LO SHOTOKAN DELLE ORIGINI
Quando nel 1922 Funakoshi Gichin fece scalpore con la sua importante dimostrazione di Karate a Tokyo, in Giappone, egli aveva numerose carte nella manica per riuscire nel compito che si era prefisso. Anche se non era l’unico esperto di Okinawa-te capace di convincere tecnicamente, era un uomo di grande cultura, letterato e calligrafo, dal comportamento distinto, apprezzato nella società giapponese. Presidente della «Okinawa Shobu Kai», associazione per la promozione delle arti marziali di Okinawa, era stato scelto dai suoi pari come colui che avrebbe avuto, tutto sommato, le migliori chance di riuscire a innestare l’antico Karate sviluppato nell’isola sul corpo delle arti marziali tradizionali giapponesi. Missione che egli riuscì a portare a termine in meno di 15 anni, a partire dagli ambienti universitari giapponesi, anche se questa riuscita fu oggetto di numerose critiche, in particolare da parte degli «anziani» rimasti a Okinawa, che si rifiutavano di far conoscere ai giapponesi la quintessenza della loro arte, oppure da altri venuti dopo di lui per sviluppare, passando dalla breccia che era stato il primo ad aprire, stili in concorrenza col suo.
Allievo di Itosu Yasutsune e di Azato Anko, dello Shorin-ryu, Funakoshi si trovò a doversi confrontare con un modo di pensare giapponese per il quale non era preparato: il Giappone, all’epoca ebbro di modernità, aveva voltato le spalle agli aspetti tradizionali delle sue arti marziali e non vedeva in esse (perlomeno le sue giovani generazioni di praticanti) che delle attività di carattere sportivo che avevano come fine la gara. L’esperto dell’Okinawa-te, che si avvicinava allora alla sessantina, dovette forzatamente mettere a punto un sistema di insegnamento più conforme alle aspirazioni dei giovani giapponesi che non vedevano che superficialità e perdita di tempo nel rispetto, inizialmente rigidamente imposto da Funakoshi, per i procedimenti okinawesi di allenamento: concentrazione su un solo Kata (Hito-kata-san-nen) e applicazione pratica delle tecniche soltanto sulla base del Kata (Bunkai), con la proibizione dei combattimenti sportivi. Così egli mantenne, nella moltitudine di sequenze che aveva portato da Okinawa, prese tanto dallo Shorin-ryu, quanto dallo Shorei-ryu, 15 Kata atti a scaglionare la progressione dei suoi allievi: Heian (Shodan, Nidan, Sandan, Yondan, Godan),Tekki (Shodan, Nidan, Sandan), Bassai-dai, Kanku-dai, Hangetsu, Enpi, Jitte, Jion, Gankaku.
Sono questi 15 Kata che egli descrisse d’altronde nella sua opera «Karatedo Kyohan» comparsa nel 1935, con nomi resi in giapponese per farli accettare più facilmente nel loro nuovo contesto, mentre altri, presenti nella sua prima opera del 1922, «Ryukyu Kempo Karate», furono abbandonati (per esempio Chinte, Gojushiho, Jiin, Wandau, Rohai,Sesan, Wando, Sochin, Unsu, Kokan, Niseishi, Sanseru, Wankuwan). Nello stesso «Karatedo Kyohan» figurano i 40 punti detti «vitali» (Jintai- kyusho) mantenuti per l’applicazione (Bunkai) delle tecniche di Kata, applicate del resto, e in modo ripetitivo, in Kihon. L’insieme del sistema d’insegnamento così codificato rimaneva tuttavia ancora molto vicino al modo antico, okinawese e cinese, e questo spiega i pesanti attacchi che gli rivolsero, poco per volta ma inesorabilmente, alcuni degli allievi più impazienti di Funakoshi, che portarono all’inevitabile evoluzione dello stile e dei concetti originari del Maestro.
L’EVOLUZIONE
A partire dagli inizi degli anni ’30 del XX secolo, numerosi allievi, nonostante l’interdizione di Funakoshi, si permisero di confrontare le loro runiche in incontri liberi (Jiyu-kumite, assai più motivanti delle forme statiche tollerate (Gohon- cumite, Sanbon-kumite, Ippon-kumite), a volte senza protezioni. Alcuni, come Otsuka Hiroaori, finirono per abbandonarlo e percorrere la loro strada. Il suo stesso figlio, Yoshitaka,
fu un cemento decisivo dell’evoluzione dello stile imposto dal padre a partire dal 1938, data nella quale egli assunse la direzione tecnica del Dojo tokan e introdusse concetti e tecniche che risalivano all’insegnamento di Azato (soprattutto con base Jigen-ryu), e non più a quelli di Itosu alle quali si riferiva suo padre . Con altri Sempai, Hironishi Genshin*, Egarni Shigeru e da Takeshi, Yoshitaka si liberò da molte influenze cinesi (sempre presenti nello Shuri-te di Itosu) per arricchire lo stile Shotokan di influenze giapponesi (tramite il Jigen-ryu di Azato). Questo fatto diede origine, tra il 1939 e il 1945, data della sua morte, a uno stile di Karate molto diverso dal vecchio Shotokan, dal quale lo si distingue a volte con il nome di Shotokan-ryu.
Lo Shotokan originario di Funakoshi Gichin si divise, prima ancora della morte di quest’ultimo, nel 1958, in numerosi rami iniziati dai suoi allievi della prima generazione: Otsuka Hironori sviluppò il Wado-ryu, Funakoshi Yoshitaka ideò un nuovo Shotokan (Shotokan-ryu), in parte ripreso da Nakayama Masatoshi ed Egami Shigeru creò lo Shotokai (sostenendo di conservare lo spirito del maestro ma modificando le tecniche in modo ancora diverso da quello di Yoshitaka). Cima Makoto,da parte sua, conservò lo stile di Funakoshi nella sua scuola Karatedo Shiseikai, mentre Oshima Tsutomu, che conobbe Funakoshi solo quando questi era già molto anziano, insegna uno Shotokan che si ritiene sempre molto conforme a quello delle origini. In realtà, lo Shotokan (o Shotokan- ryu), come è conosciuto attualmente in tutto il mondo, ha solo un rapporto molto debole con quello degli anni ’30 del XX secolo, anche se sostiene di riferirsi al suo fondatore, Funakoshi Gichin.
Fonte: Enciclopedia delle Arti Marziali – LUNI EDITRICE
A cura di Francesco Dore