Il vero discepolo Shaolin

«Cerca di conoscere la verità av­vicinando un Maestro spirituale, ponigli delle domande con sottomissione e servilo. L’anima rea­lizzata può rivelarti la conoscenza perché ha visto la Verità».

La parola «discepolo» si riferisce a colui che accetta di seguire la disciplina impartita dal Maestro, allo scopo di correggere le impostazioni errate della propria vita e sviluppare le proprie potenzialità fisiche, mentali e spirituali latenti. Chi possiede una concezione illusoria della vita, può dedicarsi con successo soltan­to ad un’attività particolare terso cui si sente portato, mentre chi, sotto la direzione di un Maestro autentico, impara a fare un buon uso dei tre elementi, il corpo, la mente e le parole, tra­scende le influenze limitanti della natura materiale, ed è in grado di fare qualsiasi cosa. Nella pura coscienza spirituale infat­ti, un guerriero può agire come un monaco e viceversa, perché a questo livello le distinzioni d’ordine materiale non esistono più. Questo è il principio Shaolin per la formazione dei «monaci- guerrieri».

Un discepolo deve ascoltare con piena attenzione dalla fonte autentica, per realizzale l’essenza in ogni cosa, ma nessuno può ascoltare attentamente se non ha la mente pura e nessuno può avere una mente pura, se le sue azioni non sono pure. Nessuno è puro nelle sue azioni se il suo cibo, il suo riposo, le sue attività sessuali e i mezzi usati per difendersi non sono puri; e quindi dovere del discepolo sottoporsi all austerità (tapasya) per purificare la sua esistenza.

Nel monastero Shaolin, gli studenti vengono affidati alle cure di un Maestro tutore, che insegna loro a controllare la mente e i sensi, astenendosi da ogni piacere mondano. Il Maestro Shì-Wan- Heng spiega che: «Il rapporto tra Maestro e discepolo dura tutta la vita, ed e fondato sull’autorità di colui che sa e l’umiltà di colui che impara. Questo sistema non prevede né voti né esami, solo sete di sapere e voglia di insegnare». Il mio Maestro Shi-De- Cheng aggiunge inoitre: «il discepolo impara a conoscere dal suo Maestro religione e storia, l’armonia dal corpo e dello spirito, il controllo della materia e i principi fondamentali della vita e del­la natura come li ha espressi Lao-Tze»:

«Un uomo viene al mondo tenero e duttile, quando muore è duro e rigido, le piante fresche sono morbide e piene di forza vitale, quando muoiono sono appassite secche. Così la rigidità e l’inflessibilità, sono i discepoli della morte, la morbidezza e la malleabilità sono discepoli della vita. Un esercito impreparato non vincerà mai una battaglia, un albero che non si piega facilmente si spezza, il duro e il forte passeran­no, il morbido e il debole dureranno. La resistenza viene dalla morbi­dezza. La morbidezza vince contro la forza, la gentilezza conquista, come la brezza tenue e delicata che placa il mare in tempesta. Il salice elastico non lotta contro la bufera eppure sopravvive».

Il discepolo ha quindi un debito verso il Maestro, che lo ha elevato dalla condizione d’ignoranza, alla perfezione dell’eter­nità e della conoscenza.

I Testi Sacri descrivono la gratitudine che un discepolo dovrebbe sentire nei confronti del suo Maestro, nel seguente sutra del Gautamiya Tantra: «Sono nato nelle più profonde tenebre dell’ignoranza, ma il mio Maestro spirituale ha aperto i miei occhi con la torcia della conoscenza. Offro a lui i miei rispettosi omaggi». Per riconoscenza il discepolo seguirà il Maestro, aiu­tandolo nella sua missione, e qualificandosi ai suoi occhi. Vedendo la sua sincerità, il Maestro lo benedirà con una genui­na conoscenza: «Il significato e il valore della saggezza mistica si rivelano immediatamente e in tutta la loro pienezza solo agli umili discepoli dotati di una completa fede in Dio e nel Maestro», questo è il segreto della comprensione.

Il defunto Maestro Shi-Su-Xi spiegava i doveri dei discepoli ini­ziati con queste parole: «Il discepolo Shaolin deve dedicarsi alla vita spirituale. Pregare davanti al Signore Buddha e al suo Maestro, accendere bastoncini d’incenso e giurare che si atterrà alle norme e ai divieti del nostro Tempio». Dopo un anno d’im­pegno spirituale sotto la guida del Maestro, il candidato con l’approvazione dell’abate del Tempio, viene proposto per l’ini­ziazione. La parola «iniziazione» si riferisce alla fine di uno stile di vita, basato su una concezione illusoria dell’esistenza e all’ini­zio di una nuova vita dedicata alla realizzazione del sé. Il termi­ne sanscrito upaniti, significa «avvicinare il discepolo al suo Maestro», perché ci possa essere la trasmissione della conoscen­za trascendentale e il discepolo sia liberato dalle reazioni dei suoi peccati: questo è lo scopo dell’iniziazione. Al momento del­l’iniziazione si stabilisce la connessione con Dio e il discepolo diventa qualificato ad impegnarsi nei rituali del Tempio. I nostri Maestri celebrano una cerimonia in cui rendono ufficiale il rap­porto con i loro discepoli, concedendo loro il mantra, il nome e il servizio spirituale; accettando di prendere su di sé le reazioni karmiche dei discepoli ed elevandoli al livello sacerdotale.

I discepoli Shaolin pronunciano i sacri voti monastici, cono­sciuti anche come «Principi regolatori della libertà», e prometto­no di osservarli per tutta la vita:

Non mentire.

Non uccidere.

Non mangiare carne.

Non rubare.

Non consumare bevande alcoliche. Mantenere il celibato.

 

In accordo alla tradizione Shaolin, al momento dell’iniziazio­ne i monaci devono uniformarsi all’ingiunzione della rasatura del capo. Rasare il capo è fondamentale per noi, perché ci aiuta a prendere coscienza della vanità dell’aspetto esteriore e ad identificarci con l’Ordine spirituale, che ricerca invece la bellez­za interiore. Come seguaci di Buddha, al momento dell’inizia­zione, tutti i monaci Shaolin assumono il nome della famiglia «Shi» di Shakyamuni, il fondatore del buddhismo

 

a cura di Francesco Dore

Fonte: Sri Rohininandana Das – Lo Shaolin, mistero e magia dei monaci guerrieri – Xenia Edizioni

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