MUAY THAI (pt. 2)

Il rituale del combattimento
L’esecuzione di questo rituale avviene prima dell’incontro vero e proprio e segue il ritmo di una musica. È un insegnamento che… avviene chiaramente in un contesto diverso dalla cultura tailandese, all’infuori di una determinata credenza religiosa, e ha come finalità la conoscenza fine a se stessa.
La prima parte del cerimoniale, considerata la più importante dal pugile thai, si chiama Wai Khruu, che significa omaggio al maestro. Il pugile ringrazia il maestro per gli insegnamenti trasmessi e si protegge dagli spiriti negativi, dandosi coraggio e sicurezza.
La seconda parte, invece, consiste in una serie di movimenti aggraziati, sempre con finalità propiziatorie, e rappresenta il campo d’allenamento d’origine (ogni campo esegue una propria Ram Muay). Veniva eseguita nel passato, quando i combattimenti non avevano regole e venivano fatti sulla nuda terra, per appunto testare se il suolo presentava buche, sassi o altri impedimenti che potessero ostacolare l’andamento dell’incontro. L’esercizio a ritmo musica ritmata e di sottofondo (i cui strumenti sono generalmente fiati e percussioni), ha però lo scopo ben preciso di scandire i movimenti, per poi sferrare un attacco o difendersi da qualche colpo. 
Un altro aspetto importante è il saluto, come forma di rispetto e disciplina. All’inizio dell’allenamento viene praticato un saluto collettivo, disposti di fronte all’allenatore e divisi in tre file: nelle prime linee i gradi più elevati e via via fino ai livelli più bassi.
Pronunciando le parole “Sawaddi Krap”, si giungono le mani davanti al viso, in alto e vicino alla fronte, come nel classico saluto buddista. Il saluto si pratica individualmente ogni volta che ci si accinge ad eseguire un esercizio con il proprio compagno o si rivolge la parola al maestro, e ancora collettivamente alla fine dell’allenamento.

La pratica e le tecniche

In Thailandia, il Thai boxer professionista combatte con un paio di calzoncini sopra il ginocchio con scritte in caratteri th    ailandesi, senza nessuna protezione (eccetto i guantoni, i bendaggi sulle mani per tenere saldi i polsi, il paradenti e la conchiglia per proteggere i genitali).

In Thailandia, il Thai boxer professionista combatte con un paio di calzoncini sopra il ginocchio con scritte in caratteri tailandesi, senza nessuna protezione (eccetto i guantoni, i bendaggi sulle mani per tenere saldi i polsi, il paradenti e la conchiglia per proteggere i genitali).
In occidente, invece, oltre all’uso dei pantaloncini e di una maglietta giro manica, identica per tutti, che ritrae il logo della federazione, si fa uso di protezioni aggiuntive per evitare gravi ferite soprattutto durante lo sparring (combattimento d’allenamento).

Le principali protezioni sono:
• i paratibie, che proteggono le tibie e il collo del piede
• il caschetto, per la testa
• il corpetto, che protegge tutto il busto
• i paradenti.

Gli allenamenti sono comunque calibrati a partire dalle potenzialità fisiche del praticante e le protezioni hanno il solo scopo di scongiurare spiacevoli incidenti.

La lezione inizia con un riscaldamento fisico iniziale, per proseguire con la pratica di memorizzazione ed esecuzione delle tecniche, la combinazione di queste ultime applicate insieme all’avversario e il potenziamento muscolare degli attacchi e delle difese.
Il potenziamento delle varie tecniche di pugno, calcio, gomito ecc.. si effettua grazie all’utilizzo dei colpitori (sacco pesante, pao) attrezzi che servono per sviluppare potenza e velocità.
Infine lo shadow boxing, o boxe a vuoto, dove gli esercizi vengono eseguiti nel vuoto per aumentare la resistenza, velocità e forma delle tecniche, di modo che queste ultime divengano, con la ripetizione, automatiche.
Una peculiarità della Boxe Thailandese è, oltre al condizionamento muscolare, il condizionamento osseo, cioè l’indurimento delle parti del corpo (ginocchia, gomiti, ma soprattutto tibie) che sono così preparate alle forti sollecitazioni a cui vengono sottoposte durante l’esecuzione di parate e attacchi. Il continuo colpire una superficie, per esempio con la tibia, rende quest’ultima più resistente, forte e insensibile all’impatto.

A cura di Carlo Giordano

fonte: www.benessere.it

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