Karate la storia 14

L’introduzione del karate nella scuola: 1901-1905

 

Nel 1901 A. Itosu riuscì a far adottare il karate come disciplina di edu­cazione fisica alla scuola elementare di Shuri.

Come e perché vi arrivò? Ha comportato, questo, una modificazione del karate?

L’introduzione del karate nella scuola è legata agli sconvolgimenti sociali e culturali che conosce il Giappone di quell’epoca. Nel riconoscimento del karate da parte dei poteri locali hanno giocato vari fattori.

L’instaurazione di un sistema di coscrizione militare obbligatoria venne accompagnato dalla costituzione di un sistema di educazione fisica in tutte le scuole del Giappone. Nelle scuole furono organizzati esami medici, e ri­sultò che molti praticanti di karate avevano un corpo particolarmente ben sviluppato, cosa che attirò l’attenzione dei medici militari.

Nel 1895 il Giappone, in piena modernizzazione, era uscito vincito­re dalla guerra contro la Cina. Uno degli allievi di Itosu, Kentsu Yabu (1863-1937), divenne l’eroe più popolare di Okinawa. Egli era stato uno dei tre primi candidati originari di Okinawa selezionati per entrare nell’esercito giapponese, quando nel 1890 era stato aperto ai volontari. Sui cinquanta candidati originari di Okinawa, tre soltanto furono sele­zionati, tutti e tre allievi di A. Itosu. Nel corso della guerra contro la Ci­na, Yabu, che aveva il grado di sergente, ebbe notorietà in tutto il Giap­pone per le sue imprese sul campo di battaglia, e diventò l’eroe regiona­le di Okinawa. Fu il primo militare originario di Okinawa a ricevere una decorazione per le sue imprese eroiche sul campo di battaglia, che furo­no raccontate in tutta Okinawa. Al suo ritorno all’isola fu accolto con tanto più entusiasmo dalla popolazione, in quanto gli abitanti di Oki­nawa avevano la reputazione di essere timidi ed esitanti. Yabu diventa più tardi tenente, ma la popolazione di Okinawa continuerà a chiamar­lo «Sergente Yabu».

Yabu è stato uno dei primi a far conoscere il karate al di fuori di Oki­nawa; ecco come. Il sumd era una delle discipline nella formazione dei sol­dati giapponesi. E una forma di lotta nella quale i combattenti, divisi all’ini­zio da una distanza da un metro e cinquanta a due metri, si lanciano l’uno verso l’altro con lo scopo sia di far cadere il proprio avversario sia di farlo uscire dal perimetro di combattimento. Nel corso di un torneo di sumd, Ya­bu ricevette con le mani aperte il primo urto di un avversario che si lancia­va verso di lui e quest’ultimo s’accasciò, morto, senza che si potesse capire la causa di questa morte, poiché non vi era alcuna traccia di colpi. Nel cor­so dell’inchiesta che seguì, uno degli ufficiali domandò pubblicamente: «Ho sentito dire che a Okinawa esiste un’arte del combattimento che si chiama karate. Non ha usato questa tecnica?»

Yabu rispose: «Ho semplicemente fermato l’attacco con i palmi delle ma­ni. Se avessi utilizzato il pugno le sue costole si sarebbero certamente rot­te».

Kentsu Yabu

Poi diede un pugno contro un pino per mostrare in cosa consisteva que­sto attacco. Sul tronco l’impatto del colpo si vedeva chiaramente, la cortec­cia schiacciata si era staccata in quel punto. Sembrò dunque che Yabu non fosse responsabile di questa morte.

Questo combattimento suscita alcune riflessioni. Sembra certo che Ya­bu non abbia utilizzato volontariamente delle tecniche di karate, ma la pa­dronanza del karate o di un’altra arte del combattimento non si limita al ri­corso volontario a delle tecniche. Essa implica delle reazioni profonde, che intervengono anche quando si pratica un’altra disciplina, poiché fanno par­te dei riflessi della persona.

Il prefetto di Okinawa, Narahara, originario di Satsuma, era un adepto di spada della scuola Jigen-ryù. Egli apprezzò nella giusta misura le impre­se di Yabu, allievo di Itosu, il che spianò la strada all’intervento di quest’ul­timo a favore della formazione che era capace di dare. Nel 1899 Yabu scris­se nel principale giornale di Okinawa una serie di articoli sull’educazione; egli insisteva sull’importanza dell’educazione dei bambini nella scuola ele­mentare. I suoi articoli ebbero una grande risonanza nell’àmbito dell’edu­cazione a Okinawa. Il sommovimento causato dal suo allievo nella piccola società di Okinawa incoraggiò Itosu a concepire l’idea di introdurre il ka­rate nel sistema di educazione scolastica.

Fu nel 1901, tre anni prima della guerra russo-giapponese, in un perio­do in cui le preoccupazioni nazionali erano «arricchimento del paese e rafforzamento militare» che Itosu e il suo gruppo riuscirono a far adottare il karate per l’educazione fisica alla scuola elementare di Okinawa. L’inse­gnamento di Itosu alla scuola elementare fu apprezzato tanto dagli inse­gnanti che dai genitori. Nell’autunno del 1904, Itosu, che aveva allora 74 an­ni, fece una dimostrazione con spiegazione davanti a docenti del liceo, ispet­tori e professori di educazione fisica dell’istituto magistrale, al fine di pre­sentar loro il suo karate adattato alla pratica dell’educazione fisica. E, nel 1905, il karate fu definitivamente adottato come disciplina di educazione fi­sica al liceo e all’istituto magistrale di Okinawa, K. Yabu, eroe di guerra, di­venne professore di educazione fisica e di preparazione militare all’istituto magistrale di Okinawa. Uno dei suoi compagni, C. Hanashiro, andrà a insegnare educazione fisica al liceo. Itosu affida loro l’insegnamento pratico dopo avergli trasmesso i nuovi kata che aveva creato

La trasformazione apportata al karate: l’educazione scolastica

L’importanza di questo cambiamento è considerevole, perché prima l’in­segnamento del karate era una pratica individualizzata, in cui il maestro gui­dava uno o due allievi alla volta, mentre con l’adozione di questo nuovo si­stema divenne anche una formazione di massa o di gruppo. La pedagogia di Itosu si ispira ai metodi di formazione dei soldati che il Giappone stava im­portando dall’Europa. A scuola un solo insegnante dirigeva numerosi allie­vi gridando un comando per ogni gesto da eseguire, cosa che non esisteva nell’insegnamento tradizionale del karate.

Itosu elaborò, a partire dalle sue prime esperienze con gli scolari, dei kata destinati all’insegnamento scolastico. E a questo scopo che compose dapprima i tre kata «Naifanchi» a partire dal Naifanchi classico, poi i cinque kata «Pinan». Classificò questi kata secondo una gradazione indicata con il suffisso «dan»: Naifanchi shodan, nidan e sandan e Pinan shodan, nidan, san- dan, yodan e godan. L’impiego del termine «dan», che significa grado, o li­vello, per classificare i kata gli era stato suggerito dal suo maestro Sòkon Matsumura partendo dal sistema di catalogazione dei kata di spada del Jigen-ryu nel quale si applica il sistema dei «dan» per la classificazione degli esercizi.

L’insegnamento del karate nella scuola è stato, ai suoi inizi, assicurato principalmente dai due allievi di Itosu, Yabu e Hanashiro. Ma il loro inse­gnamento non era sempre una ripresa diretta e sistematica delle idee del mae­stro. Prima di riuscire a stabilire l’insegnamento del karate in questo nuovo contesto, Itosu e i suoi allievi dovettero apportare numerose rettifiche ai vecchi modi di praticare.

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a cura di Francesco Dore

Fonte Kenji Tokitsu – Storia del Karate , La via della mano vuota – Luni Editrice

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