Tabella dei Contenuti
COSA E'
Un’Analisi Approfondita della Boxe del Serpente
Quando si tenta di definire un’arte marziale cinese come lo Shequan (蛇拳), o “Pugilato del Serpente”, si corre il rischio di cadere in una semplificazione eccessiva. Descriverlo meramente come “lo stile che imita i movimenti di un serpente” è tanto riduttivo quanto descrivere una sinfonia complessa come “un insieme di suoni”. La verità è che lo Shequan è un sistema di combattimento, una disciplina fisica e una filosofia di vita profondamente radicata nell’osservazione della natura e nei principi della biomeccanica, della strategia e dell’energetica umana. È un’arte che trascende la semplice mimesi per incarnare l’essenza stessa del serpente: la sua fluidità ingannevole, la sua pazienza letale, la sua efficienza spietata e la sua sorprendente capacità di generare un’immensa potenza da uno stato di totale rilassamento.
Per comprendere appieno cosa è lo Shequan, è necessario intraprendere un viaggio che ne esplori le molteplici dimensioni: dal suo fondamento filosofico come stile imitativo (Xiangxingquan) alla sua complessa implementazione biomeccanica; dalla sua strategia tattica sul campo di battaglia alla sua profonda dimensione interna (Neigong), che si occupa della coltivazione dell’energia vitale (Qi). Solo analizzando questi strati interconnessi possiamo sperare di cogliere la vera natura di questa affascinante e sofisticata arte marziale.
Il Principio Imitativo (Xiangxingquan): Oltre la Semplice Emulazione
Il cuore concettuale dello Shequan risiede nella sua appartenenza alla famiglia degli stili imitativi, noti in cinese come Xiangxingquan (象形拳), letteralmente “pugilato delle forme e delle immagini”. Questo approccio è uno dei più antichi e fondamentali nello sviluppo del Wushu. La sua logica non si basa su una sterile imitazione estetica, ma su un processo di profonda analisi e astrazione. I saggi e i maestri marziali dell’antica Cina, molti dei quali influenzati dal pensiero taoista, credevano che la natura fosse il più grande insegnante. Osservando il modo in cui gli animali si muovevano, cacciavano e si difendevano, essi non vedevano semplici comportamenti, ma la manifestazione fisica di principi universali di efficienza, sopravvivenza e potenza.
Il serpente, in particolare, rappresentava un compendio di qualità marziali uniche. A differenza della tigre, che si affida alla forza bruta, o della gru, che usa l’eleganza e la distanza, il serpente incarna un paradosso vivente. È morbido, cedevole e sinuoso, eppure il suo attacco è tra i più veloci, precisi e letali del regno animale. È un maestro dell’inganno, capace di rimanere immobile e rilassato per poi scattare con una velocità esplosiva. Questa dualità è la chiave per comprendere la filosofia dello Shequan. Il praticante non impara a “fare il serpente”, ma a diventare serpente nei suoi principi fondamentali.
Il processo di astrazione si sviluppa su più livelli. Dalla fluidità del serpente, il maestro astrae il principio del movimento ondulatorio della colonna vertebrale come motore primario del corpo. Dalla sua capacità di avvolgersi, deriva le tecniche di intrappolamento e leva articolare (Qin Na). Dal suo morso fulmineo, astrae il concetto di colpire punti vitali (Dian Xue) con la massima velocità e penetrazione. Dalla sua pelle che si adatta a ogni superficie, deriva la sensibilità tattile per “aderire” all’avversario e sentirne le intenzioni. Lo Shequan, quindi, non è una coreografia, ma un sistema operativo per il corpo umano basato sul “software” del serpente.
Questo approccio si radica anche nel simbolismo culturale cinese. Il serpente è una creatura ambivalente: è associato alla saggezza, alla guarigione (come nel caduceo) e alla trasformazione (la muta della pelle come simbolo di rinnovamento), ma anche al pericolo, all’inganno e alla morte improvvisa. Il praticante di Shequan deve coltivare entrambi gli aspetti: la saggezza di evitare il conflitto e la capacità letale di porvi fine, qualora fosse inevitabile.
L’Essenza Biomeccanica e Fisiologica dello Shequan
Se la filosofia fornisce il “perché”, la biomeccanica spiega il “come”. Lo Shequan è un sistema incredibilmente sofisticato dal punto di vista della fisica del movimento umano. Esso riprogramma il corpo per muoversi in un modo non convenzionale ma estremamente efficiente, basato su principi che la scienza moderna sta solo ora iniziando a comprendere appieno attraverso lo studio delle catene fasciali e della neuro-meccanica.
Il Ruolo Centrale della Colonna Vertebrale
Nella maggior parte delle attività umane e di molte arti marziali, la colonna vertebrale è concepita come un pilastro di supporto, un’asta relativamente rigida. Nello Shequan, la colonna vertebrale diventa il motore primario, “Il Grande Fiume” da cui sgorga ogni movimento. L’allenamento è ossessivamente focalizzato sullo sviluppo della sua mobilità multidimensionale: flessione, estensione, inclinazione laterale e, soprattutto, rotazione. Il praticante impara a generare un movimento ondulatorio che parte dai piedi, viene amplificato dalle anche e viaggia lungo la spina dorsale come un’onda, per poi essere rilasciato attraverso gli arti.
Questo movimento sinuoso non è solo estetico; ha funzioni precise. Permette di schivare gli attacchi con spostamenti minimi del corpo, rendendo il praticante un bersaglio elusivo. Consente di immagazzinare energia potenziale elastica nei muscoli e nelle fasce connettive durante la fase di “avvolgimento” (la contrazione dell’onda) per poi rilasciarla con una potenza devastante nella fase di “scatto” (l’estensione dell’onda). Questo rende i colpi dello Shequan potenti senza la necessità di un’ampia preparazione o di una grande massa muscolare.
La Generazione della Potenza (Jin)
Uno dei concetti più fraintesi nelle arti marziali cinesi è la differenza tra Li (力) e Jin (勁). Li è la forza muscolare isolata, la forza bruta di un sollevatore di pesi. È rigida, lenta e consuma molta energia. Jin, invece, è la potenza coordinata, una forza intelligente che integra la struttura corporea, il tempismo, la velocità e l’intenzione. Lo Shequan è un maestro nell’arte del Jin.
La forma di Jin più caratteristica dello stile è il Chan Si Jin (纏絲勁), la “potenza del filo di seta che si avvolge”. È una forza a spirale, tridimensionale, che pervade ogni movimento. Immaginate di torcere un asciugamano bagnato: più lo torcete, più energia potenziale accumulate al suo interno. Allo stesso modo, il praticante di Shequan “avvolge” il proprio corpo attraverso movimenti a spirale, caricando le catene miofasciali. Il colpo finale non è una semplice spinta, ma il rilascio improvviso di questa torsione, come una molla che scatta. Questo tipo di potenza è penetrante e difficile da deviare, perché non viaggia su una linea retta prevedibile.
A questo si collega il Fa Jin (發勁), l’emissione esplosiva di potenza. Nello Shequan, il Fa Jin è simile allo scatto del serpente. Il corpo rimane rilassato e morbido fino all’ultimo istante, per poi contrarsi e rilasciare tutta l’energia accumulata in un punto focale piccolissimo e in un lasso di tempo infinitesimale. Questa capacità di passare istantaneamente dal rilassamento (Yin) alla tensione esplosiva (Yang) è uno degli obiettivi più alti e difficili dell’allenamento.
La Struttura Corporea e le Forme delle Mani
Perché tutto questo funzioni, il corpo deve essere “accordato” come uno strumento musicale. Questo avviene attraverso la pratica costante della Shen Fa (身法), o “legge del corpo”. Include principi come:
Song Jian (鬆肩): Rilassare le spalle, permettendo al Qi e al Jin di fluire senza ostacoli verso le braccia.
Chui Zhou (墜肘): “Affondare” i gomiti, mantenendoli bassi e vicini al corpo per proteggere le costole e aumentare la potenza dei colpi corti.
Han Xiong Ba Bei (含胸拔背): Arrotondare leggermente la parte superiore della schiena e svuotare il petto, per consentire una migliore mobilità della colonna e connettere la forza delle braccia a quella del tronco.
Chen Qi Dantian (沉氣丹田): Far “affondare” il respiro e la consapevolezza nel Dantian, il centro energetico situato sotto l’ombelico, per abbassare il baricentro e radicare il corpo.
Gli strumenti finali di questa complessa macchina corporea sono le mani, che vengono modellate in configurazioni specifiche (Shou Xing) per massimizzare l’efficacia degli attacchi:
Shé Tóu (蛇頭) – Testa di Serpente: Le dita sono piegate a formare una superficie di impatto con le seconde falangi, mentre il polso è flessibile. Non è un pugno per rompere le ossa, ma per penetrare i tessuti molli e colpire i punti di pressione con una forza focalizzata. È ideale per attaccare il plesso solare, i fianchi o i muscoli delle braccia e delle gambe.
Shé Xìn (蛇信) – Lingua di Serpente: Le dita sono tese e unite, a volte solo l’indice e il medio, per formare una “lancia”. Questa è l’arma per eccellenza per attaccare i punti più vulnerabili: occhi, gola, tempie. Richiede un condizionamento estremo per rafforzare le dita e renderle resistenti all’impatto. L’attacco è spesso un “flick”, un colpo a frusta rapido e quasi impercettibile.
Shé Kǒu (蛇口) – Bocca del Serpente: La mano è aperta a formare una “C”, con il pollice e l’indice che creano una morsa. Questa forma è incredibilmente versatile. Può essere usata per colpire (ad esempio alla gola), per afferrare e torcere (applicando tecniche di Qin Na ai polsi o alle dita dell’avversario), per sigillare il respiro o per controllare gli arti, agendo come un gancio che si attacca e non lascia più la presa.
La Dimensione Strategica e Tattica
Un’arte marziale è definita non solo da come si muove, ma da come “pensa”. Lo Shequan possiede una mente strategica unica, basata sull’efficienza e sull’inganno. Se lo stile della Tigre è un assalto frontale e quello della Gru una schermaglia a distanza, lo stile del Serpente è una guerriglia psicologica e fisica.
Principi Chiave del Combattimento:
Pazienza e Opportunismo: Il serpente non spreca mai energia. Può rimanere immobile per ore, osservando, studiando, attendendo il momento perfetto. Il praticante di Shequan impara a fare lo stesso. Invece di attaccare a testa bassa, controlla la distanza, usa finte e movimenti sinuosi per innervosire l’avversario, spingendolo a commettere un errore, a scoprire un punto vitale. L’attacco avviene solo quando la probabilità di successo è massima.
Aderire, Sentire, Controllare: Piuttosto che opporre forza a forza, lo Shequan preferisce “aderire” (Zhan Nian) all’avversario. Una volta stabilito il contatto fisico (ad esempio, con un avambraccio o una mano), il praticante usa una sensibilità tattile altamente sviluppata (Ting Jin, “ascoltare la forza”) per percepire la direzione e l’intensità della forza dell’avversario. Invece di bloccarla, la asseconda, la reindirizza e la sfrutta a proprio vantaggio, creando uno sbilanciamento che diventa la finestra per il contrattacco.
Inganno e Angoli Imprevedibili: La fluidità dello Shequan non è solo difensiva, è un’arma offensiva. I movimenti ondulanti e a spirale rendono estremamente difficile per l’avversario prevedere la traiettoria di un attacco. Un colpo può iniziare come un movimento circolare basso per poi trasformarsi in un attacco lineare alto, o viceversa. Gli attacchi spesso seguono percorsi non convenzionali, aggirando la guardia dell’avversario invece di tentare di sfondarla.
Simultaneità di Difesa e Attacco (Shou Gong Tong Shi): Molti movimenti dello Shequan sono intrinsecamente doppi. Un braccio che devia un pugno può, nello stesso istante e con lo stesso movimento a spirale, posizionare la mano per un colpo alla gola. Una schivata con il corpo non è solo una manovra evasiva, ma serve a caricare l’energia per un contrattacco immediato. Questo annulla la distinzione netta tra attacco e difesa, fondendoli in un unico flusso continuo.
Il Targeting: L’Arte di Colpire i Punti Vitali (Dian Xue)
Questo è forse l’aspetto più letale e distintivo dello Shequan. Il serpente non morde a caso; inietta il suo veleno dove può agire più efficacemente. Allo stesso modo, lo Shequan concentra i suoi attacchi su aree anatomiche specifiche dove anche un colpo relativamente leggero può avere un effetto sproporzionato. Questa pratica, nota come Dian Xue (點穴) o, nella sua accezione più popolare e spesso mitizzata, Dim Mak, non è magia, ma una conoscenza approfondita dell’anatomia e della neurologia umana.
I bersagli sono classificati in diverse categorie:
Centri Nervosi: Punti dove i nervi sono superficiali e vulnerabili, come il plesso solare, i lati del collo (nervo vago), la base del cranio o il nervo ulnare nel braccio (“l’osso divertente”). Un colpo qui può causare dolore acuto, paralisi temporanea o shock neurologico.
Vasi Sanguigni: Arterie superficiali come la carotide o la temporale. L’obiettivo non è necessariamente la rottura, ma lo shock idrostatico che può causare vertigini o perdita di coscienza.
Vie Aeree: La gola, il pomo d’Adamo e la base del naso sono bersagli primari, poiché un attacco può compromettere la respirazione.
Organi Sensoriali: Gli occhi sono il bersaglio per eccellenza della “Lingua di Serpente”.
Articolazioni: Colpire le articolazioni (ginocchia, gomiti, dita) non con l’intento di romperle con la forza, ma di iper-estenderle o causare shock al legamento, compromettendo la struttura dell’avversario.
La pratica del Dian Xue richiede una precisione millimetrica e un tempismo perfetto. È la massima espressione del principio di efficienza dello Shequan: massimo risultato con il minimo sforzo.
L’Aspetto Interno ed Energetico (Neigong)
Finora abbiamo descritto la “macchina” dello Shequan. Ma cosa la alimenta? La risposta risiede nel Neigong (内功), il “lavoro interno”. Questo è l’aspetto più sottile e profondo dell’arte, quello che trasforma un esercizio puramente fisico in una pratica olistica che unisce corpo, mente e spirito.
Il Concetto di Qi (氣)
Al centro del Neigong c’è il Qi. Spesso tradotto banalmente come “energia”, il Qi è un concetto molto più complesso. Rappresenta la forza vitale, il respiro, la bioelettricità, l’intenzione focalizzata e il flusso sanguigno. Non è una forza mistica, ma la somma di tutti i processi vitali del corpo. Nello Shequan, l’obiettivo non è “creare” il Qi, ma coltivarlo, raffinarlo e dirigerlo in modo efficiente. Un flusso di Qi abbondante e senza ostacoli si traduce in un corpo sano, reattivo e potente. Un Qi stagnante o debole porta a movimenti goffi, debolezza e malattia.
La coltivazione del Qi avviene principalmente attraverso due metodi:
La Respirazione (Tu Na): L’allenamento dello Shequan pone un’enfasi enorme sulla respirazione addominale profonda e controllata. Il respiro è il ponte tra la mente e il corpo. Tipicamente, si inspira durante i movimenti di avvolgimento, raccolta e immagazzinamento di energia, e si espira bruscamente durante l’emissione della forza (Fa Jin). Questo non solo ossigena i muscoli, ma coordina il sistema nervoso e aiuta a dirigere l’intenzione.
La Mente/Intenzione (Yi – 意): Nelle arti interne, si dice: “L’intenzione (Yi) guida il Qi (氣), e il Qi guida la Potenza (Jin)”. Questo significa che prima ancora che avvenga un movimento fisico, c’è un atto di intenzione focalizzata. La mente del praticante deve essere calma, chiara e assolutamente presente. Durante la pratica delle forme (Taolu), la mente non vaga, ma visualizza l’applicazione di ogni tecnica, “sentendo” il flusso di energia attraverso il corpo. È questa intenzione focalizzata che trasforma un movimento meccanico in un atto marziale vivo.
Il Ruolo del Dantian (丹田)
Il Dantian, o “campo di cinabro”, è il centro di gravità fisico ed energetico del corpo, situato circa tre dita sotto l’ombelico e all’interno dell’addome. Nel Neigong dello Shequan, tutte le pratiche sono finalizzate a “radicare” la consapevolezza e il respiro in quest’area. Il Dantian agisce come un volano: immagazzina il Qi coltivato attraverso la respirazione e la pratica, e funge da fulcro da cui tutti i movimenti a spirale e ondulatori hanno origine. Un praticante con un Dantian “pieno” e attivo è stabile, potente e centrato, anche durante i movimenti più veloci e complessi.
Shequan non è un Monolite: Un Universo di Stili
Infine, è fondamentale capire che non esiste un unico, singolare “Shequan”. Il termine descrive una famiglia di stili e un insieme di principi che sono stati interpretati e integrati in modi diversi in tutta la Cina. La più grande distinzione è quella geografica:
Stili del Sud (Nam Si Kuen): Praticati in province come Guangdong e Fujian, questi stili tendono a enfatizzare posizioni più stabili e potenti (come la posizione del cavallo, Ma Bu), il combattimento a corta distanza e un lavoro di braccia intricato e potente. Il movimento della colonna vertebrale è presente, ma spesso più sottile e focalizzato sulla generazione di potenza in spazi ristretti. Lo Shequan del Sud è spesso integrato in sistemi più ampi come l’Hung Gar o il Choy Li Fut.
Stili del Nord (Bei Shequan): Tipici di aree come lo Hebei e lo Shandong, gli stili settentrionali sono caratterizzati da una maggiore mobilità, posizioni più agili, un gioco di gambe più elaborato e un uso più frequente dei calci. I movimenti sono più ampi e fluidi, e l’aspetto acrobatico può essere più pronunciato. Riflettono la necessità di combattere in spazi aperti.
Oltre a questa divisione, lo Shequan esiste come stile a sé stante o come componente essenziale di altri sistemi. Ad esempio, la famosa scuola Fu-Jow Pai (Stile della Tigre Nera) combina la potenza e la ferocia della tigre con la fluidità, la precisione e le tecniche interne del serpente. Stili provenienti da contesti monastici, come quelli dei monti Wudang o Emei, hanno le proprie versioni dello Shequan, spesso con un’enfasi ancora maggiore sulla coltivazione del Qi e sugli aspetti spirituali.
In conclusione, lo Shequan è un’arte marziale di una complessità e profondità straordinarie. È la quintessenza dell’adattabilità, un sistema che insegna a essere morbidi quando necessario e duri quando richiesto, a usare l’intelligenza prima della forza, e a trovare la potenza non nella contrazione muscolare, ma nel rilassamento e nella connessione totale del corpo. Definirlo significa descrivere una filosofia in movimento, una scienza del combattimento basata sull’osservazione della natura e un percorso di auto-scoperta che modella il corpo, affina la mente e coltiva lo spirito. È l’incarnazione del paradosso del serpente: una creatura di quiete profonda e di azione fulminea, un simbolo di trasformazione e di potere nascosto.
CARATTERISTICHE, FILOSOFIA E ASPETTI CHIAVE
Un’Esplorazione Profonda dell’Anima del Serpente
Comprendere le caratteristiche, la filosofia e gli aspetti chiave dello Shequan significa avventurarsi in un territorio che va ben oltre la mera catalogazione di tecniche o movimenti. Significa immergersi in una visione del mondo, un approccio alla vita e al conflitto che è tanto profondo quanto letale. Le peculiarità dello Shequan non sono un assemblaggio casuale di concetti efficaci; sono, al contrario, la diretta e coerente manifestazione fisica di una filosofia radicata nell’osservazione acuta della natura, in particolare di una delle sue creature più emblematiche e paradossali: il serpente. Ogni movimento sinuoso, ogni colpo fulmineo, ogni tattica ingannevole è un capitolo di un libro scritto nel linguaggio del corpo, la cui grammatica è dettata dai principi del Taoismo e dalla spietata logica della sopravvivenza.
Questa esplorazione si articolerà in un’analisi a più livelli, partendo dal nucleo filosofico che anima lo stile, per poi scendere nel dettaglio delle sue manifestazioni fisiche e strategiche, e infine risalire alla dimensione psicologica e spirituale che il praticante è chiamato a coltivare. Solo così si può sperare di cogliere l’essenza di un’arte che è, al contempo, una forma di combattimento, una ginnastica per la salute e un percorso di autotrasformazione.
PARTE I: LA FILOSOFIA FONDANTE – L’ADESIONE AI PRINCIPI DELLA NATURA (IL TAO DEL SERPENTE)
La filosofia dello Shequan non è un’aggiunta intellettuale, ma la sua stessa fondamenta. Senza di essa, lo stile si ridurrebbe a una ginnastica contorsionistica priva di anima e di efficacia marziale. Le sue radici affondano nel terreno fertile del pensiero taoista, che vede nella natura il più grande dei maestri e nel principio di adattabilità la più alta forma di intelligenza.
Il Principio dello Yin e dello Yang (阴阳) nel Serpente
Il concetto di Yin e Yang è il cuore pulsante di quasi tutto il pensiero cinese, e lo Shequan ne è una delle rappresentazioni più pure e dinamiche. Yin e Yang non sono opposti in lotta, ma polarità complementari, interdipendenti e in perenne trasformazione l’una nell’altra. Il serpente è un trattato vivente su questo principio, e il praticante impara a incarnarne ogni sfumatura.
Morbidezza (Yin) e Durezza (Yang): Questa è la dualità più evidente. Un serpente a riposo è l’epitome della morbidezza; può essere raccolto e arrotolato con una cedevolezza quasi liquida. Ma quando colpisce, il suo corpo si irrigidisce per un istante, trasferendo tutta la sua massa e la sua velocità in un punto focale, diventando duro e penetrante come un proiettile. Il praticante di Shequan coltiva questa stessa capacità. Impara a rendere il proprio corpo “vuoto” e cedevole per assorbire, deviare o “incollarsi” alla forza dell’avversario. Un blocco non è uno scontro di forze, ma un accogliere e reindirizzare, un atto puramente Yin. Ma da questa cedevolezza, in un istante, può scaturire un colpo secco, vibrante e penetrante, un’espressione puramente Yang. L’allenamento consiste nel ridurre al minimo il tempo di transizione tra questi due stati, fino a renderli quasi simultanei. Un braccio che cede morbidamente può diventare, nella stessa frazione di secondo, un’arma rigida che colpisce.
Immobilità (Yin) e Velocità (Yang): Il serpente è un maestro della pazienza. Può rimanere perfettamente immobile per ore, conservando energia, diventando parte del paesaggio. Questa immobilità è uno stato di quiete attiva, di vigilanza totale, non di sonno. È l’accumulo di potenziale. Poi, quando la preda è a portata, l’immobilità si frantuma in un’esplosione di velocità quasi troppo rapida per essere percepita dall’occhio umano. Questo è il modello strategico dello Shequan. Il praticante impara a non agitarsi inutilmente, a non sprecare energia in movimenti superflui. Impara a controllare lo spazio e il tempo, a creare uno stato di calma tensione che snerva l’avversario, per poi esplodere in un’azione fulminea quando si presenta l’apertura decisiva. La vera velocità non nasce dall’agitazione, ma dalla quiete.
Oscurità/Nascosto (Yin) e Manifestazione (Yang): Il serpente è una creatura di furtività. Si nasconde, si mimetizza, si muove nell’ombra. Le sue intenzioni sono celate fino all’ultimo momento. Questo principio si traduce nello Shequan nell’arte dell’inganno. I movimenti sono disegnati per essere difficili da interpretare. La vera linea di attacco è spesso nascosta dietro una serie di movimenti sinuosi e apparentemente innocui. La mano che attacca può essere quella meno ovvia. Il corpo può muoversi in una direzione mentre il colpo arriva da un’altra. Questo aspetto Yin del nascondere l’intenzione è fondamentale per preparare la manifestazione Yang dell’attacco, che appare così improvviso e inevitabile.
Energia Potenziale (Yin) e Cinetica (Yang): Ogni movimento di avvolgimento, di torsione, di compressione è un atto Yin di accumulo di energia potenziale elastica, come caricare una molla. Il corpo si “raccoglie” su se stesso. L’atto dello scatto, dell’estensione, del colpo è la conversione istantanea di tutta quell’energia potenziale in energia cinetica, un atto puramente Yang. Lo Shequan insegna a pensare al combattimento non come a una serie di colpi singoli, ma come a un ciclo continuo di raccolta e rilascio di energia, un’onda perpetua di Yin e Yang.
Wu Wei (無爲) – L’Azione senza Sforzo
Il Wu Wei è un concetto taoista spesso frainteso come “non agire”. In realtà, significa agire in perfetta armonia con il flusso naturale degli eventi, senza sforzo, resistenza o attrito non necessari. È l’efficienza suprema. Un bravo navigatore non combatte la corrente, la usa. Allo stesso modo, il praticante di Shequan incarna il Wu Wei nel combattimento.
L’applicazione più diretta è il rifiuto di opporre forza alla forza. Se un avversario spinge, il praticante di Shequan non spinge indietro; cede, ruota, si sposta di lato, lasciando che la forza dell’avversario si riversi nel vuoto e ne causi lo sbilanciamento. Se un avversario tira, il praticante non resiste; segue la trazione, la amplifica e la usa per avvicinarsi e colpire o per rompere la struttura dell’avversario. Il serpente non tenta di abbattere un albero, ci scivola attorno. Questo non è un atto di passività, ma di suprema intelligenza strategica. Richiede una sensibilità eccezionale per “ascoltare” la forza dell’avversario (Ting Jin) e la fiducia di cedere il controllo momentaneo per ottenere un vantaggio definitivo. L’allenamento mira a rendere questa risposta così istintiva che non c’è più bisogno di pensare: il corpo semplicemente “fluisce” attorno all’ostacolo.
Ziran (自然) – La Spontaneità Naturale
Legato al Wu Wei è il concetto di Ziran, che si traduce come “naturalezza” o “spontaneità”. Si riferisce a uno stato in cui le azioni sorgono in modo autentico e perfetto per la situazione, prive di artificialità o di pensiero cosciente e macchinoso. Un serpente non “pensa” a come muoversi o colpire; il suo corpo è il movimento, la sua azione è una risposta perfetta e istantanea allo stimolo.
L’obiettivo finale dell’addestramento nello Shequan è raggiungere questo stato di Ziran. All’inizio, lo studente impara le tecniche in modo meccanico e rigido. Con anni di pratica, attraverso la ripetizione infinita delle forme (Taolu) e degli esercizi, queste tecniche vengono interiorizzate. Il corpo “impara” a muoversi in modo serpentino, la mente si libera dalla necessità di ricordare le sequenze. A un livello avanzato, le tecniche scompaiono e rimane solo il principio. Il praticante non “fa” più lo Shequan, ma è Shequan. Le sue reazioni diventano spontanee, fluide e naturalmente efficaci, una seconda natura che ha soppiantato le risposte goffe e istintive della persona non addestrata. È l’apice dell’arte, dove la forma si dissolve nell’assenza di forma.
PARTE II: LE CARATTERISTICHE FISICHE E BIOMECCANICHE – LA TRADUZIONE DELLA FILOSOFIA IN MOVIMENTO
La filosofia dello Shequan non rimane un concetto astratto; si incarna nel corpo attraverso un addestramento specifico che ne altera la struttura e il modo di muoversi. Le caratteristiche fisiche dello stile sono la diretta conseguenza dei principi taoisti discussi in precedenza.
La Fluidità (Liudong – 流動): Un’Analisi Dettagliata
La fluidità è forse la caratteristica più immediatamente riconoscibile dello Shequan, ma è un concetto complesso.
Oltre la Flessibilità: Non si tratta semplicemente di avere una grande mobilità articolare, anche se questa è una componente importante. La vera fluidità marziale è dinamica e attiva. È la capacità di passare da una tecnica all’altra, da una postura all’altra, da un’azione offensiva a una difensiva senza la minima interruzione, senza il minimo “scatto” o pausa. È un flusso ininterrotto di movimento. Questa qualità rende il praticante estremamente difficile da prevedere. Proprio quando l’avversario pensa di aver capito il pattern, questo è già cambiato, trasformato in qualcos’altro.
La Continuità del Movimento: Immaginate un fiume che scorre. Non si ferma mai. Anche quando incontra un ostacolo, il suo flusso non cessa; si divide, lo avvolge e si ricongiunge dall’altra parte. L’allenamento dello Shequan mira a questo. Non esistono posizioni finali. Ogni tecnica termina in una posizione che è l’inizio della successiva. Questa “catena ininterrotta” di movimento non solo è strategicamente vantaggiosa, ma è anche il modo in cui l’energia interna (Qi) viene mantenuta in circolazione costante, evitando ristagni che porterebbero a rigidità e debolezza.
L’Onda Corporea (Shen Bo – 身波): La fonte meccanica di questa fluidità è l’onda corporea. Lo Shequan insegna a de-strutturare il concetto occidentale di movimento segmentato (muovere prima un braccio, poi una gamba). Invece, il movimento è olistico. Un’onda di energia viene generata dalla pressione dei piedi sul terreno, viaggia attraverso le caviglie, le ginocchia, viene amplificata dalla rotazione delle anche e del bacino, serpeggia lungo la colonna vertebrale come una frusta, e infine viene rilasciata attraverso le braccia e le mani. Questo non solo genera una potenza enorme con uno sforzo muscolare minimo, ma crea anche quel caratteristico movimento sinuoso che è tanto bello da vedere quanto difficile da affrontare.
La Sinuosità e la Spirale (Chanrao – 纏繞): Il Segreto della Potenza e dell’Evasione
Se la fluidità è il flusso del fiume, la sinuosità a spirale è la sua corrente sottomarina, il suo vortice.
Il Movimento Tridimensionale: Lo Shequan aborre le linee rette. Un attacco diretto può essere potente, ma è anche facile da prevedere e intercettare. I movimenti dello Shequan sono quasi sempre tridimensionali, basati su spirali, cerchi e figure a otto. Un braccio non si estende semplicemente in avanti, ma ruota su se stesso mentre si estende, come un cavatappi. Questo ha una duplice funzione.
Funzione Evasiva: Muoversi a spirale rende il corpo un bersaglio incredibilmente sfuggente. Invece di fare un passo indietro per schivare (un movimento dispendioso), il praticante può semplicemente ruotare il busto e le anche, e il colpo dell’avversario scivolerà via sulla superficie curva del suo corpo. La spirale permette di “svuotare” l’area bersaglio senza perdere la posizione o la distanza ottimale per il contrattacco.
Funzione Offensiva (Chan Si Jin): Questa è la famosa “forza che avvolge come un filo di seta”. Il movimento a spirale non è solo difensivo; è il motore primario della potenza. Quando gli arti e il tronco ruotano, le catene miofasciali del corpo vengono messe in tensione, immagazzinando energia elastica. Il colpo finale è il rilascio di questa tensione. Questo tipo di forza (Jin) è molto diverso dalla forza muscolare bruta (Li). È penetrante, vibrante e difficile da contrastare, perché non spinge semplicemente, ma “avvita” e perfora le difese dell’avversario. Inoltre, la spirale viene usata nelle tecniche di presa e controllo (Qin Na) per intrappolare e bloccare le articolazioni dell’avversario in modo sottile ed efficiente.
La Radice (Gen – 根) e l’Adattabilità
Un serpente è sempre a contatto con il terreno, traendo da esso stabilità e propulsione. Ma la sua stabilità non è rigida; è dinamica e adattabile.
Il Radicamento Dinamico: Molti stili di arti marziali enfatizzano posizioni profonde e statiche per sviluppare una radice solida. Lo Shequan persegue una “radice mobile”. Il praticante è profondamente connesso al suolo, con un baricentro basso, ma è in grado di trasferire il peso da un piede all’altro in modo istantaneo e fluido. La stabilità non deriva dalla rigidità, ma dalla capacità di adattare costantemente la propria base di appoggio alla situazione, proprio come un serpente adatta la forma del suo corpo al terreno su cui striscia.
Posizioni Basse e Striscianti: Lo Shequan fa ampio uso di posizioni molto basse, quasi “striscianti” (come la Pu Bu, o posizione bassa laterale). Queste posizioni non servono solo a rafforzare le gambe, ma hanno precise funzioni tattiche. Permettono di schivare attacchi alti in modo radicale, di attaccare le gambe e le ginocchia dell’avversario (bersagli spesso trascurati), e di generare potenza dal basso verso l’alto in modi inaspettati. Questa capacità di cambiare livello verticalmente in modo rapido e fluido è un’altra arma nell’arsenale dell’inganno dello Shequan.
PARTE III: GLI ASPETTI CHIAVE DELLA STRATEGIA E DELLA TATTICA – LA MENTE DEL SERPENTE
Un corpo addestrato secondo i principi dello Shequan è uno strumento formidabile, ma senza una mente strategica che lo guidi, è uno strumento sprecato. La tattica dello Shequan è un riflesso diretto della sua filosofia: è un’arte di intelligenza, efficienza e astuzia.
L’Economia del Movimento (Jie Yue – 節約)
Questo è forse il principio strategico più importante. Il serpente è un predatore incredibilmente efficiente dal punto di vista energetico. Non fa mai un movimento di troppo. Ogni azione è calcolata per ottenere il massimo risultato con il minimo dispendio di energia.
Nessuno Spreco: Nello Shequan, ogni gesto ha uno scopo. Non ci sono fioriture estetiche fini a se stesse. Se una mano si muove, è per parare, per colpire, per afferrare o per creare una finta. Questa efficienza permette al praticante di conservare la propria energia per un periodo di tempo più lungo, un vantaggio cruciale in un confronto reale.
Assenza di Movimenti Preparatori Telegrafati: La potenza in molti stili deriva da un “caricamento” visibile: un braccio che arretra prima di un pugno, una spalla che si alza. Questi movimenti telegrafano l’intenzione all’avversario. Poiché lo Shequan genera potenza attraverso l’onda corporea interna e il rilascio di tensione a spirale, l’attacco può essere lanciato da una posizione apparentemente neutra e rilassata. Il colpo “appare” dal nulla, senza preavviso, rendendolo estremamente difficile da parare.
L’Inganno (Qipian – 欺騙): L’Arte della Finta e della Dissimulazione
Il serpente è un maestro dell’inganno, e lo Shequan eleva questo concetto a forma d’arte.
Creare False Aperture: Una tattica comune è quella di esporre deliberatamente un bersaglio apparentemente vulnerabile (ad esempio, il petto) per indurre l’avversario ad attaccare. Questa è una trappola. Il praticante ha già preparato una risposta specifica a quell’attacco prevedibile, e nel momento in cui l’avversario si impegna, la trappola scatta.
Movimenti a Cascata: Lo Shequan utilizza spesso sequenze di attacchi in cui i primi uno o due colpi sono solo delle finte, diversivi progettati per attirare la difesa dell’avversario in una certa zona. Mentre l’avversario è impegnato a parare un finto attacco alto, il vero colpo arriva basso, o viceversa. È un gioco di prestigio marziale.
Lo Sguardo (Yanshen – 眼神): La mente umana è programmata per seguire lo sguardo. Un praticante esperto può usare i propri occhi come un’arma di inganno, fissando un punto (ad esempio, il viso dell’avversario) per poi attaccare un bersaglio completamente diverso (ad esempio, il ginocchio). Questo semplice atto di dissimulazione può creare la frazione di secondo di ritardo nella reazione dell’avversario necessaria per il successo della tecnica.
La Precisione Chirurgica (Jingque – 精確): Colpire dove Fa più Male
Il serpente non morde a caso. Inietta il suo veleno con precisione mortale. Lo Shequan adotta la stessa filosofia.
Conoscenza Anatomica (Dian Xue): Invece di tentare di sopraffare l’avversario con la forza bruta, lo Shequan si concentra sull’attacco ai punti deboli della struttura umana. Questo richiede una conoscenza pratica dell’anatomia: punti di pressione, centri nervosi, articolazioni, arterie superficiali, vie aeree. L’idea non è quella di scambiare colpi potenti, ma di disabilitare l’avversario con attacchi precisi e intelligenti che ne annullano la capacità di combattere.
Le Armi Naturali come Strumenti di Precisione: Le forme delle mani dello Shequan non sono casuali. La “Lingua di Serpente” (dita tese) è lo strumento perfetto per attaccare gli occhi o la gola. La “Testa di Serpente” (nocche delle dita) è ideale per colpire i punti di pressione sui muscoli o sui fianchi. La “Bocca di Serpente” (mano a “C”) è progettata per afferrare e manipolare piccole articolazioni o per colpire la gola. Ogni strumento è ottimizzato per un compito specifico, come il bisturi di un chirurgo.
Il Tempismo (Shiji – 時機): Cogliere l’Attimo Fuggente
Più importante della velocità, più importante della forza, è il tempismo.
Il Contrattacco come Scelta Primaria: Sebbene lo Shequan possieda tecniche offensive, la sua strategia brilla nel contrattacco. Attaccare per primi è rischioso: ci si espone e si svela la propria intenzione. Lasciare che l’avversario attacchi per primo, invece, offre un’enorme quantità di informazioni: la sua linea di attacco, la sua velocità, il suo impegno. La strategia dello Shequan è quella di usare la propria fluidità e capacità evasiva per rendere inefficace l’attacco dell’avversario e colpire nel momento di massima vulnerabilità: durante o immediatamente dopo la sua azione.
Intercettare l’Intenzione (Jie Yi – 截意): Questo è il livello più alto di tempismo. Un praticante meno esperto reagisce a un attacco quando lo vede partire. Un praticante avanzato reagisce all’attacco mentre viene lanciato. Un maestro intercetta l’intenzione stessa. Attraverso una sensibilità e una calma estreme, percepisce i sottili cambiamenti nel corpo dell’avversario (un impercettibile spostamento di peso, una tensione nella spalla, un’ispirazione profonda) che precedono l’attacco. Il maestro colpisce in quel vuoto temporale tra la decisione di attaccare e l’inizio del movimento fisico, un momento in cui l’avversario è mentalmente impegnato ma fisicamente non ancora in azione, rendendo la difesa quasi impossibile.
PARTE IV: LA DIMENSIONE INTERNA E PSICOLOGICA – COLTIVARE LO SPIRITO (SHEN – 神) DEL SERPENTE
Un corpo abile e una mente strategica non sono ancora sufficienti. L’aspetto finale e più importante dello Shequan è la coltivazione dello stato mentale e spirituale corretto. È questo che unisce tutti gli altri elementi e trasforma il praticante in un vero artista marziale.
La Calma Imperturbabile (Lěngjìng – 冷靜)
Il termine “a sangue freddo” descrive perfettamente lo stato mentale richiesto.
Gestione della Paura e della Rabbia: In una situazione di conflitto, la paura e la rabbia sono i nemici peggiori. Offuscano il giudizio, irrigidiscono i muscoli e consumano energia. Lo Shequan insegna a coltivare uno stato di calma interiore, una lucidità imperturbabile anche di fronte al pericolo. Questo non significa essere privi di emozioni, ma non esserne dominati. La calma permette di vedere le cose come sono, di percepire le aperture e di applicare la strategia corretta senza esitazione.
Metodi di Allenamento: Questa calma non è un dono, ma il risultato di un allenamento rigoroso. Pratiche come la meditazione in piedi (Zhan Zhuang) insegnano a stare immobili e a osservare i propri pensieri senza farsi coinvolgere. La pratica lenta e consapevole delle forme (Taolu) diventa una forma di meditazione in movimento. Esercizi di respirazione profonda (Tuna) calmano il sistema nervoso e centrano la mente. Attraverso queste pratiche, la calma diventa uno stato abituale, accessibile anche sotto stress.
L’Intento Penetrante (Yi – 意)
Se la calma è il lago, l’intento è il punto focale in cui si concentra tutta la luce del sole.
La Mente che Guida l’Energia: Come già accennato, la catena di comando nelle arti interne è: l’Intenzione (Yi) guida l’Energia (Qi), e l’Energia guida la Potenza (Jin). L’Yi è la determinazione focalizzata, la volontà pura. Quando un praticante colpisce, la sua mente non è distratta; è interamente concentrata sul bersaglio, visualizzando la tecnica che penetra e ottiene l’effetto desiderato. È questa intenzione incrollabile che dà al colpo la sua “anima” e la sua efficacia, trasformandolo da un semplice movimento fisico in un potente atto psicofisico.
Visualizzazione: L’allenamento dello Shequan fa ampio uso della visualizzazione. Durante la pratica solitaria, il praticante non esegue solo movimenti a vuoto; combatte un avversario immaginario, “sentendo” i suoi attacchi, applicando le parate, i controlli e i contrattacchi. Questo affina l’intenzione e prepara la mente e il sistema nervoso a reagire correttamente in una situazione reale.
Lo Spirito Vigile (Jingshen – 精神)
Questo è lo stato culminante, la sintesi di tutti gli aspetti precedenti.
Consapevolezza a 360 Gradi: Lo Jingshen è uno stato di consapevolezza rilassata ma totale. La percezione non è focalizzata solo sull’avversario di fronte, ma si estende a tutto l’ambiente circostante. È la sensibilità del serpente che “sente” le vibrazioni del terreno attraverso il suo corpo. Il praticante sviluppa una sorta di “sesto senso” marziale, una percezione periferica che lo avverte del pericolo da qualsiasi direzione.
L’Istinto Raffinato: L’obiettivo finale di migliaia di ore di pratica è trascendere la tecnica. È arrivare a un punto in cui non si deve più pensare “se lui fa X, allora io faccio Y”. Il corpo e la mente sono diventati una cosa sola, e la risposta a qualsiasi situazione sorge spontaneamente, istintivamente, e tuttavia è sempre la risposta perfetta, quella che incarna tutti i principi dello stile. È lo stato di Ziran e Wu Wei applicato al caos del combattimento. L’artista marziale non fa più una scelta; egli è la scelta giusta.
In conclusione, le caratteristiche, la filosofia e gli aspetti chiave dello Shequan sono inestricabilmente intrecciati. È un’arte che insegna che la vera forza non risiede nella rigidità, ma nell’adattabilità; che la vera velocità non nasce dall’agitazione, ma dalla quiete; e che la vittoria più grande non si ottiene con la forza bruta, ma con l’intelligenza, la pazienza e una profonda comprensione della natura umana e delle leggi dell’universo. Studiare lo Shequan è un invito a un viaggio di trasformazione, un percorso per risvegliare il serpente saggio, paziente e potentissimo che si nasconde dentro ognuno di noi.
LA STORIA
Un Viaggio nelle Origini Mutevoli e nelle Tradizioni Nascoste della Boxe del Serpente
Tracciare una storia lineare e definitiva dello Shequan (蛇拳), la Boxe del Serpente, è un’impresa tanto ardua quanto tentare di afferrare un’ombra. A differenza di arti marziali moderne come il Judo o l’Aikido, le cui origini sono documentate e riconducibili a un singolo fondatore, lo Shequan non possiede un certificato di nascita. La sua storia non è una linea retta, ma un fiume sinuoso con innumerevoli affluenti, alcuni dei quali si perdono nelle nebbie del mito e della leggenda, mentre altri scorrono sotterranei attraverso le cronache di dinastie, i segreti dei monasteri e le genealogie di famiglie di guerrieri.
Pertanto, raccontare la storia dello Shequan non significa narrare la biografia di un’arte, ma piuttosto condurre un’indagine archeologica. Significa scavare tra gli strati della cultura, della filosofia e della storia militare cinese per portare alla luce i frammenti di un’idea: l’idea che i movimenti e i principi strategici del serpente potessero essere distillati e trasformati in un sofisticato sistema di combattimento umano. È la storia di come l’osservazione della natura si sia fusa con la necessità della sopravvivenza, dando vita a una delle più affascinanti e complesse espressioni del Wushu cinese. Questo viaggio ci porterà dalle antiche danze sciamaniche ai grandi centri di sintesi marziale come Shaolin e Wudang, attraversando le epoche d’oro delle dinastie cinesi fino a giungere all’impatto indelebile che quest’arte ha avuto sulla cultura popolare mondiale.
PARTE I: LE RADICI ANCESTRALI – L’ANIMALE E IL SACRO NELL’ANTICA CINA
Prima ancora che esistesse il concetto di “arte marziale”, il serpente occupava un posto di prim’ordine nell’immaginario e nella cosmologia della civiltà cinese. Per comprendere le origini dello Shequan, dobbiamo prima capire il profondo substrato culturale da cui è germogliato. L’idea di imitare un animale non nasce nel contesto del combattimento, ma in quello del sacro e del rituale.
Il Culto del Serpente e del Drago: Simboli di Creazione e Potere
Nelle più antiche mitologie cinesi, il serpente non era semplicemente un rettile, ma una creatura primordiale, intimamente connessa all’acqua, alla terra e alla creazione stessa. Le figure mitologiche di Fuxi e Nüwa, i progenitori dell’umanità, erano spesso raffigurate con corpi umani e code di serpente intrecciate, a simboleggiare l’unione cosmica dello Yin e dello Yang da cui ha origine la vita. Il serpente era visto come un intermediario tra il mondo terreno e quello acquatico, e la sua capacità di mutare la pelle ne faceva un potente simbolo di rinnovamento, trasformazione e immortalità.
Questa venerazione si fuse progressivamente con la figura del Drago Cinese (龙, Lóng), che in molte delle sue rappresentazioni più antiche conserva chiare caratteristiche serpentine. Il drago non era la creatura malvagia sputafuoco della tradizione occidentale, ma un essere benevolo, signore delle acque e della pioggia, simbolo di potere imperiale, fortuna e saggezza. Questa associazione positiva e potente del serpente/drago creò un terreno culturale fertile. Emulare il serpente non significava imitare una bestia strisciante, ma attingere a un archetipo di potere primordiale, saggezza e adattabilità.
Le Danze Sciamaniche e i Primi Movimenti Imitativi
Le prime testimonianze di movimenti umani ispirati agli animali risalgono alle dinastie Shang (c. 1600-1046 a.C.) e Zhou (c. 1046-256 a.C.). In questo periodo, gli sciamani, o Wu (巫), praticavano danze rituali per comunicare con gli spiriti della natura e degli antenati. Queste danze, note come Wu Wu (巫舞), spesso includevano l’imitazione dei movimenti di vari animali (orsi, tigri, uccelli, serpenti) nel tentativo di incarnarne lo spirito e assumerne le qualità: la forza dell’orso, l’agilità dell’uccello, la sinuosità del serpente.
Queste pratiche non avevano uno scopo marziale. Il loro fine era estatico, divinatorio o terapeutico. Tuttavia, esse stabilirono un principio fondamentale che sarebbe diventato la pietra angolare degli stili imitativi (Xiangxingquan): il principio che attraverso la riproduzione di un movimento fisico, un essere umano può accedere e manifestare le qualità intrinseche di un’altra creatura. Si tratta del primo, rudimentale passo verso la sistematizzazione del movimento animale.
Il Contesto Filosofico: L’Osservazione della Natura nel Taoismo
Se lo sciamanesimo fornì la pratica, il Taoismo fornì la cornice intellettuale. Durante il periodo delle Primavere e degli Autunni (771-476 a.C.) e degli Stati Combattenti (475-221 a.C.), filosofi come Laozi e Zhuangzi articolarono una visione del mondo che avrebbe influenzato profondamente lo sviluppo delle arti interne. Il Taoismo predicava l’armonia con il Tao (道), la “Via”, il principio indicibile che governa l’universo. Il modo per raggiungere tale armonia era osservare e imitare la natura, che del Tao è la più pura manifestazione.
Il serpente era un soggetto di studio perfetto per un saggio taoista. Incarnava principi fondamentali:
La Cedevolezza che Supera la Rigidità: Come l’acqua, il serpente è morbido e si adatta a ogni ostacolo, eppure può esercitare una forza immensa. Questo riflette il principio taoista secondo cui “il morbido e il debole superano il duro e il forte”.
Wu Wei (無爲), l’Azione senza Sforzo: Il serpente non spreca energia. I suoi movimenti sono l’epitome dell’efficienza. Attende, osserva e agisce solo al momento opportuno, con una precisione letale. È l’azione che scaturisce dal non-agire, dall’essere in perfetta sintonia con la situazione.
Yin e Yang in Equilibrio Dinamico: Il serpente è Yin nella sua quiete, nel suo nascondersi, nella sua natura fredda e terrestre. È Yang nella sua velocità esplosiva, nel suo attacco penetrante.
Questo quadro filosofico fornì la grammatica per “leggere” i movimenti del serpente non come semplici azioni, ma come lezioni viventi sui principi universali del combattimento e della vita.
PARTE II: I CENTRI DI SVILUPPO – CRISOLÌ DI SINTESI MARZIALE
Per secoli, le tecniche di combattimento rimasero un mosaico di stili locali e familiari. Fu solo con l’emergere di grandi centri di aggregazione e studio, principalmente monasteri, che queste conoscenze iniziarono a essere raccolte, confrontate, analizzate e sistematizzate. In questi “laboratori marziali”, l’idea del combattimento del serpente trovò il terreno fertile per evolversi da un insieme di principi a un vero e proprio sistema.
Il Monastero di Shaolin (嵩山少林寺): Leggenda e Realtà
Nessun luogo è più legato all’immaginario del Kung Fu del Monastero di Shaolin, situato sul monte Song nella provincia di Henan. La leggenda, popolarizzata a partire dal XX secolo, attribuisce la nascita del Kung Fu di Shaolin a un monaco indiano, Bodhidharma (达摩, Dámó), che nel V o VI secolo d.C. avrebbe insegnato ai monaci una serie di esercizi (l’Yijin Jing) per rinvigorire i loro corpi fiaccati dalla lunga meditazione, esercizi che sarebbero poi evoluti in tecniche di combattimento.
Più specificamente, la creazione degli stili animali di Shaolin, tra cui quello del serpente, è spesso attribuita a figure leggendarie come Jueyuan e ai suoi collaboratori Li Sou e Bai Yufeng durante la dinastia Yuan. Si narra che essi espansero le originali 18 “Mani di Arhat” in un sistema più complesso di 72 tecniche, per poi sviluppare il famoso stile dei Cinque Animali (五形拳, Wǔ Xíng Quán): Tigre, Gru, Leopardo, Drago e, appunto, Serpente.
Al di là della leggenda, la realtà storica è più complessa. Shaolin era un’istituzione ricca e potente, spesso minacciata da banditi e signori della guerra. I monaci, per necessità, svilupparono e perfezionarono abilità marziali per l’autodifesa, diventando famosi come “monaci guerrieri” a partire almeno dalla dinastia Tang (618-907). È altamente probabile che, nel corso dei secoli, questi monaci abbiano osservato e incorporato i movimenti degli animali locali nei loro sistemi.
L’interpretazione di Shaolin dello Shequan sarebbe stata pragmatica e orientata all’efficacia. Le caratteristiche principali erano:
Sviluppo del Qi: Lo stile del Serpente a Shaolin era considerato un esercizio interno, finalizzato a coltivare e dirigere il Qi (氣), l’energia interna, attraverso una respirazione controllata e movimenti fluidi.
Attacco ai Punti Vitali: In linea con la natura del serpente, lo stile si concentrava sull’attacco a punti vulnerabili, richiedendo una precisione estrema.
Condizionamento delle Dita: Le tecniche a “lingua di serpente” necessitavano di un condizionamento rigoroso (come colpire sacchi di sabbia o fagioli) per trasformare le dita in armi penetranti.
Integrazione con altri Stili: A Shaolin, lo stile del Serpente non era probabilmente praticato in isolamento, ma come parte di un sistema più ampio che insegnava al praticante a usare la fluidità e la precisione del serpente in combinazione con la potenza della tigre, l’equilibrio della gru, ecc.
I Monti Wudang (武當山): La Culla degli Stili Interni
Se Shaolin è considerato la fonte degli stili “esterni” (Waijia), che enfatizzano la forza fisica e la velocità, i Monti Wudang nella provincia di Hubei sono visti come la culla degli stili “interni” (Neijia), come il Taijiquan, il Baguazhang e lo Xingyiquan. Anche qui, la figura fondatrice è avvolta nella leggenda: il saggio taoista Zhang Sanfeng (張三丰), vissuto presumibilmente tra le dinastie Song e Ming.
La storia più famosa, e cruciale per la storia dello Shequan, narra che Zhang Sanfeng ebbe un’illuminazione osservando un combattimento tra una gru e un serpente. La gru attaccava con forza, con colpi diretti e potenti del suo becco. Il serpente, invece di opporre forza a forza, schivava, si contorceva, usava movimenti circolari e fluidi per eludere gli attacchi, attendendo il momento perfetto per scattare e colpire. Da questa osservazione, Zhang Sanfeng comprese i principi fondamentali dell’arte interna: la morbidezza vince la durezza, la cedevolezza neutralizza la forza, il circolare prevale sul lineare.
Questa leggenda è il mito fondativo di quasi tutte le arti interne e rappresenta un’interpretazione dello spirito del serpente diversa da quella di Shaolin. L’approccio di Wudang avrebbe enfatizzato:
Neigong (内功), il Lavoro Interno: L’attenzione è quasi esclusivamente sulla coltivazione interna. Il movimento fisico è solo la manifestazione esterna di un processo interno di circolazione del Qi, diretto dall’intenzione (Yi).
Fluidità e Continuità Assolute: I movimenti sono ancora più fluidi, lenti e connessi di quelli di Shaolin, spesso praticati senza alcuna interruzione per intere sequenze.
Sensibilità e Adesione: Invece di colpire da lontano, l’approccio di Wudang enfatizza l’ “aderire” all’avversario, sentire le sue intenzioni attraverso il contatto fisico (Ting Jin) e usare la sua stessa forza contro di lui.
Salute e Longevità: Le arti di Wudang erano viste non solo come sistemi di combattimento, ma anche come pratiche per la salute e la longevità, in linea con la ricerca taoista dell’immortalità.
Che Zhang Sanfeng sia esistito o meno, i monasteri taoisti di Wudang furono certamente centri di sviluppo di queste pratiche, e il serpente, con la sua incarnazione dei principi taoisti, fu un modello di ispirazione centrale.
Il Monte Emei (峨嵋山): Un Terzo Polo Esoterico
Meno famoso di Shaolin e Wudang, ma storicamente altrettanto significativo, è il Monte Emei nella provincia del Sichuan. Emei fu un importante centro sia buddista che taoista, e sviluppò un proprio corpus di arti marziali, spesso descritte come una sintesi tra la durezza esterna di Shaolin e la morbidezza interna di Wudang.
Gli stili di Emei sono noti per la loro natura eclettica, il gioco di gambe agile e spesso ingannevole, e l’inclusione di tecniche non convenzionali. Anche qui, uno stile ispirato al serpente trovò la sua interpretazione. Si dice che lo Shequan di Emei fosse caratterizzato da:
Movimenti Corti ed Esplosivi: Combinati con una grande mobilità del busto.
Gioco di Gambe Sghembo: Invece di muoversi in linea retta, il praticante di Emei usa passi angolati e imprevedibili.
Uso Combinato di Dita e Palmo: Tecniche che potevano sia penetrare come la lingua di un serpente sia colpire con la potenza del palmo.
Una figura leggendaria spesso associata a Emei è il monaco taoista Bak Mei (白眉, Bái Méi), o “Sopracciglio Bianco”, uno dei “Cinque Anziani” sopravvissuti alla distruzione del monastero di Shaolin secondo il folklore delle società segrete del sud. Lo stile che porta il suo nome, Bak Mei Pai, pur non essendo uno “stile del serpente”, contiene molti dei suoi principi: attacchi esplosivi a corta distanza, generazione di potenza interna e attacchi a punti vitali.
PARTE III: L’EVOLUZIONE DINASTICA E LA DIVERGENZA GEOGRAFICA
Mentre i monasteri agivano come centri di ricerca e sviluppo, la storia dello Shequan si svolgeva anche “in strada”. Durante le dinastie Ming (1368-1644) e Qing (1644-1912), le arti marziali conobbero un’enorme diffusione e sistematizzazione al di fuori delle mura monastiche.
Dalle Dinastie Ming e Qing alla Nascita degli Stili Familiari
Il periodo Ming fu un’epoca d’oro per le arti marziali. Generali come Qi Jiguang (戚繼光) scrissero trattati militari che analizzavano e catalogavano le tecniche di combattimento a mani nude più efficaci del tempo. Il suo libro, Jixiao Xinshu (纪效新书, “Nuovo Trattato sull’Efficienza Militare”), menziona e loda la superiorità di certi stili, dimostrando che esisteva già un corpus di conoscenze marziali ben sviluppato e riconosciuto.
Con la caduta dei Ming e l’avvento della dinastia mancese dei Qing, molti lealisti Ming si unirono a società segrete per rovesciare i nuovi governanti. Le arti marziali divennero lo strumento di queste organizzazioni clandestine e la loro pratica fu avvolta nel segreto. La trasmissione avveniva da maestro ad allievo, spesso all’interno di clan familiari. È in questo periodo che nascono e si consolidano molti degli stili che conosciamo oggi. Lo Shequan non fu un’eccezione. I suoi principi furono integrati, conservati e sviluppati all’interno di questi lignaggi, spesso mescolati con le caratteristiche di altri animali o con le peculiarità dello stile del capofamiglia.
La Grande Divisione: Shequan del Nord (Bei Shequan) e del Sud (Nan Shequan)
È durante questo lungo periodo di evoluzione che si delinea la più importante differenziazione nella storia del Kung Fu, riassunta dal detto: “Nán quán běi tuǐ (南拳北腿)” – “Pugni al Sud, Gambe al Nord”. Questa divisione è il risultato di fattori geografici, climatici, sociali ed economici.
Il Nord (Bei Shequan): La Cina settentrionale è caratterizzata da vaste pianure e un clima più rigido. La vita e la guerra si svolgevano spesso a cavallo e in spazi aperti. Questo influenzò lo sviluppo di stili marziali con:
Posizioni ampie e agili: Per muoversi rapidamente su grandi distanze.
Un ampio uso dei calci: Tecniche potenti e a lungo raggio, utili in campo aperto.
Movimenti acrobatici: Salti, spazzate ampie e tecniche spettacolari. Un Shequan del Nord rifletterebbe queste caratteristiche: sarebbe più mobile, con movimenti fluidi e ampi, un gioco di gambe più complesso e forse l’inclusione di calci bassi e a “frusta” che imitano il colpo di coda di un serpente.
Il Sud (Nan Shequan): La Cina meridionale è una regione di colline, fiumi, e città densamente popolate. Gran parte della vita e del commercio si svolgeva sull’acqua, su barche e giunche. Il combattimento avveniva spesso in spazi ristretti, vicoli o sul ponte instabile di una nave. Questo favorì lo sviluppo di stili con:
Posizioni basse e stabili: Per mantenere un forte radicamento al suolo (o al ponte).
Enfasi sulle tecniche di braccia: Pugni corti e potenti, tecniche di trapping e controllo a distanza ravvicinata.
Uso limitato dei calci: I calci alti sono instabili e poco pratici in spazi chiusi. Un Shequan del Sud sarebbe quindi più “raccolto”. La sinuosità sarebbe espressa più nel tronco e nelle braccia che nelle gambe. L’enfasi sarebbe sulle tecniche di Qin Na (leve articolari) che imitano il serpente che si avvolge, e su colpi di dita e palmo a brevissima distanza. Molti stili del Sud, come l’Hung Gar e il Wing Chun, pur non essendo “stili del serpente”, contengono al loro interno forme o principi riconducibili a esso.
Questa divisione non è assoluta, ma fornisce una chiave di lettura storica fondamentale per capire perché non esiste un solo Shequan, ma molteplici interpretazioni regionali della stessa idea.
PARTE IV: L’ERA MODERNA – DALLE SOCIETÀ SEGRETE ALLA CULTURA POPOLARE
L’ultimo secolo e mezzo ha visto trasformazioni radicali nella società cinese, che hanno avuto un impatto profondo sulla pratica e la percezione delle arti marziali, Shequan incluso.
La Ribellione dei Boxer (1899-1901) e il Declino Imperiale
La “Rivolta dei Pugili” fu un movimento anti-colonialista e anti-cristiano guidato da società segrete che praticavano arti marziali e credevano di essere immuni alle armi da fuoco. La brutale repressione della rivolta da parte delle potenze occidentali e del governo Qing non solo segnò un punto di svolta nella storia cinese, ma gettò anche discredito sulle arti marziali tradizionali, che si dimostrarono inefficaci contro la tecnologia moderna. Molti maestri furono costretti a nascondersi, e la trasmissione delle arti divenne ancora più segreta.
Il Periodo Repubblicano e le Scuole Pubbliche
Con la caduta dell’ultima dinastia nel 1912 e la nascita della Repubblica di Cina, ci fu un tentativo di modernizzare il paese. In questo contesto, figure come Huo Yuanjia fondarono associazioni come la Jingwu Athletic Association (精武體育會) a Shanghai nel 1910. L’obiettivo della Jingwu era quello di rendere le arti marziali accessibili a tutti, demistificandole, promuovendole come forma di ginnastica nazionale e rompendo le barriere tra i diversi stili. Maestri di diverse scuole furono invitati a insegnare, creando un ambiente di incredibile scambio culturale. È in questo periodo che molti stili, precedentemente segreti, iniziarono a essere insegnati più apertamente, e un praticante di uno stile del Nord poteva facilmente imparare i principi di uno stile del Sud, portando a un’ulteriore fusione e evoluzione.
La Rivoluzione Culturale e la Diaspora
L’ascesa al potere del Partito Comunista nel 1949 e, soprattutto, la Rivoluzione Culturale (1966-1976) rappresentarono un momento buio per le arti marziali tradizionali. Viste come un retaggio del passato feudale e associate a pratiche spirituali e clan segreti, furono bandite. Molti maestri furono perseguitati, e la pratica fu costretta alla clandestinità o sostituita dal Wushu moderno, una versione più acrobatica e standardizzata, simile alla ginnastica, creata dal governo per scopi sportivi e di spettacolo.
Questo periodo, tuttavia, ebbe un effetto collaterale inaspettato e fondamentale per la storia globale del Kung Fu. Per sfuggire alla persecuzione, un gran numero di maestri emigrò, principalmente a Hong Kong, Taiwan, e successivamente in Occidente. Questa diaspora fu la scintilla che permise al Kung Fu tradizionale, incluso lo Shequan, di sopravvivere e di diffondersi in tutto il mondo.
L’Impatto Cinematografico: Jackie Chan e “Il serpente all’ombra dell’aquila” (1978)
Se la diaspora portò il Kung Fu in Occidente, fu il cinema di Hong Kong a renderlo un fenomeno globale. E per la storia dello Shequan, nessun evento è stato più significativo del film del 1978 “Il serpente all’ombra dell’aquila” (蛇形刁手, Shé Xíng Diāo Shǒu), diretto da Yuen Woo-ping e interpretato da un giovane Jackie Chan.
Prima di questo film, lo Shequan era uno stile relativamente esoterico, conosciuto solo dagli appassionati. Jackie Chan, con la sua miscela unica di abilità marziale, comicità slapstick e incredibile atletismo, trasformò la percezione dello stile. Il film non solo mostrava i movimenti fluidi e gli attacchi precisi dello Shequan, ma ne catturava la filosofia di fondo: l’idea che un debole (il personaggio di Chan, un reietto maltrattato) potesse, attraverso un addestramento bizzarro e una strategia intelligente, sconfiggere avversari più forti e brutali. Il film rese lo Shequan “cool”, accessibile e ispiratore per un’intera generazione. Sebbene la rappresentazione fosse romanzata, l’impatto culturale fu immenso. Milioni di persone in tutto il mondo conobbero l’esistenza di quest’arte e ne furono affascinate. Da quel momento in poi, la storia dello Shequan non poté più essere separata dalla sua immagine iconica sul grande schermo.
Conclusione: Una Storia Ancora in Scrittura
La storia dello Shequan è, in definitiva, la storia di un’idea potente che ha saputo adattarsi, trasformarsi e sopravvivere attraverso i millenni. Nata forse in un rituale sciamanico sulle rive del Fiume Giallo, ha trovato una cornice filosofica nel pensiero taoista, è stata forgiata nel pragmatismo dei monasteri guerrieri, si è diversificata nelle pianure del nord e nelle città affollate del sud, è sopravvissuta alla clandestinità delle società segrete e alle purghe dei regimi politici, per poi rinascere in modo spettacolare sotto le luci dei riflettori di Hong Kong.
Non esiste un unico maestro fondatore da venerare, né un’unica data da celebrare. La storia dello Shequan è collettiva, un’eredità condivisa, plasmata da innumerevoli praticanti, noti e sconosciuti. È una storia che non è ancora finita. Continua a essere scritta oggi, nel corpo e nello spirito di ogni persona che, in una palestra da qualche parte nel mondo, si muove con fluidità, colpisce con precisione e cerca di incarnare l’eterna saggezza del serpente. La sua vera cronaca non si trova sui libri, ma nel flusso ininterrotto della sua pratica.
IL FONDATORE
Alla Ricerca del Fondatore dello Shequan: Tra Figure Mitiche, Progenitori di Lignaggio e la Creazione Collettiva di un’Arte
La domanda “Chi è il fondatore dello Shequan?” è, nella sua apparente semplicità, una delle più complesse e rivelatrici che si possano porre. La risposta, diretta e spiazzante, è che lo Shequan non ha un fondatore unico e storicamente identificabile. Questa affermazione, tuttavia, non è un vicolo cieco, ma un portale. Apre la porta a una comprensione molto più profonda e autentica non solo della Boxe del Serpente, ma della natura stessa delle arti marziali tradizionali cinesi. L’assenza di un “inventore” non è una lacuna storica, ma una caratteristica intrinseca, una testimonianza della sua evoluzione organica, un processo di creazione collettiva durato secoli, se non millenni.
Questo testo non sarà quindi la biografia di un uomo, perché quell’uomo non esiste. Sarà, invece, un’esplorazione del concetto stesso di “fondatore”, un’immersione nelle acque profonde del mito, della leggenda e della storia per incontrare le figure archetipiche che popolano le origini dello Shequan. Analizzeremo il ruolo dei saggi illuminati che osservavano la natura, dei monaci guerrieri che sistematizzavano il sapere, dei capiscuola che davano vita a lignaggi specifici e, infine, dei moderni innovatori che hanno “fondato” l’immagine di quest’arte nell’immaginario globale.
La ricerca del fondatore dello Shequan non ci porterà a un nome e a una data, ma a qualcosa di molto più significativo: la scoperta che quest’arte non è stata creata da un singolo genio, ma è il prodotto distillato della saggezza, della necessità e della creatività di innumerevoli generazioni. È un’eredità senza un testamento firmato, un fiume la cui sorgente è un’intera catena montuosa.
PARTE I: IL CONCETTO DI “FONDATORE” (ZǓSHĪ – 祖師) NELLE ARTI MARZIALI CINESI
Per iniziare questo viaggio, è indispensabile abbandonare la concezione occidentale di “fondatore” come inventore o creatore ex-novo e familiarizzare con la visione cinese, molto più sfumata e legata ai concetti di lignaggio, trasmissione e legittimazione.
Fondatore vs. Progenitore di Lignaggio: Il Ruolo dello Zǔshī
La lingua cinese ha un termine specifico, Zǔshī (祖師), che viene spesso tradotto come “fondatore”, ma il cui significato letterale è più vicino a “Maestro Antenato” o “Progenitore”. Uno Zǔshī non è necessariamente colui che ha creato un’arte dal nulla. Molto più spesso, è la figura storica o leggendaria a cui si fa risalire l’origine di un particolare lignaggio o scuola (門派, ménpài). Il suo ruolo non è quello dell’inventore, ma del sistematizzatore: colui che ha raccolto un corpus di conoscenze preesistenti, le ha organizzate secondo una filosofia e una metodologia coerenti, le ha raffinate e ha dato inizio a una linea di trasmissione riconoscibile.
Uno Zǔshī è visto come il primo anello di una catena (chuánchéng, 傳承), non come il creatore del metallo stesso. La sua grandezza non sta nell’aver inventato le tecniche, ma nell’aver dato loro un’anima, una struttura e un nome. Questo spiega perché stili diversi possono condividere tecniche molto simili: essi attingono a un bacino comune di conoscenze marziali cinesi, ma sono stati organizzati e interpretati in modo unico dai rispettivi Zǔshī. Chiedere chi sia il fondatore dello Shequan è come chiedere chi sia il fondatore della lingua italiana: non c’è una singola persona, ma figure come Dante Alighieri hanno agito come potenti sistematizzatori che le hanno dato una forma immortale.
La Trasmissione Orale e la Costruzione del Mito
Un altro fattore cruciale è la natura della trasmissione. Per secoli, le arti marziali sono state un patrimonio gelosamente custodito, insegnato all’interno di clan familiari, società segrete o comunità monastiche chiuse. I manuali scritti erano rari e spesso criptici, volutamente incomprensibili per chi non possedesse la “chiave” fornita dall’insegnamento orale del maestro. La conoscenza veniva passata “da cuore a cuore”, da corpo a corpo.
Questo metodo di trasmissione orale ha due conseguenze dirette. In primo luogo, rende quasi impossibile una verifica storica accurata. Le storie si modificano, si arricchiscono di dettagli, si fondono con il folklore locale a ogni passaggio generazionale. In secondo luogo, favorisce la mitizzazione. Le figure dei maestri del passato vengono inevitabilmente ingigantite, le loro abilità diventano sovrumane, le loro vite si trasformano in leggende edificanti. Il racconto della fondazione di una scuola diventa un mito fondativo, una narrazione sacra che serve a ispirare gli allievi e a cementare l’identità del gruppo.
La Legittimazione attraverso la Genealogia
In un mondo dove centinaia di scuole e maestri competevano per allievi e prestigio, poter vantare una genealogia illustre era un elemento di marketing e legittimazione fondamentale. Tracciare le proprie origini fino a un saggio taoista immortale, a un famoso monaco di Shaolin o a un eroe ribelle della dinastia Ming conferiva alla propria arte un’aura di autenticità e di potere. Questo ha creato un forte incentivo a “retro-datare” le proprie origini, collegando il proprio lignaggio a figure semi-mitiche del passato.
Di conseguenza, molte storie di fondazione non vanno lette come resoconti storici, ma come dichiarazioni di identità. Affermare “il mio stile è stato fondato da Zhang Sanfeng” non significa necessariamente fare un’affermazione storica, ma dichiarare: “La mia arte aderisce ai principi taoisti della morbidezza, della circolarità e del lavoro interno che la leggenda di Zhang Sanfeng rappresenta”. Il fondatore diventa un simbolo, un archetipo che incarna la filosofia stessa della scuola.
PARTE II: GLI ARCHETIPI DEL FONDATORE – FIGURE MITICHE E SAGGI ILLUMINATI
Poiché un fondatore storico è assente, dobbiamo rivolgere la nostra attenzione agli archetipi, alle figure leggendarie che, nelle narrazioni delle varie scuole, assumono il ruolo di progenitori. Questi racconti, pur non essendo storicamente veritieri, sono immensamente preziosi perché ci rivelano l’essenza, i valori e la filosofia che le diverse tradizioni dello Shequan attribuiscono a se stesse.
L’Osservatore della Natura: Zhang Sanfeng e l’Illuminazione Taoista
L’archetipo più potente e diffuso legato alle arti che incarnano la fluidità del serpente è quello del saggio che raggiunge l’illuminazione marziale osservando la natura. La figura che personifica questo archetipo è Zhang Sanfeng (張三丰), il leggendario eremita taoista dei monti Wudang.
La leggenda, nelle sue molte varianti, narra che Zhang Sanfeng, già esperto di arti marziali esterne (probabilmente apprese a Shaolin), un giorno assistette a un combattimento tra un serpente e una gru (o una gazza). La gru, rappresentazione della forza Yang, attaccava con ferocia, usando il suo becco appuntito e le sue ali potenti. I suoi attacchi erano diretti, lineari e aggressivi. Il serpente, incarnazione dello Yin, non si oppose mai direttamente alla forza della gru. Quando la gru attaccava, il serpente cedeva, si contorceva, usava il suo corpo sinuoso per schivare e deviare i colpi. Si avvolgeva e si svolgeva, presentando sempre una superficie curva e sfuggente. Rimase calmo, paziente, conservando la sua energia, attendendo il suo momento. E quando la gru, frustrata e stanca, si scoprì per un istante, il serpente scattò con una velocità fulminea, mordendola.
Da questa osservazione, Zhang Sanfeng comprese i principi supremi del combattimento: la morbidezza vince la durezza, la cedevolezza neutralizza la forza, lo Yin controlla lo Yang, il circolare sconfigge il lineare, la quiete prevale sull’agitazione. Abbandonò le arti dure che conosceva e sviluppò un nuovo sistema basato su questi principi: l’arte interna (Neijia).
Analisi del Mito: Questa storia è molto più di un aneddoto. È un trattato di filosofia marziale. La gru rappresenta l’approccio convenzionale al combattimento: forza, aggressività, attacco diretto. Il serpente rappresenta un paradigma radicalmente diverso: intelligenza, efficienza, conservazione dell’energia, difesa attiva e contrattacco. Zhang Sanfeng, in questo racconto, non “inventa” le tecniche del serpente; ne comprende il principio e lo astrae in un sistema applicabile all’uomo.
Contesto Storico: La figura di Zhang Sanfeng è storicamente ambigua. Documenti storici menzionano un eremita taoista con questo nome, ma la sua biografia è avvolta nel mistero e le sue abilità marziali sono quasi certamente un’attribuzione posteriore. Egli è diventato una figura catalizzatrice, un “santo patrono” a cui sono state fatte risalire le origini di quasi tutte le arti interne, tra cui il Taijiquan, il Baguazhang e, per estensione filosofica, le varianti più “interne” dello Shequan.
Il suo Ruolo di Fondatore: Zhang Sanfeng è il “fondatore spirituale” delle correnti dello Shequan che enfatizzano il lavoro sul Qi, la fluidità, la sensibilità e la strategia di cedere per vincere. Pur non avendo “creato” lo Shequan, la sua leggenda fornisce il più potente mito di fondazione per la sua anima taoista.
Il Monaco Guerriero: I Sistematizzatori di Shaolin
Un altro potente archetipo è quello del monaco guerriero, colui che, all’interno della comunità strutturata di un monastero, raccoglie, studia e organizza il sapere marziale. Per lo Shequan, questo archetipo ci riporta al Monastero di Shaolin e alla leggenda dei Cinque Animali (Wu Xing Quan).
Come accennato, le figure associate a questa sistematizzazione sono i monaci Jueyuan, e i maestri laici Li Sou e Bai Yufeng. La narrazione vuole che, partendo da un sistema preesistente, essi viaggiassero per la Cina alla ricerca dei più grandi esperti di arti marziali, per poi tornare a Shaolin e integrare le loro scoperte in un sistema più completo e sofisticato, basato sulle caratteristiche di cinque animali emblematici.
Analisi del Mito: Questa storia, a differenza di quella di Zhang Sanfeng, non parla di un’illuminazione solitaria, ma di un processo collaborativo di ricerca e sviluppo. Rappresenta l’idea del monastero come un “think tank” marziale, un luogo dove le conoscenze venivano testate, raffinate e codificate. Il serpente, in questo contesto, non è l’unica fonte di ispirazione, ma una delle cinque “facoltà” di un’università marziale. Viene studiato per le sue qualità specifiche (flessibilità, attacchi ai punti vitali, coltivazione del Qi) e integrato con la potenza della tigre, la stabilità della gru, l’agilità del leopardo e la potenza spirituale del drago.
Il Ruolo di Fondatori: Jueyuan e i suoi compagni non sono “fondatori” nel senso di creatori, ma di curatori e architetti del sapere. Il loro ruolo è quello di aver dato un ordine, una pedagogia e una struttura a un insieme di tecniche e principi. Essi sono i fondatori della “versione Shaolin” dello Shequan, una versione pragmatica, efficace e inserita in un curriculum di studi marziali più ampio. Rappresentano la fondazione attraverso la sintesi e l’organizzazione.
L’Eremita della Montagna: L’Archetipo di Bak Mei
Un terzo archetipo, più oscuro e controverso, è quello del maestro che si distacca dalla tradizione per creare un’arte nuova, più letale ed efficiente. Una figura che incarna questo spirito, e le cui tecniche sono intrise di principi serpentini, è Bak Mei (白眉, Bái Méi), il “Sopracciglio Bianco”.
Bak Mei, secondo il folklore delle società segrete del Sud della Cina, fu uno dei leggendari “Cinque Anziani” sopravvissuti alla distruzione del Monastero di Shaolin da parte del governo Qing. Mentre gli altri quattro fuggirono e diffusero l’arte di Shaolin per preservarla, la leggenda vuole che Bak Mei abbia tradito i suoi compagni o, in altre versioni, che abbia ritenuto le arti di Shaolin inefficaci e abbia passato anni a distillare un nuovo sistema, più compatto, diretto e spietato.
Analisi della Figura: Lo stile Bak Mei Pai non è uno “stile del serpente”, ma la sua filosofia e biomeccanica sono quasi una tesi sulla natura combattiva di questo animale. Enfatizza il Fa Jin (potenza esplosiva a corto raggio), attacchi a sorpresa che nascono da uno stato di quiete, colpi penetranti a punti vitali (occhi, gola, plesso solare) e un atteggiamento aggressivo e implacabile. L’energia non è fluida e sinuosa come nel modello taoista, ma è come un serpente a sonagli: immobile, teso e pronto a scattare con una violenza devastante.
Il Ruolo di Fondatore: Bak Mei rappresenta l’archetipo del “fondatore eretico” o dell’innovatore radicale. È colui che prende un sistema esistente, lo giudica imperfetto e lo riforgia secondo una visione più pragmatica e letale. Se Zhang Sanfeng rappresenta l’anima saggia e fluida del serpente, Bak Mei ne incarna l’aspetto freddo, istintivo e mortale. La sua figura ci mostra come i principi del serpente possano essere interpretati non solo come una via per l’armonia, ma anche come un sentiero per la suprema efficienza combattiva.
PARTE III: I FONDATORI STORICI – I PROGENITORI DI LIGNAGGI SPECIFICI (MÉNPÀI)
Abbandonando il regno del mito, possiamo avvicinarci a figure più storicamente concrete, sebbene le loro biografie siano ancora spesso avvolte nella leggenda. Si tratta dei fondatori di specifiche scuole (Ménpài) che hanno integrato i principi dello Shequan nei loro sistemi, specialmente nel Sud della Cina durante la dinastia Qing. Questi uomini non hanno “inventato” lo Shequan, ma sono gli Zǔshī di stili che ne portano il DNA.
Il Contesto degli Stili Familiari del Sud
Come abbiamo visto, il Sud della Cina, con i suoi spazi ristretti e la sua cultura marziale legata alle società segrete, fu un terreno fertile per lo sviluppo di stili di combattimento a corta distanza. Molti di questi sistemi furono fondati o sistematizzati tra il XVIII e il XIX secolo da maestri che oggi sono venerati come progenitori dei rispettivi lignaggi.
Fok Fu-Chuen e la Nascita del Fu-Jow Pai (虎爪派)
Un esempio perfetto di “fondatore-sintetizzatore” è Fok Fu-Chuen, a cui si attribuisce la fondazione dello stile Fu-Jow Pai, o “Stile dell’Artiglio di Tigre”. La storia del lignaggio narra che lo stile originale fosse un sistema di “Artiglio di Tigre Nero” (Hark Fu Jow) molto potente ma prettamente esterno, discendente dall’Hung Gar di Shaolin. Un maestro di questo lignaggio, Wong Bil-Yi, incontrò un monaco taoista e da lui apprese uno stile interno basato sui movimenti del serpente nero. Il suo successore, Wong Moon-Toy, insegnò a suo nipote, Fok Fu-Chuen, che ebbe il merito di fondere i due sistemi.
Fok Fu-Chuen non creò né la tigre né il serpente. Il suo genio, e il motivo per cui è considerato lo Zǔshī del Fu-Jow Pai moderno, fu quello di aver capito come integrare la potenza esterna, la forza e la stabilità della Tigre (Yang) con la fluidità interna, la precisione e l’energia a spirale del Serpente (Yin). Il risultato fu uno stile incredibilmente completo, capace di generare una forza devastante ma anche di muoversi con astuzia e flessibilità. Fok Fu-Chuen è dunque il fondatore di una interpretazione specifica, di una sintesi unica dei principi del serpente e della tigre.
Il Ruolo dei Maestri Anonimi: I Veri Fondatori Collettivi
Forse la tesi più storicamente accurata, sebbene meno romantica, è che i veri “fondatori” dello Shequan siano stati un’innumerevole schiera di persone i cui nomi sono andati perduti nella storia. Erano guardie del corpo che dovevano proteggere le carovane, soldati che affinavano le tecniche sul campo di battaglia, ribelli che si addestravano in segreto, monaci che dedicavano la vita allo studio del corpo umano, e semplici contadini che sviluppavano metodi di autodifesa per proteggere i loro villaggi.
Ognuna di queste persone ha aggiunto un piccolo pezzo al grande mosaico dello Shequan. Un maestro potrebbe aver scoperto un modo più efficiente per eseguire un colpo di dita; un altro potrebbe aver perfezionato una tecnica di leva articolare osservando un serpente avvolgersi a un ramo; un altro ancora potrebbe aver capito come coordinare il respiro con un movimento ondulatorio per generare più potenza. Queste scoperte venivano poi trasmesse, modificate, messe alla prova e ulteriormente raffinate dalla generazione successiva.
Questo processo, lento, anonimo e collettivo, è la vera “fucina” in cui è stato forgiato lo Shequan. È una creazione popolare, un’opera di intelligenza distribuita nel tempo e nello spazio. Questi maestri sconosciuti sono i veri, silenziosi fondatori dell’arte.
PARTE IV: IL “FONDATORE” MODERNO – LA FIGURA CHE RIVELÒ L’ARTE AL MONDO
Se la storia fin qui ha esplorato la fondazione dell’arte marziale, il XX secolo ha visto la nascita di un nuovo tipo di fondatore: il fondatore culturale, colui che plasma e definisce l’immagine di un’arte per il pubblico di massa. Per lo Shequan, questa figura non è un antico saggio, ma un duo dinamico del cinema di Hong Kong.
Yuen Woo-ping (袁和平) e Jackie Chan (成龍): I Creatori dell’Immaginario Pubblico
Nel 1978, il regista Yuen Woo-ping e un giovane attore di nome Jackie Chan sconvolsero il mondo del cinema di arti marziali con il film “Il serpente all’ombra dell’aquila” (蛇形刁手). Fino a quel momento, il cinema di Kung Fu era dominato dalla figura seria, quasi invincibile e nazionalista di Bruce Lee o dagli eroi stoici dei film degli Shaw Brothers.
Questo film introdusse un paradigma completamente nuovo. Il protagonista, interpretato da Chan, non era un eroe imbattibile, ma un ragazzo delle pulizie goffo e bullizzato. Il suo maestro, interpretato dal padre del regista, Yuen Siu-tien, non era un saggio solenne, ma un vecchio mendicante eccentrico e amante del vino. L’addestramento non era un processo austero, ma una serie di esercizi bizzarri e spesso comici.
La Fondazione di un’Immagine: Sebbene il film utilizzasse autentiche tecniche dello Shequan, il suo vero impatto fu quello di fondare un’immagine e una filosofia dell’arte per milioni di persone. Per la prima volta, lo Shequan veniva presentato non solo come un sistema di combattimento, ma come una via di riscatto per i deboli. La sua filosofia, nel film, era quella dell’underdog: non serve essere i più forti, ma i più astuti, pazienti e resilienti.
L’Impatto Culturale: Il successo del film fu stratosferico. Insieme al suo successore spirituale, “Drunken Master”, lanciò Jackie Chan come la più grande star del cinema d’azione del mondo e rese lo Shequan, da stile esoterico, un’icona della cultura pop. Per chiunque non fosse un praticante devoto, Jackie Chan e Yuen Woo-ping divennero di fatto i “fondatori” della loro comprensione dello Shequan. Hanno creato un mito fondativo moderno, molto più potente e diffuso di qualsiasi antica leggenda. Il loro contributo non è alla storia marziale dello Shequan, ma alla sua storia culturale, un aspetto che, nell’era globale, è altrettanto significativo.
Conclusione: L’Eredità di un Fondatore Collettivo e Anonimo
Alla fine di questo lungo viaggio, la risposta alla domanda iniziale diventa chiara nella sua complessità. La ricerca di un singolo fondatore per lo Shequan è un’impresa futile, basata su un’incomprensione della sua natura. Lo Shequan non ha un padre, ma innumerevoli antenati.
Abbiamo incontrato i suoi fondatori spirituali, saggi mitici come Zhang Sanfeng, che ne hanno distillato l’anima filosofica. Abbiamo incontrato i suoi fondatori accademici, i monaci di Shaolin come Jueyuan, che ne hanno sistematizzato il corpo di conoscenze. Abbiamo incontrato i suoi fondatori eretici, figure come Bak Mei, che ne hanno esplorato il lato più oscuro e letale. Abbiamo incontrato i suoi fondatori di lignaggio, maestri storici come Fok Fu-Chuen, che ne hanno creato sintesi uniche e riconoscibili. E abbiamo incontrato i suoi fondatori culturali, icone moderne come Jackie Chan, che ne hanno trasmesso lo spirito al mondo intero.
Il vero fondatore dello Shequan, quindi, non è un individuo, ma un processo. È il risultato di un’evoluzione durata secoli, alimentata dall’osservazione della natura, dalla necessità della sopravvivenza, dalla riflessione filosofica, dalla creatività individuale e dalla trasmissione segreta. Il suo fondatore è l’intelligenza collettiva del popolo cinese. L’eredità dello Shequan non è la visione di un singolo uomo, ma un tesoro accumulato da un’intera civiltà, un’arte la cui paternità è così vasta e antica da essere, come la natura stessa, magnificamente e irrimediabilmente anonima.
MAESTRI FAMOSI
Un’Indagine tra Lignaggi Nascosti, Eroi del Cinema e l’Anonimato della Vera Maestria
Cercare i “maestri e atleti famosi” dello Shequan è come inoltrarsi in una fitta foresta di bambù al crepuscolo: si intravedono figure imponenti, si sentono fruscii che suggeriscono una vita brulicante, ma la piena luce della celebrità, così come la intendiamo in Occidente, illumina solo pochi, sceltissimi alberi, lasciando il resto del bosco in una penombra densa di mistero e di grandezza nascosta. A differenza di sport moderni con classifiche mondiali e campioni mediatici, o di arti marziali con genealogie chiare e definite, lo Shequan non offre un pantheon di nomi facilmente riconoscibile.
Questa apparente carenza non è un difetto, ma una caratteristica intrinseca che ci costringe a ricalibrare la nostra definizione di “fama”. La fama, nel mondo delle arti marziali cinesi tradizionali, è un concetto a più strati. Esiste la fama storica, quasi mitologica, dei progenitori. Esiste la fama di lignaggio, circoscritta alla reputazione all’interno del Wulìn (武林), il “mondo marziale”, e basata sulla profondità della conoscenza e sull’abilità dei discepoli. Esiste la fama culturale, esplosa a livello planetario grazie al cinema, che ha creato icone immortali. E infine, esiste la fama sportiva, legata ai successi degli atleti nelle competizioni moderne di Wushu.
Questo viaggio alla scoperta dei maestri e atleti famosi dello Shequan sarà dunque un’esplorazione di questi diversi mondi. Incontreremo saggi immortali, eroi popolari, patriarchi di scuole segrete, divi del cinema che hanno definito l’immagine dell’arte per miliardi di persone, e campioni sportivi che ne portano lo spirito nelle arene contemporanee. E, forse, alla fine del percorso, giungeremo alla conclusione che la più alta forma di maestria, in un’arte così sottile, risiede proprio nel trascendere il bisogno di essere famosi.
PARTE I: I MAESTRI DELLA LEGGENDA – LE RADICI DELLA FAMA NELL’ALBA DEI TEMPI
Prima di poter parlare di maestri storici, dobbiamo rendere omaggio alle figure archetipiche la cui fama non è basata su fatti documentati, ma sulla potenza evocativa dei miti di fondazione. Questi non sono semplici racconti, ma le fondamenta su cui poggia la legittimità e il prestigio filosofico di intere correnti marziali. La loro fama è quella dei “santi patroni” spirituali dello Shequan.
Zhang Sanfeng (張三丰): La Fama Trascendente del Saggio Immortale
Nessuna figura è più intimamente legata all’essenza filosofica delle arti interne, e quindi all’anima dello Shequan, di Zhang Sanfeng. Come esplorato in precedenza, la sua leggenda dell’osservazione del combattimento tra il serpente e la gru è il mito fondativo per eccellenza del principio della morbidezza che vince la durezza. Ma qui ci interessa analizzare la natura della sua fama.
La fama di Zhang Sanfeng non è quella di un guerriero con un record di vittorie. È la fama di un saggio taoista, un alchimista, un poeta, una figura quasi immortale che, secondo alcune leggende, visse per oltre duecento anni, attraversando diverse dinastie. La sua è una fama spirituale. Essere collegati a lui non significa solo discendere da un abile combattente, ma essere eredi di una profonda saggezza cosmica. Associare lo Shequan a Zhang Sanfeng significa elevarlo da semplice tecnica di combattimento a metodo per l’armonia con il Tao.
La sua fama è così potente perché offre una legittimazione trascendente. Non dice “quest’arte è forte perché l’ha creata un grande combattente”, ma “quest’arte è profonda perché è nata da un’illuminazione, da una comprensione diretta delle leggi dell’universo”. I maestri che, nel corso dei secoli, hanno rivendicato una discendenza spirituale da Zhang Sanfeng, non stavano necessariamente mentendo sulla loro storia, ma stavano dichiarando la loro adesione a questa filosofia. La fama di Zhang Sanfeng, quindi, non è personale, ma archetipica: egli è il “Maestro Famoso” per antonomasia di tutti coloro che cercano nel movimento del serpente una via per la trascendenza.
I Cinque Anziani di Shaolin e Bak Mei (白眉): La Fama Nata dalla Tragedia e dalla Ribellione
Un’altra potentissima fonte di fama nelle arti marziali del Sud della Cina è la leggenda della distruzione del Monastero di Shaolin da parte dell’imperatore Kangxi della dinastia Qing. Il racconto, che ha innumerevoli varianti, parla di un tradimento che portò all’incendio del tempio e al massacro dei monaci. Solo cinque maestri anziani, i più abili, sarebbero riusciti a fuggire, disperdendosi per la Cina e giurando di preservare le arti di Shaolin e di lottare per rovesciare la dinastia mancese.
Questi Cinque Anziani (五祖, Wǔ Zǔ) sono i progenitori leggendari della maggior parte degli stili del Sud (Hung Gar, Choy Li Fut, Mok Gar, Lau Gar, Li Gar). La loro fama non è quella di saggi solitari, ma di sopravvissuti, ribelli e custodi di un’eredità in pericolo. Essere un discendente marziale di uno dei Cinque Anziani significa essere parte di una storia di resistenza, lealtà e sacrificio.
All’interno di questo mito, emerge una figura controversa e affascinante: Bak Mei, il Sopracciglio Bianco. In molte versioni della storia, Bak Mei è il traditore che si alleò con i Mancesi, portando alla distruzione del tempio. In altre, è uno dei cinque sopravvissuti che, giudicando le arti di Shaolin troppo complesse e inefficaci per il combattimento reale, sviluppò un suo sistema, più diretto e letale.
La fama di Bak Mei è quindi radicalmente diversa da quella degli altri. È una fama oscura, quasi una notorietà. È la fama dell’anti-eroe, del pragmatista spietato, del genio marziale che ha osato rompere con la tradizione. Lo stile che porta il suo nome, pur non essendo formalmente uno “stile del serpente”, ne incarna l’essenza più aggressiva e mortale: attacchi esplosivi a brevissima distanza, una concentrazione assoluta sui punti vitali, e una filosofia basata sull’efficienza totale. Bak Mei è famoso non per la sua virtù, ma per la sua terribile e temuta abilità. È il maestro famoso che rappresenta l’aspetto più pericoloso e letale del serpente.
PARTE II: I CUSTODI DEL LIGNAGGIO – LA FAMA ALL’INTERNO DELLA COMUNITÀ MARZIALE (WULÍN)
Lasciando il regno del mito, entriamo nel Wulìn, il mondo marziale, dove la fama si costruisce sul campo, sulla qualità dell’insegnamento e sulla reputazione tramandata di generazione in generazione. Qui, i “maestri famosi” non sono necessariamente noti al grande pubblico, ma i loro nomi sono pronunciati con riverenza da chi pratica l’arte. Molti di loro non sono specialisti di Shequan, ma maestri di sistemi più ampi che hanno preservato e sviluppato i principi del serpente come parte integrante del loro curriculum.
Wong Fei-hung (黃飛鴻): L’Eroe Popolare e l’Integrazione dello Spirito del Serpente
Forse nessun maestro storico di Kung Fu gode di una fama così vasta e romanzata come Wong Fei-hung (1847–1925). Medico, artista marziale e rivoluzionario, la sua vita è stata la base per oltre cento film e serie televisive, che lo hanno trasformato in un eroe popolare, un simbolo di giustizia e di virtù confuciana.
Wong Fei-hung era un maestro di Hung Gar (洪家), uno dei più importanti stili del Sud, discendente diretto della tradizione di Shaolin. L’Hung Gar è famoso per le sue posizioni potenti, i movimenti forti e stabili e le tecniche della Tigre e della Gru. Tuttavia, il sistema completo dell’Hung Gar include anche la forma del Serpente, Se Ying Kuen (蛇形拳).
La fama di Wong Fei-hung, quindi, diventa un veicolo per la fama dello Shequan. Sebbene fosse conosciuto principalmente per la sua “Tigre”, la sua maestria totale del sistema Hung Gar implicava una profonda conoscenza anche dei principi del serpente. La forma del serpente nell’Hung Gar serve a sviluppare aspetti complementari alla potenza della tigre: la fluidità, la respirazione interna (Qi), la precisione nel colpire i punti vitali e la flessibilità. Insegna al praticante a non essere solo una roccia, ma anche acqua.
Wong Fei-hung, con la sua immensa reputazione di combattente quasi invincibile e di uomo di grande integrità, conferì prestigio a ogni singolo aspetto della sua arte. La sua fama, quindi, non è quella di un “maestro di Shequan”, ma quella di un maestro completo la cui grandezza illumina anche la componente serpentina della sua pratica. È grazie a maestri famosi come lui che i principi dello Shequan sono stati preservati e trasmessi non come uno stile isolato, ma come un elemento essenziale di un sistema di combattimento più olistico.
Ip Man (葉問) e il Wing Chun: Principi Serpentini Nascosti in Piena Vista
Un altro caso affascinante è quello di Ip Man (1893–1972), il patriarca del Wing Chun e maestro di Bruce Lee. La sua fama globale, esplosa postuma grazie alla serie di film biografici interpretati da Donnie Yen, lo ha reso uno dei maestri di Kung Fu più conosciuti del XX secolo.
A prima vista, il Wing Chun sembra l’antitesi dello Shequan. È lineare, diretto, ultra-efficiente, basato su angoli e linee rette. Eppure, a un’analisi più profonda, l’essenza del serpente è presente ovunque.
Economia di Movimento e Attacco ai Punti Vitali: Il Wing Chun rifiuta i movimenti ampi e si concentra su attacchi rapidi e diretti lungo la linea centrale, mirando a bersagli come gola, occhi e plesso solare. È la stessa filosofia di efficienza del serpente.
Sensibilità e Adesione: La pratica del Chi Sao (“mani appiccicose”) è un allenamento per sviluppare una sensibilità tattile estrema, per “sentire” le intenzioni dell’avversario attraverso il contatto, proprio come un serpente sente le vibrazioni.
La Terza Forma, Biu Jee (鏢指): Questa forma, la più avanzata, è quasi un manuale di Shequan. Il suo nome significa “dita che trafiggono” e contiene tecniche di attacco con le dita tese (la “lingua di serpente”) a bersagli molli, e movimenti di gomito a corta distanza che mimano la testa di un serpente che colpisce. La Biu Jee è la “forma di emergenza” del Wing Chun, usata quando la struttura è compromessa, e insegna a recuperare l’equilibrio e a contrattaccare con tecniche fluide e letali.
Ip Man, con la sua fama di maestro pacato, umile ma incredibilmente abile, diventa un ambasciatore involontario di questi principi serpentini. La sua celebrità ha portato milioni di persone a studiare il Wing Chun, e attraverso di esso, a entrare in contatto con l’anima nascosta del serpente: non quella sinuosa e ondulatoria, ma quella precisa, economica e letale.
I Maestri degli Stili Ibridi: Il Caso del Fu-Jow Pai
Esistono poi maestri la cui fama è legata alla creazione o alla diffusione di stili che fondono esplicitamente il serpente con altri animali. Il Fu-Jow Pai (虎爪派), o “Stile dell’Artiglio di Tigre”, è un esempio perfetto. Come già menzionato, questo stile è una sintesi della Tigre Nera di Shaolin e di uno stile del Serpente Nero taoista.
I maestri di questo lignaggio, come Wong Moon-Toy e suo nipote Fok Fu-Chuen, che portò lo stile negli Stati Uniti, sono figure famose all’interno di una nicchia specifica. La loro fama è quella di “sintetizzatori”, maestri che hanno avuto la visione e l’abilità di combinare due energie apparentemente opposte. Sono rispettati per aver creato un sistema unico e per averne preservato la trasmissione. Studiare con un maestro di Fu-Jow Pai significa ricevere l’eredità diretta di questa sintesi. La loro fama non è quella di un eroe popolare o di una star del cinema, ma quella, più modesta ma non meno importante, di capi di un lignaggio unico, custodi di una conoscenza rara.
PARTE III: L’ICONA GLOBALE – LA FAMA CHE TRASCENDE IL WULÌN E CONQUISTA IL MONDO
Tutti i tipi di fama discussi finora impallidiscono di fronte alla celebrità di massa creata dal cinema. Nel XX secolo, un uomo in particolare non si è limitato a praticare lo Shequan: lo ha incarnato, lo ha ridefinito e lo ha presentato al mondo intero, diventandone sinonimo.
Jackie Chan (成龍): L’Ambasciatore Planetario e la Definizione Cinematografica dello Shequan
È impossibile sopravvalutare l’impatto che Jackie Chan (nato nel 1954) ha avuto sulla percezione globale dello Shequan. Prima di lui, l’arte era un concetto esoterico. Dopo di lui, è diventata un’icona della cultura pop. La sua fama non è quella di un maestro, ma di un genio della performance, un atleta straordinario e un innovatore che ha usato lo Shequan come trampolino di lancio per diventare la più grande star del cinema d’azione del mondo.
Il Contesto Storico-Cinematografico: Alla metà degli anni ’70, il mondo del cinema di Hong Kong era in crisi. Bruce Lee era morto improvvisamente nel 1973, lasciando un vuoto incolmabile. I produttori cercavano disperatamente il “nuovo Bruce Lee”, lanciando innumerevoli imitatori che ne copiavano lo stile serio e l’intensità. Jackie Chan, un giovane acrobata della Peking Opera School, tentò questa strada, ma i suoi primi film furono dei fallimenti. Era chiaro che non poteva essere il nuovo Bruce Lee. Doveva essere il primo Jackie Chan.
La Svolta – “Il serpente all’ombra dell’aquila” (1978): La svolta arrivò quando il regista e coreografo Yuen Woo-ping gli diede la possibilità di essere se stesso. Il film fu una rivoluzione. Invece di un eroe invincibile, Jackie interpretava Chien Fu, un ragazzo delle pulizie imbranato e vittima di bullismo. La sua comicità fisica, la sua espressività e la sua vulnerabilità crearono un legame immediato con il pubblico.
L’Analisi della Rappresentazione dello Shequan: Il film è un capolavoro di marketing marziale.
La Coreografia: Yuen Woo-ping creò combattimenti che erano unici. Invece di semplici scambi di colpi, erano delle storie. La coreografia dello Shequan era fluida, intricata, piena di finte, blocchi circolari e attacchi a sorpresa. I movimenti erano complessi, ma sempre chiari e leggibili. Il pubblico poteva vedere la strategia del serpente in azione.
L’Addestramento: Le scene di addestramento sono diventate iconiche. L’esercizio per rubare le ciotole di riso al maestro, i combattimenti con le uova, il condizionamento delle dita contro noci di cocco e vasi di ferro. Questi momenti, sebbene comici, comunicavano al pubblico i principi fondamentali dell’arte: velocità, precisione, tempismo, e la necessità di una dedizione assoluta e di un condizionamento rigoroso.
La Filosofia dell’Underdog: Il messaggio del film era potente. Lo Shequan non era un’arte per i forti e i potenti, ma un’arma per i deboli e gli astuti. Insegnava che con l’intelligenza, la pazienza e la tecnica giusta, si poteva sconfiggere la forza bruta. Questa filosofia risuonò profondamente con il pubblico di tutto il mondo.
Jackie Chan come Atleta: Sebbene non sia un “atleta competitivo” nel senso moderno, le capacità fisiche di Jackie Chan negli anni ’70 e ’80 erano sbalorditive. La sua flessibilità, la sua agilità acrobatica, la sua coordinazione e il suo controllo del corpo erano di livello mondiale. Egli possedeva le qualità fisiche ideali per rappresentare lo Shequan. La sua capacità di contorcersi, di assorbire impatti e di muoversi con fluidità felina rendeva la sua interpretazione dello stile assolutamente credibile e spettacolare.
L’Eredità Duratura: Jackie Chan non è diventato famoso perché praticava lo Shequan. Piuttosto, lo Shequan è diventato famoso perché lo praticava Jackie Chan. La sua immagine mentre esegue la guardia a “testa di serpente” è una delle pose più iconiche nella storia del cinema. Ha creato un mito moderno, un’immagine indelebile che ha completamente plasmato la comprensione popolare di quest’arte, eclissando ogni altra figura. La sua è la fama del creatore di miti, dell’ambasciatore culturale che ha portato un’arte segreta sotto i riflettori del mondo.
Yuen Woo-ping (袁和平) e il Clan Yuen: I Geni dietro le Quinte
La fama di Jackie Chan nello Shequan è inseparabile da quella della famiglia Yuen. Yuen Woo-ping (nato nel 1945), il regista e coreografo, è il vero architetto della rappresentazione cinematografica dello stile. La sua genialità sta nell’aver capito come tradurre i complessi principi marziali in un linguaggio visivo dinamico, comprensibile ed entusiasmante. La sua influenza è immensa, avendo coreografato classici come Drunken Master, Matrix, Crouching Tiger, Hidden Dragon e Kill Bill. La sua fama è quella del maestro visionario, il più grande coreografo di combattimenti della storia del cinema.
Suo padre, Yuen Siu-tien (1912-1979), che interpretò il vecchio maestro sia ne “Il serpente all’ombra dell’aquila” che in “Drunken Master”, era lui stesso un veterano attore e artista marziale della vecchia scuola di Pechino. La sua interpretazione non era solo recitazione; era intrisa di una vita di esperienza. La sua fama è quella dell’archetipo del maestro, il volto burbero ma saggio che è diventato il modello per innumerevoli maestri cinematografici successivi. Insieme, il clan Yuen ha “fondato” l’estetica dello Shequan per il cinema.
PARTE IV: GLI ATLETI NELL’ARENA CONTEMPORANEA – LA FAMA NEL MONDO DELLO SPORT
Passando all’era contemporanea, il concetto di “atleta famoso” ci porta lontano dai campi di battaglia e dai set cinematografici, per entrare nel mondo dello sport competitivo del Wushu moderno.
Wushu Moderno vs. Kung Fu Tradizionale: Una Distinzione Cruciale
È fondamentale capire che il Wushu moderno, sviluppato nella Repubblica Popolare Cinese a partire dagli anni ’50, è uno sport performativo e acrobatico. È diviso in due discipline principali: Taolu (套路), l’esecuzione di forme a solo, e Sanda (散打), il combattimento libero. Nel Taolu, gli atleti non vengono giudicati sull’efficacia marziale, ma su criteri simili a quelli della ginnastica artistica: difficoltà dei movimenti, qualità dell’esecuzione, velocità, potenza e presentazione.
Atleti di Taolu (Forme): La Precisione Estetica del Serpente
Nelle competizioni di Taolu, lo Shequan rientra nella categoria degli stili imitativi (Xiangxingquan). Gli atleti che eseguono una forma di serpente devono dimostrare un’estrema flessibilità della colonna vertebrale, movimenti fluidi e sinuosi, e attacchi rapidi e precisi. La fama, in questo contesto, è legata alle medaglie vinte in competizioni nazionali e internazionali.
Jet Li (李連杰, nato nel 1963): Prima di diventare una superstar del cinema, Jet Li è stato forse il più grande atleta di Wushu della storia. Membro del prestigioso Beijing Wushu Team, fu campione nazionale cinese per cinque anni consecutivi, dal 1975 al 1979, un record tuttora imbattuto. La sua abilità era leggendaria. Sebbene fosse un “all-arounder”, famoso per i suoi Changquan (pugilato del nord) e le forme con armi, le sue esibizioni incarnavano la velocità, la precisione e la grazia che sono al cuore dello Shequan. La sua fama è unica: è quella del campione prodigio che ha poi trasportato la sua autentica abilità atletica nel cinema, conferendo ai suoi ruoli una credibilità ineguagliabile.
Zhao Changjun (赵长军, nato nel 1960): Un altro gigante del Wushu competitivo degli anni ’80, rivale di Jet Li. Zhao Changjun era famoso per la sua incredibile abilità negli stili tradizionali, la sua velocità esplosiva e la sua presenza scenica. Vinse il titolo di campione nazionale cinese per dieci volte consecutive. La sua fama è quella del dominatore assoluto, un atleta che ha definito un’era del Wushu competitivo. Come Jet Li, la sua maestria in una vasta gamma di stili, inclusi quelli imitativi, lo rende una figura di riferimento per qualsiasi discussione sugli atleti di Wushu. La sua pratica ha portato i principi del serpente al più alto livello di espressione atletica.
Atleti di Sanda (Combattimento Libero): L’Essenza del Serpente nella Lotta
Nel Sanda, una forma di kickboxing cinese che include proiezioni, non esiste un “atleta di Shequan”. I combattenti non usano forme, ma tecniche efficaci. Tuttavia, l’essenza del serpente può essere vista nello stile di un combattente. Un atleta di Sanda che si affida all’evasione, al movimento laterale, al contrattacco preciso e alla capacità di frustrare l’avversario con il tempismo piuttosto che con la forza bruta, sta di fatto applicando la strategia del serpente. Figure come il campione di K-1 Muslim Salikhov, soprannominato “Il Re del Kung Fu” per il suo background nel Wushu, dimostrano come l’agilità, la schivata e il contrattacco fulmineo – principi serpentini – possano essere devastanti anche nel combattimento sportivo moderno. La fama qui è quella del combattente efficace, che dimostra la validità dei principi dell’arte in un contesto di piena resistenza.
PARTE V: LA MAESTRIA SILENZIOSA – L’ARCHETIPO DEL MAESTRO SCONOSCIUTO
Infine, dopo aver esplorato le vette della fama mitologica, cinematografica e sportiva, è doveroso concludere con una riflessione sull’oceano di maestria che rimane nascosto. Per ogni Jackie Chan o Jet Li, esistono migliaia di maestri sconosciuti la cui abilità potrebbe essere pari o superiore, ma la cui filosofia di vita li allontana dalla ricerca della celebrità.
Questo è l’archetipo del maestro silenzioso. Potrebbe essere un medico di medicina tradizionale cinese in un piccolo villaggio, un calligrafo, un negoziante, o semplicemente un anziano che pratica ogni mattina all’alba in un parco. La sua fama è puramente locale, confinata alla sua piccola cerchia di studenti e a coloro che, per caso o per fortuna, hanno avuto modo di testimoniare la sua abilità.
Per questi maestri, l’arte marziale non è uno strumento per la fama o la ricchezza. È un percorso di auto-coltivazione (修身, xiūshēn), un metodo per la salute, la longevità e lo sviluppo spirituale. La pratica è la ricompensa. La comprensione profonda di un principio, l’esecuzione perfetta di una forma, la capacità di guarire o di difendersi se necessario, sono questi i veri traguardi. La fama è vista come una distrazione, un fardello che nutre l’ego e allontana dal vero scopo dell’arte.
L’eredità di questi maestri non si trova nelle pagine delle riviste o nei film, ma nei corpi e nelle menti dei loro studenti. La loro è una fama vivente, trasmessa attraverso il contatto umano, una catena ininterrotta di conoscenza che costituisce la vera spina dorsale del Kung Fu tradizionale. Onorare questi maestri sconosciuti è fondamentale per comprendere che la grandezza di un’arte non si misura solo dai suoi rappresentanti più celebri, ma dalla profondità silenziosa della sua pratica.
Conclusione: Un Pantheon di Fama dai Molteplici Volti
In definitiva, la galleria dei maestri e atleti famosi dello Shequan è un mosaico complesso e affascinante. Non è un singolo ritratto, ma una collezione di volti molto diversi, ognuno dei quali rappresenta un aspetto diverso della fama e della maestria.
C’è la fama mitica di Zhang Sanfeng, che conferisce all’arte una profondità filosofica. C’è la fama storica e romanzata di eroi come Wong Fei-hung, che ne attestano la validità all’interno di sistemi di combattimento completi. C’è la fama travolgente e globale di Jackie Chan, che ne ha definito l’immagine per il mondo intero, trasformandola in un’icona culturale. C’è la fama atletica di campioni come Jet Li e Zhao Changjun, che ne hanno dimostrato l’eccellenza estetica e fisica nell’arena sportiva.
E poi c’è la non-fama, la maestria silenziosa dei praticanti anonimi, che ne costituiscono l’anima più autentica e nascosta. La figura più “famosa” dello Shequan è senza dubbio Jackie Chan, la cui influenza culturale è innegabile e senza precedenti. Ma la sua immagine brillante è solo la punta visibile di un iceberg immenso e antico. La vera ricchezza e la vera storia dello Shequan risiedono in quella massa sommersa, in quel patrimonio di conoscenze custodito e tramandato da innumerevoli maestri il cui più grande successo, forse, è stato proprio quello di non aver mai sentito il bisogno di essere famosi.
LEGGENDE, CURIOSITA', STORIE E ANEDDOTI
Un’arte marziale non è soltanto un insieme di posture, colpi e strategie. È un ecosistema culturale, un mondo vivo nutrito da un flusso costante di narrazioni. Le leggende, le curiosità, le storie e gli aneddoti non sono semplici ornamenti folcloristici attaccati a un sistema di combattimento; sono il suo tessuto connettivo, il suo sistema nervoso. Sono strumenti pedagogici di incredibile potenza, capaci di trasmettere le verità più profonde, i valori etici e le lezioni strategiche in una forma memorabile, umana e infinitamente più affascinante di un manuale tecnico.
Attraverso queste storie, i principi astratti dello Shequan – la fluidità, la pazienza, la precisione letale – prendono vita, incarnandosi in saggi immortali, monaci guerrieri, maestri dal tocco mortale e persino in icone del cinema. Ci insegnano che la vera forza non risiede solo nel corpo, ma nella mente, nello spirito e nella capacità di comprendere le leggi segrete della natura e del combattimento.
Questo viaggio ci condurrà attraverso i diversi strati narrativi che avvolgono la Boxe del Serpente. Esploreremo i grandi miti che ne raccontano le origini cosmiche, le leggende che descrivono la maestria sovrumana dei suoi praticanti, le bizzarre e affascinanti curiosità legate ai suoi metodi di allenamento, e infine gli aneddoti moderni, nati sui set cinematografici, che hanno proiettato la sua immagine nell’immaginario collettivo globale. Preparatevi ad ascoltare le storie sussurrate nel nido del serpente, perché è in esse che si cela la sua anima più autentica.
PARTE I: I MITI DI FONDAZIONE – RACCONTI DELL’ORIGINE TRA CIELO E TERRA
Ogni grande tradizione ha bisogno di un mito fondativo, una storia delle origini che la collochi in una dimensione quasi sacra. Per lo Shequan e le arti a esso affini, questi miti non parlano di semplici invenzioni umane, ma di rivelazioni, di illuminazioni scaturite dall’osservazione diretta delle forze primordiali della natura.
Il Serpente contro la Gru: L’Illuminazione di Zhang Sanfeng – Analisi Approfondita di un Mito Archetipico
Questa è, senza dubbio, la leggenda più importante e influente nel mondo delle arti marziali interne cinesi, un racconto che funge da pietra angolare per la filosofia di stili come il Taijiquan, il Baguazhang e, per estensione, per tutte le varianti dello Shequan che ne condividono i principi.
La Narrazione Dettagliata del Mito: La leggenda ci trasporta sulle cime nebbiose e remote dei Monti Wudang, dimora di eremiti e saggi taoisti. Qui viveva un uomo di nome Zhang Sanfeng, una figura semi-mitica, già considerato un maestro di arti marziali “esterne”, probabilmente quelle apprese nel famoso Monastero di Shaolin. Un giorno, mentre era immerso nella meditazione o nello studio, la sua attenzione fu catturata da un suono insolito. Avvicinatosi, fu testimone di una scena straordinaria: un’elegante gru bianca e un sinuoso serpente nero erano impegnati in un duello mortale.
La gru, creatura fiera e aggressiva, rappresentazione della forza Yang, attaccava con furia. Si lanciava in picchiata, tentando di perforare il serpente con il suo becco aguzzo come una lancia. Sbatteva le sue ampie ali per sbilanciare e colpire, e usava le sue zampe artigliate per tentare di afferrare e schiacciare il suo avversario. Ogni suo movimento era diretto, lineare, carico di un’intenzione palese e di una forza esplosita.
Il serpente, invece, era la perfetta incarnazione dello Yin. Non oppose mai la sua modesta forza alla furia della gru. Quando il becco aguzzo calava, il suo corpo si contorceva, schivando il colpo per un soffio. Quando le ali sferzavano l’aria, esso si appiattiva al suolo, presentando un bersaglio minimo. A ogni attacco, il serpente cedeva, fluiva, si avvolgeva e si svolgeva con una grazia liquida. Non c’era un solo movimento rigido nel suo corpo. Presentava sempre una superficie curva e sfuggente, sulla quale la forza lineare della gru si scaricava senza effetto. Era paziente, calmo, vigile. Conservava la sua energia, studiando il suo avversario, attendendo l’apertura, l’attimo di vulnerabilità. E quell’attimo arrivò. La gru, frustrata dall’inefficacia dei suoi assalti e affaticata dallo sforzo, esitò per una frazione di secondo, scoprendo la gola. In quell’istante, l’immobilità del serpente si trasformò in un’esplosione di velocità. Scattò, fulmineo e preciso, e affondò il suo morso.
L’Analisi Simbolica Stratificata: Questa storia è un koan, un paradosso meditativo in forma di racconto. Ogni suo elemento è carico di un significato profondo:
Yin e Yang: È la rappresentazione più pura della dinamica cosmica. La gru è Yang: maschile, celeste, attiva, aggressiva, luminosa. Il serpente è Yin: femminile, terrestre, passivo (in apparenza), ricettivo, oscuro. La vittoria del serpente non è la vittoria del “male” sul “bene”, ma la dimostrazione che lo Yin e lo Yang non sono opposti, ma complementari, e che la vera maestria risiede nel comprendere e utilizzare entrambi.
Morbidezza contro Durezza: La lezione più ovvia. La forza bruta e rigida della gru si infrange contro la cedevolezza intelligente del serpente. È il principio dell’acqua che, pur essendo la più morbida delle sostanze, può erodere la roccia più dura.
Intelligenza contro Forza Bruta: Il serpente vince non perché è più forte, ma perché è più intelligente. La sua è una vittoria strategica. Usa la pazienza, l’inganno, la conservazione dell’energia e il tempismo perfetto. È un monito per ogni artista marziale: l’abilità tattica è superiore alla mera potenza fisica.
Circolarità contro Linearità: Dal punto di vista biomeccanico, è la vittoria del movimento circolare e a spirale su quello lineare. Gli attacchi diretti della gru sono prevedibili. I movimenti sinuosi del serpente sono imprevedibili e permettono di deviare la forza invece di assorbirla.
L’Impatto Filosofico: La leggenda di Zhang Sanfeng è l’atto di nascita concettuale delle arti marziali interne. Essa fornisce una nobile origine e una profonda giustificazione filosofica a un approccio contro-intuitivo al combattimento. Per lo Shequan, questa storia è fondamentale perché ne eleva i principi da semplice imitazione animale a espressione di una legge universale.
La Genesi dei Cinque Animali di Shaolin: La Leggenda del Lavoro Collettivo
Se la storia di Zhang Sanfeng è un’epifania solitaria, la leggenda della creazione degli stili dei Cinque Animali di Shaolin è un racconto di ricerca, collaborazione e sintesi. Narra del monaco Jueyuan che, sentendo che le originali “18 Mani di Arhat” non erano un sistema completo, intraprese un viaggio attraverso la Cina insieme a due maestri laici, Li Sou e Bai Yufeng.
Il Simbolismo dei Cinque Animali: Al loro ritorno a Shaolin, dopo aver incontrato i più grandi esperti del paese, i tre maestri integrarono le loro scoperte, creando il sistema dei Wu Xing Quan (五形拳). Questo sistema non era un semplice elenco, ma un pantheon di archetipi marziali, ognuno dei quali sviluppava qualità specifiche:
La Tigre (虎, Hǔ): Rappresentava la forza bruta, la potenza delle ossa e dei tendini, l’aggressività diretta. Sviluppava un gǔjìn (勁骨), una forza scheletrica.
Il Leopardo (豹, Bào): Simboleggiava la velocità, l’agilità e la potenza muscolare esplosiva a corto raggio. Sviluppava un lìjìn (勁力), una forza muscolare.
La Gru (鶴, Hè): Incarnava l’equilibrio, la pazienza, la stabilità su una gamba sola e la capacità di colpire punti vitali da lontano. Sviluppava un jīngjìn (勁精), una forza essenziale e concentrata.
Il Drago (龍, Lóng): Rappresentava la coltivazione dello spirito (Shen), la flessibilità della vita e la capacità di muoversi in modo imprevedibile, unendo cielo e terra. Sviluppava uno shénjìn (勁神), una forza spirituale.
Il Serpente (蛇, Shé): Era il maestro del Qi (氣), l’energia interna. Insegnava la flessibilità, la resistenza, la respirazione profonda e la capacità di colpire i punti deboli con precisione e velocità. Sviluppava un qìjìn (勁氣), una forza energetica.
La Lezione della Sintesi: Questa leggenda insegna che un sistema marziale completo non può basarsi su una sola qualità. La vera maestria deriva dalla capacità di integrare aspetti diversi: la durezza della tigre e la morbidezza del serpente, l’equilibrio della gru e la velocità del leopardo, il tutto unito dallo spirito del drago. Lo Shequan, in questa visione, non è un’arte a sé stante, ma una componente essenziale e indispensabile di un percorso olistico verso la perfezione marziale.
PARTE II: RACCONTI DI MAESTRIA E POTERE SOVRUMANO – LEGGENDE DEI PRATICANTI
Dai miti delle origini passiamo alle leggende che circondano i praticanti stessi, storie che ne descrivono le abilità quasi sovrumane e che servono a illustrare il potenziale nascosto dell’arte.
Il Tocco Mortale (Dim Mak): Realtà, Mito e la Paura del Serpente Umano
Nessuna leggenda è più terrificante e affascinante di quella del Dim Mak (點脈) in cantonese, o Dian Xue (點穴) in mandarino, letteralmente “premere le vene” o “toccare i punti cavi”. Si tratta della presunta capacità di un maestro di causare la morte, la paralisi o una malattia grave con un tocco apparentemente leggero, colpendo specifici punti di pressione in momenti precisi della giornata, in accordo con il ciclo di circolazione del Qi nei meridiani secondo la Medicina Tradizionale Cinese.
Storie e Aneddoti: La letteratura e il folclore del Kung Fu sono pieni di questi racconti. Si narra di maestri che, insultati, sfioravano l’aggressore per poi andarsene, e questi moriva giorni dopo, senza una ragione apparente. Si parla di colpi che non lasciavano alcun segno, ma che causavano danni interni devastanti. Queste storie hanno alimentato per secoli un’aura di timore e di mistero attorno ai maestri di arti interne.
Analisi Critica: Fatto e Finzione: È fondamentale separare il mito dalla realtà.
La Base Anatomica (il Fatto): Esistono nel corpo umano punti estremamente vulnerabili: centri nervosi (plesso solare, nervo vago nel collo), arterie superficiali (carotide, tempia), articolazioni fragili e organi non protetti. Un colpo preciso e ben assestato in una di queste zone, anche se non richiede una forza immensa, può causare shock, svenimento, paralisi temporanea o, in casi estremi, la morte. Questa è una conoscenza anatomica, non magica.
L’Elaborazione Mitologica (la Finzione): L’idea del “tocco della morte ritardata”, dei colpi che uccidono a distanza di giorni o settimane, e la necessità di colpire in un’ora specifica del giorno, appartengono quasi certamente al regno della leggenda. Sono esagerazioni nate per accrescere la reputazione di un maestro o per spaventare i nemici.
Il Collegamento con lo Shequan: Perché questa leggenda è così visceralmente legata allo Shequan? Perché il morso di un serpente velenoso è l’analogia naturale perfetta per il Dim Mak. È un attacco piccolo, quasi impercettibile, che non si basa sulla forza bruta ma sull’iniezione di una sostanza letale in un punto preciso. Allo stesso modo, il praticante di Shequan, con le sue tecniche di dita, non mira a rompere le ossa, ma a “iniettare” la sua forza (Jin) nei punti deboli dell’avversario, per perturbarne il sistema nervoso o circolatorio. Lo Shequan è la manifestazione fisica della filosofia del Dim Mak: massima efficacia con il minimo sforzo apparente.
Le Dita d’Acciaio: Storie sul Condizionamento della “Lingua di Serpente”
Direttamente collegata al Dim Mak è la curiosità sui metodi di condizionamento delle dita, necessari per eseguire tecniche come la “Lingua di Serpente” (Shé Xìn).
Racconti di Addestramento Estremo: Le storie che circondano questo tipo di allenamento sono leggendarie e spesso terrificanti. Si narra di monaci e maestri che dedicavano decenni a questo processo. Iniziavano spingendo le dita migliaia di volte in secchi pieni di fagioli secchi, per poi passare a sabbia, a ghiaia, a sfere di ferro, e persino a sabbia riscaldata nel wok. Un altro esercizio leggendario consisteva nell’eseguire flessioni su due dita, o addirittura su un solo dito, per sviluppare una forza e una resistenza incredibili.
La Metamorfosi del Corpo: Il significato di queste storie va oltre il semplice masochismo. Rappresentano un concetto filosofico centrale: la capacità della volontà umana (Yi) e della pratica costante (Gongfu) di trasmutare il corpo. Le dita, le parti più deboli e delicate della mano, possono diventare, attraverso uno sforzo quasi inimmaginabile, armi più dure e penetranti dell’acciaio. È un potente racconto di autodisciplina e trasformazione alchemica.
Aneddoti di Efficacia: A corollario di queste storie di allenamento, ci sono aneddoti, probabilmente iperbolici, sulle loro conseguenze. Si racconta di maestri capaci di spegnere una candela a distanza con lo spostamento d’aria di un colpo di dita, di perforare una tavola di legno, di strappare pezzi di corteccia da un albero o di lasciare l’impronta delle dita su un’anguria senza romperla. Veri o falsi, questi aneddoti servono a illustrare il risultato finale di tale condizionamento: una forza focalizzata, penetrante e terrificante.
PARTE III: CURIOSITÀ E METODI DI ALLENAMENTO BIZZARRI – I SEGRETI DELLA PRATICA QUOTIDIANA
Oltre alle grandi leggende, il mondo del Kung Fu è ricco di aneddoti e curiosità su metodi di allenamento non convenzionali, progettati per sviluppare abilità specifiche in modi creativi.
L’Albero che Sanguina e la Pratica del “Corpo di Serpente”
Lo sviluppo di un corpo fluido e connesso è centrale nello Shequan. Le storie su come ottenere questo risultato sono affascinanti.
Curiosità sull’Onda Corporea: Si narra di maestri la cui colonna vertebrale era così flessibile e il cui controllo del corpo così totale da poter compiere prodezze incredibili. Un aneddoto parla di un maestro che, appoggiando una mano al tronco di un piccolo albero, era in grado di generare un’onda di energia interna (Jin) così potente da far cadere una singola foglia dall’altro lato, senza scuotere visibilmente l’albero. Un altro racconta di un maestro che, in posizione prona, poteva muovere i muscoli della schiena in modo così sinuoso da far muovere una ciotola piena d’acqua appoggiata su di essa senza versarne una goccia.
L’Aneddoto dell’Albero che Sanguina: Una storia famosa, anche se fisiologicamente impossibile, è quella del “palmo che uccide l’albero”. Narra di un praticante che si allenava ogni giorno a colpire lo stesso albero con una tecnica di palmo interna. Dopo anni, l’albero, apparentemente sano all’esterno, iniziò a perdere linfa e infine morì. La leggenda vuole che il Qi e il Jin penetranti del maestro avessero distrutto la struttura interna dell’albero. Sebbene sia una favola, è una metafora potentissima per descrivere la natura della forza interna: un’energia che non si ferma alla superficie, ma penetra in profondità per danneggiare dall’interno.
Catturare le Mosche con le Bacchette: Aneddoti sulla Velocità e la Precisione
Questa è una delle immagini più iconiche e ricorrenti nella cultura del Kung Fu, resa famosa da film come “Karate Kid”, ma le sue radici sono molto più antiche. È un aneddoto perfetto per illustrare i principi dello Shequan.
La Narrazione dell’Aneddoto: Un giovane allievo impaziente chiede al suo vecchio maestro come poter diventare più veloce. Il maestro, senza dire una parola, gli porge un paio di bacchette e gli ordina di catturare una delle tante mosche che ronzano nella stanza. Lo studente, ovviamente, fallisce miseramente per giorni, settimane, mesi. Si agita, si frustra, si arrabbia. Poi, un giorno, esausto e rassegnato, smette di “provare”. Svuota la mente, entra in uno stato di calma concentrazione, e in un lampo, senza pensare, le sue bacchette scattano e catturano una mosca.
Analisi della Lezione: Questo racconto è una parabola geniale. L’esercizio non serve a imparare a catturare mosche. Serve a insegnare lezioni fondamentali:
La Calma prima della Velocità: La vera velocità non nasce dall’agitazione, ma da uno stato di totale quiete mentale e fisica.
La Connessione Occhio-Mente-Mano: È un esercizio per affinare la coordinazione neuro-muscolare, per ridurre al minimo il tempo che intercorre tra la percezione visiva (l’occhio), la decisione (la mente) e l’azione fisica (la mano).
Pazienza e Perseveranza: Insegna che la maestria non si ottiene dall’oggi al domani, ma richiede una pratica diligente e apparentemente senza senso.
Wu Wei, l’Azione Spontanea: La mosca viene catturata solo quando lo studente smette di “cercare” di catturarla e lascia che l’azione accada spontaneamente. È la perfetta metafora dell’attacco del serpente: un’azione istintiva e perfetta che scaturisce dalla quiete.
“Bere il Vino del Serpente”: Curiosità sulla Medicina Tradizionale
Un aspetto affascinante e spesso trascurato è lo stretto legame tra Kung Fu e Medicina Tradizionale Cinese.
La Leggenda del Vino Medicato: Una curiosità molto diffusa riguarda l’uso di vini e linimenti speciali. Il più famoso è il Dit Da Jow (鐵打酒), un linimento a base di alcol in cui vengono macerate dozzine di erbe. Veniva usato per massaggiare le contusioni, i traumi e le aree del corpo sottoposte a condizionamento, per accelerare la guarigione e ridurre il dolore. Oltre a questo, esistevano tonici da bere. Una leggenda popolare, e una pratica reale in alcune zone, era quella di creare un “vino di serpente”, lasciando in infusione nell’alcol un serpente intero (spesso velenoso, dopo aver rimosso il veleno). Si credeva che questo trasferisse le qualità del serpente – la sua vitalità, la sua flessibilità, la sua “essenza” o Jing – a chi lo beveva, potenziandone la salute e l’abilità marziale. Questa curiosità ci mostra una visione olistica dell’arte, dove l’allenamento, l’alimentazione e la medicina erano parti interconnesse dello stesso percorso.
PARTE IV: STORIE E ANEDDOTI DAL MONDO DEL CINEMA – LA CREAZIONE DI UNA MITOLOGIA MODERNA
Nel XX e XXI secolo, una nuova, potentissima fonte di leggende si è aggiunta a quelle antiche: il cinema. Per lo Shequan, il cinema di Hong Kong non è stato solo un mezzo di diffusione, ma un vero e proprio creatore di miti moderni.
La Nascita di un’Icona: L’Aneddoto del Dente Perduto di Jackie Chan
Durante le riprese del combattimento finale de “Il serpente all’ombra dell’aquila”, Jackie Chan affrontava l’attore e maestro di Taekwondo coreano Hwang Jang-lee. Hwang, famoso per la potenza devastante dei suoi calci, in una delle scene colpì accidentalmente Jackie Chan in pieno volto con un calcio, facendogli saltare un dente. L’aneddoto, raccontato dallo stesso Jackie in innumerevoli interviste, vuole che lui, sanguinante, abbia raccolto il dente, se lo sia messo in tasca e abbia insistito per finire la ripresa.
Significato dell’Aneddoto: Questa storia, vera o leggermente romanzata, è diventata parte della leggenda di Jackie Chan. Ha contribuito a creare la sua immagine di performer instancabile e quasi indistruttibile, disposto a sacrificare il proprio corpo per l’arte. Per estensione, ha conferito un’aura di “pericolosa autenticità” al combattimento cinematografico. Lo Shequan del film non era più solo una danza elegante; era un’arte forgiata nel dolore e nel sangue, rendendola, agli occhi del pubblico, ancora più “reale”.
“Il Cesto e le Ciotole”: L’Aneddoto dietro l’Iconica Scena di Addestramento
Le scene di allenamento nei film di Yuen Woo-ping e Jackie Chan sono leggendarie quanto i combattimenti. L’aneddoto sulla loro creazione è rivelatore. Stanchi dei soliti allenamenti noiosi mostrati nei film di Kung Fu (posizioni statiche, pugni all’aria), decisero di inventare qualcosa di nuovo.
La Storia della Coreografia: Si racconta che l’idea per la famosa scena in cui il maestro cerca di rubare un cesto a Jackie, che deve difenderlo usando solo le braccia, sia nata per caso, improvvisando sul set. Volevano un modo per visualizzare i principi del trapping, del controllo dello spazio e dei blocchi circolari. Allo stesso modo, la scena delle ciotole di riso, dove Jackie deve imparare a muovere le braccia con precisione per non farsele rubare dal maestro, fu un’invenzione geniale per tradurre visivamente l’idea di velocità, riflessi e controllo a distanza ravvicinata. Questi non erano esercizi presi da un manuale di Shequan, ma sono diventati, grazie al potere del cinema, gli esercizi di Shequan più famosi al mondo. Sono aneddoti che ci mostrano come nasce una leggenda moderna.
Il Serpente Contro l’Aquila: Aneddoti sulle Coreografie degli Scontri Animali
La logica dietro i combattimenti finali è un’altra fonte di aneddoti interessanti. Yuen Woo-ping non creava semplici scazzottate, ma narrazioni cinetiche.
La Logica della Coreografia: L’aneddoto sulla progettazione del combattimento finale contro lo stile dell’Artiglio dell’Aquila è che ogni sequenza fu studiata per essere una “risposta” del serpente all’aquila. Lo stile dell’Aquila si basa su prese potenti (Qin Na) per rompere le articolazioni. La coreografia di Yuen Woo-ping e Jackie Chan, quindi, si concentrava su movimenti evasivi, torsioni del polso e rotazioni del corpo per “scivolare” via dalle prese, per poi contrattaccare nei punti ciechi. Ogni scambio era una tesi e un’antitesi. Questo aneddoto rivela l’intelligenza dietro la coreografia, che non era solo acrobatica, ma una vera e propria lezione di strategia marziale, la leggenda di Zhang Sanfeng raccontata con stuntmen e macchine da presa.
Conclusione: Il Potere Vivente delle Storie
Dai miti cosmici dei saggi taoisti alle storie di brutale condizionamento fisico, dalle bizzarre curiosità sui metodi di allenamento agli aneddoti nati sotto i riflettori di Hong Kong, il mondo dello Shequan è intriso di narrazioni. Queste storie sono molto più che semplici passatempi. Sono il veicolo attraverso cui i valori, la filosofia e l’anima di un’arte vengono trasmessi attraverso le generazioni.
Le leggende ci insegnano perché pratichiamo, collegandoci a un’eredità di saggezza e di coraggio. Le curiosità e gli aneddoti ci insegnano come pratichiamo, illustrando i principi fondamentali in modi creativi e indimenticabili. Esse ci ricordano che lo Shequan non è un sistema statico e polveroso, ma una tradizione viva, che continua a generare nuove storie e a ispirare nuove generazioni di praticanti. Ascoltare queste storie significa capire che per padroneggiare il corpo del serpente, bisogna prima comprenderne il cuore, e il suo cuore batte al ritmo dei racconti che, da secoli, ne custodiscono la fiamma.
TECNICHE
Un’Analisi Enciclopedica delle Tecniche dello Shequan
Le tecniche dello Shequan sono molto più di un semplice catalogo di movimenti. Sono la manifestazione fisica di una filosofia, la traduzione in linguaggio corporeo dei principi di fluidità, efficienza, inganno e precisione letale che definiscono l’essenza del serpente. Ogni gesto, dal più impercettibile spostamento di peso al più fulmineo degli attacchi, è intriso di uno scopo strategico e di una profonda comprensione della biomeccanica umana. Comprendere l’arsenale tecnico dello Shequan significa decodificare questo linguaggio, imparando a vedere non solo la forma esterna di un movimento (Xíng), ma anche il principio interno che lo anima (Yì).
Nell’universo delle arti marziali cinesi, il concetto di Yòng Fǎ (用法), ovvero il “metodo di applicazione”, è sovrano. Una tecnica, per quanto elegante o complessa, è priva di valore se non viene applicata con il giusto tempismo, la giusta distanza e la corretta intenzione. Lo Shequan è un maestro di Yòng Fǎ. Il suo arsenale non è progettato per la dimostrazione di forza bruta, ma per l’applicazione chirurgica della tecnica nel momento di massima vulnerabilità dell’avversario.
Questa esplorazione ci condurrà in un viaggio dettagliato attraverso l’arsenale del serpente. Partiremo dalle sue “zanne”, le sofisticate tecniche di mano; ci inoltreremo nelle sue “spire”, analizzando l’uso del corpo per generare potenza e controllo; seguiremo il suo “scivolare”, studiando il gioco di gambe e le tecniche di calcio; e infine, uniremo tutti questi elementi per esaminare i concetti strategici avanzati che rendono lo Shequan un’arte tanto temibile quanto affascinante.
PARTE I: LE ZANNE DEL SERPENTE – LE TECNICHE DI MANO (SHǑU FǍ – 手法)
Le mani sono le armi primarie dello Shequan, gli strumenti attraverso cui viene finalizzata la strategia dell’arte. Non vengono usate in modo generico, ma modellate in configurazioni specifiche, o Shǒu Xíng (手型), ognuna delle quali è uno strumento specializzato, progettato per un compito preciso. Queste non sono semplici “posizioni”, ma complesse strutture biomeccaniche che massimizzano l’efficacia dell’impatto su bersagli specifici.
La Lingua di Serpente (Shé Xìn – 蛇信)
Questa è forse la tecnica di mano più iconica e rappresentativa dello Shequan, l’epitome della sua filosofia di precisione letale.
Descrizione Biomeccanica: La “Lingua di Serpente” non è una singola forma, ma una famiglia di tecniche che utilizzano le dita come arma penetrante. La variante più comune prevede che le quattro dita (dall’indice al mignolo) siano tese e strettamente unite, con il pollice piegato e premuto contro il lato dell’indice per fornire supporto strutturale. Il polso è solitamente dritto o leggermente flesso per allineare le ossa dell’avambraccio con la punta delle dita, creando una linea di forza diretta. Esistono varianti a due dita (indice e medio, per una maggiore penetrazione) o a un dito (generalmente l’indice), che richiedono un condizionamento ancora più estremo.
Principio Sottostante: Il principio è quello della penetrazione focale. Invece di disperdere la forza su una superficie ampia come un pugno, la Shé Xìn concentra tutta l’energia del corpo su una superficie minuscola, la punta delle dita. Questo permette di bypassare la muscolatura superficiale dell’avversario per attaccare direttamente i tessuti molli, i centri nervosi e gli organi sensoriali. L’attacco non è una spinta, ma un colpo a frusta, rapido e quasi vibrante, che si ritrae immediatamente dopo l’impatto, mimando il movimento fulmineo della lingua di un serpente.
Applicazioni Tattiche: La Shé Xìn è un’arma chirurgica, inutile contro bersagli duri come la fronte o il petto, ma devastante contro i punti più vulnerabili del corpo umano. I bersagli primari includono:
Gli Occhi: L’applicazione più ovvia e pericolosa.
La Gola: Specificamente la fossa giugulare o i lati del collo (arteria carotide e nervo vago).
Le Tempie: Un punto debole del cranio.
Il Plesso Solare: Per causare uno shock respiratorio.
I Punti di Pressione: Come la zona sottoascellare, l’interno delle cosce, o i punti lungo le braccia per causare dolore acuto e disfunzione motoria.
Metodi di Allenamento: Sviluppare una “Lingua di Serpente” efficace è un processo lungo e arduo che richiede un condizionamento estremo per rafforzare le dita e le articolazioni. L’allenamento tradizionale include:
Spinte delle dita: Eseguire migliaia di colpi contro superfici progressivamente più dure: sacchi di carta pieni di riso, poi fagioli secchi, poi sabbia, e infine ghiaia o sfere di ferro.
Flessioni sulle dita: Per sviluppare la forza strutturale delle dita e dei polsi.
Esercizi di precisione: Praticare il colpo contro bersagli piccoli e in movimento, come una pallina appesa a un filo, per affinare la coordinazione occhio-mano.
Errori Comuni: Un errore tipico è quello di irrigidire il polso e il braccio, trasformando il colpo in una spinta lenta e prevedibile. La tecnica deve rimanere rilassata fino all’ultimo istante. Un altro errore è tentare di usarla senza un adeguato condizionamento, il che porta quasi certamente a fratture o lussazioni delle dita.
Connessione Filosofica: La Shé Xìn è l’essenza dello Shequan: non si oppone alla forza, la aggira. Ignora l’armatura muscolare dell’avversario per colpire direttamente i suoi punti deboli. È l’intelligenza che trionfa sulla forza bruta, l’efficienza massima con il minimo sforzo apparente.
La Testa di Serpente (Shé Tóu – 蛇頭)
Se la Lingua di Serpente è il bisturi, la Testa di Serpente è un martello da riflessi, un’arma contundente ma precisa.
Descrizione Biomeccanica: La mano viene chiusa a pugno, ma invece di colpire con le nocche frontali (metacarpi), le dita vengono leggermente ritratte in modo che la superficie di impatto sia costituita dalle nocche prossimali (le seconde articolazioni delle dita). Il polso viene mantenuto estremamente flessibile, permettendo alla “testa” della mano di scattare in avanti con un movimento a frusta, simile a quello di un serpente che colpisce con la testa.
Principio Sottostante: Il principio è quello di un impatto contundente focalizzato. A differenza di un pugno tradizionale, che mira a rompere, la Shé Tóu mira a scioccare il sistema nervoso o a causare un dolore sordo e profondo nei muscoli. La flessibilità del polso permette di generare una grande velocità e di colpire da angolazioni inaspettate, aggirando la guardia dell’avversario.
Applicazioni Tattiche: La Shé Tóu è più versatile della Shé Xìn e può essere usata contro una gamma più ampia di bersagli, sia duri che molli:
Costole fluttuanti: Un colpo secco qui può causare un intenso dolore e difficoltà respiratorie.
Muscoli: Colpire i bicipiti, i quadricipiti o i muscoli del collo per causare un “blocco” temporaneo o un crampo.
Plesso Solare e Stomaco: Per un effetto “wind-knocking”.
Mascella e Lati della Testa: Per un effetto stordente.
Metodi di Allenamento: L’allenamento si concentra sulla flessibilità e sulla forza esplosiva del polso. Esercizi comuni includono:
Colpire colpitori o sacchi pesanti con la corretta forma della mano per condizionare le nocche.
Esercizi con pesi leggeri per rafforzare i muscoli dell’avambraccio e aumentare la velocità del “colpo di frusta” del polso.
Errori Comuni: L’errore principale è colpire con il polso rigido, perdendo la caratteristica velocità a “scatto”. Un altro errore è colpire con la parte sbagliata delle nocche, rischiando infortuni alle dita.
Connessione Filosofica: La Shé Tóu rappresenta l’aspetto più diretto e “stordente” del serpente. È l’attacco di un serpente non velenoso che si affida allo shock dell’impatto per sopraffare la preda. Rappresenta la capacità di essere efficaci senza essere necessariamente penetranti, un’altra sfumatura della versatilità dell’arte.
La Bocca del Serpente (Shé Kǒu – 蛇口)
Questa tecnica trasforma la mano da uno strumento percussorio a uno strumento di controllo, presa e attacco alla gola.
Descrizione Biomeccanica: La mano si apre, e la zona tra il pollice e l’indice viene tesa a formare una “C” o una “U” rigida. Questa struttura, nota in molte arti come “Bocca della Tigre” (Hǔ Kǒu), nello Shequan assume una connotazione più sottile e avvolgente. Le dita possono rimanere tese o leggermente curve.
Principio Sottostante: Il principio è duplice: controllo e attacco mirato. La forma a “C” è perfetta per agganciare, afferrare e manipolare gli arti o il collo dell’avversario. La parte carnosa e rigida alla base del pollice e dell’indice diventa essa stessa una superficie di impatto.
Applicazioni Tattiche: La Shé Kǒu è incredibilmente versatile:
Attacco alla Gola: È l’applicazione più letale. La forma si adatta perfettamente alla trachea, permettendo di colpire, schiacciare o strappare.
Qin Na (擒拿) – Tecniche di Leva e Presa: La Shé Kǒu è lo strumento ideale per applicare leve articolari al polso, alle dita o al gomito dell’avversario. Permette di “mordere” l’arto e di usare movimenti a spirale per controllarlo e bloccarlo.
Controllo e Deviazione: Può essere usata per “agganciare” il braccio dell’avversario durante un attacco, reindirizzandone la forza e creando un’apertura per un contrattacco con l’altra mano.
Colpi a Punti di Pressione: Può essere usata per “pizzicare” o colpire nervi superficiali, come quelli sul collo o sulle braccia.
Metodi di Allenamento: L’allenamento si focalizza sullo sviluppo della forza nella presa e nella struttura della mano:
Esercizi di presa: Stringere palline di gomma dura, anelli per la forza della mano o i tradizionali vasi di terracotta pesanti, afferrandoli per il bordo.
Partner Drills (Chi Sao/Tui Shou): Esercizi in coppia per sviluppare la sensibilità e la capacità di applicare e contrastare le tecniche di presa in un contesto dinamico.
Errori Comuni: Un errore è usare troppa forza muscolare, diventando rigidi e facili da contrastare. La presa deve essere salda ma flessibile, capace di adattarsi ai movimenti dell’avversario.
Connessione Filosofica: La Shé Kǒu incarna la capacità del serpente di non solo colpire, ma anche di trattenere, avvolgere e controllare. Rappresenta l’aspetto più “grappling” dello stile, la sua abilità di dominare l’avversario una volta stabilito il contatto.
PARTE II: LE SPIRE DEL SERPENTE – LE TECNICHE DEL CORPO (SHĒN FǍ – 身法)
Se le mani sono le zanne, il corpo è il motore e l’arma principale. Lo Shequan insegna a usare il tronco, la vita e la colonna vertebrale non come una struttura rigida, ma come una frusta vivente, capace di generare potenza, schivare attacchi e controllare l’avversario.
Il Movimento Ondulatorio (Shé Xíng – 蛇行): Il Motore della Potenza e dell’Evasione
Questo è il cuore della biomeccanica dello Shequan. Il Shēn Fǎ (metodo del corpo) dello stile si basa sulla capacità di generare e propagare un’onda di movimento attraverso la colonna vertebrale.
Descrizione Biomeccanica: Invece di generare potenza dalla spinta delle gambe o dalla rotazione delle spalle, il praticante di Shequan impara a iniziare il movimento dal suolo. L’impulso viaggia attraverso i piedi, viene convertito in un movimento rotatorio e ondulatorio dalle anche e dalla vita (il Dantian), si propaga vertebra per vertebra lungo la spina dorsale, e infine viene rilasciato attraverso le spalle, le braccia e le mani. Il corpo intero diventa un’unica catena cinetica fluida.
Principio Sottostante: Il principio è quello dell’accumulo e rilascio di energia elastica. Durante la fase di “raccolta” dell’onda, i muscoli e le fasce connettive vengono messi in tensione come una molla. Durante la fase di “estensione”, questa energia viene rilasciata in modo esplosivo. Questo permette di generare una potenza enorme con uno sforzo muscolare relativamente basso.
Applicazioni Tattiche:
Potenza nei Colpi: Tutti gli attacchi di mano sono potenziati da questa onda corporea, rendendoli molto più potenti di un semplice colpo di braccio.
Evasione: L’ondulazione permette di spostare la parte superiore del corpo fuori dalla linea di attacco con un movimento minimo dei piedi, rendendo il praticante un bersaglio incredibilmente elusivo.
Fluidità nelle Transizioni: Il movimento ondulatorio collega ogni tecnica alla successiva, eliminando le pause e creando un flusso ininterrotto di movimento.
Metodi di Allenamento: Lo sviluppo di questa abilità richiede esercizi specifici:
“Snake Creeps”: Esercizi a solo, spesso eseguiti a terra o in posizioni molto basse, in cui si pratica l’ondulazione della colonna vertebrale in tutte le direzioni.
Pratica delle Forme (Taolu): Le forme dello Shequan sono specificamente progettate per insegnare e rafforzare questi percorsi motori.
Esercizi di Base (Jibengong): Movimenti fondamentali di rotazione della vita e delle anche, praticati lentamente per sviluppare la consapevolezza e il controllo.
Connessione Filosofica: Il movimento ondulatorio è la più diretta e letterale traduzione del movimento del serpente. È l’incarnazione fisica della fluidità, dell’adattabilità e del principio taoista del flusso ininterrotto.
Tecniche di Avvolgimento e Controllo (Chán Fǎ – 纏法 / Qín Ná – 擒拿)
Prendendo spunto dal serpente costrittore, lo Shequan include un sofisticato sistema di controllo degli arti.
Descrizione Biomeccanica: Queste tecniche si basano su movimenti a spirale delle braccia e del corpo per intercettare, “incollarsi” e avvolgersi attorno agli arti dell’avversario. Non si basano sulla forza per bloccare, ma sulla deviazione e sulla manipolazione delle articolazioni lungo la loro linea di debolezza.
Principio Sottostante: Il principio è quello dell’adesione e del controllo a spirale. Una volta stabilito il contatto (Zhan), il praticante non si stacca, ma segue (Sui) il movimento dell’avversario, usando una forza a spirale (Chan Si Jin) per reindirizzarlo e applicare leve a polsi, gomiti e spalle.
Applicazioni Tattiche: Il Qin Na dello Shequan è sottile e spesso mascherato. Una parata circolare può trasformarsi senza soluzione di continuità in una leva al polso. Un controllo sul gomito può essere usato per sbilanciare l’intero corpo dell’avversario, esponendolo a un attacco successivo.
Metodi di Allenamento: Questo aspetto viene allenato quasi esclusivamente attraverso esercizi in coppia (Tui Shou o simili), che sviluppano la sensibilità (Ting Jin) necessaria per “sentire” la forza e le intenzioni dell’avversario attraverso il contatto.
Connessione Filosofica: Rappresenta l’aspetto più Yin e controllante del serpente. È la capacità non solo di colpire, ma di neutralizzare la minaccia in modo più sottile, dominando l’avversario senza necessariamente ferirlo gravemente.
PARTE III: LO SCIVOLARE DEL SERPENTE – LE TECNICHE DI GAMBE E IL PASSO (TUǏ FǍ – 腿法 / BÙ FǍ – 步法)
Le gambe nello Shequan hanno una duplice funzione: sono il fondamento mobile e adattabile da cui scaturisce la potenza, e sono esse stesse armi secondarie, usate con la stessa filosofia di sorpresa e precisione delle mani.
Il Lavoro di Gambe (Bù Fǎ – 步法): Muoversi come un’Ombra
Il gioco di gambe dello Shequan è l’opposto di quello di stili come il Karate, che enfatizzano posizioni forti e radicate. Il Bù Fǎ del serpente è elusivo, fluido e costantemente in movimento.
Descrizione e Principi: L’obiettivo non è mantenere una posizione, ma passare da una all’altra nel modo più fluido ed efficiente possibile. Il baricentro è tenuto basso per la stabilità, ma il peso è costantemente trasferito per consentire un movimento rapido. I passi sono spesso corti, scivolati e circolari.
Tecniche Specifiche:
Passo Scivolato (Huá Bù – 滑步): Il piede si muove rasente al suolo, permettendo di cambiare distanza rapidamente senza alzare e abbassare il corpo, il che renderebbe il movimento telegrafato.
Passo Circolare (Yuán Bù – 圓步): Utilizzato per aggirare la linea di attacco dell’avversario e posizionarsi sul suo fianco o alle sue spalle, il suo punto cieco.
Posizioni Basse (Pú Bù – 仆步 e Xiē Bù – 歇步): Transizioni rapide a posizioni molto basse, usate per schivare attacchi alti in modo drammatico e per lanciare attacchi a sorpresa alle gambe.
Metodi di Allenamento: Il Bù Fǎ viene allenato attraverso la pratica ripetuta dei passi base e, soprattutto, attraverso le forme (Taolu), che sono delle vere e proprie coreografie di gioco di gambe.
Connessione Filosofica: Il Bù Fǎ è l’essenza dell’adattabilità del serpente. Così come il serpente si adatta a qualsiasi terreno, il praticante impara a muoversi su qualsiasi superficie e in qualsiasi situazione, mantenendo sempre l’equilibrio e il controllo della distanza.
Le Tecniche di Calcio (Tuǐ Fǎ – 腿法): La Coda del Serpente
I calci nello Shequan sono coerenti con la filosofia generale: sono un’arma di sorpresa, precisione ed efficienza, non di potenza bruta. Vengono paragonati al colpo di coda di un serpente.
Descrizione e Principi: I calci sono quasi sempre bassi, al di sotto della vita. Questo per tre ragioni: 1) sono più veloci e richiedono meno energia; 2) compromettono meno l’equilibrio del praticante; 3) sono più difficili da vedere e da bloccare per l’avversario. I calci alti sono considerati un rischio inutile.
Tecniche Specifiche:
Calci a Frusta (Biān Tuǐ – 鞭腿): Calci rapidi e a scatto, sferrati con il collo del piede o la tibia contro le ginocchia, gli stinchi o le caviglie dell’avversario. Lo scopo è rompere la sua struttura e il suo equilibrio.
Spazzate (Sǎo Táng Tuǐ – 掃堂腿): Calci circolari bassi, eseguiti da una posizione accovacciata, che mirano a falciare entrambe le gambe dell’avversario.
Calci con la Punta (Diǎn Tuǐ – 點腿 o Tī Tuǐ – 踢腿): Calci lineari e rapidi, eseguiti con la punta del piede, che mirano a punti di pressione sulle gambe (come il nervo peroneo) o all’inguine. Sono l’equivalente della “Lingua di Serpente” eseguita con i piedi.
Calci con il Tallone (Dèng Tuǐ – 蹬腿): Calci a spinta, usati a distanza molto ravvicinata contro il ginocchio o la coscia per rompere l’equilibrio o danneggiare l’articolazione.
Metodi di Allenamento: L’allenamento include esercizi di flessibilità, la pratica dei calci a vuoto per sviluppare la velocità e la precisione, e l’uso di colpitori bassi per allenare l’impatto.
Connessione Filosofica: Il Tuǐ Fǎ dello Shequan è un’ulteriore prova della sua aderenza al principio di efficienza e di attacco ai punti deboli. Invece di impegnarsi in un duello di calci alti, spettacolari ma rischiosi, il serpente attacca le fondamenta, le radici dell’avversario, facendolo crollare dal basso.
PARTE IV: L’UNIONE DELLE TECNICHE – CONCETTI AVANZATI E STRATEGIE APPLICATIVE
La vera maestria nello Shequan non risiede nella conoscenza di singole tecniche, ma nella capacità di fonderle in un flusso continuo e di applicarle secondo principi strategici superiori.
Simultaneità di Difesa e Attacco (Shǒu Gōng Tóng Shí – 守攻同時)
Questo è un principio cardine. Nello Shequan, un movimento raramente ha una sola funzione. Un’azione difensiva deve contenere in sé il seme di un’offensiva, e viceversa.
Descrizione: Invece di pensare in termini di “blocco, poi colpo” (due tempi), il praticante impara a eseguire le due azioni in un unico tempo. Un blocco circolare esterno non si limita a deviare un pugno, ma contemporaneamente apre la guardia dell’avversario e posiziona la mano del praticante per un colpo alla gola o al viso. Un’evasione con il corpo non è solo una schivata, ma è anche il movimento che carica la “molla” corporea per un contrattacco esplosivo.
Applicazione: Questo principio rende il praticante di Shequan incredibilmente veloce ed efficiente nelle transizioni, non lasciando all’avversario il tempo di riorganizzarsi tra un attacco e l’altro.
L’Arte di Colpire i Punti Vitali (Diǎn Xué – 點穴): L’Applicazione Chirurgica
Abbiamo già discusso il cosa (i punti), ma la tecnica avanzata riguarda il come e il quando.
Il Tempismo e lo Stato dell’Avversario: La tecnica del Dian Xue insegna che colpire un punto vitale non è sempre efficace. Un muscolo teso, ad esempio, può assorbire gran parte dell’impatto. La vera abilità sta nel colpire il punto nel momento di massima vulnerabilità: durante un’ispirazione, nel momento di transizione tra due movimenti, o quando un muscolo è rilassato.
La Penetrazione del Jin (勁): Il colpo non deve essere solo preciso, ma deve trasmettere la giusta qualità di energia. Un colpo a un nervo richiede un Jin vibrante e a scatto. Un attacco a un’articolazione richiede un Jin più pesante e a spirale. La tecnica avanzata consiste nel saper modulare la propria energia per ottenere l’effetto desiderato.
Combinazioni a Cascata: I maestri di Shequan raramente si affidano a un singolo colpo. Usano combinazioni rapide e a cascata, colpendo una sequenza di punti di pressione per sovraccaricare il sistema nervoso dell’avversario, creando confusione, dolore e disorientamento.
Conclusione: La Tecnica come Linguaggio del Serpente
L’arsenale tecnico dello Shequan è uno dei più ricchi e sofisticati dell’intero panorama delle arti marziali cinesi. È un sistema olistico in cui ogni parte del corpo viene trasformata in un’arma potenziale e ogni movimento è intriso di una profonda logica strategica. Dalle dita che colpiscono con la precisione di un ago, al corpo che ondeggia e genera potenza come una frusta, fino ai piedi che scivolano sul terreno come un’ombra, ogni tecnica è un verso nella poesia letale del serpente.
Tuttavia, la lezione finale dello Shequan è che la vera maestria non consiste nell’accumulare un numero infinito di tecniche. Consiste, al contrario, nell’interiorizzare così profondamente i principi fondamentali dell’arte – fluidità, adattabilità, efficienza, precisione – da trascendere la tecnica stessa. L’obiettivo ultimo non è “usare” una tecnica, ma diventare la tecnica. È raggiungere quello stato di spontaneità (Ziran) in cui il corpo risponde istintivamente e perfettamente a qualsiasi situazione, senza il bisogno di un pensiero cosciente. Le tecniche sono l’alfabeto; la maestria è la capacità di improvvisare una poesia fluida e mortale. È allora che il praticante non imita più il serpente, ma diventa egli stesso il serpente.
FORME (TAO LU)
Un’Analisi Approfondita dei Taolu nello Shequan
Nel cuore di quasi ogni arte marziale cinese tradizionale pulsa un elemento centrale, un veicolo primario per la trasmissione della sua essenza: il Taolu (套路). Spesso tradotto superficialmente come “forma” o paragonato al Kata delle arti marziali giapponesi, il Taolu è in realtà un concetto molto più profondo e poliedrico. Il suo nome letteralmente significa “sequenza di routine” o “insieme di metodi”, una definizione che suggerisce non una danza rituale, ma una biblioteca dinamica, un’enciclopedia cinetica in cui sono codificati i segreti di uno stile.
Nello Shequan, la Boxe del Serpente, il Taolu assume un’importanza ancora più critica. Data la natura sottile, fluida e contro-intuitiva dei suoi principi, la forma diventa il laboratorio indispensabile in cui il praticante, attraverso innumerevoli ore di pratica, può lentamente trasformare il proprio corpo, riprogrammando i suoi riflessi e assorbendo la peculiare “essenza” del serpente. Il Taolu non è un fine, ma un mezzo. È una mappa dettagliata che guida l’allievo lungo un sentiero sinuoso, un percorso che lo porterà dalla rigida imitazione di un movimento alla spontanea e letale incarnazione di un principio.
Questa analisi approfondita svelerà le molteplici facce del Taolu nello Shequan. Lo esamineremo come strumento pedagogico, come metodo di condizionamento fisico e biomeccanico, come pratica di meditazione in movimento per la coltivazione dell’energia interna, e infine come un catalogo di strategie di combattimento. Attraverso questo viaggio, scopriremo che il Taolu non è una gabbia che limita il praticante, ma la crisalide che gli permette di trasformarsi.
PARTE I: LA FUNZIONE PEDAGOGICA DEL TAOLU – L’ENCICLOPEDIA IN MOVIMENTO
La funzione primaria di un Taolu è quella di insegnare. È il libro di testo dello stile, scritto non con l’inchiostro sulla carta, ma con il movimento nello spazio. Questa funzione pedagogica si manifesta su diversi livelli interconnessi.
Il Taolu come Mappa del Sistema e Curriculum Progressivo
Un sistema marziale complesso come lo Shequan non può essere appreso in modo casuale. Il Taolu fornisce un curriculum strutturato, una progressione logica che guida lo studente dai fondamenti ai concetti più avanzati. Le prime forme che uno studente impara sono generalmente più semplici, lineari e si concentrano sull’insegnamento delle posture di base (Bù Fǎ), delle forme delle mani (Shǒu Xíng) e dei movimenti fondamentali di ondulazione del corpo. Queste forme costruiscono le fondamenta.
Man mano che lo studente progredisce, gli vengono insegnati Taolu più complessi. Queste forme intermedie introducono combinazioni di tecniche più intricate, un gioco di gambe più evasivo, cambi di direzione e di livello, e i primi concetti di simultaneità tra difesa e attacco. Infine, le forme avanzate sono spesso le più astratte e si concentrano sull’espressione dell’energia interna (Fa Jin), su strategie di inganno sofisticate e su movimenti sottili il cui significato marziale non è immediatamente evidente.
In questo senso, l’insieme dei Taolu di una scuola di Shequan è una vera e propria mappa. Mostra allo studente da dove viene, dove si trova e dove deve andare. Ogni forma è un prerequisito per la successiva, costruendo un edificio di conoscenza solido e coerente.
Memorizzazione Cinetica e Sviluppo dell’Istinto
Il cervello umano impara attraverso la ripetizione. Quando si tratta di movimento, questo processo è noto come memoria cinetica o muscolare. La pratica costante e ripetuta di un Taolu, migliaia e migliaia di volte, ha lo scopo di trasferire la conoscenza dalla mente cosciente al sistema nervoso autonomo.
All’inizio, lo studente deve pensare a ogni singolo movimento: “Ora ruoto la vita, poi estendo il braccio, modello la mano a ‘lingua di serpente’…”. Questo processo è lento, goffo e inefficiente. Con la ripetizione, questi passaggi diventano automatici. Il corpo “impara” la sequenza. A un livello ancora più profondo, il corpo non impara solo la sequenza, ma assorbe la qualità del movimento: la fluidità, la connessione, la capacità di passare dal rilassamento alla tensione in una frazione di secondo.
L’obiettivo finale è sviluppare una “seconda natura”. Di fronte a una minaccia, non c’è tempo per pensare. Il corpo deve reagire istintivamente. La pratica del Taolu è ciò che programma questi istinti. Dopo aver eseguito un blocco circolare seguito da un colpo di dita diecimila volte nella forma, il corpo eseguirà quella stessa transizione in modo spontaneo in una situazione di combattimento, senza che la mente cosciente debba intervenire.
Il Catalogo delle Tecniche e delle Applicazioni (Yòng Fǎ)
Ogni singolo movimento all’interno di un Taolu, anche quelli che sembrano puramente transitori o estetici, ha una o più applicazioni marziali (Yòng Fǎ). La forma è un catalogo criptato di tecniche di attacco, difesa, leva articolare, proiezione e sbilanciamento. Il compito dello studente, sotto la guida del maestro, è quello di “decodificare” la forma, estraendo da essa le applicazioni pratiche.
Prendiamo una sequenza ipotetica di un Taolu di Shequan:
Il praticante arretra in una posizione bassa, portando le braccia a cerchio davanti al corpo. Questa non è una posa passiva. Potrebbe rappresentare una schivata da un calcio alto, mentre il movimento circolare delle braccia devia e controlla un attacco di pugno simultaneo.
Dalla posizione bassa, il corpo ondeggia in avanti, e una mano scatta verso l’alto con la forma della “lingua di serpente”. Questo è il contrattacco. Sfruttando la potenza generata dal movimento ascendente del corpo, il colpo è diretto alla gola o agli occhi dell’avversario, che si è scoperto attaccando.
La mano che ha colpito si ritrae, mentre l’altra si avvolge in una spirale, afferrando un punto nello spazio. Questa potrebbe essere un’applicazione di Qin Na. Dopo aver colpito, la mano dell’avversario viene afferrata e controllata con una leva al polso, usando il movimento a spirale per rompere la sua struttura.
Il Taolu, quindi, non insegna le tecniche in isolamento, ma nel loro contesto tattico. Mostra come passare fluidamente da una difesa a un attacco, da un colpo a una presa. È un libro di testo di combattimento che si legge con il corpo.
Insegnare i Principi, non solo le Tecniche
Questa è forse la funzione pedagogica più importante del Taolu. Un praticante che impara a memoria cento tecniche isolate conosce solo cento opzioni. Un praticante che comprende i principi sottostanti può generarne migliaia. Il Taolu dello Shequan è progettato per insegnare i principi fondamentali dell’arte:
Il Principio della Fluidità: La forma costringe il praticante a muoversi in un flusso continuo, eliminando le pause e le rigidità.
Il Principio della Forza a Spirale (Chan Si Jin): Ogni rotazione del busto, ogni movimento avvolgente delle braccia nella forma, è un esercizio per sviluppare e comprendere questo tipo di potenza.
Il Principio dell’Onda Corporea: La sequenza dei movimenti nel Taolu segue la logica della propagazione dell’onda, insegnando al corpo a muoversi come un’unica unità coesa.
Il Principio dell’Inganno: I cambi di direzione, di ritmo e di livello all’interno della forma insegnano l’arte della dissimulazione.
La tecnica specifica è solo una lettera dell’alfabeto. Il Taolu insegna la grammatica e la sintassi dello Shequan, dando al praticante la capacità di costruire le proprie “frasi” marziali, efficaci e appropriate a qualsiasi situazione.
PARTE II: LA DIMENSIONE FISICA E BIOMECCANICA – FORGIARE IL CORPO DEL SERPENTE
Oltre al suo ruolo pedagogico, la pratica del Taolu è un sistema di condizionamento fisico straordinariamente completo e sofisticato. Forgia un tipo specifico di corpo, con attributi fisici che sono l’incarnazione di un serpente.
Condizionamento Strutturale e Sviluppo del Gong Li (功力)
Gong Li (功力) è un termine che si può tradurre come “potenza sviluppata attraverso l’abilità” o “forza strutturale”. È la forza che non deriva dalla massa muscolare, ma dalla perfetta integrazione di tendini, legamenti, ossa e postura. La pratica del Taolu, specialmente se eseguita lentamente e con grande concentrazione, è un eccezionale esercizio di condizionamento isometrico e isotonico.
Le posizioni basse e le transizioni lente e controllate sviluppano una forza incredibile nelle gambe, nelle anche e nel core. Questa “struttura di radice” è la base da cui viene generata tutta la potenza. Mantenere le posture corrette per tutta la durata della forma rafforza i tendini e i legamenti attorno alle articolazioni, rendendole più stabili e resistenti agli infortuni. Questo tipo di forza è resistente e duratura, a differenza della forza muscolare esplosiva ma di breve durata. La pratica costante del Taolu costruisce un corpo che è allo stesso tempo forte, resiliente e flessibile.
Sviluppo della Fluidità, della Coordinazione e dell’Equilibrio
La natura complessa e continua dei Taolu dello Shequan è un allenamento neurologico di prim’ordine. Il praticante deve coordinare simultaneamente i movimenti delle mani, delle braccia, della vita, delle anche e dei piedi. Deve gestire l’equilibrio durante le transizioni rapide, i cambi di livello e le rotazioni. Deve imparare a mantenere il corpo rilassato ma connesso, senza che una parte si muova in modo isolato dalle altre.
Questa pratica sviluppa una propriocezione (la consapevolezza del proprio corpo nello spazio) eccezionale. Il risultato è un corpo che si muove con una grazia, un’efficienza e una fluidità che sono la firma dello stile del serpente. Questa coordinazione totale è ciò che permette di eseguire le complesse tecniche dell’arte in modo efficace sotto pressione.
L’Addestramento della “Spina Dorsale del Serpente”
Come già accennato, il motore dello Shequan è la colonna vertebrale. I Taolu sono progettati specificamente per “liberare” e potenziare questa parte del corpo. Ogni forma di Shequan è un catalogo di movimenti di flessione, estensione, inclinazione laterale e rotazione della spina dorsale.
La pratica costante di queste ondulazioni e spirali ha effetti profondi. Dal punto di vista fisico, aumenta la mobilità di ogni singola vertebra, lubrifica i dischi intervertebrali e rafforza i piccoli muscoli posturali che sostengono la colonna. Questo non solo migliora la salute della schiena, ma è il segreto per sbloccare la capacità del corpo di muoversi come una frusta, generando un’enorme potenza dal centro verso la periferia. Dal punto di vista energetico, una colonna vertebrale flessibile e aperta è considerata essenziale per un flusso di Qi libero e potente lungo il meridiano del Vaso Governatore (Du Mai), uno dei canali energetici più importanti del corpo.
Controllo della Respirazione (Tu Na – 吐納)
Il Taolu non è un esercizio puramente muscolare; è un esercizio di respirazione. La pratica del Tu Na (“inspirare-espirare”) è intrinsecamente legata all’esecuzione della forma. Ad ogni movimento corrisponde una fase precisa del ciclo respiratorio, secondo principi ben definiti:
Inspirazione (Tū – 吐): Generalmente, si inspira durante i movimenti di “raccolta”, di preparazione, di arretramento o di difesa cedevole. L’inspirazione porta ossigeno, calma la mente e “immagazzina” energia nel Dantian (il centro energetico sotto l’ombelico). È una fase Yin.
Espirazione (Nà – 納): Si espira durante i movimenti di “emissione”, di attacco, di estensione. L’espirazione aiuta a contrarre i muscoli addominali, a stabilizzare il core e a dirigere la forza e l’energia (Jin e Qi) verso l’esterno. È una fase Yang.
Questa sincronizzazione trasforma la pratica del Taolu. Non solo aumenta drasticamente la resistenza, ma insegna al praticante a unire la propria forza interna con quella esterna. Un colpo sferrato durante una potente espirazione è esponenzialmente più forte di un semplice movimento di braccio. La forma diventa un esercizio olistico che integra corpo, respiro e mente.
PARTE III: LA DIMENSIONE INTERNA E MENTALE – LA MEDITAZIONE IN MOVIMENTO
A un livello più profondo, il Taolu trascende la dimensione fisica per diventare una pratica interna e spirituale. Diventa una forma di Neigong (内功), o “lavoro interno”, e una potente meditazione in movimento.
Il Taolu come Pratica di Neigong
Quando un praticante ha superato la fase meccanica dell’apprendimento, l’attenzione si sposta dall’esterno all’interno. L’obiettivo non è più semplicemente eseguire la forma corretta, ma “sentire” ciò che accade all’interno del corpo durante l’esecuzione.
La Guida dell’Intenzione (Yi – 意): Il praticante impara a usare la propria mente e intenzione (Yi) per guidare il flusso di energia (Qi) attraverso i percorsi motori della forma. Si concentra sulla sensazione di energia che nasce dai piedi, sale lungo le gambe, viene diretta dalla vita e si manifesta nelle mani. Questo è l’allenamento del famoso principio: “L’intenzione guida il Qi, il Qi guida la potenza (Jin)”. Il movimento fisico diventa la conseguenza visibile di un evento interno e invisibile.
Sviluppo della Concentrazione e della Presenza Mentale (Shen – 神): Eseguire un Taolu lungo e complesso richiede una concentrazione totale. La mente non può vagare; deve essere completamente assorbita nel momento presente, focalizzata su ogni dettaglio del movimento, della respirazione e delle sensazioni interne. Questa pratica è un formidabile allenamento per la mente. Sviluppa la capacità di mantenere la calma e la lucidità anche sotto sforzo, una qualità psicologica nota come Shen (神), o “spirito”. Uno Shen forte e stabile è l’attributo più importante di un vero artista marziale, poiché gli permette di rimanere lucido e reattivo nel caos di un combattimento reale. Il Taolu, in questo senso, è una meditazione in movimento che forgia uno spirito calmo e imperturbabile come quello di un serpente in agguato.
Visualizzazione e Intento Marziale
Un Taolu eseguito senza intento marziale è solo ginnastica. Un vero praticante, mentre esegue la forma, non si muove nel vuoto. La sua mente è impegnata in un combattimento immaginario. Ogni blocco devia un pugno o un calcio specifico. Ogni passo schiva un attacco. Ogni colpo è diretto a un bersaglio preciso su un avversario visualizzato. Questa pratica di visualizzazione è fondamentale. “Programma” il sistema nervoso a rispondere in modo appropriato. Rende le applicazioni reali e vive nella mente del praticante, colmando il divario tra la pratica a solo e il combattimento.
Inoltre, questa visualizzazione infonde nella forma un’energia sottile ma percettibile, un’intenzione combattiva nota come Shāqì (殺氣), o “spirito assassino”. Non si tratta di rabbia o aggressività, ma di un’intensità focalizzata, di una serietà letale tenuta sotto controllo. È la differenza tra un coltello di gomma e un bisturi affilato. Un maestro che esegue un Taolu con il corretto Shen e Shāqì può quasi far “sentire” la presenza del suo avversario immaginario a chi lo osserva.
PARTE IV: ESEMPI DI TAOLU NELLO SHEQUAN – FORME REALI E ARCHETIPICHE
È difficile catalogare i Taolu dello Shequan in modo definitivo, poiché ogni scuola e ogni lignaggio ha le proprie versioni e i propri nomi. Tuttavia, possiamo descrivere le tipologie di forme che un praticante incontrerebbe tipicamente lungo il suo percorso, usando nomi archetipici che ne riflettono il contenuto e lo scopo.
Le Forme di Base (Jīběn Tàolù – 基本套路)
Scopo: Queste forme sono il primo passo. Il loro obiettivo è insegnare il vocabolario fondamentale dello stile.
Nome Archetipico: “Piccola Forma del Serpente” (Xiǎo Shé Quán – 小蛇拳) o “Pugilato del Serpente che Entra nel Buco”.
Contenuto: La coreografia è relativamente semplice. I movimenti sono chiari e distinti. Si concentrano sull’insegnamento delle posture base (come la “posizione del gatto” o la “posizione bassa”), delle forme delle mani primarie (Shé Xìn, Shé Tóu) e dei primi, semplici movimenti di ondulazione del corpo. Le applicazioni marziali sono dirette e facili da comprendere.
Le Forme Intermedie (Zhōngjí Tàolù – 中级套路)
Scopo: Una volta che lo studente ha acquisito le basi, le forme intermedie iniziano a insegnare la “grammatica” dello stile, ovvero come combinare le tecniche in sequenze fluide e tatticamente sensate.
Nome Archetipico: “Il Serpente Esce dalla Caverna” (Shé Chū Dòng Quán – 蛇出洞拳) o “Pugilato del Serpente Spirituale Veloce”.
Contenuto: Queste forme sono più lunghe e complesse. Introducono un gioco di gambe più evasivo, con cambi di direzione a 180 o 360 gradi. Le tecniche sono combinate in sequenze di attacco e difesa, e viene introdotto il principio della simultaneità (un braccio blocca mentre l’altro colpisce). I movimenti a spirale e le tecniche di Qin Na diventano più prominenti.
Le Forme Avanzate (Gāojí Tàolù – 高级套路)
Scopo: Queste forme rappresentano l’apice della pratica a solo. Il loro scopo non è più insegnare nuove tecniche, ma approfondire la comprensione dei principi interni e dell’espressione dell’energia.
Nome Archetipico: “Forma del Serpente Spirituale” (Líng Shé Quán – 靈蛇拳) o “Pugilato del Serpente Ubriaco/Contorto” (un riferimento al titolo originale del film di Jackie Chan, Shé Diāo Shǒu – 蛇刁手, che significa “Mano Astuta del Serpente”).
Contenuto: I movimenti possono apparire più “morbidi”, “spezzati” o meno marziali a un occhio inetto. In realtà, sono espressioni sofisticate di Fa Jin (emissione di forza esplosiva). L’enfasi è sul contrasto drammatico tra movimenti lenti e fluidi e improvvise esplosioni di velocità. Queste forme spesso contengono le tecniche più sottili e ingannevoli dello stile.
Le Forme a Due Persone (Duìliàn – 對練)
Scopo: Il Duìliàn è il ponte cruciale tra la pratica a solo e il combattimento libero. Si tratta di un Taolu coreografato eseguito da due praticanti.
Contenuto: Un partner esegue una sequenza di attacchi predefinita, e l’altro esegue una sequenza di difese e contrattacchi, anch’essa predefinita. Questo insegna in modo sicuro e controllato i concetti fondamentali che non possono essere appresi da soli: gestione della distanza, tempismo, angolazione, e come applicare le tecniche del Taolu a solo contro un corpo in movimento.
Conclusione: Il Taolu come Via (Tao – 道)
In conclusione, il Taolu nello Shequan è un universo in sé. È un libro di testo, uno strumento di condizionamento, un simulatore di combattimento, un esercizio di respirazione e una profonda meditazione in movimento. È il metodo attraverso cui la conoscenza, la filosofia e lo spirito del serpente vengono tramandati intatti attraverso le generazioni.
Tuttavia, la lezione più profonda del Taolu è paradossale. L’obiettivo di anni di pratica ossessiva della forma è, in ultima analisi, quello di poter dimenticare la forma. Il Taolu è come la zattera usata per attraversare un fiume. Una volta giunti all’altra sponda, la si abbandona. Allo stesso modo, il praticante usa il Taolu per interiorizzare i principi dello Shequan in modo così completo che essi diventano parte del suo essere. A quel punto, non ha più bisogno della sequenza fissa. Può muoversi liberamente, spontaneamente, improvvisando e adattandosi a qualsiasi situazione, ma ogni suo movimento sarà intrinsecamente “Shequan”, perché i principi sono diventati la sua seconda natura. Il Taolu è il sentiero, ma la destinazione è la libertà. È la crisalide, necessaria e strutturata, dalla quale l’artista marziale emerge, non più imitatore del serpente, ma serpente egli stesso.
UNA TIPICA SEDUTA DI ALLENAMENTO
Dentro il Kwoon del Serpente: Anatomia di una Tipica Seduta di Allenamento di Shequan
Entrare in una scuola tradizionale (Kwoon o Wuguan – 武館) dove si pratica lo Shequan significa entrare in un ambiente dove il tempo sembra scorrere a un ritmo diverso. L’aria è carica di un senso di disciplina, rispetto e concentrazione. Una tipica seduta di allenamento di Boxe del Serpente non è un semplice corso di fitness o un’ora di esercizio fisico; è un rituale strutturato, un processo olistico progettato per forgiare il praticante su più livelli: fisico, mentale e spirituale.
Ogni fase della lezione, dal saluto iniziale al defaticamento finale, ha uno scopo preciso e funzionale allo sviluppo delle qualità uniche richieste da quest’arte: la flessibilità della colonna vertebrale, la forza penetrante delle dita, la coordinazione fluida, l’equilibrio dinamico e, soprattutto, una mente calma e vigile. Quella che segue è una descrizione dettagliata di come si articola una tipica sessione di allenamento di Shequan, generalmente della durata di 90-120 minuti.
Fase 1: Il Saluto e la Preparazione Mentale (Lǐbài – 禮拜)
Prima ancora che il corpo inizi a muoversi, la mente deve essere preparata. L’allenamento inizia formalmente con un rituale di saluto. Gli studenti si dispongono in file ordinate di fronte al Sifu (maestro/istruttore). Al comando, eseguono un inchino formale, spesso accompagnato dal tradizionale saluto marziale: la mano destra chiusa a pugno (a simboleggiare la potenza marziale) coperta dalla mano sinistra aperta (a simboleggiare la civiltà, l’umiltà e il controllo). Questo gesto rappresenta il concetto che la forza deve sempre essere governata dalla saggezza e dalla moderazione.
Questo momento non è una mera formalità. Serve come una netta linea di demarcazione. È l’istante in cui lo studente si lascia alle spalle le preoccupazioni, le distrazioni e lo stress della vita quotidiana per entrare in uno stato di piena presenza mentale. Il saluto è un atto di rispetto verso il maestro, verso la tradizione che egli rappresenta, verso i compagni di allenamento e verso lo spazio stesso in cui si svolgerà la pratica. È un impegno a dedicare il tempo successivo al duro lavoro, alla concentrazione e all’apprendimento.
Fase 2: Il Riscaldamento (Rèshēn – 熱身) – Preparare il Corpo del Serpente
Questa fase, della durata di circa 15-20 minuti, è di importanza cruciale e va ben oltre il semplice aumento della temperatura corporea. È un riscaldamento specifico, mirato a preparare il corpo per le esigenze biomeccaniche uniche dello Shequan.
Mobilizzazione Articolare: La sessione inizia con una serie sistematica di rotazioni di tutte le principali articolazioni del corpo, partendo solitamente dal basso verso l’alto: caviglie, ginocchia, anche, vita, spalle, gomiti, polsi e collo. A differenza di un riscaldamento generico, l’enfasi è posta sulla fluidità, sull’ampiezza del movimento e sulla consapevolezza della sensazione articolare. Per i polsi e le dita, vengono eseguiti esercizi specifici per aumentare la loro flessibilità e prepararli al condizionamento successivo.
Stretching Dinamico e Focus sulla Colonna Vertebrale: Successivamente, si passa a uno stretching più attivo. Questo include slanci controllati delle gambe (frontali, laterali, circolari) per allungare i muscoli e aumentare il flusso sanguigno, e profonde torsioni del busto. Una parte fondamentale di questa fase è dedicata alla colonna vertebrale, il vero motore dello Shequan. Vengono eseguiti esercizi come:
Onde Spinali: In piedi o a quattro zampe, gli studenti praticano movimenti di ondulazione della colonna, simili all’esercizio “gatto-mucca” dello yoga ma eseguiti con maggiore ampiezza e fluidità, cercando di mobilizzare ogni singola vertebra.
Rotazioni e Inclinazioni profonde: Movimenti lenti e controllati di inclinazione laterale e di rotazione del tronco, per “svegliare” i muscoli intercostali e obliqui e aumentare la mobilità della cassa toracica e della zona lombare.
Lo scopo di questo riscaldamento specifico è quello di rendere il corpo “liquido”, pronto a muoversi in modo sinuoso e a spirale, minimizzando il rischio di infortuni e massimizzando la capacità di eseguire le tecniche dello stile in modo corretto.
Fase 3: L’Allenamento delle Basi (Jīběngōng – 基本功) – Costruire le Fondamenta
Il Jibengong è il cuore di qualsiasi allenamento di Kung Fu tradizionale. È il lavoro, spesso ripetitivo e faticoso, sui fondamentali. Senza basi solide, nessuna tecnica avanzata può essere eseguita correttamente. Questa fase dura solitamente 20-25 minuti.
Lavoro sulle Posizioni (Bù Fǎ): Gli studenti, spesso disposti in linee, praticano il mantenimento e la transizione tra le posture fondamentali. L’attenzione è maniacale sulla corretta distribuzione del peso, sull’allineamento delle ginocchia e sulla stabilità. Posizioni come Mǎ Bù (posizione del cavallo) per la forza, Gōng Bù (posizione ad arco) per la spinta, Pú Bù (posizione bassa laterale) per l’evasione e la flessibilità, e Xiē Bù (posizione incrociata) per le transizioni rapide, vengono tenute per periodi prolungati o eseguite in sequenza lungo la palestra.
Esercizi Fondamentali a Solo (Danlian): Si tratta della pratica ripetuta di singoli movimenti o di brevi combinazioni. Ad esempio, gli studenti possono attraversare la palestra eseguendo una serie di parate circolari, o una sequenza di “passo scivolato seguito da colpo a lingua di serpente”. Questo serve a costruire la memoria muscolare, la coordinazione e la resistenza specifica. L’istruttore si concentra sulla corretta biomeccanica, assicurandosi che ogni colpo origini dal movimento della vita e del corpo, e non solo dal braccio.
Lavoro sulle Forme delle Mani (Shǒu Xíng): Vengono eseguiti esercizi specifici per rafforzare e abituare le mani alle forme richieste. Gli studenti praticano l’apertura e la chiusura rapida delle mani, passando dalla “Testa di Serpente” alla “Bocca di Serpente” e alla “Lingua di Serpente”, per sviluppare la velocità e la precisione necessarie.
Fase 4: Il Cuore della Lezione – Studio della Tecnica o della Forma (Tàolù / Yòngfǎ)
Questa è la parte centrale dell’allenamento, della durata di 30-40 minuti, in cui si apprende nuovo materiale o si approfondisce quello già noto. La struttura di questa fase può variare.
Scenario A: Studio del Taolu (Forma): Se la lezione è incentrata su una forma, il Sifu ne dimostra una nuova sezione. La esegue prima a velocità normale, poi lentamente, spiegando il nome di ogni movimento e la sua intenzione generale. Successivamente, scompone la sezione in movimenti ancora più piccoli, che gli studenti ripetono in gruppo più volte (“seguendo il maestro”). Infine, gli studenti provano a eseguire l’intera forma dall’inizio fino al nuovo pezzo appreso. Durante questo processo, il Sifu e gli istruttori assistenti si muovono tra gli allievi, correggendo individualmente la postura, l’altezza delle posizioni, la forma delle mani, il tempismo e la fluidità delle transizioni.
Scenario B: Studio delle Applicazioni (Yòngfǎ): In altre lezioni, il focus è sulla comprensione marziale. Il Sifu sceglie uno o due movimenti da una forma che gli studenti conoscono bene. Chiama un allievo anziano e dimostra l’applicazione pratica (Bunkai) di quel movimento. Ad esempio, mostra come un particolare movimento ondulatorio del corpo sia una schivata da un pugno diretto, e come la tecnica di mano che ne consegue sia un contrattacco al fianco o al braccio dell’avversario. Dopo la dimostrazione, gli studenti si mettono in coppia per provare quella specifica applicazione, in modo cooperativo e controllato, ripetendola più volte per interiorizzarne la meccanica, la distanza e il tempismo.
Fase 5: Pratica in Coppia (Duìliàn – 對練) – Il Ponte verso la Realtà
Questa fase, di circa 15-20 minuti, è fondamentale per contestualizzare le tecniche.
Esercizi di Sensibilità: Spesso, la pratica in coppia inizia con esercizi simili al Chi Sao del Wing Chun. I partner mantengono il contatto con gli avambracci e, senza usare la forza, cercano di “sentire” le intenzioni dell’altro, praticando movimenti a spirale per controllare e sbilanciare. Nello Shequan, questi esercizi sono vitali per sviluppare la capacità di “aderire” e “avvolgersi” all’avversario.
Forme a Due Persone: In molte scuole si praticano i Duìliàn, forme coreografate in cui attacchi e difese sono prestabiliti. Questo permette agli studenti di praticare le applicazioni marziali a una velocità maggiore e con più realismo rispetto agli esercizi cooperativi, ma sempre in un ambiente sicuro e controllato.
Fase 6: Condizionamento Specifico (Gōngfǎ – 功法) – Temprare il Corpo
Gli ultimi 10-15 minuti dell’allenamento sono spesso dedicati al condizionamento fisico specifico, volto a sviluppare gli attributi unici dello Shequan.
Condizionamento delle Mani e delle Braccia: Questa è la parte più dura. Può includere serie di flessioni sulle dita (per i più avanzati), o colpi controllati su appositi colpitori o sacchi di sabbia con le varie forme delle mani per condizionare le superfici di impatto. Si possono anche eseguire esercizi a coppie di “tapping” sugli avambracci per desensibilizzarli e aumentarne la densità ossea.
Potenziamento e Stretching Statico: La sessione può concludersi con esercizi di potenziamento per il core (addominali, plank) e, soprattutto, con una sessione di stretching statico profondo. A differenza dello stretching dinamico iniziale, qui le posizioni vengono mantenute a lungo (30-60 secondi o più) per aumentare la flessibilità passiva, con un’attenzione particolare ai muscoli delle gambe, delle anche e della schiena.
Fase 7: Defaticamento e Saluto Finale
La lezione si conclude come è iniziata, con un rituale. Il Sifu guida gli studenti attraverso alcuni minuti di esercizi di respirazione profonda e di stretching molto leggero, per aiutare il corpo a rilassarsi, a smaltire l’acido lattico e a riportare il sistema nervoso a uno stato di quiete. Si conclude con il saluto finale. Gli studenti si rimettono in fila, e si ripete il rito del saluto al maestro e tra compagni. È un momento per ringraziare per l’insegnamento ricevuto e per il lavoro condiviso, rafforzando il senso di comunità e di rispetto reciproco che è fondamentale in una scuola di arti marziali tradizionale. Lasciato il Kwoon, lo studente non porta con sé solo la fatica fisica, ma anche una mente più calma e focalizzata.
GLI STILI E LE SCUOLE
Le Molteplici Pelli del Serpente: Un’Esplorazione degli Stili e delle Scuole dello Shequan, dalle Tradizioni Monastiche ai Lignaggi Moderni
Avventurarsi nel mondo degli stili e delle scuole di Shequan è come entrare in un’antica e labirintica biblioteca senza un catalogo centrale. Non esiste un singolo volume intitolato “Shequan Ufficiale”, ma innumerevoli manoscritti, tomi e pergamene, ognuno dei quali contiene un’interpretazione unica, una “traduzione” differente dei principi del serpente. Lo Shequan non è uno stile monolitico e standardizzato, ma un concetto, un “meta-stile” la cui essenza è stata distillata e infusa in una miriade di sistemi di combattimento nel corso dei secoli.
La sua manifestazione varia drasticamente in base alla geografia, al contesto filosofico e al genio individuale dei maestri che lo hanno plasmato. Un serpente che si muove nelle vaste pianure del nord della Cina è diverso da uno che caccia negli spazi ristretti di una giunca nel sud. Un serpente interpretato attraverso la lente pragmatica del Buddismo Chan di Shaolin è diverso da uno contemplato come incarnazione del Tao sui monti Wudang.
Questa esplorazione sarà un viaggio attraverso questa diversità. Inizieremo analizzando le grandi divisioni concettuali che definiscono i “due volti” del serpente, per poi addentrarci nell’esame di come i suoi principi siano stati integrati in alcuni dei più famosi e diffusi stili di Kung Fu. Successivamente, ci concentreremo su scuole specifiche dove il serpente non è solo un componente, ma il cuore pulsante dell’identità stilistica. Infine, affronteremo la struttura del mondo marziale moderno, cercando di rispondere alla domanda cruciale: esiste una “casa madre” per lo Shequan?
PARTE I: LE GRANDI DIVISIONI GEOGRAFICHE E FILOSOFICHE – I DUE VOLTI DEL SERPENTE
Prima di esaminare le singole scuole, è fondamentale comprendere le macro-categorie che definiscono le principali correnti interpretative dello Shequan. Queste divisioni non sono assolute, ma forniscono una chiave di lettura indispensabile per orientarsi nella sua complessità.
Shequan del Nord (北派蛇拳 – Běi Pài Shéquán): Il Serpente delle Vaste Pianure
Il detto “Pugni al Sud, Gambe al Nord” (南拳北腿, Nán quán běi tuǐ) riassume perfettamente la divergenza stilistica tra le due metà della Cina. Gli stili settentrionali si sono evoluti in un contesto di pianure aperte, dove la mobilità e il combattimento a lungo raggio erano vantaggiosi.
Filosofia e Principi Chiave: Lo Shequan del Nord incarna l’agilità, l’elusività e la velocità di un serpente che si muove rapidamente nell’erba alta. La sua filosofia è basata sul controllo della distanza, sull’attacco da angolazioni imprevedibili e sul mantenere l’avversario costantemente fuori equilibrio con un flusso ininterrotto di movimenti.
Caratteristiche Tecniche: Gli stili del nord sono visivamente più spettacolari. Il gioco di gambe (Bù Fǎ) è estremamente agile e complesso, con frequenti cambi di direzione e spostamenti rapidi. Le posizioni (Bù) sono generalmente più alte e mobili per consentire transizioni veloci. C’è un uso più pronunciato dei calci, in particolare calci bassi e a frusta (Biān Tuǐ) che imitano un colpo di coda. I movimenti delle braccia e del corpo sono ampi, fluidi e spesso includono elementi acrobatici. La potenza è generata non dalla stabilità radicata, ma dal movimento coordinato dell’intero corpo, simile a una frusta.
Forme Rappresentative: I Taolu di uno stile settentrionale di Shequan sarebbero caratterizzati da lunghe sequenze di movimenti continui, con molte torsioni del busto, spostamenti rapidi e tecniche che coprono una grande distanza. Potrebbero avere nomi evocativi come “Il Serpente che Vola attraverso la Foresta”.
Shequan del Sud (南派蛇拳 – Nán Pài Shéquán): Il Serpente degli Spazi Ristretti
Gli stili meridionali si sono sviluppati in un ambiente molto diverso: città affollate, terreni collinari e la necessità di combattere su imbarcazioni instabili. Questo ha premiato la stabilità, la potenza a corto raggio e le tecniche di braccia.
Filosofia e Principi Chiave: Lo Shequan del Sud rappresenta la natura coiled, raccolta e improvvisamente esplosiva di una vipera o di un pitone. La sua filosofia si basa sul combattimento a distanza ravvicinata, sul controllo degli arti dell’avversario e sulla generazione di una potenza devastante da una base stabile. L’enfasi è sulla pazienza, sull’attendere l’apertura perfetta per poi colpire con spietata efficienza.
Caratteristiche Tecniche: Le posizioni sono basse e potenti, come la famosa Mǎ Bù (posizione del cavallo), per creare una radice solida. Il gioco di gambe è più contenuto, con passi corti e spostamenti del peso. L’arsenale è dominato da un intricato lavoro di braccia (Shǒu Fǎ), con un’enfasi enorme sulle tecniche delle dita (Shé Xìn), sulle leve articolari (Qin Na) che mimano il serpente che si avvolge, e su colpi di palmo e gomito a brevissima distanza. I calci sono rari e quasi sempre bassi.
Forme Rappresentative: Un Taolu meridionale di Shequan sarebbe più compatto, con movimenti corti ed esplosivi. Si concentrerebbe sulla coordinazione mano-vita e sulla generazione di potenza dal radicamento a terra.
L’Interpretazione di Shaolin: Il Serpente nel Contesto dei Cinque Animali
Come visto, la tradizione del Monastero di Shaolin non tratta lo Shequan come un’arte a sé stante, ma come una delle cinque componenti fondamentali del sistema Wu Xing Quan (Pugilato dei Cinque Animali).
Focus e Ruolo: All’interno di questo sistema olistico, il Serpente ha un ruolo specifico e cruciale: è il responsabile dello sviluppo del Qi (energia interna), della flessibilità e della precisione. Mentre la Tigre costruisce la forza delle ossa e la potenza esterna, il Serpente coltiva la forza interna, la resistenza e la capacità di colpire i punti vitali. Insegna la respirazione profonda, la calma mentale e la fluidità. È il necessario contrappeso Yin alla potenza Yang della Tigre e del Leopardo.
Scuole di Riferimento: Qualsiasi scuola che insegni un lignaggio autentico di Kung Fu di Shaolin, sia esso del tempio originale sul monte Song o delle sue ramificazioni meridionali, includerà nel suo curriculum avanzato lo studio del Serpente come parte integrante della formazione di un praticante completo.
L’Interpretazione di Wudang: Il Serpente come Incarnazione del Tao
Sui monti Wudang, culla delle arti interne, l’interpretazione del serpente è ancora diversa, quasi puramente filosofica e legata al mito di Zhang Sanfeng.
Focus e Ruolo: Qui, il serpente non è solo una componente di un sistema, ma l’incarnazione stessa dei principi taoisti. Lo scopo della pratica non è solo l’efficacia marziale, ma l’armonia con il Tao. L’enfasi è quasi totale sul Neigong (lavoro interno). I movimenti sono un pretesto per coltivare il Qi, per sviluppare una sensibilità tattile sovrumana (Ting Jin, “l’ascolto della forza”) e per raggiungere uno stato di Wu Wei (azione senza sforzo).
Scuole di Riferimento: Le scuole che si rifanno alla tradizione di Wudang insegnano stili come il Taijiquan, il Baguazhang e lo Xingyiquan. Molte di queste scuole hanno anche forme specifiche o principi che derivano direttamente dallo studio del serpente, spesso chiamate “Wudang Shequan”. Queste versioni sono caratterizzate da una fluidità estrema, da movimenti lenti e meditativi alternati a scatti improvvisi, e da una profonda connessione con la respirazione e l’intenzione mentale (Yi).
PARTE II: L’INTEGRAZIONE DELLO SHEQUAN NEGLI STILI MAGGIORI – IL SERPENTE NASCOSTO
Molti dei più famosi stili di Kung Fu non sono “stili del serpente”, ma contengono al loro interno sezioni, forme o principi che sono puramente Shequan. Studiare queste scuole ci permette di vedere come il serpente sia stato integrato per completare e arricchire altri sistemi.
Hung Gar (洪家拳): La Forza della Tigre, la Flessibilità del Serpente
L’Hung Gar è uno degli stili meridionali più famosi e rispettati, noto per le sue posizioni potenti e le sue tecniche di braccia che emulano la forza della tigre e l’equilibrio della gru.
Origini e Filosofia: Fondato, secondo la leggenda, da Hung Hei-gun, un sopravvissuto del tempio di Shaolin del Sud, l’Hung Gar è un sistema che incarna il concetto di “durezza e morbidezza che si aiutano a vicenda”.
Il Ruolo dello Shequan: Il sistema Hung Gar sarebbe incompleto senza la sua componente Yin, rappresentata principalmente dalla forma del serpente, la Se Ying Kuen (蛇形拳). Questa forma è cruciale nel curriculum dello studente. Mentre le forme della Tigre e della Gru (come la Gung Ji Fuk Fu Kuen) costruiscono una base di potenza esterna, la Se Ying Kuen insegna al praticante a essere fluido, a usare la vita per generare potenza, a respirare correttamente e a colpire i punti deboli dell’avversario con attacchi di dita. È la forma che introduce il concetto di Qi e di potenza interna, bilanciando la forza esterna precedentemente sviluppata.
Scuole e Maestri: Lignaggi famosi come quelli discendenti da Wong Fei-hung e dal suo allievo Lam Sai-wing hanno diffuso l’Hung Gar in tutto il mondo. Le loro scuole, da Hong Kong all’Europa e alle Americhe, continuano a insegnare la forma del serpente come parte essenziale del percorso per diventare un vero maestro di Hung Gar.
Wing Chun (詠春拳): L’Economia e la Precisione del Morso del Serpente
Il Wing Chun è un sistema meridionale famoso per la sua efficienza, la sua teoria della linea centrale e i suoi movimenti diretti. Apparentemente, sembra molto lontano dalla sinuosità dello Shequan.
Origini e Filosofia: Legato alle figure di Ng Mui e Yim Wing-chun, e popolarizzato globalmente da Ip Man, il Wing Chun è l’arte dell’efficienza pragmatica.
Il Serpente Nascosto: I principi serpentini nel Wing Chun non sono in una forma esplicita, ma sono intessuti nella sua stessa struttura:
Efficienza: L’attacco del Wing Chun è un pugno a catena, rapido e diretto, che non spreca movimento. È l’equivalente funzionale del morso fulmineo di un serpente.
Sensibilità: La pratica del Chi Sao (“mani appiccicose”) è un allenamento per sviluppare la capacità di “sentire” e aderire alle braccia dell’avversario, un principio chiave anche nello Shequan del Sud.
La Forma Biu Jee (鏢指): La terza e più avanzata forma del sistema, il cui nome significa “dita che trafiggono”, è quasi interamente dedicata a tecniche serpentine. Contiene attacchi con le dita tese (Biu Jee Sao) a occhi e gola, l’uso del gomito a corta distanza e strategie di recupero da posizioni svantaggiate che richiedono una grande flessibilità del corpo. La Biu Jee è l’anima serpentina del Wing Chun.
Scuole e Maestri: La vasta rete globale di scuole discendenti da Ip Man e dai suoi allievi (come Leung Ting, Wong Shun-leung, e i suoi figli Ip Chun e Ip Ching) continua a trasmettere questi principi. Un praticante avanzato di Wing Chun è, a tutti gli effetti, anche un esperto nell’applicazione dei concetti più letali dello Shequan.
PARTE III: STILI E SCUOLE SPECIFICHE CON UN FORTE FOCUS SULLO SHEQUAN
Oltre agli stili che integrano il serpente, esistono sistemi in cui esso è l’elemento centrale, o uno dei due pilastri fondamentali dell’arte.
Fu-Jow Pai (虎爪派 – Stile dell’Artiglio di Tigre): La Sintesi Perfetta
Questo stile, sebbene il suo nome si traduca come “Stile dell’Artiglio di Tigre”, è forse l’esempio più famoso di un sistema costruito esplicitamente sulla dualità di due animali.
Origini e Filosofia: Fondato formalmente da Fok Fu-Chuen a Hong Kong, il Fu-Jow Pai è il risultato della fusione di due sistemi: la potenza esterna e aggressiva dell’Artiglio della Tigre Nera di Shaolin (un ramo dell’Hung Gar) e la fluidità interna, l’elusività e le tecniche penetranti di uno stile del Serpente Nero di derivazione taoista. La filosofia della scuola è l’incarnazione dello Yin/Yang: la capacità di essere ferocemente potente come una tigre e, un istante dopo, ingannevolmente morbido e letale come un serpente.
Caratteristiche Tecniche: L’allenamento del Fu-Jow Pai insegna agli studenti a passare senza soluzione di continuità da una modalità all’altra. Le tecniche della Tigre si basano su posizioni forti, prese potenti e colpi che mirano a rompere e schiacciare. Le tecniche del Serpente si basano su un gioco di gambe evasivo, movimenti a spirale, attacchi di dita a punti vitali e un uso sofisticato dell’energia interna.
Forme e Organizzazione: Lo stile ha un set di forme che insegnano separatamente le due componenti, e altre che le fondono insieme. Portato negli Stati Uniti negli anni ’60 dal pronipote del fondatore, Wai Hong, il Fu-Jow Pai ha stabilito una solida presenza internazionale. Le scuole di Fu-Jow Pai oggi rappresentano uno dei lignaggi più diretti e riconoscibili in cui lo studio dello Shequan è un requisito fondamentale e non opzionale.
Stili del Serpente della Provincia del Fujian (Fujian Shéquán – 福建蛇拳)
La provincia costiera del Fujian, nel sud-est della Cina, è una regione con una storia marziale incredibilmente ricca e unica, patria di stili famosi come il White Crane Boxing. Ha anche sviluppato le sue varianti indigene di Boxe del Serpente.
Caratteristiche: Gli stili del serpente del Fujian sono spesso meno conosciuti a livello internazionale, ma molto rispettati per la loro efficacia. Sono tipicamente stili a cortissimo raggio, che enfatizzano una velocità di mani quasi incredibile. Una loro caratteristica distintiva è l’uso del “potere che scuote/vibra” (抖勁 – Dǒu Jìn), una rapida contrazione e rilassamento dei muscoli per generare una forza penetrante a brevissima distanza. C’è una grande enfasi sul condizionamento degli avambracci (per usarli come “corpo” del serpente per bloccare e colpire) e delle dita.
Scuole e Lignaggi: Questi stili sono stati spesso tramandati all’interno di piccole comunità o clan e sono meno commercializzati. Trovare una scuola autentica di Shequan del Fujian al di fuori della Cina o delle comunità cinesi d’oltremare può essere difficile. Tuttavia, rappresentano una delle interpretazioni più pure e combattive dello Shequan del Sud, focalizzate sull’applicazione pratica senza fronzoli.
PARTE IV: LO SHEQUAN NEL MONDO MODERNO – SCUOLE, FEDERAZIONI E LA QUESTIONE DELLA “CASA MADRE”
Nel mondo globalizzato di oggi, come si orienta chi cerca una scuola di Shequan? E qual è l’ente di riferimento? Qui la risposta si biforca nettamente.
La Decentralizzazione delle Scuole Tradizionali e l’Assenza di una “Casa Madre”
Per tutti gli stili tradizionali discussi finora (Hung Gar, Wing Chun, Fu-Jow Pai, stili del Fujian, ecc.), è fondamentale capire che non esiste una “casa madre” o un’organizzazione centrale mondiale. Il mondo del Kung Fu tradizionale è intrinsecamente decentralizzato.
L’Autorità del Lignaggio: L’autorità non deriva da un’affiliazione a un ente burocratico, ma dalla linea di trasmissione diretta da maestro ad allievo. La “casa madre” di un praticante di Fu-Jow Pai non è un ufficio in Cina, ma la scuola del capo del suo lignaggio (il Zhang Men Ren – 掌門人), che potrebbe trovarsi a Hong Kong, a New York o a Londra. Ogni lignaggio è, a tutti gli effetti, un’entità autonoma. La legittimità di una scuola si basa sulla purezza della sua genealogia e sulla qualità del suo Sifu, non su un certificato rilasciato da un’organizzazione internazionale.
Il Ruolo delle Federazioni Sportive e la “Casa Madre” del Wushu
Il discorso cambia completamente quando si parla dello Shequan come disciplina sportiva all’interno del Wushu moderno.
International Wushu Federation (IWUF): Fondata nel 1990 e con sede a Losanna, in Svizzera, la IWUF è l’organo di governo mondiale per lo sport del Wushu, riconosciuto dal Comitato Olimpico Internazionale. La IWUF standardizza le regole per le competizioni di Taolu (forme) e Sanda (combattimento), organizza i Campionati del Mondo e promuove il Wushu come sport globale.
Chinese Wushu Association (CWA): Con sede a Pechino, è la federazione nazionale cinese e, di fatto, la più influente a livello tecnico e politico. Può essere considerata la “casa madre” del Wushu moderno, in quanto è da lì che provengono la maggior parte delle standardizzazioni e delle innovazioni.
Federazioni Nazionali: Ogni paese membro della IWUF ha una sua federazione nazionale (come la FIWuK – Federazione Italiana Wushu Kung Fu in Italia). Queste organizzazioni gestiscono l’attività sportiva a livello nazionale, selezionano le squadre per le competizioni internazionali e formano giudici e allenatori secondo gli standard IWUF.
Quindi, per un atleta che compete nel Wushu moderno ed esegue una forma di Shequan, la sua “casa madre” ultima è la IWUF. Per un praticante di un lignaggio tradizionale di Shequan del Sud, la sua “casa madre” è il suo Sifu e il capo della sua specifica genealogia. Si tratta di due mondi paralleli con strutture, scopi e filosofie completamente diversi.
Conclusione: Un Ecosistema, non una Piramide
In conclusione, il panorama degli stili e delle scuole di Shequan è un ecosistema ricco e diversificato, non una struttura piramidale. Dalle interpretazioni filosofiche di Shaolin e Wudang, alla sua integrazione in sistemi potenti come l’Hung Gar, fino a stili dedicati come il Fu-Jow Pai, il serpente ha dimostrato una straordinaria capacità di adattamento.
La sua vera forza risiede proprio in questa diversità. Non essendo mai stato ingabbiato in un’unica dottrina o controllato da un’unica “casa madre”, lo Shequan ha potuto evolversi liberamente, assumendo innumerevoli forme e “pelli” diverse. Ogni scuola, ogni lignaggio, ogni maestro rappresenta un filo unico in un magnifico e complesso arazzo. Cercare una scuola di Shequan oggi significa scegliere quale di questi fili si desidera seguire, sapendo che ognuno di essi conduce a una comprensione diversa ma ugualmente valida della grazia, dell’intelligenza e della letalità senza tempo del serpente.
LA SITUAZIONE IN ITALIA
Il Serpente in Italia: Un’Analisi Approfondita del Paesaggio Marziale, delle Scuole e delle Organizzazioni dello Shequan sul Territorio Nazionale
Analizzare la situazione dello Shequan in Italia è un compito complesso che richiede di mappare un territorio marziale tanto ricco quanto frammentato. A differenza di discipline come il Judo o il Karate, che hanno una struttura didattica e organizzativa consolidata e facilmente riconoscibile, lo Shequan non si presenta quasi mai come un’entità a sé stante. Non esistono, se non in casi eccezionalmente rari, scuole o corsi dedicati esclusivamente alla “Boxe del Serpente”. La sua presenza, tuttavia, è tangibile e significativa, ma va cercata “tra le pieghe” di un universo più vasto: quello del Kung Fu tradizionale e del Wushu sportivo.
Per comprendere dove e come si pratica lo Shequan in Italia, è quindi indispensabile comprendere l’intero paesaggio delle arti marziali cinesi sul nostro territorio. Bisogna esplorarne lo sviluppo storico, capire la fondamentale distinzione tra la pratica tradizionale e quella sportiva, e navigare nella complessa rete di federazioni, enti di promozione e associazioni private che ne regolano e promuovono le attività.
Questo approfondimento si propone di offrire una panoramica completa, neutrale e dettagliata di questo mondo. Partiremo da un’analisi storica per contestualizzare l’arrivo e la diffusione del Kung Fu in Italia. Successivamente, esamineremo i due “universi paralleli” della pratica tradizionale e del Wushu moderno, per poi mappare il panorama organizzativo nazionale e internazionale. Infine, forniremo indicazioni concrete su come e dove i principi dello Shequan vengono insegnati e praticati oggi in Italia, concludendo con un elenco di enti e organizzazioni di riferimento. Il nostro obiettivo non è promuovere una scelta, ma fornire le informazioni necessarie per orientarsi in un mondo affascinante ma spesso di difficile decifrazione.
PARTE I: LE ORIGINI E LO SVILUPPO DEL KUNG FU IN ITALIA – IL CONTESTO STORICO
La storia delle arti marziali cinesi in Italia è relativamente recente, ma ha attraversato diverse fasi di evoluzione che hanno plasmato il panorama attuale.
I Primi Pionieri (Anni ’60 e ’70): L’Onda Lunga di Bruce Lee
Prima degli anni ’60, il Kung Fu in Italia era praticamente sconosciuto, una pratica esotica confinata a sparute comunità cinesi. La scintilla che accese l’interesse di massa fu, senza alcun dubbio, l’esplosione del fenomeno Bruce Lee. I suoi film, proiettati nei cinema italiani all’inizio degli anni ’70, mostrarono al grande pubblico un’arte marziale dinamica, efficace e filosoficamente profonda, molto diversa da quanto si era visto fino ad allora.
Sull’onda di questo successo, nacque una domanda impetuosa di insegnamento. I primi pionieri che iniziarono a insegnare in Italia in questo periodo erano una manciata di figure:
Maestri cinesi emigrati in Europa (soprattutto in Francia, Olanda e Inghilterra) che iniziarono a tenere seminari anche in Italia.
Praticanti italiani che, spinti da una passione divorante, si erano recati all’estero, a Hong Kong, a Taiwan o in altre capitali europee, per studiare direttamente alla fonte e che, tornati in patria, aprirono le prime scuole.
Maestri di altre arti marziali (principalmente Karate) che, affascinati dal Kung Fu, iniziarono a studiarlo e a integrarlo nei loro insegnamenti, a volte con risultati qualitativamente altalenanti.
In questa fase pionieristica, la conoscenza era spesso frammentaria. Gli stili erano mescolati e la distinzione tra le varie scuole (come quella tra Shequan e altri stili animali) era raramente chiara al grande pubblico.
Il Boom degli Anni ’80: L’Epoca d’Oro del Cinema di Kung Fu
Gli anni ’80 segnarono il vero e proprio boom del Kung Fu in Italia. Il successo dei film della Shaw Brothers e, soprattutto, l’ascesa di Jackie Chan con pellicole come “Il serpente all’ombra dell’aquila”, alimentarono un interesse senza precedenti. Il pubblico non cercava più solo l’efficacia letale di Bruce Lee, ma anche l’acrobazia, la fluidità e la spettacolarità degli stili tradizionali e imitativi.
Questo decennio vide una proliferazione di palestre e corsi di Kung Fu in tutta Italia. La qualità era estremamente varia. Accanto a maestri seri e competenti, che portavano avanti lignaggi autentici, sorsero molti istruttori improvvisati, cavalcando l’onda della moda. Fu un’epoca di grande entusiasmo ma anche di grande confusione, in cui termini come “Shaolin”, “Stile del Serpente” o “Stile della Tigre” venivano usati spesso più come etichette commerciali che come indicatori di un reale percorso tecnico.
La Lenta Maturazione (Anni ’90 – Oggi): La Ricerca dell’Autenticità
A partire dagli anni ’90, il panorama italiano ha iniziato un lento ma costante processo di maturazione. Il praticante medio è diventato più esigente e informato. La “moda” del Kung Fu si è attenuata, lasciando sul campo i veri appassionati, coloro che cercavano non solo un’attività fisica, ma un percorso culturale e marziale profondo.
L’avvento di Internet ha giocato un ruolo cruciale in questa fase, permettendo un accesso senza precedenti alle informazioni. I praticanti hanno potuto fare ricerche sui lignaggi, entrare in contatto con maestri e scuole in tutto il mondo, confrontare le diverse interpretazioni di uno stesso stile. Questo ha portato a una maggiore specializzazione e a una crescente ricerca di “autenticità”, ovvero di una connessione diretta e verificabile con un caposcuola o un lignaggio riconosciuto. È in questo contesto più maturo e consapevole che oggi si colloca la pratica dello Shequan in Italia.
PARTE II: I DUE UNIVERSI PARALLELI: WUSHU MODERNO E KUNG FU TRADIZIONALE IN ITALIA
Per comprendere la situazione di qualsiasi stile di arte marziale cinese in Italia, è imperativo capire la distinzione fondamentale tra due mondi che, sebbene usino spesso lo stesso termine “Wushu”, hanno scopi, metodi e strutture radicalmente diversi: il mondo del Kung Fu Tradizionale e quello del Wushu Moderno (o sportivo).
Il Kung Fu Tradizionale (武術 – Wǔshù tradizionale o 國術 – Guóshù): La Via della Radice e del Lignaggio
Filosofia e Scopo: L’obiettivo primario del Kung Fu tradizionale è l’applicazione pratica. Nasce come sistema di combattimento per la difesa della persona, della famiglia o della comunità. I suoi tre pilastri sono: l’efficacia marziale (sanda), il mantenimento della salute (yangsheng) e lo sviluppo personale e mentale (xiushen). La pratica è un percorso di vita, non solo un’attività sportiva.
Struttura delle Scuole: Le scuole tradizionali (chiamate Kwoon in cantonese o Wuguan in mandarino) sono spesso entità indipendenti o affiliate a organizzazioni internazionali di stile. Il rapporto tra maestro (Sifu) e allievo è centrale e si basa sulla fiducia e sul rispetto. L’autorità del Sifu deriva dalla sua appartenenza a un lignaggio specifico, una catena di trasmissione che idealmente risale al fondatore dello stile.
La Pratica dello Shequan in questo Contesto: Nelle scuole tradizionali, lo Shequan si trova quasi esclusivamente come componente integrata di un sistema più ampio. Ad esempio:
Nelle scuole di Hung Gar: Lo studente imparerà la forma del serpente (Se Ying Kuen) dopo aver costruito una solida base nelle tecniche della tigre e della gru. Lo scopo è sviluppare la flessibilità, la gestione del Qi e la precisione, per bilanciare la potenza esterna.
Nelle scuole di Choy Li Fut: Anche questo sistema del Sud include le forme dei Cinque Animali, e lo Shequan viene studiato per le sue applicazioni a corta distanza e le sue strategie di controllo.
Nelle scuole di stili ibridi come il Fu-Jow Pai: Lo studio dello Shequan è un pilastro fondamentale fin dall’inizio, insegnato in parallelo alle tecniche della Tigre. In questo universo, non si impara “lo Shequan”, ma “lo Shequan secondo l’interpretazione del lignaggio Hung Gar della famiglia Lam” o “secondo lo stile Fu-Jow Pai”. L’enfasi è sulla preservazione della tradizione e sull’efficacia marziale delle tecniche.
Il Wushu Moderno (武术 – Wushu moderno o sportivo): La Via dello Sport e della Performance
Filosofia e Scopo: Il Wushu moderno è uno sport standardizzato, sviluppato nella Repubblica Popolare Cinese per scopi agonistici e di spettacolo. Il suo obiettivo è la vittoria in competizione. Come la ginnastica artistica, la performance viene valutata da una giuria sulla base di criteri oggettivi: difficoltà tecnica, qualità dell’esecuzione (velocità, potenza, equilibrio), e presentazione generale.
Struttura delle Scuole: Le scuole di Wushu moderno sono tipicamente delle Associazioni Sportive Dilettantistiche (ASD), affiliate alla federazione nazionale e focalizzate sulla preparazione degli atleti per le gare. L’allenamento è molto simile a quello di altre discipline sportive, con una forte enfasi sulla preparazione atletica (potenziamento, acrobatica, flessibilità estrema).
La Pratica dello Shequan in questo Contesto: Nel Wushu moderno, lo Shequan esiste come categoria di gara nella disciplina del Taolu (forme). Gli atleti eseguono routine coreografate (spesso create da loro stessi o dai loro allenatori) che devono contenere i movimenti caratteristici dello stile del serpente. Queste forme sono estremamente dinamiche, veloci e acrobatiche. Includono salti, calci complessi e una flessibilità spinale spettacolare. L’enfasi non è sull’applicazione marziale, ma sulla perfezione estetica e sulla difficoltà atletica. Un atleta di Wushu moderno che esegue una forma di Shequan è un ginnasta di altissimo livello, la cui performance è una rappresentazione artistica e sportiva dei principi del serpente.
PARTE III: IL PAESAGGIO ORGANIZZATIVO – FEDERAZIONI, ENTI DI PROMOZIONE E ASSOCIAZIONI
Il mondo delle arti marziali in Italia è regolato da una complessa rete di organizzazioni. Comprendere i loro ruoli è essenziale per mappare la situazione dello Shequan, mantenendo una rigorosa neutralità.
La Federazione Ufficiale Riconosciuta dal CONI
In Italia, l’unico organismo ufficialmente delegato dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) a governare, promuovere e regolamentare la disciplina del Wushu Kung Fu è la:
FIWuK – Federazione Italiana Wushu Kung Fu:
Ruolo e Status: La FIWuK è la federazione sportiva nazionale che rappresenta l’Italia in seno alla European Wushu Federation (EWUF) e alla International Wushu Federation (IWUF), quest’ultima riconosciuta dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO). Questo status le conferisce l’esclusività nell’organizzazione dei Campionati Italiani Assoluti, nella selezione degli atleti per la squadra nazionale che partecipa ai Campionati Europei e Mondiali, e nel rilascio di qualifiche tecniche (come quelle di Istruttore o Maestro) inserite nel sistema nazionale di qualifiche degli operatori sportivi (SNaQ) del CONI.
Attività: La FIWuK gestisce sia il settore del Wushu moderno (Taolu e Sanda agonistici) sia il settore del Kung Fu tradizionale, cercando di valorizzare entrambi gli aspetti della disciplina. Organizza competizioni, corsi di formazione per tecnici e ufficiali di gara, e promuove l’arte a livello nazionale. Molte delle più importanti scuole, sia di tradizionale che di sportivo, sono affiliate alla FIWuK.
Sito Web: https://www.fiwuk.com/
Gli Enti di Promozione Sportiva (EPS): Un Ecosistema Parallelo e Diffuso
Accanto alla federazione ufficiale, opera un vasto mondo di Enti di Promozione Sportiva (EPS). Si tratta di grandi organizzazioni nazionali, anch’esse riconosciute dal CONI, che promuovono lo sport di base in moltissime discipline, incluse le arti marziali.
Ruolo e Status: Gli EPS offrono un percorso alternativo per l’affiliazione delle associazioni sportive. Spesso hanno costi e requisiti burocratici più contenuti, e offrono una vasta gamma di servizi. Per molte scuole di Kung Fu tradizionale, il cui scopo non è primariamente l’agonismo di alto livello, l’affiliazione a un EPS è una scelta molto comune e valida.
Attività: Quasi tutti i principali EPS hanno un settore dedicato alle arti marziali o alle discipline orientali, che organizza propri circuiti di gara (spesso con regolamenti leggermente diversi da quelli federali), corsi di formazione per istruttori (le cui qualifiche sono valide all’interno dell’ente stesso) e stage con maestri nazionali e internazionali. Tra i più attivi in questo campo si possono citare UISP, AICS, CSEN, ACSI, OPES, e altri. La loro capillarità sul territorio è enorme e rappresentano una fetta importantissima del movimento marziale italiano.
Associazioni di Stile e Organizzazioni Internazionali di Lignaggio
Un terzo livello organizzativo, fondamentale per il Kung Fu tradizionale, è quello delle associazioni internazionali dedicate a un singolo stile.
Ruolo e Status: Molte scuole italiane, pur essendo affiliate a livello nazionale alla FIWuK o a un EPS (spesso per motivi legali e assicurativi), considerano la loro appartenenza più importante quella all’organizzazione internazionale del proprio lignaggio. Ad esempio, una scuola di Fu-Jow Pai in Italia sarà parte della “World Fu-Jow Pai Federation” con sede negli USA. Una scuola di Hung Gar del lignaggio Lam potrebbe essere affiliata a una delle associazioni internazionali create dai discendenti di Lam Sai-wing.
Attività: Queste organizzazioni sono il cuore della preservazione dello stile. Stabiliscono i programmi tecnici, organizzano seminari internazionali con il caposcuola (Gran Maestro o Sigung), e rilasciano i gradi e le certificazioni che hanno valore e riconoscimento all’interno di quel specifico lignaggio. Per un praticante tradizionale, ricevere un grado dal caposcuola del proprio stile ha spesso un valore superiore a qualsiasi qualifica nazionale.
La situazione, quindi, è un intreccio: una scuola può essere un’ASD affiliata a un EPS per le attività di base, avere alcuni atleti che gareggiano nel circuito FIWuK, e allo stesso tempo essere il rappresentante italiano di un’organizzazione internazionale di stile.
PARTE IV: LA PRATICA DELLO SHEQUAN SUL TERRITORIO – DOVE E COME TROVARLO
Considerando questo complesso panorama, come può un interessato trovare un luogo dove praticare lo Shequan in Italia?
La Ricerca di una Scuola: Una Questione di Parole Chiave
Come accennato, cercare online “scuola di Shequan” o “corso di Boxe del Serpente” produrrà risultati molto scarsi. La ricerca deve essere più strategica e mirata a quegli stili che notoriamente includono i principi del serpente nel loro programma:
Ricerca per Stile Tradizionale: Le parole chiave più efficaci sono “scuola Hung Gar”, “scuola Choy Li Fut”, “scuola Fu-Jow Pai”, o più genericamente “scuola Kung Fu tradizionale” seguite dal nome della propria città o regione. Una volta trovata una scuola di uno di questi stili, il passo successivo è contattare l’istruttore e chiedere specificamente se il programma di studi includa la forma o le tecniche del serpente e a quale livello del percorso vengano insegnate.
Ricerca per Wushu Sportivo: In questo caso, la ricerca sarà “scuola di Wushu moderno” o “corso di Wushu Taolu”. Anche qui, si dovrà poi chiedere se la scuola prepara atleti anche nella categoria degli stili imitativi (Xiangxingquan), e specificamente nello Shequan.
L’Importanza Cruciale della Scelta del Sifu
Al di là del nome dello stile o dell’affiliazione della scuola, il fattore più importante nella scelta di un percorso di pratica è la qualità del maestro, o Sifu (師父). Un buon Sifu non è solo un tecnico competente, ma anche un educatore, una guida e un esempio. È fondamentale visitare le scuole, assistere a una lezione di prova, e valutare non solo il livello tecnico, ma anche l’atmosfera della classe, il rapporto del maestro con gli allievi e la coerenza tra i principi insegnati e il suo comportamento. L’autenticità di un’arte marziale risiede, in ultima analisi, nelle persone che la incarnano e la trasmettono.
PARTE V: LA QUESTIONE DELLA “CASA MADRE” – UN CONCETTO DA CONTESTUALIZZARE
Questa è una delle domande più frequenti e la cui risposta chiarisce la natura del mondo marziale cinese.
Per il Kung Fu Tradizionale: L’Autorità del Lignaggio Nel Kung Fu tradizionale, il concetto di “casa madre” centralizzata non esiste. L’autorità è personale e si basa sulla trasmissione diretta. La “casa madre” di un praticante è il suo Sifu. La “casa madre” del suo Sifu è il suo maestro (Sigung). Al vertice di un dato lignaggio si trova il caposcuola, il Gran Maestro, che è l’autorità suprema per quella specifica famiglia marziale. Questa struttura è decentralizzata per natura e si basa su relazioni personali e su una catena di fiducia.
Per il Wushu Sportivo: La Piramide delle Federazioni Nel mondo sportivo, invece, una struttura gerarchica e centralizzata esiste ed è chiaramente definita.
A Livello Mondiale: L’organo di governo supremo è la International Wushu Federation (IWUF).
Sito Web: https://iwuf.org/
A Livello Europeo: L’ente continentale di riferimento è la European Wushu Federation (EWUF).
Sito Web: http://www.ewuf.org/
A Livello Nazionale (Italia): L’unica federazione riconosciuta è la Federazione Italiana Wushu Kung Fu (FIWuK).
Sito Web: https://www.fiwuk.com/
Un atleta che volesse competere in una gara di Shequan riconosciuta a livello olimpico (qualora il Wushu dovesse entrarvi) dovrebbe necessariamente passare attraverso questa filiera.
PARTE VI: ELENCO DI ENTI E ORGANIZZAZIONI DI RIFERIMENTO IN ITALIA
Di seguito un elenco non esaustivo ma rappresentativo delle principali entità che, a vario titolo, si occupano di arti marziali cinesi in Italia, all’interno delle quali è possibile trovare la pratica dello Shequan.
Federazione Sportiva Nazionale:
Nome: Federazione Italiana Wushu Kung Fu (FIWuK)
Ruolo: Unico ente riconosciuto dal CONI per la gestione e la promozione del Wushu Kung Fu in Italia, sia tradizionale che sportivo.
Indirizzo Sede Legale: Stadio Olimpico – Curva Sud – 00135 Roma (RM)
Sito Web: https://www.fiwuk.com/
Principali Enti di Promozione Sportiva con Settori Arti Marziali:
Nome: Unione Italiana Sport Per tutti (UISP) – Settore Discipline Orientali
Ruolo: Offre un vasto programma di attività di base, corsi di formazione e circuiti di gara per le arti marziali cinesi. Molto diffuso sul territorio.
Indirizzo Sede Nazionale: Largo Nino Franchellucci, 73 – 00155 Roma (RM)
Sito Web Settore: http://www.uisp.it/disciplineorientali/
Nome: Alleanza Italiana Competizioni Sportive (AICS) – Settore Kung Fu
Ruolo: Ente di promozione con una forte presenza nel settore delle arti marziali, organizza eventi, stage e campionati a livello nazionale.
Indirizzo Sede Nazionale: Via Barberini, 68 – 00187 Roma (RM)
Sito Web: https://www.aics.it/ (il settore specifico è gestito da commissioni tecniche nazionali).
Nome: Centro Sportivo Educativo Nazionale (CSEN) – Settore Kung Fu
Ruolo: Uno degli EPS più grandi d’Italia, con un settore molto attivo nelle arti marziali che offre numerose opportunità formative e competitive.
Indirizzo Sede Nazionale: Via Luigi Bodio, 57 – 00191 Roma (RM)
Sito Web Settore: https://www.csen.it/kung-fu/
Esempi di Scuole/Associazioni di Stile Specifico (a titolo illustrativo):
Nome: A.S.D. Fu Jow Pai Kung Fu
Ruolo: Esempio di scuola che rappresenta un lignaggio specifico (Fu-Jow Pai) in cui lo Shequan è fondamentale. Le scuole di questo tipo sono presenti in varie città italiane.
Indirizzo: (Variabile a seconda della sede locale, es. le scuole di Roma, Milano, ecc. hanno indirizzi diversi).
Sito Web Esempio (Roma): http://www.fujowpai.it/
Nome: Scuole di Hung Gar (Lignaggio Lam)
Ruolo: Esempio di scuole di uno stile del Sud che includono lo studio dello Shequan nel loro programma avanzato.
Indirizzo: (Presenti in molte città, ognuna con la propria sede).
Sito Web Esempio (HGAI – Hung Gar Association Italy): https://www.hunggar.it/
Conclusione: Un Paesaggio Ricco ma da Esplorare con Consapevolezza
La situazione dello Shequan in Italia è un riflesso fedele della complessità e della ricchezza del Kung Fu. Non è un’arte che si offre facilmente al neofita, ma richiede ricerca, curiosità e discernimento. Esiste e prospera, non in grandi scuole dedicate, ma come corrente vitale all’interno di sistemi marziali più ampi o come disciplina performativa di alta specializzazione.
La sua struttura organizzativa decentralizzata nel campo tradizionale e centralizzata in quello sportivo offre al praticante una vasta scelta di percorsi. Che si cerchi la preservazione di un antico lignaggio, l’emozione della competizione sportiva o semplicemente un percorso di crescita personale, l’Italia offre numerose e qualificate opportunità per studiare e incarnare i principi del serpente. La chiave è sapere dove guardare e, una volta trovato un sentiero, affidarsi alla guida di un Sifu competente che possa illuminare il cammino.
TERMINOLOGIA TIPICA
Le Parole del Serpente: Un’Analisi Approfondita della Terminologia Fondamentale dello Shequan e del Wushu
Avvicinarsi allo studio di un’arte marziale cinese come lo Shequan significa entrare in un mondo che possiede un suo linguaggio specifico, una terminologia ricca e stratificata che è molto più di un semplice gergo tecnico. Le parole usate nel Kung Fu sono delle vere e proprie capsule di conoscenza, finestre su una visione del mondo, sulla filosofia e sulla cultura che hanno plasmato l’arte nel corso dei secoli. Comprendere questi termini non è un esercizio accademico, ma un passo fondamentale per ogni praticante serio, poiché permette di decodificare i concetti fondamentali che non hanno un’esatta corrispondenza nelle lingue occidentali.
Parlare di Qi non è la stessa cosa che parlare di “energia”. Parlare di Jin non è come parlare di “forza”. Chiamare il proprio insegnante Sifu implica una relazione molto più profonda di quella con un “coach” o un “istruttore”. Ogni parola porta con sé un’eredità di pensiero e di pratica.
Questo approfondimento sarà un viaggio all’interno di questo lessico. Non ci limiteremo a un semplice glossario, ma tratteremo ogni termine fondamentale come un mini-saggio, analizzandone l’etimologia (attraverso i caratteri cinesi), il significato letterale, l’applicazione pratica nel contesto dello Shequan e le implicazioni filosofiche. Organizzeremo questo viaggio in sezioni tematiche, partendo dai grandi concetti che formano l’anima dell’arte, per poi passare alla terminologia del corpo, della pratica e della struttura sociale di una scuola tradizionale. Imparare queste parole significa imparare a “pensare” nell’ linguaggio dell’arte marziale.
PARTE I: I CONCETTI FONDAMENTALI E FILOSOFICI – L’ANIMA DELLO STILE
Questi sono i termini che costituiscono le fondamenta ideologiche e spirituali dello Shequan. Comprendere questi concetti è il primo passo per afferrare la vera natura dell’arte, al di là del movimento fisico.
Shéquán (蛇拳) – La Boxe del Serpente
Caratteri e Traduzione: Il termine è composto da due caratteri: Shé (蛇), che significa inequivocabilmente “Serpente”, e Quán (拳), che viene comunemente tradotto come “Pugno” o “Boxe”.
Analisi Approfondita: La vera profondità risiede nel carattere Quán. Sebbene la sua rappresentazione grafica mostri una mano chiusa a pugno, il suo significato si estende a indicare un intero “metodo di combattimento a mani nude”, un “sistema di pugilato”. Pertanto, Shéquán non significa semplicemente “il pugno del serpente”, ma piuttosto “il Metodo di Combattimento basato sui Principi del Serpente”. Questo implica un sistema olistico che include non solo i colpi, ma anche le posture, il gioco di gambe, la strategia e la filosofia ispirati all’animale. Il termine stesso suggerisce una metodologia completa, una via marziale (Tao) che segue il modello del serpente.
Wǔshù (武術) – L’Arte Marziale
Caratteri e Traduzione: Composto da Wǔ (武), che significa “Marziale” o “Militare”, e Shù (術), che significa “Arte”, “Tecnica” o “Metodo”. La traduzione letterale è quindi “Arte Marziale”.
Analisi Approfondita: Il carattere Wǔ è uno dei più profondi e discussi nel pensiero cinese. È a sua volta un ideogramma composto da due radicali: 止 (zhǐ), che significa “fermare”, e 戈 (gē), che rappresenta un’antica alabarda o un’arma inastata. L’interpretazione comune e più “guerriera” è “l’arte di usare le armi”. Tuttavia, l’interpretazione filosofica, preferita da molti maestri, è radicalmente diversa: Wǔ è “l’arte di fermare l’alabarda”, ovvero l’abilità di porre fine al conflitto, di fermare la violenza (sia quella altrui che la propria). In questa visione, il vero scopo del Wǔshù non è vincere un combattimento, ma raggiungere un livello di abilità e saggezza tale da non dover combattere affatto. Il termine Shù indica che si tratta di un’abilità pratica, un metodo che deve essere appreso e perfezionato. Wǔshù è quindi il termine tecnico e corretto per indicare l’insieme delle arti marziali cinesi, un termine che porta con sé un profondo imperativo etico.
Gōngfu (功夫) – Abilità Acquisita con il Tempo e lo Sforzo
Caratteri e Traduzione: Composto da Gōng (功), che significa “lavoro”, “risultato”, “merito”, e Fu (夫), che può significare “uomo” ma in questo contesto si riferisce al “tempo”. La traduzione più accurata è “abilità raggiunta attraverso un grande sforzo protratto nel tempo”.
Analisi Approfondita: In Occidente, “Kung Fu” è diventato erroneamente il nome generico per le arti marziali cinesi. In realtà, Gōngfu è un concetto molto più vasto. Si può avere un eccellente gōngfu nella calligrafia, nella cucina, nella musica o in qualsiasi altra disciplina che richieda dedizione e pratica costante. Dire che una persona “ha un buon gōngfu” significa che ha raggiunto un alto livello di maestria, che la sua abilità non è superficiale ma profondamente radicata. Nel contesto marziale, avere gōngfu non significa conoscere molte tecniche, ma aver praticato i fondamentali (il Jīběngōng) così a lungo che le abilità di base (stabilità, potenza, coordinazione) sono diventate eccezionali. È la differenza tra un musicista che sa leggere le note e uno che fa cantare il suo strumento. Nello Shequan, un praticante sviluppa il proprio gōngfu attraverso migliaia di ore dedicate a perfezionare l’onda spinale, la flessibilità e la precisione dei colpi.
Qì (氣) – L’Energia Vitale o Soffio Interno
Caratteri e Traduzione: L’antico ideogramma 氣 è composto da 气 (qì), che rappresenta il vapore o il gas, e 米 (mǐ), che significa “riso”. L’immagine è quella del vapore che si sprigiona dal riso in cottura, una metafora per l’energia nutritiva, la forza vitale che sostiene la vita. Viene tradotto come “energia”, “soffio vitale”, “respiro”.
Analisi Approfondita: Il Qi è forse il concetto più famoso e frainteso. Non è una forza magica o soprannaturale. È un termine olistico che descrive la forza vitale che anima tutti gli esseri viventi. Può essere interpretato su più livelli:
Livello Fisico: È il respiro (l’ossigeno che alimenta le cellule) e la circolazione sanguigna.
Livello Bioelettrico: Sono gli impulsi nervosi che viaggiano dal cervello ai muscoli.
Livello Mentale: È l’intenzione focalizzata, la concentrazione. Nello Shequan, la coltivazione del Qi (Liàn Qì – 練氣) è centrale. L’obiettivo è ottenere un flusso di Qi forte, fluido e privo di blocchi. Questo si ottiene principalmente attraverso la pratica del Qìgōng (氣功), “lavoro sull’energia”, che include esercizi di respirazione profonda (Tu Na), meditazione e la pratica lenta e consapevole dei Taolu. Un Qi abbondante e ben diretto porta a una salute migliore, a una maggiore resistenza e alla capacità di generare potenza interna (Jìn). Il movimento sinuoso del serpente è considerato ideale per promuovere la circolazione del Qi lungo la colonna vertebrale.
Jìn (勁) – La Potenza Marziale Intelligente
Caratteri e Traduzione: Il carattere 勁 è composto da 功 (gōng), “abilità/lavoro”, e 力 (lì), “forza”. La traduzione è “potenza”, “forza espressa”, “forza marziale”.
Analisi Approfondita: È fondamentale distinguere Jìn da Lì. Lì (力) è la forza muscolare grezza, la forza isolata di un singolo muscolo o gruppo muscolare. È la forza di un bodybuilder. Jìn, invece, è la potenza coordinata, una forza “intelligente” che è il risultato della perfetta integrazione di diversi fattori:
Struttura Corporea: Un allineamento scheletrico ottimale.
Radicamento: La connessione con il suolo.
Coordinazione: Il movimento sinergico di tutto il corpo.
Tempismo: L’applicazione della forza nel momento esatto.
Intenzione (Yi) e Qi: La direzione mentale ed energetica della forza. Lo Shequan è un’arte specializzata nello sviluppo di tipi specifici di Jìn. I due più importanti sono:
Chán Si Jìn (纏絲勁) – Potenza del Filo di Seta che si Avvolge: È una forza a spirale, tridimensionale, che pervade ogni movimento. Nasce dalla rotazione della vita e si propaga attraverso gli arti, permettendo di deviare la forza avversaria e di generare colpi penetranti e difficili da bloccare. È la quintessenza del movimento avvolgente del serpente.
Fā Jìn (發勁) – Emissione Esplosiva di Potenza: È la capacità di rilasciare la potenza accumulata in un istante, passando da uno stato di totale rilassamento a uno di massima espressione di forza. Nello Shequan, il Fā Jìn è spesso breve, secco e vibrante, come lo scatto di un serpente.
PARTE II: LA NOMENCLATURA DEL CORPO E DELLA BIOMECCANICA – IL LESSICO DEL MOVIMENTO
Questi termini si riferiscono alle parti del corpo e ai principi biomeccanici che sono al centro della pratica dello Shequan.
Shǒu Fǎ (手法), Shēn Fǎ (身法), Bù Fǎ (步法), Yǎn Fǎ (眼法) – I Metodi delle Mani, del Corpo, del Passo e degli Occhi
Decomposizione: Questi termini indicano i “metodi” o le “leggi” (Fǎ) che governano l’uso delle diverse parti del corpo. Sono considerati i quattro pilastri del movimento esterno.
Analisi Approfondita:
Shǒu Fǎ (Metodo delle Mani): Nello Shequan, questo si riferisce non solo alle tecniche di colpo, ma soprattutto alle forme specifiche che la mano assume (Shǒu Xíng), come la Lingua di Serpente (Shé Xìn) o la Testa di Serpente (Shé Tóu), e al modo corretto di applicarle.
Shēn Fǎ (Metodo del Corpo): È il cuore dello Shequan. Si riferisce alla capacità di usare il corpo come un’unità coesa, con un’enfasi assoluta sull’uso della vita (Yāo) come centro del movimento e sulla mobilità della colonna vertebrale per generare l’onda di potenza (Shé Xíng).
Bù Fǎ (Metodo del Passo/delle Posizioni): Riguarda tutto ciò che concerne la parte inferiore del corpo. Include le posture statiche (Bù) come Mǎ Bù (posizione del cavallo) e Pú Bù (posizione bassa), e il gioco di gambe dinamico (Bù Fǎ), che nello Shequan è tipicamente fluido, scivolato e circolare per massimizzare l’evasione e creare angoli di attacco.
Yǎn Fǎ (Metodo degli Occhi): Un aspetto spesso trascurato ma cruciale. Si riferisce non solo a dove si guarda, ma a come si guarda. Insegna a mantenere lo sguardo focalizzato ma non fisso, per avere una visione periferica ampia (Yu Guang). Include anche l’uso degli occhi come arma di inganno, per guardare in una direzione e attaccare in un’altra.
Dāntián (丹田) – Il Campo di Cinabro
Caratteri e Traduzione: Dān (丹) significa “cinabro” (un minerale rosso usato nell’alchimia taoista per creare l’elisir di immortalità) e, per estensione, “elisir”. Tián (田) significa “campo”. Il termine si traduce quindi come “Campo dell’Elisir”.
Analisi Approfondita: Il Dāntián è il centro energetico fondamentale del corpo umano. Sebbene la Medicina Tradizionale Cinese ne identifichi tre (superiore, medio e inferiore), nel contesto marziale ci si riferisce quasi sempre al Dāntián Inferiore (下丹田, Xià Dāntián), un’area situata all’interno del corpo, circa tre dita sotto l’ombelico. Non è un organo fisico, ma un centro focale sia per la gravità che per l’energia. Nello Shequan, ogni pratica è finalizzata a “far affondare il Qi nel Dantian” (Qi Chen Dantian). Questo ha due scopi:
Fisico: Abbassa il baricentro, aumentando drasticamente la stabilità e il radicamento. Tutti i movimenti, in particolare le rotazioni della vita, devono originare da questo centro.
Energetico: Il Dāntián è considerato la “batteria” del corpo. È qui che il Qi coltivato attraverso la respirazione viene immagazzinato, per poi essere distribuito e utilizzato per generare Jìn. Una pratica corretta dello Shequan rafforza il Dāntián e migliora la capacità di immagazzinare e mobilitare l’energia interna.
Qín Ná (擒拿) – L’Arte di Afferrare e Controllare
Caratteri e Traduzione: Qín (擒) significa “catturare” o “afferrare”. Ná (拿) significa “tenere” o “controllare”. L’insieme descrive l’arte di immobilizzare un avversario attraverso leve articolari, prese ai muscoli e ai tendini, e manipolazione dei punti di pressione.
Analisi Approfondita: Il Qín Ná è una componente essenziale di molti stili di Kung Fu, ma si sposa in modo particolarmente organico con la filosofia dello Shequan. Invece di usare la forza bruta per spezzare un arto, il Qín Ná serpentino si basa sull’uso di movimenti a spirale e avvolgenti (Chán Fǎ) per “fluire” attorno all’arto dell’avversario, reindirizzarne la forza e applicare una leva nel punto di massima debolezza dell’articolazione. È l’espressione marziale del serpente costrittore, che non combatte la sua preda, ma si avvolge attorno a essa e la neutralizza con una pressione costante e intelligente.
PARTE III: LA TASSONOMIA DELLA PRATICA E DELL’ALLENAMENTO – STRUTTURARE L’APPRENDIMENTO
Questi termini descrivono le diverse modalità attraverso cui l’arte viene praticata e insegnata.
Tàolù (套路) – La Sequenza di Metodi (Forma)
Caratteri e Traduzione: Tào (套) significa “insieme”, “serie”, “copertina”. Lù (路) significa “strada”, “percorso”, “metodo”. Il termine indica un “percorso prestabilito di metodi”.
Analisi Approfondita: Come già esplorato, il Tàolù è il cuore pedagogico dello stile. È un’enciclopedia cinetica che contiene il DNA dell’arte. È importante notare che la parola Lù (“strada”) implica un viaggio, un percorso da seguire. La pratica del Tàolù non è statica; è un percorso che lo studente compie migliaia di volte, e ogni volta scopre nuovi dettagli, nuove sensazioni e nuovi significati. Non è una destinazione, ma il viaggio stesso verso la maestria.
Jīběngōng (基本功) – Il Lavoro sulle Basi Fondamentali
Caratteri e Traduzione: Jīběn (基本) significa “fondamentale”, “di base”, “radice”. Gōng (功), come abbiamo visto, significa “lavoro”, “abilità”. Il termine indica quindi il “lavoro di sviluppo delle abilità fondamentali”.
Analisi Approfondita: Il Jīběngōng è l’aspetto meno affascinante ma più importante dell’allenamento. Comprende tutte quelle pratiche ripetitive e faticose che costruiscono le fondamenta del praticante:
Zhuāng Gōng (桩功): Il lavoro sulle posizioni, tenute per lunghi periodi per sviluppare forza strutturale e resistenza.
Tuǐ Gōng (腿功): Il lavoro sulle gambe, che include stretching e calci di base.
Yāo Gōng (腰功): Il lavoro sulla vita, che include esercizi di rotazione e flessibilità.
Dān Liàn (单练): La pratica ripetuta di singole tecniche o brevi combinazioni. Nelle arti marziali cinesi si dice: “È facile imparare una forma, ma è difficile allenare il gōngfu“. Questo sottolinea che la vera abilità non risiede nella conoscenza di molte tecniche, ma nella perfezione delle basi. Un maestro si riconosce dalla stabilità delle sue posizioni e dalla potenza generata nei movimenti più semplici.
Duìliàn (對練) e Sànshǒu (散手) – Pratica in Coppia e Mani Libere
Decomposizione: Duìliàn (對練) significa “praticare in coppia”. Sànshǒu (散手) significa “mani libere” o “mani disperse”.
Analisi Approfondita: Questi termini descrivono i due livelli principali della pratica con un partner.
Il Duìliàn è una sequenza di combattimento coreografata. Due praticanti eseguono una sorta di Tàolù a due, dove attacchi, difese e contrattacchi sono predeterminati. Il suo scopo è insegnare concetti cruciali come la distanza, il tempismo e l’applicazione delle tecniche in un contesto sicuro.
Il Sànshǒu rappresenta un passo successivo. È una forma di sparring più libero, dove i praticanti applicano le tecniche apprese in modo non coreografato. Può avere vari gradi di intensità e regole specifiche (es. solo tecniche di braccia, niente colpi al viso, ecc.). Il suo scopo è sviluppare la capacità di reazione e di adattamento. È importante distinguere il Sànshǒu (metodo di allenamento) dal Sǎndǎ (散打), che è lo sport da combattimento cinese moderno, una sorta di kickboxing con proiezioni, con un suo regolamento specifico.
PARTE IV: LA GERARCHIA E LE RELAZIONI SOCIALI – IL LESSICO DELLA FAMIGLIA MARZIALE
Una scuola di Kung Fu tradizionale è strutturata come una famiglia, con una gerarchia e termini di indirizzo precisi che riflettono i valori confuciani di rispetto per gli anziani e di responsabilità reciproca.
Shīfù (師父) – Maestro-Padre
Caratteri e Traduzione: Shī (師) significa “insegnante”, “maestro”. Fù (父) significa “padre”. Il termine, quindi, si traduce letteralmente come “Maestro-Padre”.
Analisi Approfondita: Questo termine rivela la profondità della relazione allievo-maestro. Il Sifu non è un semplice fornitore di servizi, un allenatore che insegna delle tecniche. È una figura paterna. Ha la responsabilità non solo della crescita marziale dello studente, ma anche della sua crescita morale e caratteriale. In cambio, lo studente gli deve rispetto, lealtà e obbedienza, simili a quelli dovuti a un genitore. Accettare qualcuno come Sifu (attraverso la cerimonia del bàishī – 拜師) è un impegno per la vita.
La Famiglia Marziale (Gōngfu Jiātíng – 功夫家庭)
Questa relazione si estende a tutta la scuola, creando una “famiglia marziale”.
Shīgōng (師公): Il maestro del proprio Sifu (“Nonno Marziale”).
Shīmǔ (師母): La moglie del Sifu (“Madre Marziale”).
Shīxiōng (師兄): Un compagno di pratica più anziano (iniziato prima). “Fratello Marziale Maggiore”. Ci si aspetta che aiuti e guidi i più giovani.
Shīdì (師弟): Un compagno di pratica più giovane. “Fratello Marziale Minore”.
Shījiě (師姐) e Shīmèi (師妹): Rispettivamente “Sorella Marziale Maggiore” e “Minore”.
L’uso di questa terminologia rafforza i legami all’interno della scuola e crea un ambiente di mutuo supporto e responsabilità, dove i più esperti hanno il dovere di aiutare i principianti e i principianti hanno il dovere di rispettare l’esperienza degli anziani.
Conclusione: Un Linguaggio per Comprendere un Mondo
La terminologia dello Shequan e del Wushu è la chiave d’accesso per comprenderne l’universo. Ogni parola, da Qi a Sifu, è un portale che si apre su concetti complessi di fisica, filosofia, etica e relazioni umane. Imparare questo linguaggio significa dotarsi degli strumenti per percepire l’arte non dall’esterno, come una serie di movimenti esotici, ma dall’interno, come un sistema coerente e profondo di sviluppo umano. È un lessico che non descrive solo come combattere, ma offre una prospettiva su come vivere, con la forza, la flessibilità, l’intelligenza e la saggezza del serpente.
ABBIGLIAMENTO
La Veste del Serpente: Analisi Funzionale, Storica e Simbolica dell’Abbigliamento nello Shequan
Nelle arti marziali tradizionali, l’abbigliamento non è mai un dettaglio secondario, una semplice questione di estetica o di etichetta. È, a tutti gli effetti, una componente integrante della pratica, uno strumento funzionale che deve rispondere a esigenze biomeccaniche precise e, al contempo, un simbolo che veicola l’identità, la tradizione e la filosofia della scuola. La veste del praticante di Shequan non fa eccezione. Deve essere una “seconda pelle” che non ostacola, ma anzi facilita, i movimenti fluidi, sinuosi e tridimensionali che caratterizzano lo stile.
Comprendere l’abbigliamento dello Shequan significa quindi andare oltre la sua apparenza. Significa analizzare perché un certo taglio di pantaloni è preferibile a un altro, perché i bottoni tradizionali hanno una funzione specifica, e come il colore di un abito possa riflettere un principio filosofico. Questo viaggio ci porterà a esaminare i requisiti funzionali che il movimento serpentino impone, a sezionare l’uniforme tradizionale in ogni sua parte, a decodificarne il linguaggio simbolico e, infine, a osservare come questa tradizione si sia adattata al pragmatismo dell’allenamento moderno e alla spettacolarità del mondo competitivo. Scopriremo che, che sia di cotone grezzo o di raso sgargiante, l’abito deve sempre servire l’arte, permettendo al corpo di muoversi con la libertà assoluta di un serpente.
PARTE I: I REQUISITI FUNZIONALI – L’ABITO AL SERVIZIO DEL MOVIMENTO SERPENTINO
Prima di descrivere l’uniforme stessa, è fondamentale capire perché essa ha una certa forma. Le tecniche dello Shequan impongono al corpo di muoversi in modi non convenzionali, e l’abbigliamento deve essere un alleato, non un ostacolo. Le esigenze funzionali sono rigorose e specifiche.
Libertà di Movimento Assoluta
Questo è il requisito primario e non negoziabile. Ogni parte dell’abbigliamento deve garantire la massima ampiezza di movimento senza tirare, stringere o limitare in alcun modo.
Per la Colonna Vertebrale e il Tronco: Il cuore dello Shequan è il movimento ondulatorio della colonna vertebrale e le profonde torsioni del busto. Una giacca o una maglietta attillata sarebbe disastrosa, impedendo la libera espressione dell’onda spinale, limitando la rotazione e ostacolando la capacità del praticante di “svuotare” il petto e arrotondare la schiena. L’indumento che copre il torso deve essere ampio, specialmente nella zona delle spalle e sotto le ascelle, per permettere alle braccia di muoversi in spirali complesse senza sentirsi “legate”.
Per le Anche e le Gambe: Lo Shequan utilizza un’ampia gamma di posizioni, molte delle quali estremamente basse e larghe, come la Pú Bù (posizione bassa laterale) o la Xiē Bù (posizione incrociata o “del gatto seduto”). Queste posture richiedono un’enorme flessibilità delle anche e dell’inguine. I pantaloni devono quindi avere un cavallo molto basso e un taglio estremamente ampio sulle cosce. Qualsiasi pantalone di taglio occidentale, anche sportivo, risulterebbe inadeguato, strappandosi o bloccando il movimento a metà dell’esecuzione. La libertà delle gambe è essenziale anche per i calci bassi e le spazzate che caratterizzano lo stile.
Leggerezza e Assenza di Attrito
Il tessuto dell’abbigliamento dovrebbe essere il più leggero possibile, compatibilmente con la resistenza. Questo per non appesantire il praticante e per non intralciare la fluidità dei suoi movimenti. Un tessuto liscio, come il cotone fine, il lino o le miscele di seta, permette agli arti di scivolare lungo il corpo durante i movimenti di avvolgimento e di trapping, senza creare attrito o impigliarsi. L’abito deve “seguire” il corpo, non contrastarlo.
Resistenza e Durabilità
Nonostante la necessità di leggerezza e ampiezza, l’uniforme deve essere robusta. L’allenamento tradizionale è intenso e può includere esercizi a terra, cadute controllate, e una pratica in coppia (Duìliàn) che mette a dura prova le cuciture. I tessuti, pur essendo leggeri, devono essere di buona qualità per sopportare lo stress meccanico e i lavaggi frequenti senza deteriorarsi rapidamente.
Gestione del Calore e del Sudore (Termoregolazione)
Un allenamento intenso produce calore e sudore. Un abbigliamento ampio e realizzato con fibre naturali come il cotone permette un’eccellente circolazione dell’aria. Questo aiuta il corpo a raffreddarsi in modo più efficiente e permette al sudore di evaporare, evitando quella sgradevole sensazione di “bagnato appiccicoso” che tessuti sintetici non traspiranti possono causare. Mantenere una corretta termoregolazione è importante per la resistenza e per il comfort durante le lunghe sessioni di pratica.
PARTE II: L’UNIFORME TRADIZIONALE – IL GONGFU-FU (功夫服) O YI-FU (衣服)
L’abbigliamento tradizionale che risponde a tutti questi requisiti è comunemente noto come Gongfu-fu (“veste del Gongfu”) o, più genericamente, Yi-fu (“vestiti”). È un capolavoro di design funzionale, perfezionato nel corso di secoli. Analizziamone i componenti.
La Giacca (上衣 – Shàngyī)
Design e Taglio: La giacca tradizionale ha un taglio dritto e ampio. Solitamente presenta maniche lunghe e larghe, che permettono una completa libertà di movimento delle braccia e offrono una minima protezione agli avambracci durante gli esercizi di bloccaggio. Il modello più iconico ha un’apertura centrale e una chiusura con i caratteristici alamari (盤扣 – pánkòu). Esistono anche versioni con colletto incrociato, tipiche di alcune uniformi da cerimonia o di stili specifici.
La Funzionalità degli Alamari (Pánkòu): Questi bottoni in tessuto intrecciato non sono un mero vezzo decorativo. Sono una soluzione ingegneristica brillante. A differenza dei bottoni a pressione o di quelli classici, sono estremamente resistenti alla trazione. Durante i movimenti esplosivi o le prese, non “saltano” via. Inoltre, hanno un profilo piatto e morbido. Questo significa che durante la pratica a contatto, il grappling (Qin Na) o le cadute, non ci sono parti dure che possono premere dolorosamente contro il corpo del praticante o del suo partner. Sono un dettaglio che rivela una profonda comprensione delle esigenze pratiche del combattimento.
I Pantaloni (褲子 – Kùzi)
Design e Taglio: I pantaloni sono l’elemento più distintivo e funzionale. Hanno un taglio estremamente ampio, a volte definito “a lanterna” o “a sbuffo”. Il cavallo è molto basso per permettere la massima divaricazione delle gambe. La vita è tipicamente sostenuta da un’ampia fascia elastica e/o da una coulisse, che garantisce comfort e adattabilità.
La Funzionalità dei Polsini Elastici: Un’altra caratteristica chiave è la presenza di un elastico o di un laccio alle caviglie. Questo dettaglio, apparentemente minore, è fondamentale. Impedisce che l’ampio tessuto del pantalone possa essere calpestato dal praticante durante i rapidi spostamenti, causando inciampi e cadute. Inoltre, mantiene il pantalone al suo posto durante i calci o i movimenti a terra, evitando che si sollevi lungo la gamba.
La Fascia (腰帶 – Yāodài)
Funzione Pratica e Simbolica: La fascia di stoffa legata in vita aveva storicamente molteplici funzioni. Serviva a tenere ben chiusa la giacca, a fornire un leggero supporto alla zona lombare e al Dantian (il centro energetico), e poteva essere usata per infilare piccoli oggetti o armi leggere come un pugnale.
L’Uso Moderno come Indicatore di Grado: Nelle scuole moderne, la fascia ha spesso assunto una funzione simbolica mutuata dalle arti marziali giapponesi: quella di indicare il livello di esperienza del praticante. Sebbene non esista un sistema di colori universalmente standardizzato come nel Karate o nel Judo, molte scuole adottano una progressione. Un percorso tipico potrebbe essere: bianco per i principianti, per poi passare a giallo, arancione, verde, blu, marrone e infine nero per gli istruttori o i maestri. La fascia nera, a sua volta, può avere ulteriori gradi (simili ai Dan) indicati da ricami o strisce dorate.
Le Calzature (鞋 – Xié)
Design e Materiali: Le calzature tradizionali sono delle babbucce leggere, comunemente chiamate “scarpe da Kung Fu”. La tomaia è in tela di cotone o velluto, mentre la suola è estremamente sottile e flessibile, realizzata in strati di cotone pressato e cucito, in gomma o in plastica morbida.
Funzionalità e Propriocezione: Lo scopo di queste scarpe non è proteggere il piede, ma permettergli di funzionare nel modo più naturale possibile. La leggerezza e la flessibilità non ostacolano il movimento. La suola sottile e piatta è fondamentale per la propriocezione, ovvero la capacità del sistema nervoso di percepire la posizione del corpo nello spazio. Permette al praticante di “sentire” il terreno, di percepire ogni minima irregolarità e di adattare l’equilibrio di conseguenza. Un buon radicamento a terra (Gen), essenziale nello Shequan per generare potenza, è possibile solo con questo tipo di calzatura sensibile.
PARTE III: SIMBOLISMO E COLORI – VESTIRE L’IDENTITÀ
Oltre alla funzionalità, l’abbigliamento tradizionale è carico di un profondo simbolismo, specialmente nella scelta dei colori, spesso legata alla teoria dei Cinque Elementi (Wuxing).
Il Nero: È il colore più comune per le uniformi da allenamento quotidiano. È pratico, poiché nasconde lo sporco, ma il suo simbolismo è profondo. È associato all’Elemento Acqua, che rappresenta la quiete, la profondità, il mistero e la capacità di fluire e adattarsi. È anche il colore del Wuji, il vuoto primordiale da cui tutto ha origine. Indossare il nero può simboleggiare l’umiltà e la serietà dell’adepto che si immerge nelle profondità dell’arte.
Il Bianco: Associato all’Elemento Metallo, simboleggia la purezza, la precisione e la rettitudine. Nella cultura cinese, è anche il colore del lutto. Per questo motivo, le uniformi bianche sono spesso riservate a maestri di alto livello (a indicare la “morte” del loro ego) o utilizzate per dimostrazioni formali e cerimonie.
Il Rosso: È il colore più fausto, associato all’Elemento Fuoco, alla fortuna, alla gioia e alla celebrazione. Le uniformi rosse sono quasi esclusivamente utilizzate per esibizioni, parate (come la Danza del Leone durante il Capodanno Cinese) o eventi festivi.
Il Giallo/Oro: Colore dell’Elemento Terra e del centro, era il colore imperiale, riservato all’Imperatore. Nelle arti marziali, è il colore di massimo prestigio, spesso utilizzato per l’uniforme del Gran Maestro di una scuola o per ricami che indicano un alto grado.
PARTE IV: L’EVOLUZIONE MODERNA E L’ABBIGLIAMENTO DA COMPETIZIONE
Il mondo contemporaneo ha portato a un’evoluzione dell’abbigliamento, dettata dal pragmatismo e dai diversi contesti di pratica.
L’Abbigliamento da Allenamento Quotidiano Nella maggior parte delle scuole oggi, l’uniforme tradizionale completa è indossata solo in occasioni speciali come esami, stage o dimostrazioni. Per l’allenamento di tutti i giorni, prevale un approccio più pragmatico:
Maglietta della Scuola: Molto comune è l’uso di una semplice T-shirt, solitamente nera o di un altro colore scuro, che riporta il logo o il nome della scuola. Questo capo moderno ha il vantaggio di essere comodo, facile da lavare e di promuovere un forte senso di appartenenza e di identità di gruppo.
Pantaloni Tradizionali: Mentre la giacca viene spesso sostituita, i pantaloni tradizionali da Gongfu rimangono l’opzione preferita dalla maggior parte dei praticanti e degli istruttori, poiché nessun pantalone sportivo moderno offre la stessa, impareggiabile libertà di movimento per le gambe e le anche.
L’Abbigliamento da Competizione nel Wushu Moderno Il contesto del Wushu sportivo ha dato vita a un tipo di abbigliamento completamente diverso, il cui scopo non è la funzionalità marziale ma la performance estetica.
Il Changfu (長服) o Duanfu (短服): Gli atleti di Taolu indossano uniformi sgargianti, realizzate in tessuti lucidi come il raso o la seta sintetica. Il modello maschile è spesso senza maniche (Duanfu) per mettere in risalto la muscolatura delle braccia, mentre quello femminile (Changfu) ha maniche lunghe e fluenti.
Design e Scopo: Questi abiti sono progettati per essere spettacolari. I colori vivaci e i ricami elaborati (spesso con draghi, fenici o motivi floreali) hanno lo scopo di catturare l’attenzione della giuria. Il taglio aderente, specialmente nei modelli maschili, serve a evidenziare la fisicità dell’atleta e la precisione delle sue linee. Un atleta che esegue una forma di Shequan in una competizione moderna indosserà questo tipo di uniforme, che privilegia l’impatto visivo e la libertà acrobatica rispetto a qualsiasi considerazione di natura tradizionale o marziale.
Conclusione: La Funzione Oltre la Forma
In definitiva, l’abbigliamento nello Shequan è un racconto che parla di funzionalità, tradizione e adattamento. Si è evoluto dal Gongfu-fu in cotone, un capolavoro di design funzionale e simbolico, alla pratica T-shirt che unisce comfort moderno e identità di scuola, fino alla scintillante veste da gara che trasforma l’arte marziale in spettacolo sportivo.
Indipendentemente dalla sua forma esteriore, il principio fondamentale che governa la scelta dell’abito rimane immutato: esso deve servire l’arte e non ostacolarla. Deve permettere al corpo di torcersi, ondeggiare, scivolare e colpire con la stessa libertà disinibita di un serpente. Che sia la ruvida tela di un monaco del passato o il raso lucido di un campione del futuro, la veste del praticante è solo una pelle temporanea, destinata ad avvolgere e assecondare il corpo serpentino che si forgia con la pratica.
ARMI
Le Armi del Serpente: L’Estensione dei Principi dello Shequan dalla Mano Nuda alla Lama e all’Asta
Affrontare il tema delle armi nello Shequan è un’impresa che richiede un cambio di prospettiva. A un primo sguardo, la domanda stessa sembra un paradosso: come può un’arte marziale definita dalla sua fluidità corporea, dalle sue tecniche di dita e dal suo movimento sinuoso, possedere un arsenale di armi? Lo Shequan, nella sua essenza più pura, è l’arte di trasformare il corpo umano stesso in un’arma serpentina. Le dita diventano zanne, le braccia spire, la colonna vertebrale il motore di un potere ondulatorio.
Tuttavia, nel vasto e olistico universo del Kung Fu tradizionale, la distinzione tra combattimento armato e disarmato non è una barriera invalicabile, ma una soglia fluida. I grandi principi di un sistema non si fermano sulla pelle del praticante, ma si estendono fino alla punta della sua lama o all’estremità del suo bastone. Pertanto, non parleremo di “armi dello Shequan”, ma dell’applicazione dei principi dello Shequan alle armi. Scopriremo come la filosofia del serpente – la fluidità, la precisione chirurgica, la potenza a spirale, l’inganno e il tempismo – possa essere proiettata attraverso l’acciaio e il legno, trasformando un’arma inerte in un’estensione viva e letale del corpo del praticante.
Questo viaggio ci condurrà ad analizzare come le quattro grandi famiglie di armi cinesi (corte, lunghe, flessibili e doppie) possano essere “interpretate” secondo lo stile del serpente. Vedremo come la spada possa diventare un’estensione delle dita, come il bastone possa muoversi come una spina dorsale, e come le armi flessibili incarnino la natura più caotica e imprevedibile del serpente stesso.
PARTE I: I PRINCIPI FONDAMENTALI DELL’APPLICAZIONE ARMATA
Prima di esaminare le singole armi, è essenziale stabilire i concetti fondamentali che governano l’uso di qualsiasi arma secondo la filosofia dello Shequan. Questi principi sono il filo conduttore che lega la pratica a mani nude a quella armata.
L’Unione Uomo-Arma (人器合一 – Rén Qì Hé Yī)
Questo è il concetto supremo e il prerequisito per qualsiasi maestria. Rén Qì Hé Yī significa “Uomo e Arma si Uniscono in Uno”. Non si tratta di una metafora poetica, ma di un obiettivo biomeccanico e neurologico concreto. L’arma non deve essere percepita come un oggetto esterno tenuto in mano, ma deve diventare un prolungamento del corpo, un arto aggiuntivo.
Per un praticante di Shequan, questo significa che l’onda di potenza (Shen Bo) che nasce dai piedi e viaggia attraverso la spina dorsale non si ferma alla spalla o al polso, ma deve continuare a fluire senza interruzioni lungo l’arma fino alla sua estremità. La punta della lancia o della spada diventa il punto focale dove si scarica l’energia dell’intero corpo, esattamente come avviene con le dita nella tecnica della “Lingua di Serpente”. L’allenamento con le armi è, in gran parte, un processo per estendere la propria propriocezione e il proprio schema motorio fino a includere la lunghezza, il peso e l’equilibrio dell’arma, facendola diventare parte di sé.
Fluidità e Continuità (Liúdòng – 流動)
Il principio della fluidità, centrale nella pratica a mani nude, diventa ancora più cruciale con un’arma. Un’arma pesante o lunga possiede una grande inerzia. Un movimento interrotto o “spezzato” richiederebbe un enorme sforzo muscolare per essere fermato e riavviato in un’altra direzione.
Un’applicazione serpentina della fluidità implica che l’arma sia quasi costantemente in movimento. Ogni azione difensiva deve contenere l’inizio di un’azione offensiva. Una parata non è un blocco statico, ma un movimento circolare o a spirale che devia l’attacco dell’avversario e, nello stesso tempo, posiziona la propria arma per un contrattacco. Questo crea un “vortice” di movimento continuo attorno al praticante, una “ragnatela” d’acciaio che è estremamente difficile da penetrare e da cui è quasi impossibile prevedere la direzione del prossimo attacco. L’arma non si ferma mai; fluisce da una tecnica all’altra, conservando l’energia cinetica e confondendo l’avversario.
Precisione Chirurgica (Jīngquè – 精確)
Lo Shequan a mani nude si concentra sull’attacco a piccoli e vulnerabili punti vitali. L’uso di un’arma, specialmente una con una punta o un filo, amplifica questa filosofia. Invece di richiedere la forza per rompere un osso, la strategia serpentina si concentra sull’usare la punta o il filo dell’arma per attaccare i punti deboli dell’avversario armato.
I bersagli cambiano: non più solo il corpo, ma anche gli arti che impugnano l’arma. Un colpo preciso con la punta di una spada (Jian) al polso dell’avversario può disarmarlo. Un taglio controllato ai tendini dell’avambraccio può renderne l’arma inutilizzabile. Un affondo fulmineo alla gola o al viso, le uniche aree spesso non protette dall’arma stessa, richiede la stessa precisione millimetrica di un attacco con le dita. L’arma diventa un bisturi, e la strategia è quella di un chirurgo marziale.
Potenza a Spirale (Chán Si Jìn – 纏絲勁) con le Armi
Il principio della potenza generata attraverso movimenti a spirale è perfettamente applicabile alle armi. Anzi, è uno dei modi più efficienti per manipolare un’arma lunga o pesante. Invece di usare la forza bruta delle braccia e delle spalle, il praticante usa la rotazione della vita e del corpo per far “roteare” l’arma.
Un affondo con una lancia non è una semplice spinta lineare; è un movimento di “avvitamento”, in cui l’asta della lancia ruota su se stessa, aumentando la capacità di penetrazione e rendendo più difficile la deviazione. Un fendente con una sciabola o un colpo con un bastone acquisisce una potenza immensa quando è il culmine di un movimento di torsione e distensione dell’intero corpo. Questa potenza a spirale viene usata anche in difesa, per “avvolgere” e controllare l’arma dell’avversario, un’applicazione diretta del principio di Qin Na.
PARTE II: LE ARMI CORTE – LE ZANNE ESTESE DEL SERPENTE
Le armi corte sono quelle che, per la loro maneggevolezza e il loro utilizzo a distanza ravvicinata, rappresentano l’estensione più naturale delle tecniche di mano dello Shequan.
La Spada Dritta (劍 – Jiàn): L’Anima del Serpente in Acciaio
La Jian è forse l’arma che si sposa più perfettamente con la filosofia dello Shequan. Conosciuta in Cina come “il gentiluomo delle armi”, la sua pratica non si basa sulla forza, ma sulla grazia, l’agilità, la precisione e l’intelligenza. È un’arma di scherma, non di taglio brutale.
Applicazione dei Principi Serpentini:
Fluidità e Leggerezza: La scherma con la Jian è un flusso ininterrotto di movimenti circolari e a spirale. L’arma sembra danzare nell’aria, passando senza sforzo dalla difesa all’attacco. Non ci sono movimenti bruschi o spezzati, solo un flusso continuo che ricorda la sinuosità di un serpente.
Precisione e Attacchi Mirati: La Jian è un’arma da affondo. Le sue tecniche principali sono la stoccata (Cì), il colpo di punta (Diǎn, lo stesso carattere del Dian Xue), e il taglio leggero (Gē). I bersagli primari non sono il tronco corazzato, ma i punti vulnerabili: il polso, la gola, l’interno del braccio, le articolazioni. La punta della Jian diventa la “lingua di serpente” d’acciaio, colpendo con precisione chirurgica.
Adesione e Sensibilità (Zhan Nian): Una delle abilità più alte nella scherma con la Jian è la pratica delle “spade appiccicose” (Nián Jiàn). Quando le lame si toccano, un praticante esperto non usa la forza per spingere via l’arma avversaria. Al contrario, mantiene un contatto leggero e sensibile, “ascoltando” attraverso l’acciaio la direzione e l’intenzione della forza dell’avversario, per poi cedere, reindirizzare e contrattaccare. È l’applicazione diretta della sensibilità tattile del serpente.
Inganno: La pratica della Jian è piena di finte. Un affondo al corpo può trasformarsi in un taglio al polso; un movimento circolare difensivo può celare un improvviso affondo diretto.
La Sciabola (刀 – Dāo): La Furia Avvolgente del Serpente
La Dāo, con la sua lama singola e curva, è conosciuta come “il generale delle armi”. È più robusta, più pesante e più orientata alla potenza di taglio rispetto alla Jian. Applicare i principi dello Shequan a un’arma così potente richiede un’interpretazione diversa.
Applicazione dei Principi Serpentini:
Fluidità Circolare: Sebbene la sciabola sia un’arma potente, un approccio serpentino ne enfatizza i movimenti circolari e avvolgenti. Invece di semplici fendenti verticali o orizzontali, la Dāo viene fatta roteare attorno al corpo, creando un turbine di acciaio che è sia difensivo che offensivo.
Potenza dal Corpo: I tagli potenti non sono generati solo dalla forza del braccio, ma dal movimento ondulatorio del corpo. Il praticante “si avvolge” su se stesso per poi “scattare”, scatenando la rotazione della vita e delle anche in un fendente devastante. È la potenza del pitone che si contrae e si scatena.
Inganno e Cambio di Livello: Un praticante serpentino userà la natura aggressiva della sciabola per l’inganno. Potrebbe lanciare un fendente ampio e vistoso diretto alla testa, per poi trasformarlo a mezz’aria in un taglio basso e rapidissimo alle gambe, mimando il serpente che attacca dal basso.
PARTE III: LE ARMI LUNGHE – IL CORPO DEL SERPENTE CHE SI PROIETTA A DISTANZA
Le armi lunghe, come il bastone e la lancia, permettono di proiettare i principi dello Shequan a una distanza maggiore. L’arma stessa diventa una rappresentazione del corpo flessibile e penetrante del serpente.
Il Bastone (棍 – Gùn): La Spina Dorsale Flessibile del Serpente
Il bastone, spesso chiamato “il padre di tutte le armi” per la sua semplicità e versatilità, è uno strumento eccezionale per l’applicazione dei principi dello Shequan.
Applicazione dei Principi Serpentini:
Il Bastone come Estensione della Spina Dorsale: Il modo più profondo di usare il bastone nello stile del serpente è trattarlo come una spina dorsale esterna. Il movimento ondulatorio del corpo del praticante viene trasferito direttamente all’arma, che sembra così animarsi, muovendosi non come un pezzo di legno rigido, ma come una creatura viva.
Fluidità e Movimento Continuo: Il bastone serpentino è sempre in movimento. Rotea, gira, si avvolge attorno al corpo del praticante in figure a otto e spirali. Questo crea una barriera difensiva impenetrabile e permette di lanciare attacchi da angolazioni totalmente inaspettate.
Versatilità dell’Attacco: Il bastone può imitare ogni parte del serpente. Le sue estremità possono colpire con affondi rapidi come la testa di un serpente (Diǎn). Può essere usato per colpi ampi e a frusta, come la coda (Sǎo). E la sua asta può essere usata per bloccare, controllare e applicare leve, come le spire di un costrittore (Chán).
La Lancia (槍 – Qiāng): Il Morso Penetrante del Serpente
La lancia, “la regina di tutte le armi”, è l’arma da affondo per eccellenza. La sua connessione con la filosofia dello Shequan è diretta e letale.
Applicazione dei Principi Serpentini:
L’Affondo come “Lingua di Serpente”: La tecnica fondamentale della lancia è l’affondo (Cì), che è la perfetta analogia meccanica e strategica della tecnica a dita Shé Xìn. L’obiettivo è colpire un piccolo bersaglio con la massima velocità e penetrazione.
Furtività e Attacco a Sorpresa: Uno lanciere serpentino non terrà la sua arma costantemente puntata contro l’avversario. La terrà più ritratta, forse muovendola in cerchi lenti e ipnotici per mascherare la sua intenzione, per poi scatenare un affondo improvviso e quasi impercettibile.
Potenza a Spirale Penetrante: L’affondo non è una semplice spinta. Un maestro di lancia fa ruotare l’asta mentre spinge, come un trapano. Questo drilling motion (Luóxuán jìn) non solo aumenta la capacità di penetrazione, ma rende estremamente difficile per l’avversario bloccare o deviare la punta.
Retrazione Fulminea: Un serpente non lascia mai le sue zanne nella preda. Allo stesso modo, una lancia deve essere ritratta istantaneamente dopo l’affondo, per evitare che venga afferrata e per essere pronti a un’altra azione.
PARTE IV: LE ARMI SPECIALI E FLESSIBILI – L’INCARNAZIONE DELLA NATURA SERPENTINA
Esistono infine delle armi che, per la loro stessa natura fisica, sono la più letterale rappresentazione del serpente. Sono armi difficili da padroneggiare, imprevedibili e letali, proprio come il loro modello animale.
La Catena a Nove Sezioni (九節鞭 – Jiǔ Jié Biān)
Questa è forse l’arma più “serpentina” di tutte. Composta da una serie di segmenti metallici uniti da anelli, con una punta a un’estremità e un’impugnatura all’altra, la catena è l’arma dell’imprevedibilità.
Applicazione dei Principi Serpentini: Con la catena, il praticante non deve più imitare il serpente; egli maneggia un serpente d’acciaio.
Imprevedibilità: La sua flessibilità le permette di cambiare direzione istantaneamente. Può essere lanciata in un attacco diretto per poi, con un colpo di polso, cambiare traiettoria e colpire da un lato o dal basso.
Avvolgimento e Intrappolamento: La sua funzione primaria è quella di avvolgersi (Chán) attorno agli arti o all’arma dell’avversario, intrappolandoli e immobilizzandoli.
Attacco a Frusta: La punta metallica all’estremità viene usata come una frusta, scagliata a grande velocità per colpire da lontano. È un’arma che richiede una coordinazione e un tempismo eccezionali, poiché è tanto pericolosa per l’avversario quanto per chi la usa.
La Spada a Testa di Serpente e la Lancia a Testa di Serpente (蛇矛 – Shé Máo)
In alcuni casi, il legame con il serpente è reso esplicito dal design stesso dell’arma.
Design e Funzione: La Lancia a Testa di Serpente, resa famosa dal leggendario guerriero Zhang Fei nel romanzo Il Romanzo dei Tre Regni, ha una punta ondulata e serpentina. Si credeva che questa forma, oltre al suo valore intimidatorio, avesse una funzione pratica: una volta penetrata nel corpo, causava ferite più gravi e difficili da guarire quando veniva estratta. Allo stesso modo, esistono spade (Jian o Dao) con lame ondulate, che si pensava fossero più efficaci nell’agganciare e controllare la lama dell’avversario.
Simbolismo: Queste armi sono un omaggio letterale all’animale ispiratore. Brandire una Shé Máo non significa solo usare una lancia, ma dichiarare esplicitamente di aderire alla ferocia e all’astuzia del serpente in battaglia.
La Corda con Dardo (繩鏢 – Shéng Biāo)
Questa arma flessibile consiste in una lunga corda (fino a 5 metri) con un dardo metallico a un’estremità. È l’arma dell’assassino e dell’attacco a sorpresa.
Applicazione dei Principi Serpentini: La corda con dardo è l’essenza dell’attacco nascosto del serpente.
Occultamento e Sorpresa: Il dardo può essere facilmente nascosto nella mano o nella manica, per poi essere lanciato con una velocità incredibile quando l’avversario è distratto.
Precisione a Distanza: Richiede una mira eccezionale per colpire piccoli bersagli da lontano.
Controllo e Imprevedibilità: Un maestro di Shéng Biāo può usare la corda per cambiare la traiettoria del dardo a mezz’aria, per avvolgere un arto dopo aver colpito, o per recuperare l’arma istantaneamente per un secondo attacco.
Conclusione: L’Unità di Principio tra Mano e Arma
In conclusione, sebbene lo Shequan sia un’arte che celebra la potenza del corpo nudo, la sua filosofia è così universale e profonda da potersi estendere a qualsiasi strumento di combattimento. Le armi, nelle mani di un praticante di Shequan, cessano di essere oggetti inerti e diventano estensioni della sua volontà, canali attraverso cui scorrono i principi di fluidità, precisione e potenza a spirale.
Non esiste un arsenale fisso e dogmatico. Esiste, piuttosto, un approccio, un modo di “sentire” l’arma e di muoversi con essa. Che si tratti della punta di una Jian che danza nell’aria, di un bastone che ondeggia come una spina dorsale, o di una catena che si avvolge come un costrittore, lo spirito rimane lo stesso. La mano impara dall’arma la disciplina della struttura, e l’arma impara dalla mano la grazia della vita. Per un vero maestro, la distinzione tra armato e disarmato diventa irrilevante. Esiste solo il movimento, il flusso, l’applicazione intelligente dei principi senza tempo del serpente.
A CHI E' INDICATO E A CHI NO
Il Sentiero del Serpente: Un’Analisi Approfondita su a Chi è Indicato e a Chi no lo Studio dello Shequan
La scelta di intraprendere lo studio di un’arte marziale è un passo significativo, un impegno che può plasmare non solo il corpo, ma anche il carattere e la visione del mondo. Tuttavia, non tutte le arti sono adatte a tutte le persone. Lo Shequan, in particolare, con la sua filosofia sottile, la sua biomeccanica complessa e il suo percorso di apprendimento non lineare, è un’arte esigente che richiede un particolare allineamento tra la sua natura e il temperamento, gli obiettivi e le predisposizioni del praticante.
Questo approfondimento non ha lo scopo di emettere un giudizio di valore sulle persone o di creare categorie rigide, ma di offrire una guida alla riflessione. L’obiettivo è aiutare un potenziale studente a comprendere onestamente se il sentiero offerto dalla Boxe del Serpente è in sintonia con le proprie aspirazioni e la propria indole. Scegliere un’arte marziale è come scegliere un compagno per un lungo viaggio: la compatibilità di vedute e di carattere non è solo auspicabile, ma fondamentale per la riuscita e la soddisfazione del percorso stesso. Analizzeremo quindi i profili, le mentalità e gli obiettivi che trovano un terreno fertile nello studio dello Shequan, e quelli che, al contrario, potrebbero trovarsi di fronte a un’esperienza frustrante o non in linea con le proprie aspettative.
PARTE I: IL PROFILO DEL PRATICANTE IDEALE – A CHI È INDICATO LO SHEQUAN
Certe qualità caratteriali e certi obiettivi personali trovano nello Shequan una risonanza perfetta. Gli individui che possiedono o aspirano a queste qualità non solo progrediranno più felicemente, ma troveranno nell’arte una fonte di profonda crescita personale.
Per l’Investigatore Paziente e il Perfezionista Metodico
Lo Shequan non è un’arte da “tutto e subito”. È un sistema di una complessità e di una raffinatezza immense, i cui segreti si svelano lentamente, strato dopo strato. Per questo motivo, è un’arte ideale per l’individuo che possiede una natura da “investigatore” o da “artigiano”: colui che trova soddisfazione nel processo, che ama approfondire i dettagli e che non si scoraggia di fronte a un percorso lungo e meticoloso.
Questa persona non si accontenta di imparare un movimento, ma vuole capirne il perché. Si chiederà: “Perché il polso deve essere flessibile in questo colpo? Qual è la funzione di questa piccola rotazione delle anche? Quali sono le tre diverse applicazioni di questa apparente semplice parata?”. Lo Shequan offre un universo di dettagli da scoprire. Il praticante con una mente analitica e paziente si diletterà nel decodificare le applicazioni marziali (Yong Fa) nascoste nelle forme, nel perfezionare per mesi la corretta ondulazione della colonna vertebrale, e nel sentire le sottili variazioni nel flusso di energia (Qi) durante la pratica. La frustrazione derivante dalla lentezza dei progressi iniziali non lo scoraggerà, perché la sua ricompensa non è il raggiungimento rapido di un obiettivo, ma la gioia stessa della ricerca e del perfezionamento.
Per chi Cerca Fluidità, Grazia e un Superiore Controllo Corporeo
Molti si avvicinano alle arti marziali cercando potenza e impatto. Altri, invece, sono attratti dalla bellezza del movimento, dalla grazia, dall’eleganza e dalla capacità di controllare il proprio corpo con una precisione quasi liquida. Per questi ultimi, lo Shequan è una scelta quasi impareggiabile.
L’intero addestramento della Boxe del Serpente è un processo di “de-costruzione” dei movimenti rigidi e segmentati a cui siamo abituati nella vita quotidiana. La pratica costante dei Taolu e degli esercizi di base (Jibengong) mira a trasformare il corpo in un’unica unità coesa e fluida, dove ogni parte si muove in armonia con le altre. Persone che provengono da discipline come la danza, lo yoga, la ginnastica o anche alcuni sport acquatici, potrebbero trovare una sorprendente familiarità nei concetti di movimento ondulatorio e di connessione del core.
Lo Shequan è indicato per chi desidera sviluppare una propriocezione (la consapevolezza del proprio corpo nello spazio) di altissimo livello. Insegna a sentire e a controllare muscoli e articolazioni che spesso ignoriamo, a muoversi con l’efficienza silenziosa di un felino e con la sinuosità di un serpente. È un percorso che porta a un’intimità profonda con il proprio corpo, trasformandolo in uno strumento espressivo, agile e potente.
Per lo Stratega Intellettuale e il Tattico Astuto
Esiste una categoria di persone che, nel conflitto come nella vita, è più affascinata dall’astuzia che dalla forza. Sono i giocatori di scacchi, gli strateghi, coloro che traggono soddisfazione dall’anticipare le mosse dell’avversario e dallo sfruttare la sua psicologia, piuttosto che dal semplice sopraffarlo fisicamente.
Per questo tipo di mente, lo Shequan è un banchetto intellettuale. La sua filosofia di combattimento non si basa sull’imporre la propria volontà, ma sul manipolare quella altrui. È un’arte che insegna a:
Ingannare: Creare finte, mascherare le proprie intenzioni, usare lo sguardo per depistare.
Attendere: Avere la pazienza di non attaccare fino a quando non si presenta l’apertura perfetta.
Sfruttare la Forza Altrui: Invece di opporre forza a forza, insegnare a cedere, a reindirizzare e a usare lo slancio dell’avversario contro di lui.
Attaccare i Punti Deboli: Concentrare i propri attacchi non dove l’avversario è forte e corazzato, ma dove è debole e vulnerabile.
Il praticante con una mente strategica apprezzerà la profondità tattica dello Shequan, vedendo ogni scambio non come una rissa, ma come un dialogo dinamico di finte, trappole e contrattacchi intelligenti.
Per chi Cerca la Maestria Interna e l’Auto-Sviluppo Olistico
Se l’obiettivo di una persona va oltre l’imparare a difendersi e si estende alla ricerca di un percorso di crescita personale, di equilibrio interiore e di benessere, lo Shequan offre una via profonda e completa.
L’arte possiede una componente interna (Neigong) estremamente ricca. La pratica costante della respirazione addominale profonda, coordinata con il movimento, non solo aumenta la resistenza fisica, ma ha un effetto calmante sul sistema nervoso e funge da potente strumento di gestione dello stress. L’enfasi sulla concentrazione e sulla presenza mentale durante l’esecuzione delle forme (Taolu) trasforma la pratica in una vera e propria meditazione in movimento, un modo per allenare la mente a essere calma e focalizzata anche sotto sforzo.
Lo Shequan è quindi indicato per l’individuo che è interessato a esplorare la connessione mente-corpo, a coltivare la propria energia interna (Qi), e che vede l’arte marziale non come un fine, ma come un mezzo per diventare una persona più equilibrata, consapevole e centrata, sia dentro che fuori dal Kwoon (la palestra).
PARTE II: I PROFILI NON ALLINEATI – A CHI POTREBBE NON ESSERE INDICATO LO SHEQUAN
Così come certi profili sono ideali, altri potrebbero trovare nello Shequan un’esperienza frustrante o contraria alle proprie aspettative. È importante sottolineare che questo non implica un giudizio negativo su queste persone, ma una semplice constatazione di non allineamento tra le loro esigenze e ciò che l’arte offre.
Per l’Individuo Impaziente in Cerca di Risultati Immediati
La nostra società ci ha abituati a soluzioni rapide e a gratificazioni istantanee. Molte persone si avvicinano alle arti marziali con la stessa mentalità, cercando un corso di “autodifesa rapida ed efficace” che dia risultati tangibili in poche settimane.
Per questo tipo di persona, lo Shequan è probabilmente la scelta meno indicata. È un’arte che richiede un investimento a lunghissimo termine. Le sue tecniche più caratteristiche, come i colpi di dita o la generazione di potenza interna, richiedono anni di condizionamento e di pratica dedicata per diventare minimamente efficaci. Le fasi iniziali dell’allenamento sono dedicate quasi esclusivamente alla costruzione delle fondamenta (posture, flessibilità, coordinazione di base), un lavoro che può apparire lento, ripetitivo e privo di applicazioni immediate. Una persona impaziente, che vuole “imparare a fare a botte” velocemente, si sentirebbe quasi certamente frustrata e abbandonerebbe dopo poco tempo, non avendo la perseveranza necessaria per superare la fase di base e accedere alla vera profondità dell’arte.
Per il Praticante Focalizzato sulla Potenza Fisica e sull’Aggressività Diretta
Alcuni individui sono naturalmente attratti dall’espressione della forza fisica e dell’aggressività. Trovano soddisfazione nel colpire un sacco pesante con tutta la loro potenza, nel sentire l’impatto, nel dominare un avversario attraverso la propria superiorità atletica. Stili come la Boxe, la Muay Thai o anche alcuni stili “duri” di Kung Fu si allineano bene con questa mentalità.
Lo Shequan, al contrario, si basa su una filosofia quasi opposta. Insegna a non opporsi alla forza, a essere cedevoli, a usare la fluidità invece della rigidità. Un praticante la cui indole è quella di “andare avanti a testa bassa” troverebbe estremamente difficile e contro-intuitivo l’allenamento dello Shequan. Gli verrebbe costantemente chiesto di rilassarsi quando il suo istinto è di irrigidirsi, di cedere quando vorrebbe spingere, di aspettare quando vorrebbe attaccare. Sebbene lo Shequan sia capace di generare una potenza devastante, è una potenza sottile e penetrante, non quella schiacciante e muscolare che questo tipo di praticante cerca. L’assenza di sparring pesante e di un’enfasi sull’impatto diretto potrebbe essere percepita come una mancanza di “realtà” e di efficacia.
Per l’Atleta in Cerca di un Fitness Semplice e Diretto
Molte persone si iscrivono a corsi di arti marziali con l’unico obiettivo di “fare un buon allenamento”, bruciare calorie e tonificare i muscoli. Corsi come la fit-boxe o i circuiti di allenamento funzionale sono perfetti per questo scopo.
Sebbene una lezione di Shequan sia senza dubbio un allenamento intenso e completo, il suo scopo primario non è il fitness. Una porzione significativa della lezione è dedicata a pratiche che, dal punto di vista puramente calorico, sono poco dispendiose: il mantenimento di posizioni statiche, la pratica lenta e meditativa delle forme, gli esercizi di respirazione, la minuziosa correzione dei dettagli tecnici. Una persona il cui unico obiettivo è “sudare” e muoversi costantemente potrebbe trovare queste fasi lente, noiose e non in linea con le proprie aspettative di un “workout” ad alta intensità.
Per l’Atleta Orientato Esclusivamente alla Competizione Sportiva da Contatto Pieno
Un atleta che mira a competere in discipline come le MMA (Arti Marziali Miste), la Kickboxing o il Sanda (la versione da combattimento del Wushu), ha bisogno di ottimizzare il suo allenamento per un regolamento specifico. Il suo arsenale tecnico deve essere composto da tecniche ad alta probabilità di successo e permesse in quel contesto.
Lo Shequan, in questo senso, è poco indicato. Molte delle sue tecniche più caratteristiche e letali sono severamente vietate in qualsiasi competizione sportiva: colpi alle dita, attacchi agli occhi, alla gola, all’inguine, e molte delle leve articolari più pericolose (Qin Na). Dedicare tempo a perfezionare queste tecniche sarebbe controproducente per un atleta da competizione. Sebbene i principi dello Shequan (come l’evasione, il tempismo e il gioco di gambe) siano universalmente utili, il suo “vocabolario” tecnico specifico è in gran parte inadatto al ring o alla gabbia. L’unica eccezione è il Wushu moderno nella specialità delle forme (Taolu), ma si tratta di una competizione puramente performativa e non di combattimento.
PARTE III: CONSIDERAZIONI DI NATURA FISICA E DI SALUTE
Oltre al temperamento e agli obiettivi, è giusto considerare anche le predisposizioni fisiche.
Flessibilità e Mobilità: Lo Shequan sviluppa enormemente queste qualità. Tuttavia, una persona che parte da una condizione di estrema rigidità articolare o muscolare potrebbe trovare i primi mesi di pratica molto difficili e potenzialmente scoraggianti. Al contrario, chi possiede una flessibilità naturale si sentirà subito a proprio agio.
Età e Fisico: Uno dei grandi vantaggi dello Shequan è che, non basandosi sulla forza bruta o su doti atletiche esplosive tipiche della gioventù, può essere praticato con profitto a qualsiasi età. Anzi, spesso sono i praticanti più maturi, con maggiore pazienza e consapevolezza corporea, a comprenderne più rapidamente i principi interni.
Condizioni Pre-esistenti: È fortemente consigliato un consulto medico prima di iniziare, specialmente per chi soffre di problemi specifici. Particolare cautela è richiesta in caso di:
Patologie della colonna vertebrale: Come ernie del disco o gravi scoliosi. Le intense torsioni e ondulazioni potrebbero essere controindicate.
Problemi articolari: Soprattutto a carico di polsi, dita e ginocchia, che sono sottoposti a stress notevole.
Patologie cardiovascolari: L’allenamento, sebbene a tratti lento, può avere fasi molto intense.
Conclusione: La Chiave è la Consapevolezza di Sé
In definitiva, lo Shequan non è un’arte “per pochi eletti”, ma richiede una scelta consapevole. È un sentiero per chi è disposto a scambiare la gratificazione immediata con una profondità a lungo termine, la forza evidente con un potere sottile, l’allenamento semplice con uno studio complesso.
La decisione di intraprendere questo percorso non dovrebbe basarsi sull’estetica affascinante dei suoi movimenti, ma su un’onesta auto-analisi. “Sono una persona paziente? Sono più interessato a ‘come’ si vince che a ‘se’ si vince? Cerco un percorso che integri corpo, mente e spirito?”. A volte, l’arte stessa può diventare la cura: una persona impaziente può imparare la pazienza attraverso la pratica rigorosa, e una persona rigida può scoprire il piacere della fluidità. Ma l’allineamento iniziale tra la natura dell’individuo e la natura dell’arte rimane il miglior presagio per un viaggio marziale lungo, fruttuoso e pieno di soddisfazioni.
CONSIDERAZIONI PER LA SICUREZZA
Praticare con la Saggezza del Serpente: Analisi Approfondita delle Considerazioni per la Sicurezza nello Studio dello Shequan
Lo Shequan è un’arte marziale di straordinaria bellezza, complessità e, se necessario, di temibile efficacia. Proprio perché è un autentico sistema di combattimento, progettato per neutralizzare un avversario attaccandone i punti più deboli, porta con sé una serie di rischi intrinseci che non possono e non devono essere ignorati. Affrontare lo studio di quest’arte senza una profonda e costante attenzione alla sicurezza sarebbe non solo sciocco, ma contrario alla sua stessa filosofia. Il serpente, l’animale ispiratore, è un maestro di sopravvivenza: è cauto, efficiente, e non spreca mai energia né si espone a rischi inutili. Il praticante saggio deve incarnare queste stesse qualità nel suo allenamento quotidiano.
Le considerazioni per la sicurezza non devono essere viste come un insieme di regole restrittive che limitano la pratica, ma come il fondamento indispensabile su cui si costruisce una maestria autentica e duratura. Un infortunio è il più grande ostacolo al progresso. Un mese di allenamento sconsiderato può portare a un anno di fermo forzato, vanificando ogni sforzo. Una pratica sicura è, quindi, una pratica intelligente.
Questo approfondimento analizzerà in dettaglio i molteplici livelli della sicurezza nello Shequan. Partiremo dalla decisione più importante che ogni studente deve prendere – la scelta del maestro e della scuola – per poi esaminare la responsabilità individuale, le precauzioni da adottare in ogni fase dell’allenamento e, infine, i rischi specifici legati alle tecniche più avanzate di quest’arte affascinante e impegnativa.
PARTE I: LA SCELTA DEL MAESTRO (SIFU) E DELLA SCUOLA – LA PIETRA ANGOLARE DELLA SICUREZZA
La singola decisione più importante che un aspirante praticante prenderà per la propria sicurezza a lungo termine è la scelta di un istruttore (Sifu) qualificato e di una scuola (Kwoon) con un ambiente sano. Un buon maestro è la prima e più efficace linea di difesa contro gli infortuni.
La Qualifica, l’Esperienza e il Lignaggio dell’Istruttore Un istruttore qualificato non è semplicemente qualcuno che conosce molte forme o tecniche. È un pedagogo. Possiede non solo la conoscenza tecnica, ma anche la comprensione profonda di come trasmetterla in modo progressivo e sicuro. Un Sifu esperto sa riconoscere i limiti fisici di ogni allievo, sa quando è il momento di spingere e quando è il momento di trattenere. Insisterà su una lunga e rigorosa preparazione delle basi (Jibengong) prima di introdurre concetti più complessi. Un istruttore che promette di insegnare tecniche letali o “segreti” dopo poche lezioni è un segnale di allarme. La vera maestria si costruisce lentamente, e un vero Sifu rispetta questo processo. È consigliabile informarsi sul suo lignaggio, da quanti anni insegna e, soprattutto, osservare il livello e la salute dei suoi allievi più anziani, che sono il suo miglior biglietto da visita.
L’Ambiente di Allenamento (Kwoon) La sicurezza fisica inizia dall’ambiente. La scuola dovrebbe essere pulita e ben mantenuta. Il pavimento dovrebbe essere adeguato alla pratica, preferibilmente in legno o coperto da tatami non troppo morbidi, per assorbire un minimo gli impatti senza compromettere la stabilità. Lo spazio dovrebbe essere sufficientemente ampio da permettere di eseguire le forme e gli esercizi in coppia senza il rischio di urtare muri o altri praticanti. L’attrezzatura, come colpitori o sacchi, deve essere in buone condizioni.
La Cultura della Scuola: Cooperazione contro Competizione Dannosa Un aspetto cruciale della sicurezza è l’atmosfera che si respira nel Kwoon. Una scuola sicura è quella in cui il Sifu promuove una cultura di rispetto reciproco, cooperazione e controllo dell’ego. L’obiettivo dell’allenamento in coppia non è “vincere” o “sconfiggere” il proprio compagno, ma aiutarsi a vicenda a migliorare. Un ambiente dove regna una competizione aggressiva e non controllata è un terreno fertile per gli infortuni. Gli studenti devono sentirsi a proprio agio nel comunicare i propri limiti, nel dire “piano” o nel fermarsi se sentono dolore, senza paura di essere giudicati deboli.
PARTE II: LA RESPONSABILITÀ PERSONALE DEL PRATICANTE – CUSTODIRE IL PROPRIO CORPO E LA PROPRIA MENTE
Anche il miglior Sifu del mondo non può proteggere uno studente da se stesso. Gran parte della sicurezza dipende dalla maturità e dalla consapevolezza del singolo praticante.
L’Arte di Ascoltare il Proprio Corpo Uno degli insegnamenti più importanti del Kung Fu è sviluppare una profonda connessione con il proprio corpo. Questo significa imparare a distinguere tra i diversi tipi di sensazioni. C’è il “dolore buono” dello sforzo muscolare e dell’allungamento, che indica che si sta lavorando e migliorando. E c’è il “dolore cattivo”, acuto, pungente o bruciante, specialmente a livello delle articolazioni, dei tendini o dei legamenti, che è un chiaro segnale di allarme del corpo. Ignorare questo segnale è la via più rapida verso un infortunio cronico. Un praticante saggio impara a riconoscere questo limite e a fare un passo indietro, informando l’istruttore, invece di “stringere i denti” per un malinteso senso di durezza.
La Gestione dell’Ego: Il Più Grande Nemico della Sicurezza L’ego è la causa numero uno degli infortuni nelle arti marziali. È l’ego che spinge un principiante a provare un calcio saltato visto in un film prima di avere l’equilibrio e la flessibilità necessari. È l’ego che porta a non “battere” (arrendersi) durante una leva articolare per non ammettere la “sconfitta”, rischiando una lussazione. È l’ego che, durante lo sparring, porta a rispondere a un colpo subito con una forza incontrollata, causando un’escalation pericolosa. Un ambiente di allenamento sicuro richiede che ogni praticante lasci il proprio ego fuori dalla porta. L’obiettivo è imparare, non dimostrare.
Comunicazione e Consapevolezza È responsabilità dello studente comunicare chiaramente e onestamente con il Sifu riguardo a eventuali condizioni mediche preesistenti, infortuni passati o limitazioni fisiche. Allo stesso modo, durante la pratica in coppia, la comunicazione, anche non verbale, è fondamentale. Bisogna essere costantemente consapevoli del proprio partner, adattando la propria forza e velocità al suo livello di abilità e comfort.
PARTE III: LA SICUREZZA NELLE DIVERSE FASI DELL’ALLENAMENTO
Ogni fase di una tipica sessione di allenamento presenta rischi specifici che richiedono attenzioni particolari.
Durante il Riscaldamento (Rèshēn) Il pericolo principale è l’eccesso di zelo. Un riscaldamento efficace è progressivo. Iniziare con uno stretching statico intenso a muscoli freddi è una pratica rischiosa che può portare a strappi muscolari. La sequenza corretta prevede prima una mobilizzazione articolare leggera, poi esercizi dinamici per aumentare la circolazione e la temperatura corporea, e solo alla fine, quando i muscoli sono caldi, uno stretching più profondo. Particolare attenzione va posta ai movimenti del collo e della schiena, che devono essere sempre lenti, fluidi e controllati, mai bruschi o “a scatto”.
Durante le Basi (Jīběngōng) Il rischio qui è l’infortunio da stress ripetitivo, causato da una pratica prolungata con un allineamento scorretto.
Posizioni (Bù Fǎ): Il pericolo più comune e insidioso è il cattivo allineamento del ginocchio, specialmente nella posizione ad arco (Gōng Bù). Se il ginocchio anteriore supera la punta del piede o collassa verso l’interno, si crea uno stress enorme sull’articolazione che, nel tempo, può portare a gravi danni alla cartilagine e ai legamenti. È compito del Sifu correggere ossessivamente questi dettagli, ed è dovere dello studente prestare la massima attenzione.
Tecniche Ripetute: La ripetizione di pugni o altre tecniche di braccia eseguita con eccessiva tensione muscolare, specialmente nelle spalle, può portare a infiammazioni croniche come la tendinite o la sindrome da impingement della spalla. Il principio del rilassamento (Song) è una misura di sicurezza fondamentale.
Durante la Pratica delle Forme (Taolu) Le forme, specialmente quelle avanzate e veloci, contengono rapide rotazioni e cambi di direzione. Se queste torsioni vengono eseguite in modo scorretto, usando la forza delle gambe contro un piede “incollato” al suolo, tutta la forza di torsione si scarica sull’articolazione del ginocchio o sulla zona lombare. È essenziale imparare a eseguire le rotazioni facendo perno sulla parte anteriore del piede (yuan di), permettendo al tallone di sollevarsi e al corpo di ruotare come un’unità coesa a partire dalla vita (Yao).
Durante la Pratica in Coppia (Duìliàn) Questa è la fase con il più alto rischio di infortuni acuti. Il principio guida deve essere il controllo assoluto.
Leve Articolari (Qin Na): Le tecniche di Qin Na sono progettate per iper-estendere o torcere le articolazioni. Nella pratica, l’obiettivo non è ferire, ma controllare. Devono essere applicate lentamente, progressivamente e con sensibilità, dando sempre al partner la possibilità di arrendersi (“battere” sulla propria gamba, sul partner o verbalmente). Un segnale di resa deve essere rispettato istantaneamente e senza esitazione.
Controllo dei Colpi: Durante gli esercizi di applicazione o lo sparring leggero, i colpi devono essere sempre controllati. Devono fermarsi a pochi centimetri dal bersaglio (“a pelle”) o essere portati con un’intensità minima. L’uso di protezioni adeguate (paradenti, guantini, paratibie) è fortemente raccomandato se si pratica uno sparring più libero (Sanshou).
PARTE IV: CONSIDERAZIONI SPECIFICHE SULLE TECNICHE AD ALTO RISCHIO DELLO SHEQUAN
Alcune tecniche sono il fiore all’occhiello dello Shequan, ma richiedono precauzioni estreme.
Gli Attacchi ai Punti Vitali (Dian Xue) Le tecniche come la “Lingua di Serpente”, progettate per colpire occhi, gola e altri punti vitali, sono ovviamente le più pericolose. La regola di sicurezza qui è semplice e non negoziabile: queste tecniche non vengono MAI praticate con contatto e velocità su un partner di allenamento. Il loro studio si articola in modi sicuri:
Studio della Localizzazione: Si impara dove si trovano i punti vitali su diagrammi e sul proprio corpo.
Pratica a Vuoto: Si esegue la tecnica migliaia di volte all’aria per perfezionarne la meccanica.
Pratica su Bersagli Inanimati: Si usa un caschetto da allenamento, un manichino o dei colpitori specifici per allenare la precisione.
Applicazione Controllata: In coppia, si pratica l’avvicinamento e il posizionamento, fermando la tecnica a distanza di sicurezza dal bersaglio. Qualsiasi scuola che incoraggi la pratica a contatto di queste tecniche è irresponsabile e pericolosa.
Il Condizionamento delle Dita e del Corpo (Gōngfǎ) I metodi di condizionamento per indurire le dita o gli avambracci sono un altro’area ad alto rischio. L’immagine cinematografica del neofita che prende a pugni un secchio di sabbia è la ricetta per un disastro.
Gradualità Estrema: Questo tipo di condizionamento, se intrapreso, deve essere un processo incredibilmente lento, che dura anni, se non decenni. Si inizia con materiali morbidi (come i fagioli secchi) per poi passare, molto lentamente, a materiali più duri.
Supervisione Esperta: Deve essere praticato solo sotto la guida di un maestro che lo ha eseguito su se stesso e ne comprende la fisiologia, i rischi e i metodi corretti di recupero (inclusi i massaggi e l’uso di linimenti specifici come il Dit Da Jow).
Rischio di Danni Permanenti: Una pratica scorretta o troppo aggressiva non porta a “dita d’acciaio”, ma a microfratture, deformazioni articolari e artrite cronica, compromettendo l’uso delle mani per tutta la vita.
Conclusione: La Sicurezza come Sinonimo di Pratica Intelligente
In conclusione, la pratica dello Shequan può essere un’attività sicura e benefica per tutta la vita, a patto che sia affrontata con intelligenza, umiltà e un profondo rispetto per il proprio corpo e per quello dei propri compagni. La sicurezza non è un’opzione, ma un ingrediente essenziale della pratica.
I pilastri di un allenamento sicuro sono: un istruttore competente e responsabile, un ambiente di allenamento cooperativo, una costante auto-consapevolezza da parte del praticante e un approccio metodico e progressivo all’apprendimento. Infortuni gravi sono quasi sempre il risultato della violazione di uno o più di questi principi.
In definitiva, la più alta lezione di sicurezza ci viene dal serpente stesso. È una creatura che incarna la perfetta efficienza. Non fa mai un movimento di troppo, non spreca energia e non si lancia in attacchi sconsiderati. Sopravvive e prospera grazie alla sua intelligenza tattica. Un vero praticante di Shequan deve aspirare a questa stessa saggezza, applicandola prima di tutto al proprio allenamento, per assicurarsi che il sentiero marziale sia un lungo e ininterrotto percorso di crescita, e non una breve parentesi interrotta da un infortunio evitabile.
CONTROINDICAZIONI
Quando il Serpente non è una Cura: Analisi Approfondita delle Controindicazioni alla Pratica dello Shequan
Sebbene lo studio dello Shequan, e del Kung Fu tradizionale in generale, offra una vasta gamma di benefici per la salute fisica e mentale – migliorando la flessibilità, la coordinazione, la forza e la concentrazione – è fondamentale approcciarsi a questa disciplina con un alto grado di consapevolezza e responsabilità. Essendo un’arte marziale complessa e fisicamente esigente, non è universalmente adatta a tutti, in ogni condizione. Esistono specifiche controindicazioni, ovvero circostanze e patologie per le quali la pratica potrebbe non solo essere sconsigliata, ma potenzialmente dannosa.
Questa analisi non ha lo scopo di allarmare o di scoraggiare, ma di informare. Il suo obiettivo è fornire gli strumenti per una decisione ponderata, sottolineando l’importanza del dialogo con il proprio medico e con un istruttore qualificato. Distingueremo tra controindicazioni assolute, ovvero condizioni che rendono la pratica fortemente sconsigliabile, e controindicazioni relative, che non la escludono a priori ma richiedono importanti precauzioni, modifiche all’allenamento e una stretta supervisione medica.
Il principio fondamentale che deve guidare ogni aspirante praticante è quello della prudenza. La saggezza del serpente, che quest’arte cerca di emulare, non risiede solo nella sua capacità di attaccare, ma anche e soprattutto nella sua abilità di preservarsi, di conoscere i propri limiti e di non esporsi a rischi inutili. L’atto di riconoscere una controindicazione e di agire di conseguenza è, in sé, la prima e più importante dimostrazione di intelligenza marziale.
Avvertenza Preliminare e Non Negoziabile: Le informazioni contenute in questo testo sono a scopo puramente informativo e non sostituiscono in alcun modo una valutazione medica professionale. Prima di intraprendere la pratica dello Shequan o di qualsiasi altra attività fisica intensa, è imperativo e non negoziabile consultare il proprio medico curante e, se necessario, uno specialista (come un ortopedico, un cardiologo o un fisiatra) per ottenere un parere qualificato sulla propria idoneità fisica.
PARTE I: CONTROINDICAZIONI MEDICHE DI NATURA FISICA
Questa sezione analizza le patologie e le condizioni fisiche che possono rappresentare un rischio significativo se esposte alle sollecitazioni specifiche dell’allenamento dello Shequan. Le suddivideremo per apparato, per maggiore chiarezza.
Patologie dell’Apparato Scheletrico e Articolare (Le più Rilevanti)
Questo è l’ambito di maggior preoccupazione, data l’intensità delle sollecitazioni che lo Shequan impone a colonna vertebrale e articolazioni.
A Carico della Colonna Vertebrale: La biomeccanica dello Shequan si fonda sul movimento ondulatorio, sulla flessione profonda e sulla torsione intensa della colonna vertebrale. Se questo è un toccasana per una schiena sana, può essere estremamente pericoloso per una colonna già compromessa. Le controindicazioni assolute o fortemente relative includono:
Ernie del Disco e Protrusioni Discali Significative: Un’ernia del disco, specialmente in fase acuta o se sintomatica (con irradiazione del dolore come la sciatica), è una controindicazione quasi assoluta. I movimenti di torsione e flessione possono aumentare la pressione sul disco danneggiato, aggravando l’erniazione e la compressione delle radici nervose, con conseguenze potenzialmente gravi.
Spondilolistesi: Si tratta dello scivolamento di una vertebra sull’altra, che causa instabilità. I movimenti fluidi ma potenti dello Shequan, che richiedono un’alternanza di contrazione e rilassamento dei muscoli paravertebrali, potrebbero peggiorare tale instabilità.
Gravi Forme di Scoliosi o Ipercifosi: Sebbene una pratica leggera e mirata possa in alcuni casi aiutare a gestire squilibri posturali minori, le forme più severe e strutturate di deviazione della colonna possono essere aggravate dalle forze asimmetriche e dalle torsioni richieste.
Stenosi Spinale: Un restringimento del canale vertebrale. Movimenti estremi potrebbero aumentare la compressione sul midollo spinale o sui nervi.
Fratture Vertebrali Pregresse o Osteoporosi Grave: In questi casi, il rischio di nuove fratture a seguito di movimenti intensi, cadute accidentali o anche solo di contrazioni muscolari potenti è troppo elevato.
A Carico delle Articolazioni Periferiche: Lo Shequan sollecita intensamente anche le articolazioni di braccia e gambe.
Polsi e Dita: Condizioni come l’artrite reumatoide, l’artrosi avanzata, la sindrome del tunnel carpale o storie di lesioni legamentose significative rappresentano una seria controindicazione. Le posizioni delle mani (Shou Xing), gli esercizi di condizionamento delle dita e le tecniche di leva articolare (Qin Na) pongono uno stress enorme sulle piccole e delicate articolazioni della mano e del polso, che potrebbe infiammarle o danneggiarle ulteriormente.
Ginocchia e Anche: Patologie come meniscopatie non risolte, lesioni ai legamenti crociati o collaterali, condropatia di grado avanzato (usura della cartilagine) o la presenza di protesi articolari richiedono estrema cautela. Le posizioni molto basse (Pu Bu, Ma Bu), le rapide rotazioni del corpo (che generano una notevole forza di torsione sul ginocchio) e il gioco di gambe evasivo possono essere insostenibili per un’articolazione già compromessa.
Patologie Cardiovascolari
L’allenamento dello Shequan alterna fasi di pratica lenta e meditativa a momenti di alta intensità, con un significativo impegno cardiovascolare.
Controindicazioni Assolute: Condizioni gravi come cardiopatie instabili, ipertensione arteriosa non controllata farmacologicamente, aritmie complesse, aneurismi noti, o un recente passato di infarto miocardico o interventi di cardiochirurgia.
Perché Rappresentano un Rischio: Le fasi di allenamento più intense, la pratica del combattimento libero (Sanshou) e soprattutto l’esecuzione del Fa Jin (l’emissione di forza esplosiva), comportano rapidi e significativi aumenti della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna. Queste sollecitazioni possono essere pericolose per un sistema cardiovascolare fragile.
Patologie Neurologiche
Epilessia: Sebbene l’esercizio fisico sia generalmente benefico, gli stimoli intensi, l’iperventilazione involontaria durante gli sforzi e i movimenti rapidi e rotatori potrebbero, in soggetti predisposti e non adeguatamente controllati, fungere da fattore scatenante per una crisi.
Gravi Problemi di Equilibrio: Condizioni come la sindrome di Ménière o altre patologie che causano vertigini severe sono una controindicazione quasi assoluta. Il gioco di gambe complesso, le rotazioni e i cambi di livello dello Shequan sarebbero impraticabili e pericolosi.
Neuropatie Periferiche: Una ridotta sensibilità o un controllo motorio alterato, specialmente ai piedi, potrebbe rendere difficile l’esecuzione sicura delle posizioni e aumentare il rischio di cadute.
Altre Condizioni Rilevanti
Gravidanza: La gravidanza non è una malattia, ma richiede precauzioni. La pratica intensa, il rischio di cadute o di colpi all’addome, e i cambiamenti ormonali che aumentano la lassità dei legamenti rendono lo studio del Kung Fu sconsigliabile, specialmente dopo il primo trimestre. Una pratica molto più dolce, come il Qigong o il Taijiquan specificamente adattato, potrebbe essere un’alternativa sicura, sempre previo consenso medico.
Obesità Grave: Sebbene l’attività fisica sia fondamentale, l’impatto di posizioni basse e movimenti dinamici su articolazioni già sovraccaricate dal peso eccessivo può aumentare il rischio di infortuni a ginocchia, anche e caviglie. Un percorso di perdita di peso iniziale, magari con attività a basso impatto, potrebbe essere un passo preliminare più saggio.
PARTE II: CONTROINDICAZIONI RELATIVE E LA GESTIONE CONSAPEVOLE DEL RISCHIO
Molte delle condizioni sopra elencate non sono sempre un “no” assoluto. In molti casi, si tratta di controindicazioni relative, il che significa che una pratica adattata, intelligente e supervisionata potrebbe essere non solo possibile, ma anche benefica.
Il Concetto Fondamentale di Pratica Adattata Questo approccio richiede una grande maturità sia da parte dello studente sia da parte dell’istruttore. Non si tratta di “fare finta di nulla”, ma di modificare l’allenamento per evitare le sollecitazioni dannose, concentrandosi invece sugli aspetti che possono portare beneficio.
Esempio per Problemi alla Schiena Lievi/Cronici: Uno studente con una lombalgia cronica, sotto consiglio medico, potrebbe evitare le torsioni più estreme e le posizioni più basse, ma trarre grande beneficio dagli esercizi di rafforzamento del core, dalla pratica lenta delle forme per migliorare la postura e dagli esercizi di respirazione per rilasciare la tensione.
Esempio per Problemi alle Ginocchia: Potrebbe essere necessario mantenere le posizioni molto più alte, evitare i salti e le rotazioni con il piede “piantato” a terra, ma si potrebbe comunque lavorare intensamente sulla parte superiore del corpo, sulla fluidità delle braccia e sulla strategia.
Il Dialogo Medico-Istruttore: Un Ponte Indispensabile La gestione di una controindicazione relativa si basa su un’alleanza a tre: lo studente, il medico e il Sifu. Lo studente ha la responsabilità di ottenere una diagnosi chiara e indicazioni precise dal proprio medico su quali movimenti evitare. Ha poi il dovere di comunicare queste informazioni in modo trasparente e dettagliato al proprio Sifu. Un Sifu competente e responsabile, a sua volta, avrà l’esperienza e la conoscenza per modificare il programma di allenamento in modo sicuro e personalizzato. Se un istruttore minimizza un problema medico o spinge l’allievo a ignorare il dolore, quella è una controindicazione assoluta a frequentare la sua scuola.
PARTE III: CONTROINDICAZIONI DI NATURA PSICOLOGICA E COMPORTAMENTALE
Non meno importanti di quelle fisiche sono le controindicazioni legate al carattere e all’atteggiamento mentale di una persona. Lo Shequan non è solo un esercizio, ma un’educazione.
Mancanza di Controllo dell’Aggressività e Tendenze Violente Lo Shequan, come ogni vera arte marziale, insegna tecniche potenzialmente letali. Per questo motivo, è assolutamente controindicato per individui con una storia di comportamento violento, con scarsa capacità di controllo degli impulsi o che cercano nell’arte marziale uno strumento per intimidire, dominare o fare del male agli altri. Un Sifu etico e responsabile ha il dovere di non accettare tali studenti o di allontanarli qualora manifestassero queste tendenze. L’arte è per la difesa e lo sviluppo personale, non per l’offesa e la prevaricazione.
Aspettative Irrealistiche e Mentalità “Cinematografica” L’arte è controindicata per chi si avvicina ad essa con aspettative forgiate unicamente dai film di Kung Fu. Chi crede di poter imparare a eseguire acrobazie complesse, a sconfiggere dieci avversari o ad acquisire “poteri segreti” nel giro di pochi mesi, andrà incontro a una profonda e inevitabile delusione. Questa mentalità è pericolosa perché porta a sottovalutare la difficoltà e il rigore dell’addestramento, a praticare in modo superficiale e, soprattutto, a tentare tecniche avanzate senza avere le basi, con un altissimo rischio di infortuni.
Incapacità di Seguire le Regole e di Accettare la Guida Una scuola di Kung Fu tradizionale si basa su una struttura di rispetto per il maestro e per i compagni più anziani. È un ambiente di apprendimento disciplinato. È quindi controindicata per individui che, per loro natura, rifiutano qualsiasi forma di guida, non sono disposti ad ascoltare le correzioni e non rispettano le regole di sicurezza e di comportamento del Kwoon. Un tale atteggiamento non solo impedisce l’apprendimento, ma crea un pericolo per sé e per gli altri praticanti.
Conclusione: La Prudenza come Forma di Saggezza Marziale
In sintesi, il sentiero dello Shequan, sebbene aperto a molti, richiede un’attenta valutazione del proprio stato di salute, dei propri obiettivi e del proprio carattere. Le controindicazioni, sia assolute che relative, non devono essere viste come un giudizio, ma come uno strumento di consapevolezza.
L’atto preliminare e imprescindibile è sempre il consulto medico. Una volta ottenuta l’idoneità, la scelta di un buon maestro e la pratica dell’ascolto del proprio corpo diventano i pilastri di un percorso sicuro e gratificante.
In ultima analisi, la decisione di praticare, di non praticare, o di praticare in modo adattato, è la prima, vera lezione di Kung Fu. Richiede quell’onestà intellettuale e quella conoscenza di sé (zìzhī – 自知) che sono il fine ultimo dell’arte marziale. Riconoscere un proprio limite e agire con prudenza non è un segno di debolezza, ma la più alta espressione di quella saggezza e di quell’istinto di autoconservazione che sono l’essenza stessa dello spirito del serpente.
CONCLUSIONI
Il Serpente come Via – Sintesi, Riflessioni e il Significato Ultimo dello Shequan
Siamo giunti al termine di un lungo e sinuoso viaggio, un percorso che ci ha condotto dalle nebbie delle antiche leggende cinesi fino alle luci delle moderne palestre e dei set cinematografici. Abbiamo esplorato la filosofia profonda dello Shequan, sezionato la sua complessa biomeccanica, mappato la sua storia frammentata, analizzato le sue tecniche letali e discusso le sue esigenze in termini di pratica, sicurezza e dedizione. Ora, come un viandante che raggiunge la cima di una montagna, è il momento di fermarsi, di voltarsi indietro per osservare il sentiero percorso e di contemplare il paesaggio nella sua interezza. Cosa possiamo concludere, in ultima analisi, sulla natura e sul valore della Boxe del Serpente?
Una conclusione non può essere un semplice riassunto, ma una sintesi: un processo in cui i fili disparati della nostra indagine vengono intrecciati per rivelare un disegno più grande. Lo Shequan, come abbiamo visto, non è un’arte marziale che si lascia definire facilmente. Sfugge alle etichette, si adatta ai contesti, cambia “pelle” a seconda della scuola e del maestro. Eppure, in questa sua natura mutevole, risiede la sua più profonda coerenza e la sua immutabile essenza. Le conclusioni che possiamo trarre non riguardano solo un sistema di combattimento, ma una vera e propria “Via” – un Tao – di sviluppo umano, la cui saggezza è oggi più rilevante che mai.
La Sintesi dell’Identità Plurima dello Shequan
Riflettendo su tutti gli aspetti analizzati, emergono tre grandi verità sull’identità dello Shequan.
1. Il Serpente come Metafora Vivente e Totale Più di ogni altro stile imitativo, lo Shequan è l’incarnazione totale della sua metafora ispiratrice. Non si limita a copiare alcuni movimenti dell’animale, ma ne assorbe l’intera essenza su ogni piano dell’esistenza marziale.
Sul piano filosofico, come abbiamo visto, il serpente è la perfetta manifestazione dei principi taoisti di Yin e Yang, di Wu Wei (azione senza sforzo) e di Ziran (spontaneità naturale). La sua capacità di essere morbido e duro, passivo e aggressivo, ne fa un modello di equilibrio dinamico.
Sul piano strategico, la sua pazienza, la sua astuzia, la sua efficienza energetica e la sua predilezione per l’attacco a sorpresa ai punti vitali costituiscono l’intero playbook tattico dello stile.
Sul piano biomeccanico, il suo movimento ondulatorio è diventato il motore centrale per la generazione della potenza, la sua flessibilità il modello per una difesa evasiva, e le sue zanne il prototipo per le letali tecniche di dita. La conclusione è che lo Shequan non è un’arte con elementi del serpente; è la filosofia del serpente tradotta in un linguaggio di combattimento umano. Questa aderenza totale e coerente alla sua metafora fondante è ciò che gli conferisce una profondità e un’integrità uniche.
2. Un’Arte di Principi, non di Dogmi La nostra esplorazione della sua storia, della figura assente di un fondatore unico e della moltitudine di stili e scuole ci ha rivelato una seconda grande verità: lo Shequan è un fiume, non un monumento. La sua forza non risiede in una dottrina rigida e immutabile, ma nella sua natura di sistema aperto basato su principi universali. La mancanza di un fondatore dogmatico ha permesso all’arte di evolversi, di adattarsi e di essere interpretata in modi diversi e creativi da innumerevoli maestri. Lo Shequan del Nord e quello del Sud, l’interpretazione di Shaolin e quella di Wudang, l’integrazione nell’Hung Gar o nel Fu-Jow Pai, non sono “versioni” corrotte di un originale perduto, ma testimonianze della vitalità di questi principi. Essi possono essere applicati a contesti geografici, filosofici e marziali differenti, generando sempre risultati coerenti ma unici. Questa natura fluida, questa assenza di un’ortodossia centrale, è forse la sua caratteristica più “serpentina”. Come l’animale a cui si ispira, l’arte stessa si è adattata, ha cambiato pelle, è sopravvissuta a persecuzioni e a cambiamenti culturali proprio perché non era un sistema rigido destinato a spezzarsi, ma un insieme di idee potenti destinate a perdurare.
3. Il Corpo come Laboratorio Alchemico Infine, l’analisi delle tecniche, dei metodi di allenamento, delle considerazioni per la sicurezza e delle controindicazioni ci porta a una terza conclusione: la pratica dello Shequan è un profondo e impegnativo processo di trasmutazione corporea. Non si tratta di aggiungere semplicemente nuove abilità a un corpo che rimane invariato. Si tratta di decostruire e ricostruire il proprio modo di muoversi dalle fondamenta. Il praticante impara a percepire e a usare la propria colonna vertebrale non come un palo di sostegno, ma come una frusta. Impara a generare potenza non dalla contrazione muscolare isolata, ma dalla connessione fasciale di tutto il corpo. Trasforma le parti più deboli della sua mano in armi precise. Questo processo, come abbiamo visto, non è privo di rischi e richiede una guida esperta e una pratica intelligente, ma il suo risultato finale è una sorta di alchimia fisica: la trasformazione del “piombo” dei movimenti rigidi e quotidiani nell’ “oro” della fluidità e della potenza integrata.
Lo Shequan nel Mondo Moderno: La Tensione tra Tradizione e Contemporaneità
Tirare le somme sullo Shequan oggi significa anche collocarlo nel contesto del XXI secolo e riflettere sulla sua rilevanza in un mondo radicalmente diverso da quello in cui è nato.
La Sfida della Preservazione in un’Epoca di Gratificazione Istantanea Lo Shequan, con il suo lungo e arduo percorso di apprendimento, si trova oggi di fronte a una sfida epocale. In un’epoca dominata dalla ricerca di risultati immediati, dalla popolarità degli sport da combattimento come le MMA – che offrono un feedback di efficacia rapido e misurabile – un’arte tradizionale e interna come la Boxe del Serpente può apparire anacronistica. Richiede una pazienza e una dedizione che sono sempre più rare. La sua efficacia, basata su attributi che richiedono anni per essere sviluppati, è difficile da “vendere” rispetto a un corso di kickboxing di tre mesi. La conclusione è che la sopravvivenza dello Shequan tradizionale dipenderà dalla capacità dei suoi maestri di comunicarne il valore profondo e dalla volontà di una minoranza di studenti di intraprendere un percorso più lungo in cambio di una ricompensa più duratura.
La Rilevanza Oltre il Combattimento: La Saggezza del Serpente per la Vita Moderna Paradossalmente, è proprio in questo mondo frenetico e stressante che i principi dello Shequan rivelano una nuova e potente rilevanza, che va ben oltre la pura autodifesa.
Gestione dello Stress: La pratica della respirazione profonda, della concentrazione e della calma mentale è un antidoto potentissimo contro l’ansia e lo stress della vita moderna.
Adattabilità e Resilienza: La filosofia di cedere alla forza, di fluire attorno agli ostacoli e di non spezzarsi di fronte alla pressione è una lezione di resilienza psicologica di valore inestimabile in un mondo del lavoro e sociale in costante cambiamento.
Benessere Fisico: In una società sempre più sedentaria, la pratica dello Shequan, con il suo focus sulla mobilità della colonna vertebrale e sulla flessibilità, è uno strumento eccezionale per combattere i dolori alla schiena e la rigidità che affliggono milioni di persone. Possiamo concludere che il valore più grande dello Shequan oggi potrebbe non risiedere più nella sua applicazione letale, ma nella sua capacità di insegnare quelle qualità fisiche e mentali – flessibilità, equilibrio, calma, adattabilità – che sono essenziali per navigare con successo le complessità della vita contemporanea.
La Via Ultima del Praticante: Oltre l’Imitazione, l’Incarnazione
Infine, la conclusione più importante riguarda il significato ultimo del percorso per il singolo praticante. Lo studio dello Shequan è un viaggio di trasformazione che si articola in tre grandi fasi.
Dall’Imitazione alla Comprensione: All’inizio, lo studente è un imitatore. Copia la forma esterna dei movimenti del maestro, cercando di replicare la sinuosità e la grazia del serpente. In questa fase, l’arte è ancora qualcosa di esterno, un vestito che si indossa.
Dalla Comprensione all’Interiorizzazione: Con anni di pratica, l’imitazione lascia il posto alla comprensione. Lo studente non si limita più a eseguire il movimento, ma ne comprende i principi biomeccanici, strategici ed energetici. Capisce perché il corpo deve muoversi in quel modo. L’arte inizia a penetrare più in profondità, diventando una seconda natura.
Dall’Interiorizzazione all’Incarnazione: Questo è lo stadio della maestria. Il praticante non ha più bisogno di “pensare” allo Shequan o di “fare” un movimento di Shequan. Egli è Shequan. I principi dell’arte si sono fusi con il suo essere. Le sue reazioni a qualsiasi stimolo, marziale o meno, sono diventate naturalmente fluide, efficienti, precise e appropriate. Non sta più imitando il serpente; ne ha incarnato lo spirito.
La metafora ultima di questo viaggio è quella del serpente che muta la pelle. La pratica costante dello Shequan è un processo attraverso il quale il praticante si libera delle sue vecchie “pelli”: la pelle della rigidità fisica, la pelle delle reazioni emotive incontrollate, la pelle delle abitudini mentali limitanti. Ogni livello di comprensione è una muta, un abbandono del vecchio sé per far emergere una versione più forte, più saggia e più libera.
In Chiusura
In conclusione, lo Shequan si rivela essere molto più di un affascinante stile imitativo. È un sistema olistico e profondo che offre un percorso completo di sviluppo umano. È un’arte di paradossi: insegna a trovare la forza nella morbidezza, la velocità nella quiete e la vittoria nella cedevolezza. Richiede un corpo flessibile, una mente strategica e uno spirito paziente.
Il suo sentiero è lungo e non per tutti, ma per coloro che scelgono di percorrerlo con sincerità e dedizione, la ricompensa è immensa. Non si tratta solo di imparare a combattere, ma di imparare a vivere con una maggiore consapevolezza, equilibrio e un’intelligenza fluida e adattabile. È l’eredità duratura della Boxe del Serpente: una via per scoprire il potere intelligente e la saggezza senza tempo che si nascondono, addormentati, in ognuno di noi.
FONTI
Le Radici della Conoscenza: Un’Analisi Approfondita delle Fonti e della Metodologia di Ricerca per lo Studio dello Shequan
Le informazioni contenute in questa guida approfondita sullo Shequan provengono da un complesso e meticoloso processo di ricerca, analisi e sintesi di una vasta e diversificata gamma di fonti. Comprendere un’arte marziale tradizionale come la Boxe del Serpente, la cui storia è tanto fluida e sfuggente quanto i suoi movimenti, richiede un approccio interdisciplinare. Non esiste un singolo libro onnicomprensivo, né un’unica fonte definitiva. La conoscenza è frammentata, sparsa tra antichi manuali militari, testi filosofici, cronache monastiche, opere accademiche moderne, siti web di lignaggi specifici e persino produzioni culturali che ne hanno plasmato l’immaginario collettivo.
L’obiettivo di questa sezione non è semplicemente quello di elencare una serie di titoli e link, ma di condurre il lettore “dietro le quinte” del processo di ricerca. Vogliamo illustrare la metodologia utilizzata per navigare in questo oceano di informazioni, per distinguere i fatti storici dalle leggende, per contestualizzare ogni fonte e per intrecciare i diversi fili della conoscenza in un arazzo coerente e comprensibile.
La ricerca si è mossa su quattro direttrici principali, ognuna delle quali ha fornito un tassello essenziale del mosaico:
Le Fonti Primarie e Accademiche, per costruire le fondamenta storiche e antropologiche.
La Letteratura Marziale Specifica, per comprendere la prospettiva tecnica e pratica dei maestri.
Le Fonti Digitali e le Organizzazioni, per mappare il paesaggio contemporaneo della pratica e della sua struttura.
Le Fonti Culturali e Audiovisive, per analizzare l’impatto dell’arte sull’immaginario globale.
Attraverso l’analisi di queste aree, non solo forniremo la bibliografia richiesta, ma offriremo anche una guida su come un ricercatore o un praticante appassionato possa, a sua volta, intraprendere un viaggio di scoperta nel profondo e affascinante mondo dello Shequan.
PARTE I: LE FONTI PRIMARIE E ACCADEMICHE – LE FONDAMENTA STORICHE E ANTROPOLOGICHE
Alla base di ogni ricerca seria vi è la consultazione di fonti che offrono un contesto storico rigoroso e un’analisi critica. Per lo Shequan, questo significa attingere sia a testi classici cinesi che a opere di studiosi moderni che hanno dedicato la loro vita a studiare la storia e la cultura delle arti marziali cinesi.
Testi Storici Cinesi di Riferimento
Sebbene raramente menzionino lo “Shequan” per nome, alcuni testi classici sono indispensabili per comprendere il contesto marziale e filosofico in cui i principi del serpente si sono sviluppati.
Titolo: Jixiao Xinshu (紀效新書 – “Nuovo Trattato sull’Efficienza Militare”)
Autore: Generale Qi Jiguang (戚繼光)
Data: Circa 1560 (Dinastia Ming)
Descrizione e Rilevanza: Quest’opera è forse il documento storico più importante per lo studio delle arti marziali cinesi a mani nude. Scritto dal Generale Qi, un eroe militare famoso per aver respinto i pirati giapponesi, non è un testo filosofico, ma un manuale pratico per l’addestramento delle truppe. La sua importanza è immensa perché Qi Jiguang, con un approccio pragmatico e quasi scientifico, analizzò, selezionò e sintetizzò le tecniche più efficaci provenienti da sedici diversi stili di pugilato del suo tempo. Il capitolo “Quanjing Jieyao Pian” (拳經捷要篇 – “Capitolo sui Canoni del Pugilato e sulle Tecniche Essenziali”) è una miniera d’oro di informazioni. Sebbene non descriva uno “stile del serpente”, le sue illustrazioni e descrizioni di posture, tecniche di leva e strategie di combattimento forniscono una fotografia rara e autentica dello stato del Wushu nel XVI secolo, il brodo primordiale da cui si sono evoluti gli stili che conosciamo oggi. La consultazione di quest’opera permette di ancorare la ricerca a una base storica solida, al di là delle leggende monastiche.
Titolo: Tao Te Ching (道德經 – “Il Libro della Via e della Virtù”)
Autore: Attribuito a Laozi (老子)
Data: Circa IV secolo a.C.
Descrizione e Rilevanza: Per comprendere la filosofia Yin/Yang, il concetto di Wu Wei (azione senza sforzo) e il principio della morbidezza che vince la durezza – tutti elementi centrali nello Shequan – la lettura del Tao Te Ching è imprescindibile. Non è un manuale marziale, ma fornisce la cornice filosofica che ha permesso ai maestri di arti interne di concettualizzare e articolare i loro principi. Frasi come “Ciò che è flessibile è superiore a ciò che è rigido” sono il DNA filosofico dello Shequan.
La Ricerca Accademica Occidentale
Negli ultimi decenni, un numero crescente di studiosi occidentali e cinesi ha iniziato ad applicare un rigoroso metodo accademico allo studio del Kung Fu, contribuendo a separare la storia dal mito.
Titolo: The Shaolin Monastery: History, Religion, and the Chinese Martial Arts
Autore: Meir Shahar
Data di Uscita: 2008
Descrizione e Rilevanza: Questo libro è un’opera fondamentale che ha rivoluzionato la comprensione storica del più famoso monastero della Cina. Utilizzando fonti storiche cinesi, Shahar dimostra come le arti marziali di Shaolin non siano nate da un’illuminazione mistica di Bodhidharma, ma si siano sviluppate per necessità pratiche di autodifesa e siano state influenzate da generali e soldati laici. Il suo lavoro è cruciale per contestualizzare la leggenda dei Cinque Animali, mostrandola più come un prodotto di una lunga evoluzione e di una successiva elaborazione mitologica, piuttosto che come un’invenzione singola. Per la nostra ricerca sullo Shequan, questo testo fornisce il contesto critico per comprendere le origini della sua interpretazione “Shaolin”.
Titolo: “The Martial Arts in Chinese Physical Culture” e altri articoli
Autore: Stanley E. Henning
Data: Vari articoli pubblicati dagli anni ’90 in poi.
Descrizione e Rilevanza: Henning è uno dei più importanti e rispettati storici delle arti marziali cinesi. I suoi numerosi articoli, pubblicati su riviste accademiche come il “Journal of Asian Martial Arts”, sono noti per il loro approccio rigoroso e spesso “demitologizzante”. Henning ha costantemente sottolineato le origini militari di molte pratiche marziali, mettendo in discussione le narrazioni monastiche più popolari. La consultazione del suo lavoro è stata essenziale per bilanciare le fonti tradizionali con una prospettiva storica critica, specialmente per quanto riguarda il periodo delle dinastie Ming e Qing.
Titolo: Lost T’ai-chi Classics from the Late Ch’ing Dynasty
Autore: Douglas Wile
Data di Uscita: 1995
Descrizione e Rilevanza: Sebbene focalizzato sul Taijiquan, questo libro è di enorme importanza. Wile ha tradotto e analizzato alcuni dei primi manuali scritti di arti marziali interne. Questi testi sono cruciali perché articolano per la prima volta in forma scritta concetti come Jin (potenza interna), l’uso dell’Yi (intenzione) per guidare il Qi, e la filosofia della cedevolezza. Poiché lo Shequan, nelle sue varianti più interne, condivide tutti questi principi, l’analisi di Wile fornisce un accesso diretto al linguaggio e al pensiero dei maestri del passato, permettendo di comprendere la base teorica comune a tutte le arti Neijia.
PARTE II: LA LETTERATURA MARZIALE SPECIFICA – I MANUALI TECNICI E LE OPERE DEI MAESTRI
Questa categoria include libri scritti da praticanti per altri praticanti. Sebbene a volte manchino di rigore accademico, offrono una prospettiva interna, tecnica e pratica insostituibile.
Titolo: Chinese Boxing: Masters and Methods e Secrets of Shaolin Temple Boxing
Autore: Robert W. Smith
Data di Uscita: Rispettivamente 1974 e 1964
Descrizione e Rilevanza: Robert W. Smith è stato uno dei primi e più influenti autori occidentali a scrivere seriamente di arti marziali cinesi. Ex marine e agente della CIA, ebbe l’opportunità di studiare con molti maestri famosi a Taiwan negli anni ’50 e ’60. I suoi libri, sebbene oggi possano apparire datati in alcuni aspetti, sono stati pionieristici. Hanno introdotto a un’intera generazione di lettori occidentali la complessità e la diversità degli stili cinesi, descrivendo concetti come il Qi e il Jin. Le sue opere sono state consultate per comprendere come le arti cinesi sono state percepite e interpretate in Occidente durante la loro prima fase di diffusione.
Titolo: Opere sul sistema Hung Gar, come i manuali di Lam Sai-wing
Autore: Lam Sai-wing (林世榮)
Data: Inizio del XX secolo
Descrizione e Rilevanza: Lam Sai-wing, uno dei più famosi studenti di Wong Fei-hung, fu un pioniere nella documentazione scritta del suo stile, l’Hung Gar. Pubblicò tre libri che illustravano le forme fondamentali del sistema. Sebbene non esistano manuali specifici di “Shequan antico”, la consultazione (anche attraverso traduzioni e analisi moderne) di questi testi è fondamentale. Permettono di studiare la forma del Serpente (Se Ying Kuen) nel contesto di un lignaggio tradizionale e autentico. Analizzare le sequenze e le descrizioni fornite da un maestro del calibro di Lam Sai-wing offre una visione diretta di come le tecniche e i principi del serpente venivano interpretati e insegnati in una delle più importanti scuole del Sud della Cina.
Titolo: Opere su stili specifici come il Fu-Jow Pai
Autore: Vari autori, spesso i capi lignaggio moderni come Wai Hong.
Data: Varia (dagli anni ’70 a oggi)
Descrizione e Rilevanza: La ricerca ha incluso l’analisi di pubblicazioni e manuali prodotti da scuole specifiche in cui lo Shequan è un elemento centrale, come il Fu-Jow Pai. Questi libri, sebbene spesso autoprodotti e destinati agli studenti interni, sono fonti preziose. Descrivono la storia (spesso leggendaria) del loro lignaggio, spiegano la filosofia della fusione tra Tigre e Serpente, e illustrano le loro forme e tecniche specifiche. Sono essenziali per comprendere le interpretazioni moderne e le evoluzioni di questi stili ibridi.
PARTE III: LE FONTI DIGITALI E LE ORGANIZZAZIONI – NAVIGARE NEL PAESAGGIO MODERNO
Nell’era digitale, una parte significativa della ricerca avviene online. È fondamentale, tuttavia, saper distinguere le fonti autorevoli dal rumore di fondo. La metodologia si è concentrata su siti istituzionali e su portali di scuole con una reputazione consolidata.
Siti Web delle Federazioni Istituzionali
Questi siti sono la fonte primaria per le informazioni riguardanti la struttura organizzativa e sportiva del Wushu/Kung Fu a livello nazionale e internazionale.
Organizzazione Mondiale:
Nome: International Wushu Federation (IWUF)
Sito Web: https://iwuf.org/
Rilevanza: È l’organo di governo mondiale per lo sport del Wushu, riconosciuto dal Comitato Olimpico Internazionale. Il sito è la fonte ufficiale per i regolamenti di gara (incluse le competizioni di Taolu che possono presentare forme di Shequan), i risultati dei campionati mondiali e l’elenco di tutte le federazioni nazionali affiliate.
Organizzazione Europea:
Nome: European Wushu Federation (EWUF)
Sito Web: http://www.ewuf.org/
Rilevanza: L’ente di riferimento per le competizioni e le attività a livello continentale europeo.
Organizzazione Nazionale Cinese:
Nome: Chinese Wushu Association (CWA)
Sito Web: (Tipicamente in cinese, ma accessibile tramite traduzione)
Rilevanza: La “casa madre” tecnica e politica del Wushu moderno, la cui influenza determina gli standard globali.
Organizzazione Nazionale Italiana:
Nome: Federazione Italiana Wushu Kung Fu (FIWuK)
Sito Web: https://www.fiwuk.com/
Rilevanza: L’unica federazione riconosciuta dal CONI in Italia. Il suo sito è la fonte primaria per comprendere la situazione ufficiale dell’arte in Italia, trovare società affiliate, consultare i risultati delle gare nazionali e informarsi sui percorsi formativi per tecnici.
Enti di Promozione Sportiva (EPS) in Italia:
La ricerca ha incluso la consultazione dei portali dei principali EPS italiani, che rappresentano una vasta fetta del mondo marziale di base. Questi siti sono stati utilizzati per comprendere la capillarità della pratica sul territorio.
UISP – Settore Discipline Orientali: http://www.uisp.it/disciplineorientali/
CSEN – Settore Kung Fu: https://www.csen.it/kung-fu/
AICS: https://www.aics.it/
Siti Web di Scuole e Lignaggi Autorevoli
Questi siti sono stati cruciali per ottenere una prospettiva “dal basso”, direttamente dalle scuole che praticano e insegnano stili che includono lo Shequan.
Esempio di Stile Ibrido (Fu-Jow Pai):
Sito Web: http://www.fujowpai.it/
Rilevanza: Il sito della branca italiana di un’importante organizzazione internazionale permette di studiarne la storia, la filosofia della fusione Tigre-Serpente e il programma tecnico, fornendo un caso di studio concreto e moderno.
Esempio di Stile Tradizionale del Sud (Hung Gar):
Sito Web: https://www.hunggar.it/
Rilevanza: Siti come quello della Hung Gar Association Italy permettono di vedere come lo Shequan sia integrato in un curriculum tradizionale, con descrizioni delle forme e spiegazioni dei principi, offrendo un’altra visione pratica.
Portali di Ricerca e Discussione:
La ricerca ha attinto anche da forum di discussione di lunga data e alta qualità (come “Kung Fu Magazine” o “ChinaFromInside”), dove praticanti esperti e, a volte, studiosi, discutono di storia, tecnica e filosofia. Sebbene non siano fonti primarie, sono preziosi per raccogliere aneddoti, diverse interpretazioni e per farsi un’idea del “sentire” della comunità marziale su certi argomenti.
PARTE IV: LE FONTI CULTURALI E AUDIOVISIVE – COMPRENDERE L’IMMAGINARIO COLLETTIVO
Per un’arte come lo Shequan, ignorare l’impatto della cultura popolare, e in particolare del cinema, sarebbe un grave errore. Il cinema non solo ha diffuso la conoscenza dell’arte, ma ne ha plasmato la percezione in modo indelebile.
Filmografia Essenziale come Documento Culturale
Titolo: Il serpente all’ombra dell’aquila (蛇形刁手, Shé Xíng Diāo Shǒu)
Regista: Yuen Woo-ping
Anno: 1978
Descrizione e Rilevanza: Questo film è stato trattato non come semplice intrattenimento, ma come una fonte primaria culturale. L’analisi della sua coreografia, della narrazione e della rappresentazione dell’addestramento è stata fondamentale per scrivere i capitoli su leggende, aneddoti e maestri famosi. È il documento che ha creato il mito moderno dello Shequan, e la sua influenza sulla percezione globale dell’arte è incalcolabile.
Titolo: Serie Once Upon a Time in China
Regista: Tsui Hark
Anno: A partire dal 1991
Descrizione e Rilevanza: Questa serie di film con Jet Li ha canonizzato la figura dell’eroe popolare Wong Fei-hung. L’analisi di queste pellicole è stata utile per comprendere come la cultura popolare rappresenta un maestro di Hung Gar, lo stile che, come abbiamo visto, integra i principi del serpente.
Documentari e Interviste
La ricerca ha incluso la sintesi di informazioni provenienti da numerosi documentari sulle arti marziali cinesi (prodotti da emittenti come BBC, National Geographic, o disponibili su piattaforme come YouTube) e da interviste a maestri contemporanei. Queste fonti audiovisive sono preziose perché permettono di vedere il movimento e di ascoltare direttamente l’interpretazione dei principi da parte di praticanti esperti, catturando sfumature che nessun testo scritto potrebbe mai trasmettere.
Conclusione: La Sintesi come Metodo di Ricerca
Come il lettore avrà compreso, la stesura di questa guida non si è basata su una singola fonte, ma su un paziente lavoro di tessitura. È stato un processo di sintesi critica, volto a far dialogare tra loro il manuale di un generale della dinastia Ming, l’analisi di uno storico israeliano, il sito web di una scuola di Roma e la coreografia di un film di Hong Kong.
Ogni fonte è stata valutata per il suo contributo specifico, contestualizzata e confrontata con le altre per costruire un quadro il più possibile completo, equilibrato e onesto. L’obiettivo è stato quello di onorare la complessità dello Shequan, presentando al lettore non una verità dogmatica, ma un panorama ricco e sfaccettato, invitandolo a sua volta a intraprendere il proprio, personale viaggio di scoperta. I 18 capitoli precedenti sono il risultato di questo sforzo, un tentativo di offrire una mappa chiara e dettagliata di un territorio marziale tanto antico quanto affascinante.
DISCLAIMER - AVVERTENZE
Dichiarazione di Responsabilità e Avvertenze per il Lettore
Introduzione: Scopo e Limiti di Questa Guida
Le informazioni contenute in questa guida approfondita sullo Shequan provengono da un complesso e meticoloso processo di ricerca, analisi e sintesi di una vasta gamma di fonti, che spaziano dalla letteratura accademica alle tradizioni orali digitalizzate, dai manuali tecnici alle produzioni culturali. L’obiettivo primario di questo lavoro è di offrire al lettore una risorsa di natura puramente informativa, culturale, storica e teorica. Si intende fornire una panoramica il più possibile completa e sfaccettata di un’arte marziale complessa e affascinante, per stimolarne l’apprezzamento, la comprensione intellettuale e il rispetto per la sua profondità.
È tuttavia di fondamentale e non negoziabile importanza che il lettore comprenda i limiti intrinseci di questo testo. Questa guida NON è, e non deve in alcun modo essere considerata, un manuale di istruzione pratica, un corso per corrispondenza o un sostituto dell’insegnamento diretto. Esiste un abisso incolmabile tra la conoscenza teorica di un’arte marziale e l’abilità pratica di eseguirla in modo sicuro ed efficace. La prima può essere acquisita attraverso la lettura e lo studio; la seconda può essere sviluppata unicamente attraverso anni di pratica diligente, sotto la supervisione diretta, costante e personalizzata di un istruttore qualificato ed esperto.
Questo capitolo finale serve quindi come una dichiarazione formale di responsabilità e come un insieme di avvertenze cruciali. Il suo scopo è quello di delineare con la massima chiarezza le responsabilità del lettore, i rischi inerenti alla pratica delle arti marziali e l’uso corretto delle informazioni qui presentate. Invitiamo a leggere questa sezione con la stessa attenzione e serietà dedicate al resto della guida, poiché la sicurezza e la pratica consapevole sono i veri pilastri di ogni autentico percorso marziale.
PARTE I: AVVERTENZE SULLA SICUREZZA FISICA E SUI RISCHI INTRINSECI
Il Pericolo Inerente alla Pratica Marziale
Il lettore deve essere pienamente consapevole che lo Shequan, come ogni altra autentica arte marziale, è un sistema di combattimento. Le sue tecniche, descritte in questo testo a scopo illustrativo e di analisi, sono state sviluppate e raffinate nel corso dei secoli per essere efficaci in un contesto di autodifesa. Questo significa che, per loro stessa natura, sono potenzialmente pericolose e lesive. Se praticate in modo scorretto, senza la necessaria preparazione fisica e senza la supervisione di un esperto, possono causare infortuni di varia gravità, da lievi distorsioni a danni articolari permanenti, disabilità o, in circostanze estreme, conseguenze ancora più gravi. La natura stessa dello Shequan, con la sua enfasi su attacchi a punti vitali, leve articolari e movimenti complessi della colonna vertebrale, amplifica questi rischi.
Il Ruolo Insostituibile e Imprescindibile di un Istruttore Qualificato (Sifu)
Si dichiara con la massima fermezza che qualsiasi tentativo di apprendere o replicare le tecniche fisiche descritte in questa guida basandosi unicamente sulla lettura di questo o di qualsiasi altro testo, o sulla visione di materiale video, è un’azione irresponsabile, sconsiderata ed estremamente pericolosa. L’apprendimento di un’arte marziale non può prescindere dalla guida di un Sifu (maestro) qualificato. Il ruolo dell’istruttore è insostituibile per una serie di ragioni fondamentali legate alla sicurezza:
Correzione Tecnica in Tempo Reale: Un libro non può correggere la postura di un allievo. Un video non può notare un’errata distribuzione del peso o un allineamento scorretto del ginocchio. Solo un istruttore presente fisicamente può fornire il feedback immediato e personalizzato necessario per assicurare che le tecniche vengano eseguite correttamente. Una pratica scorretta, anche di movimenti apparentemente semplici, se ripetuta nel tempo, è la causa principale di infortuni cronici e di danni a lungo termine all’apparato muscolo-scheletrico.
Progressione Graduale e Condizionamento: Un Sifu esperto comprende i principi della propedeutica. Sa come costruire il corpo di un allievo in modo graduale e sicuro, insistendo per mesi o anni sulle basi (Jibengong) prima di introdurre concetti più avanzati. Un autodidatta, al contrario, non ha la conoscenza per valutare la propria preparazione e sarà quasi certamente tentato di provare tecniche complesse prima che il suo corpo sia condizionato per sopportarle, con un rischio di infortuni elevatissimo.
Creazione di un Ambiente Sicuro: La pratica con un partner (Duìliàn) è essenziale per lo sviluppo delle abilità marziali, ma è anche la fase a più alto rischio di infortuni acuti. Un istruttore qualificato ha il compito di creare un ambiente di allenamento sicuro, insegnando il controllo, stabilendo regole chiare e supervisionando costantemente gli allievi per prevenire incidenti.
Insegnamento del Contesto Etico e Filosofico: Un vero maestro non insegna solo le tecniche, ma anche quando, perché e se usarle. Trasmette il codice etico dell’arte marziale (Wude), il rispetto per sé stessi e per gli altri, e la filosofia del controllo e della non-violenza. Senza questa guida, le tecniche si riducono a meri atti di violenza, privi di qualsiasi valore educativo.
Per tutte queste ragioni, si diffida esplicitamente e formalmente il lettore dal tentare di praticare, eseguire o replicare qualsiasi movimento, tecnica, esercizio di condizionamento o sequenza descritta in questa guida in assenza della supervisione diretta e continuativa di un istruttore di Shequan o di Kung Fu tradizionale debitamente qualificato.
PARTE II: AVVERTENZE SULLA NATURA DELLE INFORMAZIONI FORNITE
Natura Culturale e Storica, non Istruttiva
Si ribadisce che la descrizione di tecniche, metodi di allenamento, forme e applicazioni ha unicamente lo scopo di fornire al lettore una comprensione intellettuale dell’arte. Serve a illustrare i principi filosofici e strategici discussi, a contestualizzare la storia dello stile e a offrire un quadro completo della sua ricchezza. Queste descrizioni sono state elaborate per essere lette e comprese, non per essere eseguite. Vanno considerate alla stregua della descrizione di una complessa manovra chirurgica in un testo di storia della medicina: serve a capire il principio, non a replicare l’operazione.
Informazioni Mediche e sulla Salute
I capitoli relativi alle considerazioni per la sicurezza e alle controindicazioni contengono informazioni di carattere generale su patologie e condizioni fisiche. Si dichiara esplicitamente che gli autori di questa guida non sono medici né fornitori di consulenza sanitaria. Le informazioni presentate in queste sezioni sono il risultato di una ricerca su fonti generaliste e hanno il solo scopo di sensibilizzare il lettore sui potenziali rischi, ma non costituiscono in alcun modo un parere medico professionale. La valutazione dell’idoneità fisica di un individuo alla pratica di un’arte marziale è di esclusiva competenza di un medico. È responsabilità assoluta del lettore consultare il proprio medico curante e ottenere un certificato di idoneità all’attività sportiva non agonistica prima di considerare l’inizio di qualsiasi percorso di allenamento.
Accuratezza, Completezza e Variabilità delle Informazioni
Il mondo del Kung Fu tradizionale è, per sua natura, non standardizzato. È un mosaico di lignaggi, scuole e interpretazioni personali. Sebbene sia stato compiuto ogni sforzo per fornire informazioni accurate, verificate e rappresentative, basate su fonti autorevoli, questa guida rappresenta una sintesi e un’interpretazione. Il lettore deve essere consapevole che la scuola di Kung Fu del suo quartiere potrebbe insegnare una variante di una forma con un nome diverso, raccontare una versione leggermente differente di una leggenda, o avere una diversa progressione didattica. Tali variazioni sono la norma e rappresentano la ricchezza della tradizione. Pertanto, le informazioni contenute in questo testo sono fornite “così come sono”, senza alcuna garanzia, esplicita o implicita, della loro completezza, della loro accuratezza assoluta o della loro applicabilità universale a ogni singola scuola o stile.
PARTE III: ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀ DA PARTE DEL LETTORE
Accettazione del Rischio (Assumption of Risk)
Attraverso la lettura e l’utilizzo delle informazioni contenute in questa guida, il lettore riconosce, comprende e accetta pienamente tutti i rischi descritti nei paragrafi precedenti. Il lettore accetta volontariamente di assumersi la piena e totale responsabilità per qualsiasi decisione prenda riguardo alla pratica delle arti marziali. Di conseguenza, il lettore accetta di manlevare e tenere indenni gli autori, i redattori, gli editori e qualsiasi parte coinvolta nella creazione e distribuzione di questa guida da qualsiasi tipo di richiesta di risarcimento, responsabilità, pretesa, azione legale, perdita o danno (inclusi, a titolo esemplificativo e non esaustivo, danni fisici, psicologici, materiali, diretti o indiretti) che possano derivare, direttamente o indirettamente, dall’uso, dall’abuso o dalla scorretta interpretazione delle informazioni qui contenute.
Uso Corretto e Improprio delle Informazioni
Si definisce “uso corretto” delle informazioni di questa guida l’utilizzo per i seguenti scopi:
Studio accademico e ricerca personale.
Apprezzamento culturale e storico dell’arte dello Shequan.
Approfondimento teorico per chi è già un praticante sotto la guida di un maestro qualificato.
Orientamento nella scelta consapevole di una scuola o di un istruttore.
Si definisce “uso improprio”, e se ne assume il lettore la piena ed esclusiva responsabilità, qualsiasi altro utilizzo, tra cui, a titolo esemplificativo e non esaustivo:
Il tentativo di auto-apprendimento delle tecniche marziali.
La replica di esercizi di condizionamento senza supervisione.
L’applicazione di qualsiasi tecnica descritta su altre persone, anche se a scopo “dimostrativo” o “giocoso”.
L’ignorare le avvertenze sulla sicurezza e le controindicazioni mediche.
Conclusione del Disclaimer: Un Invito alla Pratica Responsabile
Questa lunga e dettagliata dichiarazione di responsabilità non ha lo scopo di intimidire, ma di educare. L’intento di questa guida è quello di accendere una scintilla di interesse e di profondo rispetto per la complessità, la bellezza e la profondità dello Shequan. È un invito a esplorare un mondo meraviglioso, ma con la mappa giusta e, soprattutto, con la guida esperta di chi quel sentiero lo conosce a menadito.
Pertanto, concludiamo queste avvertenze con la più forte e sincera delle raccomandazioni: se questa guida ha suscitato in voi il desiderio di apprendere la Via del Serpente, onorate questo desiderio nel modo più corretto e saggio possibile. Non cercate scorciatoie nei libri o nei video. Cercate un Kwoon, una vera scuola. Trovate un Sifu, un vero maestro. Presentatevi con umiltà, pazienza e una mente aperta. Il vero viaggio nell’arte dello Shequan non inizia con la lettura di una pagina o con l’imitazione di un movimento, ma con il primo, rispettoso passo che si compie all’interno di una scuola, sotto lo sguardo attento di una guida che può condurvi in sicurezza lungo il cammino.
a cura di F. Dore – 2025