sebbene indiretto, è l’unico che permette di trattare un’arte così rara con la profondità e il rispetto che merita, evitando di inventare fatti e cercando invece di costruire un’interpretazione plausibile, coerente e riccamente contestualizzata.
Bibliografia e Sitografia Selezionate
Di seguito un elenco formale delle principali opere e risorse che hanno costituito la base di riferimento per questa ricerca.
Libri (Contesto Storico e Culturale)
Titolo: The Search for Modern China
Autore: Jonathan D. Spence
Data di Uscita: 1990
Titolo: The Great Enterprise: The Manchu Reconstruction of Imperial Order in Seventeenth-Century China
Autore: Frederic Wakeman Jr.
Data di Uscita: 1985
Titolo: The Shaolin Monastery: History, Religion, and the Chinese Martial Arts
Autore: Meir Shahar
Data di Uscita: 2008
Titolo: A Military History of China
Autori: David A. Graff & Robin Higham
Data di Uscita: 2002
Libri (Teoria e Pratica delle Arti Marziali)
Titolo: The Bubishi: The Classic Manual of Combat
Autore/Traduttore: Patrick McCarthy
Data di Uscita: 1995 (versione tradotta e commentata)
Titolo: Chinese Martial Arts: From Antiquity to the Twenty-First Century
Autore: Peter A. Lorge
Data di Uscita: 2011
Titolo: The Essence of Shaolin White Crane: Martial Power and Qigong
Autore: Yang, Jwing-Ming
Data di Uscita: 1996 (Esempio di analisi tecnica di uno stile del Sud)
Titolo: Bajiquan: The Power of the Baji Fist
Autore: Ba Denian & Gong Maofu
Data di Uscita: 2014 (Esempio di analisi tecnica di uno stile del Nord)
Sitografia Istituzionale e di Riferimento
Federazione Italiana Wushu Kung Fu (FIWuK): https://www.fiwuk.com/
International Wushu Federation (IWUF): https://www.iwuf.org/
European Wushu Federation (EWUF): https://www.ewuf.org/
CSEN – Centro Sportivo Educativo Nazionale: https://www.csen.it/
ACSI – Associazione di Cultura Sport e Tempo Libero: https://www.acsi.it/
Il lavoro di ricerca, quindi, è stato esso stesso un esercizio di Gongfu: un’impresa che ha richiesto tempo, sforzo e un approccio multidisciplinare per dare luce e struttura alla conoscenza di un’arte tanto affascinante quanto nascosta.
DISCLAIMER - AVVERTENZE
Preambolo: Finalità del Documento e Limiti della Conoscenza Scritta
Le informazioni contenute in questa monografia sono state raccolte, elaborate e presentate con il solo ed esclusivo scopo di fornire un approfondimento informativo, culturale, storico e teorico sull’arte marziale cinese conosciuta come Yingmenquan. Questo documento è concepito come un’opera di consultazione per appassionati, ricercatori e studiosi di arti marziali, e si prefigge di offrire una visione d’insieme il più possibile completa e rispettosa della complessità e della profondità di questa affascinante tradizione.
È di fondamentale e imperativa importanza che il lettore comprenda fin da subito che questo testo non è, in alcun modo, un manuale di addestramento, un corso di auto-apprendimento o una guida pratica all’esecuzione delle tecniche marziali. La conoscenza teorica di un’arte marziale e la sua abilità pratica sono due ambiti radicalmente diversi e non sovrapponibili. Leggere una descrizione dettagliata di una tecnica di Qin Na non conferisce in alcun modo la capacità di applicarla in modo sicuro o efficace. Sarebbe come credere di poter eseguire un’operazione chirurgica dopo aver letto un trattato di anatomia.
La conoscenza (zhīshi – 知识) può essere trasmessa attraverso le parole, ma l’abilità reale, il Gongfu (功夫), può essere coltivata solo attraverso anni di pratica fisica diretta, costante e meticolosa, sotto la supervisione personale di un insegnante qualificato. Questo documento si propone di fornire la prima; la seconda richiede un percorso di vita che nessun libro potrà mai sostituire.
Esclusione di Responsabilità Legale (Disclaimer Legale)
Data la natura dell’argomento trattato, è necessario stabilire con la massima chiarezza i termini legali entro cui queste informazioni vengono fornite.
A. Rischio Intrinseco dell’Attività Marziale
Il lettore deve essere pienamente consapevole che la pratica di qualsiasi arte marziale, inclusa e in particolare una come lo Yingmenquan, è un’attività intrinsecamente pericolosa. Esiste un rischio reale, concreto e ineliminabile di subire infortuni fisici. Tali infortuni possono variare in gravità, da traumi minori come contusioni, distorsioni e stiramenti muscolari, fino a danni gravi e permanenti come fratture ossee, lussazioni articolari, danni ai legamenti, lesioni alla colonna vertebrale o alla testa, e, nei casi più estremi e rari, possono avere conseguenze fatali.
B. Nessuna Garanzia di Efficacia o Sicurezza
Gli autori, gli editori e i distributori di questo documento non forniscono alcuna garanzia, né esplicita né implicita, riguardo l’accuratezza, la completezza, l’efficacia o la sicurezza delle tecniche, degli esercizi o delle informazioni qui contenute. Le descrizioni delle tecniche sono presentate a scopo illustrativo e teorico. La loro interpretazione e, soprattutto, qualsiasi tentativo di emulazione o applicazione pratica, sono lasciate alla totale discrezione e al rischio esclusivo del lettore. Non si garantisce in alcun modo che l’applicazione delle informazioni qui presenti possa prevenire danni o fornire una capacità di autodifesa efficace.
C. Manleva e Assunzione di Rischio (Indemnification)
Accedendo e utilizzando le informazioni contenute in questa monografia, il lettore accetta volontariamente e consapevolmente di assumersi la piena ed esclusiva responsabilità per qualsiasi conseguenza possa derivare da tale utilizzo. Il lettore accetta di sollevare, manlevare e tenere indenni gli autori, gli editori, e qualsiasi altra parte coinvolta nella creazione e diffusione di questo documento, da ogni e qualsiasi responsabilità, reclamo, richiesta di risarcimento, azione legale, spesa o danno (inclusi, senza limitazione, danni fisici, psicologici, materiali o economici) che possano sorgere, direttamente o indirettamente, dal tentativo di praticare, applicare o interpretare le informazioni qui presentate.
L’Imperativo della Supervisione Qualificata: Il Ruolo Insostituibile del Sifu
La ragione principale di questo disclaimer così rigoroso risiede in un principio fondamentale del Kung Fu tradizionale: l’insegnamento non può essere separato dalla figura del maestro (Sifu). Tentare di imparare lo Yingmenquan da un testo è non solo inefficace, ma estremamente pericoloso per le seguenti ragioni.
A. La Correzione della Forma e della Struttura
Un principiante, per definizione, non ha la conoscenza e la propriocezione per capire se sta eseguendo un movimento in modo corretto. Un errore apparentemente insignificante – un ginocchio non allineato con la punta del piede in una posizione, una spalla contratta durante un pugno, una postura scorretta della schiena – se ripetuto centinaia di volte, porta inevitabilmente a un’usura scorretta delle articolazioni e a infortuni cronici. Solo l’occhio esperto di un Sifu qualificato è in grado di individuare e correggere questi errori sottili ma fondamentali, garantendo che lo studente costruisca una base solida e sicura.
B. La Gestione della Pratica in Coppia (Duilian)
Questo è l’ambito di rischio più elevato. Le tecniche di Qin Na (leve articolari) dello Yingmenquan sono progettate per danneggiare le articolazioni. In un ambiente di allenamento controllato, vengono studiate con lentezza, progressione e una comunicazione costante tra i partner. È il Sifu che modera l’intensità, che insegna il giusto livello di pressione, che si assicura che il segnale di resa (“tap out”) sia immediatamente rispettato. Praticare queste tecniche con un amico o un partner senza la supervisione di un esperto, basandosi su descrizioni scritte, è un invito quasi certo a lussazioni, distorsioni e danni permanenti ai legamenti.
C. La Trasmissione della Conoscenza Implicita
Un libro può descrivere la meccanica di una tecnica, ma non può trasmettere il tempismo, la gestione della distanza, la sensibilità tattile (Ting Jin), la strategia e l’intenzione (Yi) corretti. Questi elementi costituiscono il “cuore” dell’arte e possono essere appresi solo attraverso l’interazione fisica e verbale con un insegnante che li ha, a sua volta, assimilati dal proprio maestro.
Responsabilità Medica e Fisica Personale
La responsabilità ultima della propria salute ricade sempre sull’individuo.
A. Obbligo di Consulto Medico Preventivo
Si ribadisce con la massima forza che è responsabilità assoluta e non delegabile del lettore consultare un medico qualificato (preferibilmente un medico di base con competenze in medicina dello sport o un fisiatra) prima di intraprendere qualsiasi forma di attività fisica intensa, e in modo particolare una disciplina esigente come lo Yingmenquan. Solo un professionista della salute può valutare se le condizioni fisiche generali del lettore sono compatibili con questo tipo di sforzo. Le controindicazioni elencate nel capitolo precedente devono essere discusse apertamente con il proprio medico.
B. Onestà Riguardo i Propri Limiti
Anche dopo aver ricevuto un parere medico favorevole, è dovere del praticante essere costantemente onesto con sé stesso riguardo i propri limiti fisici e la propria condizione di salute. Ignorare un dolore, allenarsi durante un’influenza, superare i limiti della fatica fino al punto di esaurimento o tentare di “forzare” un’articolazione sono tutti comportamenti che aumentano esponenzialmente il rischio di infortuni.
Responsabilità Etica e Sociale (Wude – 武德): L’Uso Corretto della Conoscenza
Questo disclaimer si estende oltre l’ambito fisico e legale, per includere una fondamentale avvertenza di natura etica.
A. La Differenza tra Conoscenza e Abilità
Il lettore è nuovamente avvertito che la conoscenza teorica delle tecniche di combattimento descritte in questo testo non conferisce alcuna abilità reale di autodifesa. Al contrario, un’errata fiducia nelle proprie capacità, basata solo su informazioni lette, può essere estremamente pericolosa in una situazione di conflitto reale. Potrebbe portare il lettore a reagire in modo inappropriato, a esacerbare una situazione o a subire conseguenze fisiche e legali molto più gravi di quelle che avrebbe subito evitando il confronto.
B. Il Divieto dell’Uso Illegittimo della Forza
Le tecniche dello Yingmenquan sono state sviluppate per la sopravvivenza in contesti di violenza estrema. Le informazioni qui contenute sono presentate per lo studio accademico e la comprensione culturale all’interno di un contesto marziale tradizionale, etico e controllato. Qualsiasi utilizzo di queste informazioni per compiere atti di aggressione, intimidazione, prevaricazione o qualsiasi altra attività illegale, costituisce una profonda perversione dei principi del Wude e dello spirito dell’arte. Le conseguenze legali e morali di tali azioni ricadono interamente e unicamente sull’individuo che le compie.
C. L’Obiettivo Finale: Evitare la Violenza
Un vero artista marziale studia il combattimento per poterlo, paradossalmente, evitare. La fiducia in sé stessi e la consapevolezza che derivano da un allenamento serio dovrebbero portare a una maggiore calma, a una migliore capacità di de-escalation e a una profonda avversione per la violenza fine a sé stessa. L’abilità marziale è uno strumento di ultima istanza, da usare solo per proteggere la propria vita o quella di altri innocenti quando ogni altra opzione è venuta meno. La conoscenza del potenziale distruttivo del proprio corpo dovrebbe coltivare l’umiltà, non l’arroganza.
Conclusione del Disclaimer: Un Patto di Lettura Consapevole
Questa monografia è stata offerta come una finestra su un mondo affascinante e complesso. Proseguendo nella lettura e nell’utilizzo delle informazioni qui presentate, Lei, il lettore, dichiara di aver letto, compreso e accettato pienamente tutti i termini, le condizioni e le avvertenze esposte in questo disclaimer. Lei riconosce i rischi intrinseci, accetta la piena ed esclusiva responsabilità per qualsiasi azione intrapresa sulla base di queste informazioni e solleva gli autori e gli editori da qualsiasi forma di responsabilità.
Questo non è solo un atto legale, ma un patto di lettura consapevole. Il sentiero del Gongfu è un percorso che richiede intelligenza, prudenza, rispetto e, soprattutto, la guida di chi quel sentiero lo ha già percorso. Possa questo testo ispirare la Sua curiosità e il Suo rispetto per l’arte dello Yingmenquan, e possa guidarLa, se deciderà di intraprendere la pratica, verso la porta di un maestro qualificato, l’unico vero custode di questa antica e nobile tradizione.
a cura di F. Dore – 2025