1. Cosa è
Il Jū-jutsu (柔術) è un termine ampio che descrive un’antica e sofisticata arte marziale giapponese incentrata sul combattimento corpo a corpo, sviluppatasi nel corso di molti secoli all’interno della classe guerriera dei samurai. Per comprendere appieno cosa sia, è utile scomporre ulteriormente la sua definizione e il suo contesto:
a. Il Significato Letterale e Filosofico del Nome:
- Jū (柔): Questo ideogramma significa “morbidezza”, “cedevolezza”, “flessibilità”, “gentilezza”. Tuttavia, nel contesto marziale, non va inteso come debolezza o passività. Indica piuttosto la capacità di adattarsi, di non opporre resistenza diretta alla forza dell’avversario in modo rigido, ma di assorbirla, reindirizzarla e sfruttarla a proprio vantaggio. È l’intelligenza tattica che prevale sulla forza bruta. È il principio del salice che si piega sotto la neve per non spezzarsi, mentre la quercia rigida può cedere.
- Jutsu (術): Questo ideogramma significa “arte”, “tecnica”, “metodo”, “abilità pratica”. Sottolinea l’aspetto pragmatico e applicativo dell’arte. Non si tratta solo di filosofia, ma di un insieme di tecniche concrete e affinate per ottenere un risultato specifico nel combattimento.
Quindi, Jū-jutsu si traduce al meglio come “Arte della Cedevolezza” o “Arte della Flessibilità”, intesa come l’abilità tecnica di neutralizzare un avversario utilizzando principi di adattabilità, leva e controllo, minimizzando l’uso della propria forza fisica diretta contro quella dell’opponente.
b. Origine e Scopo Primario:
Il Ju-Jutsu non nasce come sport o come forma di esercizio fisico, ma come metodo di combattimento reale per i samurai del Giappone feudale. Il suo sviluppo è intrinsecamente legato alle esigenze del campo di battaglia:
- Combattimento Ravvicinato: Era essenziale quando le armi principali (spada, lancia) diventavano inutilizzabili per la troppa vicinanza all’avversario.
- Perdita delle Armi: Forniva al guerriero una possibilità di sopravvivenza anche se disarmato.
- Avversari Corazzati: Alcune tecniche (leve articolari, strangolamenti, colpi a punti specifici) potevano essere efficaci anche contro nemici protetti da armature, laddove colpi diretti o tagli potevano risultare inefficaci.
- Controllo e Arresto: Non tutte le situazioni richiedevano l’uccisione dell’avversario. Il Ju-Jutsu includeva tecniche per immobilizzare, controllare o rendere inoffensivo un nemico senza necessariamente ucciderlo.
Lo scopo era eminentemente pratico: la sopravvivenza e l’efficacia nel combattimento reale, utilizzando qualsiasi mezzo necessario all’interno del suo bagaglio tecnico.
c. Non un Sistema Unico, ma una Categoria:
È fondamentale capire che, storicamente, il “Ju-Jutsu” non era un’unica arte marziale standardizzata con un curriculum fisso e un fondatore unico. Era piuttosto un termine generico che raggruppava centinaia di scuole diverse (Ryūha – 流派), ognuna con le proprie specificità tecniche, enfasi tattiche, principi e lignaggio. Queste scuole condividevano il principio fondamentale del “Jū” e un focus sul combattimento a corta distanza senza fare affidamento primario sulle armi, ma potevano differire notevolmente nelle tecniche insegnate (alcune più focalizzate sulle proiezioni, altre sulle leve, altre ancora sugli atemi o sull’uso integrato di piccole armi).
d. Arte Madre e Influenza:
Proprio per la sua vastità tecnica e la sua efficacia, il Ju-Jutsu è considerato l'”arte madre” o un’influenza fondamentale per diverse arti marziali giapponesi moderne più conosciute:
- Jūdō (柔道 – Via della Cedevolezza): Fondato da Jigorō Kanō alla fine del XIX secolo, deriva direttamente da diverse scuole di Ju-Jutsu (principalmente Tenjin Shin’yō-ryū e Kitō-ryū). Kanō ne sistematizzò le tecniche, eliminò quelle più pericolose e ne accentuò l’aspetto educativo e sportivo.
- Aikidō (合気道 – Via dell’Armonia dello Spirito): Fondato da Morihei Ueshiba nel XX secolo, ha le sue radici principali nel Daitō-ryū Aiki-jūjutsu, una sofisticata forma di Ju-Jutsu. Ueshiba ne sviluppò ulteriormente i principi di armonia e movimento circolare, aggiungendo una forte componente filosofica e spirituale.
- Brazilian Jiu-Jitsu (BJJ): Sebbene derivi tecnicamente dal Kodokan Judo portato in Brasile da Mitsuyo Maeda (allievo di Kanō), il BJJ ha mantenuto e sviluppato enormemente l’aspetto del combattimento a terra (Ne-waza) che era parte integrante di molte forme di Ju-Jutsu, tanto da essere oggi considerato una forma moderna e specializzata di Jiu-Jitsu.
In sintesi:
Il Jū-jutsu è un’arte marziale tradizionale giapponese, nata come sistema di combattimento ravvicinato per i samurai, il cui nome “Arte della Cedevolezza” riflette il principio fondamentale di utilizzare la forza e lo slancio dell’avversario contro di lui. Non è un’unica scuola, ma un insieme di sistemi (Ryūha) focalizzati sulla sopravvivenza e l’efficacia tramite un vasto repertorio di tecniche (proiezioni, leve, strangolamenti, colpi, immobilizzazioni). È l’arte progenitrice da cui si sono sviluppate discipline come il Jūdō, l’Aikidō e, indirettamente attraverso il Judo, il Brazilian Jiu-Jitsu. Rappresenta un patrimonio tecnico e culturale di grande valore, incentrato sulla pragmatica applicazione di principi biomeccanici e tattici nel combattimento corpo a corpo.
2. Caratteristiche, filosofia e aspetti chiave
Le caratteristiche, la filosofia e gli aspetti chiave del Jū-jutsu sono profondamente interconnessi e definiscono l’essenza di questa arte marziale. Non si tratta solo di un insieme di tecniche, ma di un approccio strategico e mentale al combattimento e all’auto-miglioramento.
a. Il Principio Sovrano: Jū (柔 – Cedevolezza / Flessibilità Intelligente)
Questo è il cuore pulsante del Jū-jutsu, il concetto che lo distingue e ne permea ogni aspetto. Come già accennato, “Jū” non significa debolezza, ma l’opposto della rigidità e della resistenza ottusa. Si manifesta in diversi modi:
- Non Opposizione Diretta: Evitare lo scontro frontale di forza contro forza, specialmente se l’avversario è fisicamente superiore. Se tira, non resistere tirando più forte, ma cedi e usa il suo slancio per squilibrarlo. Se spinge, non spingere contro, ma spostati, assorbi o reindirizza la sua forza in una direzione vantaggiosa per te (es. una proiezione).
- Sfruttamento dello Slancio (Momentum): Utilizzare attivamente la forza, il peso e il movimento dell’avversario per amplificare l’effetto delle proprie tecniche. Una piccola azione al momento giusto, sfruttando lo slancio nemico, può avere un effetto devastante.
- Squilibrio (Kuzushi – 崩し): Gran parte delle tecniche (specialmente le proiezioni) si basa sul rompere l’equilibrio dell’avversario prima o durante l’applicazione della tecnica stessa. Il principio di Jū aiuta a creare o sfruttare questi squilibri in modo efficiente.
- Adattamento: Come l’acqua si adatta al contenitore, il praticante di Jū-jutsu impara ad adattare la propria strategia e le proprie tecniche alla situazione specifica e alle azioni dell’avversario.
b. Adattabilità e Fluidità (Henka – 変化 / Awase – 合)
Diretta conseguenza del principio di Jū è la necessità di essere estremamente adattabili. Il combattimento è dinamico e imprevedibile. Il Jū-jutsu insegna a:
- Transitare tra Tecniche: Passare fluidamente da una tecnica all’altra se la prima non riesce o se l’avversario reagisce in un certo modo. Da una difesa a un attacco, da una proiezione a una leva a terra, da un controllo a uno strangolamento.
- Cambiare Distanza: Adattarsi al combattimento in piedi (Tachi Waza), in ginocchio (Suwari Waza – in alcune scuole) o a terra (Ne Waza).
- Rispondere Istantaneamente: Sviluppare la capacità di percepire le intenzioni e i movimenti dell’avversario (spesso attraverso il contatto fisico) e reagire in modo appropriato e quasi istintivo.
c. Efficienza e Pragmatismo (Seiryoku Zen’yō – 精力善用)
Sebbene questo motto sia formalmente associato al Jūdō (“Massima Efficienza con Minimo Sforzo”), il principio è radicato nel Jū-jutsu.
- Leva e Biomeccanica: Sfruttare le leve naturali del corpo per moltiplicare la propria forza e applicarla sui punti deboli della struttura anatomica dell’avversario (articolazioni, punti di equilibrio).
- Economia di Movimento: Evitare movimenti larghi, superflui o dispendiosi in termini di energia. Ogni azione deve avere uno scopo preciso.
- Focus sui Punti Vitali (Kyūsho – 急所 / Atemi – 当て身): Molte scuole includono la conoscenza e l’uso di colpi mirati a punti specifici del corpo per causare dolore, disorientamento, perdita di equilibrio o inabilitazione temporanea, facilitando l’applicazione di altre tecniche.
- Realismo: Le tecniche sono state sviluppate e affinate per funzionare in situazioni reali, spesso pericolose. C’è meno enfasi sull’estetica pura rispetto ad altre arti e più sulla funzionalità ed efficacia.
d. Controllo (Osae – 押 / 制)
Un obiettivo primario in molte situazioni non è necessariamente ferire, ma controllare l’avversario.
- Controllo dell’Equilibrio: Mantenere il proprio equilibrio mentre si rompe quello dell’avversario è fondamentale in piedi.
- Controllo Spaziale: Gestire la distanza e la posizione relativa all’avversario.
- Controllo Fisico: Una volta a terra, ottenere e mantenere posizioni dominanti che limitano i movimenti dell’avversario e aprono opportunità per immobilizzazioni (Osaekomi Waza), strangolamenti (Shime Waza) o leve articolari (Kansetsu Waza). Il controllo spesso porta alla sottomissione o alla neutralizzazione sicura.
e. Completezza Tecnica (Sōgō – 総合)
A differenza di arti marziali più specializzate, il Jū-jutsu (specialmente nelle sue forme più tradizionali e complete) mira a formare un combattente versatile, capace di agire in diverse fasi dello scontro:
- Colpi (Atemi Waza): Per creare aperture, difendersi, stordire.
- Proiezioni e Atterramenti (Nage Waza): Per portare il combattimento a terra in una posizione vantaggiosa.
- Lotta a Terra (Ne Waza / Katame Waza): Per controllare, immobilizzare e finalizzare l’avversario tramite leve o strangolamenti.
- Difesa Personale: Applicazione di questi principi contro attacchi comuni (prese, strangolamenti da strada, minacce armate).
f. Filosofia e Sviluppo del Carattere (Seishin – 精神)
Al di là della tecnica fisica, la pratica costante del Jū-jutsu mira a coltivare importanti qualità mentali ed etiche, spesso riassunte nello spirito del Budō (武道 – Via Marziale):
- Disciplina (Shūgyō – 修行 / Kiritsu – 規律): La costanza nell’allenamento, il rispetto delle regole del Dōjō (Reihō – 礼法), l’impegno nel superare le difficoltà forgiano un carattere disciplinato.
- Rispetto (Sonkei – 尊敬 / Rei – 礼): Il rispetto per il luogo di pratica, per il maestro, per i compagni (anziani – Senpai, e giovani – Kōhai), per l’arte stessa e anche per l’avversario è fondamentale per un apprendimento sicuro ed efficace e per lo sviluppo morale.
- Autocontrollo (Jisei – 自制 / Kokki – 克己): Imparare a gestire la paura, la rabbia, la frustrazione e il dolore. Applicare tecniche potenzialmente pericolose con la giusta misura, senza intenzioni malevole. La capacità di fermarsi quando il compagno si arrende.
- Perseveranza e Resilienza (Nintai – 忍耐 / Gambaru – 頑張る): Non arrendersi di fronte alle difficoltà tecniche, alla fatica fisica o ai fallimenti. Sviluppare la forza di volontà per continuare a migliorare.
- Consapevolezza e Prontezza Mentale (Zanshin – 残心): Mantenere uno stato di allerta rilassata anche dopo aver eseguito una tecnica. Essere consapevoli di ciò che ci circonda, anticipare le mosse dell’avversario e rimanere “presenti” nel momento.
- Umiltà (Kenkyo – 謙虚): Riconoscere che c’è sempre da imparare, indipendentemente dal grado raggiunto. Essere aperti alle correzioni e rispettare l’esperienza altrui.
In sintesi:
Le caratteristiche del Jū-jutsu vanno oltre il semplice elenco di tecniche. Si fondano sul principio cardine della cedevolezza intelligente (Jū), che si traduce in adattabilità, efficienza e controllo. Il suo approccio completo al combattimento (colpi, proiezioni, lotta a terra) lo rende un sistema pragmatico e versatile. Ma forse l’aspetto più profondo è la sua filosofia intrinseca, che attraverso una pratica rigorosa e rispettosa, mira a sviluppare non solo un combattente efficace, ma anche un individuo migliore, dotato di disciplina, autocontrollo, rispetto, perseveranza e consapevolezza. Questi elementi, insieme, costituiscono l’anima del Jū-jutsu.
3. La storia
La storia del Jū-jutsu è lunga, complessa e, per le sue fasi più antiche, avvolta in parte nel mistero, poiché le sue radici affondano profondamente nel Giappone feudale e nelle pratiche di combattimento dei suoi guerrieri. Non è una storia lineare con un punto di partenza unico, ma piuttosto un’evoluzione influenzata da secoli di guerre, cambiamenti sociali e contributi di innumerevoli maestri e scuole.
a. Fase Formativa: Le Origini nel Giappone Feudale (Periodo Pre-Edo, fino al 1603)
Le vere origini del Jū-jutsu sono difficili da datare con precisione. Tecniche rudimentali di lotta corpo a corpo esistevano in Giappone fin dai tempi antichi (forme come il Sumai o il Kumiuchi ne sono precursori). Tuttavia, lo sviluppo di sistemi più organizzati che possiamo riconoscere come Jū-jutsu è strettamente legato all’ascesa della classe samurai e ai turbolenti periodi di guerra civile, in particolare il Periodo Sengoku (Sengoku Jidai, 1467-1615).
- Necessità Bellica: In un’epoca di combattimenti costanti, i samurai necessitavano di abilità per sopravvivere in ogni circostanza. Il Jū-jutsu emerse come un insieme di tecniche complementari all’uso delle armi principali (spada, lancia, arco). Era fondamentale saper combattere efficacemente:
- Quando si perdeva o si rompeva l’arma principale.
- In combattimento estremamente ravvicinato, dove le armi lunghe erano inefficaci.
- Contro avversari corazzati, dove le tecniche di leva (Kansetsu Waza), strangolamento (Shime Waza) o colpi a punti vulnerabili (Atemi) potevano essere più efficaci di tagli o colpi diretti.
- Sviluppo Organico: Le tecniche venivano sviluppate, testate e affinate direttamente sul campo di battaglia. La priorità assoluta era l’efficacia pratica e la sopravvivenza.
- Prime Scuole (Ryūha): In questo periodo iniziarono a formarsi le prime scuole o tradizioni marziali familiari (Ryūha). Queste scuole spesso custodivano gelosamente le proprie tecniche (Hiden – insegnamenti segreti) e le tramandavano all’interno del clan o a un ristretto numero di allievi fidati. La Takenouchi-ryū, tradizionalmente fondata nel 1532 da Takenouchi Hisamori, è spesso citata come una delle prime scuole formalizzate di Jū-jutsu o Kogusoku (lotta con armatura leggera).
b. Fase di Sistematizzazione e Fioritura: Il Periodo Edo (1603-1868)
L’instaurazione dello shogunato Tokugawa portò a un lungo periodo di pace relativa e stabilità interna. Questo ebbe un impatto significativo sulle arti marziali:
- Dal Campo di Battaglia al Dōjō: Con la diminuzione delle guerre su larga scala, l’enfasi si spostò dalla pura applicazione bellica alla pratica più strutturata all’interno dei dōjō.
- Formalizzazione e Catalogazione: Molte Ryūha esistenti formalizzarono i loro curriculum, creando sequenze di tecniche (Kata) per preservare e trasmettere gli insegnamenti. Nuove scuole nacquero e si diffusero. Il Jū-jutsu divenne una componente riconosciuta dell’educazione marziale del samurai (spesso inclusa nelle Bugei Jūhappan, le “18 Arti Marziali”).
- Diversificazione: Le scuole svilupparono enfasi diverse: alcune si concentrarono sulle proiezioni, altre sulle leve, altre sugli atemi, altre ancora integrarono fortemente la difesa contro o l’uso di armi minori (pugnale, bastone). Tra le scuole influenti di questo periodo ricordiamo: Yōshin-ryū, Tenjin Shin’yō-ryū, Kitō-ryū, Sosuishi-ryū, Sekiguchi-ryū.
- Integrazione Filosofica: Alcune scuole iniziarono a integrare maggiormente principi filosofici (derivati dal Buddismo Zen, dallo Shintoismo o dal Confucianesimo) nella pratica, vedendo l’arte marziale anche come un percorso di auto-perfezionamento (Michi o Dō – Via).
c. Fase di Crisi e Declino: La Restaurazione Meiji (dal 1868)
La Restaurazione Meiji segnò la fine dello shogunato Tokugawa, la restaurazione del potere imperiale e una rapida modernizzazione e occidentalizzazione del Giappone. Questo ebbe conseguenze drammatiche per la classe samurai e le loro arti:
- Abolizione della Classe Samurai: I samurai persero il loro status sociale, i loro privilegi e il diritto esclusivo di portare armi (culminato nell’editto Haitōrei del 1876 che proibiva di portare spade in pubblico).
- Perdita di Rilevanza: Con la creazione di un esercito nazionale basato su modelli occidentali e l’introduzione di armi da fuoco moderne, le arti marziali tradizionali persero gran parte della loro utilità militare diretta.
- Influenza Occidentale: Molti aspetti della cultura occidentale vennero adottati, e le arti marziali tradizionali furono spesso viste come arretrate, brutali o semplicemente inutili nel nuovo Giappone.
- Declino delle Scuole: Molte Ryūha di Jū-jutsu persero studenti, patroni e maestri. Alcune scomparvero del tutto, mentre altre lottarono per sopravvivere in un ambiente ostile.
d. Fase di Adattamento e Trasformazione (Fine XIX – Inizio XX Secolo)
Nonostante il declino, l’eredità del Jū-jutsu non andò perduta. Figure illuminate compresero il valore intrinseco di queste arti, non solo come tecniche di combattimento, ma anche come metodi di educazione fisica e sviluppo del carattere, e cercarono di adattarle ai tempi moderni:
- Jigorō Kanō e la Nascita del Jūdō: Kanō (1860-1938), un educatore e studioso di diverse scuole di Jū-jutsu (in particolare Tenjin Shin’yō-ryū e Kitō-ryū), fondò il Kōdōkan Jūdō nel 1882. Kanō eliminò le tecniche più pericolose e inadatte alla pratica libera (randori), sistematizzò l’insegnamento basandolo su principi scientifici (come Kuzushi, Tsukuri, Kake), e ne enfatizzò i valori educativi (“Massima Efficienza”, “Prosperità e Mutuo Benessere”). Il successo del Jūdō, anche a livello internazionale, fu cruciale per preservare e diffondere molti principi e tecniche del Jū-jutsu in una forma rinnovata.
- Morihei Ueshiba e la Nascita dell’Aikidō: Ueshiba (1883-1969), profondamente influenzato dal Daitō-ryū Aiki-jūjutsu (appreso da Sōkaku Takeda), sviluppò l’Aikidō. Pur condividendo radici comuni con altre forme di Jū-jutsu (leve, proiezioni, controllo dell’equilibrio), l’Aikidō si distingue per l’enfasi sui movimenti circolari, la fusione con l’attacco dell’avversario (awase), e una forte componente etico-spirituale focalizzata sull’armonia e la non-violenza.
e. Fase Moderna e Contemporanea (Dal Secondo Dopoguerra ad Oggi)
Il XX e XXI secolo hanno visto ulteriori sviluppi:
- Sopravvivenza dei Koryū: Diverse scuole tradizionali (Koryū) sono sopravvissute e continuano a praticare e tramandare le loro forme antiche, spesso con un forte accento sulla preservazione storica e culturale.
- Gendai Jū-jutsu: Sono emersi numerosi sistemi “moderni” (Gendai) di Jū-jutsu. Alcuni sono adattamenti specifici per l’autodifesa, le forze dell’ordine o i militari, spesso integrando elementi da altre arti marziali. Altri hanno sviluppato aspetti sportivi (come il Ju-Jitsu della JJIF, che combina tecniche di colpi, proiezioni e lotta a terra in competizione).
- L’Esplosione del Brazilian Jiu-Jitsu (BJJ): Derivato dal Judo/Ju-Jutsu portato in Brasile da Mitsuyo Maeda all’inizio del XX secolo e sviluppato dalla famiglia Gracie e altri, il BJJ ha specializzato e rivoluzionato il combattimento a terra (Ne Waza). La sua comprovata efficacia nelle prime competizioni di Mixed Martial Arts (MMA) negli anni ’90 ha portato a una sua enorme diffusione globale e ha riacceso l’interesse mondiale per le arti del grappling e, indirettamente, per le loro radici nel Jū-jutsu giapponese.
Conclusione:
La storia del Jū-jutsu è una testimonianza della sua incredibile adattabilità e resilienza. Nata dalle brutali necessità del campo di battaglia samurai, si è evoluta attraverso periodi di pace, ha affrontato una crisi quasi fatale con la modernizzazione del Giappone, ma è riuscita a sopravvivere e a trasformarsi, dando vita a nuove discipline di fama mondiale come il Jūdō e l’Aikidō, e continuando ad esistere sia nelle sue forme tradizionali preservate (Koryū), sia in moderne incarnazioni focalizzate sull’autodifesa o sullo sport (come il BJJ). È un’arte marziale il cui passato complesso continua a influenzare profondamente il presente delle arti marziali globali.
4. Chi è il suo fondatore, storia del fondatore
Una delle domande più comuni riguardo al Jū-jutsu è: “Chi lo ha inventato?”. La risposta, tuttavia, è più complessa di quanto si possa pensare e richiede una precisazione fondamentale: il Jū-jutsu tradizionale (Koryū – 古流), inteso come l’ampio insieme di tecniche e scuole sviluppatesi nel Giappone feudale, non ha un singolo fondatore identificabile.
a. Perché Non Esiste un Unico Fondatore?
Ci sono diverse ragioni storiche e culturali per cui non possiamo attribuire la nascita del Jū-jutsu a una sola persona:
- Evoluzione Organica e Necessità Pratica: Il Jū-jutsu non è stato “inventato” a tavolino in un momento preciso. È emerso gradualmente nel corso di secoli come risposta diretta alle esigenze pratiche del combattimento corpo a corpo dei samurai sul campo di battaglia. Le tecniche venivano scoperte, testate, modificate e tramandate in base alla loro efficacia in situazioni reali. È stato un processo evolutivo, non un atto creativo singolo.
- Sistema di Scuole (Ryūha – 流派): Come accennato nella sezione storica, il Jū-jutsu si è sviluppato attraverso numerose scuole o tradizioni familiari/claniche indipendenti (Ryūha). Ogni Ryūha aveva un proprio fondatore (o una figura considerata tale), un proprio curriculum tecnico specifico, propri principi e spesso propri segreti (Hiden). Pertanto, esistono molti fondatori di specifiche scuole di Jū-jutsu, ma nessuno di essi può essere considerato il fondatore dell’intero corpus marziale etichettato come “Jū-jutsu”.
- Termine “Ombrello”: Lo stesso termine “Jū-jutsu” è diventato una sorta di etichetta generica, utilizzata (soprattutto in periodi successivi) per raggruppare queste diverse scuole che condividevano principi simili (come la cedevolezza) e un focus sul combattimento a mani nude o con armi leggere a corta distanza. Non indicava un’unica dottrina unificata fin dalle origini.
b. Figure Storiche Rilevanti: Fondatori di Scuole Specifiche (Ryūha)
Pur non essendoci un fondatore del Jū-jutsu in toto, alcune figure sono storicamente significative come fondatori di Ryūha antiche e influenti che hanno contribuito enormemente allo sviluppo e alla trasmissione di quest’arte:
Takenouchi Hisamori (竹内 久盛 – a volte letto Takenouchi Chūjō Daijō Hisamori):
- Scuola: Takenouchi-ryū (竹内流).
- Periodo: Tradizionalmente la fondazione è collocata nel 1532.
- Storia/Leggenda: Si narra che Hisamori, un guerriero della provincia di Mimasaka, durante un periodo di intenso addestramento ascetico e marziale (musha shugyō) presso il santuario di Sannomiya, ebbe una visione o ispirazione divina da un misterioso asceta montano (yamabushi). Questa ispirazione lo portò a sviluppare un sistema di combattimento chiamato kogusoku (o koshi no mawari), focalizzato sulla lotta ravvicinata con armatura leggera o senza armatura, utilizzando tecniche di proiezione, leva e immobilizzazione, oltre all’uso di armi minori come il pugnale. La Takenouchi-ryū è considerata una delle più antiche scuole di Jū-jutsu documentate e ha influenzato molte altre tradizioni successive.
Akiyama Shirobei Yoshitoki (秋山 四郎兵衛 義時):
- Scuola: Associato alla fondazione della Yōshin-ryū (楊心流 – Scuola del Cuore di Salice).
- Periodo: Generalmente collocato nel XVII secolo.
- Storia/Leggenda: La figura di Akiyama è in parte leggendaria e la sua storicità dibattuta, ma la storia a lui associata è emblematica. Si dice fosse un medico di Nagasaki che viaggiò in Cina per studiare arti mediche e, forse, tecniche di combattimento (hakuda o kempo cinese). Tornato in Giappone, si ritirò in meditazione insoddisfatto, ritenendo le tecniche apprese incomplete. Osservando una nevicata, notò come i rami robusti degli alberi si spezzassero sotto il peso della neve, mentre i flessibili rami del salice si piegassero, lasciassero cadere la neve e tornassero intatti alla loro posizione. Questa osservazione gli ispirò il principio della cedevolezza (Jū) e lo portò a fondare la Yōshin-ryū, basata sull’idea di cedere alla forza per controllarla. Anche se la storia è forse più un mito fondativo che un fatto storico preciso, illustra perfettamente la filosofia centrale di molte scuole di Jū-jutsu.
Altri Fondatori di Ryūha: È importante ricordare che decine di altre scuole hanno i loro fondatori storici (es. Sekiguchi Ujimune per la Sekiguchi-ryū, Terada Kan’emon per la Kitō-ryū, Iso Mataemon per la Tenjin Shin’yō-ryū), ognuno con la propria storia e il proprio contributo unico al vasto panorama del Jū-jutsu.
c. Distinzione Cruciale: Fondatori di Arti Derivate
È essenziale non confondere i fondatori delle scuole tradizionali di Jū-jutsu con i fondatori delle arti marziali moderne (Gendai Budō) che da esso sono derivate:
- Jigorō Kanō (嘉納 治五郎): NON è il fondatore del Jū-jutsu. Fu un profondo conoscitore e praticante di diverse Ryūha di Jū-jutsu (Tenjin Shin’yō-ryū, Kitō-ryū). Egli sintetizzò e modificò questi insegnamenti per creare il Jūdō (柔道) nel 1882, un’arte marziale distinta con propri principi, finalità educative e un forte elemento sportivo.
- Morihei Ueshiba (植芝 盛平): NON è il fondatore del Jū-jutsu. Fu un maestro di diverse arti marziali, tra cui e soprattutto il Daitō-ryū Aiki-jūjutsu (appreso da Sōkaku Takeda, figura chiave di quella specifica tradizione di Jū-jutsu). Ueshiba trasformò e spiritualizzò questi insegnamenti per creare l’Aikidō (合気道), un’altra arte marziale distinta con una propria filosofia e metodologia tecnica.
Conclusione:
In definitiva, alla domanda “Chi è il fondatore del Jū-jutsu?” la risposta più corretta è che non esiste un’unica figura. Il Jū-jutsu è un’eredità collettiva, un fiume formato da molti affluenti, ognuno rappresentato da una scuola (Ryūha) con il proprio fondatore e la propria storia. Figure come Takenouchi Hisamori e (la leggenda di) Akiyama Shirobei sono importanti come pionieri di specifiche e antiche tradizioni all’interno di questo vasto panorama, ma l’arte nel suo complesso è il risultato di secoli di esperienza e contributi anonimi della classe guerriera giapponese. Comprendere questa natura collettiva e frammentata è cruciale per apprezzare la vera storia e la ricchezza del Jū-jutsu.
5. Maestri famosi di quest’arte
Identificare i “maestri più famosi” del Jū-jutsu è un compito complesso per diverse ragioni:
- Frammentazione Storica: Come già discusso, il Jū-jutsu non è un’arte monolitica, ma un insieme di scuole (Ryūha) con storie e lignaggi distinti. La fama di un maestro era spesso limitata alla propria scuola o regione.
- Segretezza: Molte scuole tradizionali (Koryū) mantenevano un certo grado di segretezza, limitando la diffusione del nome dei propri maestri al di fuori della cerchia degli iniziati.
- Documentazione Lacunosa: Le registrazioni storiche non sono sempre complete, specialmente per i periodi più antichi.
- Distinzione Koryū/Gendai/Derivati: Bisogna distinguere tra maestri delle scuole antiche (Koryū), maestri di sistemi moderni (Gendai) e figure di spicco nelle arti derivate (come Jūdō, Aikidō, BJJ) che sono spesso più conosciute a livello globale.
- Soggettività della “Fama”: Famoso per chi? Per gli storici? Per i praticanti di uno stile specifico? Per il grande pubblico?
Tenendo conto di queste premesse, possiamo comunque evidenziare alcune categorie di figure che, per il loro impatto storico, tecnico o per la loro influenza sulla diffusione dell’arte (o delle sue derivazioni), possono essere considerate “maestri famosi” o di grande rilevanza nel contesto del Jū-jutsu:
a) Pilastri della Tradizione: Maestri Fondatori e Figure Chiave dei Koryū
Questi sono maestri il cui nome è indissolubilmente legato alla fondazione o alla trasmissione di importanti scuole antiche. La loro “fama” è principalmente storica e all’interno della comunità delle arti marziali tradizionali.
- Takenouchi Hisamori (竹内 久盛 – XVI sec.): Fondatore della Takenouchi-ryū, una delle più antiche scuole documentate. La sua importanza risiede nell’aver formalizzato uno dei primi sistemi completi di combattimento ravvicinato.
- (Leggenda di) Akiyama Shirobei Yoshitoki (秋山 四郎兵衛 義時 – XVII sec.): Figura associata alla Yōshin-ryū. Anche se la sua storicità è dibattuta, la leggenda che lo circonda e il principio del “cuore di salice” (cedevolezza) lo rendono una figura simbolicamente importante.
- Iso Mataemon Masatari (磯 又右衛門 正足 – ca. 1787-1863): Fondatore (o rifondatore/sistematizzatore) della Tenjin Shin’yō-ryū (天神真楊流), una scuola di Jū-jutsu nota per l’enfasi sugli atemi (colpi) seguiti da tecniche di controllo e strangolamento. Fu una delle scuole principali studiate da Jigorō Kanō.
- Terada Kan’emon Masashige (寺田 勘右衛門 正重 – XVII-XVIII sec.): Figura chiave della Kitō-ryū (起倒流), un’altra scuola fondamentale studiata da Kanō, nota per le sue teorie sul kuzushi (squilibrio) e per le tecniche di proiezione eseguite con un particolare senso di “alzarsi e cadere”.
- Sōkaku Takeda (武田 惣角 – 1859-1943): Figura controversa ma di enorme importanza come restauratore e diffusore del Daitō-ryū Aiki-jūjutsu (大東流合気柔術), un sofisticato sistema di Jū-jutsu con radici antiche. Fu il maestro principale di Morihei Ueshiba e la sua influenza sullo sviluppo dell’Aikidō è innegabile. La sua fama deriva dalla sua abilità tecnica leggendaria e dal gran numero di allievi che formò, pur mantenendo uno stile di vita itinerante e un carattere difficile.
b) Ponti verso la Modernità: Maestri di Jū-jutsu alla Radice di Jūdō e Aikidō
Queste figure sono famose principalmente come fondatori delle loro arti, ma la loro profonda conoscenza e maestria in specifiche forme di Jū-jutsu è il fondamento su cui hanno costruito le loro innovazioni.
- Jigorō Kanō (嘉納 治五郎 – 1860-1938): Prima di fondare il Jūdō, fu un allievo diligente e un maestro riconosciuto (ottenne la licenza d’insegnamento, Menkyo) della Tenjin Shin’yō-ryū e della Kitō-ryū. La sua opera di sintesi e modernizzazione partì da una profonda comprensione del Jū-jutsu tradizionale.
- Morihei Ueshiba (植芝 盛平 – 1883-1969): Prima di sviluppare l’Aikidō, Ueshiba dedicò anni allo studio intensivo del Daitō-ryū Aiki-jūjutsu sotto Sōkaku Takeda, ottenendo alti gradi e certificazioni. La sua maestria in questa forma di Jū-jutsu fu la base tecnica per la creazione dell’Aikidō.
c) Maestri del Fenomeno Globale: Figure Chiave del Brazilian Jiu-Jitsu (BJJ)
Il BJJ, pur essendo una derivazione moderna, ha reso il termine “Jiu-Jitsu” globalmente famoso. I suoi maestri sono tra le figure più riconosciute nel mondo delle arti marziali contemporanee.
- Mitsuyo Maeda (前田 光世 – noto anche come Conde Koma, 1878-1941): Esperto di Jūdō del Kōdōkan (che all’epoca era ancora molto vicino alle sue radici nel Jū-jutsu e includeva tecniche poi espunte), viaggiò per il mondo e insegnò in Brasile, tra gli altri, a Carlos Gracie. Fu il catalizzatore iniziale.
- Carlos Gracie Sr. (1902-1994): Allievo di Maeda, è considerato il patriarca della famiglia Gracie e colui che adattò e iniziò a diffondere gli insegnamenti ricevuti, focalizzandosi sull’efficacia per persone più piccole e leggere.
- Hélio Gracie (1913-2009): Fratello minore di Carlos, Hélio è forse la figura più iconica del BJJ. Essendo di costituzione esile, affinò ulteriormente le tecniche enfatizzando la leva, il tempismo e la strategia a terra, rendendo il BJJ celebre per la sua capacità di permettere a un combattente più piccolo di sconfiggerne uno più grande.
- Rolls Gracie (1951-1982): Nipote di Hélio e Carlos, fu una figura carismatica e innovativa, fondamentale nello sviluppo tecnico del BJJ negli anni ’70, integrando anche elementi di lotta e Judo. La sua morte prematura fu una grande perdita per la comunità.
- Carlson Gracie Sr. (1932-2006): Figlio di Carlos, fu un leggendario combattente e uno dei più importanti coach di BJJ e MMA, formando generazioni di campioni.
- Rickson Gracie (nato nel 1958): Figlio di Hélio, considerato da molti uno dei più grandi praticanti di BJJ di tutti i tempi, famoso per la sua tecnica impeccabile e il suo record (in gran parte non ufficiale) di imbattibilità.
- Royce Gracie (nato nel 1966): Fratello minore di Rickson, divenne un’icona globale vincendo le prime edizioni dell’Ultimate Fighting Championship (UFC) negli anni ’90, dimostrando al mondo l’efficacia del BJJ contro altri stili marziali e cambiando per sempre il panorama delle arti marziali miste.
- Altre Figure Rilevanti nel BJJ: Oltre ai Gracie, figure come Oswaldo Fadda (che sviluppò un importante lignaggio non-Gracie focalizzato sulle leve alle gambe) e Luiz França Filho rappresentano altri rami storici del BJJ in Brasile. Oggi esistono innumerevoli maestri di BJJ di altissimo livello in tutto il mondo.
d) Maestri del Jū-jutsu Giapponese Moderno (Gendai)
Identificare maestri universalmente “famosi” in questo ambito è difficile. Esistono molti istruttori estremamente competenti e capi-scuola di sistemi moderni focalizzati sull’autodifesa, applicazioni per forze dell’ordine (come il Taiho Jutsu – 逮捕術, tecniche di arresto, che attinge al Jū-jutsu) o sistemi sportivi (come quello della JJIF). La loro fama è spesso nazionale o legata all’organizzazione che dirigono. Spesso non raggiungono la notorietà individuale globale delle figure storiche o dei maestri di BJJ. Tuttavia, il loro lavoro è cruciale per l’adattamento e la pratica del Jū-jutsu nel contesto contemporaneo.
e) Figure Storiche Note per Aver Praticato (anche se non Maestri)
- Theodore Roosevelt (1858-1919): Ex presidente USA, fu un noto sostenitore dell’esercizio fisico e si allenò in Jūdō (e implicitamente nelle sue radici di Jū-jutsu) con Yamashita Yoshitsugu, inviato da Jigorō Kanō. Questo contribuì a una certa notorietà iniziale dell’arte in Occidente.
Conclusione:
Il concetto di “maestro famoso” nel Jū-jutsu copre un ampio spettro: dai fondatori semi-leggendari delle scuole antiche, la cui fama è custodita nella tradizione, ai giganti che hanno traghettato l’arte nella modernità creando Jūdō e Aikidō, fino alle icone globali del Brazilian Jiu-Jitsu che hanno rivoluzionato il combattimento sportivo e l’autodifesa. Accanto a questi nomi, esistono innumerevoli altri maestri, specialmente nei lignaggi Koryū e nei sistemi Gendai, che pur non godendo di fama mondiale, sono depositari di conoscenze preziose e figure fondamentali per la sopravvivenza e l’evoluzione di questa affascinante e complessa arte marziale. La vera maestria, spesso, risiede più nella profondità della conoscenza e nella capacità di trasmetterla che nella notorietà pubblica.
6. Leggende, curiosità, storie e aneddoti
Il Jū-jutsu, con la sua storia secolare e le sue radici profonde nella cultura guerriera giapponese, è avvolto da un alone di fascino, arricchito da leggende, fatti curiosi e storie tramandate nel tempo. Questi elementi contribuiscono a comprendere meglio lo spirito e l’evoluzione di quest’arte.
a) Leggende Fondative e Simboliche:
- La Leggenda del Salice e del Medico Akiyama (Yōshin-ryū): Questa è forse la leggenda più emblematica associata al Jū-jutsu. Come accennato, narra del medico Shirobei Akiyama Yoshitoki che, dopo aver studiato arti di combattimento in Cina, si sentiva insoddisfatto. Durante una nevicata, osservò i robusti rami dei ciliegi spezzarsi sotto il peso della neve, mentre i flessibili rami del salice si piegavano, scaricavano la neve e tornavano elastici al loro posto. Questa visione gli ispirò il principio fondamentale della cedevolezza (Jū): non opporre forza a forza, ma cedere strategicamente per vincere. Fondò così la Yōshin-ryū (“Scuola del Cuore di Salice”). Sebbene la storicità precisa sia dibattuta, questa leggenda incapsula perfettamente la filosofia centrale di gran parte del Jū-jutsu.
- Leggende sull’Invincibilità dei Maestri: Molti racconti, specialmente riguardanti figure come Sōkaku Takeda del Daitō-ryū, descrivono abilità quasi sovrumane: la capacità di percepire un attacco prima che avvenga, di neutralizzare avversari molto più grandi e forti con apparente minimo sforzo, o di sfuggire a situazioni impossibili. Sebbene spesso esagerate dal tempo e dalla narrazione, queste leggende sottolineano l’altissimo livello di abilità, percezione e controllo che i grandi maestri potevano raggiungere attraverso decenni di pratica rigorosa.
b) Curiosità Interessanti:
- “Arte Madre”: Il Jū-jutsu è universalmente riconosciuto come l'”arte madre” da cui Jigorō Kanō ha distillato il Jūdō e Morihei Ueshiba ha sviluppato l’Aikidō. Entrambi i fondatori erano esperti di Jū-jutsu prima di creare le loro discipline, selezionando, modificando e aggiungendo principi filosofici o metodologici.
- Varietà di Romanizzazioni: La traslitterazione del termine giapponese 柔術 ha generato diverse grafie in Occidente: Jūjutsu (usando la macron sulla ‘u’ per indicare la vocale lunga, secondo il sistema Hepburn più accademico), Jujutsu (senza macron, comune), Jiu-jitsu (una romanizzazione più antica e molto diffusa, specialmente per l’influenza brasiliana), e Ju Jitsu (spesso usato in Europa, anche in ambito FIJLKAM in Italia). Indicano tutti la stessa arte marziale di origine giapponese.
- Efficacia contro l’Armatura: A differenza di arti basate principalmente su colpi potenti, il Jū-jutsu era particolarmente apprezzato per la sua efficacia anche contro avversari in armatura (yoroi). Leve articolari (kansetsu-waza), strangolamenti (shime-waza) e tecniche per controllare l’equilibrio potevano neutralizzare un guerriero corazzato laddove pugni o calci sarebbero stati inefficaci.
- Tecniche Segrete e Rotoli di Trasmissione (Densho/Makimono): Nelle scuole tradizionali (Koryū), la trasmissione completa degli insegnamenti avveniva spesso per gradi, con le tecniche più avanzate o i principi fondamentali (gokui) rivelati solo agli allievi più interni e fidati. Questa conoscenza era frequentemente codificata in rotoli manoscritti (densho o makimono), che fungevano da certificazione del livello raggiunto e da promemoria tecnico e filosofico.
- Bartitsu: Il Jū-jutsu Vittoriano: Alla fine del XIX secolo, Edward William Barton-Wright creò a Londra il “Bartitsu”, un sistema di autodifesa eclettico che combinava Jū-jutsu (insegnato da maestri giapponesi invitati a Londra), boxe, savate e scherma col bastone. Reso famoso anche da Sir Arthur Conan Doyle che lo attribuì a Sherlock Holmes in una delle sue storie (“L’avventura della casa vuota”).
- Applicazioni Moderne: Principi e tecniche del Jū-jutsu sono stati incorporati in numerosi sistemi di combattimento corpo a corpo militari (es. nel Jieitai Kakutōjutsu giapponese) e di polizia (come il Taiho Jutsu per le tecniche d’arresto) in tutto il mondo.
c) Storie e Aneddoti:
- Le Sfide del Kōdōkan: Nei primi anni del Jūdō, per dimostrare la superiorità del suo metodo rispetto alle scuole tradizionali di Jū-jutsu, Jigorō Kanō e i suoi allievi del Kōdōkan accettarono e lanciarono numerose sfide. La più famosa è forse quella del 1886 contro la polizia di Tokyo, rappresentata da maestri della Yōshin-ryū Jū-jutsu, che vide la netta vittoria del Kōdōkan e contribuì enormemente alla diffusione e all’accettazione del Jūdō.
- La Vita Itinerante di Sōkaku Takeda: Si racconta che Takeda passò gran parte della sua vita viaggiando per il Giappone, insegnando il Daitō-ryū a pagamento a gruppi selezionati (spesso membri dell’élite militare, politica o sociale) attraverso seminari intensivi. Era noto per il suo carattere esigente, le sue dimostrazioni sbalorditive e per richiedere tariffe elevate per i suoi insegnamenti.
- Le Origini del Vale Tudo: Le sfide lanciate dalla famiglia Gracie in Brasile per promuovere il loro Jiu-Jitsu contro rappresentanti di altri stili (lotta libera, boxe, capoeira) negli anni ’20 e ’30 del XX secolo sono considerate le progenitrici del Vale Tudo (l’antesignano brasiliano delle moderne MMA), dimostrando l’efficacia del combattimento a terra derivato dal Jū-jutsu/Judo.
- “Jū” nella Vita Quotidiana: Aneddoti minori spesso illustrano come il principio di cedevolezza possa essere applicato anche fuori dal dōjō. Ad esempio, si racconta di maestri che aprivano barattoli ostinati non con la forza bruta, ma trovando il punto giusto di leva o applicando una torsione minima ma precisa, incarnando il principio di “massima efficienza con minimo sforzo”.
d) La Storia del Maestro Gino Bianchi (Figura Chiave in Italia)
Parlando di Jū-jutsu in Italia, è impossibile non menzionare il Maestro Gino Bianchi (solitamente si fa riferimento a lui, nato nel 1914, anche se le informazioni sulla sua data di morte sono meno reperibili). Egli è stato una figura pionieristica e fondamentale per l’organizzazione e la diffusione del Ju-Jitsu moderno (spesso orientato all’autodifesa) nel nostro paese, specialmente nel secondo dopoguerra.
- Contesto e Ruolo: In un’Italia che si stava riprendendo dalla guerra e dove le arti marziali giapponesi iniziavano a diffondersi più ampiamente (principalmente il Judo), Gino Bianchi fu tra i primi a dedicarsi con passione all’insegnamento e alla strutturazione del Ju-Jitsu. Operò in un periodo in cui le federazioni sportive stavano nascendo e consolidandosi.
- Attività Federale: Fu profondamente coinvolto nelle prime organizzazioni federali dedicate al Judo e discipline associate, come la FIAP (Federazione Italiana Atletica Pesante) prima e successivamente la FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali) o le sue predecessore. Il suo lavoro fu cruciale per dare una struttura organizzativa e didattica al Ju-Jitsu in Italia.
- Il “Metodo Bianchi”: È spesso associato alla codifica e promozione del cosiddetto “Metodo Bianchi” di Ju-Jitsu. Questo metodo, fortemente orientato alla difesa personale (Autodifesa), era caratterizzato da pragmatismo, essenzialità ed efficacia. Si basava su tecniche dirette, spesso derivate da una sintesi di principi del Judo e del Ju-Jitsu tradizionale, adattate per essere apprese e applicate rapidamente in situazioni reali da persone comuni. Questo metodo ha costituito per decenni la base del programma di Ju-Jitsu insegnato in ambito FIJLKAM (poi evolutosi nel Metodo Globale Autodifesa – MGA).
- Eredità: L’eredità del Maestro Gino Bianchi risiede nell’aver gettato le basi per la pratica organizzata del Ju-Jitsu moderno in Italia. Grazie al suo impegno come insegnante, tecnico federale e promotore, ha permesso a migliaia di italiani di avvicinarsi a questa disciplina, contribuendo significativamente alla sua popolarità come strumento di difesa personale e come percorso marziale. È considerato uno dei padri del Ju-Jitsu italiano contemporaneo.
Conclusione:
Leggende, curiosità, storie e le vite di maestri come Gino Bianchi (per l’Italia) aggiungono strati di profondità alla comprensione del Jū-jutsu. Mostrano come quest’arte sia stata plasmata da eventi storici, intuizioni geniali (reali o leggendarie), necessità pratiche e dall’instancabile lavoro di individui che ne hanno assicurato la trasmissione e l’adattamento attraverso i secoli e i continenti. Questi racconti non sono solo intrattenimento, ma spesso veicolano i valori e i principi fondamentali dell’arte stessa.
7. Tecniche di quest’arte
Il bagaglio tecnico del Jū-jutsu è notoriamente ampio, versatile e pragmatico. Progettato originariamente per la sopravvivenza del guerriero in una varietà di situazioni, copre tutte le distanze e le fasi del combattimento corpo a corpo. Le tecniche sono tutte permeate dal principio fondamentale della cedevolezza (Jū), mirando alla massima efficacia con il minimo dispendio di energia e sfruttando le debolezze anatomiche e gli squilibri dell’avversario.
Sebbene ogni scuola (Ryūha) tradizionale abbia le proprie specificità, enfasi e un numero variabile di tecniche catalogate (spesso centinaia), possiamo raggruppare le tecniche del Jū-jutsu nelle seguenti macro-categorie principali:
a) Nage-waza (投げ技) – Tecniche di Proiezione
Queste tecniche mirano a squilibrare (Kuzushi – 崩し) e proiettare a terra l’avversario. L’obiettivo può essere quello di infliggere danno con l’impatto, creare distanza, ottenere una posizione di vantaggio al suolo o semplicemente interrompere l’attacco. Sono fondamentali nel Jū-jutsu e richiedono un eccellente senso del tempo, della distanza e dell’equilibrio. Si suddividono ulteriormente in:
- Tachi-waza (立ち技) – Tecniche Eseguite dalla Posizione Eretta:
- Te-waza (手技) – Tecniche di Mano/Braccio: Si usa principalmente l’azione delle braccia per proiettare. Esempi: Tai Otoshi (Caduta del corpo), Seoi Nage (Proiezione sul dorso, varie forme), Kata Guruma (Ruota sulle spalle), Sumi Otoshi (Caduta nell’angolo).
- Koshi-waza (腰技) – Tecniche d’Anca: L’anca funge da fulcro principale per sollevare e proiettare l’avversario. Esempi: O Goshi (Grande proiezione d’anca), Harai Goshi (Spazzata d’anca), Tsuri Komi Goshi (Proiezione d’anca pescando), Uki Goshi (Anca fluttuante).
- Ashi-waza (足技) – Tecniche di Piede/Gamba: Si utilizzano i piedi e le gambe per spazzare, agganciare, bloccare o falciare le gambe dell’avversario. Esempi: O Soto Gari (Grande falciata esterna), De Ashi Barai (Spazzata sul piede avanzante), Hiza Guruma (Ruota sul ginocchio), O Uchi Gari (Grande falciata interna), Sasae Tsuri Komi Ashi (Blocco del piede pescando).
- Sutemi-waza (捨身技) – Tecniche di Sacrificio: Chi esegue la tecnica (Tori) sacrifica volontariamente il proprio equilibrio per proiettare l’avversario (Uke), cadendo per primo. Sono tecniche potenti ma che espongono a rischi se non eseguite correttamente.
- Ma Sutemi-waza (真捨身技) – Tecniche di Sacrificio sul Dorso: Tori cade sulla schiena per proiettare Uke in avanti. Esempio: Tomoe Nage (Proiezione a cerchio).
- Yoko Sutemi-waza (横捨身技) – Tecniche di Sacrificio sul Fianco: Tori cade su un fianco per proiettare Uke. Esempi: Yoko Guruma (Ruota laterale), Uki Waza (Tecnica fluttuante).
b) Katame-waza (固め技) – Tecniche di Controllo / Lotta a Terra (Grappling)
Questo vasto gruppo di tecniche si applica principalmente quando entrambi i combattenti sono a terra (Ne-waza), ma alcune possono essere iniziate o applicate anche in piedi. Mirano a controllare, immobilizzare o costringere alla resa (sottomissione) l’avversario. È l’area di specializzazione del Brazilian Jiu-Jitsu, ma è fondamentale in tutte le forme di Jū-jutsu. Si suddivide in:
- Osaekomi-waza (押込技) o Osae-waza (抑技) – Tecniche di Immobilizzazione: Lo scopo è bloccare saldamente l’avversario al suolo, schiena a terra, impedendogli di muoversi o attaccare efficacemente. Sono posizioni di controllo cruciali per stabilizzare la situazione o preparare una finalizzazione. Esempi: Kesa Gatame (Controllo laterale a foulard), Kata Gatame (Controllo della spalla), Yoko Shiho Gatame (Controllo laterale dei quattro punti), Kami Shiho Gatame (Controllo superiore dei quattro punti), Tate Shiho Gatame (Controllo a cavalcioni dei quattro punti).
- Shime-waza (絞め技) – Tecniche di Strangolamento/Soffocamento: Mirano a indurre la resa applicando una pressione controllata al collo dell’avversario. Si distinguono principalmente in:
- Strangolamenti Sanguigni: Comprimono le arterie carotidi, riducendo l’afflusso di sangue al cervello e causando una rapida perdita di sensi se mantenuti. Sono generalmente considerati più sicuri (se applicati e rilasciati correttamente) negli allenamenti. Esempi: Hadaka Jime (Strangolamento a mani nude da dietro), Okuri Eri Jime (Strangolamento con i baveri scorrevoli), Kata Ha Jime (Strangolamento ad ala singola), Sankaku Jime (Strangolamento a triangolo, con le gambe).
- Soffocamenti (respiratori): Comprimono la trachea, impedendo la respirazione. Sono generalmente più dolorosi e potenzialmente più pericolosi.
- Kansetsu-waza (関節技) – Tecniche di Leva Articolare: Mirano a forzare un’articolazione (gomito, spalla, polso, ginocchio, caviglia, più raramente collo o dita in alcune scuole) oltre il suo normale raggio di movimento (iperestensione, iperflessione, torsione), causando dolore intenso e potenziale danno, inducendo così alla resa. Richiedono grande controllo per essere applicate in sicurezza durante l’allenamento. Esempi: Ude Hishigi Juji Gatame (Leva al braccio a croce – Armbar), Ude Garami (Leva al braccio flesso – Figure-four armlock/Kimura/Americana), Waki Gatame (Controllo sotto l’ascella), Hiza Gatame (Leva al ginocchio – può riferirsi a varie tecniche), Ashi Garami (Leve alle gambe, molto sviluppate nel BJJ e in alcune Koryū).
c) Atemi-waza (当て身技) – Tecniche di Colpo
Comprendono tutti i tipi di percosse portate con varie parti del corpo a punti vulnerabili (Kyūsho – 急所) dell’avversario. L’intensità e lo scopo variano enormemente:
- Scopo: Possono essere usati per stordire, causare dolore, distrarre, creare squilibri (kuzushi), rompere le difese, preparare una proiezione o una leva, o come colpo finale.
- Strumenti: Pugni (Tsuki), colpi a mano aperta (Shuto Uchi, Teisho Uchi), gomitate (Hiji Ate o Empi Uchi), ginocchiate (Hiza Geri), calci (Keri – di vario tipo: frontali, laterali, circolari, bassi), testate (Atama Ate).
- Bersagli: Punti vitali come tempie, occhi, gola, plesso solare, costole fluttuanti, fegato, inguine, ginocchia, nervi superficiali.
- Variazioni tra Scuole: L’enfasi sugli atemi varia moltissimo. Alcune Koryū ne hanno un repertorio vastissimo e li considerano fondamentali. Nel Jūdō sono stati quasi completamente eliminati dalla pratica libera (randori) e mantenuti solo in alcuni Kata. Nel BJJ sono praticamente assenti. Nei sistemi moderni di autodifesa, sono spesso reintrodotti in modo prominente.
d) Ukemi-waza (受身技) – Tecniche di Caduta
Tecnicamente non sono tecniche offensive, ma sono assolutamente fondamentali per la pratica sicura del Jū-jutsu. Insegnano come cadere senza farsi male quando si subisce una proiezione. Senza una buona padronanza degli ukemi, l’allenamento delle nage-waza sarebbe impossibile. Tipi principali: Ushiro Ukemi (Caduta all’indietro), Yoko Ukemi (Caduta laterale), Mae Ukemi (Caduta in avanti), Zempo Kaiten Ukemi o Mae Mawari Ukemi (Caduta in avanti con rotolamento).
e) Altre Categorie Tecniche Rilevanti:
- Bōgyo no Waza (防御の技) / Uke Waza (受け技): Tecniche specifiche di difesa: parate, blocchi, schivate contro attacchi (colpi, prese).
- Buki Dori (武器捕り): Tecniche di disarmo contro avversari armati (coltello, bastone, spada). Fondamentali in molte scuole tradizionali e sistemi di autodifesa.
- Kappō / Katsu (活法): Metodi tradizionali di rianimazione, storicamente insegnati in alcune scuole per far fronte a incidenti durante l’allenamento (es. perdita di sensi per strangolamento). Oggi spesso sostituiti dalle moderne tecniche di primo soccorso.
- Buki Waza (武器技): Come già detto, molte scuole tradizionali includono l’uso di armi (Tantō, Jō, Hanbō, ecc.) come parte integrante del curriculum.
Interconnessione e Fluidità:
È cruciale comprendere che, sebbene queste categorie vengano studiate separatamente per motivi didattici, nella pratica reale o nel combattimento libero (randori) esse si fondono continuamente. Un atemi può creare l’opportunità per una nage-waza, che a sua volta porta a una katame-waza (immobilizzazione o sottomissione). La capacità di passare fluidamente da una categoria all’altra, adattandosi alla reazione dell’avversario secondo il principio di Jū, è il segno distintivo di un praticante esperto.
In conclusione, il repertorio tecnico del Jū-jutsu è un sistema di combattimento complesso e olistico, progettato per fornire al praticante gli strumenti per affrontare una vasta gamma di situazioni conflittuali ravvicinate, enfatizzando sempre l’intelligenza tattica, la tecnica e l’efficienza sulla mera forza fisica.
8. I kata
Il termine Kata (形 o 型), che si traduce letteralmente come “forma”, “modello” o “schema”, rappresenta una componente fondamentale di molte arti marziali giapponesi, incluso il Jū-jutsu, specialmente nelle sue forme tradizionali (Koryū). Tuttavia, i kata del Jū-jutsu presentano caratteristiche peculiari rispetto, ad esempio, ai kata individuali del Karate.
a) Cosa Sono i Kata nel Jū-jutsu?
Nel Jū-jutsu, i kata sono quasi esclusivamente sequenze preordinate di movimenti e tecniche eseguite in coppia (o talvolta con più partner). Non sono danze o esercizi individuali, ma simulazioni strutturate di combattimento o autodifesa. In un kata tipico:
- Uke (受け): È colui che “riceve” la tecnica, ma in realtà agisce come l’attaccante, eseguendo uno specifico attacco predeterminato (una presa, un colpo, un attacco armato) richiesto dalla forma.
- Tori (取り) o Shite (仕手): È colui che “esegue” la tecnica, agendo come il difensore, applicando la sequenza di movimenti, difese, contrattacchi, leve, proiezioni o controlli prescritti dal kata per neutralizzare l’attacco di Uke.
L’esecuzione richiede precisione, coordinazione tra i partner, rispetto dei tempi e delle distanze corrette (Maai), e un’attitudine mentale appropriata (Zanshin).
b) Lo Scopo Fondamentale dei Kata
I kata nel Jū-jutsu tradizionale non sono semplici esercizi formali, ma rivestono molteplici e cruciali funzioni pedagogiche e di conservazione:
- Trasmissione del Sapere (Denshō – 伝承): Sono il veicolo primario attraverso cui i principi tecnici, tattici e strategici di una specifica scuola (Ryūha) vengono tramandati intatti attraverso le generazioni. Ogni kata incapsula una lezione specifica, un frammento del patrimonio della scuola.
- Insegnamento dei Principi Fondamentali: Al di là delle singole tecniche, i kata insegnano concetti chiave come:
- Kuzushi (崩し): L’arte di rompere l’equilibrio dell’avversario.
- Tsukuri (作り): La preparazione o l’entrata corretta per una tecnica.
- Kake (掛け): L’applicazione o l’esecuzione finale della tecnica.
- Tai Sabaki (体捌き): Il movimento del corpo, le schivate, le rotazioni per posizionarsi vantaggiosamente.
- Maai (間合い): La gestione corretta della distanza e del tempo di reazione.
- Il principio di Jū (柔): Come applicare la cedevolezza in situazioni specifiche.
- Conservazione di Tecniche Pericolose: Permettono di praticare e studiare in sicurezza tecniche che sarebbero troppo rischiose da eseguire in combattimento libero (randori), come certi colpi a punti vitali (atemi), leve articolari complesse o proiezioni con cadute potenzialmente pericolose.
- Sviluppo della Precisione e della Forma: L’esecuzione ripetuta dei kata affina la forma tecnica, la postura, le prese, la fluidità dei movimenti e la memoria muscolare, garantendo che le tecniche siano apprese nel modo più corretto ed efficace secondo i canoni della scuola.
- Simulazione di Scenari Specifici: Ogni kata rappresenta uno scenario di combattimento o autodifesa (es. difesa da una presa al polso, da un attacco di coltello, da un tentativo di strangolamento). Questo permette di studiare risposte appropriate a situazioni specifiche in un ambiente controllato.
- Coltivazione dell’Attitudine Mentale (Seishin – 精神): La pratica dei kata richiede e sviluppa concentrazione, calma sotto pressione, determinazione, consapevolezza (Zanshin) e il rispetto per l’etichetta (Reihō), contribuendo alla formazione del carattere del praticante.
- Archivio Storico Vivente: I kata fungono da libreria dinamica delle conoscenze accumulate dalla scuola nel corso della sua storia.
c) Struttura e Performance
Un kata di Jū-jutsu inizia e finisce solitamente con un saluto formale (rei). La sequenza prevede uno o più attacchi specifici da parte di Uke, a cui Tori risponde con una serie definita di movimenti che possono includere schivate, parate, colpi (atemi), squilibri (kuzushi), proiezioni (nage-waza), leve (kansetsu-waza), strangolamenti (shime-waza) e/o immobilizzazioni (osaekomi-waza). L’enfasi è sulla correttezza formale, sul ritmo appropriato, sull’efficacia dimostrata e sulla collaborazione tra Uke e Tori (Uke deve attaccare in modo realistico e credibile per permettere a Tori di eseguire la tecnica correttamente, e deve saper cadere in sicurezza – ukemi).
d) Variazioni tra Scuole e Ruolo nel Training
- Koryū Jū-jutsu: Nelle scuole tradizionali, i kata sono spesso il cuore del sistema di insegnamento. L’apprendimento avviene prevalentemente attraverso la pratica meticolosa e ripetuta dei kata. Il randori, se presente, può avere forme diverse da quello del Judo (es. Yakusoku Geiko – pratica concordata su temi specifici) o essere introdotto solo a livelli avanzati. Il numero e la complessità dei kata possono variare enormemente da poche decine a centinaia, coprendo una vasta gamma di situazioni (a mani nude, contro armi, con armi).
- Gendai Jū-jutsu: Nei sistemi moderni, l’importanza data ai kata varia. Alcuni mantengono i kata tradizionali o ne creano di nuovi focalizzati su scenari di autodifesa contemporanei. Altri riducono drasticamente o eliminano la pratica dei kata, preferendo concentrarsi su esercizi specifici (drills), tecniche a coppie e sparring/randori.
- Jūdō: Il Jūdō ha conservato un numero definito di kata (es. Nage-no-Kata, Katame-no-Kata, Kime-no-Kata, Jū-no-Kata, Koshiki-no-Kata) che sono essenziali per la comprensione profonda dell’arte e spesso richiesti per il passaggio di grado Dan (cintura nera). Questi kata preservano tecniche e principi non sempre evidenti o permessi nel randori competitivo.
- Aikidō: Sebbene non usi il termine “kata” nello stesso modo, gran parte dell’allenamento si basa su forme preordinate di attacco e difesa eseguite a coppie, dove i principi di movimento, fusione e controllo vengono dimostrati e appresi in modo simile a un kata continuo e fluido.
- Brazilian Jiu-Jitsu (BJJ): Il BJJ è noto per la sua quasi totale assenza di kata tradizionali. L’enfasi è quasi interamente posta sull’allenamento vivo: drills specifici per apprendere movimenti e tecniche, positional sparring (lotta con obiettivi specifici partendo da determinate posizioni) e rolling (sparring libero a terra).
e) Kata e Randori: Metodi Complementari
È importante non vedere kata e randori (o sparring) come metodi opposti, ma come complementari, ognuno con i suoi benefici:
- Kata: Insegna la forma corretta, i principi, le tecniche pericolose, la precisione, la sequenzialità. Sviluppa la base tecnica.
- Randori/Sparring: Insegna l’adattabilità, il tempismo, la strategia contro un avversario non cooperativo, la gestione della pressione e della fatica. Sviluppa l’applicazione dinamica.
Storicamente, nel Jū-jutsu Koryū, i kata erano spesso predominanti. Nelle arti derivate moderne come Judo e BJJ, l’equilibrio si è spostato significativamente verso il randori/sparring, pur riconoscendo (specialmente nel Judo) il valore formativo dei kata.
Conclusione:
I kata nel Jū-jutsu sono molto più di semplici sequenze di movimenti. Sono capsule del tempo che racchiudono la saggezza tecnica, tattica e filosofica delle scuole tradizionali. Attraverso la loro pratica diligente, i praticanti non solo apprendono le tecniche di combattimento, ma assimilano i principi profondi dell’arte, sviluppano precisione e controllo, e si connettono direttamente con il lignaggio storico della loro scuola. Sebbene il loro ruolo possa variare nei sistemi moderni, rimangono una testimonianza vivente della ricchezza e della profondità del Jū-jutsu.
9. Una tipica seduta di allenamento
Una lezione di Jū-jutsu, pur con variazioni significative a seconda dello stile specifico (Koryū, Gendai, BJJ, scuola specifica), dell’istruttore e del livello degli allievi, segue generalmente una struttura logica e progressiva, volta a massimizzare l’apprendimento in sicurezza e a coltivare la disciplina e il rispetto. Ecco una descrizione delle fasi che compongono una tipica seduta di allenamento:
1. Fase Preliminare (Prima dell’Inizio Ufficiale):
- Arrivo al Dōjō: È buona norma arrivare con un certo anticipo per avere il tempo di cambiarsi (indossare il Keikogi), sistemare le proprie cose e prepararsi mentalmente all’allenamento, lasciando fuori le preoccupazioni quotidiane.
- Saluto all’Ingresso: Spesso si esegue un inchino (rei) entrando e uscendo dal tatami (l’area di pratica) come segno di rispetto per il luogo di allenamento.
- Sōji (Pulizia – opzionale): In molti dōjō tradizionali, gli allievi partecipano alla pulizia del tatami e degli spazi comuni prima o dopo la lezione, come forma di umiltà, rispetto e cura per l’ambiente condiviso.
2. Rituale d’Inizio (Reihō – 礼法):
Questa fase segna l’inizio formale della lezione e stabilisce un’atmosfera di concentrazione e rispetto.
- Allineamento (Seiretsu – 整列): Gli allievi si dispongono in fila ordinata di fronte all’istruttore (Sensei), solitamente in base al grado (dal più alto al più basso, Senpai-Kōhai).
- Seduta Formale: Ci si siede in Seiza (正座 – inginocchiati con i glutei sui talloni) o, talvolta, Anza (胡座 – a gambe incrociate), a seconda delle tradizioni della scuola o delle condizioni fisiche degli allievi.
- Mokusō (黙想 – Meditazione Silenziosa): Un breve periodo di silenzio, spesso ad occhi chiusi o socchiusi, per calmare la mente, focalizzarsi sul presente e prepararsi interiormente all’allenamento.
- Saluti (Rei – 礼): Si eseguono una serie di inchini formali:
- Shōmen ni rei (正面に礼): Saluto al lato d’onore del dōjō (spesso dove si trova una piccola effige, il nome della scuola, o semplicemente il “fronte”). Simboleggia il rispetto per la tradizione e i fondatori.
- Sensei ni rei (先生に礼): Saluto all’istruttore/maestro.
- Otagai ni rei (お互いに礼): Saluto reciproco tra gli allievi, come segno di rispetto e collaborazione.
- Scopo: Instaurare disciplina, gerarchia rispettosa (Sensei-Senpai-Kōhai), rispetto per l’arte e i compagni, e creare la giusta disposizione mentale per l’apprendimento.
3. Riscaldamento (Junbi Undō – 準備運動 / Taisō – 体操):
Fase cruciale per preparare il corpo allo sforzo fisico e minimizzare il rischio di infortuni.
- Attivazione Generale: Corsa leggera, saltelli, esercizi aerobici per aumentare la temperatura corporea e la circolazione.
- Mobilizzazione Articolare: Rotazioni controllate e movimenti ampi per tutte le principali articolazioni (collo, spalle, gomiti, polsi, anche, ginocchia, caviglie).
- Stretching Dinamico: Allungamenti controllati in movimento.
- Esercizi Specifici: Movimenti propedeutici alle tecniche di Jū-jutsu, come tai sabaki (spostamenti del corpo), entrate a vuoto per le proiezioni, esercizi a terra come ebi (gamberetto/hip escape), shikko (camminata sulle ginocchia, in alcune scuole), ponti (bridge).
- Scopo: Preparare muscoli, tendini e articolazioni allo sforzo, migliorare la flessibilità e la coordinazione, prevenire traumi.
4. Pratica delle Basi (Kihon – 基本):
Questa fase si concentra sul consolidamento dei movimenti e delle tecniche fondamentali.
- Ukemi Waza (受身技 – Tecniche di Caduta): Pratica essenziale e costante delle cadute (indietro, laterale, avanti, rotolando). Fondamentale per poter ricevere le proiezioni in sicurezza. È una parte imprescindibile dell’allenamento a tutti i livelli.
- Tai Sabaki (体捌き – Spostamenti del Corpo): Esercizi per imparare a muovere il corpo in modo efficiente, evadere attacchi, creare angoli favorevoli e preparare le proprie tecniche.
- Tecniche Fondamentali: Ripetizione di prese (Kumi Kata), posizioni (Shisei), guardie, parate, colpi di base (Atemi), o entrate semplici per proiezioni o leve, spesso eseguite a vuoto o con un partner passivo.
- Scopo: Costruire solide fondamenta tecniche, automatizzare i movimenti corretti, sviluppare la memoria muscolare.
5. Studio Tecnico Principale (Waza Keiko – 技稽古):
È il cuore della lezione, dove si apprendono e si approfondiscono le tecniche specifiche previste dal programma.
- Dimostrazione del Sensei: L’istruttore mostra e spiega una o più tecniche (es. una proiezione, una leva, uno strangolamento, una difesa da attacco specifico, un Kata).
- Pratica a Coppie: Gli allievi si dividono in coppie per provare la tecnica. Questo può avvenire in diverse forme:
- Uchikomi (打ち込み): Ripetizione dell’entrata e dello squilibrio di una tecnica (specialmente proiezioni) senza completarla, per affinare il movimento e il tempismo.
- Nage Komi (投げ込み): Esecuzione completa della proiezione, con Uke che esegue l’ukemi.
- Yakusoku Geiko (約束稽古): Pratica concordata, dove Uke e Tori collaborano eseguendo attacco e difesa in modo fluido e controllato, senza opposizione forte ma con realismo.
- Kata Keiko (形稽古): Pratica dei Kata formali della scuola (prevalente nei Koryū).
- Correzioni Individuali: L’istruttore circola tra le coppie, osserva, corregge errori e fornisce indicazioni personalizzate.
- Rotazione dei Partner: Spesso si cambiano partner per abituarsi a diverse corporature e stili.
- Scopo: Apprendere nuove tecniche, affinare quelle conosciute, comprendere i dettagli e i principi sottostanti.
6. Pratica Applicativa (Randori – 乱取り / Sparring / Rolling):
Questa fase mira a sviluppare la capacità di applicare le tecniche in un contesto più dinamico e meno prevedibile, contro un partner che offre una resistenza attiva (ma controllata). La forma varia enormemente:
- Randori nel Jū-jutsu Tradizionale/Gendai: Può essere più o meno libero, talvolta con limitazioni (es. solo tecniche in piedi, solo a terra, senza certi atemi). L’obiettivo è applicare i principi e le tecniche studiate in modo fluido e adattivo.
- Rolling nel BJJ: Sparring libero focalizzato sulla lotta a terra, con l’obiettivo di raggiungere una posizione dominante e/o ottenere una sottomissione (leva o strangolamento). È una componente centrale e molto estesa dell’allenamento BJJ.
- Sparring nel Ju-Jitsu Sportivo (JJIF): Simula le condizioni di gara, includendo fasi di colpi (Atemi), proiezioni (Nage Waza) e lotta a terra (Ne Waza) secondo il regolamento specifico.
- Scenario Drills (Autodifesa): Simulazione di situazioni realistiche di aggressione (es. difesa da prese, minacce, attacchi multipli) per testare le reazioni e le tecniche appropriate.
- Scopo: Sviluppare tempismo, reattività, strategia, resistenza fisica e mentale, capacità di adattamento; testare l’efficacia delle tecniche contro resistenza.
7. Defaticamento (Seiri Undō – 整理運動 / Cool-down):
Breve fase per riportare gradualmente il corpo a uno stato di calma.
- Stretching Statico: Allungamenti mantenuti per migliorare la flessibilità e favorire il recupero muscolare.
- Esercizi di Respirazione: Per rilassare il corpo e la mente.
- Scopo: Aiutare il recupero, ridurre l’indolenzimento muscolare, migliorare la flessibilità a lungo termine.
8. Rituale Finale (Reihō):
Conclude formalmente la lezione, in modo speculare all’inizio.
- Allineamento e Seduta Formale.
- Eventuale Mokusō finale.
- Parole del Sensei: Possibili commenti sulla lezione, consigli, annunci.
- Saluti Finali: Sensei ni rei, Shōmen ni rei, Otagai ni rei.
- Scopo: Segnare la fine dell’allenamento, ringraziare il maestro e i compagni, rafforzare il senso di comunità e rispetto.
9. Fase Post-Lezione:
- Pulizia del Dōjō (Sōji): Se non fatta all’inizio.
- Sistemazione Personale: Rimettere a posto l’attrezzatura, ripiegare il keikogi.
- Interazione Informale: Possibilità di fare domande all’istruttore o discutere con i compagni.
Conclusioni sulla Seduta Tipo:
Questa struttura, sebbene dettagliata, rappresenta un modello generale. La durata di ogni fase, l’enfasi posta su Kihon, Kata, Waza o Randori, e l’inclusione o meno di certi esercizi dipendono fortemente dalla filosofia della scuola e dagli obiettivi della singola lezione. Tuttavia, gli elementi di rispetto rituale (Reihō), preparazione fisica (Junbi Undō), pratica delle basi (Kihon/Ukemi), studio tecnico (Waza Keiko) e applicazione (Randori/Kata/Sparring) sono quasi sempre presenti, garantendo un approccio equilibrato allo sviluppo delle abilità tecniche, fisiche e mentali nel Jū-jutsu.
10. Gli stili e le scuole
Parlare di “stile” nel Jū-jutsu richiede una distinzione fondamentale, poiché il termine racchiude un universo di pratiche che vanno dalle antiche tradizioni guerriere a moderni sistemi di autodifesa e discipline sportive globali. La principale suddivisione che si può operare è tra le scuole tradizionali antiche (Koryū) e le forme più moderne (Gendai Budō), che includono sia sistemi che si definiscono ancora Jū-jutsu, sia arti marziali distinte ma da esso derivate.
A) Koryū Jūjutsu (古流 柔術) – Le Scuole Antiche
Queste sono le scuole (Ryūha – 流派) fondate prima della Restaurazione Meiji del 1868. Rappresentano la discendenza diretta dalle arti marziali praticate dai samurai nel Giappone feudale.
Caratteristiche Principali:
- Lignaggio Storico: Hanno una genealogia documentata che risale a secoli fa, con un forte legame con la storia e la cultura samurai.
- Preservazione della Tradizione: L’obiettivo primario è la trasmissione fedele degli insegnamenti originali del fondatore e dei successivi capi-scuola (Sōke). I Kata sono lo strumento pedagogico centrale.
- Approccio Comprensivo (Sōgō Budō): Molte Koryū non insegnavano solo il combattimento a mani nude, ma integravano l’uso e la difesa da varie armi (Bukiwaza o Kobudō) come parte essenziale del curriculum (spada, bastone, lancia, pugnale, ecc.). Il Jū-jutsu era spesso solo una componente di un sistema marziale più ampio.
- Focus sull’Efficacia Marziale: Le tecniche erano pensate per la sopravvivenza in combattimenti reali, spesso senza regole e potenzialmente letali. Possono includere tecniche considerate troppo pericolose per la pratica sportiva o l’autodifesa moderna.
- Metodologia Tradizionale: L’allenamento è fortemente basato sui kata, con un’enfasi sulla forma corretta, sui principi e sulla trasmissione orale (Kuden). Il Randori, se presente, ha spesso forme diverse da quello judoistico.
- Rarità: Oggi la pratica autentica dei Koryū è relativamente rara, specialmente fuori dal Giappone, e richiede dedizione e spesso un legame diretto con il lignaggio della scuola.
Esempi Significativi di Koryū Ryūha che includono Jū-jutsu:
- Takenouchi-ryū (竹内流): Una delle più antiche, nota per il kogusoku (lotta con armatura leggera).
- Sosuishi-ryū (双水執流): Scuola focalizzata sul combattimento ravvicinato, sia armato che disarmato.
- Yōshin-ryū (楊心流): Nome associato a diverse scuole che enfatizzano il principio di cedevolezza; alcune hanno influenzato lo Shindō Yōshin-ryū e il Jūdō.
- Tenjin Shin’yō-ryū (天神真楊流): Nota per l’integrazione di atemi e katame-waza, fu studiata approfonditamente da Jigorō Kanō.
- Kitō-ryū (起倒流): Famosa per le sue tecniche di proiezione e i principi di “alzarsi e cadere”, altra influenza fondamentale sul Jūdō.
- Daitō-ryū Aiki-jūjutsu (大東流合気柔術): Celebre per le sue tecniche sofisticate basate sul principio di Aiki (armonizzazione dell’energia/intenzione), è l’antenato diretto dell’Aikidō.
- Yagyū Shingan-ryū (柳生心眼流): Un’arte marziale guerriera completa che include Jū-jutsu (spesso chiamato Taijutsu), Kenjutsu, Bōjutsu e altre armi.
- Shindō Yōshin-ryū (新道楊心流): Importante Koryū che ha avuto influenza anche sullo sviluppo del Karate (stile Wadō-ryū).
B) Gendai Budō (現代 武道) – Arti Marziali Moderne Derivate o Basate sul Jū-jutsu
Questa categoria comprende le arti marziali sviluppatesi dopo il 1868, spesso come tentativo di adattare le discipline tradizionali alla società moderna, enfatizzando l’educazione fisica, lo sviluppo del carattere, l’autodifesa o lo sport.
1. Derivati Maggiori (Arti Distinte):
- Jūdō (柔道): Fondato da Jigorō Kanō come sintesi e riforma di diverse scuole di Jū-jutsu. Enfatizza proiezioni (Nage Waza) e lotta a terra (Ne Waza), con un forte orientamento educativo e sportivo (disciplina olimpica). Ha rimosso molte delle tecniche più pericolose del Jū-jutsu tradizionale.
- Aikidō (合気道): Fondato da Morihei Ueshiba basandosi principalmente sul Daitō-ryū Aiki-jūjutsu. Enfatizza la non-violenza, la fusione con l’attacco (awase), i movimenti circolari, le leve articolari e le proiezioni per neutralizzare l’aggressore senza causare danni inutili. Generalmente non è competitivo.
2. Gendai Jū-jutsu (現代 柔術 – Ju-Jitsu Moderno): Questa è una categoria eterogenea che include sistemi che si identificano ancora come “Ju-Jitsu” ma sono stati sviluppati o significativamente modificati in epoca moderna.
- Caratteristiche: Spesso focalizzati sull’autodifesa (Goshin Jutsu – 護身術) in contesti contemporanei. Possono integrare tecniche da varie fonti (Koryū, Judo, Aikido, Karate, ecc.). La metodologia di allenamento può variare, includendo spesso kata (tradizionali o moderni), drills, randori/sparring e simulazioni di scenari. Hanno spesso sistemi di graduazione Kyū/Dan simili al Judo.
- Esempi/Tipologie:
- Sistemi di Autodifesa Generici: Molte scuole e organizzazioni insegnano un Jū-jutsu pragmatico focalizzato sulla difesa personale “da strada”. In Italia, il lavoro del Maestro Gino Bianchi e il successivo Metodo Globale Autodifesa (MGA) della FIJLKAM rientrano in questa logica di adattamento moderno per l’autodifesa.
- Hakko-ryū (八光流): Fondato da Okuyama Yoshiharu (Ryuho) nel 1941, deriva in parte dal Daitō-ryū e enfatizza l’uso preciso dei punti di pressione (Tsubo) per controllare l’avversario con minimo sforzo.
- Sistemi Specifici: Esistono numerosi altri stili moderni con nomi e curriculum propri, sia in Giappone che in Occidente (es. Danzan Ryū alle Hawaii).
- Ju-Jitsu Sportivo (JJIF): La Ju-Jitsu International Federation governa uno sport che combina tre fasi: Atemi, Nage Waza e Ne Waza, con un regolamento specifico. Questo stile competitivo è distinto sia dal Judo che dal BJJ.
- Sistemi per Forze dell’Ordine/Militari: Adattamenti del Jū-jutsu per contesti professionali specifici (es. Taiho Jutsu 逮捕術 in Giappone per la polizia).
3. Brazilian Jiu-Jitsu (BJJ): Sebbene il nome derivi direttamente dal Jū-jutsu giapponese (tramite il Judo di Maeda), il BJJ si è evoluto in Brasile in una disciplina altamente specializzata nella lotta a terra (Ne Waza).
- Caratteristiche: Enfasi quasi esclusiva sul combattimento al suolo, controllo posizionale, leve articolari e strangolamenti. Allenamento basato su drills e rolling (sparring libero). Forte componente sportiva con competizioni di Gi (con kimono) e No-Gi (senza kimono). Ha avuto un impatto rivoluzionario sulle Arti Marziali Miste (MMA).
C) Considerazioni sulla Diffusione (Italia, 2025)
Nel panorama italiano attuale:
- Jūdō e Aikidō: Sono arti ben consolidate, con una presenza capillare sul territorio e organizzazioni federali strutturate (FIJLKAM per il Judo e settori Aikido, più varie associazioni indipendenti di Aikido).
- Brazilian Jiu-Jitsu (BJJ): Ha registrato una crescita esponenziale negli ultimi 10-15 anni, con un numero elevatissimo di accademie e praticanti, sia a livello amatoriale che agonistico. È probabilmente la forma di “Jiu-Jitsu” più visibile e diffusa oggi in Italia.
- Gendai Jū-jutsu (Autodifesa): È ampiamente praticato, spesso all’interno di palestre multidisciplinari o sotto l’egida di Enti di Promozione Sportiva (EPS come CSEN, AICS, UISP, ecc.) e federazioni specifiche dedicate al Ju-Jitsu moderno o all’autodifesa. Il focus è prevalentemente sulla difesa personale.
- Koryū Jūjutsu: La pratica delle scuole tradizionali antiche è molto più rara e di nicchia. Esistono gruppi di studio dedicati, spesso piccoli e guidati da appassionati o da maestri con collegamenti diretti a lignaggi giapponesi o a organizzazioni internazionali Koryū, ma non hanno la diffusione di massa delle altre forme.
Conclusione:
Il termine “Jū-jutsu” copre una realtà estremamente variegata. Dalle radici marziali delle antiche scuole guerriere Koryū, custodi di tradizioni secolari, si passa alle grandi arti moderne derivate come Jūdō e Aikidō, fino ai sistemi Gendai focalizzati sull’autodifesa o allo sport globale del BJJ. Ogni stile o scuola offre un percorso diverso, con enfasi, metodologie e finalità specifiche. La scelta di uno stile dipende interamente dagli interessi e dagli obiettivi individuali del praticante: che cerchi la preservazione storica, lo sviluppo personale, l’efficacia nell’autodifesa, la competizione sportiva o una combinazione di questi aspetti, esiste probabilmente una forma di Jū-jutsu (o una sua derivazione) adatta a lui.
11. La situazione in Italia
Il panorama del Jū-jutsu in Italia oggi è vivace, diversificato e in continua evoluzione. Non esiste un’unica entità che governi tutte le forme di Jū-jutsu, ma piuttosto una coesistenza di diversi stili e approcci, ciascuno con la propria comunità di praticanti e la propria struttura organizzativa. Possiamo delineare la situazione attuale considerando le principali correnti:
a) Dominanza e Crescita Esponenziale del Brazilian Jiu-Jitsu (BJJ):
- Popolarità: Il BJJ è senza dubbio la forma di “Jiu-Jitsu” più diffusa e in più rapida crescita in Italia negli ultimi 10-15 anni. La sua popolarità è alimentata dall’efficacia dimostrata nella lotta a terra, dalla visibilità ottenuta tramite le Arti Marziali Miste (MMA) e da una forte e ben organizzata comunità sportiva.
- Organizzazione: La principale federazione di riferimento per il BJJ in Italia è l’UIJJ (Unione Italiana Jiu Jitsu), affiliata all’IBJJF (International Brazilian Jiu-Jitsu Federation), l’organismo internazionale più riconosciuto. L’UIJJ organizza i campionati nazionali, gestisce il ranking degli atleti, promuove eventi e segue le linee guida internazionali per le graduazioni (cinture). Esistono anche altre organizzazioni e circuiti competitivi.
- Pratica: Si pratica sia nella versione con il kimono (Gi) che senza (No-Gi). L’allenamento è fortemente orientato al combattimento reale (sparring o rolling), con un’enfasi sulla tecnica, la strategia posizionale e le finalizzazioni (leve e strangolamenti). Le accademie di BJJ sono ormai presenti in quasi tutte le città italiane, dalle metropoli ai centri minori. Molte accademie operano anche sotto l’egida degli Enti di Promozione Sportiva (EPS).
- Target: Attrae un pubblico vasto: giovani agonisti, adulti amatori, praticanti di MMA, persone interessate all’autodifesa efficace a terra.
b) Presenza Diffusa del Gendai Jū-jutsu (Ju-Jitsu Moderno / Autodifesa):
- Focus: Questa categoria comprende numerosi sistemi di Jū-jutsu sviluppati in epoca moderna, il cui obiettivo primario è l’autodifesa (Goshin Jutsu). L’approccio è generalmente pragmatico, mirato a fornire strumenti per affrontare situazioni di aggressione reali. Le tecniche possono essere una sintesi di Jū-jutsu tradizionale, Judo, Aikido, Karate e altre discipline.
- Organizzazione: La maggior parte delle scuole di questo tipo opera sotto l’egida degli Enti di Promozione Sportiva (EPS) riconosciuti dal CONI, come CSEN, AICS, UISP, ASI, ACSI, OPES, ecc. Questi enti forniscono affiliazione, copertura assicurativa, organizzano corsi di formazione per istruttori, stage e competizioni a livello promozionale o amatoriale. Questa frammentazione organizzativa rispecchia la diversità dei metodi insegnati.
- FIJLKAM: La FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali), federazione ufficiale CONI per Judo, Lotta e Karate, mantiene un settore dedicato al Ju-Jitsu. Storicamente legato al Metodo Globale Autodifesa (MGA), derivato dal lavoro del Maestro Gino Bianchi, questo settore promuove un approccio specifico all’autodifesa e partecipa all’attività internazionale della JJIF (Ju-Jitsu International Federation) che include anche competizioni sportive (Fighting System, Duo System, Ne-Waza). Tuttavia, la sua diffusione numerica sul territorio è probabilmente inferiore rispetto a quella del BJJ o delle scuole affiliate agli EPS.
- Target: Si rivolge principalmente ad adulti che cercano un metodo pratico di difesa personale, spesso con corsi specifici anche per donne o per determinate categorie professionali.
c) Arti Derivate Ben Radicate: Jūdō e Aikidō:
- Presenza: Sebbene siano discipline distinte, è importante menzionarle data la loro diretta discendenza dal Jū-jutsu. Il Jūdō è un’arte marziale e uno sport olimpico molto radicato in Italia, organizzato principalmente dalla FIJLKAM, con una lunga tradizione e una presenza capillare. L’Aikidō gode anch’esso di una buona diffusione, con un settore dedicato in FIJLKAM e numerose associazioni e scuole indipendenti (come l’Aikikai d’Italia e altre), che ne promuovono l’aspetto marziale, filosofico e non competitivo.
d) La Nicchia del Koryū Jūjutsu (Scuole Tradizionali):
- Diffusione: La pratica delle scuole antiche giapponesi (Koryū) che includono Jū-jutsu rimane un settore di nicchia in Italia. Si tratta di gruppi di studio (Keikokai, Dōjō, Shibu) spesso di piccole dimensioni, guidati da appassionati o da insegnanti con autorizzazioni dirette dai capi-scuola (Sōke) in Giappone o da organizzazioni internazionali dedicate alla preservazione dei Koryū.
- Obiettivo: L’enfasi è sulla preservazione storica e tecnica, sullo studio approfondito dei Kata e dei principi tradizionali, spesso includendo anche la pratica delle armi (Bukiwaza) previste dal curriculum della scuola. La visibilità esterna è limitata e la crescita numerica lenta.
e) Tendenze Attuali e Percezione:
- Crescita Continua del BJJ: Non mostra segni di rallentamento, con sempre nuove aperture di accademie e un livello tecnico medio in costante aumento.
- Domanda di Autodifesa: L’interesse per l’autodifesa pratica rimane alto, alimentando le scuole di Gendai Jū-jutsu e i corsi specifici.
- Cross-Training: Molti praticanti di altre arti marziali o sport da combattimento integrano il BJJ o elementi di Jū-jutsu nel loro allenamento, riconoscendone l’efficacia soprattutto nella lotta a terra.
- Professionalizzazione: Aumento del numero di istruttori che fanno dell’insegnamento (soprattutto di BJJ) la loro professione principale.
- Percezione Pubblica: Generalmente positiva. Il BJJ è visto come moderno, efficace e sportivo. Il Jū-jutsu (Gendai) è associato alla difesa personale pratica. Le forme tradizionali Koryū sono rispettate per la loro storicità ma meno conosciute dal grande pubblico.
Conclusione:
L’Italia del 2025 offre un panorama ricco e variegato per chiunque sia interessato al Jū-jutsu. Dall’esplosione sportiva e tecnica del Brazilian Jiu-Jitsu, alla diffusa pratica del Jū-jutsu moderno focalizzato sull’autodifesa sotto l’egida degli Enti di Promozione Sportiva, fino alle solide comunità del Jūdō e dell’Aikidō e ai preziosi ma rari gruppi di studio dei Koryū, c’è una vasta scelta a seconda delle proprie inclinazioni (competizione, difesa personale, tradizione, filosofia). Questa diversità organizzativa richiede al praticante di informarsi attentamente sulla scuola, lo stile, le qualifiche dell’istruttore e l’ente di affiliazione per trovare il percorso più adatto alle proprie esigenze.
12. Terminologia tipica
L’uso della terminologia giapponese è una caratteristica comune nella pratica del Jū-jutsu e delle arti marziali giapponesi in generale. Serve a mantenere un legame con la tradizione, a garantire precisione nella descrizione delle tecniche e a facilitare la comunicazione internazionale. Ecco un glossario di termini tipici, suddivisi per categorie per facilitarne la consultazione (la lista non è esaustiva ma copre i termini più comuni):
A) Termini Generali Relativi all’Arte e all’Ambiente
- Budō (武道): Via Marziale. Termine moderno (post-Meiji) che indica le arti marziali praticate non solo per l’efficacia bellica ma anche per lo sviluppo morale, etico e spirituale del praticante.
- Bujutsu (武術): Tecniche Marziali. Termine più antico che si riferisce alle arti marziali del periodo feudale, focalizzate primariamente sull’efficacia in combattimento. Il Jū-jutsu Koryū rientra in questa categoria.
- Dō (道): Via, percorso spirituale o metodologico. Usato come suffisso in molte arti marziali moderne (Ju-dō, Aiki-dō, Ken-dō…).
- Dōjō (道場): Luogo della Via. La palestra o lo spazio dedicato alla pratica delle arti marziali.
- Gi (着) / Keikogi (稽古着): Uniforme di allenamento (letteralmente: abito / abito da allenamento). Comprende giacca (Uwagi), pantaloni (Zubon o Shitabaki) e cintura (Obi).
- Hakama (袴): Ampia gonna-pantalone tradizionale, indossata sopra il Keikogi in alcune scuole di Jū-jutsu (specialmente Koryū) o Aikidō, solitamente dai gradi più alti.
- Jūjutsu / Jujutsu / Jiu-jitsu / Ju Jitsu (柔術): Arte della Cedevolezza/Flessibilità (vedi punti precedenti per le diverse romanizzazioni).
- Kamiza (神座) / Shōmen (正面): Lato d’onore del Dōjō, dove solitamente si trovano simboli della scuola, ritratti dei fondatori o calligrafie. È il lato verso cui si rivolge il saluto iniziale e finale.
- Katana (刀): La spada lunga giapponese a lama curva.
- Obi (帯): Cintura, indica il grado del praticante.
- Ryū (流) / Ryūha (流派): Scuola, stile, lignaggio o tradizione marziale specifica.
- Samurai (侍): La classe guerriera del Giappone feudale, da cui il Jū-jutsu ha avuto origine.
- Tatami (畳): Stuoia tradizionale giapponese. Nelle arti marziali, indica le materassine che coprono l’area di pratica per attutire le cadute.
- Tantō (短刀): Pugnale giapponese.
- Jō (杖): Bastone medio (circa 128 cm).
- Hanbō (半棒): Bastone corto (circa 90 cm).
B) Ruoli nel Dōjō
- Sensei (先生): Insegnante, maestro (letteralmente: “nato prima”). Titolo di rispetto per l’istruttore principale.
- Shihan (師範): Maestro Esperto, Insegnante Modello. Titolo onorifico elevato, solitamente per maestri di alto grado (es. 6° Dan o superiore, ma varia molto) con grande esperienza e responsabilità didattica.
- Sōke (宗家): Capo Famiglia/Lignaggio. Il capo riconosciuto di una specifica Ryūha tradizionale.
- Senpai (先輩): Allievo più anziano (in termini di grado o tempo di pratica). Ha responsabilità di guida verso i Kōhai.
- Kōhai (後輩): Allievo più giovane o con meno esperienza rispetto a un Senpai.
- Tori (取り) / Shite (仕手): Colui che esegue attivamente la tecnica nel lavoro a coppie o nei Kata.
- Uke (受け) / Aite (相手): Colui che riceve la tecnica, fungendo da partner (e spesso da attaccante nei Kata).
- Deshi (弟子): Allievo, discepolo.
C) Gradi e Titoli
- Kyū (級): Livello/Grado per allievi prima della cintura nera. Solitamente indicati da cinture colorate (i colori variano tra stili e organizzazioni), partendo da un Kyū alto (es. 6°) fino al 1° Kyū.
- Dan (段): Livello/Grado per esperti, dalla cintura nera in su (1° Dan – Shodan, 2° Dan – Nidan, 3° Dan – Sandan, ecc.).
- Mudansha (無段者): Praticante senza grado Dan (livello Kyū).
- Yūdansha (有段者): Praticante con grado Dan (cintura nera).
- Shōdan (初段): Primo grado Dan (prima cintura nera).
- Menkyo Kaiden (免許皆伝): “Licenza di Trasmissione Completa”. Il più alto livello di certificazione in molte Koryū, indica che il praticante ha appreso tutti gli insegnamenti della scuola ed è autorizzato a trasmetterli integralmente.
D) Comandi ed Etichetta (Reihō – 礼法)
- Rei (礼): Saluto, inchino. Gesto fondamentale di rispetto.
- Ritsurei (立礼): Saluto in piedi.
- Zarei (座礼): Saluto da seduti (solitamente da Seiza).
- Seiza (正座): Posizione seduta formale sulle ginocchia.
- Anza (胡座): Posizione seduta informale a gambe incrociate.
- Mokusō (黙想): Meditazione silenziosa.
- Onegaishimasu (お願いします): “Per favore / Chiedo umilmente”. Detto all’inizio della lezione o quando si invita un compagno a praticare, come forma di richiesta cortese.
- Dōmo arigatō gozaimashita (どうも有難う御座いました): “Molte grazie (per ciò che è stato)”. Detto alla fine della lezione o dopo aver praticato con un compagno, per esprimere gratitudine.
- Hajime (始め): Iniziare! Comando per dare inizio a un esercizio o al combattimento.
- Matte (待て): Fermarsi! Aspettare! Comando per interrompere l’azione.
- Sore made (それまで): Fino a qui / Finito. Comando per indicare la fine dell’esercizio o del combattimento.
- Yame (止め): Stop! Fermarsi immediatamente.
- Kiritsu (起立): Alzarsi in piedi.
E) Categorie Tecniche Principali
- Atemi-waza (当て身技): Tecniche di colpo.
- Nage-waza (投げ技): Tecniche di proiezione.
- Katame-waza (固め技): Tecniche di controllo/fissaggio (a terra).
- Kansetsu-waza (関節技): Tecniche di leva articolare (sottocategoria di Katame-waza).
- Shime-waza (絞め技): Tecniche di strangolamento/soffocamento (sottocategoria di Katame-waza).
- Osaekomi-waza (押込技): Tecniche di immobilizzazione (sottocategoria di Katame-waza).
- Ukemi-waza (受身技): Tecniche di caduta.
- Tai Sabaki (体捌き): Movimento/gestione del corpo, schivate.
- Kihon (基本): Fondamentali, tecniche di base.
- Kata (形 o 型): Forma, modello, sequenza preordinata.
- Randori (乱取り): Pratica libera, sparring controllato.
- Kumite (組手): Combattimento (termine più usato nel Karate, ma a volte indica forme di sparring anche in Ju-Jutsu).
- Kumi Kata (組み方): Metodi di presa (sull’avversario o sul suo Gi).
- Ne-waza (寝技): Tecniche a terra / lotta a terra.
- Tachi-waza (立ち技): Tecniche dalla posizione eretta.
- Suwari-waza (座り技): Tecniche dalla posizione in ginocchio (Seiza o altre).
- Hanmi Handachi Waza (半身半立技): Tecniche con Tori seduto e Uke in piedi.
F) Concetti e Principi Chiave
- Kuzushi (崩し): Squilibrio, rottura della postura dell’avversario. Fondamentale per le proiezioni.
- Maai (間合い): Distanza/intervallo spaziale e temporale corretta tra i combattenti.
- Zanshin (残心): Mente che rimane, stato di consapevolezza e allerta mantenuto anche dopo l’esecuzione di una tecnica.
- Kiai (気合): Grido/Urlo Spirituale. Unione dell’energia interna espressa con un suono, usato per focalizzare la forza, spaventare l’avversario o segnare un punto decisivo.
- Ki (気): Energia vitale, spirito, intenzione (concetto complesso).
- Aiki (合気): Unione/armonizzazione del Ki. Principio avanzato di fusione con la forza e l’intenzione dell’avversario per neutralizzarlo (centrale in Aikido e Daitō-ryū).
- Shisei (姿勢): Postura, posizione del corpo.
- Omote (表): Fronte, lato esteriore, evidente, positivo. Spesso indica un’entrata o un’applicazione diretta di una tecnica.
- Ura (裏): Retro, lato interiore, nascosto, negativo/rovescio. Spesso indica un’entrata o un’applicazione indiretta o circolare di una tecnica.
- Tanden (丹田) / Hara (腹): Centro energetico e di equilibrio del corpo, situato nell’addome inferiore.
G) Direzioni e Livelli
- Mae (前): Avanti, frontale.
- Ushiro / Ato (後): Indietro, posteriore.
- Yoko (横): Lato, laterale.
- Migi (右): Destra.
- Hidari (左): Sinistra.
- Jōdan (上段): Livello alto (testa, collo).
- Chūdan (中段): Livello medio (tronco, addome).
- Gedan (下段): Livello basso (gambe, inguine).
H) Parti del Corpo (Selezione)
- Te (手): Mano.
- Ashi (足): Piede, gamba.
- Koshi (腰): Anca, vita.
- Ude (腕): Braccio.
- Kubi (首): Collo.
- Atama (頭): Testa.
- Hiza (膝): Ginocchio.
- Empi / Hiji (肘): Gomito.
- Kata (肩): Spalla.
- Tekubi (手首): Polso.
I) Esempi di Tecniche Specifiche (Solo alcuni comuni)
- O Soto Gari (大外刈): Grande Falciata Esterna (proiezione).
- Kesa Gatame (袈裟固): Controllo a Foulard (immobilizzazione).
- Hadaka Jime (裸絞): Strangolamento a Mani Nude (strangolamento).
- Ude Hishigi Juji Gatame (腕挫十字固): Leva al Braccio a Croce (leva articolare).
Conclusione:
Imparare la terminologia giapponese del Jū-jutsu è parte integrante del percorso di apprendimento. Non è solo una questione di etichetta, ma permette una comprensione più profonda dei concetti, facilita la comunicazione con istruttori e compagni, e apre le porte a uno studio più approfondito dei testi e delle risorse disponibili. Questa lista fornisce una base solida, ma l’universo terminologico del Jū-jutsu è ancora più vasto e si arricchisce con la pratica e lo studio continui.
13. Abbigliamento
L’abbigliamento utilizzato nella pratica del Jū-jutsu non è solo una questione di tradizione, ma riveste un ruolo funzionale cruciale per la sicurezza, l’igiene e l’efficacia stessa delle tecniche. L’uniforme standard è conosciuta come Keikogi (稽古着), o più comunemente Gi (着).
A) Il Keikogi / Gi Standard:
Derivato in gran parte dall’uniforme del Jūdō, il Gi da Jū-jutsu è progettato per resistere alle sollecitazioni intense della pratica, che include prese forti, strattoni e lavoro a terra. È composto da tre elementi principali:
La Giacca (Uwagi – 上着):
- Materiale: Solitamente realizzata in cotone pesante e robusto. Esistono diverse trame (tessiture) del cotone:
- Single Weave (Tessitura Singola): Più leggera ed economica, adatta ai principianti o all’allenamento estivo.
- Double Weave (Tessitura Doppia): Molto più spessa, pesante e resistente. Difficile da afferrare per l’avversario, spesso usata in competizioni di alto livello (come nel Judo).
- Pearl Weave, Gold Weave, Crystal Weave, etc.: Tessiture comuni nel BJJ, che cercano un compromesso tra leggerezza, resistenza e comfort.
- Rinforzi: Presenta cuciture multiple e rinforzi nei punti di maggiore stress: bavero (Eri – 襟, spesso molto robusto per resistere alle prese), spalle, ascelle, spacchi laterali.
- Taglio: La giacca si indossa accavallando il lato sinistro sopra il lato destro e viene tenuta chiusa dalla cintura. Le maniche sono ampie per permettere il movimento, ma la loro lunghezza è spesso regolamentata nelle competizioni.
- Materiale: Solitamente realizzata in cotone pesante e robusto. Esistono diverse trame (tessiture) del cotone:
I Pantaloni (Zubon – ズボン / Shitabaki – 下穿き):
- Materiale: Realizzati anch’essi in cotone robusto, a volte di grammatura inferiore rispetto alla giacca per maggiore comfort, oppure in tessuto ripstop (leggero ma resistente agli strappi), specialmente nel BJJ.
- Rinforzi: Presentano quasi sempre doppie toppe di tessuto sulle ginocchia (Hiza ate – 膝当て) per resistere all’usura dovuta al lavoro a terra.
- Chiusura: Sono tenuti su da una coulisse (cordino) tradizionale passante in vita, a volte coadiuvata da passanti multipli per una migliore tenuta. Alcuni modelli più economici o per bambini possono avere un elastico.
La Cintura (Obi – 帯):
- Funzione: Ha il duplice scopo di tenere chiusa la giacca e di indicare il grado (livello di esperienza) del praticante.
- Materiale e Annodatura: È una fascia di cotone spessa e colorata, lunga abbastanza da fare due giri intorno alla vita e da essere annodata sul davanti con un nodo specifico (solitamente il koma musubi – 駒結び, nodo piano o nodo quadrato).
- Sistema di Graduazione: Questo è un punto fondamentale. La sequenza dei colori delle cinture varia notevolmente a seconda dello stile di Jū-jutsu, della scuola, della federazione o dell’ente di promozione sportiva di appartenenza. Non esiste uno standard universale unico per tutto il Jū-jutsu.
- Gradi Kyū (級 – Allievi): Si parte dalla cintura bianca (spesso 6° o 9° Kyū) e si progredisce attraverso vari colori. Una sequenza possibile (ma ne esistono molte altre) è: Bianca -> Gialla -> Arancione -> Verde -> Blu -> Marrone (corrispondenti a Kyū decrescenti, es. dal 6° al 1°).
- Gradi Dan (段 – Esperti): Dal 1° Dan (Shodan) in poi si indossa la Cintura Nera. I gradi Dan superiori vengono solitamente indicati da tacche sulla cintura o, in sistemi più tradizionali o nel Judo, da cinture speciali per altissimi gradi: Bianco-Rossa (Kōhaku obi – 紅白帯) per 6°, 7°, 8° Dan e Rossa (Aka obi – 赤帯) per 9° e 10° Dan.
- Specificità BJJ: Il Brazilian Jiu-Jitsu ha un suo sistema di cinture distinto per gli adulti: Bianca -> Blu -> Viola -> Marrone -> Nera. Ogni cintura colorata ha 4 gradi intermedi (“stripes” o “degrees”), mentre sulla cintura nera vengono aggiunte delle bande bianche o rosse per indicare i Dan (fino al 6°). I gradi più alti (7° e 8°) indossano una cintura Nero-Rossa (Coral Belt), e il 9° e 10° Dan una cintura Bianco-Rossa (Coral Belt).
- Significato: La cintura è un simbolo del percorso fatto, dell’impegno e della conoscenza acquisita, ma va sempre ricordato che è l’abilità del praticante, non il colore della cintura, a determinare la sua reale competenza.
B) Variazioni del Keikogi:
- Colore: Il Bianco è il colore più tradizionale e universalmente accettato. Il Blu è molto comune, introdotto per le competizioni (Judo, BJJ) e ampiamente usato anche in allenamento. Il Nero è frequente nel BJJ e talvolta permesso in altri stili (spesso per istruttori o gradi alti). Altri colori (grigio, verde militare, rosa, ecc.) si trovano quasi esclusivamente nel BJJ e la loro accettazione dipende dalle regole della specifica accademia. In Italia, bianco e blu sono gli standard de facto nella maggior parte delle scuole.
- Taglio e Tessuto: Come accennato, esistono diverse grammature e tessiture. I Gi da BJJ tendono ad avere un taglio leggermente più aderente (fitted) rispetto ai Gi da Judo (per ridurre le prese) e baveri molto spessi e difficili da manipolare. Le scuole Koryū potrebbero usare Gi standard o, in rari casi, abbigliamenti più tradizionali.
- Materiali: Oltre al 100% cotone, si usano misti cotone-poliestere (più leggeri, asciugano prima, restringono meno) o materiali innovativi. Il ripstop è molto popolare per i pantaloni.
C) Abbigliamento Opzionale e Accessori:
- Rash Guard: Maglietta aderente in materiale tecnico (Lycra, Spandex), molto usata nel BJJ (obbligatoria nel No-Gi, spesso indossata anche sotto il Gi per comfort e igiene) e in alcune forme di Jū-jutsu moderno. Protegge da abrasioni, assorbe il sudore e può indicare il grado con una barra colorata.
- Zōri (草履) o Ciabatte: Indispensabili per muoversi fuori dal tatami (es. per andare in spogliatoio o bagno) senza sporcare né i piedi né il tatami stesso. Si lasciano sempre ai bordi dell’area di pratica.
- Hakama (袴): Usata raramente nel Jū-jutsu moderno o BJJ, è invece comune in alcune scuole Koryū e nell’Aikidō per i praticanti avanzati.
- Equipaggiamento Protettivo (Non parte dell’uniforme ma dell’attrezzatura): Paradenti (consigliato per lo sparring), conchiglia (parapube, opzionale), paraorecchie (per prevenire l'”orecchio a cavolfiore” nel grappling intenso).
D) Per i Principianti (Contesto Italiano):
Chi inizia non è solitamente tenuto ad acquistare subito il Gi. Per le prime lezioni di prova è generalmente consentito indossare un abbigliamento sportivo comodo: una t-shirt (senza scritte offensive) e pantaloni di tuta lunghi o pantaloncini (importante: senza cerniere, bottoni o parti metalliche che potrebbero ferire sé stessi o i compagni). Sarà poi l’istruttore a consigliare quando e quale tipo di Gi acquistare.
E) Toppe e Personalizzazione (Patches / Wappen):
È pratica comune cucire toppe sul Gi per rappresentare la propria scuola o accademia, l’affiliazione a un team o a un’organizzazione/federazione, la nazionalità (es. bandiera italiana sulle divise da gara). Nel BJJ competitivo, il posizionamento delle toppe è regolamentato dall’IBJJF.
F) Manutenzione:
È fondamentale lavare il Gi dopo ogni allenamento per motivi igienici, per prevenire cattivi odori e la proliferazione di batteri o funghi.
Conclusione:
L’abbigliamento nel Jū-jutsu, il Keikogi, è molto più di una semplice uniforme. È uno strumento di lavoro resistente e funzionale, un simbolo di appartenenza e tradizione, e un indicatore visivo (attraverso la cintura) del percorso marziale del praticante. Le sue variazioni riflettono la diversità intrinseca degli stili che ricadono sotto l’ampio ombrello del Jū-jutsu, dal rigore tradizionale alla vibrante scena sportiva moderna.
14. Armi
Sebbene il Jū-jutsu sia prevalentemente conosciuto e praticato come un’arte marziale focalizzata sul combattimento a mani nude, la sua relazione storica e tecnica con le armi è profonda e significativa, specialmente se consideriamo le sue radici nelle scuole tradizionali antiche (Koryū). L’idea del Jū-jutsu come disciplina esclusivamente disarmata è una semplificazione moderna.
A) Le Armi nel Koryū Jūjutsu: Un Sistema Integrato
Nel Giappone feudale, le scuole frequentate dai samurai (Buke) erano spesso Sōgō Budō/Bujutsu (総合武道/武術), ovvero sistemi marziali comprensivi che miravano a formare guerrieri completi. Il combattimento a mani nude (Jū-jutsu, Yawara, Taijutsu, Kogusoku, a seconda della terminologia della scuola) era solo una delle competenze insegnate, spesso strettamente integrata con l’uso delle armi (Bukiwaza – 武器技).
Il ruolo delle armi nel contesto del Jū-jutsu Koryū era multiforme:
- Uso di Armi Secondarie/Nascoste: Tecniche per utilizzare efficacemente armi più piccole, leggere o nascoste (Kakushi Buki – 隠し武器) quando le armi principali (spada, lancia) non erano disponibili, erano state perse, o erano inadatte alla situazione (es. combattimento in spazi ristretti).
- Combattimento Armato Ravvicinato: Tecniche di Jū-jutsu (prese, squilibri, leve) applicate mentre si impugnava un’arma (es. controllare l’avversario con una mano mentre si estrae o si usa un Tantō con l’altra).
- Difesa Contro Avversari Armati (Buki Dori – 武器捕り / Toshu Kakutō Tai Buki – 徒手格闘 対武器): Una componente fondamentale di moltissime scuole. Si studiavano tecniche specifiche per difendersi a mani nude da attacchi portati con varie armi, utilizzando i principi del Jū-jutsu (schivata – tai sabaki, controllo delle articolazioni dell’arma o del braccio armato, squilibrio – kuzushi, disarmo). Esempi comuni:
- Tantō Dori: Difesa da pugnale/coltello.
- Tachi Dori / Katana Dori: Difesa da spada.
- Jō Dori / Bō Dori: Difesa da bastone (medio o lungo).
- Transizione da Armato a Disarmato: Tecniche da utilizzare immediatamente dopo essere stati disarmati o aver perso la propria arma sul campo di battaglia.
- Armi Tipicamente Associate ai Curriculum Koryū che Includono Jū-jutsu:
- Tantō (短刀): Pugnale giapponese. Sia tecniche di utilizzo che, molto comunemente, di difesa.
- Jō (杖): Bastone medio (circa 120-130 cm). Usato per colpire, spingere, controllare, applicare leve o strangolamenti, e difendersi da altre armi.
- Hanbō (半棒): Mezzo bastone (circa 90-100 cm). Più corto e maneggevole del Jō.
- Tanbō (短棒): Bastone corto (circa 50-60 cm), a volte usato in coppia.
- Ken (剣) / Bokken (木剣): Spada lunga / Spada di legno per l’allenamento. Molte scuole insegnavano tecniche di difesa dalla spada o integravano elementi di Kenjutsu.
- Kusari-fundō (鎖分銅) / Manriki-gusari (万力鎖): Catena con pesi alle estremità, usata per colpire, bloccare o intrappolare.
- Jutte (十手) o Jitte: Arma simile a un manganello con una guardia laterale (kagi), usata dalla polizia feudale per parare, controllare e disarmare (specialmente contro spade).
- Kakushi Buki (隠し武器): Varie armi nascoste come il Tessen (ventaglio di ferro), Shuriken (lame da lancio, meno comune come parte integrante del Jū-jutsu stesso), ecc.
B) Le Armi nel Gendai Jū-jutsu e nelle Arti Derivate
Con la modernizzazione e l’evoluzione del Jū-jutsu in discipline focalizzate sull’educazione fisica (Judo), lo sviluppo spirituale (Aikido), lo sport (BJJ, JJIF) o l’autodifesa contemporanea, il ruolo delle armi è cambiato drasticamente:
- Gendai Jū-jutsu (Moderno / Autodifesa): L’enfasi si sposta quasi esclusivamente sulla difesa da armi comuni nel contesto moderno. Si studiano tecniche per fronteggiare minacce o attacchi con:
- Coltello: La difesa da coltello è un capitolo fondamentale in quasi tutti i sistemi moderni di Jū-jutsu/Goshin Jutsu.
- Bastone: Difesa da attacchi con bastoni, mazze o oggetti contundenti simili.
- Minacce da Arma da Fuoco (Raro): Alcuni sistemi includono tecniche di difesa da minaccia con pistola, ma questo è un ambito molto specifico e potenzialmente pericoloso, spesso trattato in corsi specializzati.
- In questi contesti, l’obiettivo è la sopravvivenza, la neutralizzazione della minaccia e il disarmo, non l’apprendimento dell’uso dell’arma. Si utilizzano repliche innocue per l’allenamento.
- Jūdō: L’allenamento standard e la competizione non includono armi. Alcuni Kata (come il Kime no Kata) preservano forme di difesa da coltello e spada, ma sono una parte marginale della pratica per la maggior parte dei judoka.
- Aikidō: Integra frequentemente l’uso di Bokken, Jō e Tantō (Aiki-ken, Aiki-jō). Tuttavia, queste armi sono usate principalmente come strumenti pedagogici per insegnare e comprendere meglio i principi fondamentali dell’Aikidō (distanza, tempo, linea centrale, movimento del corpo, unificazione mente-corpo) e per praticare le tecniche di disarmo (Buki Dori). Non c’è un focus sull’uso combattivo dell’arma in sé come nel Koryū.
- Brazilian Jiu-Jitsu (BJJ): Il BJJ standard non include alcun addestramento con le armi. È focalizzato al 100% sul combattimento (principalmente grappling) a mani nude. Corsi di difesa da armi possono essere offerti separatamente da alcuni istruttori come complemento, ma non fanno parte del curriculum BJJ.
- Ju-Jitsu Sportivo (JJIF): Il regolamento del Fighting System non prevede l’uso di armi.
C) Strumenti di Allenamento
Per garantire la sicurezza, l’addestramento con le armi (sia nell’uso che nella difesa) avviene utilizzando repliche innocue:
- Armi di Legno: Bokken (spada), Tantō di legno, Jō, Hanbō. Sono lo standard per lo studio della forma e dei kata.
- Coltelli/Bastoni Flessibili o Imbottiti: Realizzati in gomma, plastica flessibile o con imbottiture, permettono una pratica più dinamica e a contatto controllato delle tecniche di difesa e disarmo, riducendo il rischio di infortuni.
D) La Situazione in Italia (Aprile 2025)
- La pratica approfondita delle armi tradizionali giapponesi (Bukiwaza) come parte integrante di un sistema Koryū è limitata ai pochi Dōjō specializzati in queste discipline antiche.
- L’uso di Bokken, Jō e Tantō come strumenti didattici è comune nelle scuole di Aikidō.
- La difesa da coltello e da bastone è un elemento molto comune e spesso enfatizzato nei corsi di Gendai Jū-jutsu / Autodifesa affiliati agli EPS o ad altre organizzazioni moderne.
- Nel BJJ e nel Jūdō praticati in Italia, l’addestramento con le armi è generalmente assente.
- Chi desidera imparare a usare le armi tradizionali giapponesi come disciplina principale si rivolge solitamente ad arti specifiche come il Kendō (scherma con lo shinai/bokken), l’Iaidō (arte dell’estrazione della spada), il Jōdō (arte del bastone Jō).
Conclusione:
In sintesi, sebbene il Jū-jutsu moderno sia spesso percepito come puramente disarmato, la sua storia è intrinsecamente legata alle armi. Le scuole Koryū offrivano un addestramento integrato. Le forme Gendai e l’Aikidō hanno reinterpretato questo legame: i primi focalizzandosi sulla difesa da minacce armate contemporanee, il secondo utilizzando le armi come strumenti per affinare i principi del movimento a mani nude. Il Jūdō e il BJJ, invece, hanno quasi completamente eliminato le armi dalla loro pratica standard. La presenza e il tipo di addestramento con le armi dipendono quindi interamente dallo specifico stile e dagli obiettivi della scuola di Jū-jutsu che si sceglie di praticare.
15. A chi è indicato e a chi no
Il Jū-jutsu, data la sua varietà di stili e approcci (dal tradizionale Koryū al moderno BJJ e ai sistemi di autodifesa), può essere un’arte marziale estremamente gratificante e benefica per molte persone. Tuttavia, non è universalmente adatta a tutti. Comprendere per chi è particolarmente indicato e chi invece potrebbe trovare un percorso migliore altrove è fondamentale per iniziare con le giuste aspettative e motivazioni.
A) A Chi è Particolarmente Indicato il Jū-jutsu:
- Persone in Cerca di Efficaci Capacità di Autodifesa (Uomini e Donne): Questo è uno dei motivi principali per cui molti si avvicinano al Jū-jutsu moderno e al BJJ. Le tecniche di controllo, leva, proiezione e la capacità di gestire situazioni a terra lo rendono un sistema molto pratico per la difesa personale reale. In Italia, la richiesta di corsi di autodifesa efficaci è alta e il Jū-jutsu risponde bene a questa esigenza.
- Individui che Desiderano Migliorare la Propria Forma Fisica Generale: La pratica costante del Jū-jutsu sviluppa:
- Forza: Specialmente forza funzionale, isometrica e di presa (essenziale nel grappling).
- Flessibilità e Mobilità Articolare: Necessarie per eseguire e ricevere le tecniche correttamente.
- Coordinazione e Equilibrio: Fondamentali per proiezioni, spostamenti e lotta a terra.
- Resistenza Cardiovascolare e Muscolare: Soprattutto durante le fasi di randori, sparring o rolling.
- Chi Mira allo Sviluppo Personale e alla Disciplina Mentale: L’ambiente strutturato del dōjō, l’etichetta (Reihō), la necessità di concentrazione, il confronto con le proprie difficoltà e la gestione della pressione durante la pratica favoriscono la crescita di:
- Disciplina e Rispetto: Verso l’arte, l’insegnante e i compagni.
- Autocontrollo: Gestione delle emozioni (paura, frustrazione) e dell’aggressività.
- Perseveranza e Resilienza: Superare le difficoltà tecniche e la fatica fisica.
- Umiltà: Riconoscere i propri limiti e il valore dell’apprendimento continuo.
- Fiducia in Sé Stessi: Derivante dalla consapevolezza delle proprie capacità acquisite.
- Appassionati di Arti Marziali Tecniche e/o Grappling: Chi è affascinato dalla strategia, dalla biomeccanica, dalle leve e dal combattimento corpo a corpo troverà nel Jū-jutsu (specialmente BJJ e Koryū) una profondità tecnica enorme da esplorare.
- Persone Interessate alla Cultura e Tradizione Giapponese: Le scuole Koryū, in particolare, offrono un’immersione profonda nelle tradizioni marziali, nell’etichetta e nella storia del Giappone feudale. Anche molte scuole moderne mantengono forti legami con la cultura d’origine.
- Individui di Diverse Corporature e Livelli di Forza: Grazie al principio fondamentale del “Jū” (cedevolezza, uso della leva e dello squilibrio), il Jū-jutsu permette, almeno in teoria e con l’abilità tecnica, di superare differenze significative di peso e forza fisica. Il BJJ è celebre per questo aspetto.
- Uomini e Donne di Diverse Età: Sebbene l’intensità possa variare, il Jū-jutsu è praticato con successo da entrambi i sessi. Esistono corsi specifici per bambini (focalizzati su gioco, coordinazione, disciplina e ukemi), adolescenti, adulti e, con le dovute cautele e adattamenti (meno sparring intenso, focus su mobilità e tecniche a basso impatto), anche da persone più anziane.
B) Quando il Jū-jutsu Potrebbe NON Essere la Scelta Migliore (Meno Indicato o Sconsigliato):
- Chi Cerca un’Arte Marziale Basata Esclusivamente sullo Striking: Se l’interesse primario è imparare a dare pugni e calci in modo predominante, arti come Karate, Kickboxing, Muay Thai o Taekwondo potrebbero essere più indicate. Sebbene il Jū-jutsu includa gli atemi, specialmente nelle forme Gendai e Koryū, il suo cuore risiede spesso nel grappling, nelle proiezioni e nelle leve.
- Chi Cerca una “Soluzione Rapida” per l’Autodifesa: Il Jū-jutsu richiede tempo, impegno e pratica costante per sviluppare una competenza reale ed efficace. Non esistono scorciatoie significative; diffidare di corsi che promettono maestria in poche settimane.
- Persone con una Forte Avversione al Contatto Fisico Stretto: La natura stessa del Jū-jutsu implica prese, controllo del corpo, proiezioni e lotta a terra a stretto contatto con il partner/avversario. Chi è estremamente a disagio con questo tipo di interazione potrebbe non trovarsi bene.
- Individui con Gravi Condizioni Mediche Preesistenti: Come già menzionato nelle controindicazioni, problemi seri alle articolazioni (specialmente collo, schiena, ginocchia, spalle), gravi patologie cardiache non sotto controllo, osteoporosi avanzata o condizioni neurologiche specifiche possono rendere la pratica rischiosa. È imperativo consultare il proprio medico prima di iniziare.
- Chi ha Aspettative Irrealistiche Derivate dai Media: Se ci si aspetta di imparare tecniche acrobatiche irrealistiche o di diventare invincibili come nei film d’azione, si rimarrà delusi. Il Jū-jutsu è pragmatico, richiede sudore e si basa su principi biomeccanici applicati con intelligenza.
- Persone con Motivazioni Aggressive o Non Etiche: Le scuole serie di Jū-jutsu promuovono l’autocontrollo, il rispetto e l’uso della forza solo come ultima risorsa per la difesa. Chi cerca solo di imparare a fare del male o a prevaricare sugli altri non troverà un ambiente adatto (o verrà allontanato da un buon istruttore).
- Chi è Interessato Esclusivamente alla Competizione Sportiva (a seconda dello stile): Se l’unico obiettivo è la competizione, bisogna scegliere lo stile giusto. Il BJJ e il Ju-Jitsu stile JJIF offrono ampie opportunità agonistiche. Le scuole Koryū sono generalmente non competitive. Per le competizioni olimpiche, Judo o Taekwondo sono le scelte designate.
- Chi Non è Disposto a Imparare le Cadute (Ukemi): Le cadute sono parte integrante dell’apprendimento, specialmente se si praticano le proiezioni. Rifiutarsi di imparare e praticare costantemente gli ukemi non solo limita enormemente il progresso tecnico (non si può praticare efficacemente con chi non sa cadere), ma rende l’allenamento estremamente pericoloso.
C) Considerazioni Aggiuntive:
- La Scuola e l’Istruttore Fanno la Differenza: Al di là dello stile, la qualità dell’insegnamento, l’esperienza e la filosofia dell’istruttore, insieme all’atmosfera e alla sicurezza del dōjō, sono fattori cruciali per un’esperienza positiva.
- Lezione di Prova: È sempre consigliabile chiedere di assistere a una lezione o, meglio ancora, di partecipare a una o due lezioni di prova gratuite (molte scuole lo offrono) prima di iscriversi, per capire se l’ambiente e l’approccio didattico sono adatti alle proprie esigenze.
Conclusione:
Il Jū-jutsu offre un percorso marziale ricco di benefici fisici, mentali e tecnici, adatto a un’ampia platea di persone motivate dalla ricerca dell’autodifesa, del benessere psico-fisico, della disciplina o della passione per il combattimento tecnico. Tuttavia, richiede impegno costante, disponibilità al contatto fisico, rispetto per le regole e per i compagni, e la volontà di imparare gradualmente, cadute incluse. È fondamentale che ci sia coerenza tra gli obiettivi personali del praticante e ciò che lo stile e la scuola prescelti possono offrire. Un’attenta autovalutazione e un dialogo aperto con i potenziali istruttori sono i passi migliori per iniziare questo affascinante percorso nel modo giusto.
16. Considerazioni sulla sicurezza
Il Jū-jutsu, come tutte le arti marziali e gli sport da combattimento che prevedono contatto fisico, proiezioni, leve articolari e strangolamenti, comporta rischi intrinseci di infortunio. È fondamentale essere consapevoli di questi rischi, che possono includere (ma non limitarsi a) contusioni, distorsioni, lussazioni, stiramenti muscolari, fratture, e più raramente infortuni più seri o infezioni cutanee.
Tuttavia, è altrettanto importante sottolineare che la stragrande maggioranza di questi rischi può essere significativamente mitigata attraverso una combinazione di insegnamento qualificato, pratiche di allenamento responsabili, un ambiente sicuro e la consapevolezza individuale. L’obiettivo non è eliminare ogni rischio (impossibile in un’attività di contatto), ma gestirlo efficacemente per rendere la pratica il più sicura possibile.
Ecco le considerazioni chiave per un allenamento sicuro del Jū-jutsu:
1. Il Ruolo Cruciale dell’Istruttore Qualificato (Sensei):
La sicurezza inizia con l’insegnante. Un istruttore responsabile e competente deve:
- Possedere Conoscenza Tecnica e Didattica: Non basta saper fare una tecnica, bisogna saperla insegnare in modo progressivo e sicuro, comprendendone i rischi potenziali.
- Supervisionare Attentamente: Monitorare costantemente l’allenamento, specialmente durante la pratica a coppie, il randori o lo sparring, intervenendo se necessario per correggere tecniche pericolose o comportamenti a rischio.
- Stabilire e Far Rispettare Regole Chiare: Definire norme di comportamento e sicurezza nel dōjō e assicurarsi che vengano seguite da tutti.
- Adattare l’Insegnamento: Essere in grado di modificare l’intensità o le tecniche proposte in base al livello, all’età e alle eventuali limitazioni fisiche degli allievi.
- Promuovere una Cultura del Controllo e del Rispetto: Insegnare l’importanza di applicare le tecniche (specialmente leve e strangolamenti) in modo controllato e progressivo, e di rispettare sempre l’integrità fisica del compagno.
- Conoscere le Basi del Primo Soccorso: Essere preparato a gestire piccoli infortuni e sapere quando è necessario richiedere assistenza medica professionale.
- Essere Certificato: Possedere qualifiche riconosciute da federazioni (es. FIJLKAM, UIJJ per il BJJ) o enti di promozione sportiva (EPS) seri, che attestino la sua competenza tecnica e didattica (rilevante nel contesto italiano).
2. La Responsabilità Individuale dello Studente:
La sicurezza è una responsabilità condivisa. Ogni praticante ha un ruolo attivo nel proteggere sé stesso e i propri compagni:
- Padroneggiare le Cadute (Ukemi – 受身): Questo è forse l’aspetto più importante per la sicurezza personale. Imparare a cadere correttamente (indietro, di lato, avanti, rotolando) è fondamentale e non negoziabile per assorbire l’impatto delle proiezioni (Nage-waza) senza subire traumi. Gli ukemi devono essere praticati costantemente.
- Praticare con Controllo: Applicare leve e strangolamenti in modo fluido e graduale, mai con scatti o forza esplosiva improvvisa. Lasciare sempre al compagno il tempo e lo spazio per segnalare la resa.
- Imparare a “Battere” (Tap Out / Segnalare la Resa): Riconoscere i propri limiti e arrendersi immediatamente e chiaramente (battendo due o tre volte sul corpo del compagno o sul tatami con mano o piede, o dicendo a voce alta “Matte!” o “Stop!”) quando si è presi in una sottomissione che non si può più difendere o che causa dolore eccessivo. Non c’è spazio per l’ego: arrendersi non è un segno di debolezza, ma di intelligenza e rispetto per la propria salute.
- Rilasciare Immediatamente alla Resa: Chi applica la tecnica ha il dovere di interrompere istantaneamente la pressione non appena percepisce il segnale di resa del compagno.
- Rispettare i Compagni: Essere consapevoli della differenza di peso, forza, età e livello di esperienza. Adattare la propria intensità e non usare mai forza eccessiva o tecniche avanzate su principianti non preparati. Proteggere il compagno durante le proiezioni, guidandone la caduta se necessario.
- Comunicare: Segnalare all’istruttore eventuali infortuni, dolori o condizioni mediche preesistenti. Comunicare con il partner durante l’allenamento se qualcosa non va o se una tecnica provoca un dolore anomalo.
- Conoscere i Propri Limiti: Non allenarsi se si è infortunati, malati o eccessivamente stanchi. Ascoltare il proprio corpo e prendersi i giusti tempi di recupero.
3. Pratiche Essenziali nel Dōjō:
- Riscaldamento Adeguato (Junbi Undō / Taisō): Prepara il corpo allo sforzo specifico dell’allenamento, riducendo il rischio di strappi e stiramenti.
- Progressione Logica: Imparare le tecniche fondamentali prima di passare a quelle complesse. Iniziare con pratica cooperativa (Yakusoku Geiko) prima di affrontare il Randori o lo sparring con resistenza.
- Igiene Rigorosa:
- Lavare il Keikogi dopo ogni allenamento per prevenire infezioni batteriche o fungine (es. Stafilococco, Tigna).
- Mantenere unghie di mani e piedi corte e curate per evitare graffi.
- Coprire eventuali tagli o abrasioni con cerotti o bendaggi.
- Mantenere pulito il dōjō e i tatami.
- Informare l’istruttore in caso di infezioni cutanee contagiose.
4. L’Ambiente di Allenamento:
- Tatami Adeguati: L’area di pratica deve essere coperta con materassine specifiche (tatami), pulite, in buono stato, senza spazi vuoti tra una e l’altra, e di spessore sufficiente ad assorbire gli urti delle cadute.
- Spazio Sufficiente: L’area deve essere abbastanza ampia da permettere di praticare in sicurezza senza urtare muri, pilastri o altre coppie. Evitare il sovraffollamento.
5. Uso di Protezioni:
- Paradenti: Fortemente consigliato durante il randori o lo sparring per proteggere denti, labbra e ridurre il rischio di commozione cerebrale.
- Conchiglia (Uomini): Protezione inguinale, consigliata.
- Paraorecchie (Wrestling/BJJ): Utili per chi pratica molto grappling per prevenire l’ematoma auris (“orecchio a cavolfiore”).
6. Gestione degli Infortuni:
Il dōjō dovrebbe disporre di un kit di primo soccorso di base. In caso di infortunio, l’istruttore dovrebbe saper fornire le prime cure e consigliare se è necessario consultare un medico o recarsi al pronto soccorso. Mai sottovalutare un infortunio potenzialmente serio.
Conclusione:
La sicurezza nella pratica del Jū-jutsu è il risultato di uno sforzo congiunto e continuo. Sebbene nessun’attività fisica di contatto sia esente da rischi, un istruttore qualificato e attento, unito a studenti responsabili e consapevoli che padroneggiano le cadute, praticano con controllo, comunicano efficacemente e rispettano i compagni, il tutto all’interno di un ambiente pulito e sicuro, rende il Jū-jutsu un’arte marziale praticabile con un livello di rischio ragionevole e gestibile. La sicurezza deve essere sempre la priorità numero uno per tutti i soggetti coinvolti.
17. Controindicazioni
Sebbene il Jū-jutsu sia un’attività fisica che offre numerosi benefici, è fondamentale riconoscere che, data la sua natura (contatto fisico, proiezioni, leve articolari, strangolamenti, sforzo fisico intenso), non è adatta a tutti indistintamente. Esistono specifiche condizioni mediche o situazioni fisiche che possono rappresentare una controindicazione relativa o assoluta alla pratica, rendendola potenzialmente dannosa o eccessivamente rischiosa.
Nota Bene: Le informazioni seguenti sono fornite a scopo puramente informativo e non sostituiscono in alcun modo il parere di un medico qualificato. Prima di iniziare la pratica del Jū-jutsu, specialmente in presenza di condizioni mediche preesistenti o dubbi sul proprio stato di salute, è assolutamente indispensabile consultare il proprio medico curante, preferibilmente informandolo sulla natura specifica dell’attività che si intende intraprendere (arte marziale di contatto con proiezioni, leve, lotta a terra).
A) Principio Generale:
La regola d’oro è intraprendere la pratica solo se ci si trova in uno stato di salute compatibile con l’impegno fisico e i traumi potenziali (anche se controllati) che l’allenamento comporta.
B) Principali Condizioni che Possono Rappresentare una Controindicazione:
Le controindicazioni possono riguardare diversi apparati del corpo:
Problemi all’Apparato Muscoloscheletrico:
- Patologie della Colonna Vertebrale:
- Ernie del Disco (specialmente cervicali o lombari sintomatiche): Le proiezioni, le cadute (anche gli ukemi), le torsioni e le pressioni della lotta a terra possono aggravare la protrusione o causare compressione nervosa.
- Spondilolistesi (scivolamento di una vertebra): L’instabilità vertebrale può essere peggiorata dai movimenti e dagli impatti.
- Grave Scoliosi o altre Deformità Strutturali Significative.
- Recenti Interventi Chirurgici alla Colonna Vertebrale.
- Instabilità Vertebrale: Aumenta il rischio di danni neurologici.
- Problemi Articolari Gravi:
- Instabilità Articolare Cronica: Spalle che escono facilmente, lassità legamentosa significativa alle ginocchia, ecc. Le leve articolari (Kansetsu-waza) e le torsioni possono causare lussazioni o danni ulteriori.
- Artrosi o Artrite Reumatoide in Fase Acuta o Severa: L’infiammazione e il danno articolare possono essere esacerbati dalle sollecitazioni.
- Protesi Articolari (anca, ginocchio, spalla): Richiedono assoluta autorizzazione medica specifica e spesso limitazioni significative nella pratica (es. evitare cadute o leve su quell’arto).
- Lesioni Legamentose o Tendinee Recenti o Non Stabilizzate.
- Osteoporosi Grave: Aumenta notevolmente il rischio di fratture ossee a seguito di cadute o impatti anche moderati.
- Problemi al Collo (Cervicalgia Cronica Grave, Instabilità Cervicale): Tecniche di strangolamento (Shime-waza), alcune immobilizzazioni e cadute possono porre stress significativo sul rachide cervicale.
- Patologie della Colonna Vertebrale:
Problemi all’Apparato Cardiovascolare:
- Ipertensione Arteriosa Grave o Non Controllata Farmacologicamente: Lo sforzo fisico intenso può causare picchi pressori pericolosi.
- Cardiopatie Significative: Cardiopatia ischemicia (angina instabile, infarto recente), aritmie complesse non controllate, gravi valvulopatie, insufficienza cardiaca scompensata. L’allenamento intenso, specialmente il randori/sparring, richiede un impegno cardiovascolare notevole.
- Aneurismi (es. aortico): Lo sforzo fisico e le manovre di Valsalva (aumento della pressione intratoracica/addominale durante lo sforzo) possono aumentare il rischio di rottura.
Problemi Neurologici:
- Epilessia Non Controllata Farmacologicamente: Il rischio di crisi durante l’allenamento, magari in una situazione di caduta o sottomissione, è un pericolo serio. Serve un’attenta valutazione specialistica.
- Storia di Gravi Traumi Cranici o Commozioni Cerebrali Multiple/Recenti: Aumenta la vulnerabilità a ulteriori danni cerebrali in caso di impatti accidentali (cadute, colpi atemi).
- Vertigini Ricorrenti o Disturbi dell’Equilibrio Significativi: Possono rendere difficile l’esecuzione sicura delle tecniche e aumentare il rischio di cadute accidentali.
Problemi all’Apparato Respiratorio:
- Asma Grave o Mal Controllata: Lo sforzo fisico intenso può scatenare crisi asmatiche. La compressione toracica in alcune immobilizzazioni o i (più rari) soffocamenti diretti potrebbero essere problematici.
Altre Condizioni:
- Malattie della Coagulazione (es. Emofilia): Rischio aumentato di ematomi estesi o emorragie interne a seguito di traumi anche lievi.
- Gravidanza: Generalmente controindicata, specialmente dopo il primo trimestre. I cambiamenti ormonali aumentano la lassità legamentosa, c’è rischio di traumi addominali diretti, cadute e le pressioni della lotta a terra sono sconsigliate. Eventuali attività a bassissimo impatto vanno discusse e autorizzate specificamente dal ginecologo.
- Infezioni Acute o Stati Febbrili: È necessario attendere la completa guarigione prima di riprendere gli allenamenti, sia per non peggiorare la propria condizione sia per non contagiare i compagni.
- Periodo Post-Operatorio o Post-Infortunio: È fondamentale rispettare i tempi di recupero indicati dai medici e ottenere il via libera specialistico prima di riprendere l’attività.
C) Controindicazioni Relative vs. Assolute:
Alcune delle condizioni sopra elencate potrebbero essere controindicazioni assolute (la pratica è del tutto sconsigliata), mentre altre potrebbero essere relative. In caso di controindicazione relativa, il medico potrebbe dare il via libera alla pratica, ma con specifiche limitazioni (es. evitare le cadute, non partecipare allo sparring, evitare certi tipi di leve, praticare solo forme morbide o Kata) o richiedere un monitoraggio più stretto. Questa distinzione può essere fatta solo da un medico.
D) L’Importanza Cruciale del Consulto Medico:
Si ribadisce: consultare sempre il medico prima di iniziare. Il medico valuterà la storia clinica, lo stato di salute attuale, la gravità di eventuali patologie e potrà fornire un giudizio informato sull’idoneità alla pratica del Jū-jutsu, tenendo conto delle sollecitazioni specifiche di questa disciplina. Potrebbe anche richiedere esami strumentali (ECG, radiografie, ecc.) per una valutazione più approfondita.
E) Comunicazione con l’Istruttore:
Una volta ottenuto l’eventuale parere medico favorevole (magari con limitazioni), è importante (nel rispetto della privacy) informare l’istruttore delle proprie condizioni, affinché possa essere consapevole e, se necessario e possibile, adattare parte dell’allenamento o supervisionare con maggiore attenzione.
Conclusione:
La pratica del Jū-jutsu deve essere un’attività che promuove la salute e il benessere, non una che li mette a rischio. Essere onesti riguardo al proprio stato di salute, conoscere le potenziali controindicazioni e dare priorità assoluta al parere del proprio medico sono passi essenziali e responsabili prima di salire sul tatami. La sicurezza viene prima di tutto.
18. Conclusioni
Giunti al termine di questa esplorazione, emerge un quadro del Jū-jutsu (柔術) come un’arte marziale di straordinaria profondità storica, ricchezza tecnica e sorprendente modernità. Nata dalle esigenze pragmatiche dei guerrieri samurai nel Giappone feudale, l'”Arte della Cedevolezza” ha dimostrato una resilienza e una capacità di adattamento eccezionali, attraversando secoli di cambiamenti sociali e culturali per giungere fino a noi, oggi (aprile 2025), più viva e diversificata che mai.
Abbiamo visto come il suo principio cardine, Jū (柔) – la capacità di non opporre forza a forza, ma di sfruttare l’energia e gli squilibri dell’avversario – permei un vasto repertorio tecnico che abbraccia proiezioni (Nage-waza), controllo a terra (Katame-waza, con le sue immobilizzazioni, strangolamenti e leve articolari) e colpi (Atemi-waza). Questa completezza tecnica, originariamente pensata per la sopravvivenza in combattimento ravvicinato, si traduce oggi in un sistema estremamente efficace per l’autodifesa contemporanea.
La sua storia complessa, priva di un unico fondatore ma arricchita dai contributi di innumerevoli maestri e scuole (Ryūha), lo consacra come “arte madre” di discipline di fama mondiale come il Jūdō e l’Aikidō. Allo stesso tempo, ha continuato a evolversi generando forme moderne (Gendai Jū-jutsu) focalizzate sulla difesa personale e dando un contributo fondamentale allo sviluppo del fenomeno globale del Brazilian Jiu-Jitsu (BJJ), che ha rivoluzionato il mondo del grappling sportivo e delle Arti Marziali Miste.
Questa straordinaria diversità – dalle scuole Koryū che custodiscono gelosamente antiche tradizioni, ai dinamici Dōjō di BJJ orientati alla competizione, passando per le numerose scuole di Gendai Jū-jutsu focalizzate sull’autodifesa – fa sì che il Jū-jutsu possa offrire un percorso valido a persone con interessi e obiettivi molto differenti. Che si cerchi la preservazione culturale, l’efficacia pratica, la sfida agonistica o un cammino di crescita personale, è probabile che esista uno stile di Jū-jutsu o una sua derivazione in grado di soddisfare tali esigenze.
Oltre all’indubbia efficacia nel combattimento o nell’autodifesa, la pratica costante del Jū-jutsu offre benefici che trascendono l’aspetto puramente fisico. L’allenamento rigoroso, l’etichetta del Dōjō (Reihō), la necessità di apprendere cadute sicure (Ukemi), la gestione della pressione nel confronto con i compagni (Randori) e la concentrazione richiesta dai Kata (nelle scuole che li praticano) contribuiscono in modo significativo allo sviluppo del carattere. Disciplina, rispetto, autocontrollo, umiltà, perseveranza e consapevolezza di sé sono qualità che vengono forgiate sul tatami tanto quanto la forza fisica e l’abilità tecnica.
Tuttavia, come abbiamo sottolineato, il Jū-jutsu non è un percorso da intraprendere alla leggera. Richiede impegno, costanza, disponibilità al contatto fisico e mentale, e un profondo rispetto per l’arte, l’insegnante e i compagni di pratica. La scelta di una scuola e di un istruttore qualificato è fondamentale, così come la consapevolezza dei propri limiti fisici e la necessità di un approccio responsabile alla sicurezza e alla salute, consultando sempre un medico in caso di dubbi o condizioni preesistenti.
In conclusione, il Jū-jutsu si presenta come un’arte marziale completa e affascinante, un ponte tra passato e presente. È un sistema che insegna a gestire il conflitto fisico attraverso l’intelligenza tattica e la tecnica raffinata, ma che, se praticato con la giusta attitudine, diventa anche una “Via” (Dō o Michi) per la scoperta di sé, il miglioramento del carattere e il raggiungimento di un equilibrio psico-fisico. La sua essenza, basata sulla capacità di adattarsi e cedere per prevalere, rimane un principio potente e rilevante, sia sul tatami che nelle sfide della vita quotidiana.
19. Fonti
La creazione di una pagina informativa completa ed esauriente sul Jū-jutsu, come quella presentata, si basa sulla sintesi e sull’elaborazione di informazioni provenienti da una varietà di fonti attendibili e specializzate. Comprendere la natura di queste fonti è utile per chiunque desideri approfondire ulteriormente l’argomento in modo critico e informato. Le principali categorie di fonti includono:
1. Fonti Storiche e Accademiche:
- Libri di Storia Giapponese e Cultura Samurai: Testi che forniscono il contesto storico, sociale e culturale in cui il Jū-jutsu si è sviluppato. Comprendere la società feudale giapponese è essenziale per capire le origini e lo scopo delle arti marziali tradizionali.
- Studi Accademici sul Budō/Bujutsu: Lavori di storici specializzati in arti marziali giapponesi (figure internazionalmente riconosciute come Donn F. Draeger, Karl Friday, G. Cameron Hurst III, Serge Mol, Ellis Amdur, tra gli altri). Questi studi analizzano criticamente le origini, l’evoluzione, la tecnica e la filosofia delle diverse scuole (Ryūha), basandosi su documenti storici, densho (rotoli di trasmissione) e altre prove primarie. Sono fondamentali per informazioni accurate sui Koryū.
- Articoli Scientifici: Ricerche pubblicate su riviste accademiche che possono trattare aspetti specifici della storia, della biomeccanica o della sociologia delle arti marziali.
2. Manuali Tecnici e Scritti di Maestri Riconosciuti:
- Libri e Manuali Tecnici: Pubblicazioni scritte da maestri esperti e riconosciuti nei loro rispettivi stili (sia tradizionali che moderni). Questi testi spesso illustrano tecniche, spiegano principi, presentano kata o descrivono metodologie di allenamento. Esempi includono gli scritti fondamentali di Jigorō Kanō sul Jūdō (che illuminano le sue radici nel Jū-jutsu), manuali moderni sul Gendai Jū-jutsu, testi sul BJJ scritti da maestri brasiliani o internazionali, e, se disponibili e tradotti, scritti relativi a specifiche scuole Koryū.
- Interviste e Biografie: Raccolte di interviste o biografie di maestri importanti possono offrire spunti preziosi sulla loro filosofia, esperienza e sulla storia del loro stile.
3. Pubblicazioni e Siti Web Ufficiali di Organizzazioni Marziali:
Queste fonti sono cruciali per informazioni aggiornate su regolamenti, strutture organizzative, eventi e scuole/istruttori riconosciuti, specialmente nel contesto italiano (Aprile 2025).
- Federazioni Internazionali: Siti web della JJIF (Ju-Jitsu International Federation) per lo sport Ju-Jitsu, e dell’IBJJF (International Brazilian Jiu-Jitsu Federation) per il BJJ, forniscono regolamenti ufficiali, calendari eventi, e informazioni generali.
- Federazioni Nazionali e Organismi Riconosciuti in Italia:
- FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali): Il sito ufficiale fornisce informazioni sul settore Ju-Jitsu (storicamente legato al Metodo MGA), sulle attività federali, sui club affiliati e sugli istruttori qualificati nei settori di sua competenza (Judo, Aikido, ecc.).
- UIJJ (Unione Italiana Jiu Jitsu): Il sito di riferimento per il BJJ affiliato IBJJF in Italia, con informazioni su gare, ranking, accademie affiliate, regole.
- Enti di Promozione Sportiva (EPS – es. CSEN, AICS, UISP, ASI, ecc.): I loro siti web sono fondamentali per trovare l’enorme numero di club e associazioni sportive dilettantistiche (ASD) che praticano Gendai Jū-jutsu, BJJ, Aikido e altre arti marziali sotto la loro egida. Offrono informazioni su affiliazioni, corsi di formazione istruttori ed eventi promozionali.
- Organizzazioni Dedicate ai Koryū: Siti web di organizzazioni giapponesi (come la Nihon Kobudo Kyokai) o internazionali focalizzate sulla preservazione e lo studio di specifiche scuole Koryū.
4. Riviste Specializzate e Media di Settore:
- Riviste Cartacee e Online: Pubblicazioni dedicate alle arti marziali (come le storiche “Samurai”, “Banzai”, o le più recenti focalizzate su BJJ/MMA, o “Budo International” a livello europeo) spesso contengono articoli tecnici, storici, interviste a maestri e recensioni che possono riguardare il Jū-jutsu nelle sue varie forme. La reperibilità e rilevanza di queste riviste varia nel tempo.
- Documentari e Materiale Video: Filmati di seminari, documentari storici o tecnici realizzati da fonti attendibili possono essere utili, specialmente per visualizzare le tecniche e comprendere il movimento.
5. Risorse Online Attendibili (con Cautela):
- Siti Web di Scuole Rinomate: Molte scuole o accademie serie (specialmente di BJJ o Gendai Jū-jutsu) hanno siti web ben curati con informazioni sul loro stile, programma e istruttori.
- Blog e Forum Moderati da Esperti: Alcuni blog o forum gestiti da praticanti di lunga data, storici o istruttori qualificati possono contenere discussioni e informazioni valide.
- Enciclopedie Online (es. Wikipedia): Possono essere un buon punto di partenza per avere una panoramica generale e trovare riferimenti, ma le informazioni vanno sempre verificate incrociandole con fonti più autorevoli e specialistiche, data la natura aperta e potenzialmente non revisionata di tali piattaforme.
6. Tradizione Orale (Kuden – 口伝):
È importante riconoscere che, specialmente per le scuole Koryū, una parte significativa della conoscenza (i dettagli più sottili, le interpretazioni dei principi, i “segreti” della scuola) viene tradizionalmente trasmessa direttamente da maestro ad allievo e potrebbe non essere mai stata completamente messa per iscritto o resa pubblica. Questo rende il rapporto diretto con un insegnante qualificato insostituibile per una comprensione profonda.
Nota sulla Bibliografia Specifica:
Questa sezione elenca le tipologie di fonti autorevoli. Una bibliografia specifica richiederebbe un elenco dettagliato di libri, articoli e siti web, che va oltre lo scopo di questa panoramica generale ma che può essere costruita attingendo dalle categorie sopra menzionate.
Conclusione:
Un quadro completo e affidabile del Jū-jutsu si ottiene consultando e incrociando criticamente diverse tipologie di fonti. È fondamentale privilegiare fonti accademiche per la storia, pubblicazioni ufficiali per regolamenti e strutture attuali, manuali di maestri riconosciuti per la tecnica specifica, e valutare sempre con attenzione l’attendibilità delle risorse online. La combinazione di studio teorico e, soprattutto, pratica diretta sotto la guida di un insegnante qualificato rimane il modo migliore per comprendere veramente quest’arte marziale.
20. Disclaimer
Si prega di leggere attentamente le seguenti avvertenze prima di utilizzare le informazioni contenute in questa pagina o di intraprendere la pratica del Jū-jutsu.
- Scopo Puramente Informativo: Le informazioni presentate in questa pagina sono fornite esclusivamente a scopo informativo, culturale ed educativo generale. Non sono intese, né devono essere interpretate, come un manuale di istruzione completo o come sostituto dell’insegnamento diretto impartito da professionisti qualificati.
- Natura dell’Attività e Rischi Intrinseci: Il Jū-jutsu è un’arte marziale di contatto fisico che include tecniche di proiezione, caduta, leva articolare, strangolamento, immobilizzazione e, in alcuni stili, colpi. Come ogni attività fisica intensa e di contatto, la pratica del Jū-jutsu comporta rischi intrinseci e inevitabili di infortunio, che possono variare da lievi (es. contusioni, distorsioni, abrasioni) a gravi (es. fratture, lussazioni, lesioni legamentose, commozioni cerebrali, o altri danni fisici). Partecipare a questa attività significa essere consapevoli e accettare tali rischi.
- Nessun Sostituto per l’Istruzione Qualificata: La lettura di questa pagina non abilita in alcun modo alla pratica o all’insegnamento del Jū-jutsu. L’apprendimento sicuro ed efficace di questa disciplina richiede imperativamente la guida, la supervisione e le correzioni di un istruttore qualificato e certificato, operante all’interno di una scuola o associazione riconosciuta e in un ambiente di allenamento idoneo e sicuro (es. con tatami adeguati). Tentare di apprendere o applicare le tecniche descritte basandosi unicamente su testi, immagini o video è estremamente pericoloso e fortemente sconsigliato.
- Consulto Medico Obbligatorio: Le informazioni qui contenute non costituiscono e non sostituiscono in alcun modo un parere medico professionale. Prima di iniziare la pratica del Jū-jutsu o di qualsiasi altra attività fisica intensa, è fondamentale e obbligatorio consultare il proprio medico curante o un medico specialista in medicina dello sport. Questo è particolarmente vero per chiunque abbia condizioni mediche preesistenti (problemi cardiaci, articolari, alla colonna vertebrale, neurologici, respiratori, ecc.), abbia subito recenti infortuni o interventi chirurgici, sia in stato di gravidanza, o abbia qualsiasi dubbio riguardo alla propria idoneità fisica. Gli autori e i fornitori di queste informazioni non sono professionisti medici.
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- Accuratezza e Completezza: Sebbene sia stato fatto ogni sforzo per fornire informazioni accurate e aggiornate (al momento della redazione, Aprile 2025), non è possibile garantire l’assoluta completezza, esattezza o attualità di ogni singolo dettaglio. Il mondo del Jū-jutsu è vasto, in continua evoluzione, con diverse interpretazioni e variazioni tra scuole e stili. Le informazioni potrebbero contenere errori, omissioni o potrebbero non essere applicabili a tutte le situazioni specifiche. Si incoraggia il lettore a consultare molteplici fonti autorevoli.
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a cura di F. Dore – 2025