Uno sguardo allo ZEN

lo Zen fu introdotto in Giappone nel XII secolo e si manifestò in due scuole discinte: la Rinzai, fondata da Eisai, e la Soto da Dogen. le due scuole possono di­stinguersi per il maggior peso (Rinzai) o per il minor peso (Soto) attribuito all’uso dei “koan”.

I koan sono quesiti diventati famosissimi in Occidente – che non hanno soluzione razionale e che il maestro sottopone al discepolo per scuocerlo e aprirgli la mente.

In Cina il “Ch’ an” si faceva risalire al patriarca Bodhidharma e il termine “meditazione” non aveva il carattere passivo, statico della pratica indiana, anzi, al contrario, si preferiva una “mistica attiva” che potesse conciliare la quiete con il movimento, la passività con l’attività. Ogni essere umano possiede la natura di budda (o buddità) e, attraverso la meditazione (zazen), può illuminarsi (satori).

È inutile – secondo lo zen – lo studio delle scritture, discutere sulla loro interpretazione: l’illuminazione si ottiene in altro modo, alla verità si giunge direttamente. La via della meditazione non è finalizzata a conqui­stare potere mentale, essa insegna a fare esperienza di se stessi come perso­ne autentiche, in un contesto che è “qui e ora” e che supera i limiti delle proprie categorie personali. Lo stesso termine “meditazione” è riduttivo o inappropriato, perché in giapponese si dice “shikantaza” cioè “semplice­mente sedere, rigettando corpo e mente”.

Lo scopo di tutti gli insegnamenti buddisti è quello di ottenere l’illu­minazione; il messaggio essenziale di Shakyamuni è dunque un messaggio di salvezza. Nel buddismo zen ciò viene detto (in giapponese) “hon rai men moko“, realizzare, cioè, la propria dimensione originale, il proprio volto originale. Anche la comprensione profonda del legame che unisce noi stessi a tutti gli altri esseri umani passa attraverso la comprensione di se stessi. Dogen, il fondatore della scuola giapponese Soto zen nel XIII secolo, diceva che «studiare la Via è studiare se stessi, studiare se stessi è dimenticare se stessi, dimenticare se stessi è essere riconosciuti da tutte le esistenze dell’u­niverso, che a quel punto sono anch’esse spoglie del loro io».

Lo zen ebbe grande importanza per la formazione della cultura nippo­nica, influenzando l’architettura, la pittura, la poesia.

Oltre alle scuole citate, in Giappone si sviluppò anche la Jodo (“Pura terra”) chiamata anche Nembutsu: invocare il nome del budda Amida -secondo il Nembutsu – avrebbe condotto anche le persone più semplici alla salvezza e a rinascere nella “pura terra” di Amida.

Il più grande riformatore buddista del Giappone, vissuto nell’epoca di Kamakura, è Nichiren Daishonin (1222-1282). Nato da un’umile famiglia di pescatori, fin da piccolo fece il voto di voler sradicare la sofferenza di nascita, invecchiamento, malattia e morte e mettere tutte le persone in grado di manifestare la propria innata buddità.

Determinò così da subito l’indirizzo del suo buddismo rivolto alla feli­cità delle persone comuni. Diventato monaco, si recò a Kamakura, Kyoto, Nara e in altri centri di studio buddista, dove approfondì la conoscenza dei sutra e dei commentari conservati nei templi più importanti.

In questo modo Nichiren Daishonin approfondì la conoscenza delle dottrine fondamentali di tutte le scuole buddiste. Ebbe così la conferma che il Sutra del Loto era il supremo fra tutti i sutra e che la Legge di Nam­myoho-renge-kyo, alla quale si era risvegliato, era l’essenza e il mezzo per liberare tutte le persone dalla sofferenza al livello più profondo.

Monaco di straordinaria cultura, Nichiren Daishonin scrisse grandi trattati di buddismo, ma il suo interesse fu sempre per la gente comune: anche se colpito da durissime persecuzioni, aggressioni ed esili comandati dal governo non smise mai di inviare lettere ai suoi discepoli dove spiegava i fondamenti del suo buddismo e offriva incoraggiamenti per vivere corag­giosamente senza lasciarsi sconfiggere dalle difficoltà.

Tutto il suo insegnamento è un formidabile compendio di una visione della vita universale che può essere definita “umanesimo buddista”.

 

 

 

 

a cura di FD

fonte: Buddismo, la storia, le scuole, i Maestri e le idee – Roberto Minganti – Giunti Editore

 

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